4 GIOVEDÌ 4 DICEMBRE 2014 R speciale oma (nostro servizio). La crisi senza fine miete ogni giorno posti di lavoro e ingoia aziende, a decine, anche nel Lazio coinvolgendo anche quelle imprese autentici ‘fiori all’occhiello’ del made in Italy. Come accade a Viterbo, alla Unopiù Spa, una prestigiosa ditta di arredi creata più di 30 anni fa da due imprenditori. Nonostante una storia gloriosa e di successo internazionale, un vero boom nel 2002 con un fatturato di 80 milioni di euro, a seguito di vari passaggi di proprietà e cattive gestioni, con la crisi del 2009 sono iniziati i veri problemi, come ci racconta Carmelo Virdieri, 52 anni, operaio e delegato sindacale, entrato in azienda nel 2000. “Purtroppo ci sono stati anni in cui si sono sperperate grandi risorse ma poi i nodi sono arrivati al pettine. L’utilizzo della Cigs straordinaria non è servita a rilanciare l'azienda, sia per l'esposizione verso gli istituti di credito sia per la contrazione del mercato, poi nel 2012, a seguito di un ulteriore passaggio di proprietà, la forza lavoro è stata dimezzata. Quando l'azienda ha ufficializzato il taglio del personale aprendo la procedura di mobilità mi è caduto il mondo addosso. Abbiamo iniziato una trattativa estenuante che ha ridotto molto il numero degli esuberi, ma molte filiali sono state chiuse in Italia e in Europa. Alla fine della procedura sono dovuti uscire 50 colleghi e abbiamo sottoscritto un contratto di solidarietà difensivo per due anni, fino al 31 dicembre 2015 per 146 lavoratori”. Una storia di crisi economica e di cattiva gestione che ha segnato profondamente il tessuto sociale ed economico del Viterbese e, soprattutto, delle tante famiglie coinvolte. “Pur essendo riuscito a mantenere il mio posto di lavoro - conclude Virdieri - devo vivere con uno stipendio di 800 euro al mese, e per fortuna che mia moglie ha un lavoro. Tiriamo la cinghia, questo sì, e riusciamo a sostenere i figli che vanno all’università, ma se non ci fosse l'aiuto dei miei suoceri avrei difficoltà a pagare il mutuo della mia casa”. Problemi di mutui, problemi di famiglie normali con figli da crescere comuni a tanti, troppi lavoratori come nel caso di Emiliano Desideri che nella Capita- Iltrenodellacrescita sièfermatoinCalabria N apoli(nostroservizio). È comese Cristo sifossefermatoanzichéadEboli,aTortora. Un paese all’inizio della Calabria. Proprioqui, in questa regione,dove la crisi evidenzia sacche di povertà, di disoccupazione. Ed anchediemigrazione.La parolaemigrazione sembrava una parola da vocabolario sociologico. Invece è una cosa reale. E la senti ripetere tantevolte,ascoltando,nellagrande sala del Palapartenope dove la Cisl ha voluto raccogliere sotto lo slogan“Manifestazione”idirigenti sindacali, le Rsu, i pensionati, i P conquiste del lavoro Lazio,unaregione messainginocchiodallarecessione lavoratori, le donne ed i giovani delle regioni del Centro e Sud Italia. ”Mio cugino - racconta a Conquiste Maria Linardi, una 24enne di Cosenza, precaria - un poco più grande di me è dovuto emigrare inGermania.Dovehaapertounristorante”. Ora l’emigrazione, come è accaduto nel passato (ricordate i treni che vengono dal Sud, Sergio Endrigo ci ha fatto anche una canzone ndr) sta diventando quasi “un mito”. L’ultima occasione da prendere al volo. Basti pensareaitanti connazionali chevivono e lavorano, ad esempio a Londra. Non solo per imparare ad es- escara (nostro servizio). “Fino a qualche tempo fa io e mia moglie eravamo legati ad un filo di lana: dipendenti della stessa azienda molisana, l’Ittierre, leader nella moda e del Made in Italy. Oggi invece siamo divisi: lei, come altri 370 dipendenti, è in mobilità, io pur restando dipendente, sono in cigs fino al 2 aprile 2015, sperando in una ripresa dell’attività”. Così Massimiliano Visco, delegato Femca, racconta la sua situazione. “Dobbiamo assolutamente scongiurare che l’Ittierre passi di moda perché al suo destino è legato il