Le future generazioni berranno “Chateau Yellowstone” e “Panda

Le future generazioni berranno “Chateau Yellowstone” e “Panda Wine”?
Scritto da Redazione
Sabato 15 Marzo 2014 07:50
La produzione di uve da vino potrebbe costituire un buon banco di prova per valutare le
azioni di mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici, per non rischiare possibili
conflitti di conservazione nell’uso dei suoli e di gestione degli ecosistemi di acqua
dolce.
Dell’attore umoristico britannico Sir Peter Ustinov, divenuto celebre per la sua interpretazione di Nerone nel film “Quo Vadis” (1951), vengono
ricordati numerosi aneddoti e aforismi, tra cui “L’inferno me lo immagino così: puntualità italiana, umorismo tedesco e vino inglese”.
Fra qualche decennio, probabilmente perdurerà la nostra inveterata mancanza di rispettare orari e scadenze prefissati, nel frattempo è assai
probabile che lo stereotipo del germanico rigido e impassibile si stempererà, ma di sicuro, perdurando gli attuali trend climatici, il vino inglese
conquisterà i mercati per la sua qualità in continua ascesa.
Le opinioni, si sa, con il trascorrere del tempo sono destinate a cambiare, ma il memorabile Hercule Poirot dei film tratti dai romanzi di Agata
Christie non poteva prevedere le modificazioni nella distribuzione geografica e nella qualità dei vini indotte dall’aumento negli ultimi
decenni del global warming.
“I cambiamenti climatici produrranno vincitori e vinti tra le regioni viti-vinicole, traducendosi per ognuna di loro in modifiche di alcol, acidi,
zuccheri, tannini e colore nel vino - ha affermato il climatologo ed appassionato enologo Antonio Busalacchi, direttore dell’Earth Science
System Interdisciplinary Center presso l’Università del Maryland e Presidente del Programma Mondiale di Ricerca sul Clima - Dato che la
maggior parte dei vigneti producono frutti per un periodo tra 25 e 50 anni, viticoltori e vinificatori devono considerare il lungo termine per
determinare cosa piantare, dove piantare, e come gestire i loro vigneti".
In Europa, a vincere risulterebbero Gran Bretagna e Germania. Mentre tra i perdenti ci sarebbero Francia, Spagna e Italia, qualora non
venissero attuate azioni di adattamento per affrontare la sfida climatica, adottando tecniche come impianti di vigneti in terreni poco profondi per
ridurre il consumo di acqua, introdurre l’irrigazione controllata, proteggere i grappoli dal sole, ecc.
Si pensa che se non si farà niente per ridurre le emissioni globali di gas serra, i vigneti si sposteranno entro la fine del secolo di oltre 1.000 km
al di là dei confini tradizionali, mettendo a rischio il settore.
In Francia, comincia già ad essere difficile produrre buoni vini usando l'uva Pinot Noir nel suo territorio tradizionale in Borgogna, viceversa negli
ultimi quattro anni, l’Inghilterra ha registrato un boom nel numero di ettari che producono le principali uve che vengono coltivate nella regione
francese della Champagne, come Chardonnay, e Pinot Meunier. Queste varietà rappresentano oggi oltre il 50% del totale delle piantagioni
inglesi, e diverse case di Champagne sono già alla ricerca di terreni nel Sussex e nel Kent (sud dell'Inghilterra), siti potenziali per nuovi vigneti
perché con i cambiamenti climatici in atto e quelli previsti, quelle regioni stanno diventando sempre più “vocate” a una viticoltura di qualità,
anche in considerazione che i terreni delle bianche scogliere di Dover hanno un substrato calcareo simile a quello della Champagne, ma con
costi 30 volte inferiori a quelli francesi.
Nel sud-est dell'Inghilterra, la temperatura media nel 2013 è stata di oltre 1 °C superiore a quella registrata nella seconda metà del secolo
scorso. Secondo le proiezioni scientifiche, la Gran Bretagna può aspettarsi inverni piovosi, estati secche e meno neve e gelo.
