IL PICCOLO – mercoledì 19 marzo 2014 Indice articoli

IL PICCOLO – mercoledì 19 marzo 2014
(Gli articoli di questa rassegna, dedicata esclusivamente ad argomenti di carattere economico e sindacale, sono scaricati dal
sito internet del quotidiano. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)
Indice articoli
ECONOMIA (pag. 2)
Generali Italia, arriva il piano Donnet
Vertice Electrolux a Roma. Il Veneto attacca il Fvg (2 articoli)
REGIONE (pag. 4)
Matteo e Debora divisi dalla specialità
TRIESTE (pag. 5)
Diaco, arrivano gli ucraini (2 articoli)
«No ai 130 licenziamenti». Wärtsilä scende in piazza
Rigassificatore, Gas Natural gioca la carta Tar
«Maestre snobbate, dopo il Tar il Comune resta in silenzio» (3 articoli)
GORIZIA-MONFALCONE (pag. 11)
«Il rientro dalla Cigs non è oggetto di scambio»
ECONOMIA
Generali Italia, arriva il piano Donnet
di Luigi Dell’Olio MILANO Philippe Donnet sta mettendo a punto i dettagli: tra pochi giorni, più
esattamente questo venerdì, il numero uno di Generali Italia presenterà la nuova visione della divisione
nata in capo al Leone lo scorso luglio per presidiare al meglio il mercato interno. La missione che
Mario Greco ha affidato al manager francese (subentrato a Raffaele Agrusti lo scorso ottobre) non è
delle più facili. Lo stesso group ceo, presentando nei giorni scorsi i risultati 2013 a livello di gruppo, si
è soffermato sulla riorganizzazione italiana spiegando che «per ora non sono emersi problemi», per poi
sottolineare che si tratta di una ristrutturazione gigantesca. Sono due i filoni di intervento su cui si
concentrano le attenzioni di Donnet: da una parte velocizzare l’integrazione tra le strutture esistenti per
generare efficienza, dall’altra parte recuperare redditività. Il primo obiettivo è più semplice, visto che le
direttive sono già state fissate a livello di gruppo diversi mesi fa, con la decisione di portare i marchi
esistenti da otto a tre: Generali, compagnia vita e danni con un’unica rete distributiva di agenzie per il
business retail e middle market; Alleanza, focalizzata sulle famiglie italiane attraverso la sua rete di
produttori diretti e un’offerta di prodotti vita e danni; infine Genertel, attiva nel vita e nel danni dei
canali alternativi (telefono, web e bancassicurazione). Nelle scorse settimane è stata avviata la
migrazione in un unico sistema informatico derivante da quello della vecchia Generali, che viene
progressivamente esteso alle ex agenzie Ina-Assitalia e Toro. La digitalizzazione è un must per alzare
l’asticella della qualità nel servizio, secondo lo stesso Donnet, che non a caso ha destinato all’It circa
metà dei 300 milioni stanziati dal gruppo per l’Italia da qui al 2016. Di pari passo si è cominciato a
lavorare anche per integrare il fronte amministrativo e quello del personale, quest’ultimo probabilmente
il più complicato per le differenti modalità adottate a lungo nei diversi marchi oggi oggetto della
semplificazione. La rapidità con la quale si riuscirà a completare i processi di integrazione sarà decisiva
per il recupero di redditività. Anche se su questo fronte il lavoro di Donnet e del suo team contano fino
a un certo punto, considerato che molto dipenderà comunque dalle dinamiche del mercato in generale.
Questo sarà l’anno della verità per il ramo vita, in cui il Leone ha la leadership nazionale (+8% la
nuova produzione nel 2013) nonostante la crescente concorrenza di UnipolSai, il nuovo colosso nato
dall’integrazione tra il gruppo bolognese e la galassia Fonsai rilevata dalla famiglia Ligresti. Nel ramo
danni, invece, il Leone (-7,6% la produzione lo scorso anno) è secondo in Italia dopo UnipolSai, anche
se una delle principali missioni affidate a Donnet è la crescita del marchio Alleanza nell’Rc auto. Pur
con diversi accenti, tutti gli studi sono concordi sul fatto che la redditività sul danni resterà limitata nei
prossimi due-tre anni, quindi eventuali performance positive di singoli operatori potranno essere
ottenute solo a scapito dei concorrenti. A questo proposito, un recente paper dell’Ania, intitolato
“Scenari e prospettive della distribuzione assicurativa in Italia”, sottolinea che nella Penisola è in
crescita il numero di automobilisti disposti a cambiare operatori, con la preferenza che resta in favore
delle compagnie tradizionali, nonostante la progressiva erosione di quote da parte delle dirette.
