“RETHINK - Rapporto Export 2014

executive summary
Il Rapporto Export di quest’anno si compone di due sezioni. Nella prima si analizzano le evoluzioni nella struttura dell’export
italiano tra il 2007 e il 2012, per valutare l’impatto della crisi sulle
nostre vendite all’estero. Nella seconda sezione sono esaminate
le previsioni sulle esportazioni per settori e mercati di destinazione nell’orizzonte 2014-2017, considerando anche uno scenario più pessimistico.
Il ciclo dell’economia globale e del commercio internazionale si è riflesso
pesantemente sulla crescita italiana. Tra il 2007 e il 2012 l’Italia ha registrato
un’attività economica pressoché invariata in termini nominali; l’unico contributo
è venuto dalle esportazioni nette, a fronte della caduta della domanda interna. La
composizione geografica dell’export ne è risultata profondamente mutata: i mercati emergenti rappresentano attualmente la quota maggiore delle esportazioni,
mentre la rilevanza dell’area euro si è notevolmente ridotta. Il mercato europeo
non può tuttavia essere considerato vero e proprio estero, quanto piuttosto un
mercato domestico comune, viste le analogie con l’Italia: stessa valuta, assenza di
barriere normative e doganali, vicinanza geografico-culturale. Il “nuovo export” è
nei Paesi emergenti, dove rischi di vario tipo (valutari, normativi, del credito, politici) evidenziano la complessità di esportare. Per questi Paesi si è chiuso nel 2013
il processo ventennale di catching-up (a parità di poteri d’acquisto) degli avanzati.
Nonostante le difficoltà che stanno attualmente sperimentando, essi rappresentano un importante riferimento per le esportazioni italiane.
Non si sono verificati stravolgimenti nel modello di specializzazione dell’export, ma aggiustamenti di una struttura settoriale che si era delineata agli
inizi degli anni 2000. Si sono affermati sempre più i settori di punta manifatturieri. Il Made in Italy tradizionale (beni agricoli e di consumo) ha intercettato la
domanda dei mercati lontani, esportando prodotti di elevata qualità in grado di
rispondere ai gusti dei nuovi consumatori. Vino e gioielli, in particolare, hanno
accresciuto la loro rilevanza per il nostro export. Il “nuovo” Made in Italy (beni intermedi e di investimento) ha saputo cogliere i mutamenti del commercio internazionale, sempre più incentrato sulla frammentazione delle funzioni produttive
a livello internazionale, posizionandosi nelle Catene Globali del Valore. Le esportazioni di meccanica strumentale, anche di Germania, Francia e Spagna, hanno
risentito dell’andamento negativo del ciclo europeo degli investimenti, in parte
compensato dalla positiva dinamica del “nuovo export”. L’estero ha rappresen-
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Rapporto Export SACE 2014-2017 / Executive Summary
tato un’ancora di salvezza anche per le imprese medio-grandi del settore delle
costruzioni, soprattutto quelle che già mostravano un orientamento ai mercati
internazionali.
Si è assistito a un progressivo ed evidente riposizionamento verso mercati
nuovi e più lontani, come affermato di recente anche dalla Banca d’Italia (Fig.
A), a conferma che la crisi ha spinto le nostre imprese ad andare oltre le destinazioni consolidate. In cinque anni il peso dei Paesi emergenti sull’export complessivo è aumentato di circa 4 punti percentuali, a fronte di una riduzione simile
dell’incidenza degli avanzati. L’area euro rappresenta ormai, come detto, meno
della metà delle esportazioni italiane, anche se Germania e Francia si confermano
i primi due mercati di riferimento. È cresciuta l’importanza dei mercati asiatici e
latino-americani, non solo grazie ai Paesi più noti (ad esempio, Cina e Brasile), ma
anche per il contributo di economie più piccole ma in forte crescita (ad esempio,
Filippine e Cile). Sono aumentate inoltre le vendite verso mercati caratterizzati da
contesti economici, politici e sociali meno sviluppati ma in progressiva evoluzione
(ad esempio, Vietnam e Colombia).