futuro di circa 700 persone e delle loro famiglie. Bisogna superare questa situazione di stallo. Le vicende giudiziarie, che hanno coinvolto alcuni dirigenti aziendali, e il nuovo filone d’inchiesta sui capi contraffatti, hanno impedito il fitto del ramo d’azienda da parte dell’Oti (Officine Tessili Italiane), società che nella fase di concordato preventivo ha rilevato l’Ittierre. Una ripresa che ritarderà a causa delle vicissitudini giudiziarie”. Il piano presentato dall’Oti prevede il reintegro di 40 lavoratori e altri 15 assunti da una società logistica indipendente. Invece, il futuro degli altri 600 lavoratori rimane legato alle licenze acquistate dalla new-co Oti. “Ormai viviamo in un clima di forti incertezze, per questo chiediamo al Governo di modificare il Jobs act per permetterci di accedere ad una proroga della cassa integrazione - aggiunge Visco -. Il presidente Renzi deve guardare anche ai tanti problemi economici e sociali di una regione piccola come il Molise che, in questi anni, ha perso più di 15 mila posti di lavoro e dove il 20% della famiglie vive in condizioni di disagio economico”. Altra storia invece per lo stabilimento Sevel di Atessa (Chieti). “La Sevel, il motore per l’economia dell’Abruzzo, e il più grande stabilimento di veicoli commerciali d’Europa, non lascerà la Val di Sangro. I vertici aziendali hanno deciso di produrre proprio ad Ates- sere “very british” ma per avere un'opportunità. Ancheseil governoinglesenon liama. ”Ecosa dobbiamofare?-sichiedeancora Maria Linardi - da noi ti offrono contratti da 2-3 mesi e poi a casa”. Giovani ed anziani si danno la mano nella crisi. Mimmo Lopez, un pensionato calabrese, un passato da tecnico di laboratorio, è arrabbiato:”Anchenoi - dice -vogliamo gli 80 euro. Vogliamo la rivalutazione delle pensioni, ferme da anni”. Sia se vivi nelle città calabresi sianei piccolicomuni la situazione è uguale dovunque. Nessuna assistenza da parte dei comuni. E le lavora dal 2005 in Selex Service management, un’azienda di Finmeccanica che sviluppa soluzioni ed applicazioni innovative nel settore dell’elettronica. Entrato appena laureato, ha pensato di essere fortunato a lavorare in un’azienda di un gruppo prestigioso come Finmeccanica. E invece, ci racconta, “nel 2009 l’azienda ha acquisito dal Ministero dell’Ambiente il programma Sistri, un progetto di carattere nazionale per tracciare e gestire il ciclo dei rifiuti pericolosi che, quindiper chi ha i figli lontani, magari anche precari, la vita è ancora piùdura. Scarsa l’assistenza sociale. Come baluardo ci sono solo i Patronati. ”Per portare sviluppo nella nostra regione occorre investire - evidenzia Mario Piraggine, delegato Fai - nelle attività legate all’agricoltura e nella forestazione.Unsettoreche puòdaretantissimo.Ed,invece,traiforestalisi taglianoiposti dilavoro”. Non vabenissimo neppure alla Nuovo Pignone di Vibo Valentia, dove si producono gli scambiatori di calore. ”Il premier Renzi - dice Nunzio Mazzitella - dice che il Nuovo Pignone di Firenze, grazie alla privatizzazione, va bene. Ma da noi ha portato una forte riduzione di occupati.Da 350 del1996ai78dioggi”. Il costo dell’energia e la fortissima tassazione impediscono alle aziendecalabresidi avereunfuturo. Se poi, in questo pacchetto, ci metti anche la difficoltà di acces- nel tempo, è diventato l’unico contratto della nostra azienda. All’inizio, vista l’importanza del progetto e la portata economica, confidavo in un’ulteriore crescita dell’azienda e mia personale, ma le cose sono andate diversamente, negli anni il programma ha subito numerosi rallentamenti, modifiche e sospensioni volute dalla politica che hanno gravato economicamente ed industrialmente sull’azienda e di riflesso su noi dipendenti. Una situazione che nel tempo è degenerata e che ha portato nel 2012 alla cassa integrazione della durata di 9 mesi per me ed i miei colleghi, spettatori impotenti dei problemi tra l’azienda