Le Newsletter de Il Sole 24 ORE Percorsi di informazione ed approfondimento per professionisti, aziende e Pubblica Amministrazione Mensile di aggiornamento e approfondimento in materia di ambiente, appalti, edilizia e urbanistica, immobili, sicurezza Chiuso in redazione il 30 novembre 2014 © 2014 Il Sole 24 ORE S.p.a. 22 I testi e l’elaborazione dei testi, anche se curati con scrupolosa attenzione, non possono comportare specifiche responsabilità per involontari errori e inesattezze. Sede legale e Amministrazione: via Monte Rosa, 91 – 20149 Milano a cura della Redazione Edilizia e PA de Il Sole 24 ORE e-mail: [email protected] www.tecnici24.ilsole24ore.com La Fondazione Dei Geometri e Geometri Laureati della Provincia di Asti offre servizi di formazione in materia di: Prevenzione incendi Mediazione C.t.u./ c.t.p. Protezione civile Sicurezza Catasto Geometra fiscalista Urbanistica Casaclima Recupero e arredo urbano Certificazione energetica Ambiente Topografia Amministratore di condominio Edilizia biosostenibile n. 22 – dicembre 2014 Sommario 2 Pagina NEWS Ambiente, appalti, economia e finanza, edilizia e urbanistica, immobili, professione, Pubblica amministrazione, sicurezza sul lavoro 4 RASSEGNA DI NORMATIVA Leggi, decreti, circolari: sintesi e classificazione 17 RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA Ambiente, appalti, economia e finanza, edilizia e urbanistica, immobili, professione, Pubblica amministrazione, sicurezza sul lavoro 25 APPROFONDIMENTI Sicurezza NUOVI ADEMPIMENTI PER IL DATORE DI LAVORO Sulla Gazzetta Ufficiale n. 261 del 10 novembre 2014 (Supplemento Ordinario n. 83), è stata pubblicata la Legge 30 ottobre 2014, n. 161, recante “Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2013-bis”, in vigore dal 25 novembre 2014. Pierpaolo Masciocchi, Il Sole 24 ORE – Sicurezza24 – 11 novembre 2014 29 Condominio PORTONE, INSEGNE, TARGHE: LA REGOLAMENTAZIONE DELL'USO L’assemblea è competente a disciplinare l’uso delle parti comuni, eventualmente anche formando uno specifico regolamento ai sensi dell’art. 1138 cod. civ., ma in generale l’uso dei beni comuni resta sottoposto ai principi generali sul condominio. Alcune sentenze hanno preso in esame ipotesi particolari che riguardano l’apertura del portone, l’uso del citofono e l’apposizione di insegne e targhe sui muri. Ettore Ditta, Consulente Immobiliare, Edizione del 30 novembre 2014, n. 964 pag. 1955 32 L’ESPERTO RISPONDE Ambiente, appalti, economia e finanza, edilizia e urbanistica, immobili, professione, Pubblica amministrazione, sicurezza sul lavoro 37 3 Proprietario ed Editore: Il Sole 24 Ore S.p.A. Sede legale e amministrazione: Via Monte Rosa 91- 20149 Milano Redazione: Edilizia e PA de Il Sole 24 ORE e-mail: [email protected] © 2014 Il Sole 24 ORE S.p.a. Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione anche parziale e con qualsiasi strumento. I testi e l’elaborazione dei testi, anche se curati con scrupolosa attenzione, non possono comportare specifiche responsabilità per involontari errori e inesattezze. www.tecnici24.ilsole24ore.com Ambiente IPPC: pubblicate le linee di indirizzo sulle modalità applicative della disciplina Il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ha emanato in data 27 ottobre 2014 la Circolare, prot. 0022295 GAB “Linee di indirizzo sulle modalità applicative della disciplina in materia di prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento, recata dal Titolo III-bis alla parte 4 seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152, alla luce delle modifiche introdotte dal decreto legislativo 4 marzo 2014, n.46”. Le linee guida chiariscono i seguenti punti: 1. Definizione di sito 2. Definizione del concetto di attività connessa 3. Applicazione dell’istituto del rinnovo periodico 4. Modalità di gestione dei procedimenti in corso 5. Presentazione della relazione di riferimento 6. Soglie delle attività di fabbricazione di prodotti alimentari o mangimi 7. Chiarimenti in merito alla nozione di pollame 8. Chiarimenti in merito alla nozione di frantumatori di rifiuti metallici 9. Oggetto dei controlli 10. Sospensione dell’autorizzazione 11. Chiarimenti in merito alla capacità di incenerimento 12. Chiarimenti in merito agli obblighi di pubblicazione 13. Chiarimenti in merito all’impiego delle linee guida MTD 14. Primi chiarimenti in merito agli impianti esistenti non già soggetti ad AIA. (Francesca Sartori, Il Sole 24 ORE – Tecnici24, 29 novembre 2014) Antincendio Nuova circolare dei Vigili del Fuoco Emanata la circolare 21 novembre 2014, n. 13818 riguardante indicazioni applicative del D.m. 4 marzo 2014 di modifica del D.m. 14 maggio 2014. Il provvedimento parte dall’analisi del punto 5.2.4 dell’allegato al D.m. 14 maggio 2014che indica la possibilità di utilizzare serbatoi di tipo ricoperto alle condizioni fissate dal comma 4 e prevede che gli stessi ''possono essere installati parzialmente o totalmente al di sopra del livello del suolo. In corrispondenza di ogni punto del serbatoio lo spessore minimo del materiale di ricoprimento non deve essere inferiore a 0,5 m. Il materiale di ricoprimento deve essere incombustibile e deve garantire stabilità e durabilità." Tuttavia qualora non si possano realizzare installazioni con lo spessore del materiale di ricoprimento sopra citato, la circolare consente di ricorrere all’istituto della deroga previsto dall’art. 7 del d.P.R. 151/2011, “prevedendo spessori di ricoprimento inferiori con l'utilizzo di materiali in grado di garantire un equivalente livello di protezione in termini di isolamento termico dello stesso serbatoio, oltre alle caratteristiche di incombustibilità, stabilità e durabilità”. Per quanto riguarda il punto 9.1-bis, D.m. 14 maggio 2004, la circolare afferma: “che l'idoneità dei sistemi alternativi alla recinzione nonché di quelli di protezione in caso di presenza di alberi ad alto fusto, deve essere oggetto di apposita documentazione tecnica, conservata nel fascicolo del serbatoio (così come indicato nel modello PIN 2 SCIA gpl), attestante il rispetto dei requisiti prestazionali citati nei nuovi punti del D.m. 4 marzo 2014, a firma di tecnico iscritto in albo professionale, che opera nell'ambito delle proprie competenze”. Ultima precisazione: il termine “area privata aperta al pubblico”, deve essere intesa come “area privata accessibile da parte di utenti comunque estranei all'attività in argomento, rispetto ai quali è necessario adottare misure di sicurezza al fine di evitare l'accessibilità, e conseguentemente la possibile manomissione, ai dispositivi di sicurezza e controllo del deposito stesso”. (Il Sole 24 ORE –Tecnici24, 27 novembre 2014) Pubblicate due nuove norme tecniche La norma UNI 10779:2014 “Impianti di estinzione incendi – Reti di idranti – Progettazione, installazione ed esercizio” riguarda i requisiti costruttivi e prestazionali minimi da soddisfare nella progettazione, installazione ed esercizio delle reti di idranti destinate all’alimentazione di apparecchi di erogazione antincendio, definendo le caratteristiche che una rete di idranti deve 5 avere e le modalità con le quali deve essere realizzata e gestita. Non sono disciplinati dalla norma i casi in cui la rete di idranti deve essere realizzata né definirne la relativa tipologia di protezione. L’altra norma varata è UNI 9494-3 e disciplina i sistemi per l’evacuazione di fumo e calore (SEFC). Tali sistemi hanno lo scopo di agevolare l’evacuazione delle persone da edifici e da altri fabbricati, di ridurre i danni e le perdite finanziarie provocati dall’incendio prevenendo danni da fumo, di ridurre le temperature delle strutture portanti e del tetto e di ritardare il diffondersi laterale del fuoco. Nel dettaglio la norma disciplina le procedure per il controllo iniziale, la sorveglianza e il controllo periodico, la manutenzione dei sistemi di evacuazione di fumo e calore SEFC e si applica ai sistemi realizzati secondo le UNI 9494-1 e UNI 9494-2. (Il Sole 24 ORE –Tecnici24, 17 novembre 2014) Catasto Riforma del catasto a corto di dati Il crollo del mercato immobiliare impone una revisione in corsa del sistema di calcolo delle future rendite: a oggi mancano spesso i dati necessari alle elaborazioni statistiche. Ieri, al convegno svoltosi a Milano nell'ambito di Urbanpromo 2014 sulla riforma degli estimi, il vicedirettore delle Entrate, Gabriella Alemanno, ha illustrato come la struttura dell'ex Territorio stia andando avanti: «Abbiamo costituito un gruppo di lavoro che a breve ultimerà la bozza del decreto legislativo sulla riforma del sistema estimativo, che l'autorità politica porterà poi avanti. Ma vogliamo garantire la "comprensibilità sociale" dell'operazione, con la massima trasparenza e collaborazione con professioni e operatori». Le risorse, tuttavia, restano un problema da definire. A margine del convegno, Gabriella Alemanno ha spiegato che, riguardo alle convenzioni con gli ordini professionali per il necessario supporto «non so se saranno gratuite. La questione risorse è allo studio di un gruppo di lavoro specifico». Sono comunque già stati stanziati 205 milioni per i prossimi cinque anni. A segnalare il problema maggiore è stato Arturo Angelini, della direzione del catasto: «Ci sono quasi 5mila Comuni dove, nell'ultimo triennio, sono state effettuate meno di cento compravendite. Su questa base mancano le grandi quantità di dati che sono il presupposto per un serio approccio statistico. E se è un problema per le unità a destinazione ordinaria, figuriamoci per quelle speciali!». La soluzione è quella di allargare gli ambiti territoriali: «Delle attuali 30mila microzone alcune migliaia verranno accorpate, in modo da avere dati a sufficienza» ha detto Gianni Guerrieri, il coordinatore del gruppo che sta lavorando al prossimo decreto legislativo (l'unico approvato, per ora, è quello sulle commissioni censuarie, peraltro prodromico a tutto il resto). Anche perché l'alternativa sarebbe fare stime puntuali «Che con 63 milioni di unità immobiliari è piuttosto difficile». Sulla validità del metodo statistico ha espresso forti dubbi Antonio Anzani, presidente di Aspesi (promotori immobiliari), citando una serie di casi di immobili a prezzo reale zero o quasi ma con valore catastale elevato. «Ma la riforma non potrà tenere conto degli infiniti casi singoli - ha replicato Guerrieri -. Altrimenti non la faremo mai. Si tratta di ridurre il valore di dispersione tra valori di mercato e catastali, attualmente fermi a 41, almeno a 25, rimuovendo almeno in parte le iniquità». Altro tema caldo quello dei rapporti con i Comuni: «Senza una collaborazione, forte, costante e fedele non si riuscirà a correre - dice Guerrieri -; da loro devono arrivare informazioni indispensabili». Sempre i Comuni sono poi stati citati come destinatari finali dell'obbligo di invarianza di gettito: per Guerrieri «i conti si potranno fare solo a fine riforma» e il direttore delle Entrate, Rossella Orlandi, ospite ieri di Skytg24 Economia, ha confermato che l'invarianza «si otterrà con una rimodulazione delle aliquote che però saranno frutto di scelte politiche che competono agli enti locali». Mentre a margine del convegno il presidente di Assoedilizia, Achille Colombo Clerici, ha motivato il suo scetticismo: «Per esempio, risulta assai arduo poter verificare l'incidenza del continuo processo di riqualificazione edilizia, che dà luogo a un ovvio incremento del 6 gettito per via dell'automatismo dell'aggiornamento catastale». Il funzionamento delle commissioni censuarie nel primo decreto legislativo LE «LOCALI» La composizione Tra i membri delle commissioni censuarie locali (il presidente è nominato dal presidente del Tribunale locale) è prevista la presenza di: due tra quelli designati dall'agenzia delle Entrate; uno tra quelli designati dall'Anci; tra quelli designati dal Prefetto, due su indicazione degli Ordini e Collegi professionali e uno su indicazione e delle associazioni di categoria operanti nel settore immobiliare; per le Commissioni censuarie provinciali di Trento e Bolzano, un rappresentante delle due Province autonome LA «CENTRALE» Membri e presidente La commissione censuaria centrale è composta da 25 componenti effettivi e 21 supplenti. Si articola in tre sezioni (il numero è modificabile con decreto dell'Economia), di cui una competente in materia di catasto terreni e due competenti in materia di catasto urbano. È presieduta da un magistrato ordinario o amministrativo con qualifica non inferiore a magistrato di cassazione o equiparata, nominato da un Dpr previa deliberazione del Consiglio dei ministri su proposta del ministro dell'Economia LE NOMINE Alle commissioni locali Entro 60 giorni dalla richiesta del direttore regionale delle Entrate, l'Anci, il prefetto e la stessa Agenzia comunicano le rispettive designazioni al presidente del Tribunale, che entro 30 giorni sceglie i componenti; il direttore regionale provvede, con decreto, alla nomina Alla commissione centrale Entro 90 giorni dalla richiesta del direttore delle Entrate, l'Agenzia stessa, l'Anci e il Csm comunicano le rispettive designazioni al ministro dell'Economia che nomina con proprio decreto i componenti effettivi e supplenti LE COMPETENZE Le attività In tema di competenze, le commissioni censuarie dovranno validare anche le previste funzioni statistiche (che vanno a sostituire gli attuali quadri tariffari). Come fatto innovativo rispetto al passato prossimo, ma che richiama il passato remoto (formazione del catasto edilizio urbano), sono state introdotte procedure deflattive del contenzioso catastale: l'articolo 2, comma 3, lettera a) della delega fiscale prevede particolari e appropriate misure di tutela anticipata del contribuente sull'attribuzione delle nuove rendite (Saverio Fossati, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 12 novembre 2014) Riclassamento sempre motivato È illegittimo il riclassamento catastale che non indichi gli elementi necessari per giustificare le ragioni della variazione. Lo sottolinea la Cassazione con la sentenza 23247 del 2014, che annulla un classamento che l'Amministrazione aveva operato con un richiamo solo generico alle espressioni contenute nella norma che prevede modifiche di classe (nel caso specifico, l'articolo 1, comma 335 della legge 311/2004). «Questa sentenza – sottolinea il presidente di Assoedilizia Achille Colombo Clerici – è la prova della fondatezza della nostra posizione critica nei confronti di tutti quegli accertamenti». In particolare, si discuteva di un castello composto da 38 unità, a nove delle quali l'Agenzia delle entrate aveva negato l'attribuzione della specifica categoria (A 9: castelli, palazzi con eminenti pregi artistici o storici). Per fare ciò, l'ufficio si era limitato a richiamare la circostanza che il Comune avesse richiesto la revisione del classamento, e aveva richiamato una generica 7 «evoluzione del mercato immobiliare» per negare a nove unità immobiliari la categoria A 9. Secondo la Cassazione, invece, per modificare un classamento e cioè il valore degli immobili presenti nella micro zona, sarebbe stato necessario dimostrare un significativo scostamento del rapporto tra valore di mercato e valore catastale nella micro zona stessa, indicando il suddetto rapporto e le dimensioni del relativo scostamento. Di qui l'annullamento del provvedimento dell'Agenzia delle entrate, ed è il ritorno delle nove immobiliari nella categoria A 9. Accogliendo le tesi del contribuente, la Cassazione tributaria illustra la procedura che l'Agenzia deve effettuare quando attribuisce un nuovo classamento a seguito di variazioni: se la variazione si ricollega a trasformazioni edilizie subite dall'unità immobiliare, l'atto deve recare l'analitica indicazione di tali trasformazioni; se il nuovo classamento è adottato nell'ambito di una revisione dei parametri catastali delle microzone in cui l'immobile situato, a causa di un significativo scostamento del rapporto tra valore di mercato e valore catastale nella micro zona stessa rispetto all'analogo rapporto tra valore di mercato e catastale nell'insieme delle micro zone comunali, l'Agenzia deve indicare i suddetti rapporti tra valori e lo scostamento che emerge tra i valori stessi (di mercato e catastale). (Guglielmo