Morbo di Crohn sospeso fra geni e ambiente

Pianeta scienza
MARTEDÌ 4 MARZO 2014 IL PICCOLO
Contributo alla ricostruzione dello “science centre” napoletano
Oggi Sissa Medialab darà a
Città della Scienza cinquemila euro ricavati dalle vendite
del libro “Mini Darwin in Argentina”, edito dall’azienda
stessa. Il contributo sostiene
la
ricostruzione
dello
“science centre” napoletano
distrutto un anno fa da un rogo doloso.
Un anno fa un rogo di natura dolosa radeva al suolo
Città della Scienza; pochi mesi dopo Sissa Medialab decideva
di
pubblicare
“Minidarwin in Argentina. I
dinosauri raccontati dai
bambini”, e devolvere i ricavi
interamente alla ricostruzione del science centre napoletano. Ora è finalmente giunto il momento di consegnare
il contributo di raccolto in
questi mesi. La consegna avverrà oggi in occasione di
una giornata di celebrazioni
per ricordare il disastroso
evento, ma anche per raccontare tutto quello che è stato fatto nell’ultimo anno per
ripristinare l’attività del museo.
«Negli anni siamo stati
sempre molto legati a Città
della Scienza e abbiamo ammirato l’impegno nel coinvolgere i più giovani sui temi
scientifici», spiega Simona
Cerrato, autrice del libro insieme a Marco Avanzini. «Abbiamo perciò pensato di pubblicare un nuovo libro, il terzo della serie Mini Darwin».
«Un ringraziamento va anche a tutte quelle realtà che
ci hanno aiutato a diffondere
il libro», aggiunge Cerrato. Il
volume infatti non è stato distribuito nelle librerie in maniera tradizionale ma venduto online e attraverso coloro
che hanno aderito all’iniziativa: “science centre”, musei,
librerie (trovate la lista completa qui).
«Siamo felici del sostegno
che ci viene dimostrato, non
è solo il denaro raccolto, che
pur servirà a progettare nuove attività, ma l’affetto e la stima che ci viene comunicata
con iniziative come questa»,
è il commento di Luigi Amodio, direttore di Città della
Scienza. «Ci danno la forza
per tenere duro e continuare
nella nostra opera di ricostruzione».
AL MICROSCOPIO
“Mini Darwin in Argentina. I dinosauri raccontati dai
bambini” è un libro per i ragazzi dagli 8 ai 12 anni, che
racconta una spedizione
d’eccezione in Argentina, fatta da un gruppo di ragazzi
adolescenti insieme a scienziati e comunicatori. La spedizione ha ripercorso quella
del famoso naturalista inglese che proprio in Argentina
ha fatto importanti scoperte
per la paleontologia. Chi volesse aderire all’iniziativa
comprando il libro, organizzando presentazioni o attività in scuole e biblioteche,
può contattare Sissa Medialab: [email protected]
Licenziato? Scatta un dolore “fisico”
Uno studio triestino dimostra che subire un’ingiustizia attiva particolari circuiti cerebrali di sofferenza
di Laura Strano
Il dolore provocato da stimoli
sociali (che si prova per esempio quando si perde un amico,
o quando si subisce un’ingiustizia o più in generale viene minacciato un legame di natura
sociale) attiva circuiti cerebrali
legati al dolore fisico. Ma non
solo: come osserva uno studio
condotto dalla Sissa, questo vale anche anche quando questo
tipo di dolore si prova in maniera empatica (quando guardiamo un altro provarlo).
Vorremmo poter far a meno
del dolore, eppure senza non
potremmo sopravvivere. Il dolore ci segnala stimoli (interni o
esterni) pericolosi e guida il nostro comportamento. Il suo fine ultimo è quello di rendere
prioritari la fuga, la guarigione
e il recupero del benessere. Ecco perché lo proviamo e siamo
anche bravi a coglierlo negli altri. Il dolore infatti non protegge solo l’individuo ma anche i
suoi legami sociali. Nel cervello
esistono circuiti legati agli
aspetti più fisici del dolore e altri a quelli emotivi.
Come osserva uno studio appena pubblicato da Giorgia Silani, Giovanni Novembre e
Marco Zanon, il dolore di natu-
PIANTE
Così l’auxina
influenza lo sviluppo
Identificato un meccanismo
attraverso il quale l’auxina ormone vegetale - influenza
sviluppo e comportamento delle
piante. Generalmente l’auxina
agisce alterando i modelli di
trascrizione genica ma uno studio
pubblicato su “Science” ha scoperto
un percorso diverso che permette
all’ormone dalla superficie
cellulare di agire sulla forma delle
cellule senza modificare il
programma di trascrizione genica
della pianta. Questo tipo di auxina
extracellulare potrebbe dunque
essere più importante di quanto
sinora ipotizzato per lo sviluppo
delle specie vegetali.
