L`OSSERVATORE ROMANO

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L’OSSERVATORE ROMANO
POLITICO RELIGIOSO
GIORNALE QUOTIDIANO
Non praevalebunt
Unicuique suum
Anno CLV n. 111 (46.949)
Città del Vaticano
lunedì-martedì 18-19 maggio 2015
.
Quattro suore canonizzate dal Pontefice
Papa Francesco alle religiose e ai religiosi di Roma
Il segreto dei santi
Donne
in tensione
Appello per la pace in Burundi e in Terra santa
di LUCETTA SCARAFFIA
«Dimorare in Cristo, uniti a lui come i tralci alla vite, per portare molto frutto»: è questo «il segreto dei
santi» indicato da Papa Francesco ai
fedeli che domenica mattina 17 maggio, in piazza San Pietro, hanno partecipato alla messa per la canonizzazione di quattro donne: Giovanna
Emilia de Villeneuve, fondatrice della congregazione delle suore dell’Immacolata Concezione di Castres,
Maria Cristina dell’Immacolata Concezione, fondatrice della congregazione delle suore vittime espiatrici di
Gesù sacramentato, Maria Alfonsina
Danil Ghattas, fondatrice della congregazione delle suore del rosario di
Gerusalemme, e Maria di Gesù Crocifisso, monaca professa dell’ordine
dei carmelitani scalzi.
All’omelia il Pontefice ha riproposto sinteticamente le figure e i carismi delle quattro nuove sante, individuando il filo conduttore nella volontà di «rimanere in Dio e nel suo
amore, per annunciare con la parola
e con la vita la risurrezione di Gesù,
testimoniando l’unità fra di noi e la
carità verso tutti». Il loro «luminoso
esempio interpella anche la nostra
vita cristiana» ha ricordato ai fedeli
durante la celebrazione, prima di
lanciare un appello per «il caro popolo del Burundi, che sta vivendo
un momento delicato». Il Signore —
ha auspicato introducendo la preghiera del Regina caeli al termine
ome «è possibile valorizzare
la presenza della donna, e in
particolare della donna consacrata, nella Chiesa»? Con queste
parole rivolte ai consacrati — di cui,
come ha rilevato lui stesso, le donne costituiscono l’ottanta per cento
— ancora una volta Papa Francesco
fa capire con la consueta schiettezza quanto per lui sia importante
definire in modo innovativo il ruolo delle donne nella vita della
Chiesa. Ne parla quasi in ogni intervento e, a poco a poco, il suo
pensiero in proposito si rivela in
modo sempre più chiaro. Si tratta
di un pensiero rivoluzionario che
non deve niente alle ideologie che
si sono affermate nel mondo laico,
ma che discende direttamente dalla
tradizione cristiana, pur indubbiamente sollecitata dai cambiamenti
che sono avvenuti nella società occidentale, dove oggi le donne godono degli stessi diritti e delle stesse possibilità degli uomini.
È un tema che Bergoglio aveva
posto sul tavolo già all’inizio del
pontificato, dicendo che bisognava
approfondire una teologia della
donna. Chiariva così subito che
non aveva intenzione di leggere la
questione in termini di potere, ma
di cambiamento profondo del sentire della Chiesa. Un cambiamento
che doveva giungere fino alle radici
del pensiero teologico, e doveva ar-
C
della messa — aiuti tutti a fuggire la
violenza e ad agire responsabilmente
per il bene del Paese».
L’invito a pregare per «la pace tra
i popoli» è stato poi rinnovato lunedì mattina, durante l’udienza alle religiose giunte a Roma per la canonizzazione di suor Maria e di suor
Alfonsina. «Vi do una missione: pregare le due nuove sante — ha detto
nel corso dell’incontro svoltosi nella
Sala Clementina — per la pace nella
vostra terra, perché finisca questa
guerra interminabile e ci sia la pace
fra i popoli. E pregare per i cristiani
perseguitati, cacciati via dalle case,
dalla loro terra e vittime della persecuzione “con i guanti bianchi”: è nascosta, ma si fa! Persecuzione “con i
guanti bianchi” e terrorismo “in
guanti bianchi”. Pregate tanto per la
pace».
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Primo voto al Consiglio sull’agenda per l’immigrazione
In gioco la forza e la credibilità dell’Europa
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BRUXELLES, 18. «La forza e credibilità dell’Europa nello scenario internazionale sulla questione della gestione dell’immigrazione dipende
dall’assunzione, per la prima volta,
della responsabilità comune dell’accoglienza». Queste le parole, oggi,
pronunciate dall’alto rappresentante
Ue per la Politica estera e di sicurezza comune, Federica Mogherini,
arrivando oggi alla sede del Consiglio europeo a Bruxelles, dove è in
programma la discussione e la votazione su una parte dell’agenda
sull’immigrazione — quella relativa
alla lotta contro i trafficanti di uomini — adottata nel vertice straordinario dello scorso 23 aprile.
I ministri degli Esteri e della Difesa dei ventotto si incontrano a
Bruxelles per due sessioni del consiglio Ue, prima separate e poi congiunte, per discutere, fra gli altri temi, dell’emergenza migranti nel Mediterraneo. I ministri dovrebbero dare il primo via libera alla missione
navale europea contro i trafficanti di
esseri umani. «Oggi mi aspetto la
decisione politica formale di stabilire l’operazione navale, quindi l’indicazione di un quartier generale e di
un comando» ha detto Mogherini.
L’arrivo nel porto di Messina (Ap)
La missione navale — secondo
quanto ha indicato, come detto, il
vertice Ue straordinario sull’immigrazione del 23 aprile scorso, e poi
proposto dalla Commissione europea nella sua agenda sulle politiche
di immigrazione — avrà lo scopo di
individuare, catturare e distruggere i
barconi dei trafficanti nelle acque e
nei porti libici, prima che possano
essere usati per trasportare i migranti. Sul piano navale c’è finora un
consenso di massima fra gli Stati.
Non c’è invece consenso sull’altra
parte dell’agenda, quella che riguarda il sistema delle quote per la distribuzione dei migranti. Le quote
sono state previste per ripartire
equamente fra i Paesi membri il
flusso di rifugiati che approdano
nell’Ue.
Il primo ministro francese, Manuel Valls, ha criticato ieri la proposta europea sulle quote, sostenendo
che «non corrisponde alla posizione
della Francia». Valls si è detto contrario alle quote applicate, afferman-
do che in eventuali quote devono
essere considerati anche i migranti
già presenti in ciascun Paese. Per
Valls la prima cosa da fare è rafforzare i controlli: «La Francia è favorevole a un sistema europeo di guardie di frontiera». Dovrà essere Parigi, non Bruxelles, a stabilire quanti
stranieri la Francia è in grado di accogliere ogni anno.
Diversa la linea seguita dall’Italia,
che chiede maggiore cooperazione.
«Nessuno può pensare di lasciarci
di nuovo soli a gestire la drammati-
ca situazione dell’Africa e del Medio
oriente. L’Italia non può continuare
a pagare un prezzo alto, come ha
invece fatto finora» ha detto oggi il
ministro degli Interni italiano, Angelino Alfano. La Francia «è sempre
stata al nostro fianco nel chiedere
un intervento dell’Europa in materia
di immigrazione, sarebbe assurdo se
avesse cambiato posizione proprio
adesso». E intanto, cinque scafisti
sono stati arrestati oggi a Ragusa
con l’accusa di traffico di migranti.
I particolari dell’uccisione di Abu Sayyaf in un blitz statunitense nell’est della Siria
L’Is riprende Ramadi ma fallisce l’attacco a Palmira
BAGHDAD, 18. Le milizie dello Stato
islamico (Is) ottengono un successo
sul fronte iracheno di Ramadi, ma
falliscono l’attacco alla città siriana
di Palmira.
A Ramadi, capoluogo della provincia di Al Anbar, il gruppo jihadista ha obbligato alla ritirata le
forze governative che l’avevano riconquistata in aprile. È pesantissimo il bilancio riferito da un portavoce del governatorato provinciale,
Muhannad Haimour, secondo il
quale circa cinquecento persone —
non solo soldati, ma anche civili —
sono state uccise negli ultimi giorni
nella città, da dove sono fuggiti altri ottomila abitanti. I nuovi profughi si aggiungono agli oltre 114.000
che secondo l’Onu avevano lasciato
la città in aprile.
La sconfitta a Ramadi è stata di
fatto confermata dalla portavoce
del comando statunitense, Elissa
Smith, secondo la quale «Ramadi è
stata contesa dall’estate scorsa e l’Is
è adesso in vantaggio». La portavoce ha comunque aggiunto che la
perdita della città non significa una
svolta della campagna militare in
favore del gruppo jihadista.
È stato invece respinto dall’esercito siriano l'attacco sferrato dall’Is
nella provincia di Homs, dove le
milizie jihadiste hanno cercato di
conquistare — e presumibilmente
distruggere, dati i precedenti — il
sito di Palmira, una delle aree archeologiche più preziose al mondo.
L’esercito ha eliminato gli ultimi
gruppi di miliziani nel villaggio di
Al Ameriyeh, a nord-est di Palmira,
e sulle colline che sovrastano il sito
archeologico, ora al sicuro. Anche
su questo fronte si è pagato un pesante prezzo di vite umane: fonti
dell’opposizione siriana riferiscono
di quasi trecento morti, 123 soldati
e loro alleati, 115 miliziani dell’Is,
ma anche 57 civili.
Nel frattempo sono arrivati la
conferma e i particolari del blitz
compiuto dai militari statunitensi
della Delta Force nelle prime ore
notturne di sabato nell’est della Siria e nel quale è stato ucciso Abu
Sayyaf, l’uomo chiave per i finanziamenti dell’Is, soprattutto con la
vendita del petrolio e del gas delle
zone occupate in Iraq e in Siria. I
militari statunitensi sono arrivati in
elicottero dal vicino Iraq e hanno
attaccato una palazzina nel giacimento di Al Omar, il più grande
della Siria, conquistato dall’Is la
scorsa estate e dove l’intelligence
aveva accertato la presenza di Abu
Sayyaf. Dopo un lungo combattimento con i miliziani che lo difendevano, gli uomini della Delta For-
ce hanno infine trovato all’interno
della palazzina Abu Sayyaf, in una
stanza dove si nascondeva con la
moglie. Abu Sayyaf è stato ucciso,
mentre la moglie è stata arrestata e
trasferita successivamente in un
luogo sicuro in Iraq.
L’attacco era stato autorizzato
dal presidente Barack Obama, che
finora era stato sempre riluttante a
impegnare truppe di terra contro
l’Is. «Andremo avanti con lo sforzo
teso a indebolire e infine a distruggere l’Is», ha commentato la Casa
Bianca. «Per i terroristi non esistono rifugi sicuri», ha sottolineato il
segretario alla Difesa statunitense,
Ashton Carter.
rivare a trasformare del tutto la
percezione della donna nel mondo
clericale, talvolta anche fra le donne stesse.
Nel dialogo con le religiose e i
religiosi di Roma, questa posizione
è emersa nuovamente, con maggiore concretezza: «Quando mi dicono: “No! Nella Chiesa le donne
devono essere capi dicastero, per
esempio”. Sì, possono, in alcuni dicasteri possono; ma questo che tu
chiedi è un semplice funzionalismo. Quello non è riscoprire il
ruolo della donna nella Chiesa. È
più profondo e va su questa strada.
Sì, che faccia queste cose, che vengano promosse — adesso a Roma
ne abbiamo una che è rettore di
una università, e ben venga! — ma
questo non è il trionfo. No, no.
Questa è una grande cosa, è una
cosa funzionale; ma l’essenziale del
ruolo della donna va — lo dirò in
termini non teologici — nel fare in
modo che lei esprima il genio femminile».
Questa è la trasformazione che il
Papa chiede per le donne, e che ha
come conseguenza quella di considerare finalmente interessante, importante, ciò che le donne pensano, dicono, scrivono. Bergoglio
propone, in sostanza, che la Chiesa, finora diretta e pensata solo dagli uomini, cominci finalmente a
respirare con i suoi due polmoni,
dando cioè ascolto e importanza al
punto di vista delle donne. Ed è
ovvio che le prime a dover essere
valorizzate sono le religiose, che —
lo ricorda — sono «figura» della
Chiesa. Donne che il Pontefice descrive con un’espressione nuova,
mai applicata finora alle monache
o alle suore, che si preferisce pensare obbedienti e remissive: donne
«in tensione».
E Papa Francesco apre loro una
strada che — se pure non nuova —
è stata sempre poco o nulla riconosciuta: quella di direttore spirituale.
Sappiamo che nella storia della
Chiesa molte sono le donne che
l’hanno esercitata, a cominciare da
sante come Ildegarda, Caterina e
Teresa. Ma si è sempre preferito
pensare che i religiosi a loro legati
da un rapporto spirituale si limitassero ad ascoltare attraverso le loro
parole il messaggio di Dio. Come
se fossero solo un canale di trasmissione, privo di pensiero e di
volontà. Bergoglio invece si riferisce alla loro esperienza, alla loro
saggezza: qualità personali cresciute nel tempo, nel corso di un cammino spirituale personale. Si tratta
di un’altra novità — non scontata —
che Francesco propone alla riflessione, offre come bussola per un
cambiamento sempre più necessario, sempre più urgente.
Il discorso
Le nuvole, le mura
il mondo
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E
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NOSTRE
INFORMAZIONI
Il Santo Padre ha ricevuto in
udienza nel pomeriggio di sabato 16 l’Eminentissimo Cardinale Mauro Piacenza, Penitenziere Maggiore, con il Reggente
della Penitenzieria Apostolica,
Sua
Eccellenza
Monsignor
Krzysztof Jósef Nykiel.
Auto in fiamme a Ramadi (Reuters)
Il Santo Padre ha presieduto
questa mattina, nella Sala Bologna, una riunione dei Capi Dicastero della Curia Romana.
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lunedì-martedì 18-19 maggio 2015
Rifugiati burundesi sulle sponde
del lago Tanganyika (Reuters)
Tsipras punta sull’accordo con i creditori in vista del vertice dell’Ue
Atene non accetta ultimatum
Lavoro e pensioni i punti in discussione
ATENE, 18. Il Governo greco non accetterà ultimatum dai creditori internazionali né dall’Unione europea.
Questa la posizione del premier ellenico, Alexis Tsipras, sottolineata ieri
dal portavoce di Syriza, Nikos Filis.
«Il mandato del popolo è di ottenere un accordo con i creditori con il
quale la Grecia resti nell’euro senza
pesanti misure di austerity» e i negoziati «si concluderanno prima del
summit europeo del 21-22 maggio».
Nel caso in cui le richieste dei creditori fossero in contrasto con il programma di Syriza — ha ribadito il
portavoce — il Governo di Tsipras è
pronto a indire un referendum.
La Grecia, in ogni caso, ha completato ieri il piano delle proposte ai
creditori nella speranza di ricevere
una risposta positiva prima del vertice. L’accordo dovrebbe sbloccare la
tranche di 7,2 miliardi di euro di
fondi di salvataggio. Secondo la
stampa, sarebbero cinque le aree
chiave su cui Atene e i suoi creditori
stanno ancora discutendo e su cui si
dovrà lavorare nei prossimi giorni: le
previsioni macroeconomiche, gli
obiettivi finanziari, le nuove misure
fiscali, la riforma del mercato del lavoro e delle pensioni. Nonostante le
difficoltà di liquidità, il ministro delle Finanze ellenico, Yanis Varoufakis, ha assicurato che verranno pagati regolarmente stipendi e pensioni.
Da Berlino intanto, arriva una
nuova “doccia fredda”. Il ministro
dell’Economia tedesco, Sigmar Gabriel, ha ribadito ieri che la Grecia
«riuscirà a prendere altri aiuti finanziari solo se porterà» avanti le riforme. Secondo Gabriel, il referendum
sul piano di salvataggio potrebbe essere di aiuto per velocizzare le riforme. «Un terzo pacchetto di aiuti è
possibile solo se le riforme saranno
implementate» ha detto il ministro.
L’uscita della Grecia dalla zona euro, secondo Gabriel, non sarebbe pericolosa solo economicamente, «ma
anche politicamente».
La situazione, comunque, non appare buona agli occhi della Banca
centrale europea (Bce). Yves Mersch,
uno dei membri del Consiglio direttivo della Bce, ha detto ieri che i
conti greci non vanno.
