Fabio Piccioni

STUDIO LEGALE
Avv. Fabio Piccioni
Patrocinante in Cassazione
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Avv. Fabio Piccioni
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Patenti: novità introdotte
Nozione di patente di guida
La patente di guida, sotto il profilo sostanziale, è un provvedimento personale di
abilitazione non modale - autorizzazione tecnico-amministrativa a carattere ampliativo
della sfera soggettiva di azione - rilasciato a seguito di un controllo teorico-pratico
mirante a verificare l’esistenza dei requisiti psico-fisici (art. 119 C.d.S. e artt. 319-329
Reg. C.d.S.), di età (art. 115 C.d.S.) e di abilità (art. 121 C.d.S.), mediante il quale la
P.A. rimuove il limite legale posto all’esercizio di quell’attività inerente al diritto
(soggettivo “pubblico”) di circolazione, attestando in capo al titolare l’idoneità alla
guida. dei veicoli indicati nella specifica categoria di riferimento.
Tale abilitazione è subordinata ad una precisa estensione temporale, variabile in
relazione alla categoria e all’età del titolare - individuata dalla durata indicata sul
documento (art. 126) - oltre la quale diviene inefficace; conseguentemente, è necessario
procedere alla conferma della validità, consistente nella verifica della permanenza dei
requisiti.
Non si possono guidare veicoli ciclomotori, motocicli, tricicli, quadricicli e
autoveicoli senza aver conseguito la patente di guida (art. 116 c. 1).
La nuova patente UE
Il D.Lgs. 59/2011, recante Attuazione delle direttive 2006/126/CE e
2009/113/CE concernenti la patente di guida, e il D.Lgs. 2/2013, recante Modifiche ed
integrazioni ai decreti legislativi 18 aprile 2011, n. 59 e 21 novembre 2005, n. 286,
nonché attuazione della direttiva 2011/94/UE recante modifiche della direttiva
2006/126/CE, concernente la patente di guida, previa sostituzione integrale dell’art. 116,
hanno introdotto la nuova patente di guida conforme al modello UE, che si distingue in
15 diverse categorie di abilitazioni alla guida, con validità in tutti i Paesi dell’Unione.
La completa riscrittura del primo comma dell’art. 115 disciplina anche nuovi e diversi
requisiti di età minima per il conseguimento delle singole patenti e per la guida dei
corrispondenti veicoli.
La nuova disciplina, che è entrata in vigore a tappe, in parte dal 19 gennaio 2013
e integralmente dal 2 febbraio 2013, ha recato una serie di modifiche al codice della
strada nel tentativo di perseguire i seguenti obiettivi:
- ridurre le possibilità di frode, per contrastare la falsificazione;
- garantire la libera circolazione dei conducenti all’interno dell’Unione Europea;
- distinguere la circolazione con patenti rilasciate da Stati appartenenti
all’Unione Europea da quella con patenti rilasciate da Stati extra U.E.;
- contribuire ad aumentare il livello di sicurezza nella circolazione.
Sulla nuova patente è stata eliminata l’indicazione della residenza del titolare,
che figura ormai solo nell’archivio A.N.A.G. di cui all’art. 226; la patente, tuttavia,
continua a mantenere la natura di documento di identità personale.
L’art. 22 D.Lgs. 59/2011, stabilisce che il nuovo modello di patente UE si
presenta nel formato card ed è dotato dei più idonei strumenti antifalsificazione. Infatti,
lo Stato italiano adotta tutte le disposizioni utili per evitare rischi di falsificazione delle
patenti di guida. Il materiale usato per le patenti di guida deve essere protetto contro le
falsificazioni… Lo Stato italiano può introdurre elementi di sicurezza aggiuntivi.
Tuttavia, il comma 8 del nuovo art. 126 - conformemente a quanto già previsto
dal previgente comma 5, come modificato dalla L. 120/2010 - stabilisce che, ai fini
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della conferma della validità della patente, il D.T.T. non trasmetterà più il relativo
tagliando di convalida da apporre sul documento, bensì un “duplicato della patente”,
con l’indicazione del nuovo termine di validità; conseguentemente, il titolare, ricevuto il
duplicato, “deve provvedere alla distruzione della patente scaduta”. Non essendo,
tuttavia, prevista alcuna sanzione per il caso di mancata distruzione del documento
(norma minus quam perfecta), la disposizione, a parte la maggiorazione della spesa
pubblica, sembra costituire un vero e proprio regalo ai falsari: questi, infatti, non
saranno più costretti a creare un intero documento apocrifo nella sua essenza; basterà,
infatti, falsificare la patente, pur genuina, nel suo contenuto.