Il dolore provocato da stimoli sociali attiva circuiti cerebrali
ra sociale coinvolge alcuni circuiti cerebrali del dolore fisico,
sia quando lo proviamo in prima persona, che quando ne abbiamo esperienza per via empatica, quando siamo cioè testimoni del dolore altrui.
Lo studio di Silani e colleghi
è innovativo perché ha utilizzato una procedura sperimentale
più realistica di quella usata da
altri ricercatori in precedenza e
ha confrontato, negli stessi soggetti, il comportamento e i dati
ottenuti da una risonanza magnetica funzionale durante prove di dolore sia fisico che sociale. «Gli esperimenti classici usavano una procedura stilizzata
in cui le situazioni di esclusio-
ne sociale erano simulate attraverso dei fumetti. Sospettavamo che questa semplificazione
fosse eccessiva e portasse a errori sistematici nei dati raccolti, per questo motivo abbiamo
utilizzato dei personaggi reali
attraverso dei filmati».
I soggetti partecipavano a
sessioni sperimentali con situa-
zioni simulate di gioco con la
palla, dove uno dei giocatori veniva escluso deliberatamente
dagli altri (condizione di dolore
sociale). La persona esclusa poteva essere il soggetto stesso o il
suo compagno. In un’altra serie di esperimenti invece al soggetto o al suo compagno veniva
somministrato uno stimolo lievemente doloroso (condizione
di dolore fisico). Quando non
era coinvolto in prima persona
il soggetto vedeva per intero
l’esperienza del compagno.
«I nostri dati hanno mostrato che nella condizione di dolore sociale si attiva un’area tradizionalmente associata all’elaborazione sensoriale del dolore fisico, la corteccia insulare
posteriore - spiega Silani -. Questo accadeva sia quando il dolore avveniva in prima persona,
sia quando il soggetto lo provava empaticamente».
«Le nostre osservazioni supportano il modello teorico
dell’empatia che spiega il coinvolgimento con le emozioni altrui con il fatto che la rappresentazione che ne facciamo si
basa sulla rappresentazione
dell’esperienza emotiva personale in condizioni simili», conclude Silani.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Aumentare la conoscenza delle malattie rare
Premiato da Twas il progetto realizzato da una ricercatrice dell’Istituto Pasteur di Tunisi
Un convegno per genetisti e
giovani medici, tavole rotonde
e seminari per giovani operatori della sanità, per aumentare
conoscenza e consapevolezza
sulle malattie rare nel Mediterraneo. Sono proposte di comunicazione mirata premiate da
Twas (accademia scientifica
con sede a Trieste) e Fondazione francese per le malattie rare
nell’ambito di un concorso
bandito per sensibilizzare sanitari e ricercatori sulle malattie
ereditarie trascurate in Mediterraneo e Medio Oriente.
Vincitrice è Sonia Abdelhak,
del Laboratorio di genomica
biomedica dell’Istituto Pasteur
di Tunisi, capocordata di un
consorzio con partner in Marocco, Algeria, Tunisia, Libia,
Mauritania e Francia. Il pacchetto di eventi pensati per innalzare l’attenzione sul tema
malattie rare parte con un primo evento previsto il prossimo
settembre:
il
convegno
“Consanguineità e malattie rare: sfide e prospettive nell’era
post-genomica”.
Perché puntare su comunicazione e non su ricerca? Perché se un problema non sembra importante è difficile che
vengano finanziate ricerche.
«Vogliamo richiamare l’attenzione sulla maggior incidenza
di alcune malattie rare, ma
non solo, in quest’area», spiega Abdelhak. «I paesi nordafricani registrano un aumento di
malattie non comunicabili come sordità, cecità, malattie del
cavo orale o sessualmente trasmissibili. Bisogna smuovere
gli operatori del settore».
L’aumento di malattie rare
in area mediterranea si deve a
un mix di scarsa conoscenza di
genomica e proteomica, a poca dimestichezza con le malattie ereditarie e all’usanza di
contrarre matrimoni tra con-
Galileo. Koch. Jenner. Pasteur. Marconi. Fleming...
