LA GUNA SIAMO NOI!

LA GUNA SIAMO NOI!
PER OGGI NON LA UCCIDO, MA… LEI CREDE AGLI UFO? (Intervista a Leonello Milani)
Ci racconti qualcosa di com’era trenta anni fa in Italia l’omeopatia, prima che questi due
coniugi intraprendenti si lanciassero in questo settore...
L’omeopatia una trentina di anni fa era una cosa… “piccola”! Era soprattutto una
faccenda d’èlite: gli omeopati erano pochi, ed afferenti ad una, massimo due
associazioni scientifiche, e ciò aveva creato una mentalità particolarmente chiusa,
ristretta, con un lessico praticamente inaccessibile al pubblico e con un senso quasi
“snob” di professionalità per pochi eletti. Era un’omeopatia caratterizzata “alla francese”,
che si rifaceva ad una tradizione pur ricca ma “ortodossa”. Vi erano poche farmacie che
vendevano prodotti e rimedi, soprattutto omeopatici unitari, non esisteva in Italia la
possibilità di utilizzare rimedi omeopatici iniettabili, e quindi il mondo omeopatico girava
attorno ad una posizione vecchio stampo, “old style” nel vero senso della parola, dove i
pochi - ad onor del vero, bravi - medici omeopati avevano un campo di azione ben
ristretto. Noi italiani abbiamo una tradizione omeopatica storica impressionante, non
inferiore a quella francese, fino al 1920/1930. Poi, da dopo la seconda guerra mondiale
fino agli anni ’70, si è man mano perso in termini di capacità d’innovazione, anche
perché in Italia, forse diversamente da altre nazioni, sono sorte e si sono insediate molte
nuove case di produzione farmacologica allopatica, sicuramente molte di più che non in
Spagna, come in Francia, come in Germania, più piccole nella loro espansione, nel loro
fatturato, nella loro visione, ma sicuramente davvero tante. E quindi l’omeopatia è un
po’ “caduta in disuso”, non coltivata, nonostante ci fosse per esempio la scuola del
Professor Antonio Negro a Napoli, importantissima, ed altre scuole minori: però il numero di
omeopati era molto ristretto. Anche perché era necessariamente legato al granulo, al
globulo: non sempre era facile reperire in farmacie omeopatiche alcuni globuli o granuli
rari, per cui non era infrequente vedere nei congressi omeopati - ed io sono stato ad
alcuni di questi - che si scambiavano letteralmente i globuli, perché magari qualcuno era
riuscito a procacciarsi in un congresso od in un viaggio all’estero dei ceppi che non erano
presenti in Italia. Del resto le farmacie omeopatiche non potevano neanche procurarsi
tutte le diluizioni, anche perché, ripeto, il numero di prescrittori era estremamente limitato.
Pensa che trenta anni fa a Milano la medicina omeopatica non era fatta da più di 7/8
medici
Rispetto a questo scenario che ha appena descritto, che tipo di valore aggiunto GUNA ha
apportato in questi trenta anni di attività, disegnando quale nuovo scenario?
Le novità che sono state apportate da Adriana e Alessandro Pizzoccaro, e quindi da
GUNA, sono a mio avviso consistite in un’evoluzione completa del modo di intendere
l’omeopatia. Innanzitutto fin dall’inizio loro hanno avuto l’intelligenza di far tradurre una
rivista, la Medicina Biologica, che allora si chiamava “Rivista Italiana di Omotossicologia”,
e quindi di portare in Italia una ricca tradizione bibliografica tedesca, già molto
consolidata. Un altro valore aggiunto di questa coppia è stato quello di organizzare sin
dall’inizio un network internazionale di personaggi di spicco del settore, anche molti altri
omeopati dall’estero. Beh, quando c’è un congresso una volta all’anno, e quando c’è
una rivista una volta ogni tre mesi, si crea un gruppo, ed automaticamente si inizia a
creare una cultura sulla medicina omeopatica. Inoltre hanno promosso indagini
scientifiche su campi d’azione decisamente più ampi e più vasti rispetto all’omeopatia
classica tradizionale: l’omotossicologia, che in parte pone delle radici nel mondo
omeopatico classico, ma poi sviluppa piste d’indagine differenti. Il dott. Reckeweg ad
esempio comincia come omeopata, e diventa poi omotossicologo, o meglio, fonda la
disciplina dell’omotossicologia, che è se vogliamo un’evoluzione dell’omeopatia classica
(in omotossicologia si usano non solo singoli principi attivi dinamizzati, ma anche
“complessi/mix” di principi attivi, ndr). Un’altra cosa importante è che diversamente
dall’omeopatia, che si basa sulle materie mediche e sui testi canonici classici storici, ma
che comunque in ogni modo sono datati, l’omotossicologia si è confrontata da subito
con l’ambiente scientifico di oggi, si è rimodernata, è stata rivisitata, ho subito l’influsso
positivo di nuove ricerche. L’omeopatia ha fatto buona parte del lavoro, e
l’omotossicologia ne ha goduto i risultati, se così possiamo dire, ma anche viceversa:
l’omotossicologia ha avvicinato all’omeopatia moltissimi medici grazie ai riscontri
terapeutici ottenuti. Inoltre lo stesso uso degli iniettabili ha arruolato all’omotossicologia
una grossa fetta di ortopedici e di agopuntori.
Qualche evento “straordinario”, nel corso di questi decenni?
Centinaia, ma te ne racconto uno significativo. Siamo nella seconda decade del
febbraio del ’78 ed avevo ricevuto l’invito a partecipare ad un congresso di agopuntura
organizzato dagli americani nei Caraibi. Loro tendevano a organizzare congressi in luoghi
turistici, anche per divertire gli invitati. Ho colto una buona occasione perché mi
piacciono molto le Antille, e Grenada era un posto particolare. Eravamo nell’Università di
Grenada, un’università americana. Il Primo Ministro ci invita, era una bella serata di gala.
