Anselmi Ilaria 4BT Istituto Tecnico Grafico “C.Caniana” Bergamo Racconto breve Mettiamoci di nuovo nei guai. Fin da piccole eravamo inseparabili io e mia cugina, eravamo come sorelle. Ne combinavamo sempre di tutti i colori e, non so come, siamo sempre riuscite a scamparla. Era sempre lei quella che riusciva a mettere in atto i piani perfetti per non farsi mai scoprire. Passavamo l'estate dai nostri nonni e capitava ogni volta di rompere qualche fiore mentre giocavamo a pallone. In quel caso riuscivamo a rimettere nella terra le foglie e i fiori rotti senza farci vedere, appena prima che iniziasse a piovere. Finita la pioggia stavamo in casa a ridere sotto i baffi, mangiando il gelato con la nonna che si lamentava perché la pioggia le aveva rotto tutti i fiori. Ci divertivamo come matte ad andare al mare insieme e non perdevamo l'occasione per combinare sempre qualche guaio. Se passava un po' di tempo senza che ci capitasse di immischiarci in qualche pasticcio, ne inventavamo uno apposta. Quando entrambe avevamo otto anni però ho iniziato ogni giorno a vederla sempre più svogliata, non voleva mai giocare perché diceva che poi si stancava. Dopo qualche settimana mi disse che doveva andare in vacanza e che ci saremo riviste molto presto. Non la vidi più per due lunghi mesi e mi arrabbiai molto con lei. Perché non voleva mai giocare con me dicendo che era stanca e poi se ne era andata anche in vacanza? E perché non si faceva più vedere da due mesi se doveva stare via solo poche settimane? Sapevo che era tornata a casa, ma ogni volta che chiamavo per sapere se potevo andare a trovarla mi dicevano che aveva sempre qualche altro impegno. Quando chiedevo notizie sulla sua salute mi rispondevano evasivamente. Eravamo abituati a pranzare tutte le domeniche dai miei nonni, ma per due lunghi mesi i miei zii avevano iniziato a non venirci più. Mi mancava molto mia cugina, eravamo passate dal vederci tutti i giorni al non vederci più per un tempo così lungo! Volevo capire perché non mi voleva più vedere, se avevo fatto qualcosa di male, volevo avere la possibilità di scusarmi e fare pace come facevamo ogni volta. Dopo tanti capricci mi spiegarono che purtroppo la piccola aveva preso una brutta malattia. Un bel giorno riuscii finalmente a vederla: era una domenica e eravamo invitati dai miei nonni a pranzo. Quando entrai rimasi scioccata sulla porta nel vederla: mia cugina era seduta sul divano con una mascherina bianca sulla bocca e una bandana in testa che faceva intravedere i pochi capelli che le erano rimasti: quasi non la riconoscevo più, tanto era gonfia. Rimasi ferma a fissarla incredula per qualche minuto, quando ad un certo punto mi salutò e io scoppiai in lacrime. Avevo un sacco di domande per la testa, ma non riuscii a formularne una! Perché portava quella mascherina? Perché si era tagliata tutti i capelli? E, ancora, come aveva fatto a diventare così paffuta in così poco tempo? Sapevo che era malata, ma non riuscivo a capire che potessero esistere malattie così terribili:era irriconoscibile! Fissai mia madre con uno sguardo interrogativo, mentre le lacrime continuavano a scendermi sul viso. Lei disse che mia cugina non stava molto bene e che non dovevo avvicinarmi troppo perché era fragile, che era già malata ed era troppo rischioso per lei prendere anche un semplice raffreddore. Inizialmente me ne stavo in disparte pensando a quanto fosse cambiata in così poco tempo e a tutte le domande che avrei voluto farle. Poi un bel giorno mi feci coraggio e sempre tenendo le adeguate distanze le chiesi dove era stata tutto quel tempo. Iniziò a raccontarmi che aveva iniziato a sentirsi sempre stanca e così sua mamma l'aveva portata dal medico. Questi le aveva fatto fare degli esami del sangue e quando arrivarono gli esiti sua madre si era rattristata e l'aveva portata subito in ospedale. Lì le avevano fatto una trasfusione di sangue. Le avevano spiegato che quel sangue le era stato regalato da persone che non la conoscevano, ma che sapevano che lei ne aveva più bisogno di loro. Grazie a quelle sacche di sangue era riuscita a migliorare leggermente e l'avevano resa un po' più forte. Mi disse anche che aveva dovuto seguire un ciclo di chemioterapia che la aiutava a sconfiggere la malattia, ma allo stesso tempo la rendeva più fragile e soggetta a prenderne altre. Doveva stare molto attenta. Infine col viso solcato di lacrime mi promise che saremo tornate a giocare insieme: era solo una questione di tempo, ma lei ce l’avrebbe fatta, sarebbe sicuramente guarita. Mi rattristai molto, ma sapevo che era la cosa migliore per lei e che prima o poi sarebbe tornata a sorridere e a giocare con me. Passarono dieci lunghi anni prima che lei guarisse definitivamente e col tempo riuscii a capire anch'io molte più cose. Alla fine di quei dieci lunghissimi anni le nostre famiglie erano state tutte provate dal dolore e ognuno aveva cercato di dare il proprio contributo per far tornare a sorridere quella bimba impertinente. Anche la mia vita è stata profondamente cambiata da questa storia. Ho deciso di diventare una volontaria AVIS perché, solo grazie alla donazione che altre persone hanno fatto, ho potuto mettermi di nuovo nei guai con quella bambina che mi aveva letteralmente rubato l’anima con la sua vitalità. Anche stavolta Alice, questo era il suo nome, era tornata nel “Paese delle meraviglie” con quella sua immensa voglia di vivere. Era riuscita a togliersi dai guai, ma questa volta con l'aiuto di tante belle persone che le avevano donato sangue, tempo, affetto e sorrisi.
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