Ente Regionale di Sviluppo del Luganese ERSL

Lodevole
Consiglio di Stato
Residenza
6501 Bellinzona
Savosa, 11 aprile 2014
Piano Cantonale delle Aggregazioni
Onorevole Signor Presidente,
Onorevoli Signora e Signori Consiglieri di Stato,
Vi ringraziamo per averci interpellati sul Piano Cantonale delle Aggregazioni (in
seguito PCA).
L’Ente regionale per lo sviluppo del Luganese (in seguito ERSL) riunisce 47
Comuni. L’Assemblea dell’11 giugno 2013, a larga maggioranza, ha confermato
all’ERSL il compito di rappresentare i Comuni anche sui temi di carattere
istituzionale.
Lo scorso 21 febbraio, a Lugano, in occasione di un incontro con l’on. Gobbi, un
gruppo di Comuni ha poi esplicitamente richiesto all’ERSL di preparare una risposta
alla consultazione che proponesse un approccio a livello di agglomerato.
La bozza della risposta è stata elaborata dal Gruppo Tecnico di supporto e, dopo
avere ottenuto l’accordo del Comitato esecutivo (CE) è stata preventivamente
inviata ai Comuni. Tra fine marzo e inizio aprile la bozza è stata discussa nelle
Assemblee di settore di Lugano (il Municipio), Collina nord, Vedeggio, Malcantone e
Ceresio Sud. Preso atto delle osservazioni raccolte nelle assemblee e/o trasmesse
per iscritto dai Municipi, il CE ha approvato questa risposta nella riunione dell’11
aprile.
Il nostro giudizio in sintesi
I progetti di aggregazione dei Comuni sono uno degli strumenti per promuovere e
sostenere lo sviluppo sociale ed economico del Ticino che deve essere agganciato
alla rete urbana svizzera e mondiale.
Negli ultimi anni il Luganese ha proceduto più di altri distretti a fusioni volte in
particolare a conseguire gli obiettivi legati all’adeguamento della dimensione e al
funzionamento dei Comuni: ricordiamo i 19 Comuni facenti oggi parte della Nuova
Lugano (unica vera aggregazione urbana sin qui perfezionata), nonché i progetti
che, in due fasi, hanno formato Capriasca (9) e Bioggio (4) ed i Comuni confluiti nel
1
Comune di Alto Malcantone (5), Monteceneri (5) e Collina d’Oro (4).
Rimangono tuttavia, anche nel Luganese, alcune realtà che a medio termine
possono trovare sviluppi interessanti grazie ad un processo di aggregazione nato
dal basso ed in modo coerente con una visione più ampia ancorata nel PCA. In
quest’ottica il PCA è stato, ad esempio nel Malcantone, uno stimolo positivo per
rilanciare processi che, in passato, si sono scontrati con opposizioni e ostacoli.
Al momento attuale, però, il tema prioritario nel Luganese non è una nuova tappa
del processo di aggregazione. Ben più importante è la capacità per Lugano e il suo
agglomerato di continuare ad essere «il motore e l’albero di trasmissione dello
sviluppo del Ticino»1. Una capacità che passa attraverso il consolidamento della
«nuova Città» in un contesto economico confrontato con grandi cambiamenti
strutturali della piazza finanziaria (e non solo). Una realtà che ha ridotto le risorse
fiscali a disposizione e che, soprattutto, impone la ricerca di soluzioni – in tempi utili
– alternative e complementari.
Con questa preoccupazione l’ERSL ritiene necessario e prioritario elaborare e
concordare con il coinvolgimento diretto dei Comuni un Modello innovativo di
sviluppo regionale che deve essere implementato in tempi più brevi di quelli
ipotizzati dal PCA. Per questo l’ERSL chiede che il PCA rinunci ad imporre al
Luganese scenari di aggregazione almeno fino a giugno 2015.
