17/02/2015 COME GESTIRE LA CRISI: licenziamenti e forme alternative Avv. Evangelista Basile LE FORME DI DISTACCO DEI LAVORATORI 1 17/02/2015 LE FORME DI DISTACCO DEI LAVORATORI DISTACCO ORDINARIO (art. 30, D. lgs. 276/2003; Circ. Min. Lav., 15 gennaio 2004, n. 3) • Il distacco si realizza quando il datore di lavoro pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di un altro soggetto per lo svolgimento di una determinata attività lavorativa. • Il distacco può anche essere parziale: - il lavoratore continua a svolgere parte della prestazione anche presso l’originario datore di lavoro distaccante; - previo consenso del lavoratore distaccato, il lavoratore distaccato può subire un mutamento di mansioni o un trasferimento ad un’unità produttiva situata a più di 50 km da quella in cui è normalmente adibito, purché sussistano comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive. - segue - LE FORME DI DISTACCO DEI LAVORATORI • Ai fini del distacco deve in ogni caso sussistere un interesse produttivo del datore di lavoro distaccante che sia specifico, concreto, rilevante e persistente per tutto il periodo del distacco. • Il distacco non può mai consistere in un mero interesse al corrispettivo per la fornitura altrui (in questo caso, si ha la diversa ipotesi della somministrazione di lavoro). 2 17/02/2015 LE FORME DI DISTACCO DEI LAVORATORI DISTACCO AL FINE DI EVITARE RIDUZIONE DI PERSONALE (art. 8, c. 3, D.L. 148/1993, conv. in L. 236/1993) Gli accordi sindacali, al fine di evitare le riduzioni di personale, possono regolare il comando o il distacco di uno o più lavoratori da un’impresa ad un’altra per una durata temporanea. LE FORME DI DISTACCO DEI LAVORATORI DISTACCO TRANSNAZIONALE (d. d. lgs. lgs. 25 febbraio 2000, n. 72, 72 che ha dato attuazione alla direttiva 96/71/CE in materia di distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi) Art. 1 D. lgs. 72/2000 •Il distacco transnazionale si verifica in occasione di una prestazione di servizi transnazionale. transnazionale • Le imprese stabilite in uno Stato membro dell'Unione europea diverso dall'Italia distaccano un lavoratore, per conto proprio e sotto la loro direzione, in territorio nazionale italiano, nell'ambito di un contratto concluso con il destinatario della prestazione di servizi che opera in territorio italiano; oppure •distaccano un lavoratore in territorio nazionale italiano, presso un'unità produttiva della medesima impresa o presso altra impresa appartenente allo stesso gruppo •In entrambi i casi, durante il periodo di distacco, deve continuare ad esistere un rapporto di lavoro tra il lavoratore distaccato e l'impresa distaccante. distaccante 3 17/02/2015 LE FORME DI DISTACCO DEI LAVORATORI DISTACCO TRANSNAZIONALE art. 2 D. lgs. 72/2000 • Il lavoratore distaccato in occasione di una prestazione di servizi transnazionale è abitualmente occupato in uno Stato membro dell’Unione Europea diverso dall’Italia e, per un periodo limitato, svolge il proprio lavoro in territorio nazionale italiano. • La durata del distacco del lavoratore in territorio nazionale italiano è sin dall’inizio predeterminata o predeterminabile con riferimento ad un evento futuro ed incerto. LE FORME DI DISTACCO DEI LAVORATORI DISTACCO TRANSNAZIONALE Art. 3 D. lgs. 72/2000 • Durante il periodo di distacco transnazionale ai lavoratori distaccati si applicano le medesime condizioni di lavoro applicabili ai lavoratori che effettuano prestazioni lavorative subordinate analoghe nel luogo in cui i lavoratori distaccati svolgono la propria attività in posizione di distacco. distacco • In occasione di una prestazione di servizi transnazionale, committente e appaltatore sono tenuti in solido a: - corrispondere ai lavoratori dipendenti un trattamento minimo inderogabile retributivo; - assicurare un trattamento normativo non inferiore a quelli spettanti ai lavoratori da loro dipendenti. • I diritti spettanti ai prestatori di lavoro dipendenti dall’appaltatore transnazionale possono essere esercitati nei confronti dell’imprenditore appaltante durante l’esecuzione dell’appalto e fino ad un anno dopo la data di cessazione del medesimo. 4 17/02/2015 ACCORDI DI SECONDO LIVELLO: IL CONTRATTO DI PROSSIMITA’ ACCORDI DI SECONDO LIVELLO Il contratto di prossimità • La contrattazione collettiva di secondo livello (aziendale o territoriale) – i c.d. contratti di prossimità – ha in genere la funzione di integrare il C.C.N.L. per meglio rispondere ai bisogni della singola azienda o delle aziende di una determinata area territoriale. • Attraverso i contratti di prossimità i datori di lavoro possono regolamentare, a certe condizioni tassativamente previste dalla legge, anche in deroga alla legge e al contratto nazionale (ma nel rispetto della Costituzione e dei vincoli derivanti dalle norme comunitarie e dalle convenzioni internazionali sul lavoro), determinati aspetti del rapporto di lavoro mediante intese aventi efficacia generale nei confronti di tutti i lavoratori interessati. • A tal fine, è necessario che l’azienda sottoscriva contratti collettivi aziendali o territoriali con un soggetto sindacale che rappresenti la maggioranza dei lavoratori. • In ogni caso, non possono essere derogate le disposizioni in materia di licenziamento discriminatorio in concomitanza del matrimonio o durante il periodo protetto di maternità, paternità, adozione o affidamento. 5 17/02/2015 ACCORDI DI SECONDO LIVELLO il contratto di prossimità Materie disciplinabili nella generalità delle aziende Impianti audiovisivi e introduzione di nuove tecnologie; Mansioni del lavoratore, classificazione e inquadramento del personale; Contratti a termine, contratti a orario ridotto, modulato o flessibile, regime della solidarietà negli appalti e ipotesi di ricorso alla somministrazione di lavoro; Disciplina dell’orario di lavoro; Modalità di assunzione e disciplina del rapporto di lavoro, comprese le collaborazioni a progetto e il lavoro autonomo abituale; Trasformazione e conversione dei contratti di lavoro; Conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro. ACCORDI DI SECONDO LIVELLO il contratto di prossimità Possono sottoscrivere le intese: • Le associazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale oppure con esclusivo riferimento ai contratti aziendali; • le loro rappresentanze sindacali operanti in azienda (RSU nel settore industriale; RSA in tutti i settori, compresa, ove manchino RSU, l’industria). 6 17/02/2015 ACCORDI DI SECONDO LIVELLO il contratto di prossimità • I contratti di prossimità possono essere stipulati in qualsiasi forma, ma nella prassi è utilizzata la forma scritta, al fine di consentire la certezza del diritto. • La durata dei contratti di prossimità è fissata dalle parti, ma generalmente è di tre anni. Raramente, quando non viene predeterminata la durata, il contratto si considera a tempo indeterminato. • Recesso del datore di lavoro: - da un contratto di prossimità a tempo determinato prima della sua scadenza: inadempimento contrattuale, nonché condotta antisindacale; - da un contratto a tempo indeterminato nel rispetto del periodo di preavviso (generalmente, di tre mesi): legittimo • Le controversie relative all’applicazione delle clausole del contratto di prossimità devono essere affrontate, innanzitutto, in sede di conciliazione tra le organizzazioni di rappresentanza delle imprese e dei lavoratori stipulanti il CCNL, prima in sede territoriale e poi a livello nazionale. Se la controversia non viene risolta, si può adire un collegio di arbitrato. ACCORDI DI SECONDO LIVELLO il contratto di prossimità • Confindustria, CGIL, CISL e UIL hanno stipulato vari Accordi Interconfederali (A.I.) che disciplinano la contrattazione collettiva aziendale (28 giugno 2011, 21 settembre 2011, 10 gennaio 2014) • Per la misura e la certificazione della rappresentanza delle organizzazioni sindacali aderenti alle Confederazioni firmatarie degli Accordi Interconfederali, ai fini della contrattazione collettiva nazionale di categoria, si assumono: - dati associativi (deleghe relative ai contributi sindacali conferite dai lavoratori); - dati elettorali ottenuti (voti espressi) in occasione delle elezioni delle rappresentanze sindacali unitarie. • Il datore di lavoro provvede ad effettuare la rilevazione del numero delle deleghe dei dipendenti iscritti alle organizzazioni sindacali di categoria aderenti alle Confederazioni firmatarie dei tre accordi interconfederali. 