LA “SORTE” DELLA CASA FAMILIARE IN INGHILTERRA NELLA FASE PATOLOGICA DEL RAPPORTO DI COPPIA, IN UN CONFRONTO CRITICO CON L’ORDINAMENTO TEDESCO E FRANCESE. di Ilaria Giannecchini1 1. Premessa Il tema del presente saggio è la “sorte” della casa familiare nell’ordinamento inglese. Volutamente si evita il termine “assegnazione”, più consueto per il giurista italiano, poiché, come vedremo, con riferimento al sistema anglosassone non sarebbe né corretto né esatto. La problematica verrà esaminata sia nell’ ipotesi di separazione o divorzio sia nell’ipotesi di rottura delle unioni tra persone dello stesso sesso civilmente riconosciute (civil partnerships). È infatti noto che con il Civil Partnership Act del 2004 (entrato in vigore nel 2005) le coppie dello stesso sesso hanno acquisito il diritto di regolarizzare le loro unioni attraverso la registrazione e, in una prospettiva ambiziosa di realizzare un perfetto parallelismo con le coppie eterosessuali coniugate, le stesse hanno conseguito quasi tutti i diritti e i doveri che derivano dal matrimonio; come anche la possibilità di adottare ed accedere alle tecniche di fecondazione artificiale (Burton, F., 2012, 190; Probert R., 2012, 215). Così, molte delle disposizioni che disciplinano il rapporti tra coniugi e tra genitori sposati e figli sono state estese ai civil partners e ai civil partners e figli. La situazione è poi ulteriormente evoluta ad agosto 2013 con il Same Sex Marriage Act che, innovando il diritto, ha legalizzato il matrimonio per le coppie omosessuali. In una prospettiva comparatistica, utile per fornire spunti di riflessione per il nostro sistema giuridico, si analizzeranno anche le soluzioni tedesche e francesi, ma con unico riferimento alle coppie sposate. 2. LA FAMILY HOME IN CASO DI SEPARAZIONE, DIVORZIO O ROTTURA DELLA CIVIL PARTNERSHIP IN INGHILTERRA 2.1 Introduzione Nell’ordinamento inglese, sebbene il tema della casa familiare sia circoscritto da varie leggi, è però puntualmente dilatato dall’esegesi giurisprudenziale. Dunque, in realtà, la disciplina si articola tra leggi e orientamenti giurisprudenziali (case law) che si intrecciano, si compenetrano e talora si contraddicono e fronteggiano, ma che nel complesso forniscono una gamma di soluzioni alle quali si deve guardare con occhio attento. Preliminarmente, prima di addentrarsi nel “mondo giuridico” inglese, si deve procedere ad alcune precisazioni terminologiche e concettuali. In primo luogo, in Inghilterra, il termine family home indica la “casa familiare” in generale, e come tale si intende, non solo la matrimonial home, ma anche la civil partner home. In secondo luogo, con riferimento al patrimonio familiare, si distingue, in realtà e “in teoria”, tra matrimonial assets e non matrimonial assets, intendendo per questi ultimi i beni acquistati prima del matrimonio o ricevuti in donazione o in eredità. In linea generale, in caso di divorzio o separazione (judicial separation or divorce or nullity ) o dissolution 2 solo i matrimonial assets, ossia i beni acquistati durante il matrimonio, possono essere divisi a metà tra i coniugi. Di fatto, però, in forza dell’ampio potere discrezionale riconosciuto ai giudici, spesso, tale distinzione si perde. Così, 1 Dottoressa di Ricerca in diritto comparato nell’Università di Firenze e avvocato del Foro di Firenze. Malgrado la diversa terminiolgia, dissolution per le civil partnership e divorce per i matrimoni , la disciplina è sostanzialmente la medesima. Sussiste un'unica eccezione rilevante, ossia che tra le cause di interruzione della civil partenrship non ricorre l’ipotesi dell’adulterio. 2 in nome della giustizia e dell’equità, i matrimonial assetts potranno non essere divisi equamente tra i coniugi se, considerazioni sul caso concreto, come la breve durata del matrimonio e i reali contributi economici apportanti dai coniugi suggeriscano, come più giusto, il contrario. Parallelamente, i non matrimonial asset potranno invece essere divisi tra i coniugi se ciò appare alle Corti necessario in considerazione della durata del matrimonio, dei contributi personali apportati al benessere della famiglia e in particolare valutando che cosa sia stato fatto e/o sarà fatto per i figli dai genitori. Una disciplina a parte viene riservata alla family home. Quest’ultima, nell’ordinamento inglese, a prescindere da quando, da come e da se sia stata acquisita al patrimonio personale ed esclusivo, rientra sempre e comunque nella matrimonial property ; e ciò anche se ereditata da un coniuge prima del matrimonio o acquistata da quest’ultimo. Il potere discrezionale dei Giudici per quanto concerne la sorte della casa familiare è addirittura più ampio di quello previsto per i vari non matrimonal o matrimonial assets. Le corti hanno infatti il potere di decidere se assegnarla ad uno dei due, se trasferirne la proprietà ad uno solo, anche se non è in comproprietà, oppure se disporre che venga venduta, realizzando un capitale da dividere non necessariamente in parti uguali tra le parti. Dunque, accanto ad una disciplina puntuale e minuziosa, propria anche di altri ordinamenti, come quello tedesco, il pragmatismo inglese impone, sempre, dei criteri generali da seguire e degli obiettivi dichiarati da perseguire. Ed è in tale brecce che si radica e potenzia la discrezionalità delle corti, definita dal Giudice White LJ “quasi assoluta”3; ed è così che si dilatano e sfilacciano la strette maglie delle disposizioni normative. Emerge allora un discutibile RULE-BASE DISCRETIONARY APPROACH, a metà strada tra un rule based approach, ossia basato sulle regole fissate dal legislatore, e un discretionary approach, ossia legato alla case law, e che garantisce potere e libertà alle corti. Si è infatti lasciata piena e ampia discrezionalità ai Giudici, i quali, paradossalmente, pur in assenza di un regime di comunione dei beni, hanno il potere di ridistribuire tra le parti i beni patrimoniali della famiglia (assets) e in generale le risorse economiche. Permane però il vincolo di perseguire un quadruplice obiettivo. In primo luogo si avverte l’esigenza di ricompensare il coniuge per il contributo apportato alla famiglia e prevedere un mantenimento, ove necessario, per i bisogni (needs) futuri. La soluzione finale dovrà sempre rispettare la FAIRNESS e garantire il clean break ossia dovrà essere giusta per tutti, genitori e figli e dovrà cercare di dare un taglio netto ai rapporti tra i partners. Obiettivo, quest’ultimo, apparentemente contraddetto dalla sec. 27 del Matrimonial Causes Act 1973, il quale prevede che entrambi gli sposi abbiano il dovere di mantenere l’altro; imperativo riproposto anche nel Civil Partnership Act 2004. In realtà, proprio l’esegesi giurisprudenziale del concetto di fairness può oggi condurre ad un clean breack. Nel 2006, infatti, la House of Lords nella decisione congiunta Miller v Miller e Mc Farlane v Mc Farlane (2006 UKHL 24) ha tracciato le linee di demarcazione del ricercato criterio della fairness. Quest’ultima imporrebbe l’obiettivo di soddisfare bisogni sia dei figli sia dei coniugi o civil partners; di compensare lo squilibrio economico che hanno e avranno i due sposi in futuro, allorquando uno solo dei due ha potuto far carriera; di perseguire una giusta ed equa divisione degli assets acquisiti durante il matrimonio, ignorando gli effettivi apporti economici personali (a meno che ciò non sia ingiusto farlo). 2.2. La “sorte” della casa familiare in un package approach system e l’imposizione di fatto di una comunione legale -patrimoniale tra le parti. Contrariamente a quanto avviene nell’ordinamento italiano, ove si agisce contestualmente per il mantenimento dei figli e del coniuge e per l’assegnazione della casa familiare, e poi, successivamente, per lo scioglimento della comunione legale, la divisione patrimoniale e poi per le restituzioni e i rimborsi, nell’ordinamento inglese si è imposto l’ holistic approach o package approach. 