Vertice Electrolux a Roma. Il Veneto attacca il Fvg
di Massimo Greco TRIESTE Vertenza Electrolux, la trasferta dei governatori regionali o dei loro
rappresentanti a Roma per l’incontro odierno con i ministri Guidi e Poletti rischia di partire azzoppata
da un possibile conflitto inter-istituzionale. O meglio, un conflitto tra le Regioni Friuli Venezia Giulia e
Veneto. Sempre che Lombardia ed Emilia Romagna non ritengano a loro volta legittimi i timori
paventati da Venezia. Tutto è nato ieri pomeriggio in seguito alle dichiarazioni rese dall’assessore al
Lavoro del Veneto, Elena Donazzan, dopo un aggiornamento con i sindacati sullo stabilimento di
Susegana, in vista del vertice romano. Il punto che duole è quello degli annunciati interventi della
Regione autonoma Friuli Venezia Giulia a sostegno del sito produttivo di Porcia: «Il problema non è tra
Veneto e Friuli - argomenta la Donazzan - ma è una questione di carattere nazionale». In che senso?
Perchè - spiega l’assessore - «non sarebbe corretto applicare diversi contratti di solidarietà in uno
stabilimento rispetto all’altro». «Chiediamo al governo garanzie - continua - per non avallare una
concorrenza sleale. Una posizione istituzionale questa che verrà adottata dal presidente Zaia». In altri
termini, la Donazzan teme che le maggiori attribuzioni e disponibilità finanziare della regione a statuto
speciale friulo-giuliana determinino un “vantaggio competitivo” a favore di Porcia rispetto agli altri tre
siti. Comunque la Regione Veneto - ha messo le mani avanti la Donazzan - farà tutto il possibile per
Susegana, attivando la programmazione comunitaria «per favorire interventi strutturali, come
l’abbattimento dei costi energetici». La Regione Friuli Venezia Giulia evita il duello e smorza con il
vicepresidente Sergio Bolzonello: «Se si vogliono riportare risultati concreti serve una solida unità di
tutti i soggetti interessati, a cominciare da quelli istituzionali. Abbiamo attivato risorse e strumenti
normativi, questo è un segnale preciso nei confronti del Governo e di Electrolux. Se altre regioni
vorranno seguire questa strada il segnale sarà più forte». Certo, alla vigilia di un incontro delicato con i
due neo-ministri del governo Renzi, che per la prima volta si confrontano con le rappresentanze
istituzionali territoriali sul caso Electrolux, il “tackle” della Donazzan rompe quella serena trasversalità
che finora aveva connotato il comportamento delle 4 Regioni interessate, a dispetto delle differenti fedi
politiche (Lombardia e Veneto leghiste, Friuli Venezia Giulia e Emilia Romagna “dem”). Finora, tra
governo e regioni, obiettivamente solo il Friuli Venezia Giulia, il più sollecitato stante la critica
situazione di Porcia, ha prospettato un intervento concreto con un piano da 98 milioni, di cui una
trentina “cash” e una sessantina a valere sul fondi europei. Non tutta la risorsa finirebbe in campo
Electrolux, ma una parte sì. Oggi al ministero ci saranno il governatore Debora Serracchiani e il vice
Sergio Bolzonello. La parola passa all’esecutivo nazionale: la scorsa settimana i ministri Federica
Guidi (Sviluppo Economico) e Giuliano Poletti (Lavoro) hanno comunicato ai sindacati in primo luogo
la volontà di rifinanziare il fondo per la decontribuzione della solidarietà contrattuale, in seconda
battuta l’intenzione di supportare ricerca&sviluppo. In cambio il governo vuole da Electrolux impegni
di ordine produttivo e occupazionale. Il vice-ministro De Vincenti ha chiesto all’azienda un nuovo
piano. Ma Roma, Milano, Venezia, Bologna, sul “quantum” da mettere sul tavolo per mantenere
Electrolux in Italia, al momento sono “non pervenute”: l’ora della verità si approssima.
Tavolo decisivo per salvare la presenza svedese in Italia
Il ministro dello Sviluppo Economico Federica Guidi incontra oggi i governatori delle quattro Regioni
interessate alla vertenza Electrolux: Friuli Venezia Giulia, Veneto, Lombardia, Emilia RomagnaIl
governatore del Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani partecipa al vertice romano, dove porta il
“Piano Rilancimpresa” che prevede 98 milioni a supporto di situazioni industriali critiche, con
particolare riferimento a ElectroluxL’assessore al Lavoro della Regione Veneto Elena Donazzan ha
sollevato la questione della «concorrenza sleale» legata all’intervento del Friuli Venezia Giulia, che, in
virtù della specialità, ha più soldi e competenze
REGIONE
Matteo e Debora divisi dalla specialità
di Marco Ballico TRIESTE Il governo Renzi intende restituire allo Stato alcune competenze regionali
in via esclusiva? Debora Serracchiani denuncia il rischio di una razionalizzazione «solo apparente». E
ribadisce che, se la specialità è gestita bene come in Fvg, la periferia si dimostra più virtuosa del centro.