Saporito, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 12 novembre 2014) Per gli interventi liberi sparisce il «Docfa» Con lo Sblocca Italia (articolo 17, comma 1, lettera c, punto 3) viene prevista una modifica all’articolo 6, comma 5, del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (Dpr 380/01) che ingenera però dei problemi in tema di procedimenti di variazione catastale di immobili già censiti. L’articolo 6 del testo unico disciplina le tipologie di interventi liberi avviabili con semplice comunicazione al comune (opere di ordinaria e anche straordinaria manutenzione). Il comma 5 del suddetto articolo, nella sua formulazione originaria, prevedeva che al termine dei lavori l’interessato provvedesse, nei casi previsti dalle vigenti disposizioni, alla presentazione degli atti d’aggiornamento catastale nel termine di 30 giorni dall’ultimazione dei lavori. Il nuovo comma prevede, in tali casi, che la comunicazione d’inizio lavori, laddove integrata con la comunicazione di fine dei lavori, sia tempestivamente inoltrata dal Comune alle Entrate e sia valida anche ai fini delle variazioni catastali previste dalla legge. Tale semplificazione crea, però, un notevole “impasse” operativa negli aggiornamenti catastali, atteso che la comunicazione inoltrata all’Agenzia non è immediatamente utilizzabile per l’aggiornamento degli atti catastali in quanto necessita di una preventiva e complessa elaborazione finalizzata alla compilazione delle planimetrie catastali nel formato standard e alla registrazione della eventuale nuova rendita e dei nuovi identificativi catastali. La disposizione ha un effetto ancora più dirompente in quanto tra le opere di straordinaria manutenzione (modifiche all’articolo 3, lettera b, del Dpr 380/2001), sono state incluse la fusione e il frazionamento di unità immobiliari urbane, purché non si modifichi la volumetria e la destinazione d’uso. In sostanza, con la nuova norma, i cittadini verranno sgravati dall’attuale obbligo di predisposizione dell’accatastamento (Docfa), che passa a carico delle Entrate. La legge solleva il cittadino da adempimenti burocratici, ma non dando dei termini perentori all’Agenzia per provvedere probabilmente non centrerà l’obiettivo della semplificazione. È probabile, quindi, che l’aggiornamento catastale troverà adempimento effettivo solo nei tempi tecnici (quasi sicuramente lunghi) compatibili con l’operatività dei vari uffici. Si profila, quindi, all'orizzonte la possibilità di ricostituzione di un nuovo arretrato nell’aggiornamento catastale. Tale scenario verosimilmente potrà comportare per il cittadino possibili ritardi nella compravendita immobiliare nei casi in cui l’Agenzia non provveda all’adeguamento della planimetria catastale allo stato reale dell’immobile. Di fatto, l’articolo 19, comma 4, del Dl 78/10, convertito nella legge 122/10, per la libera commerciabilità di un immobile impone che la planimetria in catasto sia conforme allo stato reale dell’immobile. Inoltre in caso di fusione o frazionamento, per l’individuazione nell’atto notarile le unità immobiliari derivate debbono ricevere un nuovo identificativo dalle Entrate. Quindi, nei casi di ritardi nell’aggiornamento catastale è probabile che 8 vada in fumo per il cittadino l’agevolazione prevista dalla nuova norma, in quanto, se ha urgenza di stipula, si vedrà costretto a presentare volontariamente un Docfa. Si auspica che la nuova disposizione sia sottoposta ad un adeguato monitoraggio per constatarne l’effettiva applicabilità negli attuali procedimenti di aggiornamento catastale, senza ritardi nel rispetto del termine ordinario di conclusione dei procedimenti amministrativi, che, non essendo stato diversamente precisato, sembra da intendere in 30 giorni ex lege 241/90. (Antonio Iovine, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 26 novembre 2014) Condominio La polizza non è d’obbligo Nubifragi e altre calamità naturali che stanno flagellando la Penisola spingono a chiedersi se ci siano delle reponsabilità (del sindaco o del prefetto, della Protezione civile e anche dell’amministratore di condominio) e se ci sia, per il professionista, l’obbligo di assicurare l’edificio a tutela delle parti comuni e di compiere tutti quegli atti conservativi e quelle azioni a tutela della sicurezza del condominio. Nonostante il comune convincimento che l’amministratore sia tenuto per legge ad assicurare l’immobile a lui affidato, la normativa nulla prevede al riguardo. In particolare, la giurisprudenza di legittimità (Cassazione civile, sezione III, n. 15872 del 6 luglio 2010, confortata dalla Cassazione civile 8233 del 3 aprile 1997 e 15735 del 13 agosto 2004) ha affermato che «l’amministratore non è legittimato a concludere il contratto di assicurazione del fabbricato se non abbia ricevuto l’autorizzazione da una deliberazione dell’assemblea dei partecipanti alla comunione». La Corte aggiunge che l’articolo 1130, n. 4 del Codice civile obbliga l’amministratore a eseguire gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio, intendendo con ciò riferirsi ai soli atti materiali (riparazione dei muri portanti, di tetti e lastrici) e giudiziali (azioni contro comportamenti illeciti posti in essere da terzi) necessari per la salvaguardia della integrità dell’edificio. Tra questi atti non si può far rientrare il contratto di assicurazione, perché questo non ha gli scopi conservativi ai quali si riferisce la norma, avendo, viceversa, come suo unico e diverso fine quello di evitare pregiudizi economici ai proprietari dell’edificio danneggiato. Il Governo, dopo averci provato invano con il Dl 59/2012, che prevedeva l’obbligo di estendere la garanzia assicurativa anche alle calamità naturali, consentendo uno sgravio fiscale (ma questa parte non fu convertita in legge), ora sta effettuando studi per introdurre l’obbligatorietà dell’assicurazione sui fabbricati in caso di calamità naturali, senza che questo comporti, come invece oggi accade nelle zone a rischio, un eccessivo aumento dei premi assicurativi per il privato. Ma che cosa succede all’amministratore quando il fabbricato viene colpito da un evento climatico estremo? La Cassazione, con ordinanza 3767 del 18 febbraio 2014, esprimendosi in un caso in cui il responsabile poteva essere considerato il Comune, ha ritenuto che la responsabilità oggettiva per le cose in custodia in base all’articolo 2015 del Codice civile, che ben può essere attribuita all’amministratore per i beni e gli impianti comuni in condominio, può essere esclusa solamente dal caso fortuito che interrompe il nesso causale tra i beni sottoposti alla sua custodia e il danno lamentato, intendendosi come «caso fortuito» un fatto estraneo, eccezionale e imprevedibile e, quindi, inevitabile. Insomma, la Corte ha individuato il caso fortuito nel nubifragio che colpì il Comune di Acri tra la notte del 27 e 28 novembre 1984, e che comportò l’allagamento del fabbricato che si sarebbe comunque verificato, a prescindere dalla idoneità o meno delle opere poste in essere dall’amministratore a evitare o contenere tale evento. Chiarito questo aspetto, occorre affrontarne un altro. L’amministratore di condominio, in caso di un evento naturale di estrema entità e gravità, può essere ritenuto responsabile penalmente? La responsabilità penale dell’amministratore va ricondotta nell’ambito della disposizione di cui all’articolo 40, secondo comma, del Codice penale, per cui «non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo». Per rispondere del mancato impedimento di un evento, quindi, è necessario che esista un obbligo giuridico di attivarsi allo scopo. È quindi chiaro che l’amministratore non ha l’obbligo di assicurare il fabbricato, se non su espressa 9 autorizzazione dell’assemblea di condominio e che questi eventi climatici sono considerati casi fortuiti che interrompono il nesso causale nella responsabilità oggettiva dei beni e degli impianti in custodia dell’amministratore. Quindi, anche sotto questo profilo l’amministratore non potrà essere ritenuto responsabile delle conseguenze e dei danni cagionati dall’evento medesimo. In sintesi 01 LA CASSAZIONE L’amministratore non è legittimato a concludere il contratto di assicurazione del fabbricato se non abbia ricevuto l’autorizzazione da una deliberazione dell’assemblea dei partecipanti alla comunione 02 LA LEGGE L’articolo 1130, n. 4 del Codice civile obbliga l’amministratore a eseguire gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio ma tra questi non si può far rientrare il contratto di assicurazione 03 LE RESPONSABILITÀ Quando il fabbricato è colpito da un evento «estremo» si configura generalmente il «caso fortuito» che esclude la responsabilità dell’amministratore perché interrompe il nesso causale tra i beni sottoposti alla sua custodia e il danno lamentato, intendendosi come «caso fortuito» un fatto estraneo, eccezionale e imprevedibile e, quindi, inevitabile (Paola Pontanari, Il Sole 24 ORE – Norme e tributi, 25 novembre 2014) Edilizia Pavimentazioni e rivestimenti in legno: fase finale per il progetto di norma U40006410 Il nuovo progetto di norma U40006410 “Pavimentazioni e rivestimenti di legno e/o a base di legno - Posa in opera - Competenze, responsabilità e indicazioni contrattuali”, di competenza della Commissione tecnica Legno, sostituisce la norma UNI 11265 del 2007. Il documento, che si trova nella fase dell'inchiesta pubblica finale che scadrà il prossimo 16 gennaio, individua le competenze e gli oneri dei diversi operatori che intervengono nel processo di realizzazione di pavimentazioni e rivestimenti di legno. La futura norma si applica: • alle pavimentazioni interne secondo la UNI EN 14342 “Pavimentazioni di legno e parquet Caratteristiche, valutazione di conformità e marcatura”; • alle pavimentazioni esterne secondo la nuova UNI 11538-1:20014 “Pavimentazioni di legno per esterni - Parte 1: Elementi di legno - Requisiti”; • ai rivestimenti secondo la UNI EN 14915 “Rivestimenti interni ed esterni di pareti con elementi di legno massiccio - Caratteristiche, valutazione di conformità e marcatura”. (Il Sole 24 ORE –Tecnici24, 14 novembre 2014) Abusi edilizi, multe a chi non demolisce Prime incertezze applicative sul decreto legge 133/14 (cosiddetto "Sblocca Italia"), convertito nella legge 164/14 ed entrato in vigore dal 12 novembre scorso. La norma prevede, infatti, un'immediata sanzione pecuniaria tra 2mila e 20mila euro per gli abusi edilizi di maggior calibro e in particolare per i casi di demolizioni non eseguite spontaneamente. Dopo il pagamento di una prima sanzione, imposta dalla legge statale, le Regioni potranno prevedere che le sanzioni stesse siano periodicamente reiterabili qualora l'ordine di demolizione non venga eseguito nemmeno dopo il primo pagamento. Questo rischio di sanzioni rinnovate ciclicamente riguarda gli interventi realizzati senza permesso di costruire, in totale difformità o con 10 variazioni essenziali (articolo 31, commi 4 bis e 4 quater del Dpr 380/01, introdotti dalla legge 164/14). Sono interessati dalla novità una schiera di abusivisti, destinatari di ordinanze non eseguite, che confidavano nell'inerzia delle amministrazioni o nelle lungaggini della giustizia amministrativa. Oggi, proprio per rimediare a situazioni di abusivismo rimaste nel limbo della mancata esecuzione, l'articolo 17 del Dl 133/14 prevede una sanzione supplementare collegata alla mera inottemperanza all'ordine di ripristino e quindi non sostitutiva della demolizione. Chi realizza un abuso edilizio integrale (senza permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali) ha 90 giorni di tempo per eliminarlo o per mettersi in regola con un eventuale permesso in sanatoria. Già dal 91º giorno successivo all'invito del Comune a demolire (articolo 31 del Dpr 380/01, Testo Unico Edilizia), le Regioni potranno deliberare la reiterabilità della sanzione, facendo scattare una nuova sanzione pecuniaria che potrebbe essere anche trimestrale, trattandosi di abusi edilizi di particolare gravità. Indipendentemente dalla reiterazione, che spetta agli enti territoriali decidere, la prima richiesta, appunto da 2mila a 20mila euro, è oggi inevitabile perché prevista direttamente dal legislatore statale. Questa sanzione pecuniaria colpisce il proprietario attuale dell'immobile, senza che abbia rilievo la circostanza che l'abuso sia stato eseguito da altri o anni prima. La sanzione colpisce anche coloro i quali hanno un ricorso pendente, visto che ne sono esclusi solo coloro i quali hanno ottenuto un sospensiva da parte del giudice amministrativo. Poiché si tratta di una sanzione di tipo dissuasivo, finalizzata a rendere effettiva la demolizione disposta dal Comune, risulta difficile pensare alla possibilità di un ricorso che ostacoli la riscossione: la sanzione pecuniaria completa, infatti, la reazione dell'ordinamento contro gli abusi di maggiori dimensioni e non riapre i termini per contestare innanzi il Tar l'ordine di demolizione del Comune (che andava impugnato nei 60 giorni). In taluni casi, si può pensare a chiedere una sanatoria specialmente se l'evoluzione dello strumento urbanistico recepisce l'abuso e quindi rende possibile chiedere il rilascio del permesso di costruire che sani la situazione: sul punto, tuttavia, vi è un contrasto giurisprudenziale in quanto gli articoli 36 e 37 del Dpr 380/01 richiedono una doppia conformità per la sanatoria, ossia la conformità sia al momento della realizzazione dell'abuso, sia al momento della richiesta di sanatoria. In specifici casi può essere possibile far presente l'esistenza di difficoltà tecniche nell'eliminazione dell'abuso (quando cioè si intaccherebbe la struttura di un edificio, come prevede l'articolo 33 del Dpr 380/01 per le ristrutturazioni in totale difformità). Anche questa, tuttavia, è una strada difficile da percorrere, perché presuppone un vero e proprio dissesto statico di opere illegittime nell'eliminazione dell'abuso Le altre novità dello «Sblocca Italia» COMUNICAZIONE D'INIZIO ATTIVITÀ Nel decreto legge 133/14 sono state introdotte alcune modifiche alla disciplina relativa al Testo unico dell'edilizia sull'attività edilizia libera. Si tratta, nello specifico, degli interventi per i quali non è richiesto alcun titolo abilitativo e che si possono effettuare liberamente. Per quanto concerne gli interventi esenti anche dalla comunicazione d'inizio lavori, alcune novità sono previste poi in materia di manutenzione ordinaria. Il Dl 133/14 inserisce, infatti, un richiamo normativo al fine di definire gli interventi di manutenzione ordinaria, ossia gli interventi edilizi che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie a integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti SEGNALAZIONE CERTIFICATA D'INIZIO ATTIVITÀ La Segnalazione certificata di inizio attività (Scia) prende il posto a tutti gli effetti della Dia e si applica in tutti i casi intermedi rispetto a quelli di calibro superiore all'edilizia libera (articolo 6 Dpr 380/2001, edilizia libera) e di calibro inferiore all'attività che richiede permesso di costruire (articolo 10 Dpr 380/2001). Serve una doppia valutazione di coerenza alla previsione e di conformità alle previsioni di strumenti urbanistici, regolamenti edilizi e della disciplina urbanistica edilizia vigente. L'errore non è consentito perché se c'è discordanza tra le previsioni del Testo unico e le normative locali, prevale la norma più di dettaglio e cioè quella che motivatamente imponga un 11 titolo diverso dalla Scia. Il limite massimo per modificare con Scia il permesso di costruire, è rappresentato dalla dichiarazione di ultimazione dei lavori PERMESSO DI COSTRUIRE Lo Sblocca Italia introduce due novità in materia di permesso di costruire. La prima riguarda il termine per l'istruttoria; non è, infatti, più prevista una durata doppia (120 e non 60 giorni) per i Comuni con popolazione superiore ai 100mila abitanti. La possibilità di avere tempi più lunghi per l'istruttoria viene mantenuta solo per i progetti particolarmente complessi. In tutti i Comuni il permesso di costruire deve quindi essere rilasciato entro 90 giorni (60 giorni per l'istruttoria della domanda e 30 per la decisione). Il Dl 133/14 ha inoltre ampliato i casi in cui è possibile ricorrere alla proroga del permesso di costruire