3 Thomas v. Thomas (1995) in [1995] 2 FLR 668; In pratica, nel momento stesso in cui si deve discutere del mantenimento dei figli o del coniuge o del civil partner, si discute anche della suddivisione dell’intero patrimonio familiare, coinvolgendo, ovviamente, anche la family home. Per il legislatore e il giudice inglese, la soluzione da adottare per la casa familiare dipende allora da una valutazione complessiva sulla situazione patrimoniale della famiglia, nell’obiettivo di raggiungere sia la fairness sia il clean break, ovvero una rottura completa e definitiva, senza ulteriori legami patrimoniali che alimentino discussioni e tensioni tra le parti. Infatti, la decisione della corte si inserisce in un più complesso ragionamento che coinvolge, in realtà, ogni proprietà immobiliare, mobiliare, di capitali ed azioni, di redditi e pensioni della coppia, intrecciandosi con il provvedimento da adottare per il mantenimento della moglie o del marito e dei figli, e travolgendo anche la soluzione finale sulla family home. Come bene spiega Lord Denning della House of Lords nel 1981 ( Hanlon v. Law Society): “La Family Court prende figurativamente i diritti e i doveri delle parti tutti insieme e li mescola in un sacco. Nel sacco troviamo il diritto di occupare la casa familiare o di averne la metà, il dovere di mantenere la moglie e i figli, e così via. La Corte poi estrae questi pezzi e li consegna a ciascun coniuge di volta in volta cosìcchè ognuno possa provvedere a se stesso per il futuro cercando di trovare la soluzione migliore per la madre, il padre e i bambini.” Il regime prospettato da Lord Denning evoca chiaramente quello della comunione legale, così come intesa nel sistema italiano, ma, contro ogni aspettativa, nel diritto inglese non esiste affatto alcun community of property regime . Ogni coniuge o ogni civil partner durante il matrimonio o l’unione è libero di gestire i propri beni, anche se acquistati durante il rapporto, come crede (Standley, 64). Significativamente spiega Sir Mark Potter, Presidente della Family Division : “More correctly we have no regime, simply accepting that each spouse owns his or hers own separate property during the marriage, but subject to the court’s wide distributive powers in prospect upon a decree of judicial separation, nullity or divorce”4. È allora condivisibile la critica di chi ravvisa un inflexible code of automatic matrimonial joint ownership (“un codice inflessibile per un’automatica comunione dei beni matrimoniali”, riportato da Burton, 124). In tale contesto, il legislatore, prima, e le corti, poi, hanno realizzato il tessuto giuridico che avvolge la family home. 2.3 Matrimonial Causes Act 1973 e le ancillary relief Nell’ordinamento inglese le c.d. ancillary relief rappresentano le richieste di provvedimenti di natura economica, ulteriori rispetto alla separazione, al divorzio o alla dissolution, e che coinvolgono il denaro e le proprietà dei coniugi o, più in generale, le conseguenze economiche della nullità del matrimonio, della separazione, del divorzio e della dissolution. Sono disciplinate maniera apparentemente dettagliata nel Matrimonial Causes Act del 1973 (di seguito MCA). Parallelamente, la sec. 72 e la schedule 5 del Civil Partenrship Act 2004 ricalcano le stesse previsioni in caso di dissolution per i civil partners. E , come è stato giustamente rilevato, la sorte della casa familiare rappresenta il perno di ogni ancillary relief package (Burton, 179). La legge (MCA), più volte modificata negli anni, ha subìto gli effetti della erosione ed espansione della giurisprudenza inglese. Di conseguenza, nel momento in cui uno dei due coniugi o civil partner agisce con la ancillary relief, rischia di perdere il controllo assoluto sulle sue personali finances e properties, possedute durante il matrimonio ( M.Welstead & S.Edwards, 2011, 171). 4 Charman v Charman [2007] EWCA Civ. 503, para 124 riportata da Probert (2012, 191) La maggiore incongruenza che si legge nel sistema inglese in questa materia è proprio quella per cui non esiste il concetto e il principio di community of property sia durante il matrimonio, sia nelle civil partnership , poiché ognuno può fare dei suoi beni quello che crede, ma viene invece imposta dalle corti al momento dello scioglimento della unione. I giudici, favoriti dall’obiettivo di raggiungere la fairness, si sono visti riconosciuti un potere ampio e discrezionale c.d. di REDISTRIBUTE PROPERTY. Possono dunque ridistribuire la proprietà sui beni che fino a quel momento erano appartenuti solo ad uno dei coniugi. Le county courts o, per i casi più delicati e complessi, la High Court- Family and Chancery Division, hanno una discrezionalità assoluta e totale nel riallocation process. I criteri in realtà vengono indicati dalla legge, ma, come vedremo, sono talmente soggettivi ed elastici, che non sono in grado di contenere la discrezionalità dei giudici. 2.4 Family home riallocation tra legge e case law Sulla base di quanto disposto dalla section 24 del Matrimonial Causes Act, nel momento in cui viene emesso un decree of divorce, decree of nullity o decree of judicial separation le corti possono adottare quattro diversi property adjustment orders, che peraltro non divengono definitivi fino a quando il decree non diviene assoluto: Transfer of property order, Settlement of property order, Variation of settlement order e Order for the Sale of Property. Tutti possono coinvolgere la casa familiare e tutti possono essere adottati anche in caso di dissolution della civil partnership. Nel primo caso (Transfer of property order), disciplinato dalla sec. 24 (1)(a), la legge autorizza le corti a disporre il trasferimento del diritto di proprietà su un bene mobile o immobile da un coniuge all’altro o ai figli, nell’interesse del coniuge o dei figli al medesimo affidati. Il testo inglese, riferendosi ai bambini, ricorre al termine children of the family. Un’espressione sconosciuta all’ordinamento italiano e che si riferisce non solo ai figli della coppia o dei civil partner, naturali o adottati, ma anche ai figli avuti da precedenti unioni e comunque inseriti in quel contesto familiare. Naturalmente, spesso, il transfer of property order riguarda la casa familiare. Infatti, nel caso in cui ci siano dei bambini, si tende a garantire agli stessi non solo la sicurezza di una casa, ma anche la garanzia di una forma di mantenimento. Così, soprattutto se non vi sono risorse economiche per garantire l’assegno mensile per i figli, il trasferimento della proprietà della family home al partner con il quale i bambini prevalentemente convivono, rappresenta la soluzione ideale per assicurare una sorta di contributo economico. Naturalmente, nell’adottare tale decisione, il Giudice valuta sempre se il coniuge che ottiene la casa, the transferee spouse, ha il denaro sufficiente per mantenerla o per pagare il mutuo e levare l’ipoteca. Ma deve altresì valutare se l’altro coniuge o partner, proprietario o comproprietario della casa, abbia un “luogo dove andare” o se abbia uno stipendio sufficiente per prendere in locazione un immobile. In caso negativo, a favore del “vecchio” proprietario può essere disposto il pagamento di una lump sum (somma complessiva unatantum) o di una sorta di affitto per un determinato periodo di tempo. Ciò in quanto è ritenuto inaccettabile che uno dei due coniugi o civil partner rimanga senza casa e che uno dei due genitori non abbia un luogo dove accogliere i figli [si veda anche M v. B (1998) 1 FLR 53; F.Burton, 2012, 179 e ss]. In ogni caso, anche l’importo della lump sum o del canone di affitto sarà quantificato alla luce del valore netto della quota di proprietà del beneficiario e dei criteri indicati dalla sec. 25 (infra). Per tale ragione potrà anche essere disposto che niente sia dovuto. Spesso, invero, nella pratica, una formula di compensazione è proprio quella di non disporre alcun assegno di mantenimento per il coniuge che rimane nella casa familiare. Per contro, laddove le risorse economiche lo consentono, il contributo per il mantenimento dei figli non viene escluso, ma ridotto, in considerazione del trasferimento della proprietà della casa. Come nell’ordinamento italiano, anche in quello inglese, la casa familiare rappresenta uno dei motivi principali di “battaglie” giudiziarie e, per tale ragione, laddove vi sia la comproprietà, il trasferimento dell’intera proprietà all’uno o all’altro consente di realizzare il c.d. Clean Break. Una soluzione meno drastica è rappresentata dal Settlement of property order (sec.24(1)(b). I beni di uno dei due sposi o civil partner possono essere utilizzati nell’interesse dell’altro o dei “figli della famiglia”, per cui si impedisce l’esercizio del diritto di proprietà per un determinato periodo di tempo. Tempo, durante il quale, il bene viene assegnato al coniuge o civil partner più debole o con il quale vivono prevalentemente i figli della famiglia. Spesso, ovviamente, il provvedimento coinvolge la casa familiare. Nell’ambito della sec.24 (b), per via giurisprudenziale, si sono consolidati tre diversi tipi di orders : Mesher order, Martin Order e Harvey Order. Tutti appartengono alla case law, ovvero devono la loro origine e il loro nome ad un caso giudiziario, tutti posso prevedere che il beneficiario dell’immobile si faccia carico del mutuo per intero o delle riparazioni ordinarie e straordinarie. La decisione finale dipenderà dalla situazione economica delle parti e da se e quanto il beneficiario sacrifica la sua vita e la sua