Il ministro delle Finanze greco Varoufakis (Ansa)
Le tensioni tra hutu e tutsi si sommano a quelle politiche
Spettro etnico
sulla crisi in Burundi
Visita ufficiale di Mattarella in Tunisia
Decine di migliaia di persone occupano il centro della capitale Skopje
Contro il terrorismo
un patto di civiltà
Dilaga la protesta
dell’opposizione macedone
ROMA, 18. «Per aiutare la Libia a
uscire da una guerra civile occorre
una soluzione politica e non militare che consenta che si formi un Governo di unità nazionale che riporti
uno Stato funzionante». Così è intervenuto oggi il presidente della
repubblica italiana, Sergio Mattarella, parlando dalla Tunisia, in quella
che è la sua prima visita ufficiale in
territorio non europeo.
«È nostra speranza che la comunità internazionale, i Paesi vicini,
l’Unione europea e le Nazioni Unite trovino gli strumenti per aiutare
la Libia sulla via della pacificazione» ha aggiunto il capo dello Stato, che ha avuto colloqui con il presidente tunisino, Beji Caid Essebsi,
e con il primo ministro, Habib Essid. «Siamo in piena condivisione
di intenti — ha detto il titolare del
Quirinale — nello stipulare un patto
di civiltà» contro il terrorismo. «È
una lotta comune a difesa della civiltà e della pacifica convivenza».
La crisi libica e la lotta al terrorismo non sono stati i soli argomenti
sul tavolo del vertice. L’altro grande nodo, sul quale i due Paesi hanno espresso piena sintonia, è stato
quello dell’immigrazione.
A riguardo, i rappresentanti tunisini hanno sollevato il problema
rappresentato dal fatto che le tragedie del mare purtroppo hanno come vittime molti giovani, donne e
adulti di cui si perdono le tracce.
E non è possibile per i familiari
che restano sulla sponda sud del
Mediterraneo, avere notizie di alcun tipo. «Faremo di tutto per cercare e raccogliere le notizie», ha
promesso Mattarella, «e cercare di
sanare una ferita così grave dando
informazioni tempestive al Governo
tunisino».
La visita di Mattarella prevede
anche, non a caso, la firma di una
serie di accordi di collaborazione in
campo economico. L’Italia metterà
infatti a disposizione oltre undici
milioni e mezzo di euro come donazioni, cinquanta milioni di euro
come crediti d’aiuto e venticinque
milioni di euro del debito tunisino
verranno convertiti in progetti di
sviluppo.
Un passo concreto — dicono gli
analisti — con cui Roma mostra la
volontà di porsi come interlocutore
privilegiato di Tunisi, in qualche
modo un suo rappresentante all’interno dell’Unione europea. «Intendiamo sollecitare l’Unione europea
affinché si sviluppi il più possibile
la cooperazione con la Tunisia» ha
dichiarato Mattarella. «È un punto,
questo, fondamentale. Ed è ugualmente necessario dare piena attuazione alle intese già esistenti».
Questo pomeriggio il capo dello
Stato italiano si recherà all’Assemblea dei rappresentanti del popolo,
dove terrà un discorso in una riunione straordinaria. Mattarella visiterà anche il museo nazionale del
Bardo, colpito dall’attentato esattamente due mesi fa.
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SKOPJE, 18. Dilaga la protesta antigovernativa nell’ex Repubblica Jugoslava di Macedonia, dopo i sanguinosi scontri tra manifestanti e
polizia che la settima scorsa hanno
provocato diciotto morti a Kumanovo. Ieri decine di migliaia di persone hanno occupato il centro della
capitale Skopje e si dicono determinate a restarvi finché non arriveran-
no le dimissioni del primo ministro
conservatore, Nikola Gruevski, accusato, oltre che di corruzione e autoritarismo, di aver fatto spiare ventimila persone.
All’indomani degli scontri di Kumanovo si erano dimessi i ministri
dell’Interno, dei Trasporti e Comunicazioni e il capo dei servizi segreti. Ma per i manifestanti non è suf-
e tutsi. Molti osservatori temono
ora una riesplosione di quel conflitto, che, pur senza arrivare alle
tragiche conseguenze del genocidio
in Rwanda, provocò anche in Burundi decine di migliaia di morti.
La conferma di una situazione
pericolosa e volatile, nonostante il
fallimento la scorsa settimana di un
tentativo di colpo di Stato militare,
viene dall’annuncio, ieri, dello
sgombero da Bujumbura di cittadini stranieri. Il portavoce del dipartimento di Stato di Washington,
Jeff Rathke, ha comunicato che
una ventina di statunitensi, quattro
canadesi e altri stranieri sono stati
aiutati a lasciare la capitale burundese con voli verso quella rwandese, Kigali. Rathke ha aggiunto che
gli Stati Uniti hanno ricevuto richieste di aiuto da «diverse missioni diplomatiche».
Da parte sua, Nkurunziza, nella
sua prima riapparizione in pubblico dopo il tentato colpo di Stato,
non ha fatto riferimento né a questo né alle proteste, sostenendo invece che a incombere sul Burundi
sarebbe la minaccia delle milizie
radicali islamiche somale di Al
Shabaab, visto che il Burundi stesso fornisce truppe all’Amisom, la
missione dell’Unione africana in
Somalia, insieme con Kenya e
Uganda, già colpite da attacchi terroristici. Durante il tentativo di
golpe, il presidente si trovava a
Dar es Salaam, in Tanzania per discutere con i capi di Stato dei Paesi dell’Africa orientale sulle emergenze internazionali, come quella
rappresentata dal gruppo islamista
somalo. Non mancano, peraltro,
analisti secondo i quali il riferimento alla minaccia di Al Shabaab potrebbe essere un pretesto per dare
più potere ai servizi di sicurezza e
per reprimere le nuove e annunciate manifestazioni. Poche ore dopo
l’annuncio del colpo di mano dei
militari, Bujumbura si è trasformata in un campo di battaglia tra le
truppe golpiste, comandate dal generale Godefroid Niyombare, e
quelle fedeli a Nkurunziza con un
bilancio di almeno cinque soldati
uccisi. Nel giro di due giorni, la situazione si è capovolta con l’annuncio dell’arresto di diciassette ufficiali, compresi cinque generali, tra
i quali non figura comunque
Niyombare. Ma le proteste antigovernative sono proseguite.
BUJUMBURA, 18. Le tensioni tra hutu e tutsi si sommano in Burundi a
quelle politiche degenerate da settimane in proteste e scontri di piazza in seguito alla decisione del presidente, Pierre Nkurunziza, di candidarsi a un terzo mandato nelle
elezioni previste a giugno, in quella
che l’opposizione giudica una violazione del dettato costituzionale e
degli accordi di pace che nel 2000
misero fine a quindici anni di guerra etnica e civile appunto tra hutu
ficiente. Il leader dell’opposizione
socialdemocratica promotrice della
manifestazione, Zoran Zaev, ha ribadito, oltre alla accuse a Gruevski,
la richiesta di un Governo ad interim che prepari elezioni anticipate.
Il presidente rifiuta però di cedere alle pressioni. E per oggi è stato
convocato, sempre a Skopje, un raduno dei suoi sostenitori.
Approvato
il decreto
sui rimborsi
delle pensioni
ROMA, 18. Il Consiglio dei ministri italiano ha approvato questa
mattina il decreto che prevede il
rimborso dei pensionati che hanno subito il blocco della rivalutazione. L’annuncio è stato dato in
conferenza stampa dal presidente
del Consiglio, Matteo Renzi, secondo cui «si tratta di due miliardi e 180 milioni che verranno
ricevuti da 3,7 milioni di pensionati il primo agosto». I rimborsi
saranno rilasciati nella forma di
bonus una tantum da 278 a 750
euro, esclusi gli assegni sopra i
3200. Per il presidente del Consiglio, il decreto è «un segnale
alle istituzioni e ai mercati internazionali che non c'è nessuna
tensione preelettorale che ci fa
essere timidi rispetto alla realtà».
Il testo è stato deciso ed elaborato dopo la sentenza della Consulta costituzionale sul mancato
adeguamento dei trattamenti
previdenziali al costo della vita,
deciso dall’Esecutivo Monti con
il decreto Salva Italia per il biennio 2012-2013.
GIOVANNI MARIA VIAN
direttore responsabile
Giuseppe Fiorentino
vicedirettore
Piero Di Domenicantonio
Manifestanti a Skopje (Ap)
Feroce strage di Boko Haram in una stazione di autobus
Un’altra bambina usata come bomba
ABUJA, 18. Boko Haram persiste nella sua feroce strategia terrorista di
ricorso ad attentatrici suicide giovanissime o, meglio, a bambine trasformate in bombe. È accaduto di
nuovo nel fine settimana in una stazione di autobus a Damaturu, nello
Stato nordorientale nigeriano del
borno, dove una ragazzina, sembra
dodicenne, si è fatta esplodere uccidendo sette persone oltre a se stessa
e ferendone altre trentatré, alcune
delle quali ricoverate in ospedale in
pericolo di vita. Questo tipo di attentati sono incominciati nel nord-
Servizio vaticano: [email protected]
Servizio internazionale: [email protected]
Servizio culturale: [email protected]
Servizio religioso: [email protected]
caporedattore
Gaetano Vallini
segretario di redazione
Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998
[email protected] www.photo.va
est della Nigeria da quasi un anno,
a conferma di una progressiva radicalizzazione della ferocia del gruppo
jihadista. La stessa stazione degli
autobus di Damaturu e il mercato
all’aperto che vi sorge vicino erano
già stati insanguinati da altri attentati analoghi.
Al tempo stesso, Mustapha Zannah, il vicegovernatore dello Stato
del Borno, che di Boko Haram è il
principale teatro d’azione, ha detto
che ci sono informazioni certe
dell’intelligence sul fatto che circa
seicento donne sarebbero pronte ad
Segreteria di redazione
telefono 06 698 83461, 06 698 84442
fax 06 698 83675
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Tipografia Vaticana
Editrice L’Osservatore Romano
don Sergio Pellini S.D.B.
direttore generale
attaccare la capitale statale Maiduguri con attentati suicidi.
Da parte loro, le forze armate nigeriane continuano a rivendicare
successi militari contro Boko Haram. Secondo un comunicato diffuso ieri, dieci campi del gruppo jihadista sono stati distrutti nel fine settimana nella foresta di Sambisa,
sempre nel Borno, molti miliziani
sono stati uccisi e ingenti quantitativi di armi, anche pesanti, sono stati
sequestrati.
Anche sul piano militare, comunque, Boko Haram mostra di avere
Tariffe di abbonamento
Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198
Europa: € 410; $ 605
Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665
America Nord, Oceania: € 500; $ 740
Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30):
telefono 06 698 99480, 06 698 99483
fax 06 69885164, 06 698 82818,
[email protected] [email protected]
Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675
ancora un’evidente capacità di colpire. Tre giorni fa, il gruppo jihadista
è riuscito a riprendere, sempre nel
Borno, la città di Marte, di assoluta
rilevanza strategica, dato che controlla la principale arteria stradale
dell’area, quella che passa per Maiduguri e conduce in Camerun e in
Ciad. L’esercito era riuscito a febbraio a strappare Marte a Boko Haram che l’aveva occupata nel maggio dell’anno scorso e averla dovuta
cedere di nuovo costituisce una
sconfitta di rilievo per le forze governative.
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Il Sole 24 Ore S.p.A.
System Comunicazione Pubblicitaria
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Bombe della coalizione a guida saudita
colpiscono un avamposto dei ribelli sciiti (Ap)
Polizia europea nel mirino
Raffica
di attentati
nel centro
di Kabul
KABUL, 18. I talebani alzano ancora il tiro. Ieri hanno colpito un
convoglio della missione di polizia
europea nei pressi dell’aeroporto
di Kabul. Almeno tre i morti, tra i
quali un cittadino britannico, e diciotto i feriti in seguito all’esplosione di un’autobomba guidata da
un attentatore suicida.
Si è trattato del terzo attentato
in dodici ore nella capitale afghana. I talebani lo hanno rivendicato immediatamente con un comunicato firmato dal portavoce Zabihullah Mujahid. In precedenza
un ordigno era esploso nel campus della principale università di
Kabul ferendo due persone, mentre un altro era scoppiato nel
quartiere di Kart-e-Now, senza
provocare vittime.
Si è trattato di una nuova sfida
alla coalizione internazionale e alle forze di sicurezza afghane dopo
che, il 14 maggio scorso, i talebani
erano riusciti a colpire la zona più
protetta della capitale uccidendo
numerose persone, tra le quali un
italiano. «Non si deve mai abbassare la guardia nella lotta contro il
terrorismo e per questo continueremo a sostenere con convinzione
la missione Eupol, così come le
altre missioni e organizzazioni che
lavorano per la stabilizzazione
dell’Afghanistan», ha detto il ministro degli Esteri italiano, Paolo
Gentiloni, condannando l’attentato e denunciando il «vile attacco
rivolto a una missione civile».
E il titolare del Foreign Office ,
Philip Hammond, ha sottolineato
che «questi attacchi non devono
fermare il popolo afghano, sostenuto della comunità internazionale, nel suo lavoro verso un futuro
più pacifico». Condanna anche
dal presidente afghano, Ashraf
Ghani, secondo il quale «i terroristi sono stati sconfitti sul campo e
stanno cercando come alternativa
l’uccisione di persone innocenti».
Kerry a Seoul
non esclude
altre sanzioni
contro Pyongyang
L’Onu chiede di rinnovare la tregua in attesa che il dialogo iniziato a Riad porti i suoi frutti
Riprende la guerra nello Yemen
RIAD, 18. La coalizione guidata dall’Arabia Saudita ha ripreso i raid nello Yemen dopo la fine
della tregua umanitaria: lo affermano fonti ufficiali yemenite. Il cessate il fuoco è stato revocato
alle 23 locali di ieri e i raid della coalizione hanno colpito postazioni dei ribelli sciiti huthi e distrutto carri armati in diversi quartieri di Aden,
seconda città del Paese.
E almeno dieci persone sono rimaste uccise negli scontri avvenuti, sempre durante la notte, nella città di Taiz tra i ribelli e le forze fedeli al presidente Abd Rabbo Mansour Hadi. Lo riferiscono fonti mediche e locali, secondo le quali altri
combattimenti si sono verificati nella città di
Dhalea. Dagli ultimi giorni di marzo, l’Arabia
Saudita ha condotto raid aerei contro i ribelli huthi e i suoi alleati, i militari rimasti fedeli all’ex
presidente, Ali Abdullah Saleh. L’obiettivo della
campagna aerea è di indebolire gli sciiti — che
avanzando dal nord, hanno conquistato buona
parte del Paese, compresa la capitale Sana’a — e
di riportare al potere l’ex presidente Hadi, costretto a rifugiarsi a Riad.
L’inviato dell’Onu per lo Yemen, Ismayl Ould
Ahmed, ha intanto chiesto ai Paesi alleati di rin-
Un miliardo di dollari
per la Mongolia
L’incontro tra il premier indiano e quello mongolo (Reuters)
ULAN-BATOR, 18. Il primo ministro
indiano, Narendra Modi, in Mongolia per la prima visita ufficiale in
assoluto di un capo di Governo di
New Delhi a Ulan Bator, ha firmato con il collega mongolo, Chimed
Saikhanbileg, un accordo di cooperazione strategica e offerto una linea di credito di un miliardo di
dollari per opere infrastrutturali. Lo
riferisce l’agenzia di stampa Ians.
Il premier mongolo, da parte
sua, ha accolto Modi come «il nostro terzo e spirituale vicino», intrattenendosi con lui in colloqui
conclusi con la firma di 12 accordi,
fra cui alcuni sui collegamenti aerei
e la sicurezza cibernetica. Riferendosi alla Mongolia, racchiusa fra
Cina e Russia, e alla linea di credito da un miliardo di dollari, Modi
ha dichiarato che «questo Paese è
parte integrante della politica indiana verso l’est. I destini di India e
Mongolia — ha concluso — sono
strettamente legati al futuro della
regione Asia-Pacifico». Modi, che
proveniva da Shanghai dove aveva
firmato intese economiche per 22
miliardi di dollari, successivamente
si è recato in missione a Seoul.
novare la tregua umanitaria per altri cinque giorni. La tregua, ha detto, «ha dato la possibilità di
portare aiuti alla popolazione, ma sono necessari
altri interventi». Secondo quanto riporta l’agenzia
di stampa mauritana Ani, il diplomatico ha invitato le parti in conflitto a protrarre il cessate-ilfuoco in attesa che il dialogo iniziato a Riad porti i suoi frutti.