Si rammenta che proprio gli ERS rappresentano l’espressione della volontà del
legislatore cantonale di promuovere nelle quattro regioni funzionali ticinesi processi
di valorizzazione delle risorse territoriali, nei quali è ovviamente importante il tema
della governance e della public governance. Deve però sempre essere ricordato che
questa riforma è solo uno dei tasselli di un più importante progetto di
riorganizzazione del ruolo dei Comuni, dei loro rapporti con il Cantone e della loro
capacità di interagire con l’economia privata per conseguire obiettivi di servizio alla
popolazione e di crescita economica dei vari comprensori.
In questo senso riaffermiamo la necessità e l’urgenza di un processo di revisione dei
compiti dello Stato (Cantone e Comuni) e della ripartizione dei flussi e delle
competenze tra i due livelli istituzionali. Siamo convinti che le dimensioni del
Comune ticinese del 2030 devono essere definite in funzione dei suoi compiti e non
viceversa.
L’attuale proposta del PCA dovrebbe pertanto rappresentare prima di tutto
l’espressione della volontà di andare oltre la ricerca di maggiore funzionalità della
struttura comunale – progetto iniziato nel 1998 – rendendo il potere locale
finalmente più capace di essere partecipe, con nuovi ruoli e competenze, di quelle
attività e dinamiche che stanno alla base dello sviluppo delle regioni e del Cantone
intero. Torneremo su questo punto dopo le considerazioni al questionario.
1
Angelo Rossi, «Lo sviluppo della regione urbana del Luganese nell’era della
globalizzazione e della metropolizzazione», CRTL 2008
2
Le nostre risposte al questionario
Le nostre osservazioni si concentrano sulle domande di carattere generale ed
esprimono la valutazione delle proposte del PCA con un punto di vista che
considera l’insieme dell’agglomerato e delle sue dinamiche sociali, economiche,
politiche e istituzionali.
I singoli Comuni – individualmente o per comprensori locali – si esprimeranno
invece, se del caso, sugli aspetti puntuali che interessano il loro comprensorio
nell’ambito degli scenari individuati dal PCA (domande 4, 5 e 6).
Domanda 1: analisi ed orientamenti
L’ERSL riconosce nel PCA uno strumento utile e necessario per orientare la
riorganizzazione dell’assetto istituzionale del Ticino ai nuovi compiti che il Comune è
chiamato ad assumere per rispondere alle attese dei cittadini e delle aziende.
L’ERSL riconosce inoltre al PCA il merito di rilanciare, sul piano cantonale, il tema
delle aggregazioni anche in Comuni che per ora non hanno voluto confrontarsi con
un’ottimizzazione del proprio assetto istituzionale o comunque restii ad aprirsi a
collaborazioni con i Comuni confinanti e/o altri enti.
L’ERSL sottolinea come il PCA debba anche saper maggiormente integrare in modo
più chiaro nelle proposte di riordino territoriale, le specificità, potenzialità e le
dinamiche non prettamente politiche che caratterizzano le regioni del Cantone.
Pensiamo in particolare alle capacità d’azione sul territorio di diversi comparti
amministrati da Comuni uniti da relazioni dinamiche generate fuori dal contesto
istituzionale ma ancorate alla vita quotidiana del cittadino, alla localizzazione delle
aziende od ancora all’evoluzione urbanistica. Queste componenti possono
emergere solo con il concorso degli attori locali nell’allestimento delle proposte, sin
dalla loro concezione iniziale.
Secondo l’ERSL, il PCA deve in particolare avere quali obiettivi:
•
•
3
la capacità per i Comuni di rispondere con servizi adeguati ed efficienti
alle esigenze dei cittadini. È però anche necessario che le dimensioni del
Comune siano tali da permettergli di restare l’ente pubblico più vicino al
cittadino ed in grado di capirne le necessità e calibrare le prestazioni
pubbliche – e la spesa – in modo da evitate sprechi di risorse sfruttando le
economie di scala;
l’estensione degli spazi di reale autonomia decisionale dei Comuni.