mentre rimangono invariati i termini di decadenza del titolo edilizio: un anno dal rilascio per l'avvio dei lavori e tre anni, successivi all'avvio, per il completamento dell'opera I PERMESSI IN DEROGA Per facilitare e incentivare gli interventi volti al recupero edilizio e alla riqualificazione urbana lo Sblocca Italia ha previsto che i permessi di costruire possano essere in deroga (anche alle destinazioni d'uso) per gli interventi privati di ristrutturazione edilizia attuati anche in aree industriali dismesse. Questa previsione permette di intervenire anche sforando i limiti del piano regolatore, quali destinazioni d'uso, altezze, indici edilizi, previo accertamento dell'interesse pubblico con specifica delibera del consiglio comunale. Il mutamento della destinazione d'uso non deve, tuttavia, comportare un aumento della superficie coperta prima dell'intervento di ristrutturazione, ossia un aumento di superficie coperta rispetto a quella esistente prima dell'intervento L'APPARATO SANZIONATORIO Rafforzate le sanzioni per la mancata presentazione della comunicazione d'inizio lavori. L'omessa trasmissione della comunicazione d'inizio lavori, prevista per alcune opere di edilizia libera, o della comunicazione asseverata da un tecnico abilitato, per gli interventi di manutenzione straordinaria e le opere di modifica interna sulla superficie coperta dei fabbricati adibiti all'esercizio di impresa, o di modifica della destinazione d'uso degli stessi, comporta la sanzione pecuniaria di mille euro. Quest'ultima viene ridotta di due terzi nel caso in cui la comunicazione d'inizio lavori venga effettuata spontaneamente se l'intervento è ancora in corso di esecuzione. L'incremento della sanzione si deve anzitutto al tentativo di combattere il fenomeno dell'abusivismo edilizio GLI ONERI DI CONCESSIONE Le semplificazioni dello Sblocca Italia hanno un contrappeso di tipo economico. Alle agevolazioni burocratiche, che consentono un più semplice riordino delle unità immobiliari, corrisponde la possibilità per i Comuni di modulare gli oneri di concessione. Questi si suddividono in costo di costruzione e oneri di urbanizzazione: i primi sono una percentuale sul valore delle opere che si realizzano; i secondi corrispondono all'aumento del peso urbanistico dell'intervento e quindi delle spese che l'ente locale sopporta per consentire standard qualitativi adeguati. Mentre si esclude il contributo di costruzione per le opere di manutenzione straordinaria, è previsto uno sconto del 20% sui costi di costruzione per le ristrutturazioni, ma solo per le ristrutturazioni ed il recupero di immobili dismessi (Guglielmo Saporito, Il Sole 24 ORE, 23 novembre) Energia Nuove disposizioni per il cd. conto termico Le modifiche introdotte. L’art. 22 (legge 11 novembre 2014 n. 164, di conversione del decreto legge 133/2014), riporta il sistema di incentivazione per gli interventi di produzione di energia termica da fonti rinnovabili e per quelli di efficientamento energetico di immobili di piccole 12 dimensioni. Secondo quanto previsto, il MISE dovrà predisporre un decreto entro il 31 dicembre 2014 che preveda l’aggiornamento del sistema di incentivazione, puntando ad una semplificazione radicale delle procedure per l’accesso alle agevolazioni (anche predisponendo apposita modulistica online) e dando la possibilità di usufruire degli incentivi riservati alla pubblica amministrazione, anche alle cooperative di abitanti o ai proprietari/assegnatari di edilizia popolare. I beneficiari. Ricordiamo che il sistema di incentivi si rivolge a due categorie di soggetti e cioè le amministrazioni pubbliche da una parte e i soggetti privati, intesi come persone fisiche, i condomini e i soggetti titolari di reddito di impresa o agrario dall’altra e sono attuabili per interventi che: - favoriscano la produzione di energia termica da fonti rinnovabili (sostituzione o nuova installazione di impianti alimentati a fonti rinnovabili (pompe di calore, caldaie, stufe e camini a biomassa, impianti solari termici anche abbinati a tecnologia solar-cooling per la produzione del freddo); - incrementino l’efficienza energetica sia dell’involucro edilizio esistente (coibentazione delle pareti e delle coperture, sostituzione dei serramenti, installazione di schermature solari), sia degli impianti termici con la sostituzione di quelli esistenti per la climatizzazione invernale con impianti ad alta efficienza (caldaie a condensazione). Un nuovo monitoraggio. Inoltre, come indicato nel comma 2 dell’art. 22, il Ministero dello Sviluppo Economico si preoccuperà di eseguire, entro il 31 dicembre 2015, un monitoraggio del nuovo Conto termico, modificato sulla base delle nuove disposizioni indicate nel comma 1; in virtù dei risultati ottenuti, lo stesso MISE potrà eventualmente prevedere l’adozione di un nuovo decreto correttivo che consenta di migliorare il sistema, rendendolo più efficace e darne rapporto alle Commissioni Parlamentari competenti. Tutela dell’ambiente. Dal luglio scorso, il MISE ha pubblicato online il PAEE 2014, Piano d’Azione per l’Efficienza Energetica, un vero e proprio rapporto sulla situazione dei costi energetici del nostro paese (sia privati che aziende), sul livello di autonomia energetica (che vede ancora un alto tasso di importazione), sui risultati in tema di efficientamento energetico, con analisi degli strumenti normativi, attuativi e incentivanti, nonché sugli obiettivi futuri del 2020 (previsti dal D.Lgs. 102/2014, di recepimento della Direttiva UE 27/2012): l’Italia, infatti, punta ad una riduzione drastica di energia finale, abbattendo i consumi di circa il 24% rispetto alla media europea, ad un risparmio di circa 8 miliardi di euro annui per l’importazione di combustibili fossili, oltreché ridurre le emissioni annue di CO2. E per far sì che queste misure programmatiche si concretizzino, il PAEE indica le procedure già introdotte in termini di risparmio energetico: - il regime obbligatorio di efficienza energetica dei certificati bianchi (CB), i cd. Titoli di Efficienza Energetica (TEE) per la certificazione dei risparmi energetici negli usi finali di energia; le detrazioni fiscali per la riqualificazione energetica del parco edilizio (misura del 65%); - il conto termico, così come riportato nell’art. 22 dello Sblocca Italia; - altre misure come ad esempio gli eco-incentivi per le auto. Secondo le stime riportate nel PAEE, tali misure permetteranno di conseguire il target obbligatorio di risparmio energetico cumulato negli usi finali al 2020, determinato in base alla metodologia di calcolo così come indicato nell’art. 7 della Direttiva 2012/27/UE. (Il Sole 24 ORE – Tecnici24, 17 novembre 2014) Immobili Caldaie e condizionatori allineati al nuovo libretto L’obbligo del nuovo modello di libretto per le caldaie, i sistemi di riscaldamento e i condizionatori, sulla carta, è scattato il 15 ottobre. Ma condomini, uffici e famiglie non dovranno affannarsi per mettersi in regola: potranno farlo in occasione del primo controllo utile sull’efficienza dei propri dispositivi. L’adempimento deriva dal Dm 10 febbraio 2014 (che a sua volta attua il Dpr 74/2013) e prevede 13 che le caldaie tradizionali, già in passato dotate di un libretto, debbano rinnovarlo con la compilazione del nuovo modello. Inoltre, la stessa documentazione è estesa in via obbligatoria anche ai condizionatori (in Lombardia, per effetto della legge regionale, solo quelli sopra i 12 kW) e all’intero universo dei sistemi di riscaldamento, dalle pompe di calore ai cogeneratori, dal teleriscaldamento ai dispositivi alimentati da fonte rinnovabile. Gli unici impianti “dispensati” sono gli scaldacqua per uso igienico-sanitario a servizio di singole unità immobiliari, purché siano a uso abitativo. Se si parla, ad esempio, di un apparecchio installato in una palestra o in un centro sportivo, allora il libretto è necessario. Che cosa è il libretto È la carta di identità dell’impianto, lo segue dalla prima accensione alla fine del servizio e alla successiva demolizione, registra tutte le modifiche, sostituzioni di apparecchi e componenti, interventi di manutenzione e di controllo, valori di rendimento nel corso della vita utile, cambi di proprietà. Rispetto all’edizione in uso fino a oggi, il modello in vigore dal 15 ottobre non si fonda più su due tipologie di moduli (uno riferito alle centrali e l’altro al singolo impianto) ma su un modulo unico, personalizzabile, costituito da tante schede, usate e assemblate in funzione delle componenti dell’impianto. Chi compila il libretto La responsabilità della compilazione iniziale (per un impianto termico nuovo) è della ditta installatrice. Al contrario, l’aggiornamento, così come (ad esempio nel caso di un condizionatore) la compilazione ex novo per un sistema già esistente, spetta al responsabile dell’impianto, cioè, nel caso di un appartamento, la persona che fisicamente ci abita o, nel caso di un condominio, l’amministratore (che a sua volta può delegare a un terzo responsabile). «Il modello può essere scaricato dal sito del Mise» – spiega Giorgio Bighelli, della società di consulenza e-training. «Tuttavia, visto che si presenta identico, sia che riguardi un apparato da 20kW sia uno di 300 kW, è troppo complesso perché il singolo cittadino possa predisporlo senza l’aiuto di un tecnico». Per questa ragione, lo stesso Ministero ha chiarito che l’adeguamento dei documenti potrà essere effettuato in occasione del primo controllo, obbligatorio, sull’efficienza energetica dell’impianto (fissato ogni due o ogni quattro anni, in genere dalle Regioni). Ma per chi ha un contratto di manutenzione di caldaie e condizionatori, l’adeguamento può essere effettuato anche prima, in occasione della prima ispezione programmata. «È sempre buona norma comunque per il cittadino che ha la responsabilità dell’impianto – conclude Bighelli – farsi spiegare dal manutentore come è compilato il modello e fare una verifica con le istruzioni allegate al modello in bianco. Perché, alla fine, la responsabilità è sempre sua». In Lombardia, per i condizionatori sotto i 12kW, non è richiesta la compilazione di un libretto: una differenza sostanziale rispetto allo Stato, tenendo anche conto che gli impianti domestici in genere oscillano fra 1 e 6 kW. Il vecchio libretto Il vecchio libretto, già in uso per le caldaie tradizionali, non va buttato. Anzi, deve essere conservato. Così era già accaduto nel 2003, quando il modello di libretto era stato aggiornato la prima volta. Un apparato installato nel 2002, ad esempio, dovrà avere tre versioni di libretto, quella che fa capo al modello del 1993, quella del 2003 e quella del 2014. L’efficienza energetica Tra le novità del Dm del 10 febbraio 2014 c’è anche l’aggiornamento della modulistica per inviare il rapporto di controllo al termine delle verifiche di efficienza dell’impianto. Questo documento si distingue in 4 tipologie (riscaldamento a fiamma e combustione, condizionamento, teleriscaldamento, co e trigenerazione) e scatta solo nel caso di impianti di riscaldamento con potenza maggiore di 10 kW e di condizionamento con potenza maggiore di 12 kW. La compilazione spetta ai tecnici, che inviano il rapporto all’ente preposto a tenere il catasto degli impianti, pagando l'importo del bollino, secondo un tariffario che cambia persino da Comune a Comune. Le sanzioni Le sanzioni stabilite dal Dlgs 192/2005, vanno da 500 a 3mila euro a carico di proprietario, conduttore, amministratore di condominio o terzo responsabile che non ottemperino ai propri obblighi. «Il rischio reale che scattino le verifiche – prosegue Bighelli – è comunque proporzionato 14 all’esistenza o meno, a livello regionale, del catasto degli impianti termici e all’operatività degli enti preposti a effettuare gli accertamenti. In Lombardia, ad esempio, l’assenza di libretto comporta una multa da 100 a 600 euro». Termini & vincoli Il libretto d’impianto Il libretto di impianto, fino a ieri in vigore per le caldaie tradizionali (legge 10/91 e Dm 17 marzo 2003) oggi è esteso a tutti gli impianti termici, installati per la climatizzazione invernale ed estiva degli ambienti. Riguarda, pertanto, anche condizionatori e sistemi di climatizzazione più vari, dalle pompe di calore ai cogeneratori, dal teleriscaldamento ai dispositivi alimentati da fonte rinnovabile. Sono esclusi gli scaldacqua per uso igienico-sanitario installati in unità ad uso abitativo, così come le stufe o altri dispositivi non fissi Il rapporto di controllo Il rapporto (cioè l’obbligo dell’invio di un documento tecnico che attesta la verifica di efficienza effettuata all’ente preposto su ogni territorio alla gestione del catasto impianti) scatta solo per impianti di riscaldamento con potenza maggiore di 10 kW e di condizionamento con potenza maggiore di 12 kW. A differenza del libretto si distingue in 4 tipologie (riscaldamento a fiamma e combustione, condizionamento, teleriscaldamento, co- e trigenerazione). In Lombardia è previsto anche un rapporto di controllo per gli impianti a biomassa La manutenzione periodica La manutenzione è la revisione periodica dell’impianto termico, che viene svolta conformemente alle prescrizioni e con la periodicità contenute nelle istruzioni tecniche dell’apparato. In genere, è definita all’atto dell’installazione dall’impresa esecutrice. Le informazioni relative alla manutenzione sono contenute in un documento separato rispetto al libretto e che viaggia in parallelo. Normalmente, specie nei condomini, viene firmato un contratto di manutenzione che prevede una serie di controlli in date stabilite La verifica di efficienza La verifica dell’efficienza è fissata per legge e serve a controllare che, nel tempo, l’impianto continui a consumare una stessa quantità di energia a fronte del fabbisogno necessario per garantire un uso standard. La periodicità delle verifiche è prevista dal Dpr 74/2013, a seconda della potenza e tipologia dell’impianto. Le Regioni, che hanno legiferato con proprie leggi in materia, hanno via via stabilito sui territori periodicità di controllo diverse da quelle statali (Silvio Rezzonico, Maria Chiara Voci, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 10 novembre 2014) Professione Bilancio di previsione Cipag: avanzo 2015 a quota 23,2 milioni Il comitato dei delegati della Cassa di previdenza dei geometri (Cipag) ha approvato ieri il bilancio di previsione 2015 con un risultato economico positivo di 23,2 milioni. La Cassa punta a promuovere, in particolare, l’accesso alla previdenza complementare, capitolo fondamentale della politica del welfare integrato - a cui sono stati destinati 12,7 milioni - e a tutelare soprattutto la categoria dei più giovani (motivo per cui l’ente ha deciso di coprire la quota associativa annuale in favore degli iscritti under 30). Secondo il presidente della Cipag, Fausto Amadasi, «il nostro welfare ha fatto passi importanti negli ultimi anni e sono stati attivati meccanismi di sostegno alle attività degli iscritti, indirizzando in modo più selettivo gli investimenti verso obiettivi che possano sposare 15 non solo la redditività, ma anche occasioni di sviluppo delle attività professionali». Sul fronte degli incentivi alla formazione e del sostegno dell’attività professionale, la Cassa ha innalzato fino a un massimo di 350 euro il contributo riconosciuto ai giovani professionisti under 35 per la frequentazione dei corsi istituiti e validati dal Consiglio nazionale e ha definito un ulteriore contributo finalizzato alla copertura di tutte le spese per l’istruttoria della pratica di accesso ai prestiti tramite Confidi. Nel documento la Cipag evidenzia come l’azione di contrasto all’evasione contributiva - che nel 2014 ha visto l’accertamento di circa 30 milioni di contributi e oneri accessori di soggetti che hanno svolto in modo irregolare la professione - verrà perseguita dall’istituto previdenziale anche nell’esercizio 2015. (Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 27 novembre 2014) Sicurezza sul lavoro Infortuni senza «timbro» Il decreto legislativo 81/2008 (Testo unico sulla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro) ha previsto la soppressione del registro infortuni. Sono però le Regioni a intervenire per semplificarne - in realtà non più di tanto - le