Ai sensi del nuovo comma 5 dell’art. 116, la patente conseguita mediante prova
sostenuta su veicolo con cambio automatico consente di condurre solo tale tipo di
veicolo; tuttavia, l’eventuale violazione non risulta in alcun modo sanzionata.
Guida senza patente
Chi si pone alla guida di un veicolo senza aver superato l’esame di abilitazione,
elude un sistema di regole procedimentali tese a selezionare i partecipanti all’attività di
circolazione veicolare, al fine di contenere i rischi in questa insiti (pericolo presunto e
astratto) per i beni primari della vita e dell’integrità fisica dei consociati.
- La contravvenzione del 1992
La prima versione dell’art. 116 c. 13 recava un reato contravvenzionale punito
con l'arresto da 3 a 12 mesi e con l'ammenda da lire 500.000 a lire 2 milioni.
- L’amministrativizzazione dell’illecito del 1999
Il D.Lgs. 507/99 ha proceduto a depenalizzare il reato di guida senza patente, cui
venne conferito il presidio sanzionatorio del pagamento di una somma da 4 a 16 milioni
di lire.
- La riconversione sanzionatoria del 2007
Il nostalgico D.L. 117/07, convertito con modifiche nella L. 160/07, preso atto
dei numerosi problemi recati dalla malcelata “truffa delle etichette”, ha portato alla
“ripenalizzazione” della violazione di cui all’art. 116 c. 13.
Mediante un’operazione di ortopedia giuridica che, nel lasciare pressoché
inalterato l’arsenale sanzionatorio del quantum monetario, si è limitata a sostituire la
qualificazione punitiva della “sanzione amministrativa” con quella dell’“ammenda”, la
guida senza patente è tornata ad integrare un reato contravvenzionale, presidiato dalla
pena pecuniaria “da 2.257 a 9.032 euro”.
Ne deriva che, essendo stabilita la sola pena dell’ammenda, al contravventore
era consentito estinguere il reato mediante ricorso all’oblazione ai sensi dell’art. 162
cod. pen., previo pagamento di una somma corrispondente alla terza parte del massimo
edittale (€ 3.010).
Nel caso di “reiterazione” era previsto “altresì” l’arresto “fino a 1 anno”.
- La ripenalizzazione del 2010
Il legislatore, tuttavia, si era dimenticato che nel codice della strada esisteva
anche un’altra fattispecie complementare a quella in esame, che continuava a sanzionare
in via amministrativa.
Conseguentemente, la modifica apportata al comma 6 dell’art. 136 dalla L.
120/2010 dispone - a distanza di 3 anni - il necessario adeguamento in materia di
conversioni di patenti di guida rilasciati da Stati esteri, che ha consentito la
ripenalizzazione, tacita, anche della violazione in esame.
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- La nuova ripenalizzazione del 2013
La completa riscrittura dell’art. 116 ha comportato il trasferimento della
fattispecie sanzionatoria dal comma 13 al comma 15.
Se, da un lato, il fatto continua a integrare un reato contravvenzionale, punito
con l’identica pena dell’ammenda da 2.257 a 9.032 euro e, quindi, ancora oblabile ai
sensi dell’art. 162 cod. pen., dall’altro, cambia la formulazione della norma.
Il nuovo comma 15, infatti, punisce chiunque conduce veicoli senza aver
conseguito la corrispondente patente.
L’introduzione dell’aggettivo “corrispondente” comporta il divieto della guida di
un veicolo con patente di categoria diversa da quella richiesta. Ne deriva che integra il
reato la guida di un veicolo diverso da quello che abilita a condurre la patente
posseduta. Tuttavia, ai sensi del nuovo comma 15-bis dell’art. 116 (introdotto dal
D.Lgs. 2/2013), nei casi in cui il titolare di patente A1, guidi veicoli per i quali è
richiesta la patente A2; il titolare di patente A1 o A2, guidi veicoli per i quali è richiesta
la patente A; il titolare di patente B1, C1 o D1, guidi veicoli per i quali è richiesta,
rispettivamente, la patente B, C o D, risulta integrato soltanto un illecito amministrativo
per il quale è prevista la sanzione di 1.000 euro.
Nel caso di recidiva - dopo 6 anni correttamente qualificata - specifica
infrabiennale, è prevista “altresì” la pena dell’arresto “fino a 1 anno”.