Esportazioni di beni dall’Italia e domanda potenziale* (IV 2010=100) Fig. A
120
110
100
90
80
70
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
ESPORTAZIONI
INTRA AREA
ESPORTAZIONI
EXTRA AREA
DOMANDA
POTENZIALE
COMPONENTE
INTRA AREA
DOMANDA
POTENZIALE
COMPONENTE
EXTRA AREA
* Dati a prezzi concatenati
Fonte: Banca d’Italia
La struttura regionale dell’export è rimasta sostanzialmente invariata tra
il 2007 e il 2012; il quadro è più complesso se si osservano i distretti. Il Nord
detiene la quota maggiore delle esportazioni (oltre il 70%), nonostante il rallentamento di alcune importanti Regioni (Lombardia e Veneto). Progressi si sono verificati nelle Regioni del Centro Sud e Isole, in particolare per le performance di Lazio,
Toscana e Sicilia. In Nordafrica sono aumentate le vendite di Liguria, Sardegna e
Sicilia a fronte del calo per Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte e Toscana; è aumentata la rilevanza dell’America Latina, soprattutto per il Piemonte, e del Medio
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Oriente, in particolare per la Liguria. In termini di distretti industriali, la dinamica al
Nord Est è risultata molto positiva, in controtendenza rispetto a quanto accaduto
alle esportazioni totali dell’area, grazie ai contributi di Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige. Per il Centro sono state molto positive le evoluzioni dei distretti
toscani, in particolare pelle, calzature, oreficeria e vino, mentre sono diminuite le
vendite di quelli marchigiani.
Le imprese esportatrici italiane, specie quelle di minore dimensione, sono
state influenzate dalla crisi in diversi modi. Sono emerse problematiche nuove, che riflettono il deterioramento del quadro macroeconomico del Paese, ma
anche questioni strutturali che da tempo costituiscono un limite all’attività d’impresa. Nel primo caso la difficoltà maggiore è stata nell’accesso al credito, dovuta
sia alla massima prudenza delle banche, alle prese con squilibri di bilancio, sia alla
minore redditività delle Pmi. Le imprese hanno reagito cercando nuovi modi per
reperire risorse finanziarie (per esempio, attraverso l’apertura del capitale agli investitori). Le questioni strutturali sono legate alla dimensione, alle capacità manageriali e di approccio ai mercati esteri e alle strategie di internazionalizzazione in
generale. La crisi è stata, almeno sul versante dei mercati esteri, un acceleratore di
decisioni strategiche, che altrimenti avrebbero tardato ad arrivare, e ha portato a
un vero e proprio processo di selezione darwiniana, dove è sopravvissuto chi ha
adottato soluzioni concrete e tempestive.
Ci sono questioni ancora aperte sulla competitività del sistema-Italia, che
influiscono sulla dinamica dell’export. Oltre al già citato problema del credito,
considerato anche dalle imprese esportatrici un ostacolo rilevante sia per le condizioni di accesso sia per gli importi erogati, pesa soprattutto la scarsa competitività
di prezzo. Su questo aspetto il nostro Paese è rimasto indietro rispetto ad altri
competitor, ad esempio la Spagna che ha registrato un recupero di competitività
in seguito alla svalutazione interna ottenuta però al costo di una disoccupazione
molto elevata. In Italia hanno gravato, in questi anni, l’incremento dei costi unitari
del lavoro e la riduzione della produttività per ora lavorata. Questa riduzione è
imputabile soprattutto alla scarsa efficienza nella gestione delle risorse umane
(per esempio, le pratiche di gestione che incidono sull’utilizzo dell’Ict). Opposte
continuano a essere le considerazioni circa la nostra competitività non di prezzo,
che conferma segnali molto positivi, per quanto difficili da misurare. Una prima
approssimazione può derivare dall’andamento del differenziale tra la dinamica
dei prezzi alla produzione dei beni venduti sui mercati esteri e i valori medi all’export: tra il 2007 e il 2012 esso è stato migliore per l’Italia rispetto ai competitor.
