Tfr in busta paga, più guadagni meno conviene

Tfr in busta paga, più guadagni meno conviene - Il Sole 24 ORE
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18 ottobre 2014
Tfr in busta paga, più guadagni meno conviene
di Davide Colombo
Il passaggio dalle slides del dopo-consiglio dei ministri alla bozza del testo del Ddl di Stabilità ieri in
circolazione (47 articoli per 123 pagine) reca diverse novità sull'operazione Tfr in busta paga. La prima,
quella che ha suscitato le maggiori reazioni, riguarda il profilo fiscale.
Sulla retribuzione integrativa di chi opta per avere la liquidazione nel mensile scatterà la tassazione Irpef.
Una scelta che, se confermata nel testo ufficiale che verrà trasmesso al Parlamento, farebbe crollare
l'appeal della misura per i lavoratori con un reddito superiore ai 15mila euro. L'aliquota media
attualmente applicata al Tfr è infatti compresa tra il 23 e il 26%, mentre l'Irpef sull'imponibile che supera
i 15mila euro parte dal 27% e cresce con gli scaglioni di reddito sulla nota curva delle aliquote fino al
43%. Ne segue che più elevato è il reddito da lavoro meno è incentivata (fiscalmente) l'opzione del Tfr in
busta. A controbilanciare quest'aggravio ne arriva un altro di segno opposto: l'imposta sostitutiva sui
redditi derivanti dalle rivalutazioni dei fondi per il trattamento di fine rapporto (ovvero sul maturato)
passerà dall'11 al 17%.
A chiudere il quadro fiscale una clausola di salvaguardia che esclude il reddito aggiuntivo dal computo
del tetto complessivo che garantisce il bonus Irpef da 80 euro, in vigore dal maggio scorso. Insomma, chi
opterà per il Tfr in busta non perderà quel bonus.
Passando agli altri profili, l'operazione si conferma di carattere sperimentale, visto che sarà valida per le
paghe comprese tra il marzo del 2015 e il giugno del 2018, e volontaria. Sarà inoltre esclusivamente
rivolta ai dipendenti privati (ma non i lavoratori domestici e agricoli) e nel caso di scelta della
liquidazione in busta mese dopo mese non si potrà più cambiare idea fino a fine giugno 2018. Esclusi
dall'iniziativa anche i dipendenti di aziende in crisi o con una procedura concorsuale aperta, mentre
potranno optare per il Tfr in busta nei prossimi tre anni anche coloro che hanno già aderito a un fondo di
previdenza integrativa.
Sulle modalità di pagamento del Tfr in busta paga si prevede per le imprese una doppia strada: versare
direttamente l'ammontare del Tfr maturando ottenendo in cambio gli stessi benefici oggi previsti per i
datori che versano il Tfr alle forme di previdenza complementare oppure optare per lo schema di accesso
al credito bancario che verrà definito con un Dpcm (da adottare entro 30 giorni dal varo della legge di
Stabilità) e con la convenzione Abi-Mef-Ministero del Lavoro. Per seguire questa seconda via il datore
deve chiedere all'Inps la certificazione del Tfr maturato dei singoli lavoratori dopodiché potrà chiedere il
previsto finanziamento bancario. Al momento del rimborso alla banca degli anticipi dovrà essere
riconosciuto solo il tasso di rivalutazione della quota Tfr (ovvero l'1,5% più lo 0,75% annuo dell'indice di
inflazione).
Per le piccole imprese (meno di 50 addetti) l'operazione sarà sostenuta da un Fondo di garanzia Inps che
parte con una dote di 100 milioni e che verrà finanziato con un contributo datoriale dello 0,2%. In caso di
insolvenza le banche si rivolgeranno a questo fondo a sua volta assistito dalla «garanzia di ultima
istanza» dello Stato. Tutta l'attuazione del meccanismo è rinviata, come detto, a un decreto del
presidente del Consiglio dei ministri. Mentre l'Inps dovrà svolgere il ruolo di «certificazione dei Tfr» a
budget invariato e senza contare su nuove risorse umane o strumentali.
18 ottobre 2014
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