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LA STAMPA
VENERDÌ 20 FEBBRAIO 2015
Primo Piano .39
.
SANITA’
Epatite C, c’è il superfarmaco
ma solo per 5 pazienti su 300
La cura costa 35-40 mila euro per tre mesi. Prescelti i casi più gravi
Regione:
stanziati
1,5 milioni
per due Asl
1 La terapia a
base di Sovaldi
Sofosbuvir
secondo gli
studi avrebbe
risultati tali da
garantire il 99
per cento di
eradicazione
1 Prossima-
mente la Regione sarà in grado
di aumentare i
finanziamenti in
modo da rendere questa terapia fruibile da
un maggior
numero di pazienti
SILVIA CAMPESE
SAVONA
E’ stato battezzato il «superfarmaco», ma non è per tutti.
Sono solo 5 su 300, ad oggi, i
pazienti affetti da Epatite C, in
carico all’ospedale San Paolo
di Savona, in grado di ricevere
la nuova cura da poco in commercio. Un numero irrisorio,
conseguenza dei tagli finanziari alla Sanità.
Anche se dall’Asl 2 i medici
assicurano che, nel giro di pochi mesi, il capitolo di spesa sarà rifinanziato estendendo a
più pazienti la terapia, il quadro attuale francamente è desolante.
I numeri parlano chiaro: all’ospedale San Paolo sono 300 i
pazienti inseriti nello schedario, ma la cura con il Sovaldi
Sofosbuvir è talmente costosa
che, con i fondi disponibili, oggi estendibile solo a cinque
persone, scelte in base alla
gravità. Una risposta che suscita non solo delusione, ma
profonda rabbia tra i Savonesi
afflitti da Epatite C, che vedono nel nuovo medicinale più
che una speranza. Secondo gli
studi, il risultato positivo, con
l’eradicazione della malattia,
sfiora il 99 per cento e le contro indicazioni sono minime,
rispetto alla cura oggi disponibile, l’Interferone.
L’allarme parte dall’associazione Rete l’Abuso, ma sono
tanti i residenti che hanno constatato «de visu» la drammatica situazione vedendosi declinare a un futuro indeterminato la possibilità di accedere alla nuova cura.
Le cifre, per un privato cittadino, sono proibitive: la terapia si aggira tra i 35 e i 40 mila
euro per tre mesi di somministrazione, la durata complessiva. E la Regione, ad oggi, non
ha messo a disposizione fondi
sufficienti per curare un numero ingente di pazienti.
Anche se di fase transitoria
parla il primario del reparto di
Malattie Infettive all’Ospedale
San Paolo, Marco Anselmo:
«Non dobbiamo creare allarmismo tra i malati – dice il primario, - anche perché nel giro
di un tempo ragionevole il fi-
L’ospedale San Paolo di Savona oggi ha in cura 300 pazienti con l’Epatite di tipo C
nanziamento verrà potenziato
e la terapia sarà estesa».
Ad oggi, la Regione ha destinato un finanziamento pari a
un milione di euro per le cure
con Sofosbuvir destinate all’Asl 1 e all’Asl 2, quindi all’Imperiese e al Savonese. Una cifra che permette di trattare
una trentina di pazienti in tutto. «I centri consorziati che
possono somministrare il farmaco sono vari e mirano all’ottimizzazione del servizio –
continua Anselmo. – Oltre al
reparto di Malattie Infettive
del San Paolo, c’è quello dell’ospedale di Albenga, la Gastroenterologia di Savona e di
Pietra Ligure, oltre alla Malattie Infettive di Sanremo. A Savona, come altrove, siamo partiti dai pazienti più gravi, ma,
col tempo e con il rifinanziamento, estenderemo le cure».
Tutto, naturalmente, dipende dai fondi che la Regione
metterà a disposizione. Garantendo un salto di qualità
totale nella vita di chi, oggi,
convive con l’Epatite C. Non
solo per le speranze altissime
di guarigione, ma per la qualità di vita nella fase di somministrazione. Rispetto all’Interferone, che ha nella maggior parte dei pazienti effetti
collaterali pesantissimi, il Sofosbuvir è ben tollerato e la terapia si concentra in circa tre
mesi. Le speranze per i 300
savonesi sono tante, ma la loro
guarigione resta appesa al filo
dei finanziamenti. Anche nella sanità pubblica.
LA POLEMICA: PER NOI AUMENTA IL CARICO BUROCRATICO
“Medici costretti a segnalare
la morte dei pazienti all’Inps”
Medici di famiglia sul piede di
guerra per le nuove direttive
contenute nel Patto di Stabilità, che li obbligano a inviare le
certificazioni di morte all’Inps entro due giorni dal decesso del paziente. In pratica
si dovranno utilizzare le stesse modalità già in uso per la
trasmissione delle certificazioni di malattia online, ma
stavolta per accertare la morte del paziente seguito dal
Servizio sanitario.
La stretta decisa per tentare di limitare il fenomeno
delle truffe sulle pensioni (parenti che non denunciano all’Istituto per la Previdenza
sociale la morte di un familia-
re per continuare a percepire
la pensione) è stata comunicata tramite email ai medici di
base, che ritengono esagerato
questo ulteriore appesantimento burocratico.
«I margini di azione dei furbetti saranno ridotti, ma per
noi aumenta il carico di lavoro
e si complica, anche perché i
parenti non hanno l’abitudine
di comunicare a noi il decesso.
E’ una comunicazione che
spesso a noi non arriva», dice
Renato Giusto dello Smi.
Eppure le nuove disposizioni
parlano chiaro. A essere imposti non sono solo i tempi (la comunicazione dovrà essere inviata entro le 48 ore dal deces-
so), ma sono state fissate anche
le sanzioni in cui incorrono i
medici di famiglia. In caso di
violazione dell’obbligo da parte
dei medici, si applicano le stesse sanzioni previste per il responsabile del procedimento
amministrativo dell’Ufficio
anagrafe del Comune, ovvero
fra i 100 e i 300 euro.
«Affronteremo questo problema nel prossimo incontro
con i sindacati dei medici di base. Cercheremo innanzitutto di
capire meglio l’applicazione di
queste nuove regole. Nell’occasione cercheremo anche di capire se e quanto ha complicato
il lavoro dei medici di famiglia»,
ha detto Ugo Trucco, presiden-
Renato Giusto
te dell’Ordine dei Medici.
Questa novità punta a evitare di innescare anche la procedura di restituzione delle
pensioni incassate senza
averne diritto.
Dalla data del decesso, le
prestazioni in denaro già erogate al pensionato dall’Inps si
intendono infatti corrisposte
con riserva e banche e Poste
devono restituire nuovamente
all’Inps.
[C. BEN.]