7 17/02/2015 ACCORDI DI SECONDO LIVELLO il contratto di prossimità • I contratti approvati dalle RSA devono essere sottoposti al voto dei lavoratori promosso dalle stesse RSA a seguito di una richiesta avanzata, entro 10 giorni dalla conclusione del contratto, da almeno un’organizzazione sindacale espressione di una delle Confederazioni sindacali firmatarie dell’Accordo Interconfederale o almeno dal 30% dei lavoratori dell’impresa. • Per la validità della consultazione è necessaria la partecipazione del 50% più uno degli aventi diritto al voto. • L’intesa è respinta con il voto espresso dalla maggioranza semplice dei votanti. ACCORDI DI SECONDO LIVELLO il contratto di prossimità Materie disciplinabili nelle aziende iscritte a Confindustria In mancanza di procedure espresse e in attesa che i rinnovi definiscano la materia nel CCNL applicato in azienda, i contratti aziendali conclusi con le rappresentanze sindacali operanti in azienda, d’intesa con le organizzazioni sindacali di categoria espressione delle Confederazioni sindacali firmatarie degli accordi interconfederali, possono definire intese modificative con riferimento agli istituti del CCNL che disciplinano: - prestazione lavorativa; - orari; - organizzazione del lavoro. FINALITA’ - gestire situazioni di crisi; - in presenza di investimenti significativi, favorire lo sviluppo economico ed occupazionale dell’impresa. 8 17/02/2015 GLI ACCORDI INDIVIDUALI PER LA DEFINIZIONE DELLE CRITICITA’ TRA LE PARTI GLI ACCORDI INDIVIDUALI PER LA DEFINIZIONE DELLE CRITICITA’ TRA LE PARTI LICENZIAMENTO PER GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO E OBBLIGO DI REPÊCHAGE Il licenziamento legato a ragioni inerenti l’attività produttiva, l’organizzazione del lavoro e il regolare funzionamento di essa è legittimo se il datore di lavoro: • opera un riassetto organizzativo effettivo e non pretestuoso, fondato su circostanze realmente esistenti al momento del recesso e non riguardante circostanze future ed eventuali; • sussista il nesso di causalità tra il recesso e le ragioni inerenti l’attività produttiva; • verifica la possibilità di adibire il lavoratore a mansioni equivalenti nell’ambito dell’organizzazione aziendale e ne ha accertato l’impossibilità nell’ambito dell’intera struttura aziendale (c.d. OBBLIGO DI REPÊCHAGE); • sceglie il dipendente da licenziare rispettando i principi di correttezza e buona fede e non ponendo in essere atti discriminatori; • rispetta il periodo di preavviso o corrisponde la relativa indennità sostitutiva. 9 17/02/2015 GLI ACCORDI INDIVIDUALI PER LA DEFINIZIONE DELLE CRITICITA’ TRA LE PARTI OBBLIGO DI REPÊCHAGE Cass. civ., Sez. Lav., 16 maggio 2003, n. 7717: «Nell'ipotesi di licenziamento per giustificato motivo obbiettivo, ai sensi dell'art. 3 l. n. 604 del 1966, l'onere del datore di lavoro di dimostrare l'impossibilità di un'altra utilizzazione dei lavoratori licenziati va assolto, concernendo un fatto negativo, mediante la dimostrazione - fuori da un rigido prefissato schema di prova - di fatti positivi corrispondenti, come il fatto che i residui posti di lavoro, riguardanti mansioni equivalenti, fossero al tempo del licenziamento stabilmente occupati da altri lavoratori, e il fatto che dopo il licenziamento e per un congruo periodo non sia stata effettuata alcuna nuova assunzione nella stessa qualifica dei lavoratori licenziati, tale dimostrazione deve concernere tutte le sedi dell'attività aziendale, essendo sufficiente la limitazione alla sede cui erano addetti i lavoratori licenziati solo nell'ipotesi di preliminare rifiuto dei medesimi a trasferirsi altrove» GLI ACCORDI INDIVIDUALI PER LA DEFINIZIONE DELLE CRITICITA’ TRA LE PARTI OBBLIGO DI REPÊCHAGE Cass. civ., Sez. Lav., 15 aprile 2005, n. 7832 «Il ricorrere di nuove assunzioni a fronte di licenziamenti per giustificato motivo oggettivo non è ontologicamente incompatibile con l'esistenza di un ridimensionamento aziendale e non è, quindi, di per sé stesso fonte di illegittimità del licenziamento. Il rapporto fra esigenze di ridimensionamento aziendale e licenziamento per giustificato motivo oggettivo ad esse ricollegabile va sempre valutato con riferimento al ruolo ed alle mansioni di pertinenza del singolo lavoratore all'interno dell'azienda» Cass. civ., 23 maggio 2013, n. 12810 «L'onere del datore di lavoro di provare l'impossibilità di ricollocare il lavoratore da licenziare in mansioni analoghe a quelle proprie della posizione lavorativa occupata, per quanto debba essere inteso con elasticità, non può essere considerato assolto con la prova di aver proposto al dipendente un'attività di natura autonoma, esterna all'azienda e priva di qualsiasi garanzia reale in termini di flusso di lavoro e di reddito, specialmente se agli altri dipendenti siano state offerte ben più valide alternative» 10 17/02/2015 GLI ACCORDI INDIVIDUALI PER LA DEFINIZIONE DELLE CRITICITA’ TRA LE PARTI OBBLIGO DI REPÊCHAGE Cass. civ., 1 luglio 2011, n. 14517 «In caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo il datore di lavoro che adduca a fondamento del recesso la soppressione del posto di lavoro, cui era addetto il lavoratore licenziato, ha l'onere di provare non solo che al momento del licenziamento non sussisteva alcuna posizione di lavoro analoga a quella soppressa, alla quale avrebbe potuto essere assegnato il lavoratore per l'espletamento di mansioni equivalenti a quelle dapprima svolte, ma anche di aver prospettato, senza ottenerne il consenso, la possibilità di un reimpiego in mansioni inferiori rientranti nel suo bagaglio professionale, purché tali mansioni siano compatibili con l'assetto organizzativo aziendale insindacabilmente stabilito dall'imprenditore» Cass. civ., Sez. Lav., 11 marzo 2013, n. 5963 «L'obbligo di ripescaggio gravante sul datore di lavoro in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo va riferito esclusivamente alle attitudini ed alla formazione di cui il lavoratore è dotato al momento del licenziamento, con esclusione, in capo al datore, dell'obbligo di fornire tale lavoratore di un'ulteriore o diversa formazione per salvaguardare il suo posto di lavoro (nella specie, è stato reputato legittimo il licenziamento irrogato al dipendente, addetto al reparto manutenzione carrozzeria dei veicoli della società, benché egli fosse in possesso della patente K, necessaria per la guida di tutti i veicoli in dotazione alla società)» GLI ACCORDI INDIVIDUALI PER LA DEFINIZIONE DELLE CRITICITA’ TRA LE PARTI OBBLIGO DI REPÊCHAGE Cass. civ., Sez. Lav., 28 ottobre 2013, n. 24259 «È legittimo il licenziamento per giustificato motivo oggettivo del dipendente che rifiuta il distacco presso l'azienda dove è stato esternalizzato il servizio a cui è adibito allorché all'interno dell'azienda, a seguito di riorganizzazione, siano venute a mancare posizioni lavorative coerenti con la posizione e la qualificazione professionale del lavoratore». Cass. civ., Sez. Lav., 1 agosto 2013, n. 18416 «In tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, ove il datore di lavoro abbia assunto, successivamente al recesso, nuovo personale, è necessario, al fine di ritenere raggiunta la prova dell'inutilizzabilità "aliunde" del lavoratore licenziato, che il datore medesimo, su cui grava l'onere probatorio, indichi le assunzioni effettuate, il relativo periodo, le qualifiche e le mansioni affidate ai nuovi dipendenti e dimostri che queste ultime non siano da ritenersi equivalenti a quelle svolte dal lavoratore licenziato, tenuto conto della professionalità da questi raggiunta (Nella specie, la S.C., in applicazione del su esteso principio, ha confermato la sentenza impugnata che aveva rigettato l'impugnativa del licenziamento, rilevando che l'impresa aveva affidato in appalto ad una società esterna l'attività di gestione del magazzino cui i lavoratori licenziati erano addetti e ritenendo irrilevanti le nuove assunzioni operate in relazione a mansioni del tutto diverse)» 11 17/02/2015 GLI ACCORDI INDIVIDUALI PER LA DEFINIZIONE DELLE CRITICITA’ TRA LE PARTI TRASFORMAZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO (art. 5, c.1-3, D. lgs. 61/2000; Circ. Min. Lav., 18 marzo 2004, n. 9) o Le parti possono decidere di trasformare l’originario rapporto di lavoro da tempo pieno in rapporto part-time o viceversa mediante atto scritto integrante l’originario rapporto di lavoro. o La trasformazione è illegittima se proviene dalla decisione unilaterale del datore di lavoro (dettata, ad esempio, da crisi aziendale). o E’ infondata la pretesa del lavoratore di convertire unilateralmente il rapporto di lavoro da tempo pieno a parziale senza il consenso del datore. o Il licenziamento eventualmente irrogato al lavoratore che si rifiuti di trasformare il proprio rapporto di lavoro è considerato discriminatorio e quindi nullo, con applicazione della tutela reintegratoria. o La trasformazione del rapporto da tempo pieno a part-time non richiede più la convalida del relativo atto da parte della Direzione Territoriale del Lavoro. GLI ACCORDI INDIVIDUALI PER LA DEFINIZIONE DELLE CRITICITA’ TRA LE PARTI TRASFORMAZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO Art. 22, c. 4, L. 183/2011 • In particolare, mediante atto scritto le parti possono trasformare il rapporto di lavoro da tempo pieno in tempo parziale. • Qualora venga assunto nuovo personale a tempo parziale, il datore di lavoro deve informare tempestivamente – anche mediante comunicazione scritta affissa nei locali d’impresa, in luogo accessibile a tutti – il personale già dipendente con rapporto a tempo pieno, occupato in unità produttive collocate nello stesso ambito comunale, e prendere in considerazione le eventuali domande di trasformazione a tempo parziale del rapporto dei dipendenti. 