La spada ferisce Quaderno Rosso L’insostenibile limite della mobilità Tornai alla latteria, a bere e salutare Max. Max non si ricordava di me, ma io gli spiego chi ero. “Oh! Pergiove, mi ricordo… sì, sì. Com’è andata a finire?” Gli spiego, anzi gli raccomandavo di salutare Vinsanto. Vinsanto adesso frequentava un bar alla moda in Piazza Verdi. “E cosa diavolo ci fa lì?” chiedo a Max. “Sai, le donne…” “Ah…” la mia esclamazione era un’altra cosa che avevo ereditato dalla tossicomania. Era l’esclamazione di chi una donna non ce l’ha. Una cosa risaputa degli effetti della tossicodipendenza è lo scarso interesse per il sesso. Qui machisti e femministe si chiedono la stessa cosa: bisogna esser pazzi a rinunciare a una cosa del genere. Eppure questo è lo stesso identico scarso interesse per una donna che un ragazzo può avere quando si vede l’amico sottratto alla serata per via della “tipa” o della topa. Dove per tipa si intende la topa trasformata in ragazza. L’esempio dà giusto il senso delle cose, ma in realtà non funziona proprio così. Avere dell’eroina equivale piuttosto ad avere una donna. L’eroina affatica con i suoi continui orgasmi e pertanto non è assolutamente folle rinunciare al sesso. La spada ferisce Quaderno Rosso Semplicemente si è soddisfatti e troppo stanchi per fare altro. Insomma Vinsanto corteggiava, o non so cosa, qualche donna e comunque non andava al bar di Max da qualche tempo. “E tu, e tu, dimmi come va? Dove abiti adesso?” In quello squat qua e là, ho trovato lavoro e poi ho lavorato in fiera. “Ma come cazzo fate voi della vostra età?” mi dice. E una cosa del genere non l’avevo mai sentito dire da uomini dai quarant’anni in su. “Ne ho visti di studenti che si fanno in quattro, soprattutto quelli che vengono da fuori. Oddio, ora sempre meno, ma i mantenuti ci sono sempre stati. Soprattutto perché prima i viaggi se li facevano quelli che non avevano nulla da perdere. Ed erano tanti.” “Ne ho conosciuto uno alla casa. È un napoletano, di età è più grande di me ed è appena stato preso a fare uno stage.” “Stage, master, mobilità, ffllessibilità” pronunciando questa parola arrotolò il labbro inferiore sotto gli incisivi in modo pronunciato “contratto a tempo determinato, part-time, full-optional a rate tasso zero e lavoro in culo. Il diploma, la laurea e poi via, e una volta arrivato paga tutti i debiti fino alla pensione, ti daremo più tempo se vuoi.” “Tutte inculate e qualcuno si arricchisce” “È sempre stato così.” “Sì, Un modo convincente per dire a tutti quanta è bella la tua carta di credito, prima della finale di coppa La spada ferisce Quaderno Rosso dei campioni? 800.000 dollari a spot; con Mastercard.” “Ci siamo capiti, no?” “Eccome” dissi, mentre ci fu uno di quei strani momenti di improvviso silenzio che in qualsiasi altro posto sarebbe arrivato a sproposito. Facemmo silenzio anche noi per un secondo. “Sai quanti ne ho sentiti di questi momenti di silenzio io? Ormai non ci faccio più caso, ma visto che tu sembri non saperlo, ti dico quello che penso: io credo che sia un senso di rispetto per i momenti di verità che si stanno vivendo proprio in quell’istante. È per questo che a tutti sembrano curiosi, o esilaranti. Solo quando durano molto a lungo tutti se ne accorgono e cominciano a parlarne. Dev’essere lo spirito dell’alcool. Ci sono tante storie celtiche che raccontano come in ogni bicchiere ci sia uno spiritello che si libera. Comunque” Cambiò tono e discorso “tornando a prima. Avete una pazienza infinita oppure dormite?” “Cosa vuoi dire?” “Insomma, perché non vi incazzate come ci incazzavamo noi?” “Perché, voi cosa avete ottenuto?” “Be’ non tutto ma tante cose che ci stanno portando via… che vi stanno portando