Assicurazioni, uno strumento per la crescita del Paese

16° Annual Assicurazioni de “Il Sole 24 Ore”
Assicurazioni, uno strumento per la crescita del Paese
Intervento del presidente dell’Ania
Aldo Minucci
Milano, 28 ottobre 2014
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Sono particolarmente contento dell’invito a partecipare all’Annual assicurativo de “Il
Sole 24 Ore”, giunto alla 16° edizione. È il tradizionale appuntamento autunnale nel
quale il nostro settore fa il punto sull’andamento della prima parte dell’anno, analizza
i principali trend dell’industria e, fatti salvi straordinari ed imprevedibili eventi,
formula le sue previsioni sulla chiusura dell’esercizio annuale. Permettetemi
innanzitutto di esprimere soddisfazione per un bilancio dell’industria assicurativa che
nei primi sei mesi dell’anno è stato nel complesso positivo confermando, ed in alcuni
casi anche migliorando, i risultati già lusinghieri dello scorso esercizio. C’è la
ragionevole aspettativa di una conclusione dell’anno in linea con questo andamento.
Non è un fatto di secondaria importanza nel contesto della situazione generale di crisi
economica che attanaglia il paese da anni. Proprio in momenti di difficoltà come
l’attuale un’industria assicurativa solida patrimonialmente svolge un ruolo importante
nel proteggere le famiglie e le imprese in un contesto che sta divenendo più incerto e
rischioso.
- Le rilevazioni dell’Ania indicano che l’utile netto delle compagnie, nei primi sei mesi
del 2014, si è attestato a 3,8 mld e si confronta con i 3,1 miliardi del 2013. Per valutare
correttamente questi dati occorre però considerare che normalmente l’industria
assicurativa concentra nella prima parte dell’anno buona parte dei suoi utili e pertanto,
nel secondo semestre, non c’è da attendersi una massa di profitti analoga a quella fatta
registrare nel primo. Anche in un bilancio complessivamente positivo vanno comunque
segnalati gli elementi di fragilità o congiunturali che vi hanno concorso.
- Nel ramo della r.c. auto in particolare, che da solo rappresenta circa la metà della
raccolta complessiva dei rami danni, le tariffe continuano a scendere. Secondo l’ultima
rilevazione mensile dell’Istat relativa al mese di settembre è stata registrata un
ulteriore, significativa, caduta dei prezzi per il ventitreesimo mese consecutivo. È un
andamento che gli assicuratori italiani avevano auspicato, consapevoli del rilievo che
la r.c. auto ha nei bilanci delle famiglie italiane. Ma i fattori che l’hanno reso possibile
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stanno esaurendo la loro forza. In particolare la riduzione della sinistralità,
conseguenza di un minor utilizzo dell’automobile indotto dalla crisi economica, sta
venendo meno e poiché la dinamica del costo medio non accenna a flettere si stanno
riducendo i margini tecnici, già scesi rispetto alla prima parte del 2013. Il ciclo
dell’auto sta insomma invertendo il suo trend e se non interverranno quelle riforme
strutturali in grado di contenere i costi dei sinistri, così come sollecitato da tempo dal
settore assicurativo, è già prevedibile che il ramo della r.c. auto tornerà ad accumulare
perdite creando con ciò le condizioni per nuovi incrementi tariffari.
Le terapie sono note da tempo. In particolare sono ormai otto anni che il settore attende
il varo delle nuove tabelle sulla valutazione delle lesioni gravi . Il relativo decreto è già
passato al vaglio di numerosi ministeri e del Consiglio di Stato ma ancora non è stato
varato da Consiglio dei Ministri. Le nuove tabelle dando certezze sull’entità dei
risarcimenti assicurativi, oggi esposti alla discrezionalità dei tribunali, consentirebbero
di ridurre di circa il 3% i prezzi delle polizze pur mantenendo all’Italia un primato a
livello europeo sul livello complessivo degli indennizzi. Altrettanto noti sono gli
interventi normativi necessari a contenere l’anomala incidenza delle frodi nel mondo
assicurativo.
- Allargando lo sguardo al complesso dei rami danni vorrei brevemente attirare la
vostra attenzione sulla dimensione del mercato che continua strutturalmente a
restringersi. La raccolta dei premi si è contratta dai 37,7 mld del 2007 ai 33,7 del 2013.