12 17/02/2015 GLI ACCORDI INDIVIDUALI PER LA DEFINIZIONE DELLE CRITICITA’ TRA LE PARTI TRASFORMAZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO Lavoratori affetti da patologie oncologiche (Art. 12 bis, c. 1, D. lgs. 61/2000; Circ. Min. Lav., 22 dicembre 2005, n. 40) • I lavoratori affetti da patologie oncologiche per i quali residui una ridotta capacità lavorativa, anche a causa degli effetti invalidanti di terapie salvavita, accertata da una commissione medica istituita presso l'azienda unità sanitaria locale territorialmente competente, hanno diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale, verticale od orizzontale. • Per la quantificazione dell’orario ridotto e per la scelta tra part-time orizzontale o part-time verticale, le parti devono prendere in considerazione sia le esigenze del lavoratore, sia quelle aziendali. • Il rapporto di lavoro a tempo parziale deve essere trasformato nuovamente in rapporto di lavoro a tempo pieno a richiesta del lavoratore ove lo stato di salute lo renda possibile. • Restano in ogni caso salve le disposizioni più favorevoli per il lavoratore. GLI ACCORDI INDIVIDUALI PER LA DEFINIZIONE DELLE CRITICITA’ TRA LE PARTI TRASFORMAZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO Art. 12 bis, c. 2 e 3, D. lgs. 61/2000 E’ riconosciuta una priorità nella trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale in caso di: • patologie oncologiche riguardanti coniuge, figli o genitori del lavoratore; • lavoratore che assiste una persona convivente con totale e permanente inabilità lavorativa che assuma connotazione di gravità alla quale è stata riconosciuta una percentuale di invalidità pari al 100% con necessità di assistenza continua perché incapace di compiere atti quotidiani della vita; • richiesta del lavoratore o della lavoratrice con figlio convivente di età non superiore a tredici anni o con figlio convivente portatore di handicap. 13 17/02/2015 GLI ACCORDI INDIVIDUALI PER LA DEFINIZIONE DELLE CRITICITA’ TRA LE PARTI TRASFORMAZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO I contratti collettivi possono prevedere ulteriori ipotesi di priorità. Cass. civ., Sez. Lav., 4 maggio 2011, n. 9769 «In tema di prestazioni di lavoro subordinato (nella specie, presso aziende di credito), la mancata concessione della trasformazione a part time del rapporto a tempo pieno, ove nel caso concreto quest'ultima risulti giuridicamente doverosa, ai sensi e per gli effetti della contrattazione collettiva, costituisce violazione dei criteri di buona fede e correttezza che debbono ispirare l'esecuzione del contratto e, quindi, inadempimento contrattuale, di cui si può chiedere l'accertamento in relazione alla domanda di risarcimento dei danni conseguenti alla mancata trasformazione del rapporto di lavoro. GLI ACCORDI INDIVIDUALI PER LA DEFINIZIONE DELLE CRITICITA’ TRA LE PARTI DEMANSIONAMENTO • In linea generale, l’adibizione a mansioni inferiori rispetto a quelle concordate in sede di assunzione è vietata e ogni patto contrario è nullo. • Il divieto opera anche nell’ipotesi di assegnazione a mansioni ricomprese nel livello o nella categoria contrattuale di appartenenza, ma inferiori nella sostanza, perché non aderenti alla specifica competenza del dipendente oppure recanti un pregiudizio al graduale avanzamento gerarchico dello stesso. 14 17/02/2015 GLI ACCORDI INDIVIDUALI PER LA DEFINIZIONE DELLE CRITICITA’ TRA LE PARTI DEMANSIONAMENTO Tuttavia, la giurisprudenza ha ammesso, in alcuni casi, la possibilità di modificare in peggio le mansioni del lavoratore in presenza di determinate condizioni. 1. Mansioni inferiori marginali ed accessorie rispetto a quelle di competenza «Una volta che l'attività prevalente e assorbente del lavoratore rientri fra le mansioni corrispondenti alla qualifica di appartenenza, non viola i limiti esterni dello "ius variandi" del datore di lavoro - né frustra la funzione di tutela della professionalità l'adibizione del lavoratore stesso a mansioni inferiori, purché si tratti di mansioni che, oltre ad essere marginali e accessorie rispetto a quelle di competenza, non rientrino nella competenza specifica di altri lavoratori di professionalità meno elevata (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva ritenuto ingiustificato il rifiuto del lavoratore, adibito in maniera prevalente e assorbente a mansioni corrispondenti alla qualifica di appartenenza, di svolgere in via del tutto marginale la inferiore mansione di dattiloscrittura)» (Cass. civ., Sez. Lav., 2 maggio 2003, n. 6714). GLI ACCORDI INDIVIDUALI PER LA DEFINIZIONE DELLE CRITICITA’ TRA LE PARTI DEMANSIONAMENTO 2. Riclassamento del personale «In tema di rapporto di lavoro contrattualizzato dei dipendenti postali, la nullità di patti contrari al divieto di declassamento di mansioni previsto dal capoverso dell'art. 2103 c.c., pur trovando applicazione anche alla contrattazione collettiva, non esclude che un nuovo contratto collettivo possa prevedere il riclassamento del personale consistente in un riassetto delle qualifiche e dei rapporti di equivalenza tra mansioni, fatta salva in ogni caso la tutela della professionalità già raggiunta dal lavoratore quale prescritta dal comma 1 dello stesso articolo. Ne consegue che è legittima l'attribuzione della nuova qualifica, risultante dal riclassamento, al lavoratore le cui mansioni siano rimaste immutate, mentre sarebbe illegittima l'assegnazione di nuove mansioni non coerenti con la professionalità di quest'ultimo, anche se equivalenti ad altre rientranti nella nuova qualifica attribuita a seguito del riclassamento» (Cass., 3 settembre 2002, n. 12821) 15 17/02/2015 GLI ACCORDI INDIVIDUALI PER LA DEFINIZIONE DELLE CRITICITA’ TRA LE PARTI DEMANSIONAMENTO 3. Temporanea adibizione a diverse mansioni, anche non strettamente corrispondenti a quelle di appartenenza «Il rifiuto del lavoratore di svolgere mansioni non equivalenti a quelle di appartenenza, per un periodo transitorio, finalizzato all'apprendimento di nuove tecniche lavorative in vista dell'acquisizione di una più ampia professionalità, non è giustificato dall'eccezione di inadempimento di cui all'art. 1460 c.c., peraltro invocabile solo a fronte di un inadempimento totale della controparte, e legittima il licenziamento per giusta causa». GLI ACCORDI INDIVIDUALI PER LA DEFINIZIONE DELLE CRITICITA’ TRA LE PARTI DEMANSIONAMENTO 4. Demansionamento diretto ad evitare la sospensione o la cessazione del rapporto di lavoro a) per eventi morbosi che abbiano determinato l’inidoneità al lavoro: «In caso di sopravvenuta infermità permanente del lavoratore, l'impossibilità della prestazione lavorativa quale giustificato motivo di recesso del datore di lavoro dal contratto di lavoro subordinato (art. 1 e 3 l. n. 604 del 1966 e art. 1463 e 1464 c.c.) non è ravvisabile per effetto della sola ineseguibilità dell'attività attualmente svolta dal prestatore di lavoro, perché può essere esclusa dalla possibilità di adibire il lavoratore ad una diversa attività, che sia riconducibile - alla stregua di un'interpretazione del contratto secondo buona fede - alle mansioni attualmente assegnate o a quelle equivalenti (art. 2103 c.c.) o, se ciò è impossibile, a mansioni inferiori, purché tale diversa attività sia utilizzabile nell'impresa, secondo l'assetto organizzativo insindacabilmente stabilito dall'imprenditore» (Cass. civ., Sez. Un., 7 agosto 1998, n. 7755). 