Lodevole Consiglio di Stato Residenza 6501 Bellinzona Savosa, 11 aprile 2014 Piano Cantonale delle Aggregazioni Onorevole Signor Presidente, Onorevoli Signora e Signori Consiglieri di Stato, Vi ringraziamo per averci interpellati sul Piano Cantonale delle Aggregazioni (in seguito PCA). L’Ente regionale per lo sviluppo del Luganese (in seguito ERSL) riunisce 47 Comuni. L’Assemblea dell’11 giugno 2013, a larga maggioranza, ha confermato all’ERSL il compito di rappresentare i Comuni anche sui temi di carattere istituzionale. Lo scorso 21 febbraio, a Lugano, in occasione di un incontro con l’on. Gobbi, un gruppo di Comuni ha poi esplicitamente richiesto all’ERSL di preparare una risposta alla consultazione che proponesse un approccio a livello di agglomerato. La bozza della risposta è stata elaborata dal Gruppo Tecnico di supporto e, dopo avere ottenuto l’accordo del Comitato esecutivo (CE) è stata preventivamente inviata ai Comuni. Tra fine marzo e inizio aprile la bozza è stata discussa nelle Assemblee di settore di Lugano (il Municipio), Collina nord, Vedeggio, Malcantone e Ceresio Sud. Preso atto delle osservazioni raccolte nelle assemblee e/o trasmesse per iscritto dai Municipi, il CE ha approvato questa risposta nella riunione dell’11 aprile. Il nostro giudizio in sintesi I progetti di aggregazione dei Comuni sono uno degli strumenti per promuovere e sostenere lo sviluppo sociale ed economico del Ticino che deve essere agganciato alla rete urbana svizzera e mondiale. Negli ultimi anni il Luganese ha proceduto più di altri distretti a fusioni volte in particolare a conseguire gli obiettivi legati all’adeguamento della dimensione e al funzionamento dei Comuni: ricordiamo i 19 Comuni facenti oggi parte della Nuova Lugano (unica vera aggregazione urbana sin qui perfezionata), nonché i progetti che, in due fasi, hanno formato Capriasca (9) e Bioggio (4) ed i Comuni confluiti nel 1 Comune di Alto Malcantone (5), Monteceneri (5) e Collina d’Oro (4). Rimangono tuttavia, anche nel Luganese, alcune realtà che a medio termine possono trovare sviluppi interessanti grazie ad un processo di aggregazione nato dal basso ed in modo coerente con una visione più ampia ancorata nel PCA. In quest’ottica il PCA è stato, ad esempio nel Malcantone, uno stimolo positivo per rilanciare processi che, in passato, si sono scontrati con opposizioni e ostacoli. Al momento attuale, però, il tema prioritario nel Luganese non è una nuova tappa del processo di aggregazione. Ben più importante è la capacità per Lugano e il suo agglomerato di continuare ad essere «il motore e l’albero di trasmissione dello sviluppo del Ticino»1. Una capacità che passa attraverso il consolidamento della «nuova Città» in un contesto economico confrontato con grandi cambiamenti strutturali della piazza finanziaria (e non solo). Una realtà che ha ridotto le risorse fiscali a disposizione e che, soprattutto, impone la ricerca di soluzioni – in tempi utili – alternative e complementari. Con questa preoccupazione l’ERSL ritiene necessario e prioritario elaborare e concordare con il coinvolgimento diretto dei Comuni un Modello innovativo di sviluppo regionale che deve essere implementato in tempi più brevi di quelli ipotizzati dal PCA. Per questo l’ERSL chiede che il PCA rinunci ad imporre al Luganese scenari di aggregazione almeno fino a giugno 2015. Si rammenta che proprio gli ERS rappresentano l’espressione della volontà del legislatore cantonale di promuovere nelle quattro regioni funzionali ticinesi processi di valorizzazione delle risorse territoriali, nei quali è ovviamente importante il tema della governance e della public governance. Deve però sempre essere ricordato che questa riforma è solo uno dei tasselli di un più importante progetto di riorganizzazione del ruolo dei Comuni, dei loro rapporti con il Cantone e della loro capacità di interagire con l’economia privata per conseguire obiettivi di servizio alla popolazione e di crescita economica dei vari comprensori. In questo senso riaffermiamo la necessità e l’urgenza di un processo di revisione dei compiti dello Stato (Cantone e Comuni) e della ripartizione dei flussi e delle competenze tra i due livelli istituzionali. Siamo convinti che le dimensioni del Comune ticinese del 2030 devono essere definite in funzione dei suoi compiti e non viceversa. L’attuale proposta del PCA dovrebbe pertanto rappresentare prima di tutto l’espressione della volontà di andare oltre la ricerca di maggiore funzionalità della struttura comunale – progetto iniziato nel 1998 – rendendo il potere locale finalmente più capace di essere partecipe, con nuovi ruoli e competenze, di quelle attività e dinamiche che stanno alla base dello sviluppo delle regioni e del Cantone intero. Torneremo su questo punto dopo le considerazioni al questionario. 