Ho incontrato una signorina, che poi ho scoperto essere il rappresentante politico
dell’Uruguay, che si avvicina e mi parla in italiano. Questa signorina, chiamiamola N.G.,
aveva letto pochi giorni prima su un giornale che quel giorno ci sarebbe stato un
congresso con alcuni grandi nomi della medicina. Parliamo, brindiamo, seduti su sofà
vittoriani, usciamo a prendere una boccata d’aria… si poteva dire che ci piacessimo
reciprocamente, e la serata finì molto tardi... Il giorno dopo, il giorno del congresso, prima
di entrare in sala, il mio passaporto, lasciato precedentemente alla reception, non c’è
più… Mi preoccupo. Vado alla Polizia e mi accolgono con tutti gli onori, ma mi dicono
che il passaporto non ce lo hanno loro, bensì niente meno che il Primo Ministro in persona!
Allora, tra lo sconcertato ed il preoccupato, prendo un taxi e vado a Palazzo. Arrivai alle
16, ma mi fece fare 5 ore – dico 5 ore! - di anticamera. Bellissimo studio… mi accomodo, e
mi chiede se mi trovo bene sull’isola. Mi fa parlare, poi insiste, chiedendomi “…se amo le
bellezze del posto”. Mi illumino, e capisco: si riferisce alla signorina N.G., che scoprirò poi
essere un’amante - non proprio segreta - del Primo Ministro stesso! Mi dice che ci ha visti…
che ci siamo appartati…mi “consiglia” di non incontrarci più, io e lei. La situazione
francamente era parecchio tesa…
Ad un certo punto cambia discorso e mi chiede… se credo nella possibile esistenza di vita
oltre la terra! In quel momento ho avuto un flash. Ho tentato di cogliere l’occasione di
quella domanda improponibile rispondendo che ci credevo eccome, se non probabile
era scientificamente possibile, e cercai di allentare la tensione ed entrare un po’ nelle sue
simpatie. Scoprii solo molto dopo che era un vero dittatore, che governava il paese con
polso fermissimo reprimendo il dissenso, che aveva dei picchiatori scelti… e che era un
fanatico degli UFO! Incominciammo a parlare di possibile vita nel cosmo, e mi tenne lì più
di 3 ore, fino a notte inoltrata!
Tornai successivamente a Grenada, dopo aver saputo che il primo ministro era morto.
Morì cieco, in esilio in USA. Suo fratello fu imprigionato per otto anni. Una figlia violentata
dai suoi oppositori. Di fatto, lui all’epoca aveva diritto di vita e di morte un po’ su tutti. Me
la passai proprio brutta… meno male che andò tutto bene!
E Janis Joplin? Mi hanno raccontato di questa Sua avventura...
Ho conosciuto Janis a Parigi. Era agli inizi e suonava benissimo la chitarra. E’ morta
purtroppo, come tutti sanno. Sono tornato in città qualche mese fa e ho scattato una
foto nel punto esatto in cui l’avevo incontrata... Sono di quarant’anni più vecchio, lei non
c’è più, ma quelle pietre sono ancora lì. Ai miei tempi era pieno di ragazzi lì, per vedere
Parigi. Noi avevamo chiesto i soldi ai nostri papà per andare in Liguria, ma in realtà
andammo a Parigi… C’era gente di tutti i tipi. Erano gli inizi della nouvelle philosophie.
C’era una ragazza, non bella, che suonava la chitarra. Io e lei cominciammo a
chiacchierare. Sarebbe stata lì una settimana, aveva un contratto per suonare in un
caffè. Iniziammo a frequentarci. Mano nella mano cantavamo le canzoni, e lei me le
dedicava. Erano anni di grande tensione spirituale. Ricordo una notte meravigliosa: io e
lei non sapevamo dove dormire, e siccome li fa sempre freddo abbiamo deciso di
muoverci e girare Parigi di notte, fino a veder sorgere il sole… Quattro anni dopo andai a
Londra. Ad un concerto, la rividi. Mi riconobbe e passammo insieme due bellissimi giorni.
Lei era già una star assoluta. Ho una fotografia di noi due, accanto alla mia laurea, nel
mio studio…
Concludiamo sganciadoci dal passato: cosa vede nel futuro di queste discipline?
Il futuro di queste discipline è sicuro com’è certo che domani sorgerà il sole, perché è già
tracciato con forza ed efficacia, ed ha già superato quelli che avrebbero potuto essere
secondo i critici i punti più critici e fragili. La pubblicazione di un volume sulle prove
scientifiche di efficacia dell’omeopatia e dell’omotossicologia, e poi il progressivo
avvicinarsi dei medici alla materia… recentemente il mondo allopatico ha iniziato a
sganciarsi da quelli che erano i paletti della medicina basata sull’evidenza, anche in
recentissime interviste accademici importanti del mondo della medicina convenzionale
hanno cominciato a percepire i limiti, e quindi a muovere critiche alla medicina basata
sull’evidenza, proprio perché la standardizzazione a tutti di un dato protocollo secondo
certe linee guida fisse ed immutabili può essere efficace poco a tutti, ma molto a
nessuno. Quello delle medicine non convenzionali è sicuramente un futuro già tracciato,
che bisogna però perseguire con attenzione e con molta costanza e determinazione,
perché è un futuro che stiamo scrivendo oggi, quindi come tale è meglio sempre
“rivedere due o tre volte” il testo, per non commettere errori ed incappare in problemi tali
da pregiudicare questo bellissimo cammino che stiamo percorrendo…