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Responsabile - Lodovico Antonini
RASSEGNA STAMPA
Anno XVI - 01/04/2015
A cura di Bruno Pastorelli
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Sommario
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RAI News mercoledì 01 aprile 2015 7.04
Banche, ipotesi accordo Abi-sindacati
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RAI News mercoledì 01 aprile 2015
Firmata nella notte ipotesi di intesa - Trovato l'accordo tra Abi e sindacati per il nuovo contratto dei bancari
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PRIMAPRESS mercoledì 01 aprile 2015
Banche: siglata ipotesi di accordo tra Abi e sindacati
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IL SOLE 24 ORE mercoledì 01 aprile 2015
Banche, verso la chiusura con 90 euro di aumento
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MF-MILANO FINANZA mercoledì 01 aprile 2015 7.04
Il contratto dei bancari al rush finale. Oggi i dettagli
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IL SOLE 24 ORE mercoledì 01 aprile 2015
Ai comitati UniCredit il punto sul rinnovo€
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IL SOLE 24 ORE mercoledì 01 aprile 2015
Riassetto Icbpi Le popolari attese in Banca d’Italia
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IL SOLE 24 ORE mercoledì 01 aprile 2015
Cdp colloca il primo bond decennale
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IL SOLE 24 ORE mercoledì 01 aprile 2015
Banca Generali con Oldani per servizi «accessibili»
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IL SOLE 24 ORE mercoledì 01 aprile 2015
Federazione Autonoma Bancari Italiani via Tevere, 46 00198 Roma - Dipartimento Comunicazione & Immagine
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Le strade parallele di risparmio in aula e banche di sviluppo
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MF-MILANO FINANZA mercoledì 01 aprile 2015
Finalmente si fa qualcosa contro le banche che aiutano i clienti a riciclare denaro sporco
.c.
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Articoli
RAI News mercoledì 01 aprile 2015 7.04
Banche, ipotesi accordo Abi-sindacati
Siglata nella notte l'ipotesi di accordo fra Abi e sindacati sul rinnovo del contratto con scadenza al 31
dicembre 2018. Il testo dovrà passare al vaglio dell'esecutivo Abi e delle assemblee sindacali. L'intesa
prevede fra l'altro un aumento medio a regime di 85euro in 3 anni e soluzioni per l'occupazione. "I
bancari hanno finalmente un loro contratto nazionale. In questo modo è stata scongiurata l'eventuale
disapplicazione del contratto stesso", ha detto Sileoni, segretario generale della Federazione
autonoma bancari italiani(Fabi).
See more at: http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/ContentItem-5124cfcb-0293-4568-a7c7a38c15b17c21.html
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RAI News mercoledì 01 aprile 2015
Firmata nella notte ipotesi di intesa - Trovato l'accordo tra Abi e sindacati per il nuovo
contratto dei bancari
Il testo dovrà passare al vaglio di esecutivo Abi e assemblee sindacali. Coinvolti 309mila lavoratori.
A regime 85 euro e soluzioni occupazione CondividiTweet20 Contratto bancari, rottura fra Abi e
sindacati Bancari, sciopero generale il 30 gennaio: "Siamo persone, non numeri" 01 aprile 2015È
stata firmata nella notte, dopo un confronto iniziato ieri pomeriggio, l'ipotesi di accordo fra Abi e
sindacati sul rinnovo del contratto nazionale degli oltre 309mila lavoratori bancari, con scadenza al
31 dicembre 2018. Il testo dovrà passare al vaglio di esecutivo Abi e assemblee sindacali. L'intesa
prevede fra l'altro un aumento medio a regime di 85euro in 3 anni e soluzioni per l'occupazione. Un
anno e mezzo di trattative L'accordo è arrivato dopo un tour de force iniziato nel primo pomeriggio
di ieri, culmine di una trattativa durata da un anno e mezzo e caratterizzata da confronti anche duri
fra le parti e scioperi. Il Casl dell'Abi guidato dal presidente di Mps Alessandro Profumo aveva fissato,
con il supporto dell'esecutivo, l'ultima scadenza del 31 marzo per trovare un accordo "ma non a non
ogni costo", pena la disapplicazione del contratto. Lo stallo Fra accelerazioni e stop dei negoziati,
tutto sembrava vicino a una nuova rottura (con minaccia di nuovi scioperi e agitazioni) la scorsa
settimana quando i sindacati avevano interrotto le trattative sul tema della salvaguardia
dell'occupazione. Una richiesta definita irricevibile da Profumo in un momento di profonde
trasformazioni del settore ancora colpito peraltro dalla crisi. L'ipotesi di accordo L'impasse è stata