procedure. L’ultima è stata il Veneto: con la legge 32 del 22 ottobre 2014, ha disposto che, in attesa dell’abrogazione dell’articolo 403 del Dpr 547/1955 (istitutivo del registro infortuni), il registro infortuni non è soggetto all’obbligo di vidimazione stabilito dal decreto ministeriale 12 settembre 1958, purché sia tenuto in conformità a quanto stabilito dall’articolo 53 del Testo unico. Il provvedimento della Regione Veneto non è isolato. Ha iniziato la Provincia autonoma di Bolzano con il decreto 18 del lontano 1992, cui hanno fatto seguito, dopo lunga parentesi, nel 2007 la Provincia Autonoma di Trento (quindi prima della prevista cancellazione contenuta nel Testo unico del 2008). Poi si sono aggiunte nel 2009 la Lombardia, nel 2013 la Liguria, il Friuli Venezia Giulia, Puglia e Calabria e, il 28 marzo 2014, la Campania. La Commissione per gli interpelli presso il ministero del Lavoro con l’interpello 9/2014 si è doverosamente riportata all’articolo 53, comma 6, del Testo unico in base al quale fino ai sei mesi successivi all’adozione del decreto interministeriale che elimina il registro, restano in vigore le disposizioni relative al registro degli infortuni. Pertanto la Commissione ha ritenuto che, in attesa dell’emanazione del decreto istitutivo del Sistema informativo nazionale (Sinp) con conseguente eliminazione del registro dopo 180 giorni, il documento è obbligatorio per tutte le aziende che ricadono nella sua sfera di applicazione. La Commissione ha ribadito che il registro dovrà essere redatto conformemente al modello approvato con il decreto del 1958 (come modificato dal Dm 5 dicembre 1996), tuttora in vigore, vidimato presso l’Asl competente per territorio, salvo che nelle regioni che hanno abolito tale prassi, e conservato a disposizione dell’organo di vigilanza sul luogo di lavoro. La mancata tenuta o vidimazione del registro comporta l’applicazione della sanzione amministrativa (da 564 a 3.395 euro) prevista dall’articolo 89, comma 3, del decreto legislativo 626/1994. Da considerare che il decreto istitutivo del registro non ne prevede soltanto la vidimazione ma anche la conformità al modello stabilito nell’allegato A al decreto stesso, la numerazione in ogni sua pagina, la dichiarazione nell’ultima pagina del numero dei fogli che lo compongono e la data della sua istituzione che, necessariamente corrisponderà a quella dell’inizio dell’attività, nonché le notizie, in caso di infortunio o malattia professionale, riportate nel medesimo decreto ministeriale e ribadite dall’articolo 4, comma 5, lettera o), del Dlgs 626/1994. Sul punto è da notare che il legislatore dopo oltre sei anni dalla data di nascita del Testo unico ancora non è riuscito a dare esecuzione alla previsione di legge. Infatti, ciò non è avvenuto neanche con le novità introdotte con il decreto legge 69/2013 “del fare” che, pur disponendo alcune semplificazioni in materia di lavoro intervenendo sul Dpr 1124 del 30 giugno 1965 (assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), nulla ha disposto in merito alle denunce degli infortuni sul lavoro che sono pur correlate al registro degli infortuni. 16 (Luigi Caiazza, Roberto Caiazza Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 21 novembre 2014) Legge e prassi (G.U. 29 novembre 2014, n. 278) Ambiente DIRETTIVA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 8 luglio 2014 17 Indirizzi operativi inerenti l’attività di protezione civile nell'ambito dei bacini in cui siano presenti grandi dighe. (G.U. 4 novembre 2014, n. 256) PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE ORDINANZA DEL CAPO DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE 29 ottobre 2014 Modifiche all'ordinanza del Capo del Dipartimento della protezione civile n. 50 del 14 febbraio 2013 recante il subentro della regione Toscana nelle iniziative finalizzate al superamento della situazione di criticità inerente alle eccezionali avversità atmosferiche verificatesi nei giorni 31 ottobre e 1° novembre 2010 nel territorio delle province di Lucca e Massa Carrara. (G.U. 6 novembre 2014, n. 258) PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE DECRETO 4 agosto 2014 Attuazione dell'articolo 11 del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2009, n. 77 - annualita' 2013 (G.U. 6 novembre 2014, n. 258) DELIBERA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 30 ottobre 2014 Dichiarazione dello stato di emergenza in conseguenza delle eccezionali avversita' atmosferiche che nei giorni dal 9 al 13 ottobre 2014 hanno colpito il territorio della provincia di Genova e dei comuni di Borghetto di Vara, Ricco' del Golfo di Spezia e Varese Ligure nella Val di Vara in provincia di La Spezia. (G.U. 10 novembre 2014, n. 261) DELIBERA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 30 ottobre 2014 Proroga dello stato di emergenza in conseguenza degli eccezionali eventi atmosferici verificatisi tra il 30 gennaio ed il 18 febbraio 2014 nel territorio della regione Veneto. (G.U. 10 novembre 2014, n. 261) MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE DECRETO 17 ottobre 2014 Determinazione del buono stato ambientale e definizione dei traguardi ambientali. (G.U. 10 novembre 2014, n. 261) DECRETO-LEGGE 11 novembre 2014, n. 165 Disposizioni urgenti di correzione a recenti norme in materia di bonifica e messa in sicurezza di siti contaminati e misure finanziarie relative ad enti territoriali. (G.U. 11 novembre 2014, n. 262) DELIBERA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 30 ottobre 2014 Dichiarazione dello stato di emergenza in conseguenza delle avversita' atmosferiche che hanno colpito il territorio della regione Lombardia tra il 7 luglio ed il 31 agosto 2014. (G.U. 11 novembre 2014, n. 262) DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE 6 novembre 2014 Ulteriori disposizioni di protezione civile finalizzate al superamento della situazione di criticita' determinatasi a seguito dei gravi eventi sismici che hanno colpito il territorio delle province di Parma, Reggio Emilia e Modena il giorno 23 dicembre 2008. (G.U. 11 novembre 2014, n. 262) DELIBERA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 30 ottobre 2014 Dichiarazione dello stato di emergenza in conseguenza delle eccezionali avversita' atmosferiche che hanno colpito il territorio delle provincie di Parma e Piacenza nei giorni 13 e 14 ottobre 2014. (G.U. 11 novembre 2014, n. 263) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 3 ottobre 2014 Integrazione e modifica del decreto 23 dicembre 2013, di attuazione dell'articolo 67-octies del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, recante credito d'imposta in favore dei soggetti danneggiati dal sisma del maggio 2012. (G.U. 11 novembre 2014, n. 263) PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE ORDINANZA DEL CAPO DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE 7 novembre 2014 Primi interventi urgenti di protezione civile conseguenti agli eccezionali eventi atmosferici verificatisi nei giorni dal 1° al 6 settembre 2014 nel territorio della provincia di Foggia. (G.U. 14 novembre 2014, n. 265) PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE ORDINANZA DEL CAPO DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE 11 novembre 2014 Primi interventi urgenti di protezione civile in conseguenza degli eccezionali eventi meteorologici che nei giorni 19 e 20 settembre 2014 hanno colpito il territorio delle province di Firenze, Lucca, Pisa, Pistoia e Prato. (G.U. 17 novembre 2014, n. 267) MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI DECRETO 23 ottobre 2014 Istituzione dell'elenco degli alberi monumentali d'Italia e principi e criteri direttivi per il loro censimento. (G.U. 18 novembre 2014, n. 268) MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE COMUNICATO Adozione del Piano antincendio boschivo, con periodo di validita' 2013-2017, predisposto dall'Ente parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, ricadente nei territori delle regioni Abruzzo, Lazio e Marche, ai sensi dell'art. 8 comma 2 della legge 353/2000. (G.U. 19 novembre 2014, n. 269) MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE COMUNICATO Adozione del Piano antincendio boschivo, con periodo di validita' 2012-2016, predisposto dalla Fondazione giustiniani Bandini quale ente gestore della Riserva naturale statale Abbadia di Fiastra, ricadente nel territorio della regione Marche, ai sensi dell'art. 8, comma 2 della legge 353/2000. (G.U. 19 novembre 2014, n. 269) 18 MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE COMUNICATO Adozione del Piano antincendio boschivo, con periodo di validita' 2014-2018, predisposto dall'Ente parco nazionale del Gargano, ricadente nel territorio della regione Puglia, ai sensi dell'art. 8 comma 2 della legge 353/2000. (G.U. 19 novembre 2014, n. 269) PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI ORDINANZA DEL CAPO DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE 14 novembre 2014 Primi interventi urgenti di protezione civile in conseguenza delle eccezionali avversita' atmosferiche che nei giorni 13 e 14 ottobre hanno colpito il territorio delle province di Parma e Piacenza. (G.U. 21 novembre 2014, n. 271) PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 19 ORDINANZA DEL CAPO DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE 14 novembre 2014 Primi interventi urgenti di protezione civile in conseguenza delle eccezionali avversita' atmosferiche che nei giorni dal 9 al 13 ottobre 2014 hanno colpito il territorio della provincia di Genova e dei comuni di Borghetto di Vara, Ricco' del Golfo di Spezia e Varese Ligure nella Val di Vara in provincia di La Spezia. (Ordinanza n. 203). (G.U. 22 novembre 2014, n. 272) ORDINANZA DEL CAPO DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE 24 novembre 2014 Ulteriori disposizioni urgenti di protezione civile relative agli eccezionali eventi meteorologici verificatisi nei giorni dal 25 al 26 dicembre 2013, dal 4 al 5 e dal 16 al 20 gennaio 2014 nel territorio della regione Liguria. (Ordinanza n. 207). (G.U. 29 novembre 2014, n. 278) ORDINANZA DEL CAPO DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE 24 novembre 2014 Ulteriori disposizioni di protezione civile per favorire e regolare il subentro del comune di Villa San Giovanni nelle iniziative finalizzate al definitivo superamento della situazione di criticita' conseguente all'attraversamento del contesto urbano da parte dei mezzi pesanti. (G.U. 29 novembre 2014, n. 278) Economia, Fisco COMITATO INTERMINISTERIALE PER LA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA DELIBERA 1 agosto 2014 Relazioni sul Sistema Monitoraggio investimenti pubblici (MIP) e Codice unico di progetto (CUP) relative al primo e secondo semestre 2013. (G.U. 4 novembre 2014, n.256) LEGGE 30 ottobre 2014, n. 161 Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2013-bis. (G.U. 10 novembre 2014, n. 261, S.O. n. 83) MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO DECRETO 24 settembre 2014 Riordino degli interventi di sostegno alla nascita e allo sviluppo di start-up innovative in tutto il territorio nazionale. (G.U. 13 novembre 2014, n. 264) MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI DECRETO 7 novembre 2014 Approvazione del modello tipo della Dichiarazione Sostitutiva Unica a fini ISEE, dell'attestazione, nonche' delle relative istruzioni per la compilazione ai sensi dell'articolo 10, comma 3, del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 5 dicembre 2013, n. 159. (G.U. 17 novembre 2014, n. 267, S.O. n. 87) MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO DECRETO 23 settembre 2014 Attuazione dell'art. 6, comma 1, del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, relativo al contributo tramite voucher alle micro, piccole e medie imprese per la digitalizzazione dei processi aziendali e l'ammodernamento tecnologico. (G.U. 19 novembre 2014, n. 269) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 17 novembre 2014, n. 172 Regolamento recante modifiche ed integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1998, n. 76, in materia di criteri e procedure per l'utilizzazione della quota dell'otto per mille 20 dell'Irpef devoluta alla diretta gestione statale. (G.U. 26 novembre 2014, n. 275) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 20 ottobre 2014 Rideterminazione del cofinanziamento nazionale pubblico a carico del Fondo di rotazione di cui alla legge n. 183/1987 per il Programma Operativo Regionale (POR) Umbria FESR dell'obiettivo Competitivita' regionale e occupazione, programmazione 2007-2013, per le annualita' dal 2007 al 2013 al netto del prefinanziamento del 7,5 per cento. (G.U. 26 novembre 2014, n. 275) DECRETO LEGISLATIVO 21 novembre 2014, n. 175 Semplificazione fiscale e dichiarazione dei redditi precompilata. (G.U. 28 novembre 2014, n. 277) Energia MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO DECRETO 6 novembre 2014 Rimodulazione degli incentivi per la produzione di elettricita' da fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico spettanti ai soggetti che aderiscono all'opzione di cui all'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito con modificazioni, in legge 21 febbraio 2014, n. 9. (G.U. 18 novembre 2014, n. 268) Pubblicato il decreto per le fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico Nella gazzetta ufficiale del 18.11.2014 è stato pubblicato il decreto del Ministero dello Sviluppo Economico relativo alla rimodulazione volontaria degli incentivi per le fonti rinnovabili elettriche diverse dal fotovoltaico. Questo decreto dà attuazione alla previsione contenuta all’articolo 1 comma 3 lettera b del Decreto-Legge 23 dicembre 2013 n.145 (Decreto convertito, con modificazioni, in Legge 21 febbraio 2014, n. 9) il quale prevede che al fine di contenere l'onere annuo sui prezzi e sulle tariffe elettriche degli incentivi alle energie rinnovabili e massimizzare l'apporto produttivo nel mediolungo termine dagli esistenti impianti, i produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili titolari di impianti che beneficiano di incentivi sotto la forma di certificati verdi, tariffe omnicomprensive ovvero tariffe premio possono, per i medesimi impianti, in misura alternativa: a) continuare a godere del regime incentivante spettante per il periodo di diritto residuo. In tal caso, per un periodo di dieci anni decorrenti dal termine del periodo di diritto al regime incentivante, interventi di qualunque tipo realizzati sullo stesso sito non hanno diritto di accesso ad ulteriori strumenti incentivanti, incluso ritiro dedicato e scambio sul posto, a carico dei prezzi o delle tariffe dell'energia elettrica; b) optare per una rimodulazione dell'incentivo spettante, volta a valorizzare l'intera vita utile dell'impianto. In tal caso, a decorrere dal primo giorno del mese successivo al termine di cui al comma 5, il produttore accede a un incentivo ridotto di una percentuale specifica per ciascuna tipologia di impianto, definita con decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con parere dell'Autorita' per l'energia elettrica e il gas, entro 60 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, da applicarsi per un periodo rinnovato di incentivazione pari al periodo residuo dell'incentivazione spettante alla medesima data incrementato di 7 anni. Il decreto in commento stabilisce le modalità per la rimodulazione dell’incentivo secondo l’opzione b sopra indicata, e si applica agli impianti a fonti rinnovabili diversi dal fotovoltaico ad eccezione di: a) impianti per i quali il periodo di diritto agli incentivi termina entro il 31 dicembre 2014 ovvero entro il 31 dicembre 2016 per gli impianti a biomasse e a biogas di potenza non superiore a 1 MW; 21 b) gli impianti di cui all’articolo 1, comma 6, del d.l. n. 145 del 2013. Pertanto l’opzione b non trova applicazione per: a) gli impianti incentivati ai sensi del provvedimento del Comitato interministeriale dei prezzi n. 6 del 29 aprile 1992; b) i nuovi impianti incentivati ai sensi del decreto del Ministro dello sviluppo economico 6 luglio 2012, pubblicato nel supplemento ordinario n. 143 alla Gazzetta Ufficiale n. 159 del 10 luglio 2012, fatta eccezione per gli impianti ricadenti nel regime transitorio di cui all'articolo 30 dello stesso decreto. Il decreto ha rimodulato gli incentivi sulla base del principio di equivalenza dei flussi economici degli originari incentivi con quelli conseguenti alla riduzione dell’incentivo e all’incremento del periodo di diritto, riconoscendo i costi indotti dall’operazione di rimodulazione. (Fausto Indelicato, Il Sole 24 Ore – Tecnici24, 20 novembre 2014) MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO COMUNICATO Risoluzione anticipata della convenzione Cip6 per gli impianti alimentati da combustibili di processo o residui o recuperi di energia. (G.U. 20 novembre 2014, n. 270) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 20 ottobre 2014 Cofinanziamento nazionale pubblico a carico del Fondo di rotazione di cui alla legge n. 183/1987 delle attivita' dell'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA) per il programma Euratom, anno 2013. (G.U. 26 novembre 2014, n. 275) Immobili AGENZIA DEL DEMANIO DECRETO 3 novembre 2014 Rettifica dei decreti n. 25933 del 19 luglio 2002 e n. 28212 del 26 novembre 2013 relativi a beni immobili di proprieta' dello Stato (G.U. 10 novembre 2014, n. 261) AGENZIA DEL DEMANIO DECRETO 3 novembre 2014 Rettifica del decreto n. 28216 del 26 novembre 2013 relativo ai beni immobili di proprieta' dello Stato. (G.U. 10 novembre 2014, n. 261) Pubblica Amministrazione MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 6 ottobre 2014 Rideterminazione del tasso di interesse da corrispondere sulle somme versate sulle contabilita' speciali fruttifere degli enti ed organismi pubblici. (G.U. 3 novembre 2014, n.255) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 28 ottobre 2014 Ripartizione, in capitoli ed articoli, delle unita' di voto parlamentare disposte dalla legge di approvazione delle disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2014. 