Per questo la Regione non solo non intende cedere funzioni ma, al contrario, le vuole incrementare
aggiungendo all’elenco paesaggio e scuola. Tema sempre in primo piano quello del rapporto tra Roma
e autonomie. Tanto più adesso che il nuovo governo infila nella riforma costituzionale il ridisegno del
Titolo V, quello che ha ampliato e non di poco le competenze delle Regioni allargando i centri di spesa.
Nel ddl si prevede che lo Stato riacquisisca tra l’altro il totale controllo del commercio con l’estero,
della programmazione turistica, dell’ordinamento delle professioni intellettuali, della tutela e sicurezza
del lavoro, delle norme generali sul governo del territorio e l’urbanistica. In particolare sul commercio
con l’estero Serracchiani è stata tirata in ballo da un articolo del Corriere della Sera a firma Sergio
Rizzo a proposito della recente missione in Azerbaigian che ha visto la presidente accompagnare una
delegazione di imprenditori Fvg nell’ambito delle iniziative Unioncamere per cercare nuovi rapporti
industriali e commerciali all’estero. Nel mirino un riferimento di Serracchiani all’esportazione nel
Caucaso delle barbatelle di Rauscedo (mercato da 100 milioni di euro all’anno e con 2mila occupati, fa
sapere la Regione) su cui il quotidiano ironizza sottolineando la stranezza di una Regione che si occupa
dell’export di piante di viti e altri prodotti. Passaggio a margine di una questione, la difesa della
specialità, vitale per il Fvg e su cui la Paritetica targata Illy sta mettendo in cantiere una decisa
controffensiva. «Credo che nessuno rimpianga uno Stato in cui tutto è centralizzato - dichiara in
premessa Serracchiani -, con strutture burocratiche elefantiache, pesanti come le partecipate statali
degli anni ’70, lontane dalla realtà e soprattutto dai potenziali dinamismi dei territori». Quella della
governatrice, che spiega di non voler conservare situazioni «in cui la burocrazia è solo moltiplicata per
il numero delle Regioni», è una difesa dell’ente territoriale intermedio, di quelli che funzionano bene,
«che assicurano un servizio realmente ritagliato sul cittadino e generano risparmi». La partita è tra
centralismo e federalismo. Serracchiani, e pazienza se la linea del governo non è così netta, non ha
alcun dubbio su quale parte prendere: «La tentazione di svuotare di competenze le Regioni, come
contravveleno agli eccessi della proliferazione dei centri di spesa, ha in sé il rischio di andare nel senso
opposto a quello sperato, generando una razionalizzazione solo apparente. Occorre ricordare che
l'amministrazione dello Stato in Italia non è la stessa che in Francia?». Nel caso specifico, prosegue la
presidente, «il Fvg è un esempio di come si possono gestire competenze primarie assicurando servizi di
elevato livello. Si può migliorare e lo stiamo già facendo, con l’abolizione delle Province, la
semplificazione e il taglio dei costi della politica. Ma siamo convinti che gestiremmo meglio dello
Stato e con minori spese le competenze sulla tutela del paesaggio e sulla scuola». Serracchiani fa anche
qualche altro esempio. Chiarisce che, nel momento in cui le Regioni sono titolari di competenze come
quelle sulle attività produttive, «è illogico negare loro la possibilità di intervenire in quella che è
un’emergenza nazionale, cioè fare export e generare Pil. In Germania nessuno si sognerebbe mai di
impedire ai Länder di utilizzare delegazioni commerciali: si chiama “sistema Paese”». E rimarca che il
punto è «fare le cose con metodo avendo in mente un risultato di qualità». Lo Stato vuole il commercio
con l’estero? «Noi stiamo lavorando con Finest, Informest e Ince proprio per affinare le relazioni
commerciali e offrire opportunità alle nostre imprese».