superata con l'inserimento di soluzioni per l'occupazione e che tenessero conto anche dell'anima
sociale, specie verso i giovani. Quindi un salario d'ingresso per i giovani assunti attraverso il fondo
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IL SOLE 24 ORE mercoledì 01 aprile 2015
Banche, verso la chiusura con 90 euro di aumento
Il contratto dei bancari è alle battute finali. Ieri dopo la mezzanotte mancavano ancora le limature
finali al testo che i tecnici del Comitato affari sindacali e del lavoro di Abi, guidato da Alessandro
Profumo hanno predisposto con i sindacati. Limature che però, almeno fino a ieri sera, non erano da
considerarsi strutturali per gli equilibri che le parti hanno raggiunto. Per scaramanzia o per i
trascorsi altalenanti di questo negoziato il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, ha
detto: «La conclusione del contratto non è vicina né le organizzazioni sindacali possono impegnarsi
in una chiusura a breve». E a proposito dei tweet comparsi in rete: «Rispettiamo gli autorevoli pareri
dei segretari confederali ma non ci risulta allo stato attuale alcuna deroga al Jobs act né se ne è
discusso tra le parti anche perché l’Abi è sempre stata categorica nell’escluderlo». «Confidiamo nel
senso di responsabilità di tutti per garantire il contratto alla categoria che da oltre un anno è
impegnata in una difficile trattativa», ha comunque detto Sileoni. Via twitter il segretario generale
della Fiba Cisl, Giulio Romani ha riconosciuto che sull’«anima sociale del contratto si sono fatti passi
avanti. Tra le richieste avanzate dalle categorie dei bancari al tavolo anche un protocollo d’intesa sui
problemi di settore». Per la parte relativa al salario Romani ribadisce la necessità di affrontarla
«nell’insieme non appena la vertenza imboccherà il rush finale e tutte le altre tessere del mosaico
saranno state incasellate». Anche il segretario della Uilca, Massimo Masi ha confermato che «la
trattativa in corso con Abi è entrata in una fase decisiva, con l’analisi di un possibile testo di accordo».
I nodi da sciogliere a mezzanotte rimanevano ancora tre. Il primo riguardava la scadenza del
contratto che le aziende hanno chiesto di allungare fino al 31 dicembre del 2018. Per i sindacati
allungare il contratto era un’ipotesi accettabile ma a patto di arrivare fino al 30 giugno del 2018. Alla
durata si lega l’aumento. La proposta delle banche era di 90 euro subordinati alla durata del contratto
fino a dicembre 2018 e 65 euro subordinati alla durata del contratto fino a giugno 2018. L’aumento
verrebbe corrisposto sotto forma di Edr, elemento distinto della retribuzione, ma con la garanzia da
parte delle banche che alla scadenza l’Edr venga inserito automaticamente nella voce stipendio senza
dover passare attraverso un ulteriore negoziato, come è avvenuto per l’ultimo contratto. Infine sul
Tfr c’è la proposta di bloccarlo sei mesi prima della scadenza del contratto: quindi a giugno 2018, nel
caso in cui si stabilisca che il contratto duri fino al 31 dicembre del 2018. La trattativa in corso con
Abi è entrata in una fase decisiva, con l'analisi di un possibile testo di accordo
Sugli altri temi, quelli di natura normativa il quadro rimane quello già tratteggiato in queste
settimane. L’anima sociale del contratto costruita attorno a un’innovativa piattaforma piattaforma
digitale bilaterale che avrà il compito di far incontrare la domanda di professioni da parte delle
aziende e l’offerta che c’è nel fondo emergenziale è stata confermata. Inoltre i banchieri, guidati
Profumo, hanno confermato la disponibilità a ridurre il differenziale del salario di ingresso dal 18%
al 10% per i giovani, di confermare il Foc con una valenza più ampia e di impegnarsi sulla continuità
contrattuale per i trasferimenti a nuove società in caso di esternalizzazioni. La normativa dell’area
contrattuale verrà mantenuta così com’è mentre la spinosa questione degli inquadramenti verrà
affrontata in un apposito “cantiere” nei prossimi sei mesi. All’affollato tavolo - erano presenti oltre
200 persone in rappresentanza delle 8 delegazioni sindacali di Fabi, Fiba, Fisac, Uilca, Ugl credito,
Unisin, Sinfub e Dircredito e di Abi - si è discusso questo impianto dell’ipotesi che, dopo essere stata
approvata dai sindacati, dovrà essere approvata dai 309mila bancari interessati. Una categoria che è
tra le più sindacalizzate ma anche tra le più severe quando si tratta di dare il via libera ai contratti,
come ha dimostrato la storia dello scorso rinnovo, approvato sì ma non con percentuali bulgare. ©
RIPRODUZIONE RISERVATA C.Cas.