Nel periodo 2014-2017 si assisterà a un’accelerazione dell’economia e del
commercio globali, da cui trarrà beneficio anche l’export italiano. Il principale contributo alla crescita mondiale arriverà dalla ripresa nei mercati avanzati;
quelli emergenti si manterranno su tassi più alti sebbene inferiori alle performan13
Rapporto Export SACE 2014-2017 / Executive Summary
ce dei periodi precedenti. Gli scambi internazionali cresceranno con un’intensità
maggiore rispetto al Pil. L’export italiano di beni e servizi sarà trainato dalla maggiore domanda mondiale e aumenterà in valore del 6,9% l’anno, in media, tra il
2014 e il 2017 (si veda l’approfondimento sulla valutazione dell’accuratezza nel
tempo delle previsioni, nel capitolo 1 della sezione II). Questa dinamica consentirà
di ridurre il divario con la crescita tendenziale, ma alla fine del periodo di previsione, le nostre esportazioni di beni e servizi rimarranno del 30% circa inferiori al
livello che avrebbero raggiunto crescendo ai ritmi registrati prima della crisi. L’evoluzione dell’export di beni sarà più sostenuta rispetto a quella dei servizi, grazie a
una migliore performance della componente di prezzo.
Le esportazioni italiane di beni agricoli e alimentari cresceranno più velocemente rispetto a quelle degli altri prodotti manifatturieri (Fig. B), beneficiando dei punti di forza come tradizione e certificazione, che conteranno sempre di più, specie per l’export di alimentari e bevande (+8,9% medio annuo nel
prossimo quadriennio), oltre che dell’attenzione alle esigenze del nuovo consumo
mondiale. Anche gli altri prodotti del Made in Italy tradizionale, i beni di consumo,
registreranno un aumento significativo delle esportazioni. L’elemento che rende
i nostri articoli competitivi è la qualità, riconosciuta a livello internazionale e diffusa ormai a tutte le gamme di prodotti, non solo quelli di lusso. L’export di beni
di investimento sarà trainato dalla ripresa della produzione e degli investimenti,
soprattutto nei Paesi avanzati, e dalle esigenze legate all’industrializzazione dei
mercati emergenti, di cui beneficeranno soprattutto le esportazioni di meccanica strumentale (+8,5% in media nel 2014-2017). La specializzazione già elevata
per questi beni assumerà un’importanza crescente. I beni intermedi risentiranno
dell’incertezza della ripresa in Europa, destinazione di ben oltre la metà delle vendite all’estero per queste produzioni. Il lento recupero della domanda europea
potrà tuttavia favorire il processo di riposizionamento in altri mercati.
Esportazioni italiane per i principali raggruppamenti
di industrie (var. %) Fig. B
%
12
10
10
8
6
4
2
0
BENI AGRICOLI
E ALIMENTARI
BENI
DI INVESTIMENTO
BENI
DI CONSUMO
BENI
INTERMEDI
Fonte: SACE SRV
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2010-2013
2014-2017
La domanda di beni italiani arriverà da un mix di Paesi sempre più allargato, in cui prevarranno gli emergenti. L’Asia continuerà a essere un’area molto
dinamica (Fig. C), in particolare grazie ai Paesi del Sud-est asiatico. L’espansione
della base manifatturiera e l’aumento del Pil pro capite sosterranno le nostre
esportazioni nelle Filippine, Indonesia, Malesia e Thailandia, per quanto quest’ultimo Paese stia attraversando una fase molto delicata. La Cina continuerà a essere
un importante riferimento, nonostante il rallentamento della crescita. I mercati
dell’America Latina, alle prese con questioni strutturali che inibiscono l’afflusso
di capitali stranieri, oltre che con le difficoltà temporanee legate al tapering, registreranno una performance più moderata rispetto al passato. Questo non impedirà tuttavia all’export italiano di crescere a ritmi elevati, rafforzando la propria
posizione in economie chiave come Brasile e Messico e cogliendo opportunità
anche in mercati minori come la Colombia. In Medio Oriente le esportazioni italiane cresceranno a ritmi più sostenuti rispetto a tutte le altre aree geografiche.