TRIESTE
Diaco, arrivano gli ucraini
di Piero Rauber Alla faccia delle delocalizzazioni a Est che nel nome dei tagli al costo del personale
lasciano qui in casa una scia di disoccupati (come non ricordare la caduta ingloriosa della Stock due
estati fa) proprio da Est tira ora un vento contrario che sta facendo annusare a Trieste - sopra la Diaco il profumo, pressoché sconosciuto, del possibile recupero di antichi posti di lavoro che parevano persi:
33, per la precisione, per cui si sta aprendo la possibilità di altrettante riassunzioni entro la fine del
2015. Sono quelli di chi, per intanto, oggi vive - e potrebbe continuare a farlo a questo punto fino al
richiamo in servizio - in cassa integrazione straordinaria dopo aver dovuto abbandonare, nei mesi
scorsi, il proprio posto nella nota fabbrica farmaceutica. La trattativa, in realtà, deve ancora chiudersi
però, dando credito alle spicce indiscrezioni trapelate nelle ultime ore, e al di là delle incognite sempre
in agguato in simili delicatissime operazioni, potrebbe essere vicina alla dirittura d’arrivo: due
investitori ucraini, già attivi nel settore farmaceutico e seguiti passo passo da uno studio professionale
cittadino nel ruolo di advisor, stanno trattando infatti da settimane - e ne sarebbero appunto ormai
prossimi - l’acquisto dei Laboratori Biomedicali Diaco di via Flavia dalla Sm Farmaceutici Srl che
aveva rilevato a sua volta l’azienda dal fallimento seguito al crac Cerami. Il nome e il marchio Diaco questa l’origine di tale inedito vento dell’Est - continuerebbe a tutt’oggi a conservare un certo appeal in
ambito internazionale: gli investitori ucraini sarebbero interessati a cavalcarlo per estendere il proprio
business e, così facendo, andrebbero nel contempo a rilanciare sia la fabbrica di via Flavia (per il
momento la partita si starebbe giocando solo sul tavolo di Trieste e non quello di Potenza, l’altra sede
dell’ex impero Cerami) che il suo personale. Per questo esiste già una società di scopo, la Diaco
Farmaceutici Srl, interamente di proprietà dei due imprenditori stranieri, con management locale, nata
proprio in vista del possibile acquisto dei Laboratori Biomedicali. La notizia delle mire ucraine sulla
Diaco era nell’aria ma era stata tenuta sottotraccia dagli stessi sindacati, oltre che da venditori e
compratori, per evitare di bruciarne l’esito. Finché ieri, proprio dagli ambienti sindacali, non l’hanno
più tenuta. La parte dei confronti che coinvolgeva appunto i rappresentanti dei lavoratori, d’altronde, è
già andata a buon fine. Era necessaria, peraltro, affinché potesse innescarsi l’altra faccia della trattativa:
quella della compravendita vera e propria. L’accordo occupazionale raggiunto e firmato tra i sindacati,
la proprietà attuale e quella che le vuole subentrare, in particolare, prevede il rinnovo per due anni delle
procedure per la cassa integrazione straordinaria già in atto per i 33 dipendenti rimasti, tutti riassumibili
dopo che saranno stati completati, indicativamente entro la fine del 2015, i passaggi che servono per far
ripartire le attività in via Flavia, si pensi solo agli accreditamenti con l’Aifa, l’Agenzia nazionale del
farmaco. Era una parte della trattativa necessaria, come detto, ma non sufficiente, alla luce delle ultime
ore. Mentre ieri la notizia degli ucraini impegnati nella scalata alla Diaco cominciava a diventare di
pubblico dominio, proprio per effetto dell’intesa andata in porto sul fronte sindacale, negli uffici
dell’advisor venditori e compratori continuavano a parlarsi, senza però riuscire a trovare ancora un
punto d’incontro tra domanda e offerta soddisfacente per tutti. L’entità finanziaria dell’operazione è
top-secret: sarebbe questo dopotutto, l’aspetto economico s’intende, il solo tassello mancante per il
completamento del mosaico. Da quella che a meno di colpi di scena dovrebbe diventare la nuova
proprietà della Diaco non vengono, per ora, dichiarazioni. Trapela solo la conferma che la trattativa non
è chiusa ma si trova in uno stato «molto avanzato», alla cosiddetta «fase dei dettagli», e che precise
indicazioni su ciò che la futura Diaco vorrà e potrà fare arriveranno «alla chiusura dell’atto finale», al
rogito quindi. Ciò che filtra ancora da chi rappresenta i nuovi investitori è, logicamente, l’auspicio che
sia «questione di giorni». Se lo augurano pure i sindacati, dato che il primo accordo già firmato senza
autografi sul secondo diventa carta straccia, e soprattutto i 33 dipendenti.
Già firmato l’accordo con i sindacati
Da troppo tempo sono abituati a dare cattive notizie, e ora preferiscono essere prudenti. I sindacati non
nascondono di puntare molto sulla soluzione, che parrebbe ormai imminente, della crisi della Diaco: le
sigle hanno già firmato l'accordo con le due proprietà e ora restano in attesa della conferma definitiva
della ripartenza della fabbrica.Un avvenimento «cui non eravamo più abituati», dicono. «Siamo in
attesa della definizione del contratto - spiega Michele Piga, segretario provinciale della Filctem Cgil -,
per quanto riguarda la parte sindacale l'accordo è fatto». Secondo il sindacalista della Filctem il caso
Diaco, se tutto andrà liscio, può essere un buon punto di partenza per un possibile sviluppo economico
del territorio: «Per la Filctem è da qui che bisogna ripartire - afferma Piga -. In un momento in cui tutti
i settori precipitano, quello farmaceutico e il chimico di base lasciano almeno sperare in una ripresa sul
medio e sul lungo periodo». Piga valuta positivamente la possibilità che i nuovi gestori dell'impianto
includano nel piano industriale la produzione di nuovi generi di farmaci: «Siamo cautamente ottimisti.