ed il Ministero dell’Ambiente”. Floriana Isi so al credito, allora il dado è tratto: nessune o poche opportunità. La politica ci mette del suo. I fondi europeivengonoquasideltuttorimandati indietro, perchè manca unaprogettazione.El'amministrazione regionale non si è curata di fare qualcosa, evidenziano i lavoratori interpellati. Cosa fare allora in questa regione? La Cisl calabrese fissa i “paletti” nel confronto con il Governo e con la Regione: varo di un piano straordinario per il lavoro che preveda la piena occupazione, anche per frenare l’emigrazione costante dei giovani, diplomati e laureati, una stabilizzazione dei precari, un contrasto forte al lavoro nero. E poi percorsi di ricollocazione produttiva per i tanti lavoratori che usufruiscono degli ammortizzatori sociali tradizionali ed in deroga per i quali andrebbero varate politiche attive per ricollocarli. Luca Tatarelli IlMolisechiedenuovosviluppo mentrel’AbruzzopuntasullaSevel sa, dal 2019, il nuovo modello del Ducato” è con orgoglio che Giovanni Zinni, delegato Fim, conferma la notizia di questi giorni: il prolungamento fino al 2027 della partnership tra Fca (Fiat Chrysler) con Psa (Peugeot-Citroen) e la loro volontà di continuare ad investire in Abruzzo. “Oggi si lavora al restyling del furgone commerciale made in Sevel - sottolinea Zinni - e quest’anno raggiungeremo il terzo record di produzione dal 1980. Nel 2014, nonostante la crisi, lo stabilimento di Atessa in totale immetterà nel mercato 228 mila furgoni. Un risultato importante raggiunto anche grazie all’impegno e alla responsabilità che la Fim, primo sindacato in Sevel, ha dimostrato nell’avanzare proposte che si sono tradotte in accordi aziendali. Questi successi ci hanno dato ragione: la Fiat ha voglia di investire in Italia e in Abruzzo”. I 6.200 lavoratori della Sevel e tutti quelli dell’indotto possono guardare con tranquillità al futuro, soprattutto in una Regione, come quella abruzzese, dove il tasso di disoccupazione, secondo gli ultimi dati Istat, è superiore alla media nazionale e più di 6mila persone, nell’ultimo trimestre, hanno perso il lavoro. Tempi difficili anche per chi, dopo una vita di lavoro, dovrebbe andare in pensione. “Ho lavorato per 38 anni alla Tegolaia Sud, un’azienda leader nella produzione di manufatti e tegole in cemento, ma a causa della riforma Fornero, nonostante i miei 62 anni, non ho raggiunto ancora i requisiti pensionistici. Il governo deve assolutamente agevolare l’anticipazione del pensionamento per i lavoratori edili e per tutti coloro che svolgono lavori fisicamente pesanti ed usuranti”. Racconta Enrico D’Arcangelo, delegato Filca, che prima d’aver raggiunto il traguardo della pensione ha visto la sua azienda chiudere le serrande. “Due anni fa il gruppo Tegolaia srl ha deciso di abbandonare lo stabilimento di Chieti Scalo - spiega D’Arcangelo - e per noi è iniziata la via crucis degli ammortizzatori sociali. La mobilità mi accompagnerà fino alla pensione. Ma per i miei compagni di lavoro la situazione è ancora più grave perchè dall’anno prossimo verrà a mancare ogni sostegno al reddito e a causa di questa crisi sono destinati a rimanere senza prospettive occupazionali”. Tegolaia srl, nata dal sodalizio tra due famiglie storiche del settore, Caberlotto e Tognana, oltre a dare lavoro a 130 persone, era un’importante insediamento industriale perché aveva creato intorno a sé un indotto che per colpa della concorrenza spietata si è ridimensionato fino a quasi sparire. “Non ho mai sentito il peso della crisi economica, occupazionale e sociale come in questi anni - aggiunge D’Arcangelo - come se sulle nostre spalle fosse calato un macigno da cui non riusciamo a liberarci. Noi sabato abbiamo manifestato in piazza a Pescara per dare una scossa alla nostra classe politica. Il settore dell’edilizia sta scomparendo ed è necessario salvarlo”. Monica De Vito
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