22 (G.U. 6 novembre 2014, n.258, S.O.) DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 19 settembre 2014 Inserimento della Societa' regionale per la sanita' So.Re.Sa. S.p.A., nella tabella A allegata alla legge 29 ottobre 1984, n. 720, relativa all'istituzione del sistema di tesoreria unica per gli enti e organismi pubblici. (G.U. 7 novembre 2014, n.259) DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 19 settembre 2014 Inserimento dell’Accademia della Crusca, nella tabella A allegata alla legge 29 ottobre 1984, n. 720, relativa all’istituzione del sistema di tesoreria unica per gli enti e organismi pubblici. (G.U. 7 novembre 2014, n.259) MINISTERO DELL'INTERNO DECRETO 24 ottobre 2014 Ripartizione ed attribuzione del Fondo sperimentale di riequilibrio per l'anno 2014 a favore delle province delle regioni a statuto ordinario. (G.U. 8 novembre 2014, n.260) LEGGE 10 novembre 2014, n. 162 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, recante misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile. (G.U. 10 novembre 2014, n.261, S.O. n. 84) LEGGE 11 novembre 2014, n. 164 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, recante misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attivita' produttive. (G.U. 11 novembre 2014, n. 262, S.O. n. 85) DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 26 settembre 2014 Criteri per l'individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative connesse con l'esercizio delle funzioni provinciali. (G.U. 12 novembre 2014, n. 263) DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 22 settembre 2014 Definizione degli schemi e delle modalita' per la pubblicazione su internet dei dati relativi alle entrate e alla spesa dei bilanci preventivi e consuntivi e dell'indicatore annuale di tempestivita' dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni. (G.U. 14 novembre 2014, n. 265) PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI AGENZIA PER L'ITALIA DIGITALE COMUNICATO Linee guida per la valutazione della conformita' del sistema e degli strumenti di autenticazione utilizzati nel processo di generazione della firma digitale. (G.U. 21 novembre 2014, n. 271) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 6 novembre 2014 Determinazione a conguaglio del contributo compensativo spettante ai comuni a seguito dell'abolizione della seconda rata dell'IMU 2013. (G.U. 21 novembre 2014, n. 271) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 6 novembre 2014 Attribuzione del contributo di 625 milioni di euro ai comuni. (G.U. 21 novembre 2014, n. 271) MINISTERO DELL'INTERNO DECRETO 24 ottobre 2014 Riparto del contributo ex articolo 2-bis del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, introdotto in sede di conversione dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124, per l'attibuzione ai comuni del minor gettito dell'imposta municipale propria (IMU) relativo agli immobili equiparati all'abitazione principale, per l'anno 2013. (G.U. 25 novembre 2014, n. 274) COMUNICATO Determinazione delle sanzioni per il mancato rispetto del patto di stabilita' interno relativo all'anno 2013. (G.U. 25 novembre 2014, n. 274) PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI - DIPARTIMENTO PER GLI AFFARI REGIONALI, LE AUTONOMIE E LO SPORT DECRETO 16 gennaio 2014 Fondo nazionale integrativo per i comuni montani. (G.U. 27 novembre 2014, n. 276) MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE COMUNICATO Integrazioni alla descrizione delle voci contabili dei modelli allegati al decreto 14 maggio 2013, recante: «Certificazioni di bilancio di previsione 2013 delle amministrazioni provinciali, dei comuni, delle comunita' montane e delle unioni dei comuni.». (G.U. 27 novembre 2014, n. 276) Sicurezza MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI DECRETO 29 ottobre 2014 Estensione dell'attivita' di certificazione della societa' Rina Service S.p.A., in Genova, per l'esecuzione delle procedure di valutazione della conformita' dell'equipaggiamento marittimo alle direttive 96/98/CE e 98/85/CE e successivi emendamenti. (G.U. 11 novembre 2014, n. 262) DECRETO-LEGGE 18 novembre 2014, n. 168 Proroga di termini previsti da disposizioni legislative concernenti il rinnovo dei Comitati degli italiani all'estero e gli adempimenti relativi alle armi per uso scenico, nonche' ad altre armi ad aria compressa o gas compresso destinate all'attivita' amatoriale e agonistica. 23 (G.U. 18 novembre 2014, n. 268) MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO DECRETO 4 novembre 2014 Integrazioni e modifiche al decreto 5 marzo 2014 recante approvazione dell'elenco degli esplosivi, degli accessori detonanti e dei mezzi di accensione riconosciuti idonei all'impiego nelle attivita' estrattive, per l'anno 2014 (G.U. 20 novembre 2014, n. 270) DECRETO LEGISLATIVO 4 novembre 2014, n. 169 Disciplina sanzionatoria delle violazioni delle disposizioni del regolamento (UE) n. 181/2011, che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004, relativo ai diritti dei passeggeri nel trasporto effettuato con autobus. (G.U. 21 novembre 2014, n. 271) 24 Giurisprudenza Condominio Corte di Cassazione - Civ. Sez. II., Sentenza 31 ottobre 2014, n. 23283 NOTA Condominio: se l'immissione dell'impianto termico è molesta, irrilevante la sua conformità alla normativa In tema di condominio negli edifici, una volta accertato che le immissioni di rumore prodotte dall’impianto termico condominiale nelle unità immobiliari di alcuni condomini superano la normale tollerabilità ai sensi dell’art. 844 cod. civ., deve affermarsi la responsabilità del Condominio, ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., con conseguente obbligo dello stesso al risarcimento dei danni patiti dai condomini lesi. A tal fine, è irrilevante la circostanza che l’impianto termico sia a norma e mantenuto a regola d’arte da personale tecnico qualificato, in quanto l’illiceità delle immissioni sonore che superano la normale tollerabilità è in se, quale che siano le cause che determinano la stessa immissione, dovendosi considerare che le immissioni moleste integrano, comunque, gli estremi di una attività vietata. Tale il principio che può essere espunto da una recente decisione della Corte di Cassazione. (Cfr., Cass. civ. Sez. II., Sent. 31 ottobre 2014, n. 23283, Pres. Triola, Rel. Scalisi, P.M. Capasso). In tema di immissioni, l’azione ex art. 844 cod. civ. è uno strumento di tutela che consente di ottenere la cessazione del comportamento lesivo, oltre, ovviamente, al risarcimento del danno patrimoniale conseguente alla lesione del diritto domenicale, nonché, come ha chiarito la dottrina più attenta, al risarcimento del danno non patrimoniale ove siano stati lesi i valori della persona, in particolare, della salute di chi ha diritto di godere il bene compromesso dall’immissione. La norma richiamata affida al giudice il compito di risolvere i conflitti derivanti da usi incompatibili di proprietà immobiliari, deferendo allo stesso il compito di individuare nel caso concreto la soglia di “normale tollerabilità” dell’immissione rumorosa. La normativa pubblicistica posta a tutela della salute e dell’ambiente è irrilevante ed ininfluente nelle controversie tra privati relative all’intollerabilità (così come alla illiceità) delle immissioni, non essendo corretto utilizzare, nei rapporti tra privati, criteri ai quali generalmente si ispira la disciplina pubblicistica in tema di inquinamento acustico, che investono l’ambiente esteso e che, per la loro natura e filosofia, non possono essere strutturati per considerare le esigenze precipue del singolo nei rapporti con il proprio vicino; ne consegue che, se il superamento degli standard pubblicistici di esposizione al rumore impone la scelta della tutela inibitoria, non può escludersi che risulti intollerabile (o illecita) nel singolo caso un’immissione che rientri nei limiti della normativa pubblicistica. Inoltre, quando viene superato il limite della liceità delle immissioni, segnato dall’art. 844 cod. civ., si è in colpa, ancorché si faccia uso normale della cosa fonte di immissioni, e, se da ciò deriva danno ad altri, il danno è ingiusto, in quanto ricorrono tutti gli elementi della fattispecie prevista dall’art. 2043 cod. civ. In particolare, l’accertamento del superamento della soglia di tollerabilità ex art. 844 cit., comporta nella liquidazione del danno da immissioni, sussistente in “re ipsa”, l’esclusione di qualsiasi criterio di contemperamento di interessi contrastanti e di priorità dell’uso, in quanto venendo in considerazione, in tale ipotesi, unicamente l’illiceità del fatto generatore del danno arrecato a terzi, si rientra nello schema dell’azione generale di risarcimento danni di cui all’art. 2043 cod. civ. e, specificamente, per quanto concerne il danno alla salute, nello schema del 25 danno non patrimoniale risarcibile ai sensi dell’art. 2059 cod. civ. In applicazione di tali principi, già espressi in precedenti arresti, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata con la quale la corte di appello, riformando la pronuncia di primo grado, aveva rigettato la domanda di risarcimento danni avanzata da due condomini nei confronti del Condominio convenuto a causa dei rumori molesti provenienti dai tubi dell’impianto di riscaldamento condominiale. (Il Sole 24 ORE – Tecnici24, 5 novembre 2014) Corte di cassazione - Sezione II civile - Sentenza 20 novembre 2014 n. 24707 NOTA Sì ai bed and breakfast nei condomini, non cambia la destinazione d'uso La Cassazione sdogana i bed and breakfast negli appartamenti. Un fenomeno in enorme crescita 26 nelle città d'arte che sovente incontra la resistenza degli altri inquilini dello stabile. Con la sentenza 24707/2014, i giudici di Piazza Cavour, rigettando il ricorso di un condominio di via Tacito nel centrale quartiere Prati di Roma, hanno, infatti, chiarito che l'attività di affittacamere è legittima in quanto non stravolge la destinazione a «civile abitazione» dei locali, che al contrario ne è il presupposto. La vicenda - Il ricorso in Cassazione si fondava sulle disposizioni del regolamento condominiale secondo cui «è fatto divieto di destinare gli appartamenti a uso diverso da quello di civile abitazione o di ufficio professionale privato» che dunque, secondo i condomini, avrebbe escluso l'esercizio di attività alberghiera. Tale tesi era stata accolta dal giudice di primo grado che aveva, infatti, ordinato il fermo dell'attività, ma era stata poi ribaltata dalla Corte d'Appello. Secondo il giudice di secondo grado, infatti, da una parte, «l'attività di affittacamere non aveva comportato una modificazione della destinazione di uso per civile abitazione delle unità immobiliari». Dall'altra, «risultava inammissibile un'interpretazione estensiva del disposto all' art. 6 del regolamento condominiale che riservasse ai soli proprietari, ai loro congiunti e ai singoli privati professionisti il godimento delle unità immobiliari site nel complesso condominiale». E ciò considerato altresì che «in concreto» l'interpretazione del regolamento data dal condominio era stata «più permissiva di quanto derivante dalla stretta interpretazione letterale». Nell'edificio, infatti, c'erano già una scuola, delle attività commerciali ed una agenzia di assicurazione, senza che questo avesse comportato alcuna censura. La motivazione - Una tesi condivisa dalla Suprema corte secondo cui le disposizioni contenute nel regolamento condominiale che si risolvano nella «compressione delle facoltà e dei poteri inerenti al diritto di proprietà dei singoli partecipanti, devono essere espressamente e chiaramente manifestate dal testo o, comunque, devono risultare da una volontà desumibile in modo non equivoco da esso». In più, secondo costante giurisprudenza, l'interpretazione del giudice di merito del regolamento condominiale è insindacabile dalla Cassazione salvo vizi logici. E il giudice di appello con ragionamento «coerente» e «logico» ha ritenuto che il regolamento non vietasse l'attività ricettiva «tenuto conto che la destinazione a civile abitazione costituisce il presupposto per l’utilizzazione di una unità abitativa ai fini dell'attività di bed and breakfast». Una affermazione, prosegue la Corte, coerente anche con il regolamento regionale del Lazio n. 16 del 2008, in cui si chiarisce che «l'utilizzo degli appartamenti a tale scopo non comporta il cambio di destinazione d'uso ai fini urbanistici (vedi anche Corte cost. sent. n. 369/2008)». Hanno errato dunque i ricorrenti a ritenere che l'attività di bed and breakfast «comporti necessariamente conseguenze pregiudizievoli per gli altri condomini». In particolare, prosegue la sentenza, «non è stata offerta alcuna indicazione in ordine alla capacità ricettiva delle singole unità di proprietà esclusiva nelle quali si svolge la detta attività, né in ordine alla ubicazione nel condominio di tali unità abitative di proprietà esclusiva». Non era dunque possibile, come rilevato dalla Corte di merito, «una limitazione del godimento delle unità immobiliari ai soli proprietari, loro congiunti o singoli privati professionisti» in quanto non autorizzata dalla lettera della norma. (Francesco Machina Grifeo, Il Sole 24 ORE – Guida al Diritto, 21 novembre 2014) Immobili Tribunale di Salerno – Sezione III civile – Ordinanza 4 novembre 2014 NOTA Condominio, l'impresa si rivale sul nuovo acquirente per i lavori non pagati Massima attenzione da parte di chi compra un immobile agli eventuale debiti lasciati dal venditore nei confronti di imprese che hanno fatto lavori di manutenzione condominiale. Secondo il tribunale di Salerno, ordinanza 4 novembre 2014, infatti, il terzo creditore del condominio può agire in danno del nuovo acquirente anche per le obbligazione sorte antecedentemente all'acquisto della proprietà. Il caso - La vicenda prende le mosse dall'opposizione ad un atto di precetto per oltre 100mila euro (più 23mila di spese legali) notificato nel 2014 dalla società che aveva eseguito i lavori di manutenzione ad una signora che nel gennaio del 2008 aveva acquistato un appartamento nello stabile. Il ‘conto' però riguardava lavori deliberati nel 1991 e terminati nel 1994, dunque vent'anni prima. A questo punto, l'acquirente si era difeso sostenendo di non dovere alcunché all'impresa in quanto l'articolo 63 delle disposizioni di attuazione al codice civile limita