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Notificazioni delle sanzioni al codice della strada
La conversione del c.d. “decreto del fare” ha avuto la pretesa (tra le altre) di
intervenire, transitoriamente, su alcuni aspetti del codice della strada.
Infatti, la L. 9 agosto 2013 n. 98, di conversione con modifiche del D.L. 21
giugno 2013, n. 69, recante Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia, al Titolo
I (Misure per la crescita economica), sub Capo III (Misure per il rilancio delle
infrastrutture), introduce all’art. 20 una Riprogrammazione degli interventi del Piano
nazionale della sicurezza stradale.
Per quanto qui rileva, il comma 5-bis dell’articolo citato, al fine di “garantire
l’efficacia del sistema sanzionatorio” apporta numerose modifiche e integrazioni all’art.
202 C.d.S.
Il pagamento in misura ridotta scontato del 30%
Alla fine del comma 1 è inserito un particolare meccanismo mediante il quale al
trasgressore è data facoltà di effettuare la conciliazione mediante il P.M.R. con
riduzione del 30% del minimo edittale entro 5 giorni dalla contestazione, immediata o
differita, della violazione.
Il computo del nuovo termine di 5 giorni, segue le regole ordinarie per
l’adempimento delle obbligazioni: non si calcola il dies a quo, mentre si calcola il dies
ad quem; cosicché inizia a decorrere dal giorno successivo a quello della contestazione
e, se scade in giorno festivo, è prorogato al primo giorno feriale successivo.
La proposta mira, quindi, a evitare sistematiche e dilatorie opposizioni, cosicché
viene alzato l’incentivo affinché il trasgressore non scelga tali alternative: pagamento di
una sanzione light, scontata del 30% rispetto al minimo - quale “via di fuga”
particolarmente appetibile (rectius tollerabile), come premio all’acquiescente.
Il “versamento spontaneo” della somma prevista estingue l’obbligazione. Si
tratta di un diritto soggettivo perfetto, di natura pubblicistica, non sottoposto ad alcun
limite diverso da quello della tempestività del suo esercizio: entro il termine di
decadenza di 5 giorni dalla contestazione. Decorso infruttuosamente tale termine, dal 6°
al 60° giorno, al trasgressore resta, comunque, la possibilità di avvalersi del classico
pagamento in misura minima.
Lo sconto, tuttavia, per espressa previsione di legge, risulta escluso per le
violazioni più gravi, alle quali conseguano le sanzioni accessorie della confisca del
veicolo e della sospensione della patente.
A parte l’errata formulazione lessico-grammaticale della norma, laddove si
pretende di collegare il singolare al plurale (“non si applica alle violazioni … per cui”),
la circostanza che la previsione richieda specificamente quale clausola di riserva “la
sanzione … della confisca del veicolo e la sanzione … della sospensione della patente”,
richiede un’analisi approfondita sull’(in)esistenza di tale condizione ostativa.
L’utilizzo della congiunzione copulativo-coordinativa “e”, invece di quella
disgiuntiva “o”, sembra richiedere che, ai fini dell’esclusione del beneficio, la
violazione debba essere qualificata dalla contemporanea sussistenza (cumulativa, e non
meramente alternativa) di entrambe le sanzioni accessorie (circostanza che si verifica
solo nelle ipotesi di cui agli artt. 86 c. 2, 193 c. 4-bis).
Infine, stante il silenzio della legge, per le violazioni più gravi che prevedono la
sanzione accessoria della revoca della patente - invero esigue - risulta, invece,
consentita la riduzione del 30%.
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La possibilità di avvalersi di strumenti di pagamento elettronico
Grazie alle modifiche recate al comma 2, al trasgressore è consentito provvedere
al pagamento anche mediante strumenti di pagamento elettronico; all'uopo, nel verbale
devono essere indicate tutte le modalità e possibilità di pagamento.
Il nuovo comma 2.1 introduce, altresì, la possibilità per il conducente di
effettuare, in deroga, il P.M.R. immediatamente, sempre mediante strumenti di
pagamento elettronico (carta di credito e bancomat), nelle mani dell’agente accertatore
che sia munito di idonea apparecchiatura (terminale P.O.S., Point of Sale), il quale ne
rilascia ricevuta.
Allo stesso modo, anche nelle ipotesi di cui al comma 2-bis.