16 17/02/2015 GLI ACCORDI INDIVIDUALI PER LA DEFINIZIONE DELLE CRITICITA’ TRA LE PARTI DEMANSIONAMENTO 4. Demansionamento diretto ad evitare la sospensione o la cessazione del rapporto di lavoro b) in caso di esternalizzazione dei servizi o di loro riduzione da parte di un’azienda in crisi o che abbia subìto processi di riconversione o ristrutturazione aziendale «Il demansionamento del dipendente si configura soltanto quando le nuove funzioni da svolgere sono decisamente dequalificanti, mentre non può essere evocato in caso di trasferimento ad altro settore per la soppressione del vecchio servizio di appartenenza, qualora tale trasferimento costituisca, nell’ambito di un’azienda in crisi, "extrema ratio" rispetto al licenziamento o alla mobilità (nella specie, la Corte ha accolto il ricorso di un’azienda contro la sentenza di merito che affermava l’avvenuta dequalificazione di tre guardie giurate assegnate a mansioni produttive dopo l’esternalizzazione del servizio di guardiania, avvenuta in una fase di crisi, dalla quale l’impresa voleva uscire senza espellere nessun dipendente dal circuito produttivo)» (Cass. civ., Sez. Lav., 18 febbraio 2008, n. 4000). GLI ACCORDI INDIVIDUALI PER LA DEFINIZIONE DELLE CRITICITA’ TRA LE PARTI DEMANSIONAMENTO Patto di demansionamento • È lecito il patto di dequalificazione, se è l'unico modo per evitare il licenziamento, a condizione che il dipendente sia d'accordo. Il consenso del lavoratore non deve essere esplicito, ma può anche desumersi da fatti concludenti (Cass., 25 novembre 2010, n. 23926). • La dequalificazione è possibile, quindi, solo in presenza di un preventivo accordo con il lavoratore che abbia manifestato la sua disponibilità alla propria dequalificazione finalizzata alla conservazione del posto di lavoro e l’abbia di fatto accettata (Cass., 18 settembre 2013, n. 21356). • In tema di demansionamento e di dequalificazione, il riconoscimento del diritto del lavoratore al risarcimento del danno non patrimoniale che asseritamente ne deriva non può prescindere da una specifica allegazione, nel ricorso introduttivo del giudizio, sulla natura e sulle caratteristiche del pregiudizio medesimo. Deve quindi trattarsi di un pregiudizio di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile – che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all’espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno (Cass., 4 settembre 2014, n. 18673). 17 17/02/2015 GLI ACCORDI INDIVIDUALI PER LA DEFINIZIONE DELLE CRITICITA’ TRA LE PARTI TRASFERIMENTO Art. 2103 c.c. « … (il lavoratore) non può essere trasferito da una unità produttiva ad un'altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive». In assenza di un’espressa definizione legislativa, il trasferimento è stato definito dalla giurisprudenza come lo spostamento del lavoratore definitivo e senza limiti di durata, che può essere disposto unilateralmente dal datore di lavoro in presenza di determinate condizioni o previo consenso del lavoratore oppure, ancora, su espressa richiesta di quest’ultimo. GLI ACCORDI INDIVIDUALI PER LA DEFINIZIONE DELLE CRITICITA’ TRA LE PARTI Trasferimento individuale del lavoratore disposto su iniziativa individuale del datore di lavoro Riguarda il singolo lavoratore e può essere disposto su iniziativa del datore di lavoro solo se vengono rispettate le seguenti condizioni (in caso contrario, il lavoratore può legittimamente rifiutare il trasferimento): • per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive di carattere oggettivo ed effettivamente sussistenti nel momento in cui viene deciso il trasferimento; • a patto che avvenga da un’unità produttiva ad un’altra nell’ambito della stessa azienda («unità produttiva»: una consistente e vasta entità aziendale che, pur articolata in organismi minori, si caratterizza per condizioni imprenditoriali di indipendenza tecnica ed amministrativa tali che in essa si esaurisca per intero il ciclo relativo ad una frazione o ad un momento essenziale dell’attività produttiva). 18 17/02/2015 GLI ACCORDI INDIVIDUALI PER LA DEFINIZIONE DELLE CRITICITA’ TRA LE PARTI Trasferimento collettivo dei lavoratori • E’ il trasferimento che riguarda un’intera parte dell’impresa (reparto, filiale) o dell’azienda nel suo complesso. • In tali casi, il trasferimento è legittimo se il datore di lavoro ha affrontato preventivamente i motivi aziendali di trasferimento con le organizzazioni sindacali, al fine di determinare le modalità di attuazione dello stesso. CONTRATTO DI RETE DI IMPRESE 19 17/02/2015 CONTRATTO DI RETE DI IMPRESE Art. 3, c. 4-ter, D.L. 10 febbraio 2009, n. 5, così come modificato da L. n. 134/2012 e D.L. 179/2012, conv. in L. 221/2012 • Con il contratto di rete più imprenditori perseguono lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato. • A tal fine si obbligano, sulla base di un programma comune di rete, a collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all'esercizio delle proprie imprese ovvero a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica ovvero ancora ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell'oggetto della propria impresa. • Il contratto può anche prevedere l'istituzione di un fondo patrimoniale comune e la nomina di un organo comune incaricato di gestire, in nome e per conto dei partecipanti, l'esecuzione del contratto o di singole parti o fasi dello stesso. - segue - CONTRATTO DI RETE DI IMPRESE Il contratto deve essere redatto per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, ovvero per atto firmato digitalmente da ciascun imprenditore o legale rappresentante delle imprese aderenti, trasmesso ai competenti uffici del registro delle imprese e indicare: • nome, ditta, ragione o denominazione sociale di ogni partecipante per originaria sottoscrizione del contratto o per adesione successiva, nonché denominazione e sede della rete, qualora sia prevista l'istituzione di un fondo patrimoniale comune; • indicazione degli obiettivi strategici di innovazione e di innalzamento della capacità competitiva dei partecipanti e le modalità concordate con gli stessi per misurare l'avanzamento verso tali obiettivi; • definizione di un programma di rete, che contenga l'enunciazione dei diritti e degli obblighi assunti da ciascun partecipante; le modalità di realizzazione dello scopo comune e, qualora sia prevista l'istituzione di un fondo patrimoniale comune, la misura e i criteri di valutazione dei conferimenti iniziali e degli eventuali contributi successivi che ciascun partecipante si obbliga a versare al fondo, nonché le regole di gestione dello stesso; • durata del contratto, modalità di adesione di altri imprenditori e, se pattuite, le cause facoltative di recesso anticipato e le condizioni per l'esercizio del relativo diritto. 20 17/02/2015 CONTRATTO DI RETE DI IMPRESE • Art. 3, c. 4-quater, D.L. 10 febbraio 2009, n. 5 • Il contratto di rete è soggetto a iscrizione nella sezione del registro delle imprese presso cui è iscritto ciascun partecipante; • l'efficacia del contratto inizia a decorrere da quando è stata eseguita l'ultima delle iscrizioni prescritte a carico di tutti coloro che ne sono stati sottoscrittori originari; • le modifiche al contratto di rete sono redatte e depositate per l'iscrizione, a cura dell'impresa indicata nell'atto modificativo, presso la sezione del registro delle imprese presso cui è iscritta la stessa impresa. JOB SHARING o CONTRATTO DI LAVORO RIPARTITO 21 17/02/2015 JOB SHARING O CONTRATTO DI LAVORO RIPARTITO (Art. 41, 42 e 43 D. lgs. 10 settembre 2003, n. 276) • Il contratto di lavoro ripartito è uno speciale contratto di lavoro mediante il quale due lavoratori assumono in solido l'adempimento di un’unica e identica obbligazione lavorativa. • Fermo restando il vincolo di solidarietà e fatta salva una diversa intesa tra le parti contraenti, ogni lavoratore resta personalmente e direttamente responsabile dell'adempimento dell’intera obbligazione lavorativa. • Generalmente, i lavoratori hanno la facoltà di determinare discrezionalmente e in qualsiasi momento sostituzioni tra di loro, nonché di modificare consensualmente la collocazione temporale dell'orario di lavoro, nel qual caso il rischio dell’impossibilità della prestazione per fatti attinenti a uno dei coobbligati è posta in capo all'altro obbligato. • Eventuali sostituzioni da parte di terzi, nel caso di impossibilità di uno o entrambi i lavoratori coobbligati, sono vietate e possono essere ammesse solo previo consenso del datore di lavoro. JOB SHARING O CONTRATTO DI LAVORO RIPARTITO • Salvo diversa intesa tra le parti, le dimissioni o il licenziamento di uno dei lavoratori coobbligati comportano l'estinzione dell'intero vincolo contrattuale; • Se, tuttavia, su richiesta del datore di lavoro, l'altro prestatore di lavoro si rende disponibile ad adempiere l'obbligazione lavorativa, integralmente o parzialmente, il contratto di lavoro ripartito si trasforma in un normale contratto di lavoro subordinato. • In caso di impedimento di entrambi i lavoratori coobbligati: - l’obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile; - se l'impossibilità è solo temporanea, il debitore, finché essa perdura, non è responsabile del ritardo nell'adempimento. Tuttavia l'obbligazione si estingue se l'impossibilità perdura fino a quando, in relazione al titolo dell'obbligazione o alla natura dell'oggetto, il debitore non può più essere ritenuto obbligato a eseguire la prestazione ovvero il creditore non ha più interesse a conseguirla. 