1 Angelo Rossi, «Lo sviluppo della regione urbana del Luganese nell’era della globalizzazione e della metropolizzazione», CRTL 2008 2 Le nostre risposte al questionario Le nostre osservazioni si concentrano sulle domande di carattere generale ed esprimono la valutazione delle proposte del PCA con un punto di vista che considera l’insieme dell’agglomerato e delle sue dinamiche sociali, economiche, politiche e istituzionali. I singoli Comuni – individualmente o per comprensori locali – si esprimeranno invece, se del caso, sugli aspetti puntuali che interessano il loro comprensorio nell’ambito degli scenari individuati dal PCA (domande 4, 5 e 6). Domanda 1: analisi ed orientamenti L’ERSL riconosce nel PCA uno strumento utile e necessario per orientare la riorganizzazione dell’assetto istituzionale del Ticino ai nuovi compiti che il Comune è chiamato ad assumere per rispondere alle attese dei cittadini e delle aziende. L’ERSL riconosce inoltre al PCA il merito di rilanciare, sul piano cantonale, il tema delle aggregazioni anche in Comuni che per ora non hanno voluto confrontarsi con un’ottimizzazione del proprio assetto istituzionale o comunque restii ad aprirsi a collaborazioni con i Comuni confinanti e/o altri enti. L’ERSL sottolinea come il PCA debba anche saper maggiormente integrare in modo più chiaro nelle proposte di riordino territoriale, le specificità, potenzialità e le dinamiche non prettamente politiche che caratterizzano le regioni del Cantone. Pensiamo in particolare alle capacità d’azione sul territorio di diversi comparti amministrati da Comuni uniti da relazioni dinamiche generate fuori dal contesto istituzionale ma ancorate alla vita quotidiana del cittadino, alla localizzazione delle aziende od ancora all’evoluzione urbanistica. Queste componenti possono emergere solo con il concorso degli attori locali nell’allestimento delle proposte, sin dalla loro concezione iniziale. Secondo l’ERSL, il PCA deve in particolare avere quali obiettivi: • • 3 la capacità per i Comuni di rispondere con servizi adeguati ed efficienti alle esigenze dei cittadini. È però anche necessario che le dimensioni del Comune siano tali da permettergli di restare l’ente pubblico più vicino al cittadino ed in grado di capirne le necessità e calibrare le prestazioni pubbliche – e la spesa – in modo da evitate sprechi di risorse sfruttando le economie di scala; l’estensione degli spazi di reale autonomia decisionale dei Comuni. Infatti, l’autonomia comunale è ancorata nella Costituzione perché è la base del nostro federalismo che è oggi considerato uno dei pilastri dei successi e del benessere della Svizzera. Ciò significa che i Comuni devono essere liberi di calibrare i propri servizi (ad esempio l’offerta di asili nido o di mense scolastiche) in risposta alle reali esigenze dei propri cittadini senza vedersi ridotti a meri sportelli erogatori o esecutori di decisioni comunque prese (ancora) a livello cantonale e che vincolano oggi circa il 60% del fabbisogno dei Comuni. Riconoscere l’autonomia dei Comuni significa anche ammettere soluzioni diversificate ad esigenze simili: a tutto vantaggio della creatività e della ricerca di soluzioni innovative che, ad esempio, coinvolgano maggiormente la società civile. • la possibilità di rafforzare il ruolo del Comune quale attore dello sviluppo economico, capace cioè non solo di creare le condizioni quadro ideali (per altro per lo più determinate a livello cantonale, nazionale ed internazionale) ma anche e soprattutto di promuovere investimenti e attività che possono generare posti di lavoro e ricchezza. Tra le premesse per rafforzare il ruolo di attore dello sviluppo rientra anche la capacità del Comune di: - dialogare con investitori privati (svizzeri od esteri) alla ricerca di soluzioni di partenariato tra pubblico e privato (PPP) per il finanziamento di investimenti di sviluppo, - generare sistemi, relazioni e/o delle piattaforme con le quali confrontarsi e collaborare con le forze dell’economia