Non si può fare a meno di osservare, ancora una volta, l’approssimata quanto
infelice formulazione normativa utilizzata nella redazione del testo. Peraltro, a causa
della frettolosa stesura della riforma, si è persa l'occasione di aggiornare utilmente
l’elenco dei casi per i quali non è ammesso il P.M.M. (e, a maggior ragione, il P.M.R.),
contenuti nel comma 3-bis dell’art. 202:
- il comma 13 dell’art. 116 (come sostituito dall'art. 3 c. 1 D.Lgs. 59/2011, modificato
dall’ art. 2 c. 1 lett. a), b), c) e d), D.Lgs. 2/2013) non reca alcuna violazione;
- il comma 6 dell’art. 136 (come sostituito dall'art. 16 c. 1 D.Lgs. 59/2011) non esiste
più.
La notifica dei verbali via P.E.C
Infine, ai sensi del comma 5-quater dell’art. 20 L. 98/2013, con decreto
interministeriale (interno, giustizia, trasporti, economia e pubblica amministrazione), da
adottarsi nel termine di 4 mesi, saranno disciplinate le procedure per la notifica dei
verbali di accertamento delle violazioni al C.d.S. tramite posta elettronica certificata
(P.E.C.) nei confronti dei trasgressori abilitati, con conseguente esclusione dell’addebito
delle spese di notifica.
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Gestione del contenzioso e sanzioni amministrative
Nella prima udienza, «il giudice interroga liberamente le parti presenti, tenta la
conciliazione della lite e formula alle parti una proposta transattiva», recita il comma 1
dell’art. 420 c.p.c.
L’art. 77 c. 1 lett. b) D.L. 69/2013, convertito con modifiche nella L. 98/2013 ha
previsto che la proposta del giudice possa avere oltre che natura “transattiva” anche
finalità «conciliativa».
Il nuovo testo del comma 1 dell’art. 420 c.p.c., qualifica la proposta di
risoluzione come «transattiva o conciliativa»; con questa dicotomia si vuole,
probabilmente, ricomprendere ogni possibile soluzione pacificatoria. Il giudice potrà
orientare, come ritiene più opportuno, la sua idea compositiva, sia in una prospettiva
più strettamente giuridica, sia più propriamente conciliativa e, quindi, legata agli
interessi eventualmente emersi, anche in una gradazione diacronica e orientata a una
soluzione.
Si deve, allora, verificare la compatibilità del complesso sistema con il rito
stradale.
Mentre il libero interrogatorio delle parti, seppur di difficile verificazione,
risulta ipoteticamente realizzabile, è escluso che possa procedersi alla transigibilità delle
somme derivanti da sanzioni amministrative, in quanto integranti un credito pubblico
di natura sanzionatoria, ontologicamente sottratto alla disponibilità delle parti, giusto il
disposto dell’art. 1966 c.c.
Resta da chiedersi fino a che punto potrà spingersi la creatività del giudice di
pace nel procedere, prima, a esperire il tentativo di conciliazione e, poi, a formulare la
proposta di conciliativa.
Il nuovo potere, che potrebbe rivelarsi uno straordinario strumento di vantaggio
per entrambe le parti (oltre che di deflazione del contenzioso), va gestito non tanto in
un’ottica di preconcetto antagonismo giudiziario, quanto di reciproca e rispettosa
considerazione e valutazione, caso per caso, delle reali posizioni di ciascuno. In merito,
si osserva che risulterà meno arduo pervenire ad un accordo conciliativo se il quadro
normativo all’interno del quale si muovono le richieste, le pretese e le articolazioni
argomentative delle parti si riveli (sufficientemente) chiaro e stabile fin dall’inizio.
Benché la legge non preveda che la proposta debba essere motivata - la
motivazione risulta funzionale all’impugnazione del provvedimento - nulla vieta che il
Giudice possa, utilmente, indicare le direttrici (evidenziando alle parti i punti di
debolezza dei rispettivi apparati difensivi: fatti incontestati, prove documentali, lacune
probatorie, onus probandi, ecc.) che potrebbero orientare e responsabilizzare le parti
nella riflessione sul contenuto e nella opportunità e convenienza di fare propria (ovvero
sviluppare ulteriormente) la proposta.
Laddove l’ipotesi risultasse ammissibili, dirompente diverrebbe la novità.
Infatti, l’ingiustificato rifiuto della proposta giudiziale costituirebbe
«comportamento valutabile dal giudice ai fini del giudizio»; di talché le parti sono
onerate - non sarebbe sufficiente la mera dichiarazione di non aderire alla proposta della allegazione di un “giustificato motivo” di rifiuto, che potrà essere oggetto di
sindacato (anche sanzionatorio) in sede decisoria.
