ALUNNI B . E . S . Normativa e documenti di riferimento Direttiva ministeriale 27/12/2012 “Strumenti di intervento per alunni con Bisogni Educativi Speciali” Circolare ministeriale n.8, 06/03/2013 Direttiva MIUR del 22/11/2013, prot n. 2563 “ Chiarimenti” Ufficio scolastico regionale per la LombardiaMilano - dicembre 2013 “I bisogni educativi speciali: concetti chiave e orientamenti per l’azione” GLI Lurago d’Erba 17 marzo 2014 Tipologie di B.E.S. Lo sfondo culturale in cui vanno intesi i B. E. S. è relativo al modello ICF (International Classification of Functioning ) dell’OMS che considera la persona nella sua globalità in una prospettiva bio-psico-sociale. I B.E.S sono pensati per identificare quelle situazioni in cui gli studenti si trovano in una situazione di svantaggio scolastico, per svariati motivi. Si possono classificare in queste tre macro categorie: DISABILITA’: comprende tutti i disturbi certificati con la legge 104/92: sindromi genetiche, ritardo mentale, disfunzionalità cerebrali o percettive. La scuola predispone per questi alunni un Piano Educativo Individualizzato (PEI). Tale allievi hanno diritto alle misure previste per la legge quadro, tra cui l’insegnante di sostegno. DISTURBI EVOLUTIVI SPECIFICI a) DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO (D.S.A): interessano alcune specifiche abilità dell’apprendimento scolastico, in un contesto di funzionamento intellettivo nella norma. Sono coinvolte le abilità di lettura (dislessia), scrittura (disgrafia, disortografia), calcolo (discalculia). La legge 170/2010 è norma La legge 170/2010 è norma primaria di riferimento per tali casi. Essa si estende anche in presenza di disturbi specifici del linguaggio o, al contrario, di disturbi delle aree non verbali (disturbo della coordinazione motoria o disprassia). La scuola redige per questi studenti un Piano Didattico Personalizzato (PDP). b) A.D.H.D (disturbo da deficit di attenzione e iperattività): spesso è in co-morbilità con uno o più disturbi dell’età evolutiva (disturbo oppositivo - provocatorio; disturbo della condotta; disturbo specifico di apprendimento; disturbo d’ansia: disturbo dell’umore). c) DISTURBI DELLA depressione, fobie.. SFERA EMOZIONALE (ansia, d) FUNZIONAMENTO COGNITIVO LIMITE (o borderline): definito anche disturbo evolutivo specifico misto. Il quoziente intellettivo globale di questi alunni è ai limiti o poco al di sotto della norma. SVANTAGGIO SOCIECONOMICO LINGUISTICOCULTURALE: interessa gli alunni migranti di prima e seconda generazione e gli alunni le cui famiglie afferiscono, volontariamente o no, ai Servizi Sociali di base o al Servizio Tutela Minori. Si concretizza in alunni con reazioni emotive e/o comportamentali disturbate o con difficoltà di apprendimento, in seguito a gravi situazioni familiari, conflitti, traumi, migrazioni. Con la nuova normativa sui B.E.S, per i casi di disturbi evolutivi specifici di tipo B, C, D e di svantaggio socioculturale, è facoltà dei Consigli di classe o del team dei docenti individuare i singoli casi per i quali sia utile attuare percorsi di studio individualizzati e personalizzati, formalizzati nel PDP, la cui validità rimane comunque circoscritta all’anno scolastico di riferimento. Risiede in queste situazioni la discrezionalità e la forte responsabilità educativa del team. Per questi casi è pertanto necessaria: un’attenta lettura pedagogica dei bisogni dell’alunno (con o senza una diagnosi) sulla base di osservazioni sistematiche, segnalazioni, comunicazioni (anche da parte dei Servizi Sociali o della famiglia) la volontà di lavorare per una didattica strutturalmente inclusiva e per la personalizzazione degli apprendimenti (L. 53/2003). Il PDP, a parere del G.L.I, andrebbe redatto nei casi suesposti di disturbi evolutivi (ADHD, disturbi della sfera emotiva, disturbi misti, borderline…) e di svantaggio socio-culturale in seguito all’analisi accurata delle problematiche dello studente supportata da griglie osservative (che coinvolgono l’intera équipe di lavoro) e, ove presenti, da diagnosi mediche. Il PDP diviene il risultato di una progettualità condivisa tra insegnanti, operatori, famiglie e, in qualità di strumento flessibile e/o temporaneo, può e deve essere modificato ogni qualvolta venga segnalato un cambiamento dei bisogni dell’alunno. Per quanto concerne, invece, gli alunni con cittadinanza non italiana, è stato chiarito nella C.M n 8/2003, che essi necessitano anzitutto di interventi didattici relativi all’apprendimento della lingua e, se non presenti altre problematiche, è possibile progettare interventi di gruppo (laboratoriali) e, solo in via eccezionale, formalizzare tramite un PDP. Scelta di un modello completo di PDP d’Istituto Esso deve comprendere, oltre agli obiettivi educativi e didattici dell’allievo, elementi valutativi del grado di inclusività nella classe/scuola. Tale modello, condiviso dall’èquipe di lavoro, servirà anche per accertare la quantità e la qualità degli interventi proposti alla classe, attraverso specifici item (indicatori), in un’ottica autovalutativa e orientata ai criteri della ricercaazione.
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