Precursori dell’odierna schiera di ricercatori
che con impegno strenuo e generoso (e spesso oscuro)
profondono ogni giorno scienza, intelletto e fatica
imprimendo svolte decisive al vivere civile.
Incoraggiare la ricerca significa
optare in concreto per il progresso del benessere sociale.
La Fondazione lo crede da sempre.
sanguinei. Un esempio è lo xeroderma pigmentoso - che dà
fotosensibilità e aumento dei
tumori cutanei - che compare
solo se entrambi i geni (paterno e materno) ereditati da una
persona sono malati.
«La frequenza di questa malattia – spiega Abdelhak – è 10
volte maggiore che nel resto
dell’Europa e oltre l’80 per cento dei bambini colpiti viene da
matrimoni tra parenti».
Le malattie genetiche censite in Nord Africa sono più di
500, sulle 7000 oggi note. Di
queste, ben 400 interessano la
Tunisia, ma circa la metà non è
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stata caratterizzata dal punto
di vista molecolare. La diffusione di indagini genetiche e di
collaborazioni transfrontaliere
ha prodotto test e programmi
di screening, ma molto resta
ancora da fare.
Focalizzarsi sulla comunicazione delle malattie rare in questa regione significa sviluppare
e adattare localmente strategie
di successo presenti altrove. In
tal senso, l’iniziativa della Fondazione francese e della Twas
appare strategica per lo sviluppo di una regione, come il bacino del Mediterraneo, dove insistono 400 milioni di persone.
QUESTA PAGINA È REALIZZATA IN COLLABORAZIONE CON
Morbo di Crohn
sospeso fra geni
e ambiente
di MAURO GIACCA
P
rovate a leggere un libro
di medicina di trent’anni
fa e troverete che molte
malattie avevano una causa
“idiopatica”, termine colto per
dire che non si capiva perché
insorgessero. Tra queste: l'ulcera gastrica, l'ipertensione, i tumori e l'Alzheimer. Poi si cominciò a capire che erano l'ambiente o lo stile di vita o le infezioni a giocare un ruolo fondamentale. Ma perché, pur condividendo le stesse cause ambientali, soltanto alcune persone si ammalavano? Ecco che allora il concetto divenne quello
che le malattie idiopatiche sono causate da un'interazione
complessa tra ambiente e geni.
Così queste malattie divennero
malattie con "eziologia complessa a influenza genetica e
ambientale". Termine vago di
nuovo, perché come il rapporto tra geni e ambiente si estrinsecasse rimaneva largamente
sconosciuto.
Un esempio paradigmatico
è quello del morbo di Crohn. La
malattia, molto invalidante,
colpisce più di una persona su
mille, causando un'importante
infiammazione dell'intestino.
Già da quando Burrill Crohn,
un gastroenterologo di New
York, la descrisse negli anni '30,
fu subito chiaro che l'influenza
dei fattori ambientali era fondamentale; dieta rigida, stile di vita controllato, niente fumo,
niente stress divennero dei precetti assoluti. Ma divenne anche subito chiaro che c'era una
predisposizione genetica: i fratelli dei pazienti con la malattia, ad esempio, avevano 30 volte più probabilità di svilupparla. Quando le tecniche della genetica lo resero possibile, cominciò la caccia ai geni responsabili. E qui però ci fu una sorpresa: una delle variazioni trovate nei pazienti era a carico di
un gene, chiamato ATG16L1,
che è coinvolto nella regolazione dell'autofagia, un processo
per cui le cellule letteralmente
digeriscono parte delle proprie
strutture per rigenerarle di continuo. Cosa c'entrasse l'autofagia con il morbo di Crohn e perché stress e alimentazione scatenassero la malattia rimasero
domande senza risposta.
La spiegazione ce l'hanno data dei ricercatori di San Francisco, pubblicando su Nature
uno studio che dimostra come
lo stress ambientale tenda a
causare la distruzione, all'interno delle cellule, proprio di
ATG16L1, e come la proteina
mutata dei pazienti con il
Crohn sia molto più sensibile a
questo
processo:
senza
ATG16L1 non c'è più autofagia
e quindi la malattia si manifesta. Oltre a aprire importanti
possibilità terapeutiche, legate
alla possibilità di indurre l'autofagia nei pazienti, lo studio rappresenta un esempio elegante
di come il concetto un po'
astruso di interazione tra geni e
ambiente alla fine possa essere
spiegato in maniera semplice a
livello di specifiche molecole.