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IN BUSTA PAGA
90
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L’aumento
La proposta delle banche ieri sera era di subordinare l’aumento alla durata del contratto. Due le
proposte al vaglio del sindacato. La prima era di 90 euro per il livello medio di riferimento,
subordinando però alla durata del contratto fino al 31 dicembre del 2018. L’altra era di 65 euro
subordinata a una durata fino al 31 giugno del 2018.
10%
Il salario di ingresso
Il differenziale del salario di ingresso verrà portato dal 18% al 10% per favorire migliori condizioni
per i giovani
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MF-MILANO FINANZA mercoledì 01 aprile 2015 7.04
Il contratto dei bancari al rush finale. Oggi i dettagli
di Mauro Romano
Una lunga giornata di incontri e pause tecniche per far esaminare i dettagli ai rispettivi esperti,
seguita poi da una sessione notturna iniziata intorno alle 19. Ieri maratona finale per l'accordo sul
contratto nazionale di lavoro dei bancari ha seguito il solito copione di ogni vertenza sindacale che si
rispetti. E, salvo impuntature dell'ultima ora, dovrebbe essersi chiusa prima dell'alba con una firma
condizionata alla risposta dei lavoratori. Ma la posizione dei sindacati era chiara già alla vigilia. Alle
condizioni date, questo è l'unico contratto che si poteva portare a casa. Non sarà il documento di
svolta che ognuno, dalla propria parte, si augurava, ma è l'unico approdo realistico di una trattativa
partita da posizioni veramente distanti. Le banche hanno dovuto infatti archiviare l'idea di un
contratto cornice molto scarno che permettesse ai manager la massima flessibilità nell'organizzare il
modello aziendale. Mentre i sindacati hanno difeso il meccanismo di tutele che rende ormai unico il
comparto bancario, che ha quasi la metà degli addetti con oltre cinquant'anni d'età e con una
qualifica da quadro. Tutte tutele che i dipendenti attualmente inquadrati manterranno anche se il
ramo d'azienda in cui lavorano verrà ceduto a imprese non bancarie, tipo società di servizi. Banche
e sindacati sanno però che la crisi che il sistema ha attraversato non è solo congiunturale; per usare
le parole del capo delegazione dell'Abi Alessandro Profumo, è cambiato il mondo, dalle tecnologie ai
clienti, dai tassi a vigilanti. Al di là delle norme messe a punto in nottata, il vecchio modello di filiale
non c'è più e i bancari si dovranno abituare a cercare il cliente e non attenderlo dietro uno sportello.
Saranno promotori, consulenti, agenti di borsa e forse anche di viaggi. Tanto per dirne una, i
dipendenti esternalizzati avranno ancora quel contratto, ma i loro colleghi che saranno assunti in
futuro dalle società esterne probabilmente no. Ma questa, per banche e per i sindacati, sarà la sfida
di domani. Quella di oggi, dopo la battaglia per far ratificare l'intesa dalla base (Ccnl di 4 anni e
aumento base a regime di 80 euro), riguarderà la nuova piattaforma per il ricollocamento del
personale. L'idea è di non farne un ufficio di collocamento online, ma una vera cabina di regia per la
gestione delle crisi, con la possibilità di utilizzare, a seconda dei casi, tutti gli ammortizzatori del
sistema. E, con il gran ballo delle popolari già avviato, ce ne sarà bisogno presto. C'è chi parla di 20
mila nuovi esuberi. (riproduzione riservata)
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IL SOLE 24 ORE mercoledì 01 aprile 2015
Ai comitati UniCredit il punto sul rinnovo€
A poco più di due settimane dal termine per il deposito delle liste, prosegue il confronto tra i soci di
UniCredit. Scontata la conferma di Giuseppe Vita e di Federico Ghizzoni, resta ancora da decidere il
numero delle vice presidenze e i rappresentanti di alcuni azionisti: oggi probabilmente si farà il punto
durante i comitati convocati in vista del cda di giovedì prossimo. Particolare attenzione per le quote
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rosa, che saliranno da quattro a sei consiglieri, e offrono la possibilità di cooptare elevate