via” “Non lo so, forse perché sono cambiati i tempi, forse perché i tempi non sono cambiati, forse perché i nostri genitori prima erano comunisti e oggi sono diessini se non berlusconiani. Forse perché avete perso anche nel ’77, forse perché non abbiamo nessuno che dispensi buoni consigli, forse perché sbagliamo, forse perché La spada ferisce Quaderno Rosso siamo divisi. Tutto di questo e niente. Tu sei anarchico, vero? A me piacciono gli anarchici, se mi interessassi di politica mi definirei anch’io così, e spesso sono chiamato a definirmi col fastidio di una etichetta… “Sì, insomma ho capito, anche tu sei anarchico, arriva al punto.” Riflettei un attimo su quel ‘sì insomma’. Gli stavo dicendo esattamente che non lo ero, ma sorvolai “Non siamo così malvagi noialtri, ai vostri tempi i ‘cattivi’ picchiavano di brutto, ora fanno solo le buffonate. Il fatto è che siamo come in uno di quei momenti lunghi di improvviso silenzio dove dopo tutti si mettono a ridere. Prima invece tutti erano in silenzio e poi hanno tranquillamente ripreso i loro discorsi, come se fosse accaduto un miracolo. Tutti se ne accorgono, portano rispetto e tacciono. Ma in questo momento non è così, pochi tacciono. Non è facile capire quale sarà la prossima fermata, basta con le certezze del passato, pensiamo a noi, alla nostra situazione. Ogni volta che c’è un passo indietro bisogna fare un’analisi. C’è chi capisce subito e c’è chi resta indietro, indeciso, ad aspettare. C’è chi si muove con troppa fretta, c’è chi si prende il suo tempo, c’è chi arriva al momento giusto. Io credo che quando Marte darà la faccia a Venere in congiunzione con la Terra questo momento giusto arriverà. Ma intanto come faccio a vivere? Cosa posso fare se non sono riuscito neanche a fermarmi a pensare?” “Hai ragione, il disagio lo sentono solo alcuni, quelli messi come te, che non hanno niente, ma in fondo, il La spada ferisce Quaderno Rosso livello generale non è talmente basso da ispirare pensieri di rivolta.” “Versami una birra va'” Max rise “Discorsi troppo seri… ” stappò una bottiglia da tre quarti e mi versò la birra nel bicchiere. “L’altro giorno ho dovuto chiedere una giornata al mobilificio dove lavoro, per fare il facchino in fiera. Ho dovuto inventarmi una storia, che dovevo perdere una giornata a fare la fila al sindacato per un problema con l’altro lavoro. Però il padrone è stato comprensivo.” “Che fiera c’era?” “La Fiera dei Cervelli” Max rise “Che fiera c’è? La Fiera dei Cervelli? E cos’è?” “La fiera di chi sa fare i soldi.” “Ah… roba per noi…” “Esattamente: quelli sono gli unici furbi. E c’era pure il cervellone della Confindustria.” “Modo sbagliato di ragionare. Voi li chiamate ‘Confindustriali’, noi si diceva ‘padroni’.” “Non è tanto grave. È grave che se ne vada in giro a dirci di risparmiare acqua minacciando di chiudere le fabbriche e compromettere lo ‘sviluppo economico’ che è la stessa causa del male.” “Prima ci preoccupava che chiudendo le fabbriche gli operai venivano licenziati…” “E oggi non solo si licenziano operai ma i problemi ambientali diventano più urgenti. Ma alla fine tutto viene liquidato come catastrofismo. Catastrofismo? Sai quanti stand italiani c’erano in Fiera? Pochissimi, cos’è La spada ferisce Quaderno Rosso gli italiani hanno il cervello bruciato? Io ho lavorato per una ditta spagnola, e ho servito stand spagnoli e se quel coglione spagnolo che sembra un comico deficiente è tanto popolare e piace agli italiani, magari un motivo ci sarà pure. Tu che dici?” “Vuoi che ti dica una cosa da anarchico? Io direi che è meglio che vada così, che è l’ora di mandarli veramente a cagare e strafottersene. Quando saranno in pochi a starli a sentire voglio proprio vedere