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E’ pur vero che la proposta formulata in sede di prima udienza potrebbe
apparire eccessivamente creativa e scoraggiarne la (formulazione o la) adesione, ma il
destino della nuova previsione resta nelle mani del giudice e dell’uso che intenderà
farne, nella consapevolezza che la “minaccia” di una proposta conciliativa potrebbe
divenire, indirettamente, un utile strumento per sollecitare un uso più responsabile della
giustizia.
Nella scelta delle parti è destinata ad assumere peso specifico l’autorevolezza e
capacità del “proponente” e il percorso che lo avrà condotto a indicare un’ipotesi
solutiva. Tutto ciò impone al giudice - che dovrà sviluppare una particolare sensibilità
tesa a orientare la possibile soluzione negoziale, sinora obliterata dalla necessaria
ricerca del dictum - da un lato, e alle parti e ai loro rappresentanti - che dovranno
rivedere radicalmente le strategie difensive sin dall’avvio del processo - dall’altro, una
vera e propria rivoluzione culturale.
Resta, quindi, solo da verificare la giurisprudenza che si formerà in merito alla
varietà di proposte e al loro diverso orientamento.
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Riscossione coattiva delle sanzioni post Equitalia
Per analizzare lo stato dell’arte della materia, si deve procedere alla ricognizione
preliminare del convulso quadro normativo di riferimento.
Nel 1988 il sistema della riscossione mediante ruolo, previsto dal d.p.r. 602/1973
con riferimento alle imposte dirette, è stato esteso anche a quelle indirette (d.p.r.
43/1988, art. 67 e 68).
L’inaspettata rivoluzione copernicana recata dalla riforma dell’estate 2011, ha
introdotto una variante che, escludendo Equitalia da ogni possibilità di affidamento
nella riscossione delle entrate comunali, reca, da un lato, l’impossibilità di agire in via
esecutiva tramite ruolo e, dall’altro, la contestuale necessità di riesumare la vecchia
procedura per ingiunzione fiscale, di cui al secolare R.D. 639/1910.
In sintesi, lo scenario normativo.
Dapprima, la L. 12/7/2011 n. 106, Conversione in legge, con modificazioni, del
D.L. 70/2011, concernente Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per
l'economia, ha previsto che
Art. 7
Semplificazione fiscale
2. … sono introdotte le seguenti disposizioni:
gg-ter) a decorrere dal 1 gennaio 2012, in deroga alle vigenti disposizioni, la
società Equitalia Spa, nonché le società per azioni dalla stessa partecipate ai
sensi dell’art. 3, comma 7, D.L. 203/2005, convertito, con modificazioni, dalla L.
248/2005, cessano di effettuare le attività di accertamento, liquidazione e
riscossione, spontanea e coattiva, delle entrate, tributarie o patrimoniali, dei
comuni e delle società da essi partecipate
Successivamente, la L. 22/12/2011 n. 214, Conversione in legge, con
modificazioni, del D.L. 201/2011, recante disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e
il consolidamento dei conti pubblici, ha rinviato il tutto
Art. 10
Regime premiale per favorire la trasparenza
13-octies. All’ art. 7, comma 2, lettera gg-ter), del D.L. 70/2011, convertito, con
modificazioni, dalla L. 106/2011, le parole: «a decorrere dal 1° gennaio 2012»
sono sostituite dalle seguenti: «a decorrere dal 31 dicembre 2012».
Ancora, con un intervento dell’ultima ora, la L. 7/12/2012, n. 213, di conversione
con modifiche del D.L. 174/2012, recante Disposizioni urgenti in materia di finanza e
funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone
terremotate nel maggio 2012, ha stabilito che
Art. 9
Disposizioni in materia di verifica degli equilibri di bilancio degli enti locali, di
modifiche della disciplina IPT, di IMU, di riscossione delle entrate,
di cinque per mille
4. In attesa del riordino della disciplina delle attività di gestione e riscossione
delle entrate degli enti territoriali e per favorirne la realizzazione, i termini di cui
all'articolo 7, comma 2, lettera gg-ter), del D.L. 70/2011, convertito, con
modificazioni, dalla L. 106/2011, …sono stabiliti al 30 giugno 2013.
Tuttavia, con un ulteriore intervento in extremis, la L. 6/6/2013 n. 64, di
conversione con modifiche del D.L. 35/2013, recante Disposizioni urgenti per il
9
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pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio
finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti
locali, ha disposto che
Art. 10
Modifiche al decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95, convertito, con modificazioni, dalla
legge 7 agosto 2012, n. 135, e disposizioni in materia di versamento di tributi
locali
2-ter. I comuni possono continuare ad avvalersi per la riscossione dei tributi dei
soggetti di cui all'articolo 7, comma 2, lettera gg-ter), del decreto-legge 13 maggio
2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106,
anche oltre la scadenza del 30 giugno e non oltre il 31 dicembre 2013.