la sua responsabilità ai contributi non versati dal precedente proprietario per l'anno in corso e quello precedente. Al contrario, per l'impresa creditrice le obbligazioni relative alle spese per la manutenzione della parti comuni dell'edificio hanno il carattere di obbligazioni «propter rem» con la conseguenza che esse accompagnano il titolare del diritto reale, in quanto ad esso connesse. La natura del condominio - Una tesi condivisa dalla Corte salernitana che allarga il ragionamento chiarendo che le regole cambiano a seconda che in ballo ci siano: rapporti interni al condominio, tra acquirente e venditore oppure tra questi ultimi ed il terzo creditore. In quest'ultimo caso le cose cambiano. Infatti, osserva l'ordinanza, il condominio non è un soggetto giuridico dotato di propria personalità in quanto è «un semplice ente di gestione, il quale opera in rappresentanza e nell'interesse comune dei partecipanti». Ed i partecipanti vanno individuati «in base al loro rapporto con le singole unità immobiliari site all'interno del condominio». Per cui, prosegue la Corte, appare «opportuno» fare riferimento al concetto di «obligatio propter rem». Azione diretta - A questo punto, però, accade che il terzo che vanta un credito nei confronti del condominio «potrà farlo valere nei confronti dei soggetti che, nel momento in cui agisce, vantano un diritto reale sull'immobile». Una soluzione di certo penalizzante per chi acquista ma che secondo l'ordinanza «risponde innanzi tutto a criteri di certezza e di ragionevolezza» e non contrasta con il codice civile. Infatti, argomenta la III Sezione civile, «ove si ritenesse che il terzo creditore possa agire solo nei confronti dei soggetti che erano proprietari nel momento in cui sorse l'obbligazione, si graverebbe il creditore di un duplice e, tutto sommato, ingiustificato onere». Da una parte, infatti, per il principio della parziarietà delle obbligazioni condominiali, egli non può agire nei confronti di un singolo condomino per la soddisfazione dell'intero credito, dovendo promuovere azioni pro quota. Dall'altra, sarebbe tenuto a verificare per ciascuna unità immobiliare i singoli soggetti succedutisi nel tempo, «al fine di individuare quello che era proprietario al momento in cui sorse la propria obbligazione». Una ricerca, spiega l'ordinanza, che potrebbe rivelarsi «quanto mai difficoltosa» soprattutto a distanza di anni e dopo molti passaggi di mano. Mentre, le medesime difficoltà «non sono riscontrabili ove i rapporti siano interni al condominio». Rivalsa - Del resto, osserva ancora il tribunale, mostrando una visione ottimistica quanto meno sui tempi di realizzo, una simile soluzione non costituisce neppure «un pregiudizio eccessivo» per l'acquirente che potrà comunque rivalersi sul venditore. E neppure, sempre secondo la corte di 27 merito, sarebbe di ostacolo l'articolo 63 delle disposizioni di attuazione in quanto regola unicamente i «contributi» condominiali e dunque non si applica ai terzi creditori. (Francesco Machina Grifeo, Il Sole 24 ORE – Guida al Diritto, 10 novembre 2014) Sicurezza Corte di cassazione - Sezione IV penale - Sentenza 19 novembre 2014 n. 47751 NOTA Se l'appalto è parziale il committente risponde dell'infortunio del terzo 28 «Il contratto di appalto non solleva da precise dirette responsabilità il committente allorché lo stesso assuma una partecipazione attiva nella conduzione e realizzazione dell'opera, in quanto, in tal caso, rimane destinatario degli obblighi assunti dall'appaltatore, compreso quello di controllare direttamente le condizioni di sicurezza dei cantiere». Lo ha chiarito la Corte di cassazione, sentenza 47751/2014, confermando, sotto questo aspetto, la responsabilità per omicidio colposo dell'amministratore di una società, incaricata dal Comune di Catania della realizzazione di una condotta idrica, a seguito di un infortunio mortale occorso ad un motociclista caduto a causa della mancata segnalazione del dislivello del manto stradale dovuto ai lavori di scavo. Il ruolo di garanzia - La Suprema corte ha ricondotto il ruolo di garanzia dell'imprenditore verso i terzi all'obbligazione personale «al rispetto scrupoloso delle cautele prevenzionali del caso e in special modo ad apporre la completa segnaletica di pericolo prevista» contratta col municipio. Inoltre, prosegue la sentenza, pur avendo dato in subappalto «le opere di scavo, messa in opera e connessione delle tubature», la committente «si era riservata di fornire la conduttura, e l'opera di saldatura dei relativi tranci, di pari passo con l'andamento dello scavo, sorgendo, così, all'evidenza, una esigenza di coordinamento, vigilanza e verifica certamente esuberante rispetto ai poteri del nudo committente». Da questa «speciale ingerenza», giustificata dalla parzialità dell'appalto e dagli obblighi assunti nei confronti del comune di Catania, «deriva la sussistenza del ruolo di garanzia nei confronti degli utenti della strada» in capo all'imprenditore. Sì alla attenuanti - Per i giudici di Piazza Cavour, invece, non è stata dimostrata la condotta sleale dell'imputato, «unica ragione per la quale è stata esclusa la prevalenza delle attenuanti generiche e la meritevolezza della non menzione». Nel condannarlo, infatti, la Corte d'Appello ha attribuito alla sua volontà di nascondere le proprie responsabilità la frettolosa bitumazione della strada, avvenuta il giorno successivo all'incidente. L'asfalto, tuttavia, argomenta la Cassazione, era stato messo dalla impresa appaltatrice, e, quindi, «sarebbe occorso dimostrare che artefice, o, perlomeno, istigatore o suggeritore della condotta diretta ad inquinare le prove era stato l'imputato». Non essendo per questo sufficiente l'apodittico asserto secondo il quale l'imputato non poteva essere all'oscuro dell'operazione «stante il suo costante interessamento ai lavori e la sua presenza sul luogo dell'incidente il giorno dell'accaduto». Infatti, conclude la sentenza, per la prima parte l'affermazione costituisce «un assioma fondato sul sospetto mero» e per la seconda parte si appalesa illogica, in quanto vista la gravità del sinistro la presenza dell'imprenditore era «ampiamente giustificata», né se ne può desumere che abbia «influito sulla decisione di bitumare al più presto lo scavo». (Francesco Machina Grifeo, Il Sole 24 ORE – Guida al Diritto, 19 novembre 2014) Sicurezza 29 Nuovi adempimenti per il datore di lavoro (Pierpaolo Masciocchi, Il Sole 24 ORE – Sicurezza24 – 11 novembre 2014) Sulla Gazzetta Ufficiale n. 261 del 10 novembre 2014 (Supplemento Ordinario n. 83), è stata pubblicata la Legge 30 ottobre 2014, n. 161, recante “Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2013-bis”, in vigore dal 25 novembre 2014. Sul tema della salute e sicurezza sul lavoro si evidenzia l’art. 13 che, al fine di dare una risposta alla procedura di infrazione n. 2010/4227 (proroga dei termini prescritti per la redazione di un documento di valutazione dei rischi per una nuova impresa o per le modifiche sostanziali apportate a un'impresa esistente - violazione dell'articolo 9 della direttiva 89/391/CEE) ha apportato talune modifiche al Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81. Giova premettere, per comprendere appieno la sostanza e la portata delle modifiche introdotte alla vigente normativa prevenzionale, che nella procedura di infrazione la Commissione aveva contestato allo Stato Italiano le disposizioni del D.Lgs. 81/08 che, nei fatti, prorogavano i termini impartiti per la redazione di documenti contenenti i risultati di una valutazione dei rischi nel caso di una nuova impresa o di modifiche sostanziali apportate a un'impresa esistente. Tali norme sono, nello specifico, l'articolo 28 del D.Lgs. 81/08 e l'articolo 29 del D.Lgs. 81/08. Questi due articoli dispongono che il documento di valutazione dei rischi può essere elaborato nel termine di 90 o 30 giorni in caso di costituzione di una nuova impresa o di modifiche significative di un'impresa esistente. Questo significa che, in questi lassi di tempo, i lavoratori e i rappresentanti dei lavoratori non dispongono del documento di valutazione dei rischi, indipendentemente dal fatto che la valutazione del rischio stessa sia stata in precedenza effettivamente realizzata. Con la lettera di costituzione in mora da parte della Commissione europea ha quindi sottolineato che alcuni aspetti che devono essere valutati e menzionati nel documento di valutazione a norma all'articolo 28 del D.Lgs. 81/08 potrebbero non essere coperti nei periodi anzidetti. Tra essi rientrano: a) una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l'attività lavorativa, nella quale siano specificati i criteri adottati per la valutazione stessa. La scelta dei criteri di redazione del documento è rimessa al datore di lavoro, che vi provvede con criteri di semplicità, brevità e comprensibilità, in modo da garantirne la completezza e l’idoneità quale strumento operativo di pianificazione degli interventi aziendali e di prevenzione; b) l'indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati a seguito della valutazione; c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza; d) l'individuazione delle procedure per l'attuazione delle misure da realizzare, nonché dei ruoli dell'organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri; e) l'indicazione del nominativo del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza o di quello territoriale e del medico competente che ha partecipato alla valutazione del rischio; f) l'individuazione delle mansioni che eventualmente espongono i lavoratori a rischi specifici che richiedono una riconosciuta capacità professionale, specifica esperienza, adeguata formazione e addestramento. Ad avviso della Commissione, la direttiva quadro non lascia spazio ad interpretazioni quanto all'obbligo per il datore di lavoro di disporre di una valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute durante il lavoro, inclusi i rischi riguardanti i gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari (articolo 9, lettera a) della direttiva quadro) e all'impossibilità di differire nel tempo l'adempimento di tale obbligo, avendo esso come ragione la protezione dei lavoratori. Inoltre, nella sentenza relativa alla 30 causa C-5/00, la Corte di giustizia europea ha affermato (punto 37) che "la Repubblica federale di Germania, non avendo garantito che l'obbligo di disporre di documenti contenenti una valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute durante il lavoro, previsto dalla direttiva, valga in ogni caso per i datori di lavoro aventi dieci lavoratori o meno, è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza degli artt. 9, n. 1, lett. a), e 10, n. 3, lett. a), della direttiva." Nel parere motivato in commento la Commissione europea conclude che non vi è motivo di considerare che l'espressione "in ogni caso" cui qui ricorre l'interprete autentico del diritto dell'UE non debba comprendere i primi 90 giorni di una nuova impresa e i primi 30 giorni successivi alla modifica di un'impresa. Se è vero, infatti, che non si può ritenere che questo si verifichi automaticamente, non si può negare che l'esonero dall'obbligo di redigere un documento di valutazione dei rischi durante le prime settimane può indurre certi datori di lavoro a omettere di effettuare una valutazione dei rischi o ad effettuarla meno accuratamente di quanto avrebbero fatto se avessero dovuto redigere un documento cartaceo contenente i risultati della valutazione. L'inizio dell'attività di un'impresa e i momenti seguenti mutamenti significativi nella sua organizzazione sono estremamente delicati per quanto riguarda l'esposizione al rischio, dato che i lavoratori non hanno dimestichezza con l'organizzazione e col suo funzionamento e può quindi darsi che non pensino a prendere le precauzioni necessarie. È perciò quindi particolarmente inopportuno lasciare in queste situazioni i lavoratori privi di un documento di valutazione dei rischi. Le autorità italiane hanno dato un'ampia risposta su questo punto della lettera di costituzione in mora. Essenzialmente, esse sostengono, la disposizione in questione introduce una possibilità, e non un obbligo, che risponde alla necessità per l'impresa di acquisire una piena conoscenza dei rischi presenti nel luogo di lavoro, cosa che in alcuni casi potrebbe essere possibile solo attraverso la pratica. Inoltre, esse sottolineano che l'articolo 50 del D.Lgs. 81/08 prevede che il rappresentante dei lavoratori deve ricevere la "documentazione" e non il "documento" concernente la valutazione dei rischi. La Commissione ha invece ritenuto che questa distinzione non dimostri la conformità alle disposizioni della direttiva. La direttiva prevede infatti due obblighi distinti: quello di effettuare una valutazione dei rischi, che sembra recepito dalla disposizione dell'articolo 28 del D.Lgs. 81/08, e quello di riportare in un documento la valutazione dei rischi, che non sarebbe adempiuto durante i periodi indicati negli articoli in questione. Ciò sarebbe indicato all'articolo 9 della direttiva quadro: “1. Il datore di lavoro deve a) disporre di una valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute durante il lavoro, inclusi i rischi riguardanti i gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari; […] Il fatto che la valutazione debba prendere la forma di un documento è chiarito dalla disposizione del paragrafo seguente: 2. Gli Stati membri definiscono, tenuto conto della natura delle attività e delle dimensioni dell'impresa, gli obblighi che devono rispettare le diverse categorie di imprese in merito alla compilazione dei documenti previsti al paragrafo 1, lettere a) e b) ed al momento della compilazione in sede di elaborazione dei documenti previsti al paragrafo 1, lettere c) e d).” La Commissione europea pertanto - dopo aver posto la Repubblica italiana in condizione di presentare osservazioni con lettera di costituzione in mora del 30 settembre 2011 (SG (2010) D/16130) e tenuto conto della risposta del governo italiano dell'8 dicembre 2011 (INF (2011) 104147) – ha concluso che le autorità italiane, mantenendo nel proprio ordinamento giuridico disposizioni che esonerano il datore di lavoro dalla sua responsabilità in materia di salute e sicurezza in caso di delega e subdelega e differiscono nel tempo l'obbligo di fornire un documento di valutazione dei rischi nel caso di nuove imprese o di modifiche significative nell'attività di un'impresa, non hanno rispettato gli articoli 5 e 9 della direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro. Per offrire una risposta esauriente ai rilievi della Commissione, l’articolo 13 della legge in 31 commento ha chiarito che, anche in caso di costituzione di nuova impresa, il datore di lavoro deve comunque dare immediata evidenza, attraverso idonea documentazione, dell’adempimento dei seguenti obblighi (Cfr. articolo 28 del D.Lgs. 81/08): a) relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l'attività lavorativa, nella quale siano specificati i criteri adottati per la valutazione stessa; b) indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati; c) programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza; d) individuazione delle procedure per l'attuazione delle misure da realizzare; e) indicazione del nominativo del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza o di quello territoriale e del medico competente che ha partecipato alla valutazione del rischio; f) individuazione delle mansioni che eventualmente espongono i lavoratori a rischi specifici che richiedono una riconosciuta capacità professionale, specifica esperienza, adeguata formazione e addestramento; g) rispetto delle indicazioni previste dalle specifiche norme sulla valutazione dei rischi contenute. Inoltre, sempre in caso di costituzione di nuova impresa, il datore di lavoro deve dare immediata comunicazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza circa l’assolvimento degli adempimenti sopra richiamati. Alla documentazione connessa al processo di valutazione dei rischi può accedere, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. Ulteriore intervento modificativo riguarda l’articolo 29 del D.Lgs. 81/08 ove viene specificato che, anche in caso di