Proprio ieri, infatti, nella capitale saudita si è
aperta la conferenza nazionale sul dialogo yemenita con la partecipazione di tutti i gruppi politici
del Paese, a eccezione dei ribelli huthi. L’incontro, presieduto dal capo di Stato in esilio Hadi, è
la prima riunione delle diverse fazioni politiche
dall’inizio del conflitto interno nel settembre del
2014. L’obiettivo dell’incontro è giungere a un accordo che ponga fine al conflitto, secondo quanto
riferito da Abdulaziz Jabari, capo della commissione incaricata di supervisionare i colloqui di
Riad.
I ribelli sciiti huthi e i miliziani fedeli all’ex
presidente Saleh avevano annunciato nei giorni
scorsi che non avrebbero preso parte all’incontro.
Tuttavia alcune figure politiche del partito di Saleh, il Congresso nazionale popolare, hanno ab-
Decine di miliziani
uccisi
nel Pakistan
ISLAMABAD, 18. Almeno venti terroristi sono stati uccisi ieri in una
vasta operazione delle forze di sicurezza nella zona di Kalat, parte
della turbolenta provincia del Baluchistan, nel sud-ovest del Pakistan. Lo riferiscono i media locali,
precisando che l’operazione, ancora in corso, è stata lanciata giovedì mattina e che sarebbero anche
stati sequestrati esplosivi e armi.
Cinque sospetti militanti jihadisti sono stati intanto uccisi ieri sera nell’attacco di un aereo drone
nel distretto tribale del Nord Waziristan, nel Pakistan nord-occidentale. Lo riferiscono fonti di sicurezza locali. Il raid è avvenuto
nell’area di Wara Mandi. Il velivolo ha sparato due missili che
hanno ucciso cinque persone e ferito altre due. Nel distretto, dove
sorgono le basi dei talebani e dei
militanti affiliati ad Al Qaeda, è
in corso dal giugno 2014 una massiccia offensiva dell’esercito pakistano che ha causato centinaia di
vittime tra i militanti.
Alla fine della scorsa settimana
l’esercito di Islamabad ha lanciato
un’operazione nel Nord Waziristan uccidendo almeno 17 talebani. Nuovi raid aerei sono stati effettuati anche nella valle di Shawal, una zona coperta da una
densa foresta dove si sono rifugiati gli insorti del gruppo Tehreek-etaliban Pakistan (Ttp). Non è stato possibile avere una conferma
del bilancio delle vittime da fonti
indipendenti, visto che il Nord
Waziristan è interdetto ai giornalisti, sia locali che stranieri.
Il Nord Waziristan è uno dei
sette distretti che godono di una
certa autonomia nel Pakistan, dove — anche per la sua posizione
strategica al confine con l’Afghanistan — sono attive però le milizie fondamentaliste.
bandonato lo schieramento nei giorni scorsi per
giurare fedeltà al Governo di Hadi. In un comunicato emesso sabato scorso, gli ex compagni di
Saleh lo hanno invitato a lasciare la guida del
partito, confermando la loro partecipazione ai
colloqui di Riad.
Lo Yemen è il più povero fra i Paesi arabi, al
152 posto nell’indice di sviluppo umano delle Nazioni Unite. Il recente conflitto ha aggravato le
sofferenze della popolazione civile. La tregua
umanitaria ha permesso negli ultimi cinque giorni
— nonostante le ripetute violazioni del cessate il
fuoco — di accelerare la distribuzione degli aiuti
umanitari. Una nave del Programma alimentare
mondiale (Pam) è riuscita ad attraccare nel porto
della città di Hodeida, sul Mar Rosso, per portare viveri alla popolazione.
È stata però una goccia nel mare delle necessità della popolazione civile colpita da una crisi
umanitaria etichettata dalle Nazioni Unite come
catastrofica.
Almeno 1.578 persone sono state uccise e altre
6.504 ferite dall’inizio del conflitto secondo uno
dei più recenti bilanci forniti dall’O rganizzazione
mondiale della sanità.
Tensione
in Cisgiordania
TEL AVIV, 18. Almeno cinque persone sono rimaste ferite ieri in scontri
tra militari israeliani e manifestanti
palestinesi nel nord della Cisgiordania, vicino a un posto di blocco a
sud di Nablus. Gli scontri sono
scoppiati dopo che la polizia è intervenuta per disperdere circa duecento manifestanti palestinesi che si
erano riuniti nell’area per commemorare la Nakba (letteralmente “catastrofe” in arabo, ovvero la nascita
dello Stato di Israele alla fine del
Mandato britannico nel 1948 e la
fuga dei palestinesi).
Circa ventiquattro ore prima
un’auto guidata da un palestinese a
Betlemme aveva travolto e ferito tre
ragazzi israeliani. Secondo il quotidiano «Jerusalem Post», negli ultimi giorni le autorità di pubblica sicurezza israeliane si sono attivate
per contrastare qualsiasi forma di
violenza, arginando i cortei organizzati nelle moschee in Israele e nei
territori palestinesi in occasione appunto della Nakba.
Nel frattempo, il ministero israeliano per le Costruzioni ha indetto
una gara d’appalto per la realizzazione di 85 nuove unità abitative
nell’insediamento di Givat Zeev, a
sud di Ramallah, in Cisgiordania.
Lo riporta l’ong Peace Now.
SEOUL, 18. «Più forti che mai».
Così il segretario di Stato americano, John Kerry, ha definito oggi le
relazioni tra Stati Uniti e Corea
del Sud, durante la sua visita a
Seoul. Il capo della diplomazia a
stelle e strisce ha ricordato — riferisce l’agenzia Yonhap — che non
ci sono differenze tra i due Paesi
«nell’atteggiamento di fronte alle
provocazioni della Corea del
Nord e al suo programma nucleare».
«Stiamo discutendo di come
aumentare la pressione» sulla Corea del Nord, ha detto Kerry
giunto nella capitale sudcoreana
dopo una visita a Pechino. Se il
regime di Pyongyang continuasse
nei suoi comportamenti minacciosi, ha aggiunto, sarebbe difficile
non deferirlo alla comunità internazionale.
La Corea del Nord è già soggetta a pesanti sanzioni dell’O nu,
sanzioni che secondo Kerry potrebbero essere inasprite. Il segretario di Stato americano ha sottolineato che Pyongyang non compie i passi necessari per limitare il
suo programma nucleare militare e
per iniziare colloqui. Washington,
ha tuttavia affermato il segretario
di Stato, continua a offrire alla
Corea del Nord la possibilità di
migliori relazioni a patto che mostri un’autentica volontà di interrompere il suo programma atomico.
«Fino a questo momento, e
specialmente con le recenti provocazioni — ha aggiunto — è chiaro
che il Partito democratico popolare della Repubblica di Corea non
si avvicina nemmeno a rispettare
questi standard ma continua a
perseguire armamenti nucleari e
missili balistici». Kerry, dopo aver
incontrato il ministro degli Esteri
sudcoreano, Yun Byung Se, è stato ricevuto dalla presidente, Park
Geun Hye.
La Corea del Nord ha recentemente sostenuto di aver testato un
missile balistico partito da un sottomarino, affermazione su cui alcuni esperti hanno sollevato dubbi. Il regime comunista di Pyongyang ha testato missili a più riprese nei mesi scorsi, ma sempre a
partire dalla terraferma.
Intanto, Pyongyang condanna
quelli che vengono definiti «attacchi alla dignità del Paese» attribuiti a una «guerra mediatica» in
atto a Seoul. La presa di posizione arriva dopo la diffusione di notizie circa l’esecuzione del ministro della Difesa del regime. A
parlarne è stato uno dei principali
siti nordcoreani che attacca i media sudcoreani per loro denunce
circa una presunta «politica di
purghe» e di «terrorismo politico»
in atto a Pyongyang.
Appello del Governo di Kathmandu alla comunità internazionale
Il Nepal chiede aiuto
KATHMANDU, 18. Il Governo del
Nepal ha rivolto ieri un nuovo appello alla comunità internazionale
chiedendo di fornire un’assistenza
finanziaria pari a 1,8 miliardi di
dollari per sostenere il processo di
ricostruzione del Paese devastato
dal sisma del 25 aprile.
Incontrando la stampa a Kathmandu, il premier nepalese Sushil Koirala si è rivolto alla comunità internazionale e alle agenzie
perché contribuiscano con nuovi
interventi al Fondo nazionale di
riabilitazione e di ricostruzione,
che conta attualmente soltanto sui
duecento milioni di dollari stanziati proprio dal Governo del Nepal. Stando agli ultimi bilanci ufficiali, il terremoto nel paese asiatico ha causato la morte di almeno
novemila persone e il ferimento di
altre ventimila.
Superstiti in un centro di raccolta (Afp)
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L’OSSERVATORE ROMANO
lunedì-martedì 18-19 maggio 2015
lunedì-martedì 18-19 maggio 2015
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Zenone
«Neve con suore»
Il dialogo del Papa con le consacrate e i consacrati della diocesi di Roma
Le nuvole, le mura, il mondo
Pubblichiamo la trascrizione integrale delle
risposte date da Papa Francesco alle
domande rivoltegli, sabato 16 maggio,
nell’Aula Paolo VI, durante l’incontro con i
consacrati e le consacrate della diocesi di
Roma.
La prima domanda è stata posta da suor
Fulvia Sieni, agostiniana del monastero dei
Santi Quattro Coronati: «I monasteri vivono
un delicato equilibrio tra nascondimento e visibilità, clausura e coinvolgimento nella vita
diocesana, silenzio orante e parola che annuncia. In che modo un monastero urbano può
arricchire e lasciarsi arricchire dalla vita spirituale della Diocesi e dalle altre forme di vita consacrata, mantenendosi saldo nelle sue
prerogative monastiche?»
Lei parla di un delicato equilibrio tra
nascondimento e visibilità. Io dirò di più:
una tensione fra nascondimento e visibilità.
La vocazione monastica è questa tensione,
tensione nel senso vitale, tensione di fedeltà. L’equilibrio si può intendere come «bilanciamo, tanto di qua, tanto di là...». Invece la tensione è la chiamata di Dio verso
la vita nascosta e la chiamata di Dio a farsi
visibili in un certo modo. Ma come deve
essere questa visibilità e come deve essere
questa vita nascosta? È questa tensione che
voi vivete nella vostra anima. È questa la
vostra vocazione: siete donne “in tensione”: in tensione fra questo atteggiamento
di cercare il Signore e nascondersi nel Signore, e questa chiamata a dare un segno.
Le mura del monastero non sono sufficienti per dare il segno. Ho ricevuto una lettera, 6-7 mesi fa, di una suora di clausura
che aveva incominciato a lavorare con i
poveri, nella portineria; e poi è uscita a lavorare fuori con i poveri; e poi è andata
avanti di più e di più, e alla fine ha detto:
«La mia clausura è il mondo». Io le ho risposto: «Dimmi, cara, tu hai la grata portatile?». Questo è uno sbaglio.
Un altro sbaglio è di non voler sentire
niente, vedere niente. «Padre, le notizie
possono entrare in monastero?». Devono!
Ma non le notizie — diciamo — dei media
“chiacchieroni”; le notizie di che cosa succede nel mondo, le notizie — per esempio
— delle guerre, delle malattie, di quanto
soffre la gente. Per questo una delle cose
che mai, mai dovete lasciare è un tempo
per ascoltare la gente! Anche nelle ore di
contemplazione, di silenzio... Alcuni mo-
nasteri hanno la segreteria telefonica e la
gente chiama, chiede preghiera per questo,
per quest’altro: questo collegamento con il
mondo è importante! In alcuni monasteri
si vede il telegiornale; non so, questo è discernimento di ogni monastero, secondo la
regola. In altri arriva il giornale, si legge;
in altri si fa questo collegamento in un’altra maniera. Ma sempre è importante il
collegamento col mondo: sapere che cosa
succede. Perché la vostra vocazione non è
un rifugio; è andare proprio in campo di
battaglia, è lotta, è bussare al cuore del Signore per quella città. È come Mosè che
teneva le mani in alto, pregando, mentre il
popolo combatteva (cfr. Es 17, 8-13).
Tante grazie vengono dal Signore in
questa tensione tra la vita nascosta, la preghiera e il sentire le notizie della gente. In
questo la prudenza, il discernimento, vi farà capire quanto tempo va a una cosa,
quanto tempo all’altra. Ci sono anche monasteri che si occupano mezz’ora al giorno,
un’ora al giorno di dare da mangiare a coloro che vengono a chiederlo; e questo non
va contro il nascondimento in Dio. È un
servizio; è un sorriso. Il sorriso delle monache apre il cuore! Il sorriso delle monache sfama più del pane quelli che vengono! Questa settimana tocca a te dare da
mangiare quella mezz’ora ai poveri che
chiedono anche un panino. Chi questo, chi
l’altro: questa settimana tocca a te sorridere a bisognosi! Non dimenticate questo. A
una suora che non sa sorridere manca
qualcosa.
Nel monastero ci sono problemi, lotte —
come in ogni famiglia — piccole lotte,
qualche gelosia, questo, quest’altro... E
questo ci fa capire quanto soffre la gente
nelle famiglie, le lotte nelle famiglie; quando litigano marito e moglie e quando ci
sono le gelosie; quando si separano le famiglie... Quando anche voi avete questo tipo di prova — sempre ci sono queste cose
—, sentire che quella non è la strada e offrire al Signore, cercando una strada di pace, dentro il monastero, perché il Signore
faccia la pace nelle famiglie, fra la gente.
«Ma mi dica, Padre, noi leggiamo spesso che nel mondo, nella città, c’è la corruzione; anche nei monasteri ci può essere la
corruzione?». Sì, quando si perde la memoria. Quando si perde la memoria! La
memoria della vocazione, del primo incontro con Dio, del carisma che ha fondato il
monastero. Quando si perde questa memoria e l’anima comincia ad essere mondana,
pensa cose mondane e si perde quello zelo
della preghiera di intercessione per la gente. Tu hai detto una parola bella, bella,
bella: «Il monastero è presente nella città,
Dio è nella città e noi sentiamo i rumori
della città». Quei rumori, che sono rumori
di vita, rumori dei problemi, rumori di tanta gente che va a lavorare, che torna dal lavoro, che pensa queste cose, che ama...;
tutti questi rumori vi devono spingere a
lottare con Dio, con quel coraggio che
aveva Mosè. Ricordati di quando Mosè era
triste perché il popolo andava per una
strada sbagliata. Il Signore
ha perso la pazienza e ha
detto a Mosè: «Io distruggerò questo popolo! Ma tu stai
tranquillo, ti metterò a capo
di un altro popolo». Cosa ha
detto Mosè? Cosa ha detto?
«No! Se tu distruggi questo
popolo, distruggi anche me!»
(cfr. Es 32, 9-14). Questo legame con il tuo popolo è la
città. Dire al Signore: «Questa è la mia città, è il mio popolo. Sono i miei fratelli e le
mie sorelle». Questo vuol dire dare la vita per il popolo.
Questo delicato equilibrio,
questa delicata tensione significa tutto questo.
Non so come fate voi Agostiniane dei Santi Quattro:
c’è la possibilità di ricevere
persone
nel
parlatorio...
Quante grate avete? Quattro
o cinque? O non c’è più la
grata... È vero che si può scivolare in alcune imprudenze,
dare tanto tempo per parlare
— santa Teresa dice tante cose su questo — ma vedere la vostra gioia,
vedere la promessa della preghiera, dell’intercessione, alla gente fa tanto bene! E voi,
dopo una mezzoretta di chiacchiera, tornate al Signore. Questo è molto importante,
molto importante! Perché la clausura ha
sempre bisogno di questo collegamento
umano. Questo è molto importante.