Infatti, l’autonomia comunale è ancorata nella Costituzione perché è la base
del nostro federalismo che è oggi considerato uno dei pilastri dei successi e
del benessere della Svizzera.
Ciò significa che i Comuni devono essere liberi di calibrare i propri servizi (ad
esempio l’offerta di asili nido o di mense scolastiche) in risposta alle reali
esigenze dei propri cittadini senza vedersi ridotti a meri sportelli erogatori o
esecutori di decisioni comunque prese (ancora) a livello cantonale e che
vincolano oggi circa il 60% del fabbisogno dei Comuni.
Riconoscere l’autonomia dei Comuni significa anche ammettere soluzioni
diversificate ad esigenze simili: a tutto vantaggio della creatività e della
ricerca di soluzioni innovative che, ad esempio, coinvolgano maggiormente
la società civile.
•
la possibilità di rafforzare il ruolo del Comune quale attore dello sviluppo
economico, capace cioè non solo di creare le condizioni quadro ideali (per
altro per lo più determinate a livello cantonale, nazionale ed internazionale)
ma anche e soprattutto di promuovere investimenti e attività che possono
generare posti di lavoro e ricchezza. Tra le premesse per rafforzare il ruolo
di attore dello sviluppo rientra anche la capacità del Comune di:
- dialogare con investitori privati (svizzeri od esteri) alla ricerca di soluzioni di
partenariato tra pubblico e privato (PPP) per il finanziamento di investimenti
di sviluppo,
- generare sistemi, relazioni e/o delle piattaforme con le quali confrontarsi e
collaborare con le forze dell’economia privata.
•
una gestione più razionale del territorio negli ambiti della pianificazione e
della tutela dell’ambiente e della qualità di vita.
Alla luce di questi obiettivi, il PCA attualmente in discussione sembra piuttosto avere
quale obiettivo (non dichiarato) quello di creare le premesse affinché il Cantone
possa scaricare sui Comuni una parte dei suoi oneri senza tuttavia creare spazi di
vera autonomia.
Inoltre, il PCA non riesce a fugare il dubbio che la riduzione del numero dei Comuni
sia la condizione necessaria per imporre a tutti soluzioni uniformi fondate sulla
«parità di trattamento» ad ogni costo ancorata alle leggi adottate a livello superiore.
È noto infatti come nell’evoluzione dei rapporti Cantone/Comuni in Ticino si è
assistito alla cosiddetta altalena della competenze che ha visto alla fine il Cantone
accentrare su di sé tutte le più importanti, anche per la mancanza di volontà di molti
territori di riformare per tempo la loro organizzazione istituzionale.
Il risultato è un assetto di competenze innegabilmente centralista che deve oggi
essere modificato per coerenza con i veri obiettivi del PCA. Ridurre il numero dei
Comuni permette di diminuire il carico amministrativo e burocratico sul territorio e
nei rapporti tra i due livelli istituzionali. Tuttavia questo non può essere l’obiettivo
primario delle proposte di riduzione del numero dei poteri locali ma soltanto un
effetto complementare.
L’ERSL condivide pienamente l’esigenza per il Ticino di «inserirsi nella rete urbana
svizzera ed internazionale». Uno sforzo senza il quale corriamo il rischio di restare
al margine del fenomeno della metropolizzazione (come un quartiere di Zurigo o di
Milano) e di dover subire le scelte di altri.
Occorre però chiedersi quanti possano/debbano essere i punti di «aggancio alla
rete». Il PCA sembra puntare ad agganci multipli (almeno uno per agglomerato o
comprensorio ERS).
A nostro avviso si tratta di un approccio comunque discutibile perché sembra
confermare l’immagine (o la caricatura?) di un Ticino formato da 4 treni ciascuno
con il proprio locomotore (l’agglomerato) e i suoi vagoni (gli altri Comuni), immagine
questa che trova troppo ascolto nell’azione del Governo ancorata a finalità di
riduzione delle disparità regionali, generatrice sovente di scelte di localizzazione di
strutture pubbliche o scelte di pianificazione del territorio in base a sole
rivendicazioni regionalistiche.