22 17/02/2015 JOB SHARING O CONTRATTO DI LAVORO RIPARTITO Il contratto di lavoro ripartito è stipulato in forma scritta ai fini della prova dei seguenti elementi: • la misura percentuale e la collocazione temporale del lavoro giornaliero, settimanale, mensile o annuale che si prevede venga svolto da ciascuno dei lavoratori coobbligati, secondo le intese tra loro intercorse, ferma restando la possibilità per gli stessi lavoratori di determinare discrezionalmente, in qualsiasi momento, la sostituzione tra di loro ovvero la modificazione consensuale della distribuzione dell'orario di lavoro; • luogo di lavoro, nonché trattamento economico e normativo spettante a ciascun lavoratore; • eventuali misure di sicurezza specifiche necessarie in relazione al tipo di attività dedotta in contratto. PROCEDURE INDIVIDUALI DI LICENZIAMENTO 23 17/02/2015 PROCEDURE INDIVIDUALI DI LICENZIAMENTO LICENZIAMENTO PER GIUSTIFICATO MOTIVO Art. 2118 C.C. Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti, dagli usi o secondo equità. In mancanza di preavviso, il recedente è tenuto verso l'altra parte a un'indennità equivalente all'importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso Art. 3 Legge n. 604/66 Il licenziamento per giustificato motivo con preavviso è determinato da un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro ovvero da ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa. C.C.N.L. Procedure individuali di licenziamento LICENZIAMENTO PER GIUSTA CAUSA Codice Civile: Art. 2119 «Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se il contratto è a tempo determinato, o senza preavviso, se il contratto è a tempo indeterminato, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto» Art. 1, L. n. 604/66 C.C.N.L. 24 17/02/2015 IL LICENZIAMENTO PER GIUSTA CAUSA «In tema di licenziamento per giusta causa, ai fini della proporzionalità fra fatto addebitato e recesso, viene in considerazione ogni comportamento che, per la sua gravità, sia suscettibile di scuotere la fiducia del datore di lavoro e di far ritenere che la continuazione del rapporto si risolva in un pregiudizio per gli scopi aziendali, dovendosi ritenere determinante, a tal fine, l'influenza che sul rapporto di lavoro sia in grado di esercitare il comportamento del lavoratore che, per le sue concrete modalità e per il contesto di riferimento, appaia suscettibile di porre in dubbio la futura correttezza dell'adempimento e denoti una scarsa inclinazione ad attuare diligentemente gli obblighi assunti, conformando il proprio comportamento ai canoni di buona fede e correttezza». (Cass. civ., Sez. Lav.,16 gennaio 2013, n. 892) IL LICENZIAMENTO PER GIUSTA CAUSA «Nel licenziamento per motivi disciplinari, il principio della immediatezza della contestazione dell'addebito e della tempestività del recesso datoriale, che si configura quale elemento costitutivo del diritto al recesso del datore di lavoro, deve essere inteso in senso relativo, relativo potendo in concreto essere compatibile con un intervallo di tempo più o meno lungo, quando l'accertamento e la valutazione dei fatti richieda uno spazio temporale maggiore, ovvero quando la complessità della struttura organizzativa dell'impresa possa far ritardare il provvedimento di recesso; in ogni caso, la valutazione relativa alla tempestività costituisce giudizio di merito, non sindacabile in cassazione ove adeguatamente motivato" (Cass. civ., Sez. Lav., 26 marzo 2013, n. 7499) 25 17/02/2015 RITO SPECIALE PER LE CONTROVERSIE IN TEMA DI LICENZIAMENTI (C.D. «RITO FORNERO») o La L. 92/2012 ha introdotto un rito speciale applicabile alle controversie aventi ad oggetto l’impugnativa dei licenziamenti nelle ipotesi regolate dal nuovo testo dell’art. 18 Stat. Lav. (licenziamenti per motivi discriminatori o illeciti), anche quando debbano essere risolte questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro. o Si tratta – nelle intenzioni del Legislatore – di un rito particolarmente snello che, prevedendo l’eliminazione delle formalità non essenziali all’instaurazione di un pieno contraddittorio, consente di ottenere una tutela rapida ed efficace. Rito speciale per le controversie in tema di licenziamenti Il rito di primo grado è suddiviso in due fasi: 1. una prima fase necessaria, di natura urgente, nella quale il giudice, con ordinanza, accoglie o rigetta la domanda del lavoratore; 2. una seconda fase, a carattere eventuale, che consegue all’opposizione proposta avverso l’ordinanza di accoglimento o di rigetto sopra citata e che è assimilabile al giudizio di merito di primo grado davanti al giudice del lavoro. 26 17/02/2015 LICENZIAMENTI DISCRIMINATORI (Art. 18 c. 1) Sono discriminatori i licenziamenti: determinati da ragioni di credo politico o fede religiosa, dall'appartenenza a un sindacato e dalla partecipazione ad attività sindacali (art. 4, L. 604/66); diretti a fini di discriminazione sindacale, politica, religiosa, razziale, di lingua, di sesso, di handicap, di età o basata sull’orientamento sessuale o sulle convinzioni personali (art. 15, L. n. 300/70, come modificato dal D. Lgs. n. 216/2003). Sono equiparati ai licenziamenti discriminatori – quanto al regime sanzionatorio – i licenziamenti: intimati dal momento della richiesta di pubblicazioni del matrimonio sino a un anno dopo la celebrazione del medesimo (art. 35, D. Lgs. n. 198/2006); intimati dall’inizio della gravidanza della lavoratrice fino al compimento di un anno di età del bambino o causati dalla domanda o dalla fruizione del congedo parentale e per malattia del bambino da parte della lavoratrice o del lavoratore (art. 54, commi 1, 6, 9, D. Lgs. n. 151/2001); determinati da un motivo illecito ai sensi dell’art. 1345 c.c. 1 LE NOVITA’ DELLA RIFORMA FORNERO L’art. 1 co. 42 della L. 92/2012 sostituisce i commi da 1 a 6 dell’art. 18 Stat. Lav., riconfigurando la disciplina vigente in tema di definizione dell’apparato sanzionatorio del licenziamento nullo, illegittimo e inefficace. Rimane immutato il campo di applicazione dell’art. 18, il quale comprende i datori di lavoro, imprenditori e non imprenditori, che occupano più di 15 dipendenti nella singola unità produttiva o nell’ambito comunale, o più di 60 nell’ambito nazionale. Pertanto, il regime applicabile ai licenziamenti illegittimi intimati dalle piccole imprese continua ad essere fissato dall’art. 8 L. 604/1966, così come resta invariata la definizione del licenziamento legittimo dal punto di vista sostanziale che si ritrova sempre nell’art. 3 L. 604/1966. 27 17/02/2015 IL LICENZIAMENTO ILLEGITTIMO PRIMA DELLA LEGGE FORNERO Il previgente apparato sanzionatorio presentava DUE REGIMI di TUTELA: 1. TUTELA OBBLIGATORIA datori di lavoro, imprenditori e non imprenditori, che occupano meno di 15 dipendenti. Risarcimento del danno tra 2,5 e 6 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto. 2. TUTELA REALE datori di lavoro, imprenditori e non imprenditori, che occupano più di 15 dipendenti. Reintegrazione nel posto di lavoro, oltre risarcimento del danno pari alle retribuzioni tra la data del licenziamento e la data della sentenza e comunque non inferiore a 5 mensilità (oltre alla copertura contributiva per il periodo). Possibilità per il lavoratore di optare per 15 mensilità in sostituzione della reintegrazione. IL NUOVO SISTEMA DI TUTELE TUTELA MISURA SANZIONE VIZIO LICENZIAMENTO “VECCHIA” Tutela OBBLIGATORIA Indennità da 2,5 a 6 mensilità Per le aziende con meno di 15 dipendenti REALE FORTE Reintegrazione con risarcimento pieno (ex art. 18 St. Lav.) Licenziamento discriminatorio / Licenziamento orale REALE DEBOLE Reintegrazione con indennizzo Licenziamento gravemente limitato (max 12 mensilità) ingiustificato OBBLIGATORIA FORTE Solo indennizzo compreso tra 12 e 24 mensilità Licenziamento lievemente ingiustificato OBBLIGATORIA DEBOLE solo indennizzo compreso tra 6 e 12 mensilità vizi formali/procedurali nel recesso 28 17/02/2015 TENTATIVO OBBLIGATORIO DI CONCILIAZIONE NEI LICENZIAMENTI PER GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO ESAME CONGIUNTO PREVENTIVO E TENTATIVO DI CONCILIAZIONE L’art. 1, c. 40, L. 92/2012, sostituendo l’art. 7 L. 604/1966, introduce una procedura di conciliazione davanti alla Commissione provinciale di conciliazione presso la Direzione territoriale del lavoro, che il datore di lavoro, avente i requisiti dimensionali previsti dal nuovo articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, deve obbligatoriamente esperire prima di intimare il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, ossia il licenziamento determinato da ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa (art. 3, L. 604/1966). 