La domanda finale è: come un monastero può arricchire e lasciarsi arricchire dalla
vita spirituale della diocesi e dalle altre
forme di vita consacrata, mantenendosi saldo nelle sue prerogative monastiche? Sì, la
diocesi: pregare per il vescovo, per i vescovi ausiliari e per i sacerdoti. Ci sono bravi
confessori dappertutto! Alcuni non tanto
bravi.... Ma ce ne sono di bravi! Io so di
sacerdoti che vanno nei monasteri a sentire
cosa dice una monaca, e fate tanto bene ai
sacerdoti. Pregate per i sacerdoti. In questo delicato equilibrio, in questa delicata
tensione c’è anche la preghiera per i sacerdoti. Pensate a santa Teresa di Gesù Bambino... Pregare per i sacerdoti, ma anche
ascoltare i sacerdoti, ascoltarli quando vengono, in quei minuti del parlatorio. Ascoltare. Io conosco tanti, tanti sacerdoti che —
permettetemi la parola — si sfogano parlando con una monaca di clausura. E poi
il sorriso, la parolina e la sicurezza della
preghiera della suora li rinnova e tornano
in parrocchia felici. Non so se ho risposto...
La seconda domanda è stata posta da
Iwona Langa, dell’Ordo virginum, Casa-famiglia Ain Karim: «Il matrimonio e la verginità cristiana sono due modi per realizzare la
vocazione all’amore. Fedeltà, perseveranza,
unità del cuore, sono impegni e sfide sia per
gli sposi cristiani sia per noi consacrati: come
illuminare la strada gli uni degli altri, gli uni
per gli altri, e camminare insieme verso il Regno?»
Come la prima suora, Suor Fulvia Sieni,
era — diciamo — “in carcere”, quest’altra
suora è... “sulla strada”. Tutt’e due portano
la parola di Dio alla città. Lei faceva una
bella domanda: «L’amore nel matrimonio
e l’amore nella vita consacrata è lo stesso
amore?». Ha quelle qualità di perseveranza, di fedeltà, di unità, di cuore? Ci sono
impegni e sfide? Per questo le consacrate
si dicono spose del Signore. Sposano il Signore. Io avevo uno zio la cui figlia si è
fatta suora e diceva: «Adesso io sono suocero del Signore! Mia figlia ha sposato il
Signore». C’è nella consacrazione femminile una dimensione sponsale. Nella consacrazione maschile, pure: del vescovo si dice
che è “sposo della Chiesa”, perché è al posto di Gesù, sposo della Chiesa. Ma questa
dimensione femminile — vado un po’ fuori
dalla domanda, per tornarvi — nelle donne
è molto importante. Le suore sono l’icona
della Chiesa e della Madonna. Non dimenticare che la Chiesa è femminile: non è
il Chiesa, è la Chiesa. E per questo la
Chiesa è sposa di Gesù. Tante volte dimentichiamo questo; e dimentichiamo questo amore materno della suora, perché materno è l’amore della Chiesa; questo amore
materno della suora, perché materno è
l’amore della Madonna. La fedeltà,
l’espressione dell’amore della donna consacrata, deve — ma non come un dovere, ma
per connaturalità — rispecchiare la fedeltà,
l’amore, la tenerezza della Madre Chiesa e
della Madre Maria. Una donna che non
entra, per consacrarsi, su questa strada, alla fine sbaglia. La maternità della donna
consacrata! Pensare tanto a questo. Come
è materna Maria e come è materna la
Chiesa.
E tu domandavi: come illuminare la
strada gli uni degli altri, gli uni per gli altri, e camminare verso il Regno? L’amore
di Maria e l’amore della Chiesa è un amore concreto! La concretezza è la qualità di
questa maternità delle donne, delle suore.
Amore concreto. Quando una suora incomincia con le idee, troppe idee, troppe
idee... Ma cosa faceva santa Teresa? Quale
consiglio dava santa Teresa, la grande, alla
superiora? «Dalle una bistecca e poi parliamo». Farla scendere alla realtà. La concretezza. E la concretezza dell’amore è
molto difficile. È molto difficile! E di più
quando si vive in comunità, perché i problemi della comunità tutti li conosciamo:
le gelosie, le chiacchiere; che questa superiora è questo, che l’altra è quello... Queste
cose sono cose concrete, ma non buone!
La concretezza della bontà, dell’amore, che
perdona tutto! Se deve dire una verità, la
dice in faccia, ma con amore; prega prima
di fare un rimprovero e poi chiede al Signore che vada avanti con la correzione. È
l’amore concreto! Una suora non può permettersi un amore sulle nuvole; no, l’amore è concreto.
E com’è la concretezza della donna consacrata? Com’è? Tu puoi trovarla in due
brani del Vangelo. Nelle Beatitudini: ti dicono che cosa tu devi fare. Gesù, il programma di Gesù, è concreto. Tante volte
io penso che le Beatitudini sono la prima
Enciclica della Chiesa. È vero, perché tutto
il programma è lì. E poi la concretezza la
trovi nel protocollo sul quale tutti noi saremo giudicati: Matteo 25. La concretezza
della donna consacrata è lì. Con questi
due brani tu puoi vivere tutta la vita consacrata; con queste due regole, con queste
due cose concrete, facendo queste cose
concrete. E facendo queste cose concrete
tu puoi arrivare anche ad un grado, ad
un’altezza di santità e di preghiera molto
grande. Ma ci vuole concretezza: l’amore è
concreto! E il vostro amore di donne è un
amore materno concreto. Una mamma mai
sparla dei figli. Ma se tu sei suora, in convento o in comunità laicale, tu hai questa
consacrazione materna e non ti è lecito
sparlare delle altre suore! No. Sempre scu-
Mutuae relationes
Durante l’udienza Francesco ha citato il documento Mutuae relationes firmato il 14 maggio 1978. Ne pubblichiamo l’introduzione.
I vicendevoli rapporti tra i vari membri del popolo di Dio hanno oggi suscitato una
particolare attenzione. La dottrina conciliare, infatti, sul mistero della Chiesa e i progressivi mutamenti culturali hanno sospinto a tal punto di maturazione le attuali condizioni da far emergere problemi del tutto nuovi, dei quali non pochi sono indubbiamente risultati positivi, anche se delicati e complessi. Or appunto nel quadro di questi
problemi vanno poste le relazioni scambievoli tra i vescovi e i religiosi, le quali destano speciali sollecitudini. Non v’è dubbio, infatti, che si rimanga colti da suggestivo
stupore, se solo si pensa al fatto — la cui portata merita davvero particolare approfondimento — che le religiose in tutto il mondo sono più di un milione, ossia una suora
per ogni 250 donne cattoliche, e i religiosi circa 270.000, tra i quali i sacerdoti costituiscono complessivamente il 35,6 per cento di tutti i sacerdoti della Chiesa e in alcune regioni arrivano ad essere più della metà del loro insieme, come, ad esempio, nelle
terre africane e in alcune parti dell'America latina.
Le due sacre Congregazioni, per i vescovi e per i religiosi e gli istituti secolari, nel
decimo anno della promulgazione dei decreti Christus Dominus e Perfectae caritatis (28
ottobre 1965) hanno celebrato un’assemblea plenaria mista (16-18 ottobre 1975) con la
consultazione e collaborazione delle conferenze nazionali dei vescovi, delle unioni nazionali dei religiosi, nonché delle unioni internazionali dei superiori e delle superiore
generali. In tale assemblea plenaria furono affrontate, come temi principali, le seguenti questioni: a) che cosa i vescovi si aspettano dai religiosi; b) che cosa i religiosi dai
vescovi; c) con quali mezzi si possa praticamente ottenere un’ordinata e feconda azione tra i vescovi e i religiosi sia sul piano diocesano sia sul piano nazionale e internazionale.
Inoltre, fissati i criteri generali ed effettuate varie aggiunte al testo delle proposte
presentato ai padri, l’assemblea plenaria deliberò che si elaborasse un documento, nel
quale venissero indicati degli orientamenti pastorali.
Pubblichiamo ora questo documento, redatto anche con il contributo delle sacre
Congregazioni per le Chiese orientali e per l’evangelizzazione dei popoli.
L’argomento trattato è circoscritto in limiti ben determinati: in esso infatti si discute
sul tema riguardante i rapporti tra i vescovi e i religiosi di qualsiasi rito e territorio,
con l’intento soprattutto di contribuire ad agevolarne l’espletamento pratico. Oggetto
di diretta discussione sono quelle relazioni, che opportunamente devono sussistere fra
gli ordinari locali, gli istituti religiosi e le società di vita comune; non si fa pertanto riferimento diretto agli istituti secolari, se non per quanto concerne i principi generali
della vita consacrata (cfr. PC 11) e il loro inserimento nelle Chiese particolari (cfr. CD
33).
Il testo comprende due parti: una dottrinale, l’altra normativa; e l’intento è quello
di tracciare una linea direttiva, per una migliore e sempre più efficiente applicazione
dei principi rinnovatori indicati dal concilio ecumenico Vaticano II.
sarle, sempre! È bello quel passo dell’autobiografia di santa Teresa di Gesù Bambino, quando trovava quella suora che la
odiava. Cosa faceva? Sorrideva e andava
avanti. Un sorriso di amore. E cosa faceva
quando doveva accompagnare quella suora
che era sempre scontenta, perché zoppicava da tutte e due le gambe e poverina era
ammalata: cosa faceva? Faceva il meglio!
La portava bene e poi le tagliava anche il
pane, le faceva qualcosa di più. Ma mai la
critica di nascosto! Quello distrugge la maternità. Una mamma che critica, che sparla
dei suoi figli non è madre! Credo che si
dica “matrigna” in italiano... Non è madre.
Io ti dirò questo: l’amore — e tu vedi che è
anche coniugale, è la stessa figura, la figura della maternità nella Chiesa — è la concretezza. La concretezza. Io vi raccomando
di fare questo esercizio: leggere spesso le
Beatitudini, e leggere spesso Matteo 25, il
protocollo del Giudizio. Questo fa tanto
bene per la concretezza del Vangelo. Non
so, finiamo qui?
La terza domanda è stata posta da padre
Gaetano Saracino, missionario scalabriniano,
parroco del SS. Redentore: «Come mettere in
comune e far fruttificare i doni di cui sono
portatori i diversi carismi in questa Chiesa
locale così ricca di talenti? Spesso è difficile
anche solo la comunicazione dei diversi percorsi, siamo incapaci di mettere insieme le forze
tra congregazioni, parrocchie, altri organismi
pastorali, associazioni e movimenti laicali,
quasi vi fosse concorrenzialità invece che servizio condiviso. A volte, poi, noi consacrati ci
sentiamo come “tappabuchi”. Come “camminare insieme”?»
Io sono stato in quella parrocchia e conosco cosa fa questo prete rivoluzionario:
lavora bene! Lavora bene! Tu hai cominciato a parlare della festa. È una delle cose
che noi cristiani dimentichiamo: la festa.
Ma la festa è una categoria teologica, c’è
anche nella Bibbia. Quando tornate a casa,
prendete Deuteronomio 26. Lì Mosè, a nome del Signore, dice cosa devono fare i
contadini ogni anno: portare i primi frutti
del raccolto al tempio. Dice così: «Tu vai
al tempio, porta il cesto con i primi frutti
per offrirli al Signore come ringraziamento». E poi? Primo, fa’ memoria. E gli fa
recitare un piccolo credo: «Mio padre era
un arameo errante, Dio lo ha chiamato;
siamo stati schiavi in Egitto, ma il Signore
ci ha liberato e ci ha dato questa terra... »
(cfr. Dt 26, 5-9). Primo, la memoria. Secondo, dai il cesto all’incaricato. Terzo,
ringrazia il Signore. E quarto, torna a casa
e fai festa. Fai festa e invita quelli che non
hanno famiglia, invita gli schiavi, quelli
che non sono liberi, anche il vicino invita
alla festa... La festa è una categoria teologica della vita. E non si può vivere la vita
consacrata senza questa dimensione festosa. Si fa festa. Ma fare festa non è lo stesso
di fare chiasso, rumore... Fare festa è quello che c’è in quel brano che ho citato. Ricordatevi: Deuteronomio 26. C’è il fine di
una preghiera: è la gioia di ricordare tutto
quello che il Signore ha fatto per noi; tutto quello che mi ha dato; anche quel frutto
per il quale io ho lavorato e faccio festa.
Nelle comunità, anche nelle parrocchie come nel caso tuo, dove non si fa festa —
quando capita di farla — manca qualcosa!
Sono troppo rigidi: «Ci farà bene alla disciplina». Tutto ordinato: i bambini fanno
la Comunione, bellissima, si insegna un
bel catechismo... Ma manca qualcosa:
manca chiasso, manca rumore, manca festa! Manca il cuore festoso di una comunità. La festa. Alcuni scrittori spirituali dicono che anche l’Eucaristia, la celebrazione
dell’Eucaristia è una festa: sì, ha una dimensione festosa nel commemorare la morte e la risurrezione del Signore. Questo io
non ho voluto lasciarlo perdere, perché
non era proprio nella tua domanda, ma
nella tua riflessioni interiore.
E poi tu parli della concorrenzialità fra
questa parrocchia e quella, questa congregazione e quella... Una delle cose più difficili per un vescovo è fare l’armonia nella
diocesi! E tu dici: «Ma i religiosi per il vescovo sono tappabuchi?». Alcune volte
può darsi... Ma io ti faccio un’altra domanda: Quando faranno vescovo te, per
esempio — mettiti al posto del vescovo —
hai una parrocchia, con un bravo parroco
religioso; tre anni dopo viene il provinciale
e ti dice: «Questo lo cambio e te ne mando un altro». Anche i vescovi soffrono per
questo atteggiamento. Tante volte — non
sempre, perché ci sono religiosi che entrano in dialogo con il vescovo — noi dobbiamo fare la nostra parte. «Abbiamo avuto
un capitolo e il capitolo ha deciso questo...». Tante religiose e religiosi passano
la vita se non in capitoli, in versetti... Ma
sempre la passano così! Io prendo la libertà di parlare così, perché sono vescovo e
sono religioso. E capisco ambedue le parti,
e capisco i problemi. È vero: l’unità fra i
diversi carismi, l’unità del presbiterio,
l’unità col vescovo... E questo non è facile
trovarlo: ognuno tira per il suo interesse,
non dico sempre, ma c’è questa tendenza,
è umana... E c’è un po’ di peccato dietro,
ma è così. È così. Per questo la Chiesa, in
questo momento, sta pensando di offrire
un vecchio documento, di ripristinarlo,
sulle relazioni tra il religioso e il vescovo.
Il Sinodo del 1994 aveva chiesto di riformarlo, il Mutuae relationes (14 maggio
1978). Sono passati tanti anni e non è stato
fatto. Non è facile il rapporto dei religiosi
con il vescovo, con la diocesi o con i sacerdoti non religiosi. Ma bisogna impegnarsi
per il lavoro comune. Nelle prefetture, come si lavora sul piano pastorale in questo
quartiere, in questo tutti insieme? Così si
fa la Chiesa. Il vescovo non deve usare i
religiosi come tappabuchi, ma i religiosi
non devono usare il vescovo come fosse il
padrone di una ditta che dà un lavoro.
Non so... Ma la festa, voglio tornare alla
cosa principale: quando c’è comunità, senza interessi propri, sempre c’è spirito di festa. Io ho visto la tua parrocchia ed è vero.
Tu sai farlo! Grazie.
La quarta domanda è stata posta da padre Gaetano Greco, terziario cappuccino
dell’Addolorata, cappellano del carcere minorile di Casal del Marmo: «La vita consacrata
è un dono di Dio alla Chiesa, un dono di
Dio al suo Popolo. Non sempre però questo
dono è apprezzato e valorizzato nella sua
identità e nella sua specificità. Spesso le comunità, soprattutto femminili, nella nostra
Chiesa locale hanno difficoltà a trovare seri
accompagnatori e accompagnatrici, formatori,
direttori spirituali, confessori. Come riscoprire questa ricchezza? La vita consacrata per l’80 per cento ha un volto
femminile. Com’è possibile valorizzare
la presenza della donna e in particolare della donna consacrata nella
Chiesa?»
Padre Gaetano nella sua riflessione, mentre raccontava la sua
storia, ha parlato di quella “sostituzione di 2-3 settimane” che doveva fare al carcere minorile.
È lì da 45 anni, credo. Lo
ha fatto per obbedienza.
«Il tuo posto è lì», gli
ha detto il superiore. E a
malincuore gli obbedì.