carriera per crescere i figli. Il MESHER ORDER è nato nel caso Mesher v. Mesher del 19805 ed è il provvedimento adottato nell’ipotesi in cui la casa familiare sia in comproprietà o sia di proprietà esclusiva del coniuge o civil partner, che viene allontanato. Evoca chiaramente l’istituto della assegnazione della casa familiare, propria dell’ordinamento italiano, ma nell’ordinamento inglese è altresì disposto che l’immobile, se in comproprietà, verrà venduto nel futuro, quando i figli avranno 18 anni o avranno completato la loro istruzione oppure se la parte assegnataria si risposa6, instaura una convivenza o decede. In caso di vendita, la somma potrà essere divisa equamente a metà tra i partners, ma non necessariamente. La decisione sarà legata alla valutazione discrezionale della Corte. Nelle more della vendita, entrambi i coniugi divengono trustees of the family home (amplius F.Burton, 2012, 183; W. Longrigg & S. Higgins, 2003). La critica principale mossa a tale tipo di order è quella per cui, in ultima analisi, la donna, che di norma rimane in casa, viene abbandonata ad un senso di insicurezza, poiché si vedrà sottratta la casa quando sarà avanti negli anni, senza una prospettiva di carriera e di maggior guadagno (M. Welstead & S. Edwards, 2011, 175). Questo è il dramma ricorrente anche nel sistema italiano, ma le corti inglesi, sfruttando il loro potere discrezionale, hanno individuato degli ulteriori correttivi. Per esempio, nel 2003, nel caso B v B, la corte non ha emesso il Mesher order richiesto, rilevando che la moglie avrebbe conferito nel futuro un notevole contributo allevando i bambini ancora molto piccoli, dovendo sacrificare la sua carriera e conseguentemente i suoi guadagni. Per contro, ha ritenuto che il marito avrebbe ben recuperato i costi di un definito trasferimento della proprietà alla moglie. Un ulteriore profilo problematico è rappresentato dal fatto che i figli, raggiunta la maggiore età, non necessariamente hanno raggiunto anche un’indipendenza economica. Sempre il potere discrezionale delle corti ha creato una importante modifica nel caso Sawden v Sawden (2004) [EWCA civ. 339]. La Corte d’Appello ha infatti modificato il Mesher Order prevedendo che i figli rimanessero nella casa familiare fino a quando non avessero trovato una propria abitazione indipendente. Ineludibile è però il terzo problema nascosto nel Mesher Order, ossia quello che impone la vendita della casa in un determinato periodo futuro, a prescindere dalla situazione del mercato immobiliare e così pregiudicando gli interessi delle parti. Non dissimile è il MARTIN ORDER che risale alla sentenza Martin v Martin del 19787 (1978 Fam.12). La differenza principale con il Mesher order dipende dal fatto che può essere disposto anche in assenza di figli e la sua durata, dunque, non è legata alla maggiore età o al completamento degli studi dei ragazzi. Si consente invece al coniuge o al civil partner di rimanere nella casa familiare fino a quando vuole o comunque fino a quando non si risposa, non muore o non instaura una nuova civil partnership ed oggi anche un same sex marriage. La corte sceglie quale criterio temporale applicare e solo allora la casa sarà venduta e il ricavato sarà diviso nella percentuale decisa, liberamente, dalla corte. In tal modo, la moglie ha la possibilità di organizzarsi e di tutelarsi, ma, per 5 Mesher v. Mesher 1980 , 1 ALL ER 126. 6 Oggi 7 Martin v. Martin 1978 Fam. 12 ci si riferisce anche al same sex marriage contro, the non occupying spouse non ha qui alcuna certezza in merito a quando potrà rientrare in possesso della casa e venderla. Per certo, se il partner beneficiario si risposa, di norma, le corti premiano la pazienza garantendo una maggior quota nella divisione del ricavato al coniuge che ha dovuto lasciare la casa familiare. E ciò anche a prescindere dalla comproprietà dell’immobile. Infine, la terza possibilità di elaborazione giurisprudenziale è rappresentata dal c.d. HARVEY ORDER (Harvey v. Harvey 1982 FLR 141). Si tratta di una variante rispetto al Martin Order. In questo caso la disponibilità della casa può essere disposta a fronte del pagamento di un canone di locazione a favore del partner che ha dovuto lasciare l’immobile, rappresentato anche dal pagamento del mutuo. E’ importante rilevare che, se la casa è in comproprietà, al momento della ripartizione del ricavato della vendita colui che ha pagato il mutuo ha la possibilità di ricevere una quota superiore alla metà. E’ evidente come sia il Mesher Order che il Martin Order che l’Harvey Order tradiscono l’importante obiettivo di realizzare un clean break, lasciando permanere un delicato legame economico tra le parti, attirandosi, per tale ragione, le critiche della dottrina più recente (M. Welstead & S. Edwards, 2011, 176). Si ricorda infine che se la casa è intestata ad uno solo dei coniugi o dei civil partners, nelle more della sentenza della corte, l’altro partner può registrare i suoi home rights cioè il diritto di occupare la casa dell’altro, ossia di non essere allontanato dalla abitazione senza un provvedimento del giudice (Family Law Act 1996, sec 30 e ss.). *** La massima espressione del potere discrezionale delle corti inglesi è però forse ravvisabile nel Variation of Marriage Settlement Order, con il quale la corte può modificare nell’interesse dei figli o di uno dei due coniugi gli accordi stipulati, prima o dopo il matrimonio, disponendo anche sulla casa familiare. Ciò è possibile in quanto, affinchè l’accordo sia esecutivo, deve essere “convalidato” dal giudice. Infine, il provvedimento più temuto dai coniugi o civil partners è l’ Order For The Sale Of Property, con il quale la corte impone la vendita di un bene mobile o immobile di proprietà di entrambe o di uno solo. Tale provvedimento ha un unico limite temporale, poiché può essere emesso solo quando il decree di separazione o divorzio o dissolution è divenuto absolute. In alternativa, la corte ha sempre il potere di sospenderne l’efficacia fino a che non si verifica una determinata condizione, dalla stessa individuata. Di norma viene disposto per garantire il mantenimento dei figli o del partner o quando, nella prospettiva della clean breack, è possibile ricavare dalla vendita denaro sufficiente per l’acquisto di due unità immobiliari. Naturalmente, il provvedimento per la vendita del bene immobile, finalizzato a garantire il mantenimento per la controparte cessa di avere effetto se la persona beneficiaria decede o si risposa o intraprende una civil parthnership o un same sex marriage. Le corti hanno un ampio potere discrezionale anche nel decidere come suddividere poi la somma. Sebbene tengano certamente in considerazione quanto denaro effettivamente ogni singolo coniuge abbia impiegato nell’acquisto della casa, non sono affatto vincolate dall’interesse del proprietario ed anzi ogni contributo economico apportato viene controbilanciato e valutato con altri fattori, come i contributi non economici passati e futuri nell’interesse della famiglia e dei figli. Se, per esempio, uno dei due coniugi guadagna meno o ha meno capacità di guadagno, avrà la possibilità di farsi riconoscere una percentuale maggiore della vendita della casa, come pure potrà avere tale vantaggio il coniuge con il quale prevalentemente vivono i figli minori. Si pensi al caso B v. B del 2001 in cui la corte ha deciso di assegnare alla moglie l’intero ricavato della vendita della casa familiare, peraltro unico asset della famiglia, pari a 124.000 sterline, in considerazione del fatto che avrebbe dovuto garantire una casa ai bambini a lei affidati. 