29 17/02/2015 ESAME CONGIUNTO PREVENTIVO E TENTATIVO DI CONCILIAZIONE • Tale procedura costituisce condizione dell’intimazione del licenziamento. di procedibilità ai fini • In caso di violazione della procedura in questione, il licenziamento è inefficace, in base a quanto previsto dal nuovo testo dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. ESAME CONGIUNTO PREVENTIVO E TENTATIVO DI CONCILIAZIONE • Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo deve essere preceduto da una richiesta di conciliazione avanzata dal datore di lavoro alla Direzione Territoriale del Lavoro del luogo ove il lavoratore presta la sua opera e trasmessa per conoscenza al lavoratore. • Nella richiesta il datore di lavoro deve dichiarare l’intenzione di procedere al licenziamento per motivo oggettivo e indicare i motivi del licenziamento medesimo nonché le eventuali misure di assistenza alla ricollocazione del lavoratore interessato. • La Direzione Territoriale del Lavoro trasmette la convocazione al datore di lavoro e al lavoratore nel termine perentorio di 7 giorni dalla ricezione della richiesta. • In caso di legittimo e documentato impedimento del lavoratore a presenziare all’incontro, la procedura può essere sospesa per un massimo di 15 giorni. 30 17/02/2015 ESAME CONGIUNTO PREVENTIVO E TENTATIVO DI CONCILIAZIONE • Le parti possono essere assistite dalle organizzazioni di rappresentanza cui sono iscritte o conferiscono mandato oppure da un componente della rappresentanza sindacale dei lavoratori, ovvero da un avvocato o un consulente del lavoro. • La procedura, durante la quale le parti, con la partecipazione attiva della Commissione, procedono ad esaminare anche soluzioni alternative al recesso, si conclude entro 20 giorni dal momento in cui la Direzione Territoriale del Lavoro ha trasmesso la convocazione per l’incontro, fatta salva l’ipotesi in cui le parti, di comune avviso, non ritengano di proseguire la discussione finalizzata al raggiungimento di un accordo. ESAME CONGIUNTO PREVENTIVO E TENTATIVO DI CONCILIAZIONE • Se fallisce il tentativo di conciliazione e, comunque, in caso di mancata convocazione della DTL entro il termine di 7 giorni, il datore di lavoro può comunicare il licenziamento al lavoratore. • Se la conciliazione ha esito positivo e prevede la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro: indennità di disoccupazione a favore del lavoratore a carico dell’Assicurazione Sociale per l’Impiego (ASpI) e eventuale suo affidamento a un’agenzia per il lavoro (art. 4, co. 1, lett. a) e b), D. Lgs. 276/2003). • In caso di mancata presentazione del datore di lavoro nel giorno della convocazione per l’espletamento del tentativo di conciliazione, il personale incaricato provvederà a redigere il verbale di mancata presenza e la procedura si considera comunque espletata. • Il comportamento complessivo delle parti, desumibile anche dal verbale redatto in sede di Commissione provinciale di conciliazione e dalla proposta conciliativa avanzata dalla stessa, è valutato dal giudice per la determinazione dell’indennità risarcitoria di cui all’articolo 18, co. 7, L. 300/1970 e per l'applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. (condanna alle spese di procedimento). 31 17/02/2015 DECORRENZA DEGLI EFFETTI DEL LICENZIAMENTO • Ai sensi dell’art. 1 co. 41 L. 92/2012, il licenziamento intimato all’esito del procedimento disciplinare di cui all’art. 7 L. 300/1970, oppure all’esito del procedimento di conciliazione preventiva di cui al novellato art. 7 L. 604/1966, produce effetto dal giorno della comunicazione con cui il procedimento medesimo è stato avviato, salvo l’eventuale diritto del lavoratore al preavviso o alla relativa indennità sostitutiva. • È fatto salvo, in ogni caso, l’effetto sospensivo disposto dalle norme in materia di tutela della maternità e della paternità di cui al D. Lgs. 151/2001. Gli effetti rimangono altresì sospesi in caso di impedimento derivante da infortunio occorso sul lavoro. • Il periodo di eventuale lavoro svolto in costanza della procedura si considera come preavviso lavorato. Novità introdotte dalla legge 9 agosto 2013 n. 99 (di conversione del d.l. 28 giugno 2013, n. 76, c.d. «Decreto del Fare») La procedura relativa al tentativo di conciliazione obbligatorio in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo non trova applicazione nei seguenti casi: • Licenziamento per superamento del periodo di comporto ex art. 2110 c.c.; • Licenziamento per cambio appalto (assorbimento dei lavoratori da parte dell’impresa subentrante, v. ad es. art. 4 Ccnl Pulizie-Multiservizi); • Licenziamento in edilizia per fine cantiere o fine fase lavorativa. 32 17/02/2015 JOBS ACT • Scopi della riforma: • Incentivare occupazione stabile • property liability rule • Riduzione degli spazi di cd tutela reale (reintegrazione) nel caso di licenziamento illegittimo • Prospettiva di miglioramento degli ammortizzatori sociali (trattamento di disoccupazione universale rafforzato) e dei servizi di ricollocamento I testi normativi della riforma • Decreto Poletti (conv. in L. 16 maggio 2014 n. 78): contratto a termine, apprendistato, somministrazione • Legge di stabilità (23 dicembre 2014 n. 190): esonero contributivo e Irap per le assunzioni a tempo indeterminato (cui si applicano tutele crescenti) • Legge-delega 10 dicembre 2014 n. 183 (contratto a tutele crescenti, cod. lav. semplificato, ammortizzatori e servizi per l’impiego) I. schema di decreto attuativo (dell’art.1, co.7): «Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti» II. schema di decreto attuativo (dell’art. 1, co. 2): «Disciplina della Nuova ASpI (NASpI)» 33 17/02/2015 Il contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti Novità principali • Riduzione dei casi di licenziamento illegittimo sanzionati con la reintegrazione del lavoratore (tutela reale) • Agevolazioni per la conciliazione standard • Esclusione applicabilità del cd Rito Fornero • Esclusione della procedura di tent. obbligatorio conc. ex art. 7 L. n. 604 del 1966 Campo di applicazione • Operai, impiegati, quadri (esclusi dirigenti) assunti dopo entrata in vigore del decreto delegato; • + dipendenti (anche con assunzioni precedenti il d.lgs.) di DDL che, in forza di assunzioni successive, hanno superato i limiti dimensionali di cui all’art. 18, co. 8-9, Statuto dei lavoratori. Ratio: Quei dipendenti non avevano la tutela reale neppure prima. Non disincentivare le assunzioni. • Pubblico Impiego? • Dipendenti di Partiti e organizzazioni di tendenza? 34 17/02/2015 I licenziamenti Tutela reintegratoria resta per: A. Licenziamenti discriminatori (art. 2, co. 1) B. Licenziamenti in forma orale (ib.) C. Licenziamenti per giusta causa o giustificato motivo soggettivo in cui venga direttamente dimostrata l’inesistenza del fatto materiale contestato (art. 3, co. 2) e fondati su inidoneità fisica/psichica (art. 3, co.3) [tranne per piccole imprese ex art. 18, co. 8-9, St. lav. (art. 9)] D. Licenziamenti collettivi (artt. 4, 24, l. 223/91) senza forma scritta (art.10) I licenziamenti Solo tutela risarcitoria per: E. Tutti gli altri casi di licenziamento illegittimo per giustificato motivo (ogg. e sogg.) e giusta causa (art. 3, co.1) F. Licenziamenti con soli vizi formali e/o motivazionali (art. 4) G. I licenziamenti collettivi in violazione della procedura di mobilità ex art. 4, l. n. 223/1991 o dei criteri di scelta di cui al successivo art. 5, co. 1 (art. 10, secondo periodo) 35 17/02/2015 Entità risarcimenti – tutela reale • Nei casi di reintegra (A, B, D): retribuzione non percepita, dedotto quanto eventualmente percepito, tra licenziamento e reintegra (min = 5 mensilità), con contributi (art. 2, co. 2) • Nei casi di reintegra per insussistenza del fatto contestato (C): retribuzione non percepita, dedotto quanto percepito, nonché quanto percepibile accettando congrua offerta di lavoro (art. 4, co. 1, lett. c, d. lgs. 21 aprile 2000, n. 181), tra licenziamento e reintegra (no min; ma max 12 mensilità) (art. 3, co. 2) • In tutti i casi di reintegra, il dipendente può scegliere un’indennità (alternativa alla reintegra): 15 mensilità senza contributi (art. 2, co. 3) => per questi casi non cambia nulla rispetto a disciplina vigente (cfr. art. 18, co. 1-4, St. lav. previgente) Entità risarcimenti – tutela obbligatoria • Nei casi di infondatezza del motivo/causa (E) e mancato rispetto della disciplina dei l. collettivi (G): • 2 mensilità per ogni anno di servizio, ma comunque • Min = 4 mensilità • Max = 24 mensilità • No contributi (art. 3, co. 1; art. 10, secondo periodo) • Nei casi di vizi formali/motivazionali (F): valori dimezzati (1 mensilità per ogni anno; min=2 mens.; max=12 mens.) (art. 4) • Nel caso di datori senza requisiti dimensionali di art. 18, co. 8-9, St. lav., gli importi rispettivi alle due fattispecie sono dimezzati e mai superiori a 6 mensilità (art. 9, co. 1) => È diminuito il minimo (era 12 mensilità nei casi base) e si è resa rilevante l’anzianità 36 17/02/2015 Conciliazione • Con la conciliazione entro il