professionalità: certe le conferme di Helga Jung, Henryka Bochniarz e Lucrezia Reichlin, per gli altri
tre posti si parla di una figura di spicco in arrivo dall'estero, di un'imprenditrice lombarda e di una
rappresentante delle Fondazioni minori. In questo caso un nome che circola con insistenza tra i soci
è quello di Paola Vezzani, docente all'università di Modena e Reggio Emilia con alle spalle ricerche
sui modelli di business delle banche e sui bilanci di settore. (Ma.Fe.) )
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IL SOLE 24 ORE mercoledì 01 aprile 2015
Riassetto Icbpi Le popolari attese in Banca d’Italia
Entra nel vivo l’asta per l’Istituto centrale delle banche popolari (Icbpi). Oggi, secondo le
indiscrezioni, alcuni rappresentanti delle banche popolari azioniste avranno un incontro in Banca
d’Italia per comunicare a via Nazionale le linee fondamentali del riassetto in corso sull’Istituto
centrale. Banca d’Italia, data anche la presenza di una licenza bancaria, segue infatti con attenzione
il riassetto di Icbpi. I rappresentanti delle banche popolari azioniste dovrebbero, secondo i rumors,
spiegare in sintesi la struttura dell’operazione: cioè l’architettura societaria che vedrà la luce dopo la
vendita a un fondo di private equity e il livello di leva (cioè il volume di debito) che sarà utilizzato.
Insomma, sarà un incontro cruciale, come altrettanto fondamentale sarà l’appuntamento di domani
fra i soci per stabilire quali soggetti passeranno alla seconda fase, cioè quella del data room, dove gli
acquirenti in lizza avranno accesso ai dati confidenziali dell’Istituto centrale delle banche popolari.
La scorsa settimana sono state quattro le proposte arrivate sul tavolo degli advisor Mediobanca ed
Equita: cioè il consorzio formato da Bain-Advent-Clessidra, la cordata fra Cvc e Permira e quella tra
Cinven e Bc Partners e, infine, il fondo Hellmann &Friedman che per ora correrebbe da solo. Il
processo sta mettendo in moto una vasta task-force di consulenti finanziari, legali e industriali. Il
consorzio formato da Bain-Advent-Clessidra può contare, oltre che sull’aiuto del manager ex-Ad di
Telecom Italia Franco Bernabè, su Vitale Associati, Rothschild e Hsbc. Quest’ultima è anche
finanziatrice assieme a Goldman Sachs. Bc Partners e Cinven sono affiancati da Unicredit e Lazard.
Cvc e Permira avrebbero, invece, scelto Ubs, Kpmg e Banca Imi assieme ai consulenti di Rolanda
Berger, Alix e agli avvocati di Chiomenti e Legance. Resta, infine, Hellmann &Friedman che secondo
quanto ha riportato ieri Mergermarket non avrebbe ancora scelto un advisor in quanto starebbe
aspettando di vedere se sarà ammesso nella seconda fase.
Il periodo di data room, che inizierà dopo Pasqua, durerà 6 settimane e probabilmente verranno
ammessi tre possibili compratori sugli attuali quattro. Uno verrà quindi escluso. Le offerte, secondo
i rumors, sarebbero abbastanza simili quanto a valore economico e struttura. Si attesterebbero tra
1,9 e 2 miliardi e avrebbero una leva di circa 5 volte l’ebitda. La struttura prevederebbe che il debito
venga collocato in una holding che poi riceverà i dividendi dalla società operativa, che verrebbe
mantenuta unita senza break-up. Banca d’Italia chiederebbe inoltre che le banche popolari restino
azioniste con il 10-20% con contratti di fornitura di 5 anni.
Insomma, tutte le offerte sarebbero simili. L’unica differenza c’è sul lavoro svolto dai potenziali
acquirenti. Bain e Advent, come pure Cvc e Permira, sarebbero al lavoro da settembre sul dossier
mentre Bc Partners-Cinven e Hellmann &Friedman hanno iniziato da qualche mese. ©
RIPRODUZIONE RISERVATA Carlo Festa
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IL SOLE 24 ORE mercoledì 01 aprile 2015
Cdp colloca il primo bond decennale
Milano. Primo bond decennale per Cassa Depositi e Presiti che ieri ha collocato 750 milioni di euro
raccogliendo una domanda di quasi tre volte l’offerta toccando 2 miliardi di ordini tra gli investitori.
