Verona è la quarta città in Italia per presenze turistiche ed è stata dichiarata dall’UNESCO patrimonio dell’umanità. Nelle vie e nelle piazze cittadine scorrono le più belle pagine di storia dell’arte, dal periodo classico romano, sino a quello asburgico. Nonostante questa ricchezza culturale, per il sindaco Flavio Tosi, i reperti archeologici sono definiti come “vecchie pietre che bloccano lo sviluppo”. Considerando il patrimonio storico e monumentale quasi un impiccio per la pianificazione e una fonte per fare reddito, l’amministrazione comunale di Verona, ha avviato un’ampia campagna di vendita di parte del proprio patrimonio immobiliare storico, per la maggior parte avuto tramite lasciti testamentari. Per renderne appetibile la vendita, spesso ne è stata modificata la destinazione d’uso. E’ con questa mentalità che l’ amministrazione tosiana, nei suoi sette anni di attività, ha pianificato il territorio. O meglio non lo ha volutamente pianificato, preferendo affidare agli operatori privati le scelte strategiche sul futuro del territorio veronese. Scelte che obbedivano ad un solo ordine: creare profitto. Il rapporto tra la componente politico – amministrativa e quella degli affaristi, ha rappresentato il meccanismo che ha portato alla stesura del P.A.T. e del P.I. Operando con un tale metodo, le regole, le norme, gli studi e le proposte oggettive, sono state considerate un ostacolo per le trattative tra i pubblici amministratori e gli affaristi privati. E coloro che hanno interesse a costruire, premono per continuare a farlo, opprimendo il territorio di case e centri commerciali. Viene spontanea la domanda da dove provengano tutti gli enormi capitali che servono per realizzare i milioni di metri cubi di edifici pianificati e chi siano realmente coloro che decidono come sfruttare il territorio. La stessa teoria che l’edilizia favorisca l’economia è forviante, infatti, nel quinquennio 1998/2003, l’attività edilizia è cresciuta del +17,6%, mentre il PIL nazionale, nello stesso periodo, è cresciuto solo del +7,2%. Eppure gli estensori del recente P.A.T. decennale, non considerando il saldo demografico negativo e gli oltre 10.000 appartamenti sfitti, ma calcolando un ipotetico e inverosimile aumento di popolazione di 25.000 abitanti in dieci anni, hanno programmato nuovi insediamenti per circa 5.000.000 mc, (al nuovo volume di 2.843.900 mc vanno sommate le aree non attuate del vecchio PRG 700.000 mc e un volume di riserva pari a 750.000 mc), di questi, circa 80.000 in zone collinari geologicamente fragili e paesaggisticamente preziose. Nonostante la crisi economica e il numero sempre crescente di negozi e uffici vuoti, sono stati pianificati circa 3.000.000 mc (circa 750.000 mq), di edifici ad uso commerciale, terziario, direzionale e alberghiero. Va evidenziato che il P.I. ha accolto circa 400 manifestazioni d’interesse dei privati su 600 presentate e potenzialmente consuma, in cinque anni, quasi l’intera volumetria prevista dal programma decennale del P.A.T. per il settore produttivo (2.460.615 mc). Nel comune di Verona, secondo i dati censuari, nel 2000 c’erano circa 7.500 ettari di superficie agricola totale. Nel 2011 si è ridotta a circa 6.000 ettari e con l’attuale pianificazione calerà ancora. La superficie agricola trasformabile del P.I., ammonta a circa 113 ettari, che raffrontata con la previsione decennale del PAT di 168 ettari, da sola rappresenta oltre il 67 % . Il territorio veronese ha una percentuale di verde urbano inferiore al 5% e una percentuale di zone protette fra le più basse in assoluto. Nonostante tutto questo, il P.A.T. e il P.I., non prevedono interventi efficaci per la realizzazione di grandi parchi piantumati che possano eliminare, almeno in parte, l’inquinamento atmosferico a Verona, che è una delle città più inquinate d’Italia. Giorgio Massignan (presidente Italia Nostra sez. Verona)
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