Poi ha visto che quell’atto di obbedienza, quello
che gli aveva chiesto il
superiore, era volontà di
Dio. Mi permetto, prima
di rispondere alla domanda, di dire una
parola sull’obbedienza.
Quando Paolo vuole dir-
ci il mistero di Gesù Cristo usa questa parola; quando vuol dire come è stata la fecondità di Gesù Cristo, usa questa parola:
«Si è fatto obbediente fino alla morte e
morte di croce» (cfr. Fil 2, 8). Umiliò se
stesso. Obbedì. Il mistero di Cristo è un
mistero di obbedienza, e l’obbedienza è feconda. È vero che come ogni virtù, come
ogni luogo teologico, può essere tentata di
diventare un atteggiamento disciplinare.
Ma l’obbedienza nella vita consacrata è un
mistero. E così come ho detto che la donna consacrata è l’icona di Maria e della
Chiesa, possiamo dire che l’obbedienza è
l’icona della strada di Gesù. Quando Gesù
si è incarnato per obbedienza, si è fatto
uomo per obbedienza, fino alla croce e alla
morte. Il mistero dell’obbedienza non si
capisce se non alla luce di questa strada
di Gesù. Il mistero dell’obbedienza è
un assomigliare a Gesù nel cammino
che Lui ha voluto fare. E i frutti si ve-
Ivan Kramskoy, «La preghiera di Mosè» (1861)
dono. E ringrazio padre Gaetano per la
sua testimonianza su questo punto, perché
si dicono molte parole sull’obbedienza — il
dialogo previo, sì tutte queste cose sono
buone, non sono cattive — ma che cos’è
l’obbedienza? Andate alla Lettera di Paolo
ai Filippesi, capitolo 2: è il mistero di Gesù. Soltanto lì possiamo capire l’obbedienza. Non ai capitoli generali o provinciali: lì
si potrà approfondire, ma capirla, soltanto
nel mistero di Gesù.
Adesso passiamo alla domanda: la vita
consacrata è un dono, un dono di Dio alla
Chiesa. È vero. È un dono di Dio. Voi
parlate della profezia: è un dono di profezia. È Dio presente, Dio che vuole farsi
presente con un dono: sceglie uomini e
donne, ma è un dono, un dono gratuito.
Anche la vocazione è un dono, non è
un arruolamento di gente che vuole
fare quella strada. No, è il dono al
cuore di una persona; il dono ad una
congregazione; e anche quella congregazione è un dono. Non sempre, però,
questo dono è apprezzato e valorizzato
nella sua identità e nella sua specificità.
Questo è vero. C’è la tentazione di omologare i consacrati, come se fossero tutti
la stessa cosa. Nel Vaticano II c’era stata
una proposta del genere, di omologare i
consacrati. No, è un dono con una identità particolare, che viene tramite il dono
carismatico che Dio fa a un uomo o a
una donna per formare una famiglia
religiosa.
E poi un problema: il
problema di come si accompagnano i religiosi.
Spesso le comunità, soprattutto femminili, nella
nostra Chiesa locale hanno difficoltà a trovare seri
accompagnatori e accompagnatrici, formatori, padri spirituali e confessori.
O perché non capiscono
cosa sia la vita consacrata, o perché vogliono
mettersi nel carisma e dare interpretazioni che fanno male al cuore della
suora... Stiamo parlando
delle suore che hanno
difficoltà, ma anche gli
uomini ne hanno. E non
è facile accompagnare.
Non è facile trovare un
confessore, un padre spirituale. Non è facile trovare un uomo con rettitudine di intenzioni; e che
quella direzione spirituale, quella confessione non
sia una bella chiacchera
fra amici ma senza profondità; o trovare quelli
rigidi, che non capiscono bene dove sia il
problema, perché non capiscono la vita religiosa... Io, nell’altra diocesi che avevo,
sempre consigliavo alle suore che venivano
a chiedere consiglio: «Dimmi, nella tua comunità o nella tua congregazione, non c’è
una suora saggia, una suora che viva il carisma bene, una buona suora di esperienza? Fai la direzione spirituale con lei!» —
«Ma è donna!» — «Ma è un carisma dei
laici!». La direzione spirituale non è un carisma esclusivo dei presbiteri: è un carisma
dei laici! Nel monachesimo primitivo i laici
erano i grandi direttori. Adesso sto leggendo la dottrina, proprio sull’obbedienza, di
san Silvano, quel monaco del Monte
Athos. Era un falegname, faceva il falegname, poi l’economo, ma non era neppure
diacono; era un grande direttore spirituale!
È un carisma dei laici. E i superiori, quando vedono che un uomo o una donna in
quella congregazione o quella provincia ha
quel carisma di padre spirituale, si deve
cercare di aiutare a formarsi, per fare questo servizio. Non è facile. Una cosa è il direttore spirituale e un’altra cosa è il confessore. Dal confessore io vado, dico i miei
peccati, sento la bastonata; poi mi perdona
tutto e vado avanti. Ma al direttore spirituale devo dire cosa succede nel mio cuore. L’esame di coscienza non è lo stesso
per la confessione e per la direzione spirituale. Per la confessione, devi cercare dove
hai mancato, se hai perso la pazienza; se
hai avuto cupidigia: queste cose, cose concrete, che sono peccaminose. Ma per la direzione spirituale devi fare un esame su cosa è successo nel cuore; quale mozione dello spirito, se ho avuto desolazione, se ho
avuto consolazione, se sono stanco, perché
sono triste: queste sono le cose di cui parlare con il direttore o la direttrice spirituale. Queste sono le cose. I superiori hanno
la responsabilità di cercare chi in comunità, in congregazione, in provincia ha questo carisma, dare questa missione e formarli, aiutarli in questo. Accompagnare sulla
strada è andare passo passo col fratello o
con la sorella consacrata. Credo che in
questo noi ancora siamo immaturi. Non
siamo maturati in questo, perché la direzione spirituale viene dal discernimento.
Ma quando tu ti trovi davanti a uomini e
donne consacrate che non sanno discernere
che cosa succede nel proprio cuore, che
non sanno discernere una decisione, è una
mancanza di direzione spirituale. E questo
soltanto un uomo saggio, una donna saggia può farlo. Ma anche formati! Oggi
non si può andare soltanto con la buona
volontà: oggi è molto complesso il mondo
e anche le scienze umane ci aiutano, senza
cadere nello psicologismo, ma ci aiutano a
vedere il cammino. Formarli con la lettura
dei grandi, dei grandi direttori e direttrici
spirituali, soprattutto del monachesimo.
Non so se voi avete contatto con le opere
del monachesimo primitivo: quanta saggezza di direzione spirituale c’era lì! È importante formarli con questo. Come riscoprire questa ricchezza? La vita consacrata
per l’80 per cento ha un volto femminile: è
vero, sono più donne consacrate che uomini. Come è possibile valorizzare la presenza della donna, e in particolare della donna consacrata, nella Chiesa? Mi ripeto un
po’ in quello che sto per dire: dare alla
donna consacrata anche questa funzione
che molti credono sia soltanto dei preti; e
anche dare concretezza al fatto che la donna consacrata sia il volto della Madre
Chiesa e della Madre Maria, e cioè andare
avanti sulla maternità, e maternità non è
soltanto fare figli! La maternità è accompagnare a crescere; la maternità è passare le
ore accanto ad un malato, al figlio malato,
al fratello malato; è spendere la vita
nell’amore, con quell’amore di tenerezza e
di maternità. Su questa strada troveremo
di più il ruolo della donna nella Chiesa.
Padre Gaetano ha toccato vari temi, per
questo mi è difficile rispondere... Ma
quando mi dicono: «No! Nella Chiesa le
donne devono essere capi dicastero, per
esempio!». Sì, possono, in alcuni dicasteri
possono; ma questo che tu chiedi è un
semplice funzionalismo. Quello non è riscoprire il ruolo della donna nella Chiesa.
È più profondo e va su questa strada. Sì,
che faccia queste cose, che vengano promosse — adesso a Roma ne abbiamo una
che è rettore di una università, e ben venga! —; ma questo non è il trionfo. No, no.
Questa è una grande cosa, è una cosa funzionale; ma l’essenziale del ruolo della
donna va — lo dirò in termini non teologici — nel fare in modo che lei esprima il genio femminile. Quando noi trattiamo un
problema fra uomini arriviamo ad una
conclusione, ma se trattiamo lo stesso problema con le donne, la conclusione sarà
diversa. Andrà sulla stessa strada, ma più
ricca, più forte, più intuitiva. Per questo la
donna nella Chiesa deve avere questo ruolo; si deve esplicitare, aiutare ad esplicitare
in tante maniere il genio femminile.
Credo che con questo ho risposto come
ho potuto alle domande e alla tua. E a
proposito di genio femminile, io ho parlato di sorriso, ho parlato di pazienza nella
vita della comunità, e vorrei dire una parola a questa suora che ho salutato di 97 anni: ha 97 anni... È lì, la vedo bene. Alzi la
mano, perché tutti la vedano... Io ho
scambiato con lei due o tre parole, mi
guardava con gli occhi limpidi, mi guardava con quel sorriso di sorella, di mamma e
di nonna. In lei voglio rendere omaggio
alla perseveranza nella vita consacrata. Alcuni credono che la vita consacrata sia il
paradiso in terra. No! Forse il Purgatorio...
Ma non il Paradiso. Non è facile andare
avanti. E quando io vedo una persona che
ha speso la sua vita, rendo grazie al Signore. Attraverso Lei, suora, ringrazio tutte, e
tutti i consacrati, grazie tante!
Da settantacinque anni gli orionini al servizio della Santa Sede
Il 31 gennaio 1940, alla vigilia della sua morte (12 marzo
1940), don Orione in una “buona notte” data ai suoi figli nella cappella del Paterno in Tortona, diceva: «Oggi
don Sterpi è andato a Roma a presentare in Vaticano i
vostri cinque fratelli che domani prenderanno possesso
del loro ufficio. Ci troviamo alla vigilia di uno di quegli
avvenimenti che ci devono legare sempre più nel servizio
e nella dedizione totale di noi stessi alla santa Chiesa e
al suo capo visibile, il Papa. Certo è stato un grande
conforto per me! Quando l’ho saputo, ho detto tra me:
ecco ora posso dire il Nunc dimittis, perché è venuto il
giorno in cui i Figli della Divina Provvidenza sono chiamati a prestare un atto di immensa fedeltà, di amore, di
servizio, di attaccamento al vicario di Cristo». Prestare
un atto di fedeltà, di amore, di attaccamento al vicario
di Cristo, ecco la prospettiva con cui don Orione accettò
il servizio in Vaticano per i suoi figli.
Per capire meglio i sentimenti di gioia e di “conforto”
di don Orione è necessario ricordare che ai suoi sacerdoti era stata affidata, dal 1° maggio 1904, la cura della
chiesa di Sant’Anna in Vaticano, dove don Orione stesso
aveva più volte vissuto per brevi periodi, e dove, tra l’altro, erano stati alloggiati come prima sosta, anche orfani
del terremoto della Marsica, del quale occorre quest’anno il centenario. Con i Patti lateranensi del 1929
Sant’Anna diventava parrocchia ed era affidata ai padri
agostiniani, che da secoli erano “parroci” del Vaticano.
Agli orionini fu data un’altra chiesa, San Giacomo a
piazza Scossacavalli, antistante piazza San Pietro. Purtroppo questa chiesa fu demolita, insieme ad altri edifici,
nel 1936, per fare posto alla nuova, ampia via della Conciliazione. Per don Orione, quindi, l’offerta del servizio
al Centralino vaticano era una vera benedizione celeste,
e aggiungeva: «Chi sta al centralino sa tutto quello che
passa fuori e dentro, sa tutto quello che viene detto in
Vaticano. È un ufficio delicatissimo, delicatissimo! Io
non so come si sia pensato ai poveri Figli della Divina
Provvidenza. Io penso che non sia stata estranea l’opera
del Signore, che il Signore abbia voluto dare a me e a
voi questo segno di fiducia del Papa».
I telefonisti del Papa
Dal cielo, don Orione, si sarà rallegrato dell’apprezzamento manifestato dai vari Papi sul lavoro svolto dai
suoi religiosi all’ombra del cupolone. Così, ad esempio,
si esprimeva Pio XII il 16 gennaio 1957, nell’Aula delle
Benedizioni, rivolto ai religiosi orionini addetti ai telefoni e alle poste: «Vada a voi la nostra benedizione specialissima e sia segno dei sentimenti di riconoscenza che
Cronaca
di un addio
In occasione del settantacinquesimo anniversario
della presenza degli orionini in Vaticano, il
cardinale segretario di Stato Pietro Parolin celebra
una messa nella chiesa di Sant’Anna martedì 19
maggio alle 13. L’anniversario coincide con quello
della morte del fondatore della congregazione dei
Figli della divina provvidenza, più noti con il
nome di orionini. E proprio alla «Cronaca
dell’addio a don Orione» è interamente dedicato il
primo numero dell’anno del quaderno di storia e
spiritualità «Messaggi di Don Orione», diretto da
don Flavio Peloso. Attraverso ricordi, appunti e
diari di molti testimoni — spiega nell’introduzione
il direttore generale della congregazione —
vengono ricostruiti i giorni che vanno dalla prima
grave crisi cardiaca che il futuro santo soffrì, il 23
settembre 1939, fino alla morte, il 12 marzo 1940, e
al giorno della sepoltura, il 19 marzo.
abbiamo verso di voi che attendete a servizi così importanti, così delicati, con tanta fedeltà, con tanta assiduità,
con tanto fervore. Vi benedica dunque il Signore come
Noi vi benediciamo; e benediciamo anche tutta la vostra
benemerita congregazione».
Settantacinque anni di presenza in Vaticano. È doveroso richiamare alcuni nomi, dati e avvenimenti significativi di tale periodo.
Il 1° febbraio 1940 i primi cinque religiosi (Felice Bortignon, Giuseppe Contoli, Giovanni Dalla Libera, Raffaele Mattei, Francesco Scarsoglio), scelti da don Orione, furono presentati da don Sterpi in Vaticano: erano
tutti chierici studenti di teologia. Il loro posto di lavoro
fu il Centralino telefonico vaticano: furono i primi telefonisti del Vaticano. Si erano “addestrati” al lavoro quasi
di nascosto, recandosi, la sera, presso il centralino telefonico di Tortona.
Sei mesi dopo l’arrivo dei religiosi, il 24 ottobre 1940,
il Governatorato della Città del Vaticano, organo preposto ai servizi del piccolo Stato, offre alla congregazione
di don Orione la “sovraintendenza “ delle poste e dei telegrafi. Don Sterpi presenta a capo di questo nuovo servizio il sacerdote don Adriano Calegari, il quale riceve il
suo incarico con la qualifica di ispettore.
Tutti i religiosi, i primi anni, dal 1940 al 1943, hanno
la propria residenza fuori del Vaticano, presso la casa
orionina di via delle Sette Sale in Roma. Solo nel 1943,
a motivo del coprifuoco di guerra, essi vengono ospitati
nella Città del Vaticano, dapprima in alcune stanze della
casa degli agostiniani presso la chiesa di Sant’Anna, poi,
dal 1963 a oggi, nel Palazzo del Belvedere.
Il 15 aprile 1946 il visitatore apostolico dell’O pera
Don Orione, l’abate Emanuele Caronti, presenta il nuovo ispettore delle poste, telegrafi e telefoni, don Dionisio Di Clemente, abruzzese, il quale svolgerà la sua opera illuminata fino al 1972. Di Clemente non era del tutto
nuovo al servizio del Papa. Infatti, dal 1942 era stato as-
segnato all’ufficio dei prigionieri di guerra, istituito da
Pio XII. L’ufficio, scriveva il sacerdote, «era diretto da
un “gendarme” uomo di grande fiducia del cardinale
Canali».
A lui subentrò don Angelo Cordischi, che diresse le
poste e i telegrafi per 25 anni, fino al 1997. A Cordischi
successe per dieci anni don Giorgio Murtas, seguito
dall’attuale responsabile, don Attilio Riva.
