del dono, della fiducia, della consegna di sé per amore; solo la strada dell’amore è strada autentica di umanità vera, di beatitudi‐ ne, di pienezza di vita. Non c’è che una consegna: «Fate questo in memoria di me!». Quando, dopo la morte, il Risorto si consegnerà all’incontro sarà ancora con questi segni che si farà riconoscere e sarà con essi che consegnerà il suo testamento per sempre ai suoi: «Fate questo in memoria di me!». Ed è ciò che anche noi continuiamo a ripetere e cerchiamo di fare! Comunità Parrocchiale di Redona Per la preghiera: Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre. Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi Domenica delle Palme 6 Alla tavola di Gesù Alla tavola del dono Se Gesù all’inizio della sua vita pubblica entra nel deserto e condi‐ vide con l’uomo la tavola della fame e dell’illusione, successiva‐ mente, durante la sua vita non disdegna di sedere a tavola con gli uomini del suo tempo, amici o no e di trovare in essa il gusto del‐ l’amicizia, della vicinanza, della fraternità. La tavola diventerà il luogo in cui spesso sperimenta il sapore della vita, la bellezza delle cose significative, la dolcezza dell’incontro, il gusto della gratuità e dell’abbondanza del dono. Qualcuno lo accuserà addirittura di essere un mangione e un beone, uno a cui piace troppo sedere a tavola: in realtà Gesù è un uomo che sa apprezzare tutto ciò che è umano e che vive con intensità i momenti ed i luoghi significativi della vita dell’uomo! Per lui la tavola è così importante che quando si profilerà in maniera ormai chiara la vicinanza della morte e della morte violenta, non esiterà a raccogliere attorno a sé i suoi in un ultimo abbraccio proprio a tavola, per vivere con loro le ultime ore della sua vita e per consegnare loro la sintesi ed il significato che egli dà alla propria esistenza ed alla propria morte. I vangeli ci consegnano il sapore ed il gusto di quella sera nella quale Gesù prepara il suo ultimo incontro con i suoi amici attorno ad una tavola. Gesù predispone tutto nei minimi particolari: manda i suoi discepoli ad allestire la grande sala al piano superiore nella quale desidera potersi raccogliere per vivere insieme quell’ultima sera. Serve uno spazio bello e significativo: è troppo importante per lui vivere quella sera con loro ed affidare loro il cuore della propria vita! Sa che i suoi non hanno compreso molto il suo cammino e le sue scelte. Tante volte Marco nel suo vangelo lo ha sottolineato. Sa anche – li conosce bene! ‐ che non riusciranno a condividere i suoi ultimi passi, né sapranno sostenerlo nei momenti difficili che egli si appresta a vivere. Ma egli non smette di dare loro fiducia e di credere che possano entrare dentro le sue scelte e dentro il signifi‐ cato dei suoi gesti. Ed apprezza la loro amicizia. La desidera! Per questo li raccoglie, con delicatezza e con affetto. Ed a loro conse‐ gna i suoi gesti. Spezza il pane e fa passare il calice. In quel pane spezzato ed in quel vino condiviso raccoglie la sua vita ed anticipa il senso di quello che vivrà nelle ore successive. Ha reso costante‐ mente la sua vita dono per tutti, senza trattenere nulla per sé. Si è lasciato mangiare da quel sogno d’amore che il Padre ha per l’uo‐ mo ed ha consegnato la sua vita come pane da mangiare, sempre, a tutti, in ogni circostanza. Anche quando questo ha comportato la lotta contro chi non era disposto ad aprirsi ad un modo nuovo di vedere il volto di Dio ed a dare valore alla vita dei più piccoli e dei più poveri. Ora si sta aprendo il tempo nel quale egli intuisce che dovrà soccombere allo scontro con le autorità ed i capi del suo popolo e con le loro visioni della vita, della storia, della Legge, di Dio. Si sta aprendo il tempo nel quale sarà sottoposto a giudizio da loro. E, lo sa, ne ha già avuto le avvisaglie: non saranno teneri con lui, né loro, né le tante persone che essi sanno manovrare. Nel Getsemani, poco dopo, quella stessa sera, si ritroverà in preda alla paura ed all’angoscia, invaso da una tristezza mortale; si chiederà se varrà la pena giocare davvero il tutto per tutto, come sta facen‐ do; domanderà al Padre che allontani da lui quel calice che gli si prospetta davanti e che passi da lui quell’ora (Mc 14, 32 ‐ 42). Si sentirà schiacciato come l’uva nel torchio. Ma non si sentirà abban‐ donato: consegnato alle mani del Padre fino in fondo, convinto del sogno del Padre sull’uomo al quale egli dà volto ed attuazione, si consegnerà anche alle mani degli uomini, come grano pronto ad essere macinato per diventare pane per tutti. E sulla croce realiz‐ zerà davvero il suo dono fino in fondo, fino a lasciar fluire l’ultima goccia di sangue, come acino d’uva spremuto e donato. Rileggerà la propria vicenda con le parole antiche e nuove dei Salmi, che dicono il dramma del silenzio di Dio e, insieme, proprio insieme, della sua vicinanza, della sua tenerezza, della sua incapacità ad abbandonare alla morte. E la leggerà con le immagini e le parole degli antichi profeti che vedono il servo del Signore come agnello condotto al macello, come pecora muta davanti ai suoi tosatori, che non apre bocca e che prende su di sé il male di tutti gli uomini. Morirà, tra l’altro, ‐ secondo il vangelo di Giovanni – proprio men‐ tre vengono sgozzati gli agnelli per la cena pasquale! Nei gesti della cena raccoglie ed anticipa tutto questo. Dice la propria libertà nel donarsi. Dice della propria fiducia nelle mani del Padre e nel suo sogno sull’uomo. E dice, insieme, che non vede altra strada che questa per l’uomo, per trovare pienezza di vita. Solo la strada
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