Evoluzione prevista della produzione di uve da vino in Europa al 2050 Fonte: Conservation International
Ma gli effetti dei cambiamenti climatici sui raccolti di uve sono già visibili anche in altre parti del mondo. Uno Studio, pubblicato l’anno scorso
sulla prestigiosa PNAS e condotto da vari ricercatori di Università di diverse aree geografiche a livello mondiale e coordinato dall’Università di
California (Santa Barbara), sulla base delle proiezioni climatiche attuali prevede che vaste zone di Francia (Bordolese e Rodano), Spagna
(Rioja) e Italia (soprattutto Toscana) diventerebbero al 2050 poco adatte ad ospitare vigneti per uve da vino, come altrettanto difficili si
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Sabato 15 Marzo 2014 07:50
presenterebbero le condizioni per le regioni vinicole dell’Australia e del Sudafrica a causa delle temperature in aumento e della siccità. Mentre
per l’Australia ci sarebbe l’opzione di spostare i vigneti in Tasmania, dove per la maggior latitudine sussisterebbero condizioni più favorevoli per
la viticoltura, tale possibilità, ovviamente, viene negata al Sudafrica per la sua posizione geografica terminale del Continente.
Anche i famosi vini delle valli californiane di Napa e Sonora, secondo i ricercatori, potrebbero scomparire a quella data dagli scaffali dei negozi.
“Ci aspettavamo di vedere cambiamenti significativi, ma non cambiamenti di questa portata - ha affermato Lee Hannah dell’Università di
California e senior Scientist di Conservation International, nonché principale autore dello Studio - Non significa necessariamente che in quelle
aree non si potrà più coltivare quelle varietà tipiche, ma per produrre vini di quella qualità saranno necessarie irrigazioni e manutenzioni speciali,
tali da rendere i prodotti sempre più costosi”.
Lo studio, infatti, si concentra sugli impatti provocati dai cambiamenti climatici sugli ecosistemi, in considerazione che finora non sono stati
adeguatamente studiati, in generale, gli effetti sui modelli di produzione agricola, e la produzione di uve da vino potrebbe costituire un buon
banco di prova perché la viticoltura è molto sensibile alle variazioni climatiche e si concentra nelle regioni a clima mediterraneo che sono quelle
più ricche di biodiversità a livello mondiale, con probabili conflitti di conservazione nell’uso dei suoli e di gestione degli ecosistemi di acqua
dolce.
Secondo le proiezioni dello studio le zone geografiche adatte per la viticoltura si ridurrebbero nel 2050 dal 25% al 73% nelle principali
regioni produttrici di vino nell’emisfero settentrionale e dal 19% al 62% nelle aree geografiche australi.
I cambiamenti climatici avvantaggerebbero, oltre la Gran Bretagna e la valle del Reno, anche le regioni del nord-ovest statunitense e le colline
della Cina centrale, dove in entrambi i casi si trovano aree ad alto valore conservazionistico, come il Parco di Yellowstone (Wyoming e
Montana) e Santuari del panda gigante (Sichuan).
In Europa si potrebbe dar vita a processi di impianti a vigneto ad altitudini maggiori, con deleteri effetti sugli ecosistemi montani.
"La produzione del vino si appresta a muoversi in futuro, come sta accadendo alla flora e fauna selvatica - ha osservato Rebecca Shaw,
Scienziato del Fondo per la Difesa Ambientale e co-autore del Rapporto - Ma questo adattamento ha la potenzialità di minacciare la
sopravvivenza della fauna selvatica”.
Forse, è opportuno cercare di arrestare, se siamo ancora in tempo, un aumento ulteriore della temperatura globale, per non rischiare che le
future generazioni debbano bere “Chateau Yellowstone” e “Panda Wine”!
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