Infine, la L. 9/8/2013 n. 98, di conversione con modifiche del D.L. 69/2013, c.d.
“del fare”, recante Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia, ha previsto che
Art. 53
Disposizioni per la gestione delle entrate tributarie o patrimoniali,
dei comuni e delle società da essi partecipate
1. Il comma 2-ter dell'articolo 10 del decreto-legge 8 aprile 2013,n. 35, convertito,
con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, è sostituito dal seguente:
«2-ter. Al fine di favorire il compiuto, ordinato ed efficace riordino della
disciplina delle attività di gestione e riscossione delle entrate dei Comuni, anche
mediante istituzione di un Consorzio, che si avvale delle società del Gruppo
Equitalia per le attività di supporto all'esercizio delle funzioni relative alla
riscossione, i termini di cui all'articolo 7, comma 2, lettera gg-ter), del decretolegge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio
2011, n. 106 … sono stabiliti inderogabilmente al 31 dicembre 2013.».
Come facilmente vaticinato, l’utilizzo degli avverbi “non oltre” e
“inderogabilmente” risultava poco credibile.
Infatti, la L. 27/12/2013 n. 147, recante Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2014) ha stabilito
un’ulteriore proroga:
Art. 1.
610. Al comma 2-ter dell'articolo 10 del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35,
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, le parole: «31
dicembre 2013» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2014».
L’articolo unico della legge di stabilità 2014, ha anche elargito una sorta di minicondono, previsto dai commi da 618 a 623.
618. Relativamente ai carichi inclusi in ruoli emessi da uffici statali, agenzie
fiscali, regioni, province e comuni, affidati in riscossione fino al 31 ottobre 2013,
i debitori possono estinguere il debito con il pagamento:
a) di una somma pari all'intero importo originariamente iscritto a ruolo,
ovvero a quello residuo, con esclusione degli interessi per ritardata iscrizione a
ruolo previsti dall'articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica 29
settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, nonché degli interessi di mora
previsti dall'articolo 30 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica n.
602 del 1973, e successive modificazioni;
b) delle somme dovute a titolo di remunerazione prevista dall'articolo 17
del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, e successive modificazioni.
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619. Restano comunque dovute per intero le somme da riscuotere per effetto di
sentenze di condanna della Corte dei conti.
620. Entro il 28 febbraio 2014, i debitori che intendono aderire alla definizione
prevista dal comma 618 versano, in un'unica soluzione, le somme dovute ai sensi
dello stesso comma.
621. A seguito del pagamento di cui al comma 620, l'agente della riscossione è
automaticamente discaricato dell'importo residuo. Al fine di consentire agli enti
creditori di eliminare dalle proprie scritture patrimoniali i crediti corrispondenti
alle quote discaricate, lo stesso agente della riscossione trasmette, anche in via
telematica, a ciascun ente interessato, entro il 30 giugno 2014, l'elenco dei
debitori che hanno effettuato il versamento nel termine previsto e dei codici
tributo per i quali è intervenuto il pagamento.
622. Entro il 30 giugno 2014, gli agenti della riscossione informano, mediante
posta ordinaria, i debitori, che hanno effettuato il versamento nel termine previsto,
dell'avvenuta estinzione del debito.
623. Per consentire il versamento delle somme dovute entro il 28 febbraio 2014 e
la registrazione delle operazioni relative, la riscossione dei carichi di cui al
comma 618 resta sospesa fino al 15 marzo 2014. Per il corrispondente periodo
sono sospesi i termini di prescrizione.
Salvo eventuali ulteriori pronosticabili proroghe dell’ultima ora - stante l’ormai
acquisita derogabilità dell’inderogabile - dall’1/1/2015, con la fine del regime
transitorio, prenderà l’avvio il nuovo sistema operativo per l’accertamento e la
riscossione delle entrate dei comuni.
Restano, tuttavia, invariate tutte le perplessità derivanti dalla riforma, che si
auspica possano essere medio tempore oggetto di attenta e meditata valutazione.