Lunga e varia è stata la schiera dei religiosi avvicendatisi nei servizi telefonico, telegrafico e postale. Dopo i
primi chierici studenti e i sacerdoti, all’inizio di giugno
1942 arriva al centralino telefonico anche il primo religioso laico, il fratello Giai Baudissard Francesco. Egli è
rimasto ininterrottamente in Vaticano fino alla morte,
sempre impegnato in un servizio intelligente, prezioso e
fedele. Per un lungo periodo ricoprì anche l’incarico di
capo del servizio postale. Morì praticamente “sul lavoro”
il 22 novembre 2006. Aveva 82 anni e servito la Santa
Sede per 64 anni. Nel suo necrologio si legge anche del
suo lungo esercizio della «carità nascosta verso i “senza
fissa dimora” che trovavano riparo sotto il colonnato del
Bernini in piazza San Pietro, ai quali fratel Giai recava
cibo e bevande, oltre a qualche parola di conforto».
Nel 1971 i religiosi, anche per accresciute esigenze di
lavoro, lasciano il centralino telefonico, dove subentrano
le pie discepole del Divin Maestro, del beato Giacomo
Alberione, per occuparsi esclusivamente della direzione
delle poste e del telegrafo. In tale servizio essi svolgono
tuttora la loro opera, in fedeltà al carisma del fondatore.
Negli ultimi anni la comunità dei religiosi è divenuta
più diversificata per provenienza e incombenze. Anche il
numero è diminuito. Questa presenza vuole comunque
essere sempre un segno concreto che la congregazione è,
e vuole rimanere, fedele al suo carisma di fondazione,
proprio come don Orione stesso ebbe a dichiarare in occasione dell’invio dei suoi primi cinque religiosi in Vaticano: «Il fatto che lo sguardo del Papa si sia fermato su
di noi deve confortarci, deve dare a noi la sensazione, la
prova, direi tangibile, che la Congregazione a cui siete
stati chiamati, è sulla buona strada». (angelo cordischi e
giuseppe vallauri)
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 6
lunedì-martedì 18-19 maggio 2015
Ritratto zodiacale
di Juan de Palafox
Il suo funerale fu una delle maggiori
manifestazioni popolari
nella storia del Salvador
Sicuramente la più carica
di dolore e di affetto
Una testimonianza sulla morte di monsignor Romero
Il vescovo-viceré
vedeva
una forte somiglianza
tra la religiosa spagnola
e Isabella la Cattolica
Nello stile, nell’eloquenza
e nelle riflessioni
Scoramento
e mobilitazione
ghi anche distanti, giornalisti, dele- Vietnam. Ma non ho mai visto niengazioni solidali. Monsignor Rome- te di simile a quello che è accaduto
ro, da morto, come Gesù — assassi- oggi». Frattanto il corpo di monsinato e martire — cominciava a gene- gnor Romero fu sepolto in tutta
rare vita nel Salvador e dappertutto, fretta nella cattedrale, mentre il suo
Juan de Palafox e santa Teresa
tra cristiani e non credenti. Nella spirito iniziava a volare per il monmia esperienza non ricordo nulla di do intero.
Quei giorni furono per tutti noi
simile dalla morte di Giovanni
molto agitati e densi di lavoro. CoXXIII. Perfino un sindacato operaio
cecoslovacco esprimeva solidarietà, minciai a scrivere le prime riflessioni
per menzionare un dettaglio tra sulla vita e sulla morte di monsignor Romero, e mi mancò perfino il
mille.
«Se mi ammazzeranno, risusciterò tempo per andare a vedere il suo
nel popolo salvadoregno. Lo dico corpo che veniva vegliato nella catsenza alcuna millanteria, con la più tedrale. Non mi era difficile descriovvio interesse. Juan de Palafox religiosa (che ben lo fu nelle virdi JORGE FERNÁNDEZ DÍAZ*
grande umiltà», aveva detto monsiy Mendoza nacque nel 1600 nel tù) sarebbe stata un’altra santa
gnor Romero pochi giorni prima.
ostre, libri, cicli paese navarrese di Fitero, dove Teresa. E avendole rilette ora, in
Ed era la verità. Il suo funerale, il
di conferenze e trascorse la sua infanzia; compì caso mi fossi sbagliato, mi sono
Subito cominciarono ad arrivare
30 marzo, fu anzitutto una straordicorsi organizzati gli studi universitari a Huesca, rafforzato nel mio giudizio».
chiamate da diversi luoghi
naria espressione di questa risurreda diverse uni- Alcalá e Salamanca. Nel 1626
Nel commentare la gratitudizione, una delle maggiori se non la
anche distanti
versità ed enti entrò al servizio della monar- ne, Palafox scrive in riferimento
più importante manifestazione poculturali stanno celebrando da chia, nel 1629 si fece sacerdote e alle figlie di santa Teresa: «Nella
Il suo sacrificio generava vita
polare nella storia del Salvador. Sialcuni mesi il quinto centenario nel 1639 ricevette l’ordinazione mia vita ho visto creature tanto
curamente la manifestazione più
in tutto il Paese
della nascita di santa Teresa. In episcopale. Nominato vescovo grate. E ciò non si deve molto a
sentita, più carica di dolore e di afquesto vivace contesto merita di di Puebla de los Ángeles in loro, poiché hanno ereditato tutfetto. Tutti lo piansero — tranne i
essere segnalata la raccolta di Messico, svolse importanti inca- to dalla madre, che le riprendepochi che celebrarono quella morte
studi En sintonía con Santa Tere- richi come viceré e visitatore, e rebbe dal cielo se così non favere
le
cose
della
sua
vita
e
i
dettabrindando — ma i poveri
sa. Juan de Palafox y los Carme- si distinse come pastore zelante. cessero».
lo piansero come si piange gli della sua morte, ma presto mi relitas Descalzos. Doce Estudios
si
conto
che
scrivere
di
monsignor
Morì a Osma nel 1659.
Il vescovo, nei suoi giudizi,
soltanto una madre o un
(Pamplona, Gobierno de NavarRomero voleva dire confrontarsi con
Ha coordinato e curato il li- soleva ripetere riguardo a questo
padre.
ra, 2014, pagine 442, euro 18),
una domanda ancora più profonda:
bro Ricardo Fernández Gracia, tema: «Tre cose mi stancano
Il 30 marzo, ecco nuovo
realizzata sotto il patrocinio delchi era e chi è monsignor Romero?
sangue e nuove lacrime
la commissione nazionale del rettore della cattedra di Patrimo- molto e la quarta non sopporta
Questa domanda va ben oltre i detla mia anima. La
durante il funerale più in- tagli della sua vita e della sua morcentenario e il governo di Naprima: il povero sucredibile della storia con- te. È una domanda che vuole covarra, con la collaborazione del
perbo; la seconda: il
temporanea. La sera prece- glierne la totalità. È la domanda che
comune di Fitero, paese natale
Entrambi amici del sapere
ricco avaro; la terza:
dente riflettevamo su che sorge davanti
di Palafox. Le sue oltre quattroMonsignor Romero, che il 23
il magistrato insoesaltavano
cosa
sarebbe
potuto
succecento pagine sono un’opportumaggio sarà beatificato a San
alla morte
lente; la quarta; l’indere durante il funerale, di Gionità per addentrarsi nell’amicizia
Salvador, sarà co-patrono della
il valore della cultura
grato verso i benepoiché era ancora fresco il vanni
che legò il beato e la santa e diCaritas internationalis. Lo ha
fattori». Riguardo
Tanto
necessaria
per
l’anima
ricordo del massacro avvemostrare come furono entrambi
annunciato il presidente uscente,
ai libri, entrambi li
nuto durante la manifestapersonalità fuori dal comune,
come il cibo per il corpo
il cardinale Óscar Rodríguez
amarono molto, esintelligenti,
travolgenti,
brillanti,
zione
popolare
del
22
di
Maradiaga, concludendo i lavori
sendo amici del saappassionate e appassionanti,
gennaio dello stesso anno.
dell’assemblea generale
pere. Teresa, nel riche operarono con grande liberNon ne parlammo molto e
dell’organizzazione alla quale
nio e arte navarrese dell’univer- vendicare religiose uguali, colte
tà
e
con
un
grande
amore
per
la
volevamo
convincerci
che
hanno preso parte i rappresentanti
sità
di
Navarra,
accademico
core
allegre,
era
dell’opinione che il
verità e le lettere, sempre alla rinon sarebbe successo nuldi 160 Caritas nazionali.
rispondente della Real Acade- cristiano debba trattare con chi
cerca di Dio.
la. Invece successe. Varie
Pubblichiamo lo stralcio di una
«Più carmelitano che se aves- mia de la Historia, autore di va- ha cultura, se ne ha la possibilipersone
morirono
schiactestimonianza sulla morte
se professato il suo istituto» si rie monografie su Palafox e cu- tà. Consapevole del ruolo dei liciate dalla calca o colpite
dell’arcivescovo contenuta nel
legge nelle pagine iniziali del li- ratore di alcune mostre sul ve- bri, li giudicava «tanto necessari
dai proiettili. Tutti i vescovolume Romero. Martire di Cristo e
per l’anima quanto lo è il cibo
bro, che mette in relazione la scovo-viceré.
vi e i sacerdoti rimasero
degli oppressi (Bologna, Emi, 2015,
Oltre a lui, hanno firmato gli per il corpo», dicendo ai suoi
fondatrice con uno dei suoi più
nella cattedrale per accompagine 281, euro 17).
ferventi innamorati: Juan de Pa- articoli della monografia Ilde- lettori: «leggi e guiderai, non
pagnare e dare una quallafox. La frase citata fu pubbli- fonso Moriones, postulatore del- leggere e sarai guidato».
che protezione alle miPalafox, da parte sua, oltre a
cata dai figli della santa di Ávila la causa del beato Palafox, Togliaia di persone che vi
nelle pagine introduttive delle más Álvarez, grande esperto di fondare una biblioteca pubblica
incontrollate, quasi isteriche. «Han- cercavano rifugio. Non avremmo
Obras completas di Palafox, tutto ciò che riguarda santa Te- a Puebla, affermava: «Sono
no sparato a monsignor Romero. potuto fare di meno per seguire i
nell’edizione del 1762 da loro resa, Pedro Echeverría, dell’uni- buoni amici, i libri, intrattengoSta sanguinando». Tanta era la sua passi di colui che stavamo seppelcurata. La profonda relazione versità dei Paesi Baschi, Eduar- no e avvantaggiano, divertono e
concitazione che non potei capire lendo! Soltanto l’arcivescovo di Citdel vescovo-viceré Palafox con do Morales Solchaga, grande calmano. Se stancano, si possotà
del
Messico
e
delegato
papale,
il
nient’altro. Tantomeno se monsil’Ordine carmelitano teresiano conoscitore della documentazio- no lasciare. Se riposano, si posgnor Romero fosse vivo o morto. cardinal Corripio, se ne andò di
viene commentata, in questa ne palafoxiana e Álvarez Santa- sono proseguire. Sempre inseUscii subito di casa e corsi all’uffi- gran fretta all’aeroporto. La morte XXIII o di Martin Luther King. Cremonografia, attraverso dodici ló, dell’università di Siviglia.
gnano e, silenziosamente, senza
cio del provinciale César Jérez, circa di monsignor Romero provocò tri- do sia anche la domanda — con tutte
le
analogie
del
caso
—
che
si
son
studi di sei esperti. Alcuni sono
Sono molti gli elogi che Pala- ingiuria, ammoniscono». Nel
cinquanta metri più avanti. Gli rac- stezza e turbamento, la sua sepoltuinediti, altri riprendono temi e fox fa a santa Teresa. Tra di essi, corso del libro il lettore si può
contai della chiamata e accendem- ra causò indignazione e incredulità. fatti i primi cristiani: chi è stato Gestudi già esistenti ma opportu- in una lettera a donna Luisa de addentrare nella conoscenza di
mo la radio. Dopo pochi minuti Un giornalista italiano piangeva; e sù di Nazaret, chi è il Cristo risuscinamente aggiornati e rivisti, e la Cerda, descrive
diedero la notizia: «Monsignor Ro- un altro, credo di un Paese sudame- tato. Subito mi convinsi che monsiinfine altri ancora sono stati ri- così la somiglianza
mero è morto». Padre Jérez e io re- ricano, mentre eravamo chiusi nella gnor Romero era stato un “vangepubblicati e inclusi per il loro tra santa Teresa e
stammo in silenzio per diverso tem- cattedrale mi disse: «Sono stato in lo”, una buona notizia di Dio.
Sono buoni compagni i libri
Isabella la Cattolipo. Poi andai all’Uca e non dimenca: «In questa ocIntrattengono e avvantaggiano
ticherò mai la scena. Una ventina di
casione
non
posso
persone, tutte di carattere notevole,
divertono e calmano
non osservare che,
abituate a ricevere attacchi e ad
avendo letto già alSe stancano si possono lasciare
ascoltare cattive notizie, erano là in
cune
lettere
della
piedi, col volto costernato e abbatIn mostra a Roma
Se riposano si possono leggere
santa regina donna
tuto. E in silenzio. Davvero monsiIsabella la Cattolignor Romero era morto. (Dopo
ca,
gloriosa
princiqualche giorno venni a sapere che
pessa, tra le più grandi che i se- molti altri aspetti della vita e
io ero stato il primo sacerdote a ricoli hanno visto, ho notato che dell’opera di Palafox, rispetto
cevere la notizia. Le religiose
si assomigliavano moltissimo lo all’Ordine carmelitano teresiano:
dell’hospitalito avevano chiamato
Il Museo di Villa Torlonia ospita per la prima
stile di questa grande regina e dalla vera personalità della mamonsignor Ricardo Urioste, ma non
volta una mostra monografica di Cipriano Efisio
quello della santa: non solo dre, che divenne carmelitana
l’avevano trovato. Poi avevano chiaOppo
(1891-1962)
organizzata
dall’Archivio
Oppo
nell’eloquenza e vivacità nel di- scalza,
mato la nostra casa. Lo dico tra paai
suoi
commenti
in collaborazione con il Museo della Scuola
re, ma anche nel modo di con- sull’epistolario di santa Teresa,
rentesi, però fu una piccola consolaRomana e l’Archivio storico del Teatro
cepire i discorsi, di spiegarli, e all’iconografia palafoxiano-terezione personale: le religiose che videll’Opera di Roma. La mostra, curata da
nelle riflessioni, nelle osservazio- siana, passando per i frati
vevano con lui ci consideravano viFrancesca Romana Morelli e Valerio Rivosecchi,
ni, nel lasciare una cosa, pren- dell’Ordine con cui collaborò
cini a lui).
resterà aperta dal 19 maggio al 4 ottobre.
derne un’altra e poi tornare alla nelle terre della Nuova Spagna,
Le prime ore dopo l’assassinio mi
Cinquanta dipinti, venti disegni, venti bozzetti
prima, senza negligenza, anzi
ricordarono gli apostoli dopo la
le immagini di speciale venerascenografici e quattro costumi realizzati per il
con grandissima grazia (...)
morte di Gesù: scoramento, tristezzione da parte del vescovo legaTeatro dell’Opera di Roma, raccontano l’O ppo
Confesso che quando le lessi,
za, sconcerto. Ma ben presto, molto
te all’Ordine carmelitano, o lo
artista — per la cui opera manca ancora una sede
circa sei anni fa, mi feci l’idea
prima dei dieci giorni che gli apopermanente da molti auspicata — al di là del suo
che erano così simili quei due studio profondo e sagace di uno
stoli atterriti passarono nel cenacolo
ruolo
istituzionale
forse
più
noto.
Accademico
naturali intendimenti e spiriti degli scritti di Palafox, Luz de
secondo il racconto di Luca, venne
d’Italia e deputato, Oppo fondò le Quadriennali
della signora regina cattolica e vivos y escarmiento en los muertos,
a soffiare lo Spirito, con molta forromane e organizzò le Biennali romane e
di santa Teresa, che mi sembrò che Álvarez Santaló presenta coza. Avvenne una grande mobilitaveneziane. Notevole e ancora poco conosciuta è
che se la santa fosse stata regina, me un esempio sui generis di
zione: messe in sua memoria, riula sua attività di scenografo e costumista per
sarebbe stata un’altra cattolica manuale degli stati di vita.
nioni, comunicati, partecipazioni di
Cipriano Efisio Oppo, «Luciano con la tank»
l’Opera di Roma, il Maggio Fiorentino, la Scala
donna Isabella; e se questa insilutto. Cominciarono ad arrivare
(1933, particolare)
chiamate telefoniche da diversi luoe la Fenice.
gne principessa fosse stata una *Ministro dell’Interno spagnolo
di JON SOBRINO
n nome di Dio, perciò, e in nome di
questo popolo sofferente, i cui lamenti salgono al cielo
ogni giorno più tumultuosi, vi supplico, vi prego, vi ordino, in nome
di Dio: cessi la repressione!».