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una banca popolare si trasforma in Spa, e cioè con una operazione stand alone;
una banca popolare si fonde con altra banca popolare e successivamente la società cooperativa
risultante dalla fusione procede alla sua trasformazione in Spa;
una banca popolare si fonde con altra banca popolare formando contestualmente una nuova Spa
(oppure una banca popolare ne incorpora un’altra allo stesso tempo trasformandosi in una Spa).
È quest’ultima (e cioè l’ipotesi della fusione “trasformativa”) la casistica che si prospetta più
probabile: dato che tutte o quasi tutte le banche popolari costrette alla trasformazione daranno corso
ad aggregazioni, non è pensabile, intanto che si progetta l’aggregazione, che non si progetti allo stesso
tempo anche la governance della Spa cui si deve necessariamente dar vita entro poco tempo.
Come si giunge dunque a una “fusione trasformativa”? Prima della fase “giuridica”, c’è
evidentemente da percorrere una fase “politica”: occorre lo svolgimento di una trattativa per
comprendere se vi sia un partner disponibile all’aggregazione, con il quale deve essere affrontato
l’impervio tema di stabilire chi è dei due che incorpora l’altro (a meno che si dia corso a una “fusione
per unione”, e cioè all’estinzione di entrambi i partner per dar vita a una società completamente
nuova).
In entrambi i casi c’è poi da gestire lo scivoloso tema di individuare i componenti degli organi della
società che risulterà dalla fusione (il presidente del board, l’amministratore delegato, i membri del
cda o di gestione e quelli del collegio sindacale o del consiglio di sorveglianza) perché evidentemente
un’operazione di fusione comporta il dimezzamento delle poltrone disponibili.
Inevitabile inoltre una fase di due diligence, durante la quale le due società soppesano le proprie
peculiarità al fine di definire il rapporto di cambio tra le rispettive azioni (e quindi di determinare gli
assetti proprietari nella società trasformata). © RIPRODUZIONE RISERVATA Pagina a cura di
Angelo Busani e Lorenzo Lampiano
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IL SOLE 24 ORE mercoledì 01 aprile 2015
Voto capitario light Cambiano le nomine
Il dl 3/2015 introduce importanti cambiamenti di scenario normativo non solo per le grandi banche
popolari (“costrette” a trasformarsi in Spa), ma anche per quelle di piccole dimensioni, cioè con un
attivo minore di 8 miliardi, la cui disciplina viene notevolmente innovata. Non vi sono modifiche
invece per le banche di credito cooperativo, la cui regolamentazione rimane immutata.
Per le banche popolari “superstiti” vengono infatti previste rilevanti novità in tema di emissione di
strumenti finanziari, di elezione dei componenti degli organi sociali e di rappresentanza in
assemblea. In particolare, sotto quest’ultimo aspetto, le banche popolari:
devono fissare nel loro statuto il numero massimo di deleghe per il voto in assemblea che possono
essere conferite a un socio (il numero deve essere stabilito in misura non inferiore a dieci né
superiore a venti);
fermo comunque restando il principio del voto capitario, possono ora prevedere che l’atto costitutivo
attribuisca ai soci cooperatori persone giuridiche più voti, ma non oltre cinque, in relazione
all’ammontare della quota oppure al numero dei loro membri;
Con riferimento poi all’emissione di strumenti finanziari, le banche popolari possono ora emettere
strumenti finanziari (sia del tipo “partecipativo” che del tipo degli strumenti “di debito”) dotati di
diritti patrimoniali o di diritti amministrativi secondo la medesima disciplina dettata per l’emissione
di strumenti finanziari da parte delle Spa, con il limite che ai possessori di questi strumenti finanziari
non può, in ogni caso, essere attribuito più di un terzo dei voti spettanti all’insieme dei soci presenti
o rappresentati in ciascuna assemblea generale.
Con riguardo infine alla nomina degli organi sociali:
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viene abrogata la norma secondo cui la maggioranza degli amministratori doveva essere scelta tra i
soci cooperatori ovvero tra le persone indicate dai soci cooperatori persone giuridiche;
lo statuto può ora prevedere che i possessori di strumenti finanziari dotati di diritti di
amministrazione eleggano nel complesso sino a un terzo dei componenti dell’organo di controllo;
nel caso di sistemi di governance dualistico o monistico, i possessori di strumenti finanziari peraltro
non possono eleggere più di un terzo dei componenti del consiglio di sorveglianza e più di un terzo
dei componenti del consiglio di gestione/amministrazione (e in caso di sistema monistico questi
ultimi non possono essere destinatari di deleghe operative né far parte del comitato esecutivo).
