Andrea del 03 Febbraio 2015

Andrea del 03 Febbraio 2015
La mia storia inizia nel maggio del 2014 a seguito di una ecografia effettuata nell’ambito di
una serie di esami di controllo prescritti dal mio medico di base dopo che nel settembre del
2013 mi era stata diagnosticata e curata con un antibiotico una forma di infezione alla prostata
(prostatite).
L’ecografia evidenzia una voluminosa massa addominale che mette in estremo allarme il
medico che me l’ha effettuata e, ovviamente, il sottoscritto. Nel giro di pochi giorni faccio una
visita da uno specialista in urologia in cui mi viene prescritta d’urgenza una TAC con mezzo di
contrasto. Lascio immaginare l’angoscia di quei giorni, angoscia parzialmente attenuata
dall’esito che “ipotizza” uno pseudomyxoma al peritoneo, una forma tumorale non troppo
aggressiva nei confronti degli organi circostanti.
Nel frattempo avevo già prenotato una visita all’Istituto Clinico Humanitas, conosciuto
perché un mio zio era stato operato ad un tumore al fegato un paio di anni prima, all’età di
76 anni, con pieno successo, e di cui avevo poi casualmente letto qualche mese prima di
sapere della mia malattia essere stato riconosciuto come uno dei centri di eccellenza a livello
europeo.
Devo dire che già al primo contatto con Humanitas, la visita nella quale ho consegnato
ecografia e TAC, sono stato colpito da due caratteristiche che poi si confermeranno lungo tutto
il percorso delle visite successive e della lunga degenza ospedaliera: una evidente
professionalità unita ad una grande attenzione alla persona. Questo per me ha voluto dire
innanzitutto senso di “sicurezza”: in momenti difficili sentire di essersi affidati alle persone
giuste rende sereni (“ho fatto la scelta giusta…”, “mi posso fidare…”) e positivi (“dai che ce la
faccio”……….).
Il primo incontro con il mio chirurgo conferma tutto questo: il dr. Bagnoli mi dice che sì, si
dovrebbe trattare di uno pseudomyxoma e, con calma, senza allarmismi ma con trasparenza e
utilizzando parole semplici, mi spiega di cosa si tratta: dovrò affrontare un intervento
chirurgico piuttosto impegnativo (circa 8 - 10 ore!!) , con un post operatorio non banale ma,
alla fine, potrò ragionevolmente sperare in una guarigione piena e nella ripresa di una vita
normale. Intanto però dovevo sottopormi ad una biopsia per verificare se la diagnosi
radiologica trovava riscontro “fisico”. Va detto che, a differenza di quanto pensavo, il mondo
dei tumori non si divide in due, nella categoria dei “buoni”, i c.d. “benigni”, e dei “cattivi”, i
c.d. maligni, ma si “misura” in termini di “aggressività”, con una scala che se ben ricordo va
da zero a 39. Ragione per la quale non c’è solo il bianco e il nero ma una serie di sfumature,
di livelli intermedi, la maggior parte dei quali, se individuati per tempo, risultano oggi curabili.
Si arriva quindi alla biopsia, che tuttavia ipotizza una forma tumorale diversa dallo
pseudomyxoma, una forma che il dott. Bagnoli per primo non esita a definire di estrema rarità.
Mi suggerisce quindi prudenzialmente una macrobiopsia, un vero e proprio intervento
chirurgico in video - laparoscopia con anestesia totale per trovare ulteriori conferme. Un
passaggio in più, la prima anestesia totale della mia vita, il primo confronto con una sala
operatoria, ma anche la prova di una estrema scrupolosità nella fase diagnostica. Devo dire che
il giorno dell’intervento, e sapevo che si trattava di niente rispetto a quello che mi attendeva
poi, avevo molta paura, tremavo come una foglia (ma in sala operatoria fa anche tanto
freddo!!). Ma è stata anche l’occasione di conoscere l’equipe medica, gli anestesisti e tutto il
personale di “supporto” al chirurgo, confortato dalla loro gentilezza e dalla premura con la
quale eseguivano i preparativi per l’intervento. Mi sono reso conto a posteriori che questa
esperienza mi ha poi aiutato ad affrontare con maggiore tranquillità la ben più complessa fase
preparatoria all’intervento chirurgico risolutivo.