2.5 La sec. 25 del Matrimonial Causes Act 1973: la fonte e il limite della discrezionalita’ delle corti Come anticipato, la giurisprudenza inglese in materia di financial orders in caso di separazione, divorzio o dissolution della civil partnership è contraddistinta da un alto livello di flessibilità, dovuta agli ampi poteri discrezionali di cui godono le corti. Discrezionalità estesa fino al punto che la Corte può non dare esecuzione all’accordo sottoscritto tra le parti se , come precisa la Corte Suprema, nel 2010 nel caso Radmacher v Granatino8, alcune parti di quell’accordo non è bene che uno dei due sposi le sottoscriva. Il fondamento normativo di tale discrezionalità, anche per le civil partnerships, deve essere ricercata nella section 25 del Matrimonial Causes Act 1973 (MCA) il quale prevede che nel decidere se e come esercitare i suoi poteri per le sec. 23, 24, 24 A oppure 24 B (...) il tribunale deve prendere in considerazione tutte le circostanze del caso, prima fra tutte il benessere dei figli minorenni della famiglia (ossia che non hanno ancora raggiunto il diciottesimo anno di età). Si reitera un criterio importante che richiama non solo i figli naturali della coppia, ma anche i figli che vivono con la coppia, sebbene adottati da uno solo o frutto della precedente relazione di uno solo dei due, purchè oramai inseriti nel nucleo familiare. Giustamente si segnala, però, che il limite della maggiore età non tiene conto né del figlio disabile né del fatto che i figli rimangono in casa ben dopo il diciottesimo anno (Stephen M. Cretney, 1997, 72). Problemi lasciati aperti dal legislatore, ma ai quali, comunque, le corti trovano una soluzione. Nella section 25, alla premessa generale, pur non prevedendo affatto una scala gerarchica, segue un lungo elenco di criteri da tenere in considerazione nel momento in cui deve essere adottato un provvedimento che ridistribuisce o assegna dei beni mobili o immobili tra i coniugi. E, argutamente, la dottrina ricorda che la domanda da porsi nella ridistribuzione dei beni non è “ di chi è questo ?”, ma “a chi deve essere dato” (Burton, 2012, 181). Si invitano, dunque, i giudici a prestare particolare attenzione ad altri aspetti, come: (1) il reddito, la capacità di guadagno, il patrimonio e le altre risorse finanziarie a disposizione di ogni coniuge al momento del divorzio oppure in un futuro prossimo, includendo nella capacità di guadagno ogni incremento che, secondo la corte, sarebbe ragionevole aspettarsi da uno dei due coniugi; (2) i bisogni economici, gli obblighi o impegni economici e le responsabilità che ognuno dei coniugi ha o è probabile che avrà in un prossimo futuro; (3) il tenore di vita goduto dalla famiglia prima della rottura del matrimonio; (4) l'età di ciascuno dei coniugi e la durata del matrimonio; (5) ogni menomazione fisica o psichica di ciascuno dei due coniugi; (6) i contributi che ciascuno dei coniugi ha dato o è probabile potrà dare in un prossimo futuro per il benessere della famiglia, incluso ogni contributo nell'occuparsi della casa, nel prendersi cura della famiglia; (7) la condotta di ciascuno dei coniugi, nel caso in cui detta condotta dovesse essere, a giudizio della corte e secondo principi di equità, di una natura tale da imporre di tenerla in considerazione9; (8) in caso di procedimento per il divorzio o di nullità del matrimonio, il valore di ogni beneficio (per esempio una pensione) che un coniuge non avrà più la possibilità di acquisire per effetto della dissoluzione del matrimonio. Tutti questi criteri dovranno essere tenuti in considerazione al fine di giungere ad una soluzione che dovrà essere equa e giusta, per il raggiungimento della prospettata FAIRNESS. E ciò anche con riferimento alla family home, la cui sorte, dunque, verrà a dipendere, non dalla necessità di garantire ai figli di rimanere nella casa in cui sono cresciuti, ma di garantire loro un tetto, sotto il quale mantenere un rapporto costante con i genitori. La sorte della casa familiare viene infatti travolta e coinvolta dalla soluzione complessiva per l’intero patrimonio familiare, restando legata e condizionata alla soluzione finale della property riallocation. Obiettivo, quest’ultimo, i cui confini vengono continuamente spostati dalla flessibilità delle corti. Deve invero ricordarsi il famoso caso White v. White,10 del 2000, reso dalla House of Lords la quale colse l’occasione di chiarire che nella ricerca di una soluzione equa per la divisione del patrimonio si deve tener conto del contributo di ogni singolo coniuge, escludendo ogni forma di discriminazione, basata sulla divisione dei ruoli. In altre parole, nessun giudice avrebbe dovuto ritenere vi fosse una differenza sostanziale tra una casalinga (home maker) e un uomo d'affari (bread winner), e pertanto non avrebbe potuto a priori decidere di non dividere a metà il patrimonio accumulato dall’uomo di affari. Dal 2000 si è così inaugurato un sistema che non si limita a garantire al coniuge più debole i bisogni necessari, ma, anche nel caso di coppie ricche, tende alla divisione del patrimonio in parti uguali. Ed allora proprio i criteri 8 [2010] 2 FLR 1900, SC; [2010]UKSC 42 L’infedeltà non ha alcun rilievo per le Corti 10 [2001] 1 All ER 1, 9 della sec. 25 vengono utilizzati “all’opposto”, ossia per argomentare la decisione di non dividere a metà il patrimonio familiare. Similmente nel caso Lambert v Lambert del 200211, reso dalla Court of Appeal, la divisione a metà di un ingente patrimonio ha trovato la sua giustificazione sul convincimento che il contributo del coniuge impegnato in un’attività lucrativa (breadwinner) non potesse avere una maggiore considerazione del contributo del coniuge che si era occupato dell’economia domestica (homemaker). Le eccezioni al criterio di uguaglianza per gli ingenti patrimoni sono giustificate dal criterio del c.d. contributo eccezionale di uno dei due coniugi, accolto nel caso Sorrell v. Sorrell della High Court, nel 200512. In pratica le eccezionali capacità imprenditoriali giustificherebbero la decisione di riconoscere una maggior quota del patrimonio al partner che ha incrementato in maniera esponenziale il patrimonio grazie a sue peculiari doti, come per esempio nel caso di una invenzione brevettata. E’ evidente come, in tale prospettiva, la family home rimane coinvolta nel vortice della ridistribuzione e divisione del patrimonio, senza essere assolutamente condizionata dalla pretesa esigenza dei figli di rimanere nella casa in cui sono cresciuti o di rimanervi con il genitore presso il quale prevalentemente vivono. 3) LA CASA FAMILIARE NELL’ORDINAMENTO TEDESCO IN CASO DI SPERAZIONE E DIVORZIO 3.1 Premessa La disciplina della casa familiare (Ehewohnung) in Germania è rigorosamente regolamentata dal Codice civile (Bürgerliches Gesetzbuch o BGB13) il quale prevede una diversa soluzione in caso di divorzio o di separazione. L’esito finale è comunque in parte condizionato dal regime patrimoniale scelto dai coniugi. In via preliminare, deve infatti rilevarsi che, in assenza di altro accordo, il regime patrimoniale applicato per legge è quello in base al quale si combina il regime della separazione dei beni con quello della comunione sui guadagni maturati durante il matrimonio (Zugewinngemeinschaft, §1363 (1) BGB). E, per inciso, l’aumento di valore dei singoli beni di ciascun coniuge è considerato “un guadagno maturato da entrambi gli sposi”. Così, nel momento del divorzio, ciò che è stato “guadagnato” durante la vita coniugale rispetto al proprio patrimonio o ciò che è stato acquistato durante il matrimonio dovrà essere diviso equamente a metà (§1372 e segg. BGB). Ciascuno avrà un diritto di credito verso l’altro per gli incrementi di valore dei rispettivi patrimoni, intesi come acquisizione di ulteriori beni oltre all’incremento di valore di cespiti dei quali i coniugi erano già titolari (amplius Oberto, 2011, 371 e ss; Dutta, 2012, 157 e ss). Il valore deve essere calcolato al momento della domanda di divorzio e raffrontato con quello al momento in cui hanno optato per il regime di Zugewinnegemeinschaft. Si prospettano dei meri calcoli matematici, volti ad individuare per differenza chi ha ottenuto un maggior incremento per poi dividerlo al 50%. Un’eccezione è prevista per il caso in cui la divisione dell’aumento di valore risulti gravemente ingiusta; tale situazione ricorre in particolare quando il coniuge che ha realizzato l’aumento di valore più modesto non ha adempiuto agli obblighi economici derivanti dal matrimonio, quando tale inadempimento si sia protratto per un periodo piuttosto lungo e sia comunque imputabile al coniuge (§ 1381 BGB). La decisione del giudice, che può alterare la divisione prevista al 50%, giova ribadirlo, opera solo nel caso in cui tale soluzione appaia, a sua discrezione, gravemente ingiusta. Sebbene si sia ben lontani dalla fairness delle sentenze inglesi e dall’ampio potere discrezionale dei giudici d’oltre manica, sebbene l’intero meccanismo sia meramente matematico, comunque, non può escludersi che nella ripartizione vi ricada anche la casa familiare. Diversamente, i coniugi, con un accordo (§1408 e ss. BGB) potranno optare o per la comunione dei beni (Gutertgemeinschaft §1415 BGB) con la divisione a metà del patrimonio al momento della rottura del vincolo coniugale, o per il regime della separazione patrimoniale (Gutertrennung §1414 BGB) che garantisce la proprietà esclusiva a ciascun coniuge sui propri beni. 11 Lambert v. Lambert [2003] 1FLR139 CA Sorrell v Sorrell [2005] EWHC 1717(Fam); [2005] All ER (D) 104 13 La traduzione in inglese del BGB può leggersi in www.gesetze –im-internet .de/english_bgb/index.html . 