Evidentemente, tutte queste novità possono incidere significativamente sulla governance delle
banche popolari “superstiti”, in quanto, stemperando il voto capitario, impattano sia sulla nomina
degli organi (nella quale i titolari di strumenti finanziari potrebbero avere una rilevante voce in
capitolo) sia su coloro che possono essere nominati, i quali sono svincolati dall’avere la qualità di
soci cooperatori o di soggetti individuati dai soci-cooperatori persone giuridiche. Anche il maggior
numero di deleghe attribuibili a chi partecipa fisicamente all’assemblea attenua il principio “one
man, one vote”, premiando la capacità organizzativa di chi sia in grado di far incetta delle deleghe
disponibili. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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IL SOLE 24 ORE mercoledì 01 aprile 2015
Assemblee con maggioranze «leggere»
L’evoluzione che una società cooperativa deve compiere per divenire una Spa è caratterizzata da una
significativa serie di passaggi strettamente giuridici (sui quali senz’altro influirà il regolamento che
la Banca d’Italia sta elaborando per dare attuazione al dl 3/2015 e dal cui contenuto qui
evidentemente si deve prescindere).
Se una banca popolare si trasforma in Spa senza dar corso a una operazione di fusione, la procedura
è relativamente semplice, in quanto è sufficiente (con l’assenso di Bankitalia) lo svolgimento di una
assemblea straordinaria che deliberi la trasformazione e che adotti il nuovo statuto. In questo caso,
gli organi sociali preesistenti continuano la loro permanenza in carica fino alla loro naturale
scadenza.
La trasformazione dà luogo normalmente a un diritto di recesso del socio assente o dissenziente: ma
il dl 3/2015 ha limitato questa possibilità dando facoltà alla Banca d’Italia di impedire il drenaggio
di patrimonio che si produrrebbe nel caso di un suo massiccio esercizio.
Assai più complicato è l’iter di una “fusione trasformativa”. Si inizia con la predisposizione del
progetto di fusione, corredato da un’apposita relazione (che illustra l’operazione e giustifica il
rapporto di cambio), da parte dell’organo amministrativo delle società che partecipano
all’operazione. Al progetto di fusione va unito lo statuto (con il nuovo nome e la nuova governance
della banca) che disciplinerà la società risultante dalla fusione (e cioè la società incorporante, nel
caso di fusione “per incorporazione” o la nuova società risultante dalla fusione, nel caso di fusione
“per unione”).
Il progetto di fusione (con il nuovo statuto) viene quindi mandato in Banca d’Italia e, dopo il via
libera, si procede alla sua pubblicazione nel Registro imprese (o sui siti internet delle società che
partecipano all’operazione). Nel frattempo, una o più società di revisione devono aver predisposto
una relazione sulla congruità del rapporto di concambio tra le azioni delle società interessate.
Prende il via, quindi, il meccanismo di convocazione delle assemblee dei soci, chiamate ad approvare
il progetto di fusione, nel corso delle quali si vota:
in prima convocazione, con la maggioranza dei due terzi dei voti espressi (purché all’assemblea sia
rappresentato almeno un decimo dei soci della banca);
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quello del vigilante Tesoro) è risultata più efficace di una misura legislativa che avrebbe comportato
tempi lunghi ed esiti incerti.
Da questo punto di vista, è l'affermazione della linea sostenuta da tempo da Guzzetti. Del resto, si
tratta dello stesso percorso compiuto per il decalogo anticorruzione per le imprese a partecipazione
pubblica, di recente emanato dal Tesoro e dall'authority anti-corruzione: in entrambi i casi il governo
si trova in una posizione diretta o indiretta di controllo o di Vigilanza ed è quindi dotato di poteri che
può dispiegare, anche sulla base di preliminari condivisioni, cosa che rende preferibile la via
amministrativa. Ovviamente per il contrasto della corruzione in generale vi sarà bisogno della legge
in corso di approvazione. In sostanza, il protocollo Acri-Tesoro, forse oltre gli stessi intenti dei
contraenti, può diventare un modello per un'autodisciplina controllata e vigilata in particolari
settori, in cui sono presenti diffusi aspetti tecnici e la complessità che presentano si presta meglio a
queste forme di regolamentazione. In più, erano sorti dubbi sulla possibilità che, sulla base della
vigente normativa primaria, il Tesoro nell'esercizio delle funzioni di Vigilanza potesse dettare
prescrizioni e indirizzi pure in materie che non avessero un appiglio nella stessa normativa. D'altro
canto, se si può beneficiare dell'accordo con i vigilati, ciò elimina «a priori» la possibilità di
controversie e, attraverso la riconduzione degli atti negoziali allo statuto, dà una veste rigorosa alle
nuove disposizioni e consente la sanzionabilità delle eventuali violazioni. Abbiamo già rilevato su
queste colonne come i ritardi del mondo delle Popolari nell'imboccare la strada dell'autoriforma
siano apparsi ancor più dannosi nel momento in cui - quasi in contemporanea con l'adozione del
decreto legge che ha varato la cosiddetta riforma di queste ultime con un scelta di metodo e di merito
fortemente criticabile - è stato intelligentemente sottoscritto il protocollo in questione.