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Avv. Fabio Piccioni
Patrocinante in Cassazione
Anticorruzione
Come tristemente noto, nella classifica delle nazioni percepite più corrotte nel
mondo stilata da Transparency International per il 2011, l’Italia ha assunto il non
commendevole posto di 69° su 182 paesi presi in esame mentre, nell’Unione europea, si
è posizionata avanti a Grecia, Romania e Bulgaria.
Secondo il rapporto dell’Economic Index Forum per il 2011, la corruzione,
unitamente alla criminalità organizzata, costituisce il maggior freno agli investimenti
esteri nel Paese.
Conseguentemente, la legge 6 novembre 2012 n. 190, recante Disposizioni per
la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica
amministrazione, persegue - dopo un lungo e tormentoso percorso parlamentare
conclusosi con scelte di compromesso - l’altisonante obiettivo di contrastare (o
quantomeno arginare) quell’antico malcostume pervasivo, sistemico e in continua
crescita, che costituisce una minaccia emergente per la stabilità e la sicurezza della
società, in grado di minarne la convivenza civile.
L’impianto normativo della c.d. legge anticorruzione è caratterizzato da un unico
articolo che, nei suoi 86 commi, reca, da un lato, una serie di misure che investono il
funzionamento della P.A. e, dall’altro, ridisegna buona parte dei delitti recati dal titolo
II del libro II del codice penale, anche mediante l’introduzione di nuove figure di reato.
Il primo gruppo di disposizioni, è dedicato a potenziare la prevenzione mediante
strumenti di deterrenza amministrativa, tesi a trasformare la pubblica amministrazione
in una “casa di vetro” in cui sono favorite la trasparenza, l’integrità e la legalità
nell’esercizio delle funzioni e delle attività, mentre il secondo punta, quale risorsa di
ultima istanza, sulla repressione penale delle condotte infedeli.
La “nuova” corruzione impropria
La L. 190/2012 interviene sostituendo all’art. 318 il reato di «corruzione per un
atto d’ufficio», c.d. corruzione “impropria”, con quello di «corruzione per l’esercizio
della funzione» - al quale viene anche elevata la pena della reclusione, che raddoppia
(passando da 6 mesi) a 1 anno nel minimo, e aumenta (da 3) a 5 anni nel massimo.
La riformulazione concerne, quindi, il riferimento all’esercizio della “funzione”
invece che al compimento di uno specifico e individuato “atto d’ufficio”.
Si tratta di una fattispecie incentrata sull’indebita ricezione o accettazione della
promessa di denaro o altra utilità, da parte del pubblico ufficiale, «per l’esercizio delle
sue funzioni o dei suoi poteri». In tal modo, si determina anche la fusione delle
precedenti ipotesi di corruzione impropria “antecedente” e “susseguente”; infatti,
l’esercizio della funzione o del potere può prospettarsi sia come scopo dell’antecedente
pagamento o promessa, sia come presupposto susseguente di essi, per essere la funzione
già stata esercitata.
La messa “a libro paga” del pubblico ufficiale, in cambio della sua disponibilità
all’asservimento della funzione, integra pienamente il nuovo art. 318, che nel prendere
le distanze dalla nozione di «atto», consente di abbandonare la relativa polemica circa
l’estensione del proprio significato.
Si osservi, infine, che il richiamo all’esercizio delle funzioni o dei poteri
pubblici, quale oggetto della compravendita, non sembra necessariamente presupporre
l’esercizio legittimo degli stessi. La nozione utilizzata, infatti, risulta talmente generica
da poter includere nel proprio ambito, sia l’attività conforme ai doveri d’ufficio e alle
attività istituzionali, sia quella, illegittima, che si svolga in loro violazione o frustrando
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lo scopo per cui sono attribuiti. A conferma di tale estensione, si rileva che, per
designare il pagamento, la legge non fa più riferimento al lemma «retribuzione», in cui
il disvalore si riferisce all’offesa non tanto della legalità dell’azione amministrativa,
quanto della sua gratuità, tanto che in merito alla stessa si poneva la questione di
“proporzionalità” tra la prestazione del privato e il valore dell’atto dovuto.
Se così è, si può arrivare a concludere che la nuova fattispecie recata dall’art.
318 integra l’ipotesi generale, la grundnorm, di qualsiasi corruzione; di talché la
corruzione “propria”, di cui all’art. 319, arriva ad assumere sul piano strutturale il
carattere di norma speciale, sia in relazione alla concretizzazione e identificazione
dell’atto compravenduto, sia in relazione alla qualificazione necessariamente
antidoverosa della condotta dell’agente pubblico.
