Il mio Carso è……… …………TRA POESIA E NATURA " Il mio Carso è duro e buono. Ogni filo d'erba ha spaccato la roccia per spuntare, ogni suo fiore ha bevuto l'arsura per aprirsi." Scipio Slataper Il Carso triestino è formato da rocce calcaree di colore bianco solubili dagli agenti atmosferici, in particolare dall'acido carbonico contenuto nella pioggia, e vengono quindi da questi modellate nel tempo in varie forme, dando origine al fenomeno del carsismo, del quale uno degli aspetti più rilevanti sono le doline. Le doline sono cavità a forma più o meno circolare il fondo è pianeggiante, di terra rossa, fertile per i detriti trasportati dalla pioggia. Spesso viene usata come campo coltivato. Tra le aride pietraie rocciose esse rappresentano delle vere e proprie oasi verdeggianti. Sul Carso il clima acquista una forte componente di continentalità e spesso addirittura caratteristiche alpine. La temperatura diminuisce rapidamente procedendo verso l'interno dell'altopiano carsico. Il paesaggio, pur aspro e roccioso, è suggestivo ed originale per la ricca tavolozza di colori che mutano d'intensità durante l'arco dell'anno. WILD ANIMAL PLANET – MISSIONE CARSO La natura........quante erbe...fiori.. La flora del Carso triestino è ricca di specie endemiche, cioè di specie esclusive che non trovano riscontro in altre zone dell’Europa sud-orientale. La Rosa canina è un arbusto, sui rami giovani ci sono spine ricurve, i suoi frutti sono globosi, lisci e allungati e rossi. La Peonia selvatica è una pianta erbacea perenne, con la corolla di colore rosa. Il Centonchio granelloso è una pianta erbacea che vive sulle rupi. Il fiordaliso del carso è grande circa 15-35 cm. fiorisce tra giugno e luglio. Il cardo è una pianta erbacea perenne con radici lunghissime ha delle foglie lanceolate, strettissime spinose all’apice, i suoi fiori sono bianchi Caprioli, volpi, cinghiali, faine, allocchi e gufi. La fauna, sul Carso, è ricca e piena di sorprese. L'altipiano è un piccolo paradiso dove incontrare i segni inconfondibili dell'orso, dove ammirare le ali striate d'azzurro delle ghiandaie, dove seguire con lo sguardo i veloci spostamenti dello scoiattolo. Tra gli uccelli si distinguono l'usignolo, la Ballerina Bianca e la Ballerina Gialla, che vivono nei pressi del torrente, mentre una popolazione di coturnice vive tra il Monte Stena e il Monte Carso. Le zone boscose sono abitate prevalentemente da corvidi e da cince, ma sono frequenti anche i picchi. Nella pineta nidificano, inoltre, anche alcuni rapaci come lo Sparviero e la Poiana. Infine i mammiferi. Tra i boschi della Val Rosandra si possono incontrare, con molta fortuna, caprioli, volpi, ricci, tassi, scoiattoli e ghiri. ,,,,,,,,,e alberi Il Leccio un albero alto fino a 10-12 m, le sue foglie sono trilobate, ha un tronco dritto, la chioma è cespugliosa e i suoi rami sono dritti e ascendenti, la corteccia è grigio-bruna. Il Carpino bianco è un albero alto fino a 25 m è presente nelle doline del Carso dove caratterizza il bosco di dolina, le sue foglie sono di forma ovale lunghe da 4 a 10 cm, hanno un colore verde scuro, la sua chioma di forma rotondeggiante è ampia e i rami sono dritti e ascendenti, il colore della sua corteccia è grigio-biancastro. ….e caprioli IL TIMAVO, IL ROSANDRA E I "LAGHI FANTASMA" Nel Carso si trovano tanti piccoli fiumi, spesso sotterranei. I più importanti sono il Timavo e il Rosandra. Il fiume Timavo o Reka (che significa “fiume”) nasce in Slovenia a sud del monte Nevoso, fa un tratto di 37 chilometri e poi si inabissa nella grotta di San Canziano a 5 chilometri da Trieste. Percorre circa 40 chilometri e poi esce a S.Giovanni di Duino sotto forma di sorgente e si getta nel golfo di Trieste. Questo percorso viene considerato uno dei più importanti fenomeni carsici. L’inabissarsi del fiume e il suo risgorgare ha incuriosito gli uomini già dall’antichità. A capire il “mistero” fu lo speleologo Eugenio Boegan, che intuì che il fiume non aveva un collegamento diretto tra San Canziano e Duino, ma passava per circa 40 chilometri in grotte sotterranee collegate a bacini che distribuiscono o conservano l’acqua del fiume secondo le stagioni. Il fiume che scorre sottoterra lo si può vedere solo in tre punti: l’abisso dei Serpenti, l’abisso di Trebiciano (341 metri sotto il livello del