Una volta siglato l'accordo ci dovrebbero presentare il piano, che finora con le trattative in corso non
abbiamo potuto vedere. Sulla base di quel documento, e sul pronoprogamma del reintegro dei
lavoratori, potremo esprimerci in modo più compiuto». Dice il collega della Uiltec Uil Elio Melon:
«Ovviamente la soddisfazione da parte nostra c'è. L'accordo è stato calibrato assieme alle due aziende,
la Sm Farmaceutici e la nuova proprietà. Poter dare ai lavoratori la copertura degli ammortizzatori
sociali con una prospettiva certa di reintegro è finalmente una buona notizia». Resta d'obbligo la
prudenza: «In tempi così duri abbiamo imparato a essere prudenti e scaramantici - dichiara Melon -.
Sicché fino a quando non ci sarà tutto nero su bianco è meglio parlare al condizionale e non
abbandonarsi». Melon sottolinea come anche in questo caso positivo «non si possa fare a meno di un
ricorso aggiuntivo agli ammortizzatori. Anche perché in ogni caso fino al 2015 non si parlerebbe di far
ripartire l'impianto a pieno regime». Giovanni Tomasin
«No ai 130 licenziamenti». Wärtsilä scende in piazza
di Silvio Maranzana Alla fine ne è stata contagiata anche la più grande industria della provincia, la
Wärtsilä. È il morbo malefico del taglio di personale che si è attaccato un po’ ovunque e, solo per
restare in ambito metalmeccanico, ha già ridotto ai minimi termini la Sertubi e minaccia di fare strage
alla Ferriera di Servola. «Far fuori 120 o 130 persone - commentano i rappresentanti dei lavoratori equivale a chiudere da un giorno all’altro un’azienda di medie dimensioni». Ma è questo il taglio che si
prospetta nello stabilimento di Bagnoli della Rosandra e per dire no a questa ipotesi operai, impiegati e
tecnici faranno questa mattina un presidio di due ore, dalle 10.30 alle 12.30, in piazza Oberdan davanti
al Consiglio regionale anche in concomitanza con l’audizione che i sindacalisti avranno alle 11.45 nel
corso della seduta della Seconda commissione permanente del Consiglio che ha competenza anche
sull’industria. Tutto ciò nell’ambito di uno sciopero che comprenderà l’intera giornata di oggi,
prolungandosi dunque per otto ore. Sciopero e presidio sono stati decisi pressoché all’unanimità ieri nel
corso di due assemblee svoltesi nello stabilimento e molto partecipate - con la presenza solo in quella
del mattino di quasi cinquecento persone - nel corso delle quali i dodici rappresentanti interni di FimCisl, Fiom-Cgil e Uilm hanno relazionato sull’aggravarsi della vertenza. Nel corso del confronto con il
coordinamento sindacale svoltosi venerdì scorso, la dirigenza aziendale Wärtsilä ha presentato le linee
guida del nuovo Piano industriale, confermando quanto già ufficiosamente preannunciato, cioé
l’esistenza di 130 eccedenze strutturali, da intendersi come esuberi di personale. Il colosso finlandese
ha a Trieste la propria principale sede in Italia con 1.150 dipendenti, mentre altri 200 sono sparsi nei
presidi minori di Milano, Genova, Napoli e Taranto. Anche se l’abbozzo di Piano dunque non entra nel
dettaglio dei settori da ridimensionare è logico attendersi che i tagli quasi per intero ricadranno sullo
stabilimento di Bagnoli della Rosandra. «Alla Regione - preannuncia Fabio Kanidisek di Fim-Cisl intendiamo chiedere di appoggiarci nel chiedere a Wärtsilä un esame più attento della situazione attuale
e futura per riverificare la reale esistenza di esuberi». «Anche la Wärtsilä è ora una reale drammatica
emergenza - aggiunge Antonio Rodà, segretario provinciale Uilm - e se non è ancora possibile aprire
uno specifico Tavolo, intendiamo coinvolgere nella battaglia i rappresentanti politici a tutti i livelli a
partire dal sindaco perché 120 posti di lavoro sono l’equivalente di un’azienda di medie dimensioni».