cosa faranno.” “La fai facile.” Mobilità dell’essere, limite dell’utile. Ho bisogno di sostenermi c’è ben poco di sostenibile, c’è ben poco da sostenere il sostenibile. Fassi aveva proprio preso a cuore il mio caso. Appena trovava lavoro lo trovava sempre per due. Il pomeriggio ero libero, così potevo prestarmi al volantinaggio, alla consegna, perfino a fare l’imbianchino. Poi divenne interinale anche lui. Il lavoro interinale funziona così: se un cesso perde gocce d’urina, un ciottolo può risolvere il problema finché l’urina dai e dai non lo corrode. A quel punto viene messo un altro ciottolo. Così per coprire intere falle del cesso si usano tanti ciottoli e l’intero mondo del lavoro diventa un orinale di dimensioni spropositate. A questo grado di civiltà il lavoro non è altro che inter-orinale, la cui abbreviazioni linguistica è intorinale (talvolta interanale) o più frequentemente interinale. Mobilità, La spada ferisce Quaderno Rosso corri da una parte all’altra, salti da un’agenzia all’altra, da un ufficio all’altro, da un lavoro all’altro finché il mobile non si rompe le gambe e viene usato come ripostiglio sul cui piano poggiare soprammobili e cineserie. Logica flessibile del mi piego ma non mi pago. Angolo di flessione 90 gradi Ovest-Nord-Ovest. Da Max si poteva bere con pochi soldi, perciò dopo un po’ si era tutti allegri. I discorsi cominciavano a perdere coerenza e logica e alla fine tutti avevano ragione. Quando arrivò l’ora di chiusura, circa le dieci, la piazza si era popolata di giovani e carabinieri. Il frastuono era notevole. I ragazzi raccolti in gruppi bevevano e fumavano accovacciati per terra. Qualcuno suonava la chitarra, altri dei djembè e dei tamburelli. Alzando lo sguardo dal selciato incrociai proprio Fassi assieme a due amiche. L’invito innocente era di bere una birra. Presto ho capito che gli inviti innocenti a Bologna vanno sempre a finire in un certo modo. Non parlai molto, perché non conoscevo bene nessuno nella compagnia. Fassi scherzava con una delle sue amiche, la bionda. L’altra era più silenziosa. Brevemente si passò all’argomento lavoro. Fassi raccontava i momenti topici dei nostri lavori. Un vigile voleva multarci per il volantinaggio. “E Italo gli fa ‘Mi scusi signora vigilessa – proprio così hai detto - noi stiamo facendo il nostro onesto lavoro proprio come lei, perciò, perché la multa non la fa a chi ci ha detto di farlo? Guardi, l’indirizzo è scritto sul volantino…’ e questa che dice che a lei non interessa La spada ferisce Quaderno Rosso chi paga la multa e che al limite gliela portiamo noi al nostro datore di lavoro sicché lui continua ‘Ma si immagina se noi gli portiamo la multa? Quello non vuole sentire storie e non ci paga, e noi dalle tre ci siamo fatti tanta strada, siamo stanchi, abbiamo lavorato anche stamattina… e per niente?’ Insomma, a sentire la sua storia la vigilessa si è impietosita e alla fine ci ha detto che l’avrebbe mandata alla ditta con carta intestata, ma che noi dovevamo stare attenti perché aveva già sorvolato sul contratto di impiego e che non potevamo mettere i volantini sotto i tergicristalli delle auto perché ne aveva già trovati per terra. Insomma ci siamo fatti pagare dal padrone e ce la siamo squagliata” Io risi al ricordo di questa storia di cui Fassi mi aveva reso eroe. A quel punto l’amica bruna si accorse della mia esistenza. Cominciò a farmi domande. Quelle stupide, che si dicono tutti. “Italo, è così che ti chiamano vero? Sei di Torino?” mi chiede imitando il mio accento secondo quelli che sono gli stereotipi della televisione. Annuii sorridendo. “Ma Torino città?” “Le case operaie. Quartiere a Sud della metropoli.” “Ah, e cosa c’è di bello? Io non sono mai