Ora per le Fondazioni si profila la fase dell'attuazione degli impegni assunti con l'atto negoziale, che
le sospingerà a maggiormente intervenire nei settori istituzionali di competenza. Naturalmente non
bisognerà dimenticare che esse hanno lungamente costituito un fattore di stabilità del sistema
bancario e che una funzione del genere difficilmente potrà essere fortemente ridimensionata in un
mercato privo di altri significativi investitori istituzionali, considerato anche quel che accade per
importanti imprese non finanziarie, le quali nella fase dell'ulteriore sviluppo diventano prede di
investitori esteri: non ha senso una visione autarchica o protezionistica, ma avere cervello e
governance, insieme con la sede, delle banche italiane nel nostro Paese non è obiettivo veterodirigista. Il sistema Wimbledon non è adatto all'Italia. Sarebbe grave se, dopo anche la pseudoriforma delle banche popolari, si aprissero argini maggiori di quelli presenti nei settori bancari di
altri Paesi. Le Fondazioni saranno comunque chiamate a dimostrare, a tempo debito, che
l'innovazione realizzata con il «protocollo» dà frutti. (riproduzione riservata)
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MF-MILANO FINANZA mercoledì 01 aprile 2015
Bpm, l'advisor dopo l'assemblea - L'operazione prevista tra maggio e giugno. Il candidato
favorito resta il Banco con un sistema di governance duale, Castagna ceo, Fratta Pasini e
Saviotti alle due presidenze
di Luca Gualtieri
Dopo la conversione del decreto Renzi-Padoan, le popolari sono pronte al valzer delle aggregazioni,
e la Banca popolare di Milano sembra destinata a giocare il ruolo del jolly. Secondo quanto risulta a
MF-Milano Finanza, subito dopo l'assemblea di bilancio di sabato 11 Piazza Meda dovrebbe
nominare l'advisor che la seguirà nel processo di aggregazione.
Al momento il lavoro di selezione sarebbe ancora in corso, ma è chiaro che l'istituto si muoverà in
tempi rapidi. Se qualche anticipazione potrebbe arrivare già in assemblea (per la quale si prevede
un'affluenza consistente), l'intenzione sembra quella di chiudere i giochi tra maggio e giugno,
dunque prima della pausa estiva.
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Anno XVI - 01/04/2015
A cura di Bruno Pastorelli – [email protected]
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MF-MILANO FINANZA mercoledì 01 aprile 2015
Lo chef Oldani è il nuovo testimonial di B.Generali
di Francesca Vercesi
Nella lunga lista dei portafogli corposi gestiti da Banca Generali , oltre a quello Alex Del Piero c'è
quello dello chef Davide Oldani. La società di gestione del risparmio guidata dall'ad Piermario Motta
ha presentato ieri la collaborazione con lo chef stellato, che sarà il nuovo testimonial della banca.
«Qui mi trattano come farei io», è il claim della campagna marketing. «Ho incontrato Banca Generali
per discutere delle sfide legate alla mia professione e al nuovo ristorante e ho subito trovato un
interlocutore che capisce le ragioni di un imprenditore», dice Oldani. «Così ho deciso di fare gestire
al gruppo una parte del mio portafoglio».