mare) e il pozzo dei Colombi. La zona delle risorgive fu già dall’antichità un importante luogo di culto e nel IV secolo d. C. venne costruita la prima cappella. La zona della foce fu anche un importante porto nel II secolo a. C. il Timavo viene nominato anche nell’ Eneide. Nel Carso ci sono anche dei piccoli laghi, spesso sotterranei. Solo pochi sono superficiali come il lago di Circonio, vicino a Postumia, il lago di Doberdò e quello di Pietrarossa, vicino a Monfalcone, che costituiscono uno dei pochi esempi di lago-stagno carsico in Europa. Questi prendono il nome di “laghi fantasma”: quando ci sono piogge, d’inverno, si allargano mentre d’estate rimangono delle pozze o un semplice prato. Recentemente è stato scoperto che questi laghi non hanno né immissari, né emissari, quindi d’estate, quando non piove molto, l’acqua penetra nelle rocce calcaree sottostanti, facendo diminuire il livello dell’acqua e a volte scompaiono a causa del crollo delle strutture carsiche sottostanti. IL TORRENTE ROSANDRA Il torrente Rosandra è lungo circa 15 chilometri nasce in Slovenia a 412 metri di altitudine, dopo qualche chilometro riceve l’acqua da alcuni ruscelli minori e poi entra in Italia vicino a Botazzo, nella val Rosandra. Qui c’è una cascata di 26 metri, che termina con un caratteristico laghetto tra le rocce. Nella valle, il torrente viene alimentato da due sorgenti: quella dell'Antro delle Ninfe, le cui acque provengono dalle grotte del Monte Stena e quella della Fonte Oppia, che anticamente riforniva d’acqua Trieste attraverso l'acquedotto costruito durante l'impero romano di cui si possono osservare alcuni resti proprio nella valle. Il torrente Rosandra riceve acqua anche da altre tre sorgenti. La più importante di queste è quella dell'antro di Bagnoli, che raccoglie le acque dal Monte Carso. Talvolta d’estate è l’unica ad alimentare il torrente, che può anche avere delle magre tali da rimanere secco. Lungo il suo percorso c’erano numerosi mulini, ma oggi la maggior parte è in rovina. LEGGENDE…….Principesse…… Ci sono moltissime leggende sul Carso, ma le più importanti sono quella della principessa Rosandra, della Bora e dell'origine del Carso. La prima narra di una principessa, di nome Rosandra, che viveva in un grande castello sull'altura che domina la valle. La principessa era talmente bella che principi e cavalieri venivano da tutto il mondo per chiederla come sposa, ma lei preferiva correre e giocare nei prati. Un giorno, però, incontrò un cavaliere e se ne innamorò. Poiché il cavaliere doveva partire i due si promisero amore eterno. Purtroppo la nave su cui viaggiava il cavaliere affondò. Quando Rosandra seppe quello che era accaduto impazzì dal dolore e per pietà il cielo la tramutò in pietra. Le sue lacrime, però, continuano ancora ad alimentare il torrente che ha preso il suo nome: Rosandra. STREGHE…….E ANGELI La seconda è la leggenda della bora che ha due versioni. Nella prima si dice che sia una strega che si nasconde assieme a suo figlio Borino nelle grotte del Carso ed esce d'inverno per infastidire gli uomini e devastare tutto con i suoi refoli violenti e gelidi. Nella seconda, invece, la Bora era una ninfa dei boschi carsici che durante l'estate portava la brezza per dar refrigerio agli uomini che lavoravano questa dura terra. Un giorno, però, arrivarono sul Carso degli uomini crudeli che uccisero il dio che la ninfa amava. Da allora, per vendetta, la Bora cominciò a soffiare gelida e con molta violenza. La terza leggenda è quella sull'origine del Carso. Si racconta che un tempo il Carso era pieno di prati, boschi e torrenti. Un giorno Dio si accorse che erano avanzate delle rocce e ordinò all'Arcangelo Gabriele di raccoglierle e buttarle in mare. Quando il diavolo vide l'Arcangelo Gabriele passare con un pesante sacco, incuriosito bucò il sacco e tutte le rocce caddero sul Carso che da allora diventò un’enorme pietraia. L’ALMANACCO dell’agricoltore carsolino Tutte le colture sono normalmente coltivate in Carso senza l’aiuto di condutture idriche allacciate nei pressi dei campi. Il Carso ha tradizionalmente coltivato ogni tipo di prodotto malgrado la scarsità d’acqua nota a tutti. In stagioni normalmente piovose non ci sono quindi problemi di sorta e non c’è necessità di innaffiare le colture ogni giorno. I