privata. • una gestione più razionale del territorio negli ambiti della pianificazione e della tutela dell’ambiente e della qualità di vita. Alla luce di questi obiettivi, il PCA attualmente in discussione sembra piuttosto avere quale obiettivo (non dichiarato) quello di creare le premesse affinché il Cantone possa scaricare sui Comuni una parte dei suoi oneri senza tuttavia creare spazi di vera autonomia. Inoltre, il PCA non riesce a fugare il dubbio che la riduzione del numero dei Comuni sia la condizione necessaria per imporre a tutti soluzioni uniformi fondate sulla «parità di trattamento» ad ogni costo ancorata alle leggi adottate a livello superiore. È noto infatti come nell’evoluzione dei rapporti Cantone/Comuni in Ticino si è assistito alla cosiddetta altalena della competenze che ha visto alla fine il Cantone accentrare su di sé tutte le più importanti, anche per la mancanza di volontà di molti territori di riformare per tempo la loro organizzazione istituzionale. Il risultato è un assetto di competenze innegabilmente centralista che deve oggi essere modificato per coerenza con i veri obiettivi del PCA. Ridurre il numero dei Comuni permette di diminuire il carico amministrativo e burocratico sul territorio e nei rapporti tra i due livelli istituzionali. Tuttavia questo non può essere l’obiettivo primario delle proposte di riduzione del numero dei poteri locali ma soltanto un effetto complementare. L’ERSL condivide pienamente l’esigenza per il Ticino di «inserirsi nella rete urbana svizzera ed internazionale». Uno sforzo senza il quale corriamo il rischio di restare al margine del fenomeno della metropolizzazione (come un quartiere di Zurigo o di Milano) e di dover subire le scelte di altri. Occorre però chiedersi quanti possano/debbano essere i punti di «aggancio alla rete». Il PCA sembra puntare ad agganci multipli (almeno uno per agglomerato o comprensorio ERS). A nostro avviso si tratta di un approccio comunque discutibile perché sembra confermare l’immagine (o la caricatura?) di un Ticino formato da 4 treni ciascuno con il proprio locomotore (l’agglomerato) e i suoi vagoni (gli altri Comuni), immagine questa che trova troppo ascolto nell’azione del Governo ancorata a finalità di riduzione delle disparità regionali, generatrice sovente di scelte di localizzazione di strutture pubbliche o scelte di pianificazione del territorio in base a sole rivendicazioni regionalistiche. Questo approccio sembra ignorare «che la creazione di una città di quasi 70'000 abitanti come è la Lugano di oggi, ha scardinato la concezione della città Ticino ancora valida al momento in cui fu preparato il Piano direttore cantonale del 1990 4 […] Con le aggregazioni, Lugano si è proiettata al livello superiore e domina ormai la gerarchia dei centri urbani ticinesi»2 In questa nuova realtà, gli approfondimenti in corso nel Luganese con il contributo anche dell’Università della Svizzera italiana ci portano a privilegiare la più moderna immagine del Ticino come «un convoglio con il centro allacciato ai mercati nazionali e mondiali (prende la corrente) e la trazione (o forza motrice) distribuita su tutte le ruote del convoglio». Con questa visione, Lugano ha già raggiunto la dimensione che le permette di inserirsi nella rete delle piccole o grandi metropoli a livello nazionale e mondiale: si tratta ora di riconoscere questo suo ruolo di «punto di aggancio» per tutto il Cantone e di mettere la città (e il Luganese) nella condizione di ritrovare una forte capacità di spinta a favore di tutto il Cantone. Va sempre ribadito che il «prodotto Lugano», inteso quale sommatoria dei differenti contributi che le varie entità comunali determinano in maniera complementare sul territorio regionale, è alla base della visione dell’ERSL. E questo nell’ottica di considerare, a fianco del ruolo trainante del Polo cittadino, anche le capacità propositive degli altri Comuni e la ricchezza di un territorio più vasto. In conclusione: Condividiamo in parte l’analisi e gli orientamenti del Rapporto sugli indirizzi della politica aggregativa. Esprimiamo tuttavia qualche dubbio sui reali obiettivi del Cantone e sulla scelta di puntare ad un equilibrio tra gli agglomerati, riconosciuti i loro ruoli differenziati per lo sviluppo e/o la conservazione del territorio, anziché valorizzare e sostenere il ruolo che Lugano e il Luganese hanno già saputo assumere a livello nazionale ed