Dopo circa una quindicina di giorni è arrivata la diagnosi definitiva che ha confermato questa
forma tumorale molto rara, un Mesotelioma Multicistico, che fortunatamente, mi viene
spiegato, è assai meno aggressiva di tutte le altre forme tumorali del peritoneo. E che nel
rasserenarmi sulle conseguenze che questo comportava in termini di taglio/asportazione di
organi, mi dava appuntamento a metà settembre per l’intervento. In tale circostanza ho molto
apprezzato comprendere come il dr. Bagnoli, nell’approfondire le caratteristiche di questa
malattia, si fosse da subito messo in contatto e confrontato con altri colleghi all’interno e
all’esterno di Humanitas, anche stranieri, considerati eccellenze a livello internazionale.
E così arriva il 15 Settembre 2014, giorno dell’operazione, un intervento impegnativo di
Peritonectomia totale con perfusione ipertermica ovvero un lavaggio addominale
chemioterapico ad alta temperatura, in parte depotenziato, vista la particolarità del mio caso.
Durata totale dell’intervento 10 ore circa, come previsto. Dopo due notti e un giorno di terapia
intensiva, esperienza molto dura (ma si scopre anche di avere in sé stessi risorse
inaspettate….), mi portano in reparto pronto a trascorrere il periodo di degenza, il c.d. post
operatorio. Un periodo durato 31 giorni, veramente difficile, devastato dal singhiozzo e dagli
sforzi di vomito nei primi giorni. E poi la fatica a trovare l’energia semplicemente per alzarsi
dal letto e muoversi, la mancanza di appetito e le difficoltà nel digerire quel poco che
mangiavo, la perdita di circa dieci chili (su circa 66 di peso pre - operatorio) e la conseguente
debilitazione del mio fisico (che impressione solo a guardarmi allo specchio!). Infine anche la
febbre a causa di un batterio sviluppatosi all’interno di una piccola sacca di sangue “vecchio”,
cosa abbastanza frequente in circostanze del genere.
Ma a fronte di queste “sofferenze” ho vissuto molte esperienze umane intense e gratificanti.
Vedere tante persone, medici e infermieri in primis, svolgere il loro lavoro con straordinaria
passione, sempre pronti a regalarti una parola di incoraggiamento o un sorriso di conforto.
Avere il proprio chirurgo che, oltre alla tradizionale visita mattutina, ti passa a salutare a fine
giornata, già “in borghese” e prima di tornarsene a casa, come un vecchio amico, per vedere
come stai. Sono tutti aspetti di una humanitas dal valore inestimabile. Così come non posso
non ricordare lo spessore umano e professionale del dr. Cozzaglio. E potrei
continuare….(quanti ragazzi/e, giovani medici e infermieri, splendidi, che ti aiutano a pensare
al futuro in termini positivi….). Per ultimo vorrei aggiungere anche il confronto con altri malati
con i quali ho condiviso i momenti di passaggio/passeggiata nei corridoi del reparto (per altro
spesso chiamati ad affrontare situazioni molto più gravi della mia). Tutto questo mi ha sempre
permesso di farmi sentire una persona, con la mia dignità, e non semplicemente un "paziente"
o, peggio ancora, un numero.
Il rientro a casa, fin dal primo momento, ha rappresentato un percorso in discesa. Ogni giorno
un piccolo miglioramento, il recupero dell’appetito, la ripresa della mobilità, le prime
passeggiate all’aria aperta, il graduale recupero del peso….la riscoperta del gusto della vita!
Mentre scrivo sono passati poco più di quattro mesi dall’intervento e circa otto dalla scoperta
della malattia, sto bene e sono tornato ad una vita normale e attendo con fiducia la prima tac
post operatoria, consapevole che la naturale ritrosia a farsi delle visite di controllo quando “si
sta bene” va superata, perché la tempestività della diagnosi può fare davvero la differenza.