rielaborazione della valutazione dei rischi, il datore di lavoro deve comunque dare immediata evidenza, attraverso idonea documentazione, dell’aggiornamento delle misure di prevenzione e immediata comunicazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. A tale documentazione accede, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. Tale formulazione appare coerente con le disposizioni della direttiva 89/391/CEE, la quale non richiede alcuna forma particolare per la documentazione di riferimento, limitandosi a prevedere che questa debba essere in possesso del datore di lavoro e che possa essere conosciuta dai lavoratori. Pertanto, si è ritenuto utile specificare che a tali documenti accedono, su richiesta, i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS), benché sia già in vigore, nell'ordinamento interno, il principio generale che i RLS possono visionare ogni documento relativo alla valutazione dei rischi. Condominio Portone, insegne, targhe: la regolamentazione dell'uso Ettore Ditta, Consulente Immobiliare, Edizione del 30 novembre 2014, n. 964 pag. 1955 L’assemblea è competente a disciplinare l’uso delle parti comuni, eventualmente anche formando uno specifico regolamento ai sensi dell’art. 1138 cod. civ., ma in generale l’uso dei beni comuni resta sottoposto ai principi generali sul condominio. Alcune sentenze hanno preso in esame ipotesi particolari che riguardano l’apertura del portone, l’uso del citofono e l’apposizione di insegne e targhe sui muri. 32 Non è affatto raro imbattersi in decisioni giurisprudenziali sull’utilizzo del portone e dei citofoni o sull’apposizione delle insegne o delle targhe sulle facciate dell’edificio condominiale. Si tratta quasi sempre di sentenze che non contengono certo decisioni rivoluzionarie, ma che, in linea di massima, si limitano a dare applicazione ai principi generali della materia (e al buon senso); tuttavia la loro stessa esistenza dimostra che queste problematiche sono frequenti e quindi può essere utile tratteggiare un breve elenco delle questioni trattate dai giudici e delle soluzioni adottate nei vari casi. Il portone È appena il caso di rammentare che il portone serve a chiudere l’accesso principale del palazzo, che dalla pubblica via (o anche da una strada privata, che però non deve fare parte integrante del condominio) consente di entrare nel cortile oppure nell’androne di ingresso, dal quale si può pervenire poi alla scala (o alle scale, quando ve ne siano più di una) che porta alle unità immobiliari. Talvolta i palazzi, soprattutto quelli più antichi o di maggiori dimensioni, sono dotati di più portoni, ma di regola solo uno di essi viene considerato portone principale. In alcuni casi il portone viene presidiato dal portiere, che di regola si trova nell’apposita guardiola, incaricato di ricevere la posta e i pacchi dei condomini o dei loro inquilini e di indirizzare le persone verso le unità immobiliari alle quali intendono accedere; salvo indicazioni contrarie da parte dei condomini, di norma il portiere deve svolgere anche una vera e propria attività di sorveglianza, controllando e impedendo agli estranei l’accesso all’edificio. Nei casi in cui il palazzo sia dotato di servizio di portierato, in generale il portone viene tenuto aperto quando il portiere è in servizio per la sicurezza dei condomini; invece, al di fuori degli orari di servizio, oppure quando il portiere è assente, il portone viene lasciato chiuso e gli occupanti (condomini o conduttori o loro ospiti) delle unità del palazzo possono fare accedere i loro visitatori mediante il servizio di citofono, previa identificazione della persona che ha suonato e dei motivi per cui chiede di poter entrare. Per quanto possa sembrare ovvio e scontato, il citofono è un apparecchio che consente a chi si trova nel palazzo di ricevere visite da parte di coloro che vengono da fuori senza dovere scendere ad aprire fisicamente il portone, ma chi apre il portone dall’interno delle unità immobiliari ha comunque l’obbligo di verificare se la persona a cui viene consentito l’accesso sia un suo ospite o abbia comunque un giustificato motivo per chiedere di poter entrare. Per questo motivo, nel caso in cui, per trascuratezza o negligenza di chi apre il portone mediante il citofono senza adottare le necessarie cautele, entrino nel palazzo malintenzionati, chi li ha fatti entrare può essere chiamato a rispondere perlomeno degli eventuali danni, se non anche di atti criminosi eseguiti a danno dai condomini o dell’edificio. In proposito è stato deciso che, in caso di incendio sviluppatosi nell’ambito di un edificio condominiale privo di servizio di portierato, il semplice fatto che tale incendio sia stato provocato a opera di soggetto estraneo, introdottosi nell’edificio attraverso il portone di ingresso lasciato incautamente aperto, non basta a escludere la responsabilità del condominio in ordine all’origine dell’incendio, qualora si accerti che, per le particolari circostanze in cui è stato in concreto posto in essere l’atto illecito del terzo, il compimento di tale atto è stato reso possibile dall’assenza di idonea custodia da parte del condominio (Trib. Milano 11 agosto 1997). Il portone di ingresso costituisce una parte comune dell’edificio ai sensi dell’art. 1117, n. 1, cod. civ. In generale la Corte di Cassazione afferma che, qualora nell’edificio condominiale siano ricompresi locali forniti di un accesso diverso dall’androne e dal vano scale, anche i proprietari di tali locali sono tenuti - in difetto di clausole diverse previste dal regolamento di condominio - a concorrere alle spese di manutenzione ed eventualmente di ricostruzione dell’androne e delle scale, in rapporto e proporzione all’utilità che anche loro possono trarre quali condomini e ciò sia con riguardo all’uso, ancorché ridotto, che possono fare dell’androne e delle scale per accedere, come è loro diritto, nei locali della portineria e al tetto o lastrico solare, sia con riguardo all’obbligo e alle connesse responsabilità che competono anche a loro, nella qualità di condomini, di prevenire e rimuovere ogni possibile situazione di pericolo che possa derivare all’incolumità degli utenti dall’inefficiente manutenzione dei suddetti beni comuni. In base a questo principio, è stato espressamente stabilito dalla Suprema Corte che alle spese di illuminazione dell’androne e delle scale devono concorrere, ancorché in misura ridotta, pure i condomini che, proprietari solo di autorimesse e di botteghe, non ne usufruiscono per accedere alle loro proprietà esclusive (Cass. n. 2328 del 6 giugno 1977) e alla stessa conclusione si deve pervenire pure per quanto riguarda le spese relative al portone del palazzo. Con riferimento a una deliberazione assunta a maggioranza, relativa alla ripartizione tra i condomini in parti uguali e non in base ai millesimi della spesa relativa all’ automazione del portone, la Cassazione ha ricordato che le delibere delle assemblee condominiali aventi a oggetto la ripartizione delle spese comuni, con le quali si deroga una tantum ai criteri legali di ripartizione delle spese medesime, devono essere adottate senza il consenso unanime dei condomini, altrimenti sono nulle (Cass. n. 2301 del 16 febbraio 2001). Va anche tenuto presente che non costituisce innovazione l’installazione di barbacani ai lati del portone d’ingresso del condominio, al fine di contenere l’ingresso di veicoli di grandi dimensioni che, per la loro mole, danneggiano l’ingresso carraio (Trib. Milano 10 ottobre 1988). Un aspetto critico è quello delle modalità - ovviamente in assenza di un’apposita disposizione regolamentare - con cui si può deliberare in merito all’ orario di apertura del portone. Su questo tema si è pronunciata la sentenza Trib. Bologna dell’11 gennaio 2011, secondo cui è legittima la delibera che prevede la chiusura del portone di ingresso in specifici orari della giornata. Nel caso esaminato era stata approvata, a maggioranza, una delibera per modificare i precedenti orari di apertura e di chiusura del portone, prevedendone la chiusura nell’orario del pranzo, mentre in precedenza il portone veniva lasciato aperto dalla mattina alla sera e tenuto chiuso solo di notte. A tale proposito il Tribunale ha rilevato che si tratta di una delibera relativa alla regolamentazione dell’uso della cosa comune, che non riguarda un’innovazione e che non necessita neppure delle maggioranze stabilite dall’art. 1108 cod. civ.; infatti, non è corretto sostenere che la privazione della possibilità di accesso tramite il portone del palazzo per sole due ore della giornata limiti in modo intollerabile, pregiudicandolo, il godimento della cosa comune, in quanto la delibera regolamenta soltanto l’uso in modo paritario per tutti. Ma, a sostegno della propria pretesa, i condomini impugnanti avevano pure affermato di avere comunque usucapito una servitù, il cui contenuto era dato dal diritto di tenere il portone aperto senza interruzione; il Tribunale però ha osservato che una simile modalità d’apertura non configura un maggiore vantaggio per alcuni condomini a danno della proprietà (che, se esistesse una servitù, dovrebbe rappresentare il fondo servente) di alcuni dei condomini, in quanto il problema riguarda la regolamentazione della cosa comune, al fine - in entrambi i casi (di apertura ininterrotta, oppure di apertura con intervallo di due ore) - di consentire a tutti i condomini la possibilità di usare in maniera paritaria il bene, senza attribuire pesi o vantaggi a danno o a favore di alcuni fra i condomini rispetto agli altri (requisito che invece sarebbe indispensabile, in presenza di una servitù). In relazione alla maggioranza per deliberare sull’ orario di apertura del portone, il Tribunale ha infine precisato che non si può considerare una delibera simile illegittima solo perché vi era stata 33 una precedente deliberazione che stabiliva l’orario continuato di apertura e che l’assemblea, con la maggioranza prevista dagli artt. 1136, commi 2 e 3, cod. civ., può sempre modificare le precedenti delibere sull’uso della cosa comune. È invece stata dichiarata nulla la delibera assembleare che dispone la chiusura permanente del portone d’ingresso dell’androne senza prevedere alcuna misura che ne consenta l’agevole apertura da parte di soggetti legittimati al passaggio automobilistico (Trib. Milano n. 319 del 9 marzo 1989). D’altro canto è stato stabilito che la decisione di tenere il portone perennemente aperto costituisce una limitazione eccezionale rispetto al suo godimento normale e pertanto, a meno che ciò non venga previsto nel titolo costitutivo oppure nel regolamento, è diritto anche di un singolo condomino pretenderne la chiusura (App. Bari del 3 marzo 1961). Con riguardo all’installazione di un impianto di campanello e citofono, al fine di consentire il collegamento con l’esterno di un appartamento in edificio condominiale e l’apertura del portone di quest’ultimo, è stato chiarito che essa non integra l’imposizione di servitù a carico della proprietà 34 condominiale, ma configura un uso del bene comune, che è legittimo nei limiti in cui non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso (Cass. n. 3795 del 22 giugno 1982). Per questo motivo l’uso di un impianto citofonico elettronico installato a proprie spese per favorire la propria attività professionale costituisce esercizio di un diritto di ciascun condomino, purché non arrechi pregiudizio alla sicurezza degli altri condomini (Trib. Milano del 21 novembre 1991). Nel sistema di comunicazione tra ciascun appartamento condominiale e l’esterno (citofono) si possono distinguere le parti comuni (il quadro esterno e comunque tutta la parte dell’impianto che precede la diramazione dei cavi in direzione delle singole unità abitative) e le parti di proprietà esclusiva dei singoli condomini e quindi è necessario tenere distinta, anche in sede di riparto delle spese di installazione, la parte comune da quelle di proprietà individuale; di esse, la prima ricade nel regime previsto dall’art. 1123, comma 2, cod. civ., mentre le seconde gravano interamente su ciascun condomino in ragione della loro obiettiva entità (Trib. Bologna n. 1299 del 22 maggio 1998). Va ricordato che, ai sensi dell’art. 7 cod. proc. civ., appartengono alla competenza per materia del giudice di pace tutte le controversie fra i condomini relative alla misura e alle modalità di uso dei servizi di condominio, tra le quali rientra quella che riguarda l’installazione di apertura automatica del portone di ingresso dello stabile mediante citofoni installati nelle singole unità immobiliari, in quanto non viene messo in discussione il diritto stesso del condomino a un determinato uso delle cose comuni, ma è controversa soltanto la regolamentazione della misura e della modalità d’uso dei suddetti servizi (Cass., ord. n. 4256 del 24 febbraio 2006). Anche la controversia relativa alla chiusura e/o apertura del portone di ingresso condominiale - vale a dire al modo e al tempo di esercizio del diritto d’uso sul bene condominiale - compete in via esclusiva al Giudice di pace (Trib. Brescia n. 199 dell’11 febbraio 2001). Le targhe e le insegne Il muro perimetrale dell’edificio - così come gli altri muri maestri, con esclusione quindi di quelli interni alle unità immobiliari che servono soltanto a dividere un ambiente dagli altri - costituisce una parte comune (art. 1117, n. 1, cod. civ.); quindi a ciascun condomino è consentito l’utilizzo secondo la disciplina dettata dall’art. 1102 cod. civ. In generale ciascun condomino può servirsi dei muri perimetrali dell’edificio condominiale, senza bisogno di richiedere alcun consenso agli altri partecipanti alla comunione, per apporre targhe e insegne in modo da segnalare ai suoi clienti la propria attività; l’unica condizione è che la relativa utilizzazione non impedisca agli altri condomini di fare eguale uso della cosa comune (Trib. Palermo del 12 dicembre 1991). Anche secondo la giurisprudenza della Cassazione, l’apposizione di targhe nel prospetto dell’edificio condominiale costituisce espressione del diritto di comproprietà dei condomini su di esso, che corrisponde alla sua normale destinazione; quindi l’esercizio di tale facoltà non può essere assoggettato a divieto o subordinato al consenso dell’amministratore condominiale (Cass. n. 12298 del 21 agosto 2003). L’elemento distintivo è allora costituito dal fatto che del muro non deve risultare modificata la normale destinazione. Per questo motivo, la collocazione da parte di un condomino di insegne luminose, targhe e cartelli pubblicitari sul portone di ingresso, sul muro e nel corridoio dell’atrio condominiale, è stata dichiarata illegittima - in mancanza di concessione del condominio ritenendo che una simile utilizzazione si ponga comunque in contrasto con la funzione o con la destinazione tipica delle suddette parti comuni (Trib. Brescia del 26 aprile 1994). Ma limiti più stretti, rispetto a quelli generali, possono essere decisi mediante un’apposita convenzione accettata da tutti i condomini. Per questo motivo è stato affermato che i condomini con voto unanime - potendo sottoporre a limitazioni, nell’ambito dell’autonomia negoziale, l’esercizio dei poteri e delle facoltà che normalmente caratterizzano il contenuto del diritto di proprietà sulle cose comuni, dato che si verte su materia disponibile - mediante un regolamento contrattuale possono vietare l’apposizione di insegne, targhe e simili sui muri perimetrali comuni, oppure subordinarla al consenso dell’amministrazione (Cass. n. 9311 del 3 settembre 1993). Il regolamento di condominio predisposto dall’unico originario proprietario di un edificio, che successivamente è stato frazionato, venendo così a costituire un condominio, ha natura contrattuale e, qualora sia richiamato nell’atto di acquisto dei singoli condomini, in modo da formarne parte integrante, esso trae la sua forza vincolante non dal consenso della semplice maggioranza dei condomini (come avviene nel caso del regolamento condominiale disciplinato dall’art. 1138 cod. civ.), ma dalla volontà negoziale delle parti contraenti, le quali sono libere di fissare tutti i limiti che credono, sia al diritto esclusivo del condomino acquirente, sia all’uso delle parti comuni dell’edificio. Fra