Il trend sta proseguendo anche nell’anno in corso. La caduta, in tutto 4 mld, è
attribuibile per metà al ramo della rc auto. I margini che le compagnie sono riuscite a
realizzare non sono dipesi dunque da una crescita del mercato ma da una riduzione dei
costi, un miglioramento della capacità assuntiva, un miglioramento nell’efficienza
della rete distributiva, una diminuzione delle frodi. Non può sfuggire l’intrinseca
debolezza di questa tendenza. L’Italia è un paese strutturalmente sottoassicurato
rispetto alla media dei paesi europei e la riduzione dei premi, che almeno in parte si
traduce in minori coperture assicurative, rappresenta un dato preoccupante. Soprattutto
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in un momento in cui lo Stato sta riducendo il suo ruolo nel welfare state e
nell’economia. L’effetto finale è quello di un paese meno protetto e sicuro.
- Analizzando quanto sta accadendo nel settore vita il trend attuale è caratterizzato da
una notevole effervescenza. Ad agosto la nuova raccolta di polizze vita rilevata
dall’Ania ammontava a 61,7 miliardi in aumento del 49% rispetto all’anno precedente,
trainata dai prodotti del ramo primo (47,2 mld, +53,2 %). Il flusso della raccolta vita
al netto dei riscatti e delle scadenze è più che triplicato in un anno, passando dai 6,3
miliardi del 2013 ai 21,7 del primo semestre dell’attuale esercizio. Anche in questo
caso, tuttavia i dati vanno interpretati. Il collocamento di polizze vita, soprattutto quelle
del ramo I a rendimento garantito, è correlato negativamente all’andamento dei tassi
d’interesse offerti dal mercato finanziario. Quando questi scendono la raccolta si dilata
perché i prodotti assicurativi, che si giovano di portafogli obbligazionari preesistenti a
rendimenti più elevati, risultano più attraenti rispetto, ad esempio, ai titoli di stato. Al
contrario un trend ascendente dei tassi produce un effetto opposto sulla raccolta
assicurativa. Tutto questo spiega la volatilità che ha caratterizzato negli ultimi anni il
mercato passato dai 69 miliardi del 2006 agli 85 del 2013 ma con forti oscillazioni al
suo interno, con una caduta dei premi nel 2008 (55 miliardi) ed un picco nel 2010 (90
miliardi). Attualmente la persistente riduzione dei tassi d’interesse e la riduzione degli
spread sui titoli del debito sovrano italiano, stanno agendo come volano per la raccolta
dei premi ma aumentano anche i rischi per gli operatori che debbono garantire nel
tempo un’adeguata redditività su quei portafogli, che spesso prevedono un rendimento
minimo. È un obiettivo particolarmente sfidante in un contesto di bassi tassi di
interesse.
La veloce riduzione dello spread sul debito pubblico italiano ha avuto anche un altro
effetto, particolarmente positivo, sui bilanci delle compagnie incrementando le
plusvalenze sui portafogli di titoli di stato, dove si concentra buona parte dei loro
investimenti. Il saldo tra plus e minus al 30 giugno di quest’anno si attestava alla
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ragguardevole cifra di 32,6 miliardi ciò che rappresenta un ulteriore presidio alla
solidità patrimoniale delle imprese d’assicurazione italiane.
L’esplosione del risparmio assicurativo, in uno scenario di perdurante crisi economica,
è un dato complesso da interpretare. In aggiunta alle valutazioni di natura economica
c’è anche un aspetto psicologico che va colto. Si risparmia per la paura del domani ma
anche per fronteggiare la progressiva ritirata dello Stato nel compito di coprire i bisogni
fondamentali dei cittadini. Gli italiani sono tutt’altro che sprovveduti e nei loro
comportamenti concreti stanno inviando un preciso segnale alla politica ed agli
operatori economici.
- Occorre agire senza indugio per riformare il welfare state realizzando un sistema
misto in cui lo stato mantenga un forte presidio nell’erogazione delle prestazioni di
base ma estendendo allo stesso tempo con adeguati incentivi fiscali e contributivi l’area
delle prestazioni integrative private nella previdenza, nella sanità, nella protezione
dalle catastrofi naturali. L’alternativa non è più quella, ideologica, tra sistema pubblico
e privato come veniva rappresentata soltanto pochi anni fa. Oggi il dilemma è se
l’abbandono di uno ruolo preponderante dello Stato nel welfare state verrà sostituito
da un riassetto in cui le prestazioni pubbliche di base saranno combinate nel modo più
efficiente con quelle integrative. O se invece la ritirata della pubblica amministrazione
avverrà in modo disordinato lasciando i cittadini sempre più soli a gestire le proprie
necessità con soluzioni per nulla ottimali sotto il profilo dell’efficienza e dalla
protezione dei bisogni essenziali nella previdenza, nella sanità, nell’occupazione, nella
tutela del territorio e nella prevenzione delle catastrofi naturali. Un segnale di quanto
sta avvenendo è dato dalla spesa sanitaria “di tasca propria” (out of pocket come dicono
gli economisti), in crescita costante negli ultimi anni. A ben vedere è in discussione il
futuro delle nostre conquiste sociali, della nostra costituzione materiale.