Tutto ciò dovrà avvenire prima del 4 aprile allorché è già stato fissato il prossimo confronto con
l’azienda che per quanto riguarda gli esuberi potrebbe essere quello decisivo. Intanto i dipendenti di
Wärtsilä scendono in piazza il che, se si escludono le partecipazioni di rappresentanze a scioperi
generali, non accadeva dal gennaio 2008 allorché il corteo dei lavoratori che protestavano contro il
mancato rinnovo del contratto, raggiunse via Flavia bloccando il traffico all’incrocio con via Caboto e
strada della Rosandra e rientrando nello stabilimento lungo la Gvt. Da allora ci sono già state in questi
ultimi anni riduzioni di personale. «Ma con accompagnamento da parte dell’azienda verso il
pensionamento dei dipendenti che avevano già una notevole anzianità - specifica Rodà - stavolta invece
si parla di tagli al buio senza sapere nemmeno se la proprietà intenda avvalersi degli ammortizzatori
sociali».
Rigassificatore, Gas Natural gioca la carta Tar
Gas Natural, in realtà senza grandi speranze, tenta l’ultimo assalto per il rigassificatore di Trieste. Oggi
infatti dinanzi al Tar del Lazio, al momento in cui sarà chiamata la causa intentata dalla società
energetica catalana per invalidare la sospensione per sei mesi, decretata dall’ex ministro dell’Ambiente
Corrado Clini alla compatibilità ambientale rilasciata dal governo nel 2009, i legali di Gas Natural
chiederanno uno slittamento per meglio documentare le proprie istanze. Forse sarà anche una mossa
tattica affinché la pietra tombale sul rigassificatore di Zaule non venga ancora posta, magari nella
speranza che nell’immediato futuro tutti gli scenari cambino. A quanto risultava ieri sera l’Avvocatura
dello Stato non si opporrà a questa richiesta di rinvio per cui lo slittamento è molto probabile. La causa
dovrebbe essere discussa oggi nel merito perché sulla sospensiva, chiesta anch’essa dagli spagnoli, il
Tar ha già risposto negativamente il 19 luglio scorso. Allora i giudici motivarono la propria decisione
rilevando che «in caso di mancata adozione di ulteriori provvedimenti da parte del Ministero
dell’Ambiente, il provvedimento impugnato non potrà che perdere la sua efficacia a far data dal 18
ottobre 2013» (termine di scadenza dei 180 giorni indicati nel decreto di Clini del 18 aprile 2013). Il
Tar rilevava anche che «la vicenda, di estrema complessità, può trovare adeguata tutela solo attraverso
la celere fissazione del merito». Il 17 ottobre, cioè un giorno prima della scadenza della sospensione, il
ministero dell’Ambiente ha comunicato di essere sul punto di revocare a Gas Natural il decreto di
compartibilità ambientale, ma ha dato 10 giorni di tempo alla società catalana per presentare le proprie
osservazioni. Il decreto sospensivo prevedeva due vie d’uscita: la possibilità che l’Autorità portuale
ridetermini le proprie previsioni di sviluppo, il che non è avvenuto, e l’opportunità alla società
proponente di individuare una localizzazione alternativa il che, almeno ufficialmente, non è mai stato
fatto. Ma neppure è mai stato adottato, e ciò certamente costituisce un piccolo giallo, alcun
provvedimento di revoca da parte del ministero (come ha confermato ieri sera la Regione),
provvedimento che a propria volta potrebbe essere comunque motivo di impugnazione da parte di Gas
Natural. Secondo la Regione che con due deliberazioni giuntali ha dato una valutazione negativa sulla
coesistenza tra rigassificatore e previsioni di sviluppo del porto, lo stato delle cose è a questo punto. In
giudizio contro Gas Natural si sono costituiti l’Avvocatura dello Stato per il ministero, l’avvocatura
della Regione per l’amministrazione regionale, il Comune di Trieste e la Siot. (s.m.)