Non so se queste parole furono la
sua sentenza di morte, poiché immagino che la pianificazione professionale di un assassinio richieda del
tempo. Ma di fatto hanno portato
al culmine quel processo dell’espressione della verità e della denuncia
delle atrocità che oggettivamente ha
portato monsignor Romero al martirio. Personalmente rimasi emozionato per le sue parole, e preoccupato.
Il 24 marzo, quando era già sera,
suonò il telefono di casa mia. Chiedevano un prete. Io ero l’unico presente in quel momento e andai a rispondere. A parlare era una religiosa dell’hospitalito: le sue erano grida
«I
Anime gemelle
M
Co-patrono
di Caritas internationalis
Costumista per pochi
L’OSSERVATORE ROMANO
lunedì-martedì 18-19 maggio 2015
pagina 7
Come condividere la fede cristiana con chi arriva in Italia
L’accoglienza è anche spirituale
di MARCO BELLIZI
In un Paese attraversato da sentimenti sempre più diffusi di pessimismo e di disincanto, di fronte a notizie desolanti riguardo al futuro
delle giovani generazioni e alla credibilità dei modelli di riferimento,
la Chiesa in Italia è chiamata a interrogarsi sul suo ruolo e sulla capacità di trasmettere efficacemente la
gioia e la concretezza della scelta
cristiana.
Non è un caso se il tema scelto
per la sessantottesima assemblea generale della Conferenza episcopale
italiana (Cei) — che si apre oggi
nell’aula del sinodo in Vaticano con
l’intervento di Papa Francesco — è
la verifica dell’esortazione apostolica
Evangelii gaudium, un’analisi che
evoca bilanci e autovalutazioni. I
vescovi italiani sono chiamati a trovare modi e opportunità per rendere
più incisiva e meno omologata la
presenza cristiana nella società, a
partire dal recupero della capacità
di essere testimoni coraggiosi nel
denunciare gli effetti di una cultura
distorta che è stata spesso capace di
corrompere tanto i comportamenti
pubblici quanto quelli privati. Si
tratta di un impegno che coinvolge
la Chiesa a tutti i livelli e in tutte le
sue componenti, compresi i fedeli
laici, più volte esortati dallo stesso
Pontefice ad assumere maggiori e
autonome responsabilità in ambito
sociale, economico e, non ultimo,
politico, valorizzando la loro peculiare sensibilità di credenti. La sfida
è impegnativa. Per questo richiede
uno sforzo collegiale, in un’ottica di
collaborazione e comunicazione
continua fra strutture e uomini della
Chiesa, chiamati a “fare squadra” in
un lavoro solidale.
Di tutto questo parleranno dunque i presuli a partire da martedì,
dopo l’intervento del presidente del-
di CARLO GRANDI
Caravaggio, “Sette opere di Misericordia” (1607)
Assemblea generale della Conferenza episcopale italiana
Testimoni credibili
la Cei, il cardinale Angelo Bagnasco, avviando un confronto che si
articolerà, oltre che sulla recezione
dell’Evangelii gaudium, anche sul
cammino di preparazione e programma del quinto Convegno ecclesiale nazionale, che si terrà a Firenze dal 9 al 13 novembre prossimi, e
sul tema che è stato al centro dei lavori della scorsa assemblea generale,
ovvero “La vita e la formazione permanente dei presbiteri”.
Una parte importante dei lavori
sarà dedicata poi alla preparazione
del Giubileo straordinario della misericordia e all’elezione, oltre che di
un vicepresidente per l’Italia Settentrionale, dei presidenti delle Commissioni episcopali e dei rappresentanti della Cei al prossimo Sinodo
dei vescovi.
Siamo capaci di accogliere gli stranieri nella nostra Chiesa? È una
questione importante. Fra gli immigrati ci sono tanti che provengono
da tradizioni religiose diverse dalla
nostra. Ci sono anche cristiani non
cattolici. A esempio da Albania, Romania, Ucraina, Russia arrivano
tanti ortodossi. Sono persone che
arrivano in Italia in condizioni precarie, senza dimora, senza lavoro.
Sradicati dalle loro famiglie, dalle
loro terre, dalla loro lingua, dalle loro abitudini e anche dalla loro Chiesa. Dove andranno la domenica a
pregare nostro Signore se non li accogliamo nelle nostre chiese? Molti
di questi immigrati fanno fatica a
integrarsi e noi cattolici, grazie al
bellissimo lavoro di volontari e associazioni, siamo in prima linea per
aiutarli. Ma riusciamo anche ad accoglierli in chiesa a pregare con noi,
oppure abbiamo il dubbio di non
poterlo fare?
Ci deve guidare la certezza che,
anche se ortodossi, loro credono e
pregano Gesù come noi. Non dobbiamo convertirli per pregare assieme a loro. Chiedere la conversione
significa obbligarli a rompere gli ultimi legami con le loro famiglie di
origine. Molti non lo accetterebbero
e si sentirebbero incompresi e quindi respinti. Non è una colpa essere
nati in Paesi di tradizione ortodossa. La nostra accoglienza deve essere spinta da una gratuità e più che
mai lo deve essere sotto il profilo
della fede. I cattolici e gli ortodossi
hanno moltissimo in comune. Le
nostre Chiese sono molto vicine e
dobbiamo quindi essere aperti nel
pregare insieme. Come cristiani siamo più bravi nell’accoglienza fisica,
nel dare loro da mangiare e dormi-
re, che non nell’accoglienza di fede,
nel pregare insieme.
Nella mia parrocchia di San Lazzaro a Bologna, il parroco rende disponibile la chiesa alla comunità
copta bolognese. Alcuni di noi, assieme a don Domenico, andiamo a
salutarli quando si ritrovano per celebrare il Natale. Questa è accoglienza e ancora di più lo sarà
quando questo non sarà un caso
isolato ma parte integrante di un
dialogo costante fra cristiani di diverse denominazioni. Dobbiamo
parlare anche dei turisti che arrivano numerosi in Italia. Cattolici a
parte, come accogliamo una famiglia di tedeschi luterani che vogliono pregare Gesù? E un inglese anglicano? All’aeroporto di Heathrow,
a Londra, esiste una bellissima cappella interconfessionale nella quale
ognuno può pregare. È un modo
semplice, anche se impersonale, per
mettere a disposizione uno spazio a
tutti coloro che sentono la necessità
di pregare. In Italia è diverso. Nelle
stazioni ferroviarie e negli aeroporti
ci sono (a volte) cappelle cattoliche,
ma non devono essere un segno di
chiusura verso i non cattolici. Sarebbe grave. Come cattolici, facciamo
parte della Chiesa universale e dobbiamo essere accoglienti, disponibili
verso tutti i cristiani, e predisporci a
essere un’unica Chiesa, con un unico credo, pur venendo da tradizioni
e denominazioni diverse. Aprire le
nostre chiese e dare attenzione ai
non cattolici, immigrati e turisti che
arrivano in Italia, fa parte della nostra fede, del senso di accoglienza
che sentiamo molto forte sotto il
profilo materiale ma che non viviamo altrettanto fortemente dal punto
di vista spirituale, di condivisione
della fede. È un passo che, come
cristiani, dobbiamo compiere o lavorare affinché si compia.
La St George’s Interdenominational Chapel presso l’aeroporto londinese di Heathrow
L’eredità di madre Luisa Margherita Claret de la Touche
I vescovi europei sul commercio di minerali nelle zone di guerra
Nella misericordia
Per non essere complici
Governatorato
della Città
del Vaticano
Ufficio delle poste e del telegrafo
di D ONATELLA COALOVA
Il 14 maggio di cento anni fa, nel
monastero di Betania del Sacro
Cuore a Vische, vicino a Ivrea, moriva madre Luisa Margherita Claret
de la Touche (1868-1915). Il suo
messaggio è oggi più vivo che mai,
custodito e irradiato da tanti figli
spirituali sparsi nel mondo, uniti
dal comune impegno di «diffondere la conoscenza delle misericordie
infinite del Signore» e di «compiere la sua volontà a qualunque costo», nella quotidiana testimonianza
della comunione e del servizio.
Misericordiam volo (“voglio la misericordia”): queste parole, insieme
alla corona di spine, circondano come un’aureola il capo di Cristo nella singolare icona del Sacro Cuore
dipinta da madre Luisa Margherita,
quasi a tracciare una sintesi visiva
del suo carisma. Dagli scritti, dalle
sofferenze e dall’esperienza contemplativa di questa religiosa visitandina è nata, a sostegno del sacerdozio
cattolico, l’Opera dell’amore infinito, che in questi giorni ricorda la
fondatrice.
Nata il 15 marzo 1868 a SaintGermain-en-Laye in un’agiata famiglia francese, Margherita fin da piccola manifestò un temperamento
sensibile, con uno spiccato senso
estetico. La nonna materna, Emilie
Gallot, esercitò un ruolo importante
nella sua formazione umana e cristiana. Il 20 novembre 1890 entrò
nella visitazione di Romans. La sua
vita religiosa si svolse in un periodo
travagliato della storia francese: nel
1901 furono emanate le leggi contro
le congregazioni educatrici; nel
1904 si registrò la rottura delle relazioni diplomatiche tra la Francia e
la Santa Sede; nel 1906 venne imposto l’esilio alle congregazioni monastiche. In seguito a questi provvedimenti, le visitandine di Romans
cercarono rifugio in Italia, a Revigliasco. Eletta superiora il 16 maggio 1907, madre Luisa Margherita
guidò i successivi trasferimenti della
comunità a Mazzè e infine a Parella, nella diocesi di Ivrea. Ebbe così
modo di conoscere l’ordinario del
luogo, monsignor Matteo Filipello
(1859-1939), che divenne suo direttore spirituale. L’8 maggio 1913 ma-
dre Luisa Margherita terminò il secondo triennio di superiorato. Su
consiglio di monsignor Filipello, si
recò a Roma per presentare ai competenti dicasteri della Santa Sede i
suoi scritti e il progetto dell’O pera
che si sentiva chiamata a far nascere
nella Chiesa a servizio del sacerdozio. In mezzo a pesanti incomprensioni, pochi mesi prima di morire, il
19 marzo 1914, fondò a Vische un
nuovo monastero della Visitazione
dedito in special modo alla preghiera per i sacerdoti. Diceva: «Diciannove secoli fa, dodici uomini
hanno cambiato il mondo; ma non
erano soltanto uomini, erano sacerdoti». I sacerdoti dell’Opera «si
impegneranno a predicare l’amore e
la misericordia di Dio e ad aiutarsi
reciprocamente nelle opere di zelo
senza mai ostacolarsi a vicenda».
Anima profondamente contemplativa, madre Luisa Margherita anticipò nei suoi scritti alcuni temi,
come quello dell’unità dei presbiteri
con il proprio vescovo e fra di loro,
poi fortemente sottolineati da documenti del magistero. Grazie all’aiuto di monsignor Filipello, il piccolo
monastero di Vische poté sopravvivere, assumendo proprie costituzioni e il nome di Betania del Sacro
Cuore. Dal 22 agosto 1958 è un
Istituto di diritto pontificio composto da religiose che hanno come carisma la preghiera e l’offerta quotidiana per i sacerdoti e per la Chiesa. Le suore di Betania, che hanno
case in Italia, in Colombia e in Argentina, sono la radice dell’O pera
dell’amore infinito, che inoltre è costituita dall’Alleanza sacerdotale,
dagli Amici e amiche di Betania,
dalle Missionarie dell’amore infinito. L’Alleanza sacerdotale si caratterizza non tanto per le opere che richiede, quanto per lo spirito che
diffonde, chiedendo agli aderenti di
vivere nell’abbandono, nella comunione, nella misericordia. L’Alleanza sacerdotale è presente in quasi
tutti i Paesi europei, negli Stati
Uniti, in America latina, in Australia, in numerosi paesi dell’Asia e
dell’Africa. In questi cento anni ne
hanno fatto parte anche alcuni cardinali e circa 150 vescovi di ogni
parte
del
mondo.
STRASBURGO, 18. Domani a Strasburgo il Parlamento europeo esaminerà in sessione plenaria una
proposta di legge tesa ad arginare
il flusso di soldi verso i gruppi armati presenti nelle aree di conflitto,
alimentato dalla vendita di stagno,
tantalio, tungsteno, oro provenienti
da quelle zone. Il provvedimento,
che ha l’obiettivo di imporre alle
compagnie importatrici maggiore
trasparenza e tracciabilità degli acquisti, dovrebbe essere votato nella
giornata di mercoledì. Un tema,
quello delle materie prime provenienti dalle zone di guerra, sul
quale sono già intervenute associazioni e organizzazioni di vari Paesi
europei che si battono per una regolamentazione della materia. Anche la Chiesa nell’ottobre scorso —
con un documento firmato da 146
vescovi di 38 nazioni dei cinque
continenti — ha chiesto più controlli sulla catena di approvvigionamento dei minerali, per non rendersi complici del finanziamento
delle guerre.
«Grande potenza commerciale,
l’Unione europea — si legge nel testo dei presuli — importa una
quantità importante di materie prime provenienti da zone di conflitto. Attraverso la loro catena di approvvigionamento, alcune imprese
europee si rendono dunque complici di abusi. Questa situazione
non è tollerabile. Gli Stati sono tenuti a fare il possibile per assicurare condizioni di pace, non solo nel
proprio territorio ma in tutto il
mondo». Da qui la richiesta ai go-
verni, ai cittadini e agli uomini
d’affari di assumersi le loro responsabilità e di garantire che le aziende si approvvigionino di risorse naturali in maniera responsabile.
Stop quindi allo sfruttamento minerario e commerciale e al conseguente finanziamento dei conflitti
armati.
Il voto del 20 maggio rappresenta il termine di un percorso portato
avanti da alcuni anni. Un impulso
in questo senso era arrivato nel
2010 con l’approvazione da parte
del Congresso degli Stati Uniti del
Dodd-Frank Act, una legge che
impone alle aziende statunitensi
quotate in Borsa di certificare che
lo stagno, il tantalio, il tungsteno e
l’oro utilizzato nelle loro produzioni non provengano dalle zone di
conflitto della Repubblica Democratica del Congo e Paesi confinanti.
Un primo passo l’Unione europea l’aveva compiuto nel 2013 con
l’approvazione di una direttiva che
chiede alle grandi compagnie
estrattive di rendicontare i pagamenti sopra i 100.000 euro nei confronti di ogni Paese in cui operano.
Una seconda direttiva, del settembre 2014, chiedeva alle stesse compagnie di rendere pubbliche informazioni anche non finanziarie riguardanti questioni ambientali, sociali, occupazionali, rispetto dei diritti umani e corruzione.
Ora l’approdo a Strasburgo di
questo testo, che però presenta alcuni punti deboli, tanto che diverse
organizzazioni europee della società civile hanno invocato una legge
più “ambiziosa”. Per prima cosa si
chiede ai parlamentari europei di
non limitare (come invece previsto
dal provvedimento) la nuova legge
sulla tracciabilità alle importazioni
di oro, stagno, tantalio e tungsteno, ma a tutti i minerali. In secondo luogo si auspica che l’obbligo
di certificare la non provenienza
dei minerali da zone di conflitto
sia esteso a tutte le imprese e non
solo alle fonderie e raffinerie
dell’Unione europea.
I vescovi, dal canto loro, sollecitano l’estensione (per esempio al
Perú, allo Zimbabwe, al Myanmar)
del perimetro geografico delle risorse naturali già coperte dalla regolamentazione, la responsabilità
comune delle imprese dall’inizio alla fine della catena di approvvigionamento e un sistema obbligatorio
che metta in opera le raccomandazioni e le linee-guida in materia
dettate dall’Organizzazione per la
cooperazione e lo sviluppo economico. «Un’occasione unica si offre
oggi all’Unione europea — concludono i presuli — per contribuire alla scomparsa dei conflitti violenti
legati alle risorse naturali, che hanno rappresentato il 40 per cento
dell’insieme dei conflitti nel mondo
negli ultimi sessant’anni. Facciamo
appello ai parlamentari e ai governi
europei affinché raccolgano questa
sfida».