- Sotto questo profilo quanto sta accadendo proprio in questi giorni con la legge di
stabilità appena resa nota dal governo non può non destare qualche preoccupazione. La
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convinzione che traspare dalle scelte dell’esecutivo è che, determinando un aumento
della capacità di spesa delle famiglie, da questo derivi una crescita dei consumi e,
quindi, la ripartenza del ciclo economico. L’intenzione, di per sé è positiva e non
abbiamo mancato di sostenere il governo, ad esempio, nella decisione di corrispondere
un bonus fiscale di 80 euro alle famiglie più bisognose. Ma nelle misure annunciate di
incremento della tassazione del risparmio previdenziale (dall’11,5 al 20 per cento sul
maturato della gestione degli investimenti) e della possibilità di anticipare a richiesta
l’erogazione del Tfr, si intravede un messaggio diverso, quello di sacrificare il
risparmio futuro in cambio di maggior consumi attuali. Se così fosse ci sarebbe una
proposta debole sul piano culturale e discutibile su quello economico.
- Sarebbe una proposta debole sul piano culturale perché in piena contraddizione con
il quadro di incentivi costruiti negli ultimi due decenni per favorire la previdenza
integrativa a fronte di un parziale ritiro dello Stato. Finirebbe per penalizzare
ulteriormente le nuove generazioni che sarebbero private di un quadro di sufficienti
garanzie per il futuro. Se l’incertezza - come già ho avuto modo di osservare - è quella
che paralizza l’attuale capacità di agire e compiere scelte razionali, le misure indicate
dal governo rafforzano e non attenuano questo vincolo.
- Ma simili scelte sarebbero discutibili anche sotto il profilo economico. Le risorse
impiegate nel risparmio previdenziale non rimangono dentro un cassetto per decenni
in attesa di essere restituite a chi le ha accumulate. Gli intermediari istituzionali, primi
tra tutti gli assicuratori, le impiegano nel modo migliore in attesa di restituirle a chi le
ha loro affidate. Si convertono investimenti che in prevalenza affluiscono allo Stato
sotto forma di titoli pubblici ma non solo. Servono a finanziare progetti di crescita
produttiva, prestiti alle imprese, l’ammodernamento delle reti infrastrutturali del paese.
È anch’esso un modo per incrementare la domanda interna. L’aspetto decisivo, in
questo percorso virtuoso, è far si che simili risorse vengano impiegate nel modo
migliore, in tempi ragionevoli, con vantaggi certi per l’intera comunità nazionale. È
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una sfida di efficienza dell’apparato produttivo e della pubblica amministrazione che
occorre affrontare. In conclusione credo che la contrapposizione tra risparmio e
aumento della domanda interna rappresenti una falsa rappresentazione dei problemi.
Tra l’altro normative recenti hanno allargato le possibilità di intervento degli investitori
assicurativi in nuovi campi di azione ma senza quel propellente rappresentato da nuovi
flussi di risparmio, le potenzialità difficilmente si potranno tradurre in progetti concreti.
- Stiamo sperimentando in questi mesi un forte razionamento del credito che sta
penalizzando soprattutto le piccole e medie imprese ed i progetti di ammodernamento
infrastrutturale. Per contrastare la carenza di risorse messe a disposizione dal canale
bancario sono state allargate progressivamente le possibilità di intervento del settore
assicurativo. A fine 2013, con il dl “Destinazione Italia”, è stata introdotta la possibilità
per le compagnie di investire in minibond (entro il limite del 3% delle riserve) ed in
titoli emessi a fronte di operazioni di cartolarizzazione (anche in questo caso entro il
limite del 3% delle riserve assicurative).
- Successivamente, con il dl “Competitività”, le imprese d’assicurazione sono state
autorizzate a concedere finanziamenti diretti sotto qualsiasi forma nei confronti di
soggetti diversi dalle persone fisiche e dalle microimprese. Proprio in questi giorni un
provvedimento emanato dall’Ivass ha disegnato la cornice regolamentare delle nuove
possibilità di investimento con le quali potrà essere coperto fino al 5% delle riserve
assicurative. Le compagnie stanno studiando il nuovo quadro regolamentare e si
apprestano a dare il loro contributo al settore produttivo del paese per favorire l’uscita
dalla crisi, ovviamente nella piena salvaguardia degli interessi dei loro assicurati. Ma
proprio per questo mal si comprendono i recenti interventi contenuti nella legge di
stabilità che, attraverso la penalizzazione del risparmio previdenziale,
rischiano di limitare la capacità di intervento del settore assicurativo negli investimenti
di lungo periodo. Proprio quelli di cui l’Italia ha maggiore bisogno per far ripartire la
sua economia.