12 Dunque, in caso di Zugewinngemeinschaft l’abitazione familiare entrerà a far parte del patrimonio comune dei coniugi se acquistata dopo il matrimonio o se acquistata deliberatamente in comproprietà, e solo in quest’ultimo caso se i coniugi hanno optato per il regime di Gutertrennung. La circostanza che la casa sia in comproprietà o di proprietà esclusiva di un coniuge rileva solamente nella fase del divorzio o di un eventuale annullamento del matrimonio, rimanendo invece irrilevante nella fase della separazione. 3.2 L’assegnazione della casa familiare nella fase della separazione In base a quanto dispone il paragrafo 1361 (b) , durante la fase della separazione, uno dei coniugi, anche se non è comproprietario, può chiedere l’assegnazione della casa familiare o di una parte di essa. È infatti prevista, e peraltro ritenuta la soluzione migliore per tutti, l’opzione di una condivisione degli spazi comuni della casa matrimoniale e la contemporanea assegnazione in via esclusiva di alcune stanze ai due coniugi. Il giudice, nel caso in cui le parti non trovino un accordo, dovrà decidere tenendo conto delle esigenze di entrambe i coniugi, della difficoltà di entrambe di trovare un altro immobile ove trasferirsi, con l’obiettivo di evitare una soluzione ingiusta, una ingiustizia in generale. 14 E’ importante rilevare che l’iniquità o meno dell’assegnazione della casa familiare ad un coniuge in via esclusiva può, per espresso riferimento legislativo, essere valutata anche in considerazione del miglior interesse dei figli che vivono nell’abitazione. Dunque, nel loro superiore interesse, che li vede in teoria, ma solo in teoria, radicati nella casa familiare, quest’ultima potrà essere assegnata al coniuge con il quale vivono la maggior parte del tempo. Anche in questo caso, comunque, non vi sono certezze precostituite. Infatti, proprio nel loro interesse, può anche disporsi una coabitazione tra ex sposi, con una divisione degli spazi e delle stanze dell’immobile. In ogni caso, se uno dei due coniugi è proprietario esclusivo o comproprietario con un terzo della casa familiare o ha un diritto di usufrutto, o di abitazione, il BGB impone, per la decisione finale, di “tenere in particolare 14 § 1361b Ehewohnung bei Getrenntleben: (1) Leben die Ehegatten voneinander getrennt oder will einer von ihnen getrennt leben, so kann ein Ehegatte verlangen, dass ihm der andere die Ehewohnung oder einen Teil zur alleinigen Benutzung überlässt, soweit dies auch unter Berücksichtigung der Belange des anderen Ehegatten notwendig ist, um eine unbillige Härte zu vermeiden. Eine unbillige Härte kann auch dann gegeben sein, wenn das Wohl von im Haushalt lebenden Kindern beeinträchtigt ist. Steht einem Ehegatten allein oder gemeinsam mit einem Dritten das Eigentum, das Erbbaurecht oder der Nießbrauch an dem Grundstück zu, auf dem sich die Ehewohnung befindet, so ist dies besonders zu berücksichtigen; Entsprechendes gilt für das Wohnungseigentum, das Dauerwohnrecht und das dingliche Wohnrecht. (2) Hat der Ehegatte, gegen den sich der Antrag richtet, den anderen Ehegatten widerrechtlich und vorsätzlich am Körper, der Gesundheit oder der Freiheit verletzt oder mit einer solchen Verletzung oder der Verletzung des Lebens widerrechtlich gedroht, ist in der Regel die gesamte Wohnung zur alleinigen Benutzung zu überlassen. Der Anspruch auf Wohnungsüberlassung ist nur dann ausgeschlossen, wenn keine weiteren Verletzungen und widerrechtlichen Drohungen zu besorgen sind, es sei denn, dass dem verletzten Ehegatten das weitere Zusammenleben mit dem anderen wegen der Schwere der Tat nicht zuzumuten ist. (3) Wurde einem Ehegatten die Ehewohnung ganz oder zum Teil überlassen, so hat der andere alles zu unterlassen, was geeignet ist, die Ausübung dieses Nutzungsrechts zu erschweren oder zu vereiteln. Er kann von dem nutzungsberechtigten Ehegatten eine Vergütung für die Nutzung verlangen, soweit dies der Billigkeit entspricht. (4) Ist nach der Trennung der Ehegatten im Sinne des § 1567 Abs. 1 ein Ehegatte aus der Ehewohnung ausgezogen und hat er binnen sechs Monaten nach seinem Auszug eine ernstliche Rückkehrabsicht dem anderen Ehegatten gegenüber nicht bekundet, so wird unwiderleglich vermutet, dass er dem in der Ehewohnung verbliebenen Ehegatten das alleinige Nutzungsrecht überlassen hat. considerazione tale circostanza”. Leggendo testualmente la norma sembrerebbe di capire che, in questo caso, nella valutazione del giudice i diritti dei terzi concorrano alla pari con il miglior interesse dei figli. La prassi giurisprudenziale però disattende tale comma quando vi sono minori di anni quattordici, residenti nell’immobile. Non solo. Dopo la scelta non troppo felice di aver legittimato criteri eccessivamente elastici e generali, peraltro nemmeno organizzati secondo una scala gerarchica, nei commi successivi si articolano eccezioni di eccezioni, che confondono il giurista. Nel perseguire infatti l’ambizioso obiettivo di prevedere una disciplina capillare, il legislatore si perde in una normativa di dettaglio alla quale, drammaticamente, affianca, ancora una volta, delle clausole generali che intrecciano la disciplina. Così, al secondo comma, si prevede che la condivisione della casa familiare debba ritenersi esclusa nel caso in cui uno dei due sposi abbia intenzionalmente cagionato lesioni all’altro o ne abbia compromesso la libertà o abbia minacciato di aggredirlo o di ucciderlo. In questi casi, in linea generale, la “vittima” avrà sempre diritto di rimanere nell’immobile escludendo l’altro. Troviamo, poi, però, un’ altra eccezione, alla quale segue un’ ulteriore eccezione fondata non su fatti oggettivi, ma sulla valutazione discrezionale del giudice. Ed invero, la richiesta di un uso esclusivo della casa familiare non potrà essere accolta se non vi è ragione di temere che altre condotte aggressive potranno essere perpetrate, a meno che, per la gravità della condotta tenuta in precedenza, il giudice non ritenga di poter pretendere che la “vittima” accetti di dividere la casa con il suo aggressore. Una disciplina all’evidenza contorta e fumosa, che non conduce e non può condurre al risultato sperato di garantire una maggior giustizia. Singolare è poi constatare che, se la casa viene assegnata ad entrambe o ad uno solo, l’altro, il proprietario, ha diritto di richiedere un corrispettivo economico, definito equo, ma per il cui ammontare non viene indicato alcun criterio. Per certo, secondo l’orientamento giurisprudenziale tedesco, l’assegnazione della casa familiare viene valutata come contributo al mantenimento nella maggior parte dei casi. Infatti, per il BGB il mantenimento del coniuge è visto come ipotesi residuale ed eccezionale, vigendo la regola opposta in base alla quale ciascun coniuge ha il dovere di procurarsi i mezzi per il proprio mantenimento (§ 1416 BGB). La soluzione si semplifica se uno dei due coniugi decide di lasciare la casa familiare ed entro 6 mesi non comunica la sua volontà di rientrare. In tal caso, l’altro acquisisce il diritto di rimanere nell’immobile a titolo esclusivo. Se la fase della separazione presenta la prospettiva di soluzioni non definitive, con il divorzio emerge tutta la rigidità del sistema tedesco. 3.3 L’assegnazione della casa familiare dopo il divorzio Una lettura frettolosa dei paragrafi del BGB dedicati al divorzio lascia emergere le tracce dell’ideologia inglese del clean breack, ma, nel sistema tedesco, questa in realtà si fonda per lo più sulla convinzione, non tanto di evitare ulteriori discussioni tra ex coniugi, quanto piuttosto sul valore della responsabilità individuale, ossia del dovere di mantenere se stessi (§1569). Principio ribadito anche recentemente dalla legge di riforma sul mantenimento, promulgata nel 2007 (Gesetz zur Anderung des Unterhaltsrechts). Dopo il divorzio, il mantenimento da parte di un ex coniuge nei confronti dell’altro diviene dunque residuale, confinato in situazioni particolari, espressamente codificate, come nel caso in cui uno solo uno dei due si occupi dei figli sacrificando la propria carriera (§1570 BGB), o se uno dei due è troppo avanti negli anni per lavorare (§1571 BGB), o se è affetto da una qualche malattia debilitante (§1572 BGB) o se uno dei due è disoccupato (§1572 BGB). Con riferimento a quest’ultima ipotesi, però, deve ricordarsi che lo Stato tedesco garantisce dei corsi di specializzazione per l’inserimento nel mondo del lavoro e che “il disoccupato” deve dimostrare di aver fatto il possibile per trovare lavoro, inclusi i corsi. Con la riforma del 2007, poi, si è riconosciuto alle corti il potere discrezionale di limitare ancor più il contributo al mantenimento. Così, sul presupposto che una diversa soluzione sarebbe ingiusta e ingiustificata, clausola generale che apre le porte alla più ampia discrezionalità, i giudici possono prevedere la possibilità che l’assegno venga ridotto ad un importo sufficiente solo