Questo approccio sembra ignorare «che la creazione di una città di quasi 70'000
abitanti come è la Lugano di oggi, ha scardinato la concezione della città Ticino
ancora valida al momento in cui fu preparato il Piano direttore cantonale del 1990
4
[…] Con le aggregazioni, Lugano si è proiettata al livello superiore e domina ormai
la gerarchia dei centri urbani ticinesi»2
In questa nuova realtà, gli approfondimenti in corso nel Luganese con il contributo
anche dell’Università della Svizzera italiana ci portano a privilegiare la più moderna
immagine del Ticino come «un convoglio con il centro allacciato ai mercati
nazionali e mondiali (prende la corrente) e la trazione (o forza motrice) distribuita su
tutte le ruote del convoglio».
Con questa visione, Lugano ha già raggiunto la dimensione che le permette di
inserirsi nella rete delle piccole o grandi metropoli a livello nazionale e mondiale: si
tratta ora di riconoscere questo suo ruolo di «punto di aggancio» per tutto il Cantone
e di mettere la città (e il Luganese) nella condizione di ritrovare una forte capacità di
spinta a favore di tutto il Cantone.
Va sempre ribadito che il «prodotto Lugano», inteso quale sommatoria dei
differenti contributi che le varie entità comunali determinano in maniera
complementare sul territorio regionale, è alla base della visione dell’ERSL. E questo
nell’ottica di considerare, a fianco del ruolo trainante del Polo cittadino, anche le
capacità propositive degli altri Comuni e la ricchezza di un territorio più vasto.
In conclusione:
Condividiamo in parte l’analisi e gli orientamenti del Rapporto sugli indirizzi
della politica aggregativa. Esprimiamo tuttavia qualche dubbio sui reali
obiettivi del Cantone e sulla scelta di puntare ad un equilibrio tra gli
agglomerati, riconosciuti i loro ruoli differenziati per lo sviluppo e/o la
conservazione del territorio, anziché valorizzare e sostenere il ruolo che
Lugano e il Luganese hanno già saputo assumere a livello nazionale ed
internazionale. Voto 5.
Domanda 2: delimitazione dei comprensori
Per la definizione dei possibili comprensori di aggregazione si sono adottati criteri
geografici (orografia, specificità e vocazioni dominanti) e socio-culturali (legame e
identificazione tra gli abitanti). Le indicazioni della scheda di Piano Direttore (PD)
sono poi state affinate sulla base, ad esempio, dei comprensori dei servizi
regionalizzati (sportelli LAPS, ARP, ecc.) e delle collaborazioni intercomunali su
alcuni servizi (scuole, case per anziani, raccolta rifiuti, ecc.).
Per quanto riguarda il Luganese, questo affinamento (per altro fatto a tavolino e con
l’ottica dell’Amministrazione cantonale) non ha tenuto conto delle aggregazioni già
avvenute e che hanno in parte stravolto le premesse alla base dei comprensori dei
servizi regionalizzati. D’altra parte sono pure state ignorate le riflessioni fatte, con il
coinvolgimento dei Comuni interessati, per la ridefinizione dei settori del nostro
ERSL.
In qualche caso, sarebbe poi stato necessario anche il coraggio di immaginare
scenari di aggregazione che, invece di considerare solo i confini giurisdizionali dei
Comuni attuali, tenessero maggiormente conto dell’orografia del territorio e delle
funzioni di alcuni grandi comparti (per il Luganese, ad esempio, la collina
dell’Arbostora, il Piano del Vedeggio o l’area del NQC).
2
5
Angelo Rossi, in Azione del 10 febbraio 2014.
Va inoltre ritenuta la difficoltà oggettiva che la città attualmente avrebbe ad
estendersi fino alla dimensione proposta dal Piano. Quest’ultimo infatti, non crea le
premesse affinché la Città possa affrontare una nuova ondata di fusioni. La
proposta del PCA, infatti, si iscrive nella sola logica dei territori politici, ma non
considera l’importanza della capacità amministrativa, finanziaria e di gestione
territoriale.