«Maestre snobbate, dopo il Tar il Comune resta in silenzio»
di Piero Rauber Hanno fatto capire ai sindacati in cui si riconoscono di essersi sentite snobbate, se non
addirittura denigrate, dal Comune, il loro datore di lavoro: prima, durante e dopo esser state costrette a
lavorare due settimane a testa, l’altra estate, in forza di un precetto che il Tribunale amministrativo ha
poi sconfessato. E ora che il Tar ha dichiarato per l’appunto illegittima la delibera con cui la giunta
Cosolini le aveva richiamate al nido o alla materna tra luglio e agosto scorsi, le cento e più maestre
comunali che avevano impugnato la delibera e che hanno vinto il ricorso - e con loro le colleghe che ne
condividono il punto di vista - hanno lasciato intuire, a questi stessi sindacati, d’avere la sensazione di
esser state persino dimenticate. Sempre e comunque dal loro datore: il Municipio. È stata insomma
tutto fuorché cerchiobottista la sintesi che ieri, poco prima di pranzo, l’inedita triplice sindacale formata
dai segretari del pubblico impiego di Cisl, Uil e Ugl - la stessa triplice che ha appoggiato esternamente
il ricorso al Tar - ha dispensato ai giornalisti in occasione di una conferenza stampa indetta tra le due
assemblee di giornata, la prima al mattino e la seconda al pomeriggio, dedicate proprio alle maestre
comunali sul tema caldo, rovente, del servizio estivo alla luce della sentenza del Tar. Una sentenza l’esordio di Walter Giani della Cisl - che «ha gratificato le insegnanti dopo la mancanza di rispetto che
hanno ricordato d’aver dovuto subire, sia prima che durante l’estate, da un’amministrazione che pure
sui siti istituzionali aveva scritto che le maestre avrebbero dovuto metterci buona volontà e capire le
difficoltà di bilancio dell’ente, quasi colpevolizzandole, orientando così l’opinione pubblica. Ci si può
solo immaginare con quale imbarazzo e sofferenza hanno dovuto rapportarsi con le famiglie». «Ora ha insistito il segretario Cisl - nonostante esista una sentenza che chiarisce che questo non poteva essere
fatto, l’amministrazione continua a non dire niente ai suoi dipendenti e non incontra i sindacati. Ci
hanno convocati, ma per altre cose. Eppure dal pronunciamento del Tar sono trascorsi già 12 giorni, e
mancano un paio di mesi all’estate. Stiamo invece attendendo che ci sottopongano una proposta per il
servizio estivo 2014, anche se per noi non c’è alternativa al ritorno alle esternalizzazioni. Ma
evidentemente non hanno un vero piano B. C’era solo un piano A, bocciato da un tribunale. E questo ci
preoccupa per le possibili ricadute negative sull’utenza. Eppoi non ci vengano a parlare di risparmi. Se
anche fossero stati di 240mila euro, come sostiene l’assessore Treu, sarebbero sempre meno delle
centinaia di migliaia di euro di finanziamento che il Comune prende per la gestione paritaria delle
scuole comunali rispetto a quelle statali, nelle quali però mica il Comune può prolungare il servizio in
estate». «Questa amministrazione - l’eco di Fabio Goruppi dell’Ugl - ha passato quattro assessori al
Personale: Martini e Cosolini, con cui non ricordo trattative, D’Agostino, assessore invisibile mai
incontrato, e adesso Treu, giunto quando ormai questa vertenza era in piedi, ma di questo non abbiamo
parlato neanche con lui. Un’indice di poco rispetto verso i dipendenti. Un’amministrazione che si
definisce democratica dovrebbe invece rispettarli, i propri dipendenti». Ne ha, Goruppi, pure per
l’assessore all’Educazione Grim: «Brilla per il suo silenzio. Nella Prima Repubblica qualcuno, di fronte
a una bastonata così da parte del Tar, si sarebbe dimesso. Qui invece c’è chi si abbarbica alla sedia e al
compenso». La neosegretaria regionale del Pd dovrebbe lasciare la giunta Cosolini allora? «Ha
dimostrato di non saper svolgere il ruolo per cui è stata nominata e non eletta», il sibilo di Goruppi.
«Non chiediamo la testa di nessuno per principio, ma la cosa dovrebbe essere oggetto come minimo di
una seria valutazione in giunta», la presa di distanze di Giani assieme a Christian Schiraldi della Uil,
secondo cui la sentenza del Tar ha sancito, per le maestre, «la vittoria della dignità, e la dignità non ha
prezzo, non è negoziabile». Ciò non vuol dire che le insegnanti, con in pugno la sentenza del Tar, non
possano eventualmente chiedere i danni al Comune davanti al giudice del lavoro. Il sindaco osserva
come non sarebbe elegante far cause che drenino soldi dalle casse della collettività? «Noi - la ribattuta
di Goruppi - i soldi pensiamo sia giusto chiederli personalmente a chi in giunta ha votato la delibera poi
annullata dal Tar, non alla collettività. Inutile poi che provino a farla passare, una nuova delibera, per il
Consiglio comunale. Andasse così si sforerebbe comunque dal Pof, il Piano formativo, e dal calendario
scolastico regionale. E a quel punto sì che andremmo dal giudice del lavoro. Per violazione
contrattuale».