termine di impugnazione stragiudiziale è possibile offrire 1 mensilità per ogni anno di servizio (min=2 mensilità; max=18 mensilità), non soggetto a tributi e contributi, mediante assegno(art. 6) => Si è introdotta una rilevante esenzione fiscale e contributiva Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego (NASpI) Sostituisce ASpI e MiniASpI ex art. 2, l. 28 giugno 2012, n. 92 rispetto alle quali • Richiede almeno: • 13 settimane di contributi nei 4 anni precedenti • 18 giornate di lavoro effettivo nell’anno precedente • invece di 2 anni di contributi, di cui 1 anno nei 2 anni precedenti (o, per MiniAspi, 13 settimane nell’anno precedente) • Durata: • la metà delle settimane di contribuzione degli ultimi quattro anni (dedotti i periodi contributivi che hanno già dato luogo ad erogazione delle prestazioni di disoccupazione); con max = 18 mesi • invece, nel 2015 l’ASpI sarebbe durata: 10 mesi (per età<50 anni); 12 mesi (50<età<55 anni); 16 mesi (età>55) • Riduzione progressiva dell’importo (immutato) del 3% ogni mese dopo il quinto (invece di una riduzione del 15% dal sesto mese e di un ulteriore 15% dal dodicesimo) • Espressamente concessa anche a chi si dimette per giusta causa • + DIS-COLL per co.co.co. e co.co.pro. (con 3 mesi di contributi tra l’anno solare precedente e quello in corso, di cui almeno 1 nell’ultimo) • Assegno di disoccupazione per chi non abbia trovato lavoro durante erogazione NASpI 37 17/02/2015 Dubbi • licenziamento disciplinare per bagatelle o fatti insignificanti (ti licenzio per un minuto di ritardo, o e perché hai detto una parolaccia): in questi casi, se il fatto materiale è dimostrato (anzi: se il lavoratore non ne dimostra l’inesistenza), non c’è reintegrazione, ma solo l’indennizzo standard, non avendo il Giudice più alcun «potere di valutazione circa la proporzione del licenziamento». Il problema non è di facile soluzione: è probabile che i Giudici ricorrano alla fattispecie del licenziamento arbitrario, capriccioso o ritorsivo, deducendone dunque la natura discriminatoria (con le conseguenze del caso). Dubbi • Sul nodo del licenziamento per scarso rendimento sarebbe stato opportuno un chiarimento da parte del legislatore. La giurisprudenza ammette che il licenziamento per scarso rendimento possa avere natura disciplinare (se lo scarso rendimento deriva da negligenza nel lavoro) o anche oggettiva (eccessiva morbilità). In questi casi, pertanto, trovano applicazione le tutele viste: la sanzione della reintegra sarà limitata all’ipotesi in cui lo scarso rendimento viene smentito del tutto oppure nei casi in cui il licenziamento venga dichiarato illegittimo perché discriminatorio (ragioni di malattia) o sussunto nella fattispecie della inidoneità psico-fisica. 38 17/02/2015 Dubbi • D’altro canto, l’esenzione fiscale è limitata alla sola conciliazione standard: conciliazioni raggiunte su livelli più bassi o più alti rispetto allo standard non beneficerebbero della detassazione? • Qual è la sanzione per il licenziamento intimato per superamento del comporto ma in violazione dell’art. 2110 c.c.? • Il nuovo regime di applica anche in caso di conversione a tempo indeterminato di precedente contratto a tempo determinato? COME GESTIRE IL CONTENZIOSO POSTLICENZIAMENTO 39 17/02/2015 GLI ACCORDI TRA DATORE DI LAVORO E DIPENDENTE: RINUNCE E TRANSAZIONI Art. 2113 c.c.: • «Le rinunzie e le transazioni, che hanno per oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti o accordi collettivi concernenti i rapporti di cui all'articolo 409 del codice di procedura civile, non sono valide. • L'impugnazione deve essere proposta, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto o dalla data della rinunzia o della transazione, se queste sono intervenute dopo la cessazione medesima. • Le rinunzie e le transazioni di cui ai commi precedenti possono essere impugnate con qualsiasi atto scritto, anche stragiudiziale, del lavoratore idoneo a renderne nota la volontà. • Le disposizioni del presente articolo non si applicano alla conciliazione intervenuta ai sensi degli articoli 185, 410, 411, 412-ter e 412-quater del codice di procedura civile o conclusa a seguito di una procedura di negoziazione assistita da un avvocato». - segue - GLI ACCORDI TRA DATORE DI LAVORO E DIPENDENTE RINUNCIA • Dichiarazione unilaterale di volontà con cui il lavoratore decide di non esercitare più un suo diritto. • Può essere espressa anche con un comportamento concludente, purché non vi siano dubbi sulla volontà di rinunciare e non vi sia possibilità di una diversa interpretazione. • La rinuncia è valida se ha per oggetto diritti contemplati da norme derogabili di legge o di C.C.N.L. o derivanti dal contratto individuale di lavoro quando questi diritti siano migliorativi e non lesivi rispetto a quelli stabiliti dalla legge o dal C.C.N.L.(es.: diritti al superminimo, ad ulteriori mensilità aggiuntive, a permessi aggiuntivi non previsti dal C.C.N.L.). • Non è possibile disporre – a pena di nullità – dei diritti non ancora maturati (ad es., la retribuzione prima della maturazione del diritto) sia nella fase di stipulazione del contratto, sia successivamente. 40 17/02/2015 GLI ACCORDI TRA DATORE DI LAVORO E DIPENDENTE TRANSAZIONE • La transazione rientra nella categoria dei contratti a prestazioni corrispettive. Pertanto i suoi elementi costitutivi sono: - la volontà di porre fine ad una lite già insorta o prevenire l’insorgenza della stessa; - la reciprocità delle concessioni delle parti; - la consapevolezza dei diritti di cui si sta disponendo; - la sussistenza di una volontà abdicativa. • Affinché la transazione sia valida, è necessario che il suo oggetto sia lecito, determinato o determinabile. • La forma scritta non è prevista ad substantiam, ma soltanto ad probationem, ossia per provare l’accordo transattivo. STRUMENTI DI RISOLUZIONE DELLE CONTROVERSIE: LE TRANSAZIONI «TOMBALI» Sono valide (NON impugnabili ex art. 2113 c.c.) le transazioni tra datore di lavoro e lavoratore contenute nei verbali di conciliazione sottoscritti: • in sede giudiziale; • davanti alla commissione di conciliazione istituita presso la Direzione Territoriale del Lavoro (art. 410 c.p.c.) o presso le sedi di certificazione, comprese le Università (art. 31, c. 13, L. 183/2010; Risp. Interpello Min. Lav., 9 agosto 2011, n. 34); • davanti alla commissione di conciliazione istituita in sede sindacale (art. 412-ter c.p.c.); • presso i collegi di conciliazione e arbitrato irrituale. In tali casi, le rinunce e le transazioni sono possibili in quanto il lavoratore è adeguatamente protetto per effetto dell’intervento, in funzione garantista, di un terzo (autorità amministrativa, sindacale e giudiziaria): viene quindi meno l’esigenza di tutela posta alla base del divieto di cui all’art. 2113 c.c. 41 17/02/2015 Requisiti delle rinunce contenute nell’accordo conciliativo • le rinunce devono essere accettate dalla controparte; • necessità che le stesse siano dettagliate e analitiche (quindi con indicazione dei diversi Istituti oggetto delle rinunce); • rinunce anche nei confronti del Gruppo cui la Società datrice di lavoro eventualmente appartiene. Non opponibilità ai terzi delle rinunce • Di regola le rinunce non sono opponibili ai terzi; • clausola usualmente inserita nei casi in cui viene rivendicata la subordinazione: “Il Ricorrente, anche a seguito di approfondita e completa ricognizione, dichiara e riconosce che non è sussistito alcun rapporto di lavoro subordinato con la Società”. 42 17/02/2015 le rinunce del datore di lavoro • non è necessario essere analitici come nel caso delle rinunce formulate dal lavoratore • - esempio di clausola: “La Società riconosce di non avere pretese nei confronti del lavoratore e, in ogni caso, dichiara di rinunziare a ogni pretesa connessa all’esecuzione e cessazione del rapporto di lavoro e/o a qualsivoglia rapporto per ipotesi intercorso, per qualsiasi titolo, credito o ragione – contrattuale o extracontrattuale – derivante dalla legge e/o dal CCNL applicabile e/o dal contratto di lavoro individuale”. STRUMENTI STRAGIUDIZIALI DI RISOLUZIONE DELLE CONTROVERSIE CONCILIAZIONE DAVANTI ALLA COMMISSIONE DI CONCILIAZIONE (art. 410 c.p.c.) o Chi intende proporre in giudizio una domanda relativa ai rapporti previsti dall'articolo 409 può promuovere, anche tramite l'associazione sindacale alla quale aderisce o conferisce mandato, un previo tentativo di conciliazione presso la commissione di conciliazione. o La comunicazione della richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione interrompe la prescrizione e sospende, per la durata del tentativo di conciliazione e per i venti giorni successivi alla sua conclusione, il decorso di ogni termine di decadenza. 