Annullo postale speciale
in occasione
della manifestazione
filatelica «124ª Veronafil»
(22 – 24 maggio 2015)
In occasione della 124ª edizione della manifestazione filatelica «Veronafil», che si terrà a
Verona (Italia) dal 22 al 24
maggio 2015, le Poste Vaticane
porranno in uso uno speciale
annullo del quale si riproduce
l’impronta:
Nel bozzetto è riprodotto
un particolare della fontana di
Madonna Verona e della Torre
del Gardello, considerati dai
veronesi i monumenti più rappresentativi della città che
ospiterà la manifestazione.
Completano l’annullo le
scritte: «124ª VERONAFIL MANIFESTAZIONE FILATELICA», «POSTE VATICANE» e «22 - 24
MAGGIO 2015».
Il bozzetto è stato realizzato
dall’Ufficio Filatelico e Numismatico.
Il materiale filatelico da
obliterare, debitamente affrancato dai richiedenti, dovrà
pervenire all’Ufficio Obliterazioni delle Poste Vaticane entro il 27 giugno 2015.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 8
lunedì-martedì 18-19 maggio 2015
Quattro donne canonizzate da Papa Francesco
Il segreto dei santi
Uniti a Cristo anche tra ostacoli e incomprensioni
«Dimorare in Cristo, uniti a lui come i tralci alla vite, per portare molto frutto»:
è questo «il segreto dei santi» indicato da Papa Francesco ai fedeli che domenica
mattina 17 maggio, in piazza San Pietro, hanno partecipato alla messa per la
canonizzazione di Giovanna Emilia de Villeneuve, Maria Cristina Brando,
Maria Baouardy e Maria Alfonsina Danil Ghattas.
Gli Atti degli Apostoli ci hanno presentato la Chiesa nascente nel momento in cui elegge colui che Dio
ha chiamato a prendere il posto di
Giuda nel collegio degli Apostoli.
Non si tratta di assumere una carica,
ma un servizio. E infatti Mattia, sul
quale cade la scelta, riceve una missione che Pietro definisce così: «Bisogna che [...] uno divenga, insieme
a noi, testimone della sua risurrezione» — della risurrezione di Cristo
(At 1, 21-22). Con queste parole egli
riassume cosa significa far parte dei
Dodici: significa essere testimone
della risurrezione di Gesù. Il fatto
che dica “insieme a noi” fa capire
che la missione di annunciare Cristo
risorto non è un compito individuale: è da vivere in modo comunitario,
con il collegio apostolico e con la
comunità. Gli Apostoli hanno fatto
l’esperienza diretta e stupenda della
Risurrezione; sono testimoni oculari
di tale evento. Grazie alla loro autorevole testimonianza, in molti hanno
creduto; e dalla fede nel Cristo risorto sono nate e nascono continuamente le comunità cristiane. Anche
noi, oggi, fondiamo la nostra fede
nel Signore risorto sulla testimonianza degli Apostoli giunta fino a noi
mediante la missione della Chiesa.
La nostra fede è legata saldamente
alla loro testimonianza come ad una
catena ininterrotta dispiegata nel
corso dei secoli non solo dai successori degli Apostoli, ma da generazioni e generazioni di cristiani. A imitazione degli Apostoli, infatti, ogni discepolo di Cristo è chiamato a diventare testimone della sua risurrezione, soprattutto in quegli ambienti
umani dove più forte è l’oblio di
Dio e lo smarrimento dell’uomo.
Perché questo si realizzi, bisogna
rimanere in Cristo risorto e nel suo
amore, come ci ha ricordato la Prima Lettera di Giovanni: «Chi rima-
ne nell’amore rimane in Dio e Dio
rimane in lui» (1 Gv 4, 16). Gesù lo
aveva ripetuto con insistenza ai suoi
discepoli: «Rimanete in me... Rimanete nel mio amore» (Gv 15, 4.9).
Questo è il segreto dei santi: dimorare in Cristo, uniti a Lui come i
tralci alla vite, per portare molto
frutto (cfr. Gv 15, 1-8). E questo frutto non è altro che l’amore. Questo
amore risplende nella testimonianza
di suor Giovanna Emilia de Villeneuve, che ha consacrato la sua vita
a Dio e ai poveri, ai malati, ai carcerati, agli sfruttati, diventando per essi e per tutti segno concreto
dell’amore
misericordioso
del
Signore.
La relazione con Gesù Risorto è —
per così dire — l’“atmosfera” in cui
vive il cristiano e nella quale trova la
forza di restare fedele al Vangelo,
anche in mezzo agli ostacoli e
alle
incomprensioni.
“Rimanere
nell’amore”: questo ha fatto anche
suor Maria Cristina Brando. Ella
fu
completamente
conquistata
dall’amore ardente per il Signore; e
dalla preghiera, dall’incontro cuore a
cuore con Gesù risorto, presente
nell’Eucaristia, riceveva la forza per
sopportare le sofferenze e donarsi
come pane spezzato a tante persone
lontane da Dio e affamate di amore
autentico.
Un aspetto essenziale della testimonianza da rendere al Signore risorto è l’unità tra di noi, suoi discepoli, ad immagine di quella che sussiste tra Lui e il Padre. È risuonata
anche oggi nel Vangelo la preghiera
di Gesù nella vigilia della Passione:
«Siano una sola cosa, come noi»
(Gv 17, 11). Da questo amore eterno
tra il Padre e il Figlio, che si effonde
in noi per mezzo dello Spirito Santo
(cfr. Rm 5, 5), prendono forza la no-
Appello al Regina caeli
Per la fine delle violenze
in Burundi
Un appello per chiedere la fine delle
violenze in Burundi è stato lanciato
dal Pontefice al Regina caeli
recitato al termine della messa.
Al termine di questa celebrazione,
desidero salutare tutti voi che siete venuti a rendere omaggio alle
nuove Sante, in modo particolare
le Delegazioni ufficiali di Palestina, Francia, Italia, Israele e Giordania. Saluto con affetto i Cardinali, i Vescovi, i sacerdoti, come
pure le figlie spirituali delle quattro Sante. Per loro intercessione,
il Signore conceda un nuovo im-
L’auspicio del Pontefice in un’udienza a religiose
Pace fra i popoli
pulso missionario ai rispettivi
Paesi di origine. Ispirandosi al loro esempio di misericordia, di carità e di riconciliazione, i cristiani
di queste terre guardino con speranza al futuro, proseguendo nel
cammino della solidarietà e della
convivenza fraterna.
Estendo il mio saluto alle famiglie, ai gruppi parrocchiali, alle
associazioni e alle scuole presenti,
in particolare ai cresimandi
dell’Arcidiocesi di Genova. Un
pensiero speciale rivolgo ai fedeli
della Repubblica Ceca, riuniti nel
santuario di Svaty Kopećek, presso Olomuc, che oggi ricordano il
ventennale della visita di san Giovanni Paolo II.
Ieri, a Venezia è stato proclamato Beato il sacerdote Luigi Caburlotto, parroco, educatore e
fondatore delle Figlie di San Giuseppe. Rendiamo grazie a Dio
per questo esemplare Pastore, che
condusse un’intensa vita spirituale
e apostolica, tutto dedito al bene
delle anime.
Vorrei anche invitare a pregare
per il caro popolo del Burundi,
che sta vivendo un momento delicato: il Signore aiuti tutti a fuggire la violenza e ad agire responsabilmente per il bene del Paese.
Con amore filiale ci rivolgiamo
ora alla Vergine Maria, Madre
della Chiesa, Regina dei Santi e
modello di tutti i cristiani.
stra missione e la nostra comunione
fraterna; da esso scaturisce sempre
nuovamente la gioia di seguire il Signore nella via della sua povertà,
della sua verginità e della sua obbedienza; e quello stesso amore chiama
a coltivare la preghiera contemplativa. Lo ha sperimentato in modo
eminente suor Maria Baouardy che,
umile e illetterata, seppe dare consigli e spiegazioni teologiche con
estrema chiarezza, frutto del dialogo
continuo con lo Spirito Santo. La
docilità allo Spirito Santo l’ha resa
anche strumento di incontro e di comunione con il mondo musulmano.
Così pure suor Maria Alfonsina Danil Ghattas ha ben compreso che cosa significa irradiare l’amore di Dio
nell’apostolato, diventando testimone di mitezza e di unità. Ella ci offre un chiaro esempio di quanto
sia importante renderci
gli uni responsabili degli altri, di vivere l’uno
al servizio dell’altro.
Rimanere in Dio e
nel suo amore, per annunciare con la parola e
con la vita la risurrezione di Gesù, testimoniando l’unità fra di noi
e la carità verso tutti.
Questo hanno fatto le
quattro Sante oggi proclamate. Il loro luminoso esempio interpella
anche la nostra vita cristiana: come io sono testimone di Cristo risorto? È una domanda che
dobbiamo farci. Come
rimango in Lui, come
dimoro nel suo amore?
Sono capace di “seminare”
in
famiglia,
nell’ambiente di lavoro,
nella mia comunità, il
seme di quella unità
che Lui ci ha donato
partecipandola a noi
dalla vita trinitaria?
Tornando oggi a casa, portiamo
con noi la gioia di quest’incontro
con il Signore risorto; coltiviamo nel
cuore
l’impegno
a
dimorare
nell’amore di Dio, rimanendo uniti a
Lui e tra di noi, e seguendo le orme
di queste quattro donne, modelli di
santità, che la Chiesa ci invita ad
imitare.
Gloria al femminile
Quattro donne, quattro vite
diverse, differenti anche le lingue,
la cultura e l’estrazione sociale.
Tutte accomunate però dalla
consacrazione a Dio secondo i
consigli evangelici e unite dallo
stesso destino di gloria: la santità.
Sono Giovanna Emilia de
Villeneuve, fondatrice della
congregazione delle suore
dell’Immacolata Concezione di
Castres, Maria Cristina
dell’Immacolata Concezione,
fondatrice della congregazione
delle suore vittime espiatrici di
Gesù sacramentato, Maria
Alfonsina Danil Ghattas,
fondatrice della congregazione
delle suore del rosario di
Gerusalemme, e Maria di Gesù
Crocifisso, monaca professa
dell’ordine dei carmelitani scalzi.
Originarie rispettivamente di
Tolosa, di Napoli, di Gerusalemme
Il cardinale Sturla Berhouet ha preso possesso
del titolo di Santa Galla
Un invito a pregare per la pace tra i
popoli è stato rivolto dal Papa alle
religiose carmelitane, giunte da
Betlemme e dal Medio oriente, e alle
suore del Rosario che hanno
partecipato domenica alla
canonizzazione. Il Pontefice le ha
ricevute in udienza nella mattina di
lunedì 18 maggio, nella Sala
Clementina.
Buongiorno e grazie tante della
visita!
Io sono molto contento di questo
pellegrinaggio delle suore per la
canonizzazione delle nuove sante.
Il presidente dello Stato di Palesti-
na mi ha detto che era partito dalla
Giordania un aereo pieno di suore!
Povero pilota... Grazie tante!
Vi do una missione: pregare le
due nuove sante per la pace nella
vostra terra, perché finisca questa
guerra interminabile e ci sia la pace
fra i popoli. E pregare per i cristiani perseguitati, cacciati via dalle case, dalla loro terra e vittime della
persecuzione “con i guanti bianchi”: è nascosta, ma si fa! Persecuzione “con i guanti bianchi” e terrorismo “in guanti bianchi”. Pregate tanto per la pace. Adesso ognuna di voi, nella sua lingua, pregate
l’Ave Maria con me.
Il cardinale salesiano Daniel Fernando
Sturla Berhouet, arcivescovo di Montevideo, domenica pomeriggio, 17 maggio, ha
solennemente preso possesso del titolo di
Santa Galla. All’ingresso della chiesa romana a Circonvallazione Ostiense il porporato
uruguayano — alla presenza del vescovo
Paolo Schiavon, ausiliare per il settore Sud
— è stato accolto dal parroco, monsignor
Paolo Aiello, che gli ha presentato il crocifisso per il bacio e la venerazione. Successivamente ha presieduto la messa, concelebrata dal vescovo di Mercedes, il salesiano
Carlos María Collazzi Irazábal, dal parroco
e da alcuni sacerdoti uruguayani, tra i quali
Gonzalo Aemilius, il prete che lavora con i
ragazzi di strada amico di Jorge Mario Bergoglio fin dai tempi in cui era arcivescovo
di Buenos Aires. Tra i presenti al rito — diretto da monsignor Marco Agostini, cerimoniere pontificio — l’ambasciatore uruguayano in congedo Daniel Ramada Piendibene e il segretario della Pontificia Commissione per l’America latina, Guzmán Carriquiry Lecour.
e di Nazareth. Sono tutte nate nel
XIX secolo e sono tra le espressioni
più autentiche del genio femminile
nella Chiesa. Papa Francesco le ha
canonizzate domenica 17 maggio,
in piazza San Pietro, davanti a
moltissimi fedeli. Oltre alle
migliaia di napoletani e francesi
venuti a Roma per festeggiare le
due nuove sante compaesane,
molto gioiosa la delegazione
proveniente dalla Palestina, dalla
Giordania e da Israele, guidata dal
patriarca di Gerusalemme, Fouad
Twal, con numerosi vescovi non
solo dei tre Paesi, ma anche di
Libano, Iraq, Marocco, Tunisia,
Egitto, Libia e Cipro. Tutte queste
realtà erano rappresentate dai
postulatori delle cause: padre
Giovanni Zubiani, padre Francesco
Maria Ricci, don Nunzio d’Elia, e
suor María Luíza Ayres.
Significativamente la liturgia è
stata animata anche dalle varie
postulazioni. Prima del canto delle
litanie dei santi, il cardinale Angelo
Amato, prefetto della
Congregazione delle cause dei
santi, ha rivolto al Papa la petitio.
Il Pontefice ha risposto con la
formula di canonizzazione letta in
latino. «A onore della Santissima
Trinità — ha detto — per
l’esaltazione della fede cattolica e
l’incremento della vita cristiana,
con l’autorità di nostro Signore
Gesù Cristo, dei santi Apostoli
Pietro e Paolo e Nostra, dopo aver
lungamente riflettuto, invocato più
volte l’aiuto divino e ascoltato il
parere di molti nostri fratelli
nell’episcopato, dichiariamo e
definiamo sante le beate e le
iscriviamo nell’albo dei santi,
stabilendo che in tutta la Chiesa
esse siano devotamente onorate tra
i santi». Quindi, le loro reliquie
sono state portate
processionalmente accanto
all’altare, mentre il coro della
Cappella Sistina intonava Iubilate
Deo. Alla preghiera dei fedeli le
intenzioni sono state in spagnolo
per la Chiesa, in cinese per i
governanti, in portoghese per i
cristiani perseguitati e in arabo per
i poveri, i rifugiati e i sofferenti, in
italiano per tutte le famiglie. Con
il Papa hanno concelebrato diciotto
cardinali, tra i quali Sodano,
decano del Collegio cardinalizio, e
Sepe, arcivescovo di Napoli,
quaranta presuli, tra i quali il
patriarca di Gerusalemme, Twal, e
l’arcivescovo di Albi, Legrez, e
qualche centinaio di sacerdoti. Tra
i religiosi, il preposito generale dei
carmelitani scalzi Saverio
Cannistrà. Con il Corpo
diplomatico accreditato presso la
Santa Sede erano gli arcivescovi
Becciu, sostituto della Segreteria di
Stato, e Gallagher, segretario per i
Rapporti con gli Stati; i
monsignori Camilleri, sottosegretario per i Rapporti con gli
Stati, e Bettencourt, capo del
Protocollo. Tra i presenti,
l’arcivescovo Gänswein, prefetto
della Casa Pontificia, e monsignor
Sapienza, reggente della Prefettura.
Le delegazioni ufficiali erano
guidate dal presidente dello Stato
di Palestina, Mahmoud Abbas; dal
ministro degli interni francese,
Bernard Cazeneuve; dal
sottosegretario alla presidenza del
Consiglio dei ministri italiano,
Claudio de Vincenti;
dall’ambasciatore d’Israele presso
la Santa Sede, Zion Evrony; e
dall’ambasciatore di Giordania
presso la Santa Sede, Makram
Queisi.