La bufala che la prescrizione dipende dagli avvocati non si prescrive mai. In attesa di avere maggiori dettagli su di un intervento in campo penale che, dagli annunci, tutto appare meno che una riforma complessiva della giustizia, e di fronte al rinnovato fiorire di interventi e dichiarazioni che parlano del problema della ragionevole durata dei processi e della prescrizione tirando la croce sugli avvocati ma prescindendo dai dati statistici e dalla vera, e nascosta, realtà dei fatti, è necessario specificare che: - quando una parte privata chiede un rinvio del processo penale la prescrizione si sospende, la stessa cosa accade anche in una altra corposa serie di casi, dal deposito delle sentenze alla celebrazione delle udienze dibattimentali per reati gravi: tutti quelli che parlano di “manovre dilatorie” messe in pratica dai difensori per lucrare la prescrizione dicono cosa non vera, a meno che non ritengano, come in effetti fanno pur senza dichiararlo, che una “manovra dilatoria” consista semplicemente nel proporre appello contro una sentenza ritenuta ingiusta; - secondo indagini statistiche indipendenti (Unione Camere Penali /Eurispes) mai confutati da alcuno, i motivi dei rinvii dei processi sono addebitabili, in oltre il 90 % dei casi a problemi dello Stato, e solo in percentuale minima a richieste della difesa; - secondo i dati di fonte ministeriale la stragrande maggioranza dei casi di prescrizione matura nel corso delle indagini preliminari, laddove chi “manovra” è solo il PM, il che dimostra che la prescrizione viene utilizzata in maniera patologica di fronte ad un uso altrettanto patologico del principio di obbligatorietà dell’azione penale, e che comunque la difesa non c’entra nulla; - dal 2006 ad oggi le dichiarazioni di prescrizione annuali sono diminuite del 50%; Questi sono i dati che dovrebbero conoscere i riformatori e coloro che intervengono su questa materia, il resto è propaganda. Ed allora, se la “riforma” si ridurrà ad un intervento sulla prescrizione senza: - intervenire sul principio di obbligatorietà dell’azione penale; - disporre un controllo sui tempi delle indagini e sui tempi di iscrizione dei nominativi delle persone indagate, oggi nelle mani del solo pm senza alcuna verifica giurisdizionale; - disporre anche una durata limite delle indagini e del processo con relativa estinzione della azione e del processo; - sarà una vera e propria truffa delle etichette cui l’avvocatura non potrà che opporsi. Se, poi, il tutto finisse per colpire anche il doppio grado di giudizio di merito, con una sostanziale ridimensionamento del diritto ad appellarsi contro le sentenze di primo grado, ciò realizzerebbe una controriforma inaccettabile, altro che riforma. Una riforma deve riguardare la conformazione del CSM, la separazione delle carriere, la diversa modulazione del principio di obbligatorietà dell’azione penale, l’introduzione della riserva di legge per gli interventi sulla legislazione penale, la effettiva tutela della libertà delle persone indagate di fronte all’ incostituzionale utilizzo della custodia cautelare cui si assiste da anni, il controllo sul rispetto dei tempi delle indagini e di deposito dei provvedimenti giudiziari, a partire da quelli dei tribunali del riesame regolarmente violati, altrimenti è acqua fresca, o peggio è l’ennesimo prezzo che si paga alla sottoposizione della classe politica a quei larghi settori della magistratura che pretendono di parlare del problema dei tempi del processo come se la cosa non dipendesse anche da loro responsabilità. Il Governo, per parte sua, dovrebbe rammentare che i lavori della Commissione Fiorella comprendevano anche ipotesi di prescrizione del processo e dell’azione, e spiegare perché ha accantonato quelli della Commissione Canzio, in ossequio al diktat delle procure che non vogliono controlli – ed anzi pretendono mano libera – sui tempi e le modalità di iscrizione degli indagati I penalisti hanno da tempo dato contributi seri, positivi e responsabili anche sul tema dei tempi dei processi, ma di fronte alla falsità di alcuni argomenti ed alla demagogia di alcune prese di posizione al riguardo, sono pronti a far comprendere a tutti coloro che speculano su questa questione che non si fanno riforme, e men che mai controriforme, senza ascoltare le ragioni della verità e fare i conti con la realtà. Una realtà che non può comprendere il puro e semplice imbarbarimento del sistema, come quello che si avrebbe estendendo la figura dell’agente provocatore oltre gli attuali, già ampi e persino intollerabili, spazi che gli sono permessi, oppure edulcorando ancor di più i limiti per l’impiego delle intercettazioni, anche quelli già ben al di là del rispetto dell’articolo 15 della costituzione. La riforma della Giustizia deve essere vera, cioè portare ad un rafforzamento del sistema in maniera equilibrata, altrimenti è solo propaganda, e l’argomento che la preclude ai temi “divisivi”, è quello dei gattopardi che non vogliono cambiare nulla facendo finta di cambiare tutto. Soprattutto non vogliono cambiare una distorta visione delle cose che vede la politica sotto schiaffo rispetto all’Ordine giudiziario. Se la “riforma” si ridurrà al suo contrario la risposta dei penalisti sarà rigorosa e determinata. Roma, 20 agosto 2014 La Giunta
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