l’altro, nell’ambito della loro autonomia negoziale, i condomini possono - mediante la previsione regolamentare - vietare l’apposizione di insegne, targhe e simili sui muri perimetrali comuni dell’edificio, oppure subordinarla al consenso dell’amministratore del condominio (Cass. n. 4047 del 6 dicembre 1974). In merito al consenso ad apporre un’insegna pubblicitaria sulla facciata condominiale, che compete all’amministratore per effetto di una norma regolamentare, della decisione si può investire l’assemblea, la cui volontà è sovraordinata e la deliberazione non può considerarsi annullabile solo perché assunta dall’organo collegiale; la deliberazione è invece affetta da nullità nel caso di rifiuto dell’apposizione dell’insegna per pubblicizzare l’attività svolta nel condominio, in presenza di altre insegne di tipo e colore diverso, quando non vengono indicati i motivi che ne inducono a ritenere l’inidoneità estetica, perché così non consente al condomino interessato di verificare la fondatezza del diniego. Peraltro, se viene richiesta in giudizio la declaratoria del diritto di apporre un’insegna pubblicitaria sulla facciata condominiale, l’Autorità giudiziaria non si può sostituire alla volontà dei condomini con una propria valutazione estetica, perché tale valutazione supererebbe i limiti del controllo di legittimità demandato al giudice, estendendosi al merito delle questioni e invaderebbe la discrezionalità riservata esclusivamente all’assemblea (App. Milano, n. 3495 del 14 dicembre 2011). Di conseguenza il provvedimento con cui l’amministratore del condominio, nell’esercizio dei suoi poteri di curare l’osservanza del regolamento di condominio, ai sensi dell’art. 1130, comma 1, n. 1, cod. civ., e di adottare provvedimenti obbligatori per i condomini, ai sensi dell’art. 1133 cod. civ., inviti formalmente un condomino al rispetto del divieto regolamentare di collocazione di targhe, senza autorizzazione, sulla facciata dell’edificio, non costituisce atto illecito e quindi non può rappresentare il fondamento di una responsabilità risarcitoria personale in capo all’amministratore stesso (Cass. n. 13689 del 22 giugno 2011). Si pone inoltre il problema della possibile lesione del decoro architettonico. Sul punto è stato deciso che l’utilizzazione del muro perimetrale comune da parte del singolo condomino mediante l’apposizione di cartelli, targhe e insegne - non alterando la naturale e precipua destinazione di sostegno dell’edificio condominiale - costituisce normale esercizio del diritto di usare la cosa comune, secondo l’art. 1102 cod. civ., a condizione che non impedisca l’esercizio concorrente del diritto degli altri partecipanti di fare uguale uso del muro e, inoltre, che non rechi pregiudizio alla stabilità e alla sicurezza dell’edificio e non ne alteri il decoro architettonico. Per “decoro architettonico” dell’edificio si intende l’estetica data dall’insieme delle linee e delle strutture 35 architettoniche, che connotano il fabbricato e gli imprimono una determinata, armonica fisionomia e l’alterazione del decoro si può correlare alla realizzazione di opere che modifichino l’originario aspetto soltanto di singoli elementi o punti dell’edificio, tutte le volte che tale modificazione sia suscettibile di riflettersi sull’insieme dell’aspetto del fabbricato (Trib. Roma del 23 marzo 2011). Con riferimento alla collocazione, da parte di un condomino, sul muro perimetrale comune di alcune bacheche , fornite di impianto di illuminazione, per l’esposizione di quadri in vendita, la Suprema Corte ha precisato che il giudice, per accertare se l’uso più intenso della cosa comune da parte di un condomino venga ad alterare il rapporto di equilibrio tra i partecipanti al condominio e si debba perciò ritenere non consentito dall’art. 1102 cod. civ., non deve tenere presente l’uso fatto in concreto di tale cosa dagli altri condomini in un determinato momento, ma quello potenziale in relazione ai diritti che competono a ciascuno; nel caso in questione, si è pervenuti alla conclusione che la collocazione delle bacheche era illegittima, perché impediva agli altri condomini ogni eventuale uso che in avvenire essi avessero voluto fare di detto muro, per collocarvi targhe professionali o commerciali (Cass. n. 13107 dell’11 dicembre 1992). L’amministratore di condominio dispone del potere di sollecitare i condomini al rispetto del regolamento e quindi l’invito a rimuovere una targa apposta senza autorizzazione (un condomino che esercitava la professione di avvocato aveva ricevuto l’invito a rimuovere la targa professionale apposta nel vano antistante il portone, in virtù del divieto regolamentare di collocazione, senza autorizzazione, di targhe sulla facciata dell’edificio) non configura un atto di turbativa del possesso, qualora abbia agito nell’ambito dei poteri-doveri a lui riconosciuti dalla legge (Cass. n. 10347 dell’11.5.2011). 36 Casi pratici Antincendio ANTINCENDIO IN INGLESE PER CITTADINI USA D. Nel nostro stabile, le unità immobiliari sono adibite, in parte, a civile abitazioni e, in parte, ad attività lavorative. Tra le abitazioni civili, cinque distinti appartamenti sono locati da cittadini 37 statunitensi. Essendo il palazzo di 20 piani, è stata affissa su tutti i piani la relativa segnaletica informativa in caso d'incendio, così come previsto dalle norme vigenti. Vorrei sapere se è necessario apporre anche la segnaletica informativa in lingua inglese. Qualora la risposta fosse positiva, qual è la norma in questione? ---R. Non ci risulta un obbligo specifico di tradurre in inglese la informativa segnaletica predisposta per tutti i condomini, prevalentemente italiani, anche se riteniamo del tutto opportuna la traduzione in inglese. (Silvio Rezzonico, Il Sole 24 ORE – Esperto Risponde, 24 novembre 2014). GLI ONERI DEL CONDOMINIO NELLA PREVENZIONE INCENDI D. Il nostro stabile, avendo un'altezza di 72 metri, rientra nella certificazione prevenzione incendi. Il portiere del palazzo (unico dipendente) è stato incaricato e formato ai sensi degli articoli 45 e 46 del Dlgs 81/2008 (addetto al primo soccorso e alla prevenzione incendi). Inoltre, il portiere è stato eletto anche Rls (rappresentante dei lavoratori per la sicurezza). L'amministratore si configura come datore di lavoro e, quindi, secondo l'articolo 29, comma 5, è obbligato a redigere l'autocertificazione. Per quanto sopra, deve esserci un medico competente o è sufficiente una visita medica? Quali sono i termini per poter redigere l'autocertificazione: c'è necessità di nomina di un Rspp (Responsabile del servizio di prevenzione e protezione)? In sintesi, quali sono gli obblighi dell'amministratore e del portiere in questo caso? ---R. Il condominio è equiparabile ad un'azienda, nel caso in cui adibisca uno o più lavoratori (così come definiti all'articolo 2, comma 1, lettera a) del Dlgs n. 81/2008) a svolgere attività lavorativa nell’ambito della propria organizzazione. In un condominio possono essere presenti lavoratori dipendenti che: a) rientrano nel campo di applicazione del contratto collettivo dei lavoratori dei proprietari di fabbricati di cui all’articolo 3 comma 9 del Dlgs 81/2008 e, b), lavoratori dipendenti che non rientrano nel campo di applicazione del citato contratto collettivo. Nel primo caso, gli obblighi da adempiere sono solo quelli dell’articolo 3, comma 9 e cioè l’informazione e la formazione del personale (articoli 36 e 37 del Dlgs 81/2008) e l’eventuale fornitura di Dpi (Dispositivi di protezione individuale); non è prevista la redazione del Dvr, documento di valutazione dei rischi, anche se è opportuno effettuare la valutazione dei rischi (cosa ben diversa dal documento di valutazione dei rischi) al fine di definire tipologia e contenuti dell’informazione e della formazione e la tipologia dei Dpi da fornire. Quindi, non è prevista la nomina del medico competente e la sorveglianza sanitaria. Nel secondo caso, invece, trovano applicazione tutti gli obblighi del Dlgs 81/2008 (nomina Rspp, redazione Dvr, nomina medico competente, sorveglianza sanitaria, eccetera).Per completezza d’informazione, si reputa opportuno ricordare che per quanto riguarda la redazione del Duvri (documento unico di valutazione dei rischi interferenziali), tale obbligo sussiste a due condizioni, che devono essere entrambe soddisfatte: 1) nel condominio sono presenti lavoratori dipendenti e, 2), sono affidati appalti di lavori ad un’impresa o a lavoratori autonomi. In caso contrario, l’obbligo di redazione del Duvri non sussiste. Infine, nel caso in cui vengano affidati appalti di lavori ricadenti nel campo di applicazione del Titolo IV del Dlgs 81/2008 (lavori edili o d’ingegneria civile), l’amministratore del condominio è necessariamente qualificato come committente e come tale assoggettato agli obblighi di cui agli articoli 88 e seguenti del citato decreto. (Carmelo G. Catanoso, Il Sole 24 ORE – Esperto Risponde, 17 novembre 2014). Edilizia e urbanistica L'ASCENSORE È CONSIDERATO COME VOLUME TECNICO D. L’installazione di un ascensore esterno deve rispettare le norme dell’articolo 873 e cioè garantire 38 che le costruzioni su fondi finitimi siano a distanza non minore di tre metri (1,5 + 1,5). I due fabbricati condominiali del caso si trovano rispettivamente a 1,5 e 10 m dal confine. Ho necessità di installare l’ascensore, largo 1,5 m, da porre all’esterno del fabbricato, che si trova a 1,5 dal confine; quindi, l’ascensore si trova a confine. Questo rispetterebbe la distanza di 3 metri tra le due costruzioni (10 m), ma non 1,5 m dal confine. Ciò è legalmente possibile? In caso negativo, quali accordi stipulare eventualmente con il condominio confinante? ---R. In linea di principio, nella realizzazione di nuove costruzioni deve essere rispettata la normativa in materia di distanza nelle costruzioni e di distanza delle medesime dai confini. Tuttavia, recentemente, sia la Corte di cassazione che il Consiglio di Stato hanno promosso un orientamento giurisprudenziale sulla base del quale gli ascensori non dovrebbero essere qualificati alla stregua di costruzioni, ma bensì quali volumi tecnici o impianti tecnologici strumentali alle esigenze tecnicofunzionali dell’immobile (Cassazione civile, sezione II 2566/2011). In quanto tali, non sarebbero quindi ad essi applicabili le disposizioni in tema di distanze dalle costruzioni e dai confini (Consiglio di Stato, 6253/2012). Pertanto, l’amministrazione comunale, stante quanto sopra, non dovrebbe avere difficoltà nel rilascio del relativo titolo abilitativo a costruire, mentre si consiglia comunque di munirsi di una dichiarazione da parte del confinante che, da parte sua, nulla osta alla realizzazione di tale ascensore senza l’osservanza della distanza dal confine. (Massimo Sanguini, Il Sole 24 ORE – Esperto Risponde, 17 novembre 2014). Condominio CRITERI PRECISI PER RILEVARE I CONSUMI DELL'ACQUA D. Nel mio condominio, la ripartizione delle spese per consumo di acqua viene fatta in funzione del numero delle teste che occupano l'alloggio, senza fare alcuna distinzione di età. È corretto questo metodo? I bambini non dovrebbero essere conteggiati diversamente? ---R. La ripartizione delle spese della bolletta dell'acqua, in mancanza di contatori di installati in ogni singola unità immobiliare, deve essere effettuata ai sensi dell'articolo 1123, comma 1, Codice civile, in base ai valori millesimali. Ne consegue che è viziata, per intrinseca irragionevolezza, la delibera assembleare, assunta a maggioranza, che ha adottato il diverso criterio di riparto per persona, in base al numero di coloro che abitano stabilmente nell'unità immobiliare.È, in ogni caso, fatto salvo il diverso criterio di ripartizione previsto in un eventuale regolamento avente natura contrattuale. È tale il regolamento allegato al primo atto di vendita e richiamato in tutti i successivi rogiti, oppure sottoscritto da tutti i condomini successivamente alla nascita dal condominio (Cassazione, 1° agosto 2014, n. 17557). (Edoardo Riccio, Il Sole 24 ORE – Esperto Risponde, 24 novembre 2014) L'ESCLUSIONE DELLA SPESA PREVISTA NEL REGOLAMENTO D. Sono stati eseguiti dei lavori di imbiancatura alle pareti delle scale ed all'androne del palazzo. La mia unità ha un ingresso indipendente rispetto a quello del palazzo e, per tale motivo, non è inclusa nella suddivisione riguardante tutte le spese sostenute per le scale, come da regolamento contrattuale. Io accedo raramente nell'androne, giusto per ritirare la posta nella cassetta personale. Qualora fossi tenuto, comunque, alla partecipazione alla spesa, quale criterio legale di addebito quota sarebbe attuabile nei miei confronti? ---R. La giurisprudenza ritiene che le scale e il vano scale siano da considerarsi parti comuni a tutte le unità immobiliari comprese nell'edificio condominiale, compresi i locali alla strada, se conducono al tetto o al lastrico solare. Conseguentemente, si ritiene applicabile il criterio che la legge detta specificamente per la manutenzione delle scale: metà della spesa in ragione del valore e metà in 39 ragione dell'altezza del piano (articolo 1124, Codice civile). Come nel caso esposto dal lettore, tuttavia, il regolamento contrattuale può legittimamente escludere dalla ripartizione delle spese per le scale i proprietari di unità immobiliari dotate di accesso indipendente. (Pierantonio Lisi, Il Sole 24 ORE – Esperto Risponde, 24 novembre 2014). Immobili SONO RIPETIBILI I BENEFICI FRUITI MA NON RICHIESTI D. Nel 2009, a seguito della morte dei nostri genitori, io e mia sorella abbiamo ereditato (50% ciascuna) l’appartamento a loro intestato, nel comune di Roma. Nella dichiarazione di successione abbiamo fruito dell’agevolazione prima casa (la richiesta è stata fatta a mio nome). Per tale immobile paghiamo le imposte considerandolo entrambe “seconda casa” sia perché nessuna delle due ci abita, sia perché entrambe viviamo in case in affitto. Ora mia sorella (con il suo coniuge) vorrebbero acquistare un'altra casa, sempre a Roma. Può mia sorella (che effettivamente non ha richiesto per l’appartamento ereditato l’agevolazione prima casa) ma ne ha beneficiato in quanto richiesta da me) acquistare il nuovo appartamento fruendo dell’agevolazione prima casa? ----R. La risposta è affermativa, avendo richiesto le agevolazioni "prima casa" solo il lettore (anche se poi ne ha beneficiato "per estensione" la sorella).Come chiarito infatti con la circolare dell'agenzia delle Entrate n.18/E del 29 maggio 2013, i coeredi/donatari non dichiaranti, trovandosi a fruire dell’agevolazione, senza averlo espressamente richiesto, non rilevano sul piano soggettivo né oggettivo in ordine al mantenimento e alla decadenza di requisiti che non sono mai stati loro richiesti. (Marcello Claudio Lupetti, Il Sole 24 ORE – Esperto Risponde, 24 novembre 2014). BONUS MOBILI ANCHE A UN SOLO COMPROPRIETARIO D. Nel 2013 ho effettuato il rifacimento dell'impianto elettrico in un'unità immobiliare in comproprietà ereditaria indivisa. Fattura e bonifico riportano i nominativi dei tre comproprietari. In seguito ho personalmente acquistato divano, forno e frigorifero per questa unità immobiliare, con fatture e bonifici a me intestati. Posso fruire del bonus mobili? ----R. La risposta è affermativa. Per quanto concerne la detrazione del 50% (articolo 16 bis del Tuir 917/86 e articolo 1, comma 139, legge 147/2013, articolo 8 Ddl Stabilità 2015 all'esame del Parlamento; guida al 50% su www.agenziaentrate.it), l’Amministrazione finanziaria ha ammesso la possibilità, nell’ipotesi di comproprietà anche indivisa di ripartire in quote uguali o differenti l’importo detraibile per ciascuno (circolari 121/E/1998 e 15/E/2005). La suddivisione delle spese è quella che risulta nelle fatture e nei bonifici di pagamento. Anche se la spesa per l’impianto elettrico è suddivisa tra i comproprietari, in ogni caso il bonus mobili (detrazione del 50% sino a 10.000 euro) può competere interamente anche a uno solo dei comproprietari. L’importante è che i mobili siano destinati ad arredare la casa oggetto dell’intervento (circolare 29/E del 2013 e guida al bonus mobili su www.agenziaentrate.it). (Marco Zandonà, Il Sole 24 ORE – Esperto Risponde, 24 novembre 2014). 40
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