La concussione mediante “costrizione”
Il vecchio codice Zanardelli teneva ben distinta la fattispecie di concussione
“costrittiva” da quella “fraudolenta” (o per induzione); la prima, costituiva, infatti,
un’ipotesi speciale di estorsione, mentre, la seconda, di truffa.
L’intervenuta unificazione da parte dell’art. 317 del codice Rocco, prese le
mosse dal rilievo del Guardasigilli secondo il quale «l’indurre ha una gravità non
minore del costringere», in quanto esso «deve per necessità consistere nel trarre in
inganno circa l’obbligo … di dare o promettere». La concussione per induzione ha,
quindi, subito una tale deriva ermeneutica, da essere trasformata in una sorta di
istigazione maggiorata dall’abuso della qualità o dei poteri. La sua tipicità rarefatta ha
finito, da un lato, per determinare una convivenza fortemente asimmetrica con la forma
“per costrizione” e, dall’altro, per rendere assai precario, se non del tutto incerto, il
proprio confine applicativo rispetto alla corruzione.
Sulla base di questo contesto, la L. 190/2012 ha inteso separare le due figure.
Il delitto di concussione, disciplinato dal riformato art. 317, punisce, con la pena
pari (aumentata della metà, da 4) a 6 anni di reclusione nel minimo edittale, soltanto il
pubblico ufficiale che «costringe … a dare o promettere indebitamente … denaro o altra
utilità».
Incomprensibile, quanto censurabile, sembra la scelta limitativa
dell’individuazione del soggetto attivo nel solo pubblico ufficiale, con espunzione
dell’incaricato di pubblico servizio.
La nuova figura concussiva si sostanzia nella coazione psicologica assoluta del
privato che, a cagione dell’impari rapporto col pubblico ufficiale e del suo
comportamento qualificato dall’abuso delle qualità e dei poteri (metus publicae
potestatis), è “costretto”, senza alternativa, a cedere all’indebita pretesa. Si tratta di
condotte, non tipizzate, consistenti in violenze, minacce, coercizioni o prevaricazioni,
mediante le quali si prospetta in modo univoco, anche se non necessariamente esplicito,
al soggetto passivo, che ne resta vittima, di determinare un male ingiusto, che resta
evitabile solo previa dazione o promessa della stessa.
La nuova induzione indebita
La vecchia ipotesi di concussione per “induzione”, viene, invece, stralciata
dall’art. 317, per essere trasferita nel nuovo art. 319-quater, recante «induzione indebita
a dare o promettere utilità», che punisce il pubblico ufficiale o (questa volta anche)
l’incaricato di pubblico servizio che, abusando (ancora) della sua qualità o dei suoi
poteri, «induce» a dare o promettere.
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Il novum della previsione è contenuto nel comma 2 che, previa riqualificazione
del privato “indotto” da vittima a reo, introduce la sua punibilità, a titolo autonomo, con
la reclusione fino a 3 anni. La nuova fattispecie, quindi, caratterizzata dall’assenza di
condotta costrittiva, non rientra più nell’orbita della concussione (nomen juris nemmeno
richiamato nella rubrica). Il nucleo di riferimento sembra diventare, allora, la
corruzione, come si evince anche dall’avvenuta collocazione sistematica della
disposizione in una norma supplementare all’art. 319 - invece che all’art. 317.
La norma si apre con la clausola di riserva relativa «salvo che il fatto costituisca
più grave reato»; conseguentemente, poiché la pena ivi prevista è quella della reclusione
da 3 a 8 anni, il reato più grave - oltre alla concussione (per costrizione) - risulta la
corruzione “propria”, che prevede la reclusione da 4 a 8 anni.
Il reato, a “forma libera”, si sostanzia in una serie di condotte (anche qui non
tipizzabili) abusive, esplicitamente o implicitamente persuasive, ancorché fraudolente con inganni, suggestioni, allusioni, silenzi e ostruzionismi - dell’agente pubblico, tese a
esercitare una pressione psichica causalmente orientata (e idonea) a suscitare nel privato
la determinazione alla dazione o alla promessa “non dovuta”. Il destinatario, non
coartato dalla prospettazione o minaccia di un male ingiusto, non è da qualificarsi
persona offesa, in quanto (ancorché in condizione non paritaria) resta (relativamente)
libero (perché non costretto) nella propria determinazione finale di scegliere di rifiutare
la sollecitazione illecita; mentre acconsente all’atto dispositivo per perseguire un
proprio indebito (ancorché non necessariamente illecito) vantaggio - cosa che lo rende
punibile.
Avv. Fabio Piccioni
del Foro di Firenze
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