In conclusione: voto 5
Domanda 3: entità della riorganizzazione
Condividiamo che la riduzione del numero dei Comuni permette di migliorare la
funzionalità amministrativa, l’autonomia di gestione finanziaria e la ricerca di una
localizzazione ottimale delle infrastrutture e dei servizi alla popolazione.
La riduzione dei Comuni del Ticino di oltre 100 unità (da 246 agli attuali 135) è un
obiettivo già raggiunto dal nostro Cantone in tempi ragionevoli. Rimangono
certamente ancora realtà comunali per le quali, in nome della funzionalità e della
gestione finanziaria, la via dell’aggregazione sembra imprescindibile.
Per la gran parte del Luganese la funzionalità amministrativa e l’autonomia della
gestione finanziaria sono già oggi soddisfacenti così come il dibattito democratico e
il ricambio delle cariche pubbliche. Restano alcune situazioni che potranno essere
risolte con progetti che nascano dal basso.
Come già ricordato, permangono, in particolare nel Malcantone, alcune realtà che
potranno essere risolte con dinamiche aggregative nate (o rilanciate) dal basso
anche grazie agli stimoli del PCA. Tali dinamiche non sono in contrasto con
l’esigenza di dotare il Luganese di un nuovo modello di sviluppo e di governance e
possono pertanto continuare. Sarà compito e premura dell’ERSL rendere attenti i
promotori alla necessità che tali progetti siano coerenti con gli obiettivi di sviluppo di
tutto l’agglomerato e contribuiscano a raggiungerli.
Grande attenzione deve però essere riservata a mantenere il Comune nella sua
funzione di ente più vicino al cittadino ed a salvaguardare una certa omogeneità dei
«quartieri». In questo senso, la proposta di una «città dei centomila» oltre non
essere auspicata da Lugano propone un Comune con quartieri altamente
eterogenei quali Bogno, Morcote e Molino Nuovo.
Un’eccessiva eterogeneità tra i quartieri finirebbe per svuotare di contenuti la
definizione originaria di «Comune» con una forte autonomia. In questi casi, infatti,
l’ente pubblico non potrà più riconoscere le esigenze (a volte) diametralmente
opposte espresse dai cittadini all’interno dei propri confini. Con il risultato che
Comuni con le dimensioni (territoriali e di popolazione) come quelli proposti dal PCA
allontanerebbero a medio termine il cittadino dall’autorità politica comunale senza
per altro garantire economie di scala sufficientemente interessanti.
L’attenzione a questi aspetti avrà quale conseguenza diretta il permanere (anche
nel Luganese) di Comuni che potranno svolgere i loro compiti (anche di servizio
all’agglomerato) soltanto grazie a sostegni ed aiuti anche finanziari ricorrenti. Un
sostegno che non dovrà essere caricato sul solo agglomerato di riferimento ma che
dovrà trovare una soluzione cantonale nell’ambito di nuovi meccanismi di
compensazione non solo delle risorse ma anche degli oneri.
6
In conclusione: l’obiettivo di ordine generale di ridurre ulteriormente il numero
dei Comuni è condivisibile. Non comprendiamo per contro la volontà di
indicare una soglia di soddisfazione misurata soltanto con un numero
predefinito che, oltretutto, riteniamo troppo esiguo.
Domanda 7: PCA e progetto di riforma dei flussi e competenze
Il progetto di riforma delle competenze comunali in un’ottica di reale e concreta
autonomia adeguando di conseguenza i flussi finanziari alle competenze decisionali
è, a nostro avviso, il cuore e il motore del PCA.
Anche per questo l’ERSL ha chiesto di prorogare a fine giugno la scadenza della
consultazione in modo da potere esprimere una valutazione più complessiva. Siamo
infatti convinti che i compiti e l’autonomia comunale sono la premessa per
individuare la dimensione ottimale del Comune.