legumi. I piselli: iniziamo con la semina a inizio aprile e ne raccoglieremo i “frutti” da metà giugno. Ricetta triestina da ricordare: piselli con le seppie e “risi e bisi”. I faxioi, cioè i fagioli a inizio maggio semineremo una varietà nana che meglio si adatta alle condizioni climatiche del nostro campo; le lavorazioni sono simili a quelle dei piselli. Quando le notti estive iniziano ad allungarsi il legume presenterà le tipiche striature rosso violacee i fagioli sono pronti per essere raccolti. ...I CEREALI, LE PATATE, LA VERDURA E LA FRUTTA I cereali…e le patate. Il grano saraceno lo piantiamo a inizio agosto e in autunno «appena i frutti inizieranno a presentare il tipico colore scuro, mieteremo e successivamente trebbieremo il cereale». Il grano saraceno è un cereale ad elevato potere nutritivo, estremamente rustico, frugale, che tradizionalmente viene coltivato in Carso. La coltivazione di questo cereale assume il preciso significato di un esplicito legame con il territorio». Ricetta tipica top: la torta Linz. Le patate: questi tuberi li pianteremo a inizio aprile e li raccoglieremo a fine luglio. Di campi di patate in tutto il Carso ne troverete un sacco e sono un classico della cucina centroeuropea. Ricetta triestina da ricordare: i chifeletti. Tra le verdure “sovrane” nel nostro territorio non possiamo non citare verze, broccoli, cavoli, “fasoleti”, “tegoline”, “erbete”, melanzane, la salata di vario tipo, tra cui il radicchio, finocchi, “blede” e tutte le erbe come l’erba regia (o basilico), il lauro, la salvia, la ruta e le erbe amare da mettere in fusione nella grappa. E non dimentichiamo il “cren”, o rafano, una radice dall’aroma pungente da grattare sul prosciutto cotto caldo. E che dire della frutta? Iniziamo dal fico, in tutte le sue varietà, poi l’anguria rossa e il baciro bianco, la ciliegia, la “persiga” e poi…….mele, pere, more, mandorle, nocciole, castagne e…olive.Tutti questi prodotti venivano offerti sui banchi del mercato all’aperto da quelle figure ormai leggendarie chiamate “venderigole” presenti a Trieste già nel Medioevo. L’UVA E IL VINO L’uva è tradizione che venisse coltivata nel territorio triestino sin dal quinto secolo a.C., introdotta dai Greci e dagli Etruschi. Perfino Plinio il Vecchio parla del famoso Pucinum, il vino prediletto da Livia, moglie dell’imperatore Augusto. Altri vini prodotti in carso sono la Ribolla, Il Malvasia, il “Teran”, il Moscato e il Refosco. ....LE CIPOLLE E LE ZUCCHE Le “zivole”, cioè le cipolle le pianteremo a inizio aprile; l’impegno maggiore sarà il controllo ragionato delle erbacce. Si raccolgono nello stesso periodo delle patate. Ricetta triestina top con le “zivole”: patate in tecia! La zucca invernale per l’alimentazione umana non è propriamente una coltura tradizionale ma rappresenta piuttosto un’interessante e ghiotta opportunità che ben s’inserisce nel contesto locale. Le zucche le pianteremo a inizio maggio e le raccoglieremo tantissimo tempo dopo, a fine ottobre. Ricetta top per le zucche: la minestra di zucca, risotto; dolci; gnocchi di zucca con la salvia e la ricotta affumicata. AGRITURISMI E "OSMIZE"........IL PIACERE DI VIVERE......... A Trieste, o meglio, nella sua provincia, esistono vari agriturismi sparsi per tutto l'altopiano carsico. Famose sono le cosiddette “osmize” tipiche proprio della nostra tradizione popolare, dove i contadini dopo l'inizio dell'800 erano autorizzati a vendere ai privati il loro vino, offrendo assieme anche i prodotti della loro terra; tale presenza è datata fin dai tempi del dominio dei Franchi. Le osmize chiusero solo nei periodi di guerra e carestia, hanno pertanto dodici secoli di attività. La cucina degli agriturismi prevede come minestre: la jota, una zuppa con capucci acidi, fagioli, patate e aglio; altre specialità sono, per esempio, il prosciutto, gulash con polenta, gnocchi, insalata con uova sode, patate in tecia, crostata di mirtilli, palacinche e strudel. Contrariamente agli agriturismi del resto d'Italia, solo pochissimi offrono anche ospitalità notturna. Negli ultimi anni è in grande aumento l’offerta di servizi didattici con la diffusione delle cosiddette fattorie didattiche che accolgono studenti per far conoscere i diversi aspetti dell’attività agricola e della preparazione di molti alimenti (vino, olio, miele, formaggi, salumi, ecc.). I prezzi possono essere più modesti grazie a varie leggi e norme statali in cui l'attività agrituristica è considerata attività agricola. Sono previsti anche aiuti finanziari regionali nel quadro dei Piani di Sviluppo Rurale sostenuti dall’Unione Europea. Solitamente gli addetti allo svolgimento dell'attività agrituristica sono l'imprenditore agricolo e i suoi familiari, dunque un' impresa famigliare che può avvalersi naturalmente anche di lavoratori dipendenti. La domanda di agriturismo si è notevolmente modificata negli ultimi anni: prima interessava una ristretta cerchia di appassionati di tradizioni e specialità enogastronomiche, oggi coinvolge larghi strati popolari motivati dal contatto con la natura, la buona tavola, la tranquillità, i prezzi generalmente contenuti. I ristoranti agrituristici sono molto apprezzati soprattutto dalle famiglie con bambini. Infatti, visto la poca pazienza dei più piccini di stare seduti a tavola per lunghi periodi, in questi posti trovano spazi aperti per giocare e nella maggioranza dei casi la possibilità di vedere e toccare animali che solitamente non fanno parte del loro quotidiano. UN SALTO NEL PASSATO: DAL CARSO...IN CITTÀ...E L'ASINO DOVE LO PARCHEGGIO Siamo agli inizi del '900 e stiamo per intervistare una "juzca" che ci spiegherà il suo mestiere.- Buon giorno, signora juzca. Juzca è il suo vero nome?- No, mie care, juzca è il vezzeggiativo di Maria, ma mi chiamano anche mlecherza, cioè “venditrice di latte”; entrambi i nomi derivano dallo sloveno. - Oh !!! Vediamo che ha un vestito particolare! -Sì, io e le mie compagne abbiamo questo vestito tradizionale, composto da uno scialle con frange molto lunghe che è difficile da trovare. Un altro dettaglio del vestito è il copricapo, di cui noi andiamo molto fiere, perché ci teniamo all'eleganza.- Cosa fa prima di scendere in città per vendere i suoi prodotti ? - Eh! Il mio lavoro è molto duro perché mi devo svegliare durante la notte per mungere le mie mucche, poi faccio bollire il latte finché si forma la panna. Successivamente la metto nella zangola, una specie di piccola botte dove mescolo la panna per produrre il burro. Per trasportarlo uso il mio povero asino oppure porto un carretto trainato da un mulo. Per vendere il latte uso un contenitore di 10 -15 litri attorno al quale sono legate con uno spago le "tazze di misura" della capacità di 0.5l - 1l -1.5litri. - La ringraziamo per la sua disponibilità e per le notizie che potremo portare ai giorni nostri. - E' stato un piacere e mi sono anche riposata un po'!!! - Arrivederci e buon lavoro.DA COLTURA DI ALBERI A CULTURA DI NATURA! Siamo andati al “Centro didattico naturalistico di Basovizza” dove una volta c'era un vivaio. Abbiamo intervistato una guardia forestale: vediamo insieme che cosa ci racconta del suo lavoro. Cosa fa per salvaguardare la natura del Carso? “Do delle indicazioni per salvaguardarla”. A quanti anni ha cominciato a fare questo lavoro e perché? “Ho iniziato a quarant'anni, perché sono laureata in scienze naturali e volevo fare un lavoro adatto ai miei studi”. Ha mai salvato un animale? Se si, quale? “Si, quando lavoravo nella stazione forestale ho salvato un picchio e un nidiaceo perché cadono spesso dal nido. Un giorno ho salvato un ghiro a casa mia”. Quale pericolo corre facendo questo lavoro? “In bosco posso essere attaccata da un cinghiale e la cosa migliore è fare finta di niente, perché in realtà sono loro ad avere paura di noi. Potrei incontrare anche una vipera, ma non ci aggrediscono perché il veleno serve per le loro prede e se lo sprecano per noi non ne hanno più”. Ha paura di qualche animale? “Mi danno un po' fastidio gli scorpioni”. Ha mai aiutato un animale a partorire? “Purtroppo non ho mai avuto l'occasione”. E' mai stata attaccata da un animale? “Per fortuna no, non mi è mai successa una cosa del genere e se lo fanno, lo fanno per difesa”. Abbiamo ringraziato la guardia forestale per la pazienza e simpatia dimostrateci e ce ne siamo andati contenti di aver imparato molte cose riguardo l'ambiente naturale del nostro altipiano carsico. Autori dei testi gli alunni della classe 1°B della scuola secondaria di I grado “Antonio Bergamas” Anno scolastico 2012/2013
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