In questi mercati, ricchi di risorse naturali, vi saranno nuove possibilità di export
per le nostre imprese grazie alla crescente spesa per investimenti e a politiche che
favoriscono lo sviluppo del credito interno.
Medio Oriente
Esportazioni italiane per area geografica (var. %) Fig. C
Nord America
Medio Oriente
Asia
Nord America
America Latina
Asia
altri Europa
America Latina
Africa
sub-sahariana
altri Europa
Nordafrica
Africa
sub-sahariana
altri Ue
Nordafrica
Ue 15
altri Ue
%
Ue 15
0
5
Fonte: SACE SRV
%
0
5
10
15
20
25
2010-2013
2014-2017
Fonte: SACE SRV
La ripresa dell’attività economica nei mercati avanzati sarà eterogenea,
con riflessi sulle esportazioni italiane. Negli Stati Uniti il miglioramento dei
mercati immobiliare e del lavoro stimolerà la domanda interna, influenzando
positivamente le importazioni dei nostri prodotti, da sempre molto apprezzati
dai consumatori statunitensi. Buone opportunità si avranno anche in Giappone
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Rapporto Export SACE 2014-2017 / Executive Summary
e Regno Unito, dove il nostro export crescerà a tassi superiori al 7% in media nel
2014-2017. L’area euro proseguirà a rilento, con performance differenti tra Paesi.
Le difficoltà di accesso al credito continueranno a costituire un limite all’attività
d’impresa (a eccezione della Germania), che si rifletterà sulla dinamica del nostro
export in questi mercati (+5,1%). Negli altri Paesi Ue la ripresa rimarrà debole. I
paesi europei non Ue cresceranno di più, ma comunque a tassi moderati; Russia
e Turchia mostrano le prospettive migliori grazie all’aumento degli investimenti
pubblici, specie in progetti infrastrutturali. La ripresa in Nordafrica è condizionata
dalla perdurante instabilità politica e dal clima di insicurezza. Le imprese italiane
tuttavia, grazie alla prossimità geografica e culturale, stanno tornando a esportare
nell’area, ma con maggiore selettività, considerati i rischi elevati (ad esempio, in
Tunisia +8,4%). Nell’Africa sub-sahariana la crescita sarà sostenuta dall’intensificarsi dei rapporti con l’Asia e dalla scoperta di nuove risorse naturali. Lo sviluppo
dell’attività economica e della classe media offrirà prospettive molto interessanti
per le nostre esportazioni in Paesi come Angola (+8,4%) e Sudafrica (+7,8%).
In caso di forti shock avversi, come deflazione nell’area euro e fuga di capitali dai mercati emergenti, l’impatto sul nostro export di beni sarebbe
significativo. Questi due shock comporterebbero cali del Pil e del commercio
internazionale rispettivamente di 1 e 2 punti percentuali circa nel biennio 20142015. La crescita dell’export italiano si contrarrebbe di quasi 4 punti percentuali
nello stesso periodo rispetto allo scenario base. L’impatto più forte si avrebbe per
le esportazioni di beni intermedi e di investimento, che risentirebbero maggiormente della contrazione della domanda e della spesa per investimenti a livello
mondiale. Le vendite di beni agricoli e di consumo mostrerebbero una migliore
tenuta agli shock, potendo contare di più sulla competitività non di prezzo. I mercati in cui le nostre esportazioni risulterebbero più colpite sono l’area euro e l’Asia.
Nei mercati asiatici peserebbero i rallentamenti di Cina e India, ma anche le difficoltà finanziarie di Indonesia e Thailandia. Le aree di destinazione che subirebbero il minor impatto sono il Nord America e gli altri mercati dell’Ue e dell’Europa.
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L'intero rapporto è consultabile all'indirizzo:
http://www.sace.it/GruppoSACE/content/it/consumer/research/global_market/Rapporto_Export/Rapporto_Export_2014.html