stata a Torino…” “C’è una stazione dei Carabinieri con un maresciallo scemo e fascista, che va in giro in Mercedes e ha una bellissima figlia. Poi ci sono i muri scorticati, macerie e un bel centro sociale. L’unica cosa che abbellisce questa zona di Torino. Lo si vede dalla mia stanza. L’ho La spada ferisce Quaderno Rosso visto occupare. E resistere agli sgomberi.” “E come facevano?” “Come negli assedi medievali. Salivano sul tetto e lanciavano le tegole. I pompieri rispondevano con le catapulte ad acqua: gli idranti.” Il racconto aveva stupito molto l’amica di Fassi, che mi ero accorto essere dall’aspetto molto giovane, praticamente mia coetanea. “Allora è bello da dove vieni!” “Cosa? È pieno di povera gente, bambini che fanno a botte per farsi rispettare e immigrati disperati. Non c’è vita, solo operai che vanno al lavoro, cassintegrati in affidamento al Comune, casalinghe acide e vecchi piegati sul bastone. È tutto morto, tutto appartiene al Capitale, è degrado sociale, ambientale, siamo la feccia della bella città. Non un giardino degno del nome, non una biblioteca, un negozio di dischi, una… per fortuna c’è la sala prove autogestita.” “E cosa fanno quelli della tua età?” Questa sì che era una bella domanda. “La maggior parte va nei posti più in voga, che spesso sono in centro, esiste il rito dell'apericena e il culto del weekend in discoteca, altri preferiscono i pub, ma io...” “ Tu?” “Io preferisco i posti dove si radunano i punk.” “E tu saresti un punk?” “No, certamente no, ma mi ci trovo bene con loro e poi ci piace più o meno la stessa musica. Ho anche cantato in un gruppo hard-core. Niente di importante, il La spada ferisce Quaderno Rosso punk di Torino faceva benissimo senza di noi. Io appartengo ad un’altra categoria.” “E quale?” Neanche questa domanda era male. A quale? “Diciamo… tra… i drogati.” Lei si ritirò indietro con il busto e poi rise. Ora di lei notavo i bei capelli ricci, il viso esile e i lineamenti forti di chi abita in una città di mare. “E non hai qualcosa con te?” “No, è che non sono quel tipo di drogato, cioè sì, ma…” “Tipo Trainspotting?” “No, è molto meno fico, diciamo che lì è molto più mitizzato, ma perché un libro o un film devono colpire con la loro storia, e poi il film è bello ed è piaciuto a tanti. Immagina uno più disperato e meno sicuro di sé.” “Eccoti qua.” “Adesso non sono più disperato.” Fassi era di ritorno da qualche parte, non mi ero neanche accorto che si era allontanato. Chiuse il cerchio formato dalle nostre gambe incrociate che cominciavano a dolerci. “Chi la fa?” esordì porgendo un pezzo di caramello. L’amica bionda gli risponse “Falla tu.” “No, non mi va, e poi c’è la polizia e sicuramente mi hanno visto avvicinarmi al pusher. Se si fanno un giro e mi sgamano possono dire di avermi visto comprare.” Io mi proposi di fare lo spinello. Potevo dire che mi serviva a calmare i dolori dell’astinenza. Non mi piace parlare della mia tossicodipendenza in pubblico, ma La spada ferisce Quaderno Rosso non essendoci stato altro in quel periodo della mia vita, era l’unico argomento di cui potevo discutere. Non ho cartine, neanche Fassi. “Ce le ho io. E per il filtro possiamo usare il mio biglietto.” “Grande Cristina…” esclamò Fassi. Ecco come si chiamava la bruna, Cristina. Il biglietto era stato timbrato a Forlì, e Cristina parlava con un accento che assomigliava a quelli che avevo sentito da queste parti, ma non me ne ero accorto subito: non era marcato. Mentre chiudevo la sigaretta le dico, rivolgendole lo sguardo e scostando leggermente la testa di lato, “Tu invece sei di Forlì?” “Sì, provincia. Parlo come Angela no?” e indicò la sua amica. “Conosco Angela quanto te.” La piazza cominciava a vuotarsi di