internazionale. Voto 5. Domanda 2: delimitazione dei comprensori Per la definizione dei possibili comprensori di aggregazione si sono adottati criteri geografici (orografia, specificità e vocazioni dominanti) e socio-culturali (legame e identificazione tra gli abitanti). Le indicazioni della scheda di Piano Direttore (PD) sono poi state affinate sulla base, ad esempio, dei comprensori dei servizi regionalizzati (sportelli LAPS, ARP, ecc.) e delle collaborazioni intercomunali su alcuni servizi (scuole, case per anziani, raccolta rifiuti, ecc.). Per quanto riguarda il Luganese, questo affinamento (per altro fatto a tavolino e con l’ottica dell’Amministrazione cantonale) non ha tenuto conto delle aggregazioni già avvenute e che hanno in parte stravolto le premesse alla base dei comprensori dei servizi regionalizzati. D’altra parte sono pure state ignorate le riflessioni fatte, con il coinvolgimento dei Comuni interessati, per la ridefinizione dei settori del nostro ERSL. In qualche caso, sarebbe poi stato necessario anche il coraggio di immaginare scenari di aggregazione che, invece di considerare solo i confini giurisdizionali dei Comuni attuali, tenessero maggiormente conto dell’orografia del territorio e delle funzioni di alcuni grandi comparti (per il Luganese, ad esempio, la collina dell’Arbostora, il Piano del Vedeggio o l’area del NQC). 2 5 Angelo Rossi, in Azione del 10 febbraio 2014. Va inoltre ritenuta la difficoltà oggettiva che la città attualmente avrebbe ad estendersi fino alla dimensione proposta dal Piano. Quest’ultimo infatti, non crea le premesse affinché la Città possa affrontare una nuova ondata di fusioni. La proposta del PCA, infatti, si iscrive nella sola logica dei territori politici, ma non considera l’importanza della capacità amministrativa, finanziaria e di gestione territoriale. In conclusione: voto 5 Domanda 3: entità della riorganizzazione Condividiamo che la riduzione del numero dei Comuni permette di migliorare la funzionalità amministrativa, l’autonomia di gestione finanziaria e la ricerca di una localizzazione ottimale delle infrastrutture e dei servizi alla popolazione. La riduzione dei Comuni del Ticino di oltre 100 unità (da 246 agli attuali 135) è un obiettivo già raggiunto dal nostro Cantone in tempi ragionevoli. Rimangono certamente ancora realtà comunali per le quali, in nome della funzionalità e della gestione finanziaria, la via dell’aggregazione sembra imprescindibile. Per la gran parte del Luganese la funzionalità amministrativa e l’autonomia della gestione finanziaria sono già oggi soddisfacenti così come il dibattito democratico e il ricambio delle cariche pubbliche. Restano alcune situazioni che potranno essere risolte con progetti che nascano dal basso. Come già ricordato, permangono, in particolare nel Malcantone, alcune realtà che potranno essere risolte con dinamiche aggregative nate (o rilanciate) dal basso anche grazie agli stimoli del PCA. Tali dinamiche non sono in contrasto con l’esigenza di dotare il Luganese di un nuovo modello di sviluppo e di governance e possono pertanto continuare. Sarà compito e premura dell’ERSL rendere attenti i promotori alla necessità che tali progetti siano coerenti con gli obiettivi di sviluppo di tutto l’agglomerato e contribuiscano a raggiungerli. Grande attenzione deve però essere riservata a mantenere il Comune nella sua funzione di ente più vicino al cittadino ed a salvaguardare una certa omogeneità dei «quartieri». In questo senso, la proposta di una «città dei centomila» oltre non essere auspicata da Lugano propone un Comune con quartieri altamente eterogenei quali Bogno, Morcote e Molino Nuovo. Un’eccessiva eterogeneità tra i quartieri finirebbe per svuotare di contenuti la definizione originaria di «Comune» con una forte autonomia. In questi casi, infatti, l’ente pubblico non potrà più riconoscere le esigenze (a volte) diametralmente opposte espresse dai cittadini all’interno dei propri confini. Con il risultato che Comuni con le dimensioni (territoriali e di popolazione) come quelli proposti dal PCA allontanerebbero a medio termine il cittadino dall’autorità politica comunale senza per altro garantire economie di scala sufficientemente interessanti. L’attenzione a questi aspetti avrà quale conseguenza diretta il permanere (anche nel Luganese) di Comuni che potranno svolgere i loro compiti (anche di servizio all’agglomerato) soltanto grazie a sostegni ed aiuti anche finanziari ricorrenti. Un sostegno che non dovrà essere caricato sul solo agglomerato di riferimento ma che dovrà trovare una soluzione cantonale nell’ambito di nuovi meccanismi di compensazione non solo delle risorse ma anche degli oneri. 