Il gruppo stima di realizzare nel primo trimestre una raccolta netta superiore a un miliardo dopo i
700 milioni dei primi due mesi del 2015. Lo ha fatto sapere il condirettore generale Gian Maria Mossa
a margine dell'evento: «Marzo è stato uno dei mesi migliori da quando sono arrivato nel gruppo, a
luglio 2013, e, se tutto va come deve andare, anche aprile e maggio saranno molto interessanti». In
occasione dei risultati di bilancio Banca Generali aveva indicato per il 2015 una stima di raccolta
netta di 2-2,5 miliardi, ma a questo punto le aspettative potrebbero alzarsi. Intanto sul fronte
reddituale è atteso un aumento delle componenti ricorrenti, come le commissioni connesse alla
crescita dello stock delle masse gestite, che ora si aggirano sui 37-38 miliardi. Quanto agli arrivi di
nuovi private banker, la banca continua nell'aggressiva politica di reclutamento, resa più facile
dall'esodo in corso che coinvolge molti banker. La maggior parte degli istituti, del resto, sta
affrontando macchinose riorganizzazioni per competere su un mercato sempre più complesso.
(riproduzione riservata)
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MF-MILANO FINANZA mercoledì 01 aprile 2015
Le strade parallele di risparmio in aula e banche di sviluppo
Contrarian
Nella recente partecipazione al Salone del risparmio il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan,
nel quadro della tutela e valorizzazione di questa fondamentale risorsa, ha sottolineato la necessità
di una alfabetizzazione finanziaria e dell'introduzione delle cosiddette banche di sviluppo.
Quanto al primo punto, a poco a poco si sta diffondendo la convinzione dell'importanza
dell'educazione finanziaria nella scuola, sin dalle prime classi. Da tempo la Banca d'Italia sostiene e
promuove, in alcuni casi di conserva con il ministero dell'Istruzione, iniziative per la diffusione di
tale educazione. L'Abi ha istituito ad hoc una fondazione e qualche banca sta promuovendo
specifiche iniziative. Ma il ministro non è un semplice osservatore: messa a fuoco questa esigenza,
ora è opportuno che egli dica come intenda farvi fronte, non potendo derivare un impegno più
intenso in questo settore soltanto dal mercato. Da ultimo, è stata prospettata l'idea (in particolare da
Antonio Patuelli) di introdurre l'educazione finanziaria come materia obbligatoria nei programmi
della scuola da riformare, ai diversi livelli. Della buona scuola fa certamente parte impartire le
nozioni del risparmio, del credito, della finanza e, soprattutto, stimolare un comportamento, un'etica
per l'impiego responsabile delle risorse finanziarie. Una misura del genere andrebbe accompagnata
con uno spazio da dedicare a questo argomento nell'emittente pubblica, sulla base dell'accordo di
servizio stipulato con il governo, essendo la diffusione delle conoscenze in questa branca un'attività
di rilevante interesse pubblico. La stessa ipotesi dell'istituzione, promossa dal Tesoro, di una
Fondazione per l'educazione finanziaria, alla quale partecipino soggetti pubblici e privati a
cominciare dalle stesse banche (oggetto di una proposta legislativa negli anni scorsi poi lasciata
Federazione Autonoma Bancari Italiani via Tevere, 46 00198 Roma - Dipartimento Comunicazione & Immagine
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stilato secondi i principi Ocse, simili a quelli che hanno ispirato i recenti accordi che anche l'Italia ha
firmato, fra l'altro, con Svizzera, San Marino, Liechtenstein, Principato di Monaco e Lussemburgo.
Non è del resto casuale che Andorra figuri nella black list in cui si trovano ancora i rimasugli di quelli
che erano i vecchi paradisi fiscali e che Bpa avesse una filiale a Panama.
Su tali cosiddetti paradisi si è molto discusso in questi tempi in Italia, specie in occasione del varo
della legge sulla voluntary disclosure. In proposito c'è ormai unanime consenso sul fatto che essi
diventeranno sempre meno numerosi e che la loro vita sarà sempre più breve. L'attenzione
internazionale sul problema è sempre maggiore e la tolleranza delle autorità sempre minore. Ai fini
della voluntary disclosure queste considerazioni sono fondamentali nella scelta che i detentori di
capitali illegali all'estero devono fare per regolarizzare o meno le loro posizioni. In termini più
generali le stesse considerazioni possono essere di monito per gli intermediari finanziari, la cui
attenzione nei riguardi delle operazioni sospette di riciclaggio dovrà diventare sempre più decisa. Gli
atteggiamenti morbidi non pagano più e possono essere addirittura letali, come il caso qui esaminato
dimostra più che chiaramente. (riproduzione riservata)
Ezra Pound
L’incompetenza si manifesta con l’uso di troppe parole.
.c.
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