giovani e restava per terra una distesa di vetri e lattine multicolore. “Non ricordavo che eravamo diventati così incivili” commentò Fassi. “Però potrebbero mettere una campana per la raccolta differenziata…” constatai. Fassi non era molto convinto. Guardai verso la piazza e solo ora che si era svuotata potevo vedere giocolieri con fiaccole infuocate e palle di pezza, tre ragazzi che si lanciavano un freesbe e altri che sotto il portico, vicino a noi, giocavano al gioco del fazzoletto. Si divertivano un mondo. Spengo lo spinello e caccio il fumo in fondo ai polmoni per alcuni istanti. La spada ferisce Quaderno Rosso Credo di aver pronunciato ‘È buono’ o un’altra osservazione del genere. L’auto dei carabinieri dall’angolo in fondo alla piazza a un certo punto si mise in moto e si diresse verso di noi. Fassi trasalì, io gli rivolsi una smorfia per dire di stare tranquillo; afferrai l’hashish con il palmo della mano e lo portai appena dietro di me nascondendolo fra gli interstizi del selciato. Alzo le spalle e Fassi capisce che siamo a posto. La Gazzella ci superò e si fermarono. Col megafono intimarono ai ragazzi che giocavano al gioco del fazzoletto Crr “Ragazzi, smettetela” crrr trasmissione conclusa. Due di loro allargarono le braccia, ma tutti si rassegnarono. Noi non potemmo trattenerci dal ridere. I carabinieri tornarono da dove erano venuti: nell’angolo in fondo alla piazza. I ragazzi cercarono solidarietà nei nostri sguardi. Si fece qualche commento scherzoso. Cambiarono gioco, gioco della bottiglia. Altro innocente gioco da bambini. Non furono più fortunati. Uno spazzino li guardò per un attimo, sorrise e raccolse la bottiglia per buttarla via. Decisero che era meglio andare. Un uomo si avvicinò a noi. Aveva dei tratti sudamericani. Ci offrì delle birre. Noi accettiamo. Fassi mi porge cinque euro. Io dico di lasciar stare e seguo l’uomo. Fassi mi presta il suo zaino. In cima alla piazza, di fronte alle serrande abbassate del bar di Max, un altro uomo nordafricano apre un frigo dal bagagliaio della sua vecchia macchina di fabbricazione francese. Per sei euro posso avere otto lattine di birra. Quando La spada ferisce Quaderno Rosso faccio ritorno dagli altri Fassi mi spiega che è illegale bere per strada. “Ma va? E tutte queste persone?” “La regola non viene rispettata o non viene fatta rispettare.” Le ragazze confermano, Angela dice che il questore ha promesso guerra al mercato nero della birra. “Il mercato nero della birra?” non potevo trattenermi. Il solo pensiero di una cosa del genere è esilarante. “Sì” dice Fassi “l’altro giorno hanno multato un locale e un cliente perché questo era uscito con il bicchiere pieno fuori dal locale, per rispondere al cellulare.” “Però…” “E questo è niente: presto i locali che non rispettano la regola saranno puniti con la multa e la chiusura da una a due settimane” “Pesissimo…” “Ed è illegale vendere e consumare alcolici fuori dai locali dalle dieci in poi.” “Ah.” Mi guardai intorno con fare circospetto. “Speriamo che stasera non mi sbattano dentro.” “Se ti arrestano” mi dice Cristina “chiamami, mi faccio arrestare anch’io” Cosa faccio, colgo l’occasione? Come mio solito lascio correre “Così passiamo la notte dentro?” Il tempo di una sigaretta per smaltire la serata. Poi tutti a casa. Non era troppo tardi. Con Fassi parliamo poco durante il ritorno. Poi ci sedemmo nel soggiorno. Gli domando una cosa che mi aveva sempre incuriosito: La spada ferisce Quaderno Rosso “Perché ti chiamano Fassi?” “Io ho qualche anno più di te. Ti ricordi il Congresso della Bolognina?” “Non ho mai capito di cosa si trattasse” “Mio padre, come tanti romagnoli, era iscritto al PCI. Col congresso della Bolognina il PCI è