43 17/02/2015 STRUMENTI STRAGIUDIZIALI DI RISOLUZIONE DELLE CONTROVERSIE LA RICHIESTA DEL TENTATIVO DI CONCILIAZIONE • La richiesta del tentativo di conciliazione, sottoscritta dall'istante, è consegnata o spedita mediante raccomandata con avviso di ricevimento. Copia della richiesta del tentativo di conciliazione deve essere consegnata o spedita con raccomandata con ricevuta di ritorno a cura della stessa parte istante alla controparte. • La richiesta deve precisare: 1) nome, cognome e residenza dell'istante e del convenuto; se l'istante o il convenuto sono una persona giuridica, un'associazione non riconosciuta o un comitato, l'istanza deve indicare la denominazione o la ditta nonché la sede; 2) il luogo dove è sorto il rapporto ovvero dove si trova l'azienda o sua dipendenza alla quale è addetto il lavoratore o presso la quale egli prestava la sua opera al momento della fine del rapporto; 3) il luogo dove devono essere fatte alla parte istante le comunicazioni inerenti alla procedura; 4) l'esposizione dei fatti e delle ragioni posti a fondamento della pretesa. STRUMENTI STRAGIUDIZIALI DI RISOLUZIONE DELLE CONTROVERSIE LA RICHIESTA DEL TENTATIVO DI CONCILIAZIONE • Se la controparte intende accettare la procedura di conciliazione, deposita presso la commissione di conciliazione, entro venti giorni dal ricevimento della copia della richiesta, una memoria contenente le difese e le eccezioni in fatto e in diritto, nonché le eventuali domande in via riconvenzionale. Ove ciò non avvenga, ciascuna delle parti è libera di adire l'autorità giudiziaria. • Entro i dieci giorni successivi al deposito, la commissione fissa la comparizione delle parti per il tentativo di conciliazione, che deve essere tenuto entro i successivi trenta giorni. Dinanzi alla commissione il lavoratore può farsi assistere anche da un'organizzazione cui aderisce o conferisce mandato. 44 17/02/2015 STRUMENTI STRAGIUDIZIALI DI RISOLUZIONE DELLE CONTROVERSIE Art. 411 c.p.c.: • Se la conciliazione esperita ai limitatamente ad una parte della verbale sottoscritto dalle parti conciliazione. Il giudice, su istanza con decreto. sensi dell’art. 410 c.p.c. riesce, anche domanda, viene redatto separato processo e dai componenti della commissione di della parte interessata, lo dichiara esecutivo • Se, invece, le parti non giungono ad un accordo, la commissione di conciliazione deve formulare una proposta per la bonaria definizione della controversia. Se anche la proposta non viene accettata, i termini di essa sono riassunti nel verbale con indicazione delle valutazioni espresse dalle parti. Delle risultanze della proposta formulata dalla commissione e non accettata senza adeguata motivazione il giudice tiene conto in sede di giudizio. STRUMENTI STRAGIUDIZIALI DI RISOLUZIONE DELLE CONTROVERSIE CONCILIAZIONE DAVANTI ALLA COMMISSIONE ISTITUITA IN SEDE SINDACALE (art. 412 ter c.p.c.) «La conciliazione e l’arbitrato, nelle materie di cui all’art. 409, possono essere svolti altresì presso le sedi e con le modalità previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative». 45 17/02/2015 STRUMENTI STRAGIUDIZIALI DI RISOLUZIONE DELLE CONTROVERSIE CONCILIAZIONE DAVANTI AI COLLEGI DI CONCILIAZIONE E ARBITRATO IRRITUALE (art. 412 quater c.p.c.) • In alternativa al ricorso davanti al giudice, le controversie di lavoro possono essere altresì proposte davanti al collegio di conciliazione e arbitrato irrituale. irrituale. • Il collegio di conciliazione e arbitrato è composto da un rappresentante di ciascuna delle parti e da un terzo membro, in funzione di presidente, scelto di comune accordo dagli arbitri di parte tra i professori universitari di materie giuridiche e gli avvocati ammessi al patrocinio davanti alla Corte di Cassazione. STRUMENTI STRAGIUDIZIALI DI RISOLUZIONE DELLE CONTROVERSIE PROCEDURA • La parte che intenda ricorrere al collegio di conciliazione e arbitrato deve notificare all’altra parte un ricorso sottoscritto, salvo che si tratti di una pubblica amministrazione, personalmente o da un suo rappresentante al quale abbia conferito mandato e presso il quale deve eleggere il domicilio. • Il ricorso deve contenere: - la nomina dell’arbitro di parte; - l’oggetto della domanda, le ragioni di fatto e di diritto sulle quali si fonda la domanda stessa, i mezzi di prova e il valore della controversia entro il quale si intende limitare la domanda; - il riferimento alle norme invocate dal ricorrente a sostegno della sua pretesa e l’eventuale richiesta di decidere secondo equità. 46 17/02/2015 STRUMENTI STRAGIUDIZIALI DI RISOLUZIONE DELLE CONTROVERSIE • Se la parte convenuta intende accettare la procedura di conciliazione e arbitrato nomina il proprio arbitro di parte, il quale entro trenta giorni dalla notifica del ricorso procede, ove possibile, concordemente con l’altro arbitro, alla scelta del presidente e della sede del collegio. • Ove ciò non avvenga, la parte che ha presentato ricorso può chiedere che la nomina sia fatta dal presidente del Tribunale nel cui circondario è la sede dell’arbitrato. • Se le parti non hanno ancora determinato la sede, il ricorso è presentato al presidente del Tribunale del luogo in cui è sorto il rapporto di lavoro o ove si trova l’azienda o una sua dipendenza alla quale è addetto il lavoratore o presso la quale egli prestava la sua opera al momento della fine del rapporto. Strumenti stragiudiziali di risoluzione delle controversie • In caso di scelta concorde del terzo arbitro e della sede del collegio, collegio la parte convenuta, entro trenta giorni da tale scelta, deve depositare presso la sede del collegio una memoria difensiva sottoscritta, salvo che si tratti di una pubblica amministrazione, da un avvocato cui abbia conferito mandato e presso il quale deve eleggere il domicilio. • La memoria deve contenere le difese e le eccezioni in fatto e in diritto, le eventuali domande in via riconvenzionale e l’indicazione dei mezzi di prova. • Entro dieci giorni dal deposito della memoria difensiva il ricorrente può depositare presso la sede del collegio una memoria di replica senza modificare il contenuto del ricorso. • Nei successivi dieci giorni il convenuto può depositare presso la sede del collegio una controreplica senza modificare il contenuto della memoria difensiva. 47 17/02/2015 Strumenti stragiudiziali di risoluzione delle controversie 1) Il collegio fissa il giorno dell’udienza, da tenere entro trenta giorni dalla scadenza del termine per la controreplica del convenuto, dandone comunicazione alle parti, nel domicilio eletto, almeno dieci giorni prima. 2) All’udienza il collegio esperisce il tentativo di conciliazione: • se la conciliazione riesce, si applicano le disposizioni dell’art. 411, commi primo e terzo. • se la conciliazione non riesce, il collegio provvede, ove occorra, a interrogare le parti e ad ammettere e assumere le prove, altrimenti invita all’immediata discussione orale. Nel caso di ammissione delle prove, il collegio può rinviare ad altra udienza, a non più di dieci giorni di distanza, l’assunzione delle stesse e la discussione orale. 3) La controversia è decisa, entro venti giorni dall’udienza di discussione, mediante un lodo, che ha efficacia di titolo esecutivo a seguito del provvedimento del giudice su istanza della parte interessata. QUIETANZA LIBERATORIA E TRANSAZIONE • La quietanza liberatoria o quietanza a saldo è una dichiarazione, generalmente sottoscritta a fine rapporto, in cui il lavoratore attesta di avere ricevuto dal datore di lavoro una determinata somma a totale soddisfacimento di ogni sua spettanza e di non avere altro da pretendere. • Trattandosi di una dichiarazione di scienza o di opinione, il lavoratore potrà comunque agire, in caso di errore, per il riconoscimento giudiziale dei propri diritti che risultino insoddisfatti. 48 17/02/2015 QUIETANZA LIBERATORIA E TRANSAZIONE • La quietanza può assumere il valore negoziale di una rinuncia o di una transazione se esprime la volontà di privarsi di diritti specifici e determinati di cui il lavoratore abbia piena consapevolezza; le dichiarazioni ampie ed indeterminate sono, invece, mere clausole di stile in quanto non sufficienti a comprovare l’effettiva sussistenza di una volontà dispositiva del lavoratore. • Ricorre una vera e propria transazione quando nella quietanza rilasciata al lavoratore viene indicata una somma aggiuntiva, con carattere autonomo rispetto ai crediti di lavoro, corrisposta a titolo di liberalità e/o compensazione di eventuali somme non corrisposte. • In generale, le quietanze liberatorie non implicano di per sé l’accettazione del licenziamento e la rinuncia ad impugnarlo o all’impugnazione già proposta, a meno che non ricorrano altre circostanze precise, concordanti ed obiettivamente concludenti che dimostrino l’intenzione del lavoratore di accettare la risoluzione del rapporto. 49
© Copyright 2024 ExpyDoc