6 In conclusione: l’obiettivo di ordine generale di ridurre ulteriormente il numero dei Comuni è condivisibile. Non comprendiamo per contro la volontà di indicare una soglia di soddisfazione misurata soltanto con un numero predefinito che, oltretutto, riteniamo troppo esiguo. Domanda 7: PCA e progetto di riforma dei flussi e competenze Il progetto di riforma delle competenze comunali in un’ottica di reale e concreta autonomia adeguando di conseguenza i flussi finanziari alle competenze decisionali è, a nostro avviso, il cuore e il motore del PCA. Anche per questo l’ERSL ha chiesto di prorogare a fine giugno la scadenza della consultazione in modo da potere esprimere una valutazione più complessiva. Siamo infatti convinti che i compiti e l’autonomia comunale sono la premessa per individuare la dimensione ottimale del Comune. Un approccio rovesciato (prima i confini, poi i compiti) accentua il sospetto che il vero obiettivo del PCA sia creare le premesse affinché il Cantone possa liberarsi di molti oneri e funzioni preminentemente amministrative scaricandoli sui Comuni. In conclusione: In attesa di proposte concrete condividiamo pienamente l’idea di rivedere l’attribuzione dei compiti tra Cantone e Comune assegnandoli al livello istituzionale più adatto, così come l’obiettivo di una significativa riduzione dei flussi settoriali (verticali ma anche orizzontali, cioè tra Comuni). In questo ambito l’obiettivo prioritario deve essere la trasparenza e la salvaguardia della possibilità per il cittadino di decidere in merito all’utilizzo delle risorse fiscali comunali. Voto: 1. Altre osservazioni Il PCA è un esercizio importante che impegna molte risorse nell’Amministrazione cantonale e nei Comuni. Non vorremmo però che tale sforzo distolga l’attenzione da una irrinunciabile riflessione per una profonda ed urgente revisione dei compiti dello Stato (ovvero di Cantone e Comuni). Per questo attendiamo le prime indicazioni già per la prossima fase della consultazione. Siamo infatti convinti che un processo di aggregazioni che si limitasse a porre le premesse per un semplice trasferimento di compiti tra il Cantone e i Comuni non potrebbe raggiungere i suoi ambiziosi obiettivi. Infatti senza una revisione dei compiti, il costo generale dello Stato non diminuirebbe e non vi sarebbe alcun aumento di competitività del Ticino nel contesto nazionale ed internazionale. Chiediamo pertanto che il tema della ripartizione dei compiti tra Cantone e Comuni (ovvero i due livelli del nostro Stato) sia finalmente accompagnato anche da chiare indicazioni sui compiti dello Stato, più volte richieste dagli enti comunali. 7 Obiettivo prioritario del Luganese: creare le premesse e indurre una crescita di qualità Invece di porre l’accento solo sull’ulteriore estensione del Polo, nel Luganese si ritiene prioritario ricercare – e trovare – soluzioni per mobilitare una quota più alta delle importanti risorse fiscali ancora a disposizione per finanziare investimenti strategici necessari per impedire «che il motore economico» del Cantone si inceppi. Tuttavia non è solo la componente finanziaria a spingere il Luganese verso soluzioni innovative; ci sono anche riflessioni di tipo territoriale e amministrativo. L’obiettivo principale per il Luganese riguarda ad ogni modo la politica di sviluppo economico. Dobbiamo migliorare assolutamente la capacità progettuale del comprensorio (e non solo dei singoli Comuni), e coalizzare l’azione comunale ad una nuova cultura di gestione dell’agglomerato in base ad obiettivi condivisi. Vogliamo infatti assicurare anche in futuro al Luganese la forza trainante finora essenzialmente garantita dalla matrice progettuale e dalla capacità d’investimento della città. La proposta di un modello innovativo In questo contesto l’ERSL ritiene imperativa l’architettura di un Modello innovativo di sviluppo regionale. Questa esigenza nasce dall’assoluta convinzione dell’agglomerato che occorra creare un sistema che permetta una nuova crescita economica, da stimolare e favorire a più livelli. L’elaborazione del Modello permetterà di affrontare cantieri quali: • • • • • i progetti