morto, e la maggior parte, compreso mio padre e me, ha seguito i D’Alema e i Mussi, ma c’era anche un giovane emergente che all’epoca sembrava più adatto a seguire Rifondazione che non il PDS. Quindi se era rimasto al PDS, il partito poteva dirsi ancora di sinistra. E io l’ho pensata così anche quando Mussi si è messo da parte. E così mi prendevano in giro e poi mi è rimasto.” “Immagino ora non ti piaccia più.” “Non mi dà fastidio, mi faccio chiamare così, anche perché nessuno va a pensare all’origine del mio soprannome.” “Quindi ho sbagliato a chiedertelo?” “Tranquillo, non mi dà nemmeno fastidio parlarne. Come vedi però mi sono ricreduto.” Al lavoro mi sono cascate addosso delle assi di un armadio mentre lo trasportavamo. Ho solo delle escoriazioni sulla gamba, i jeans hanno infettato un po’ le ferite e ho dovuto usare dell’alcool per pulire. Ricordavo il falegname che veniva a sistemare qualche mobile vecchio a casa dei miei genitori. Aveva nove dita. Un mignolo era saltato via da molto tempo. Quando stringeva la mano sentivi il disagio sul tuo La spada ferisce Quaderno Rosso palmo, e faceva una certa impressione, soprattutto perché la mano era robusta e la stretta vigorosa. Con lui c’era un giovane apprendista. Un ragazzo credo appena quindicenne, più grande di me e meno istruito. Certamente si sentiva adulto per il fatto che lavorava di già. Il dito mozzato del suo ‘maestro’ era come un marchio e il ragazzo mi raccontò la storia di quel dito. Un racconto esageratamente macabro, ma che il dito fosse saltato via sotto la lama di un arnese meccanico non c’era dubbio. E questo per il ragazzo era motivo d’orgoglio. Le menomazioni dei lavoratori non sono una cosa nuova del resto. Esistono al mondo lavori terribili ed esistono al mondo quartieri terribili. Chi vive in questi quartieri vuole che i propri figli non ci rimangano e i figli di certo non vogliono restarci. In questa fuga c’è chi ce la fa e chi no. Chi non ce la fa sono sempre di più, gli altri vengono rimpiazzati dagli immigrati, in prevalenza clandestini, che lavorano in nero. Le case diventano via via sempre più vecchie. I lavandini gocciolano e costa di più aggiustarli che non pagare la bolletta. Da ogni presa elettrica scoppiettano scintille ad ogni nuovo contatto con un elettrodomestico, perché l’impianto fa paura. Ho sbrigato molti lavoretti nella palazzina operaia da dove vengo. In qualche modo mettevo a posto qualche elettrodomestico andato in sovraccarico o cambiavo le prese bruciate negli appartamenti dei vicini. Le signore mi regalavano focacce e frutta perché io non chiedevo soldi per i piccoli lavori. Per questo mi volevano bene. A me faceva piacere: erano cose da niente e mi piaceva svitare, scorticare fili, fare La spada ferisce Quaderno Rosso collegamenti. Ma a volte mi rendevo conto che i bambini in quelle case non ci potevano stare. Una volta riparavo una presa che si era misteriosamente bruciata. Per terra avevo trovato dei piccoli vetri di una lampadina scoppiata. Io chiesi se c’erano bambini in casa. Sì, perché, cos’altro hanno combinato? Dissi che non avevano combinato niente ma che bisognava stare attenti. Invece i bambini giocano ed era molto probabile che avessero attaccato alla presa una lampadina di voltaggio molto basso. I bambini devono stare lontani da queste case, devono giocare fuori, all’aria aperta, hanno bisogno di ambienti sani. E invece giocano con giocattoli pericolosi che giocattoli non sono, e dopo vanno a lavorare in ambienti dove l’aria è irrespirabile e si rischiano le dita della mano. Questi ricordi mi erano venuti in mente quella sera, dopo che Cristina mi aveva chiesto da dove venivo.
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