Un approccio rovesciato (prima i confini, poi i compiti) accentua il sospetto che il
vero obiettivo del PCA sia creare le premesse affinché il Cantone possa liberarsi di
molti oneri e funzioni preminentemente amministrative scaricandoli sui Comuni.
In conclusione:
In attesa di proposte concrete condividiamo pienamente l’idea di rivedere
l’attribuzione dei compiti tra Cantone e Comune assegnandoli al livello
istituzionale più adatto, così come l’obiettivo di una significativa riduzione dei
flussi settoriali (verticali ma anche orizzontali, cioè tra Comuni).
In questo ambito l’obiettivo prioritario deve essere la trasparenza e la salvaguardia
della possibilità per il cittadino di decidere in merito all’utilizzo delle risorse fiscali
comunali. Voto: 1.
Altre osservazioni
Il PCA è un esercizio importante che impegna molte risorse nell’Amministrazione
cantonale e nei Comuni.
Non vorremmo però che tale sforzo distolga l’attenzione da una irrinunciabile
riflessione per una profonda ed urgente revisione dei compiti dello Stato
(ovvero di Cantone e Comuni). Per questo attendiamo le prime indicazioni già per la
prossima fase della consultazione.
Siamo infatti convinti che un processo di aggregazioni che si limitasse a porre le
premesse per un semplice trasferimento di compiti tra il Cantone e i Comuni non
potrebbe raggiungere i suoi ambiziosi obiettivi. Infatti senza una revisione dei
compiti, il costo generale dello Stato non diminuirebbe e non vi sarebbe alcun
aumento di competitività del Ticino nel contesto nazionale ed internazionale.
Chiediamo pertanto che il tema della ripartizione dei compiti tra Cantone e
Comuni (ovvero i due livelli del nostro Stato) sia finalmente accompagnato
anche da chiare indicazioni sui compiti dello Stato, più volte richieste dagli
enti comunali.
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Obiettivo prioritario del Luganese: creare le premesse e indurre una
crescita di qualità
Invece di porre l’accento solo sull’ulteriore estensione del Polo, nel Luganese si
ritiene prioritario ricercare – e trovare – soluzioni per mobilitare una quota più alta
delle importanti risorse fiscali ancora a disposizione per finanziare investimenti
strategici necessari per impedire «che il motore economico» del Cantone si inceppi.
Tuttavia non è solo la componente finanziaria a spingere il Luganese verso soluzioni
innovative; ci sono anche riflessioni di tipo territoriale e amministrativo.
L’obiettivo principale per il Luganese riguarda ad ogni modo la politica di sviluppo
economico. Dobbiamo migliorare assolutamente la capacità progettuale del
comprensorio (e non solo dei singoli Comuni), e coalizzare l’azione comunale ad
una nuova cultura di gestione dell’agglomerato in base ad obiettivi condivisi.
Vogliamo infatti assicurare anche in futuro al Luganese la forza trainante finora
essenzialmente garantita dalla matrice progettuale e dalla capacità d’investimento
della città.
La proposta di un modello innovativo
In questo contesto l’ERSL ritiene imperativa l’architettura di un Modello innovativo
di sviluppo regionale. Questa esigenza nasce dall’assoluta convinzione
dell’agglomerato che occorra creare un sistema che permetta una nuova crescita
economica, da stimolare e favorire a più livelli.
L’elaborazione del Modello permetterà di affrontare cantieri quali:
•
•
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i progetti faro per la crescita del Luganese;
il finanziamento di questi progetti e della loro gestione;
le competenze e i meccanismi di governance;
il coordinamento della pianificazione del territorio;
le modalità per accogliere investitori privati pronti a concorrere a progetti che
contribuiscono a migliorare le condizioni quadro dell’agglomerato.
In questo senso, la richiesta al Cantone di rinunciare ad imporre al Luganese
scenari di aggregazione almeno fino a giugno 2015 ha lo scopo di concedere il
tempo per coinvolgere i Comuni (ed eventuali altri enti interessati) nel processo di
concezione e impostazione del «Modello innovativo» e nella definizione dei suoi
contenuti e delle modalità di funzionamento e finanziamento.