faro per la crescita del Luganese; il finanziamento di questi progetti e della loro gestione; le competenze e i meccanismi di governance; il coordinamento della pianificazione del territorio; le modalità per accogliere investitori privati pronti a concorrere a progetti che contribuiscono a migliorare le condizioni quadro dell’agglomerato. In questo senso, la richiesta al Cantone di rinunciare ad imporre al Luganese scenari di aggregazione almeno fino a giugno 2015 ha lo scopo di concedere il tempo per coinvolgere i Comuni (ed eventuali altri enti interessati) nel processo di concezione e impostazione del «Modello innovativo» e nella definizione dei suoi contenuti e delle modalità di funzionamento e finanziamento. Nonostante la ferma convinzione dell’ERS di procedere verso un nuovo modello di governance e di sviluppo, occorre comunque affrontare il tema di un riordino territoriale sulla base di quanto proposto dal PCA. L’ERSL si incaricherà, se del caso, di sollecitare e incentivare i ragionamenti “dal basso” nei comuni particolarmente toccati. Ribadiamo infatti che il «Modello innovativo» non vuole precludere o inibire alcuna iniziativa spontanea da parte di Comuni del comprensorio. Esso permette però di inserirle in un contesto più ampio per verificarne la conformità con gli obiettivi di crescita di tutto il Luganese. L’ERSL si propone dunque quale piattaforma di coordinamento nel quale tutti gli attori coinvolti possano dibattere nel merito delle rispettive visioni ricercando soluzioni il più possibile condivise. In questo contesto ogni aggregazione, in particolare ai margini dell’agglomerato, deve avere quale obiettivo, oltre alla creazione di Comuni funzionali per una migliore e più efficiente offerta di prestazioni alla popolazione locale, anche quello di contribuire alla crescita di tutto il Luganese per incidere in modo sensibile sulle 8 dinamiche di sviluppo economico necessarie per incrementare il valore aggiunto generato dal territorio. Il vero pericolo per l’agglomerato risiede però in una variabile esogena ed è relativa ai cambiamenti strutturali che stanno sopraggiungendo nel tessuto economico. La piazza finanziaria è in profonda fase di cambiamento, le infrastrutture sono ormai al limite della capacità e la crescita endogena è fortemente in balìa di eventi e processi esterni non controllabili. Per questa ragione è opportuno avviare al più presto la concezione di un modello innovativo in grado di rispondere alle nuove e diversificate condizioni. L’ERSL si assume l’impegno di coordinare i lavori ed ha l’obiettivo di sottoporre al Cantone – previa discussione nei Comuni del Luganese, nelle assemblee di settore e gruppi di lavoro dedicati – una proposta di modello di sviluppo entro giugno del 2015. A questo scopo il CE farà affidamento sul suo Gruppo Tecnico di supporto che opererà d’intesa con la Città, i Comuni e il Cantone. Nel caso la scadenza del giugno 2015 dovesse trascorrere senza risultati concreti, approvati dai comuni del luganese, il progetto previsto dal PCA – seppure insoddisfacente sotto diversi aspetti – dovrà essere ripreso ed adeguato. È infatti evidente che il Luganese ha bisogno di un assetto funzionale e territoriale più confacente. Per questi motivi, chiediamo che il PCA rinunci ad imporre, entro giugno del 2015, al Luganese scenari di aggregazione. In altre parole si chiede di permettere ai comuni di dedicare tempo e risorse alla ricerca dell’accordo necessario all’implementazione del modello innovativo che nelle intenzioni – ma soprattutto per i problemi che esso affronterà – dovrà diventare una realtà ben prima del 2020. In particolare si chiede che, nessun Comune in grado di autofinanziare la propria azione e che partecipa al finanziamento degli investimenti regionali per lo sviluppo territoriale dovrà essere, per il momento, obbligato ad aggregazioni in forma “coatta” (o dettate dall’alto tramite il PCA). Come detto in precedenza, nulla impedisce tuttavia di continuare le riflessioni e – se del caso – di avviare o continuare progetti di aggregazione che partono «dal basso». Pregandovi di accogliere queste nostre considerazioni nell’ambito della procedura che il PCA ha intrapreso, restiamo a disposizione per ogni approfondimento. Cordiali saluti. Ente Regionale per lo Sviluppo del Luganese 9 Il Presidente Il segretario del CE Arch. Giovanni Bruschetti Matteo Oleggini
© Copyright 2025 ExpyDoc