a soddisfare i bisogni primari (§1578B) oppure possono disporre che abbia una durata solo di alcuni anni. Dal momento che il legislatore tedesco, di fatto e di nascosto, teme la discrezionalità delle corti, al paragrafo 1579, numeri 1-8, del BGB, ha stilato un elenco di casi in cui disporre il mantenimento sarebbe manifestamente ingiusto; azzerando di fatto la discrezionalità dei giudici. Nell’elenco si ritrova l’ipotesi in cui il coniuge richiedente abbia instaurato una nuova relazione stabile, o abbia commesso un reato nei confronti del potenziale obbligato o dei suoi figli o di chi dipende economicamente da lui, o perché si sia messo nella situazione di bisogno economico volontariamente oppure più semplicemente perché il matrimonio ha avuto breve durata. Parallelamente, il BGB impone l’obbligo di mantenere i figli (§ 1601 BGB), se non sono in grado di mantenersi da soli (§1602 BGB), ma è limitato alle possibilità dei genitori (§ 1603 BGB). Tuttavia, la capacità di mantenimento nei confronti dei figli deve essere valutata in senso ampio, ossia deve tenersi conto del reddito realizzabile, non solo del reddito disponibile (§ 1603, paragrafo 2, BGB). In linea di principio, i genitori devono mantenere la prole proporzionalmente al loro reddito e al loro patrimonio. Tuttavia, il genitore che presti al figlio cure e assistenza, nella prospettiva tedesca adempie in tal modo al suo obbligo di mantenimento (§ 1606, paragrafo 3, BGB). *** Dunque, la problematica dell’assegnazione della casa familiare (Ehewohnung) non solo è chiaramente condizionata da tale rigido e severo contesto, ma deve altresì coordinarsi con il regime patrimoniale scelto della coppia, poiché, nella fase del divorzio, il fatto che la casa sia in comproprietà o di proprietà esclusiva di uno dei coniugi, può incidere delle differenze. E’ evidente che la divisione patrimoniale è propedeutica ad ogni questione sulla assegnazione della casa familiare e che il problema si può porre solo se i coniugi non trovino un accordo, che, in realtà, di norma viene concluso. Si segnala peraltro che non è infrequente la richiesta di mandare all’asta la casa familiare quando la stessa è in comproprietà, non rilevando affatto a chi sia stata assegnata durante la fase della separazione e se ci sono figli minori. In ogni caso, la materia è espressamente regolata dal paragrafo 1568 a (1) BGB15, così come modificato nel 2009 con la legge sulla riforma del regime patrimoniale dei coniugi. La novità più incisiva è stata quella di introdurre, 15 § 1568 a Ehewohnung (1) Ein Ehegatte kann verlangen, dass ihm der andere Ehegatte anlässlich der Scheidung die Ehewohnung überlässt, wenn er auf deren Nutzung unter Berücksichtigung des Wohls der im Haushalt lebenden Kinder und der Lebensverhältnisse der Ehegatten in stärkerem Maße angewiesen ist als der andere Ehegatte oder die Überlassung aus anderen Gründen der Billigkeit entspricht. (2) Ist einer der Ehegatten allein oder gemeinsam mit einem Dritten Eigentümer des Grundstücks, auf dem sich die Ehewohnung befindet, oder steht einem Ehegatten allein oder gemeinsam mit einem Dritten ein Nießbrauch, das Erbbaurecht oder ein dingliches Wohnrecht an dem Grundstück zu, so kann der andere Ehegatte die Überlassung nur verlangen, wenn dies notwendig ist, um eine unbillige Härte zu vermeiden. Entsprechendes gilt für das Wohnungseigentum und das Dauerwohnrecht. (3) Der Ehegatte, dem die Wohnung überlassen wird, tritt 1. zum Zeitpunkt des Zugangs der Mitteilung der Ehegatten über die Überlassung an den Vermieter oder 2. mit Rechtskraft der Endentscheidung im Wohnungszuweisungsverfahren an Stelle des zur Überlassung verpflichteten Ehegatten in ein von diesem eingegangenes Mietverhältnis ein oder setzt ein von beiden eingegangenes Mietverhältnis allein fort. § 563Absatz 4 gilt entsprechend. (4) Ein Ehegatte kann die Begründung eines Mietverhältnisses über eine Wohnung, die die Ehegatten auf Grund eines Dienst- oder Arbeitsverhältnisses innehaben, das zwischen einem von ihnen und einem Dritten besteht, nur verlangen, wenn der Dritte einverstanden oder dies notwendig ist, um eine schwere Härte zu vermeiden. (5) Besteht kein Mietverhältnis über die Ehewohnung, so kann sowohl der Ehegatte, der Anspruch auf deren Überlassung hat, als auch die zur Vermietung berechtigte Person die Begründung eines Mietverhältnisses zu ortsüblichen Bedingungen verlangen. Unter den Voraussetzungen des § 575 Absatz 1 oder wenn die Begründung eines unbefristeten Mietverhältnisses unter Würdigung der berechtigten Interessen des Vermieters unbillig ist, kann der Vermieter eine angemessene Befristung des Mietverhältnisses verlangen. Kommt eine quale elemento di valutazione ai fini della assegnazione della casa familiare, il miglior interesse dei figli, creando un perfetto parallelismo tra la fase del divorzio e quella della separazione. Infatti, sia i paragrafi 1361 (a) e 1361 (b), per la fase della separazione, sia il paragrafo 1568 (a), per il divorzio, prevedono che un coniuge possa comunque chiedere l’assegnazione della Ehewohnung, anche se non è comproprietario. La prima parte del § 1568 (a) prevede altresì che la richiesta di assegnazione della casa sia motivata appunto dall’obiettivo di perseguire il miglior interesse dei figli. Dunque, la stessa sarà assegnata, in teoria, al genitore con il quale maggiormente vivono. Lo stesso paragrafo prevede anche l’eventualità di assegnare la casa familiare al coniuge che ha con la stessa un maggior legame, per esempio, perché vi è cresciuto, oppure perché si trova in una situazione di svantaggio, al fine precipuo di evitare una soluzione ingiusta. Se invece la casa familiare è di proprietà esclusiva di un coniuge o del coniuge e di una terza persona, o questi ne ha l’usufrutto, sarà obbligato a lasciarla all’altro solo se sarebbe manifestamente ingiusto non farlo [§ 1568(a) 1]. Nuovamente la sorte della casa familiare viene affidata ad un criterio generale e soggettivo, come l’ingiustizia, che lascia ampio margine discrezionale alle corti e per la quale, stranamente, il legislatore tedesco non offre alcun criterio orientativo. La valorizzazione, in ultima analisi, del diritto di proprietà esclusiva deve comunque essere contemperato con l’esigenza di tenere in considerazione il miglior interesse dei bambini, fissato al primo punto. Interesse che viene identificato spesso con l’esigenza dei figli di rimanere nella casa familiare e dunque di conseguenza che la stessa sia assegnata al coniuge con il quale i bambini rimangono più tempo. La lettura dei casi giurisprudenziali, però, rileva la tendenza dei giudici a ritenere che il bisogno dei figli di rimanere nella casa familiare possa essere considerato irrilevante dopo il quattordicesimo anno di età, quando un trasferimento, si pensa, non possa comportare alcun trauma. Dunque, se la casa è di proprietà di uno solo dei coniugi che non coincide con quello affidatario, il proprietario, genitore di figli maggiori di anni 14, ha buone possibilità di ritornare nella piena disponibilità del bene. 4. IL REGIME DELL’ASSEGNAZIONE DELL’ABITAZIONE FAMILIARE IN CASO DI SEPARAZIONE E DIVORZIO IN FRANCIA 4.1 Premessa Come giustamente rileva la dottrina (Pintens, 2012, 69) le conseguenze economiche della separazione e del divorzio negli ordinamenti di civil law, primo tra tutti della Francia, vengono affidate alla c.d. matrimonial property and maintenance law, diversamente da quanto avviene nell’ordinamento inglese, ove vengono lasciate alla disciplina delle regole generali della property law. In Francia, come in Italia, la fase patologica del matrimonio e le conseguenze economiche che essa si trascina dietro, è disciplinata da principi tali da essere in grado di travolgere, prima tra tutte, la proprietà. Si rileva però che il diritto di famiglia francese lascia ampi spazi all’autonomia dei coniugi ed il potere discrezionale del giudice, pur inevitabilmente presente, resta condizionato, da un lato, dalla legge, dettagliata e tentacolare, dall’altro, dalla volontà congiunta degli sposi. In tale logica, la casa familiare (logement de la famille) secondo quanto dispone l’art. 215 co. 2 c.c. è il luogo scelto dai coniugi di comune accordo come residenza della famiglia. Solo di comune accordo, a prescindere da chi ne sia il proprietario e dal regime patrimoniale adottato, l’immobile, come i suoi arredi interni, possono essere Einigung über die Höhe der Miete nicht zustande, kann der Vermieter eine angemessene Miete, im Zweifel die ortsübliche Vergleichsmiete, verlangen. (6) In den Fällen der Absätze 3 und 5 erlischt der Anspruch auf Eintritt in ein Mietverhältnis oder auf seine Begründung ein Jahr nach Rechtskraft der Endentscheidung in der Scheidungssache, wenn