La Cgil: «Col no delle insegnanti offerta scarsa»
Nel giorno delle esternazioni di Cisl, Ugl e Uil, la Cgil - che non nasconde di ritenere opportuno un
aumento dell’offerta estiva tra maestre di ruolo e cooperative - batte un colpo via comunicato stampa. E
torna al telefono, per voce del segretario Fp Rossana Giacaz, a chiedere le «dimissioni dell’assessore
Grim e del dirigente d’area Conte: solo l’atteggiamento arrogante di questa amministrazione ha
impedito di garantirsi la collaborazione del personale dei nidi che non aveva mai negato la propria
disponibilità al servizio estivo». Il resto del comunicato è benzina sul fuoco delle polemiche:
«Apprendiamo con piacere sul giornale di oggi (ieri, ndr) della solidarietà espressa dalle docenti del
nostro Comune alle famiglie, con le quali dichiarano di condividere le problematiche di ogni giorno. Ci
pare utile, tuttavia, evidenziare il fatto che i cittadini necessitano di risposte concrete oltre che di una
generica manifestazione di vicinanza “condizionata”. Se il rifiuto delle docenti di scuola materna di
contribuire al servizio estivo verrà confermato, le risorse impegnate dal Comune non saranno più
sufficienti. Sarà necessario rilanciare le esternalizzazioni. La vicenda rischia di sostanziarsi in una
riduzione dell’offerta a danno delle famiglie assieme ad un taglio dei posti di lavoro nelle
cooperative».(pi.ra.)
Treu: «Accuse prive di ogni fondamento»
«Resto sorpreso, mi dispiace molto, le accuse state mosse in questa conferenza stampa sono destituite
di ogni fondamento». Roberto Treu, l’assessore al Personale venuto dalla Cgil, non prende bene,
eufemismo, la linea della triplice senza Cgil. «Non è vero - replica - che a quest’amministrazione il
problema non interessa. Ci sta talmente tanto a cuore che già a dicembre avevamo chiesto ai sindacati
di parlarne, e ci eravamo fermati ad aspettare la sentenza proprio per rispettare Cisl, Ugl e Uil che lo
volevano. Allora ci eravamo ripromessi che entro fine marzo, diciamo che potremmo farlo a inizio
aprile perché ritenevamo che la sentenza potesse arrivare prima, ci saremmo ritrovati per affrontare la
questione proprio per dare tempo a personale e famiglie di organizzarsi. È ciò che continuiamo a voler
fare. Prova ne sia che dopo la sentenza ho avuto contatti informali individuali con i vari segretari,
propedeutici agli incontri che dovremmo tenere a breve. Giovedì, ad esempio, è vero che ci troviamo
per altro ma intendo proporre a margine la stesura di un calendario fitto sul tema. Non è vero invece,
come dice Goruppi, che non ho voluto parlarne, l’ho chiamato al telefono e lui non ha risposto». Treu
sostiene pure che questa finestra di silenzi denunciati dal fronte sindacale sia «essa stessa un atto di
serietà: prima di esprimersi, l’amministrazione intende fare tutti gli approfondimenti, anche legali,
andando a verificare ad esempio come funziona il servizio nelle altre città in cui esiste. Il Tar, si
ricordi, ha contestato il fatto che quella delibera sarebbe dovuta passare, oltre che per la giunta, anche
per il Consiglio comunale, in quanto organismo deputato a istituire un nuovo servizio, che non è un
prolungamento del calendario scolastico». Tradotto: se i sindacati vanno alla guerra, forse potrebbe
farlo pure il Comune. E le uniche chances di pace passano per quel «calendario fisso» di incontri.
Sempre che ci siano.(pi.ra.)
GORIZIA-MONFALCONE
«Il rientro dalla Cigs non è oggetto di scambio»
Controreplica della Rappresentanza sindacale unitaria di Fim-Cisll, Fiom-Cgil e Uilm-Uil di Fincaniteri
alla dichiarazioni dell’azienda navalmeccanica, la quale ricorda che è da tempo in atto una discussione
su un nuovo modello di organizzazione del lavoro e di una nuova articolazione dell’orario. I
rappresentanti dei lavoratori si chiedono però cosa c’entri tutto questo con la legalità dell’appalto,
argomento tornato prepotentemente d’attualità in seguito all’operazione condotta dai carabinieri e che
aveva visto coinvolte 29 persone, delle quali tre arrestate e otto ditte dell’indotto. «E cosa c’entra proseguono le Rsu - parlare di assenteismo, tra l’altro in un cantiere che dal 2009 è soggetto al ricorso
agli ammortizzatori sociali. Che connubio ci può essere tra tutto ciò e appalti e caporalato?». Infine,
rispetto alle dichiarazioni dell’azienda che annuncia un drastico crollo del ricorso alla Cassa
integrazione guadagni straordinaria «a frrnte onte di una rapida conclusione del confronto» i
rappresentanti dei lavoratori ritengono «che ci siano già ora le condizioni per il rientro delle maestranze
e queste non possano certo essere oggetto di scambio». Le Rsu di Fim, Fiom e Uilm ribadiscono «la
difficoltà quotidiana nel gestire il forte disagio che regna tra le maestranze degli appalti e l’assoluta
necessità di mettere la parola fine alla giungla di appalti e subappalti che oramai da troppo tempo regna
all’interno di questo cantiere, per esempio attuando il tavolo più volte sollecitato e previsto dagli
accordi vigenti».