Terziario donne, ricorso al Tar «Camera, quote rosa insufficienti» di Enrico Orfano di scena alla Camera di commercio di Trento. Non bastavano i ricorsi di Confindustria e l'attesa dell'ultimo pronunciamento del Tar di fine mese. Ora la presidenza di Gianni Bort è messa in discussione da un soggetto proprio dell'Unione: Terziario donna di Confcommercio ha «depositato al Tar di Trento il ricorso con la richiesta di annullamento dell'atto di convalida del consiglio camerale, e ogni altro provvedimento connesso, invocando l'illegittimità per vizio derivante dalla violazione del principio della priorità di genere». Inflessibile la presidente di Terziario donna, Rita Marano: «Questa azione si colloca nell'impegno assunto con il progetto nazionale Donne e governance. Con questa azione vogliamo contribuire al progresso della nostra società, il nostro obiettivo infatti è esercitare potere di influenza affinché i principi non rimangano astratti sulla carta ma vengano tradotti, trovando concretezza, in scelte operative. Auspichiamo che il Tar di Trento accolga la nostra istanza rafforzando questo spirito». L'associazione, che fa parte dell'Unione (e ha promosso il ricorso assieme a Lucia Salvaterra) il ricorso argomenta: «Il TRENTO Colpo neoeletto consiglio della Cciaa di Trento così come ufficialmente costituito in data 7 agosto 2014, in carica sino al 2019, è composto da 48 membri: 36 uomini e 12 donne. L'attuale presenza femminile è di fatto inferiore alla quota paritaria (5096) ma è anche inferiore alla quota di 1/3 che la legge nazionale ha individuato quale quota minimale per garantire l'espressione di volontà capace potenzialmente di incidere sulle scelte dell'organo. In particolare i settori turismo (5 imprenditori) e commercio (7 imprenditori) sono totalmente privi della componente femminile. Questi sono comparti strategici per il territorio e registrano una alta femminilizzazione delle imprese. La parità di genere è sancita dalla nostra Costituzione, dalla legge Italiana e dalla specifica normativa delle Cciaa. Queste fissano il criterio da utilizzare per la composizione del consiglio stabilendo 1/3 come quota minimale per garantire il principio della parità di genere. La Camera di commercio, pur sot- toposta a potestà legislativa regionale, ha comunque un grave ritardo rispetto all'adeguamento del suo statuto alle norme del resto del Paese, che in questa materia hanno peraltro valenza economico-sociale. Infatti, detto statuto si limitata a riportare il principio generale delle pari opportunità ma nulla indica circa una "presenza qualificata"». Da notare che la questione era già stata sollevata, a partire dalla formazione della giunta camerale, che non annovera alcuna presenza femminile al suo interno. Dato che la Regione nulla dice in tema, non si sa se il Tar potrà dar ragione alle donne. Il percorso «canonico», d'altro canto, è già stato avviato dalla consigliera provinciale del Pd Lucia Maestri, che ha promosso una modifica legislativa ad hoc. Rispetto a quest'ultima «ortodossa» iniziativa Bort si dice assolutamente d'accordo. Rispetto invece a quanto fatto dalle donne della sua associazione, non può mancare un certo nervosismo. «Siamo di tante idee diverse e per fortuna siamo in una società libera che permette la loro espressione. É certo però che chi si espone in questo modo se ne assume anche tutta la responsabilità». Da notare che Matano non ha avvisato Bort prima di procedere. Q RIPRODUZIONE RISERVATA
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