er nicht vorher rechtshängig gemacht worden ist. Vorschrift eingefügt durch das Gesetz zur Änderung des Zugewinnausgleichs- und Vormundschaftsrechts vom 06.07.2009 venduti o dati in locazione. Il comma 3 dell’articolo prevede infatti: “Les epoux ne peuvent l’un sans l’autre disposer des droits par lesquels est assuré le logement de la famille, ni des meubles meublants dont il est garni” (“Uno dei coniugi non può, senza il consenso dell’altro, disporre dei diritti relativi all’abitazione familiare, né dei mobili che la arredano”). Il carattere indisponibile dell’abitazione familiare cessa solo con lo scioglimento del matrimonio, ossia con la sentenza definitiva di divorzio, pertanto, come precisato dalla giurisprudenza “l’abitazione familiare non perde tale qualità (i.e. indisponibilità) qualora il proprio godimento sia attribuito, a titolo provvisorio, a uno dei coniugi durante la procedura di divorzio”16; ed il prolungamento del carattere familiare dell’abitazione perdura a maggior ragione durante la fase della separazione. Dunque, ogni atto dispositivo eccedente l’ordinaria amministrazione, compiuto da uno dei coniugi prima della pronuncia definitiva di divorzio sarà nullo (Cass. Civ. 1re, 3 marzo 2010, n. 08-18.94717). Successivamente, invece, il proprietario della ex casa familiare, a differenza di quanto avviene nell’ordinamento italiano, salvo in casi eccezionali, può venderla. Anche nell’ordinamento francese il regime patrimoniale prescelto incide delle differenze per l’assegnazione della casa familiare in caso di divorzio. È allora fondamentale ricordare che in Francia il regime legale (régime légal) è quello della comunione dei beni (communauté réduite aux acquets), per cui, al momento del divorzio, tutti i redditi e i beni accumulati dai coniugi durante il matrimonio saranno divisi a metà. Per contro, il regime della separazione dei beni è residuale e deve essere espressamente previsto per scritto. In realtà, poi, la decisione sull’assegnazione della casa familiare viene a dipendere, non solo dal regime patrimoniale prescelto, ma anche dal fatto che la casa sia in comproprietà o in proprietà esclusiva, risentendo infine anche della fase in cui viene inoltrata la richiesta di assegnazione. Caratteristica dell’ordinamento francese, in parte simile a quello italiano, è che la reale e logica frattura temporale deve essere collocata tra la fase anteriore alla sentenza di divorzio, fase nella quale rientra la separation de corps (la separazione) e la fase preliminare della procedura di divorzio, e la fase successiva alla sentenza definitiva di divorzio. Sentenza per la quale si deve spesso attendere anni per processi lunghi e complessi. A questa problematica non ha posto rimedio nemmeno la riforma introdotta con la legge n. 439 del 26 maggio 2004; e ciò sebbene fosse concentrata sull’introduzione del principio inglese di clean break (276-4 code civil), dell’autoresponsabilità tedesca (270 code civil) e dell’introduzione di ampi poteri al Notaio in caso di divorzio consensuale. 4.2 Assegnazione della casa familiare dalla separazione dei corpi (artt. da 296 a 309 cc) fino alla sentenza di divorzio in caso di comproprietà o proprietà esclusiva Sia che la casa coniugale sia in comunione di beni o in comproprietà o di proprietà esclusiva, nella fase della separazione, il giudice può disporre, previo accordo delle parti, che entrambi i coniugi possano convivere. In assenza di accordo, il giudice, vincolato all’interesse dei figli e del coniuge più debole, può decidere di attribuire la casa familiare a uno dei due coniugi a titolo di misura provvisoria. Come ovvio, si prediligerà il coniuge meno abbiente e al quale sono affidati in via esclusiva o prevalente i bambini. La stessa soluzione potrà aversi nella fase introduttiva del divorzio, quando le juge, ai sensi dell’art. 255 c.c., nel momento in cui viene inoltrata la domanda di divorzio, emette un provvedimento provvisorio sull’assegnazione. Si legge infatti “Il giudice può, tra le altre cose, attribuire a uno di loro [dei coniugi] il godimento dell’immobile e del relativo mobilio o dividere tale godimento tra i due, precisandone il carattere gratuito o meno e, al limite, constatando l’accordo tra i coniugi relativo all’ammontare dell’indennità di occupazione”. Il giudice potrà anche, eventualmente e nell’interesse esclusivo dei figli, prevedere che entrambi i coniugi possano risiedere, per periodi limitati e in alternanza, nell’abitazione familiare (es: TGI18 Péronne, 21 novembre 2005 (“Le juge peut notamment: […] attribuer à l’un d’eux la jouissance du logement et du mobilier du Ex plurimis Cass. Civ. 1re, 26 gennaio 2011, n. 09-13.138: “le logement de la famille ne perd pas cette qualité lorsque sa jouissance a été attribuée, à titre provisoire, à l'un des époux pour la durée de l'instance en divorce” in Révue Trimestrielle de Droit Civil, 2011, 227 17 Cass. Civ. 1re, 3 marzo 2010, n. 08-18.947 in Révue Trimestrielle de Droit Civil 2010, p. 367 e ss. 18 Tribunal de Grande Instance. È il principale giudice civile di primo grado nell’ordinamento francese. 16 ménage ou partager entre eux cette jouissance, en précisant son caractère gratuit ou non et, le cas écheant, en constatant l’accord des époux sur le montant d’une indemnité d’occupation” ). In ogni caso, il magistrato francese potrà altresì prevedere una sorta di indennità di occupazione a favore dell’altro comproprietario o del proprietario, ma tale ammontare dovrà tener conto anche del devoir de secours e dunque della pension alimentaire che spetta al coniuge più bisognoso. In pratica, dunque, la messa a disposizione della casa familiare, senza la corresponsione di alcuna indennità può essere considerata come un contributo al mantenimento del coniuge più debole (art. 303 code civil). L’assegnazione provvisoria della casa familiare non preclude l’azione di vendita forzata ex art. 217 c.c., allorquando il coniuge proprietario o comproprietario lo richieda nell’interesse della famiglia (Cass. Civ., 30 settembre 2009, Bull Civ 1 n 196 ). La situazione si complica quando il procedimento di divorzio volge al termine. 4.3 Assegnazione della casa familiare in caso di divorzio Dall’art. 260 all’art. 286, il code civil disciplina le conseguenze della sentenza di divorzio. Premesso che con lo scioglimento del vincolo coniugale viene meno la comunione, l’art. 285-1 code civil detta una particolare disciplina per la casa familiare nel caso in cui uno dei coniugi sia l’unico proprietario. Si legge testualmente “Se la casa familiare appartiene ad uno dei coniugi il giudice la può concedere in locazione al congiunto che esercita da solo o in comune la potestà genitoriale sui figli, sempre che questi siano abitualmente residenti nella casa familiare e sempre nel loro interesse. Il giudice fissa la durata della locazione e la può rinnovare fino alla maggiore età dei figli. Il giudice può rescindere il contratto di locazione se nuove circostanze lo giustificano “19i Il tenore letterale della norma lascerebbe immaginare, anche in questo caso, ad un ampio potere discrezionale dei giudici, ma, nella realtà, l’esito è quasi sempre lo stesso: la cosiddetta locazione forzata al coniuge che prevalentemente si occupa dei figli minori. Ed infatti le Corti tendono a revocare il provvedimento con il quale dispongono à bail se emerge che il coniuge beneficiario non svolge regolarmente e pienamente il suo ruolo o se si risposa. In tal caso l’immobile rientra nella piena disponibilità del proprietario. Si registrano inoltre importanti vincoli procedurali. La domanda, da parte di uno dei coniugi, di concessione della locazione sul bene immobile che costituisce l’abitazione familiare, fondata sull’art. 285-1 c.c. non può essere presentata dopo la pronuncia di divorzio (Cass. Civ. 2e, 28 marzo 2002, n. 00-18.050) e non può essere in alternativa estesa a beni immobili ad uso non abitativo20. La giurisprudenza, poi, ha ripiegato su di una interpretazione restrittiva, per cui l’art. 285-1 c.c. può trovare applicazione solo un bene personale del coniuge e non su un bene in comproprietà tra i due (Cass. Civ. 1re, 25 gennaio 2005, n. 03-10.376). Ed invero nell’ipotesi di comproprietà trova applicazione il disposto generale dell’art. 267 c.c. secondo il quale, in assenza di un accordo tra i coniugi sulla divisione dei beni, il Giudice in occasione della pronuncia di divorzio “Si le local servant de logement à la famille appartient […] à l’un des époux, le juge peut le conceder à bail au conjoint qui exerce seul ou en commun l’autorité parentale sur un ou plusieurs de leurs enfants lorsque ceux-ci résident habituellement dans ce logement et que leur intérêt le commande. Le juge fixe la durée du bail et peut le renouveler jusqu’à la majorité du plus jeune des enfants. Le juge peut résilier le bail si des circonstances nouvelles le justifient”). 