- Ma un paese arresta il suo declino ed avvia una nuova fase di crescita soprattutto se
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riduce le sue aree di inefficienza, se utilizza al meglio le risorse di cui dispone. Il settore
assicurativo può offrire un contributo fondamentale per migliorare la performance di
quello stato assistenziale che oggi è più bisognoso di un intervento strutturale nella
direzione che prima indicavo, quella della costruzione di un sistema misto pubblicoprivato. Da tempo abbiamo avanzato precise proposte operative nelle aree più critiche,
quella della sanità e della protezione del territorio e della prevenzione delle catastrofi
naturali.
- Nella sanità riteniamo che debba essere mantenuto l’accesso universalistico ai servizi
sanitari pubblici prevedendo però che alcune prestazioni - ad esempio la prevenzione,
la diagnostica, le visite specialistiche - siano gratuite solo per le persone in condizioni
di vulnerabilità economica mentre le altre dovrebbero sostenerne il costo. Lo Stato
ridurrebbe così il suo intervento allargando quello delle prestazioni sanitarie integrative
private cui vanno accordati, per rendere concretamente realizzabile il nuovo assetto,
appropriati incentivi. In particolare occorre prevedere la deducibilità fiscale dei premi
versati per le polizze sanitarie equiparandone il trattamento a quello già in vigore per
fondi e casse sanitarie.
- Con lo stesso approccio occorre intervenire per i danni causati dalle catastrofi naturali.
Attualmente lo Stato decide caso per caso, ricorrendo alla fiscalità generale e con
provvedimenti presi ex post, come indennizzare cittadini ed imprese colpiti da disastri
ambientali. Gli effetti di questo modo di fare, come insegnano le esperienze recenti di
Genova, dell’Emilia e dell’Aquila, sono sotto gli occhi di tutti: spesa fuori controllo,
lentezze nei risarcimenti e sulla qualità degli interventi, con possibili infiltrazioni della
malavita nell’aggiudicazione dei flussi di finanziamento. Il ricorso allo strumento
assicurativo, attraverso la costruzione di un sistema misto pubblico-privato,
attenuerebbe sostanzialmente fino ad annullarli questi effetti indesiderati. Lo Stato
ridurrebbe significativamente il suo impegno, e chi ha subito danni avrebbe maggiori
certezze su tempi e modi dei risarcimenti.
Un obiettivo del sistema dovrà essere quello di garantire un prezzo contenuto alle
coperture. A tal fine è fondamentale che si raggiunga un’ampia mutualità, cioè
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un’ampia ripartizione del rischio tra i cittadini, condizione più facilmente ottenibile se
la copertura fosse obbligatoria.
Un appropriato incentivo fiscale ridurrebbe ulteriormente l’onere a carico di quanti
sono chiamati a sottoscrivere le polizze e faciliterebbe la loro effettiva diffusione.
Considerato che il premio è in una qualche misura correlato alle caratteristiche delle
abitazioni e alle misure di prevenzione adottate, il nuovo sistema realizzerebbe anche
l’importante risultato di promuovere una cultura della prevenzione e di rispetto delle
normative ambientali, favorendo interventi di messa in sicurezza degli immobili più
esposti, riattivando un segmento importante dell’industria edile. In una parola,
vivremmo in un paese più moderno e sicuro.
Ciò che ho voluto indicare in questo intervento è il contributo che il settore
assicurativo può dare per far uscire il paese dalla più grave crisi del dopoguerra, per
riprendere un sentiero di crescita, per realizzare una riforma del suo welfare state
sostenibile nel tempo ed equa nei confronti delle nuove generazioni. Consentendo al
tempo stesso alla Stato di risparmiare risorse da impiegare per lo sviluppo. La solidità
patrimoniale raggiunta dalle compagnie italiane, ribadita anche in quest’ultimo periodo,
rappresenta una condizione indispensabile perché possano assolvere a questi compiti e
sono pronte a fare la loro parte sempreché, naturalmente, la politica indichi la strada e
prenda le decisioni opportune con la determinazione e la rapidità necessarie.
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