Nonostante la ferma convinzione dell’ERS di procedere verso un nuovo modello di
governance e di sviluppo, occorre comunque affrontare il tema di un riordino
territoriale sulla base di quanto proposto dal PCA. L’ERSL si incaricherà, se del
caso, di sollecitare e incentivare i ragionamenti “dal basso” nei comuni
particolarmente toccati.
Ribadiamo infatti che il «Modello innovativo» non vuole precludere o inibire alcuna
iniziativa spontanea da parte di Comuni del comprensorio. Esso permette però di
inserirle in un contesto più ampio per verificarne la conformità con gli obiettivi di
crescita di tutto il Luganese. L’ERSL si propone dunque quale piattaforma di
coordinamento nel quale tutti gli attori coinvolti possano dibattere nel merito delle
rispettive visioni ricercando soluzioni il più possibile condivise.
In questo contesto ogni aggregazione, in particolare ai margini dell’agglomerato,
deve avere quale obiettivo, oltre alla creazione di Comuni funzionali per una migliore
e più efficiente offerta di prestazioni alla popolazione locale, anche quello di
contribuire alla crescita di tutto il Luganese per incidere in modo sensibile sulle
8
dinamiche di sviluppo economico necessarie per incrementare il valore aggiunto
generato dal territorio.
Il vero pericolo per l’agglomerato risiede però in una variabile esogena ed è relativa
ai cambiamenti strutturali che stanno sopraggiungendo nel tessuto economico. La
piazza finanziaria è in profonda fase di cambiamento, le infrastrutture sono ormai al
limite della capacità e la crescita endogena è fortemente in balìa di eventi e processi
esterni non controllabili.
Per questa ragione è opportuno avviare al più presto la concezione di un modello
innovativo in grado di rispondere alle nuove e diversificate condizioni.
L’ERSL si assume l’impegno di coordinare i lavori ed ha l’obiettivo di sottoporre al
Cantone – previa discussione nei Comuni del Luganese, nelle assemblee di settore
e gruppi di lavoro dedicati – una proposta di modello di sviluppo entro giugno del
2015.
A questo scopo il CE farà affidamento sul suo Gruppo Tecnico di supporto che
opererà d’intesa con la Città, i Comuni e il Cantone.
Nel caso la scadenza del giugno 2015 dovesse trascorrere senza risultati concreti,
approvati dai comuni del luganese, il progetto previsto dal PCA – seppure
insoddisfacente sotto diversi aspetti – dovrà essere ripreso ed adeguato. È infatti
evidente che il Luganese ha bisogno di un assetto funzionale e territoriale più
confacente.
Per questi motivi, chiediamo che il PCA rinunci ad imporre, entro giugno del
2015, al Luganese scenari di aggregazione. In altre parole si chiede di permettere
ai comuni di dedicare tempo e risorse alla ricerca dell’accordo necessario
all’implementazione del modello innovativo che nelle intenzioni – ma soprattutto
per i problemi che esso affronterà – dovrà diventare una realtà ben prima del 2020.
In particolare si chiede che, nessun Comune in grado di autofinanziare la propria
azione e che partecipa al finanziamento degli investimenti regionali per lo
sviluppo territoriale dovrà essere, per il momento, obbligato ad aggregazioni in
forma “coatta” (o dettate dall’alto tramite il PCA).
Come detto in precedenza, nulla impedisce tuttavia di continuare le riflessioni e – se
del caso – di avviare o continuare progetti di aggregazione che partono «dal
basso».
Pregandovi di accogliere queste nostre considerazioni nell’ambito della procedura
che il PCA ha intrapreso, restiamo a disposizione per ogni approfondimento.
Cordiali saluti.
Ente Regionale per lo Sviluppo del Luganese
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Il Presidente
Il segretario del CE
Arch. Giovanni Bruschetti
Matteo Oleggini