19 Sull’esclusione di un fondo agricolo dal novero dei beni immobili ricompresi dall’art. 285-1 c.c. si veda Cass. Civ. 1re, 4 gennaio 1995. 20 dispone anche in merito alla divisione delle proprietà tra gli stessi. Sempre in tale sede le juge può confermare la comproprietà o decidere di assegnare il bene ad uno dei due sposi. Per quanto riguarda le spese di manutenzione e le utenze, in linea di principio sono a carico del coniuge al quale viene attribuito il godimento dell’immobile, ma nulla esclude che il giudice disponga che siano a carico dell’altro. Anzi, molto spesso è proprio questa situazione che si verifica, poiché tali spese vengono considerate e qualificate come prestazioni alimentari dovute. Il ragionamento può essere esteso per analogia anche al pagamento delle rate del mutuo eventualmente aperto per acquistare l’immobile21. L’art. 285-1 deve però coordinarsi con altre disposizioni che, consolidate da orientamenti giurisprudenziali, dispongono il divieto di alienare il bene immobile destinato ad abitazione familiare fino alla sentenza di divorzio, senza il consenso dell’altro coniuge. Dunque, dopo la sentenza di divorzio il proprietario rientra nella disponibilità del bene, ma non potrà venderlo se rimane assegnato all’altro per i figli. Con il divorzio, salvo casi eccezionali, la locazione dell’immobile di esclusiva proprietà viene sempre disposta in loco della assegnazione gratuita della casa familiare, a prescindere dal fatto che la coppia abbia figli minori. Nell’obiettivo necessario di una interpretazione sistematica, non può dimenticarsi l’art. 270 c.c., che, da un lato, dispone la fine del devoir de secours con il divorzio, ma che, dall’altro, comunque prevede l’eventuale attribuzione di una prestation compensatoire. Con tale espressione si intende, ai sensi dell’art. 270 co. 2 c.c. “una prestazione destinata a compensare, per quanto possibile, la disparità che la fine del matrimonio crea nelle rispettive condizioni di vita”. Lo stesso comma precisa inoltre che “questa prestazione ha un carattere forfettario” e che “l’ammontare è fissato dal giudice”. Fondamentale, è poi il coordinamento con l’art. 274 c.c., il quale disciplina espressamente le modalità con le quali potrà essere costituita la prestation compensatoire22. In primo luogo, il legislatore ha previsto la corresponsione di una somma di denaro, da versarsi in un’unica soluzione, come una tantum o rateizzata nel tempo. In via residuale, si disciplina il potere del giudice di trasferire il diritto di proprietà o il diritto di abitazione della casa familiare, per un periodo predefinito, a titolo di prestation compensatoire. In particolare, qualora il giudice scelga l’ ipotesi del trasferimento di proprietà, la sentenza opererà una “cession forcée en faveur du créancier”. Lo stesso articolo pone tuttavia un importante limite, ossia pretende l’accordo del coniuge debitore se l’immobile oggetto del trasferimento è stato da questi ricevuto tramite successione o donazione”23 ( amplius Cass. Civ. 1re 12 novembre 2009). Sebbene i casi di trasferimento della proprietà da un coniuge all’altro siano infrequenti si segnala la decisione della Corte di Cassazione (Cass. Civ. 1re, 31 mars 2010 (N° de pourvoi : 09-13.811) che nel 2010 ha disposto il trasferimento del diritto di proprietà della casa familiare a favore della moglie a titolo di prestation compensatoire e 21 22 Sul punto, si veda L. GEBLER, L'occupation du logement pendant l'instance en divorce in AJ Famille, 2011, p. 461 e ss. Le juge décide des modalités selon lesquelles s'exécutera la prestation compensatoire en capital parmi les formes suivantes : 1° Versement d'une somme d'argent, le prononcé du divorce pouvant être subordonné à la constitution des garanties prévues à l'article 277 ; 2° Attribution de biens en propriété ou d'un droit temporaire ou viager d'usage, d'habitation ou d'usufruit, le jugement opérant cession forcée en faveur du créancier. Toutefois, l'accord de l'époux débiteur est exigé pour l'attribution en propriété de biens qu'il a reçus par succession ou donation. 23 l'accord de l'époux débiteur est exigé pour l'attribution en propriété de biens qu'il a reçus par succession ou donation” ciò nonostante il marito avesse accumulato un ingente patrimonio, idoneo a fornire le garanzie di adempimento o una somma di denaro adeguata. Proprio il secondo comma dell’art. 274 c.c. è stato oggetto di una pronuncia del Conseil Constitutionnel (Decisione n. 2011-151 QPC del 13 luglio 2011, Sig. Jean-Jacques C. ), con la quale ne è stata riconosciuta la legittimità costituzionale . La Corte Costituzionale francese era stata infatti adita dalla Corte di Cassazione (Cass. I civ, n. 552 del 17 maggio 2011) sul presupposto che tale disposizione legislativa, nella parte in cui prevede il trasferimento della proprietà, ledesse l’articolo 17 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 178924, posta a presidio della proprietà individuale. Correttamente, la Consulta ha coordinato tale norma con l’art. 2 della medesima Dichiarazione e con gli articoli 270 e 271 c.c. Ed invero proprio l’art. 2 non esclude la possibilità di porre dei limiti al diritto di proprietà individuale, ma, più semplicemente, impone che tali limiti al godimento della proprietà siano giustificati “da un interesse generale e siano proporzionati all’obiettivo proseguito” (Considérant 3). Sulla base di tali premesse il Conseil Constitutionnel evidenziava come “l’obiettivo perseguito [dal legislatore] di garantire la protezione del coniuge la cui situazione economica sia deteriore e di limitare, per quanto possibile, le difficoltà e i contenziosi successivi alla pronuncia del divorzio costituisce un motivo di interesse generale”25 . La lungimiranza e l’intelligenza di porre un serio freno a prevedibili e inevitabili contenziosi sulla corresponsione della prestation compensatoire giustifica anche la compressione del diritto di proprietà e la convinzione della legittimità costituzionale. In ogni caso si sottolineava l’importanza restrittiva della disposizione tale per cui il trasferimento del diritto di proprietà dovesse essere rigorosamente inteso come modalità sussidiaria di esecuzione della prestazione compensatoria26, privilegiando altre forme di tutela, come il versamento di una somma di denaro o la costituzione di altre garanzie elencate nell’art. 277 c.c. 27 In particolare secondo l’interpretazione costituzionale tale trasferimento potrebbe essere disposto solo “dans le cas où, au regard des circonstances de l'espèce, les modalités prévues au 1° n'apparaissent pas suffisantes pour garantir le versement de cette prestation” (considerant n. 8).” Bibliografia F. Burton Family Law Routledge London 2012 S. Cretney Same Sex Relationships, from odious crime gay marriage, Oxford University Press,Oxford, 2002 A. Dutta Marital Agreement and Privative Autonomy in Germany in AA. VV. Marital Agreement and Privative Autonomy in Comparative Perspective, ed. J.M. Scherpe, Hart Publishing, 2012 « La propriété étant un droit inviolable et sacré, nul ne peut en être privé, si ce n'est lorsque la nécessité publique, légalement constatée, l'exige évidemment, et sous la condition d'une juste et préalable indemnité » 25 6. Considérant, en second lieu, que, d'une part, en permettant l'attribution forcée prévue par le 2° de l'article 274, le législateur a entendu faciliter la constitution d'un capital, afin de régler les effets pécuniaires du divorce au moment de son prononcé ; que le législateur a également entendu assurer le versement de la prestation compensatoire ; que l'objectif poursuivi de garantir la protection du conjoint dont la situation économique est la moins favorisée et de limiter, autant que possible, les difficultés et les contentieux postérieurs au prononcé du divorce constitue un motif d'intérêt général ; 26 8. Considérant, toutefois, que le 1° de l'article 274 du code civil prévoit également que la prestation compensatoire en capital peut être exécutée sous forme de versement d'une somme d'argent, le prononcé du divorce pouvant être subordonné à la constitution de garanties ; que l'atteinte au droit de propriété qui résulte de l'attribution forcée prévue par le 2° de cet article ne peut être regardée comme une mesure proportionnée au but d'intérêt général poursuivi que si elle constitue une modalité subsidiaire d'exécution de la prestation compensatoire en capital ; que, par conséquent, elle ne saurait être ordonnée par le juge que dans le cas où, au regard des circonstances de l'espèce, les modalités prévues au 1° n'apparaissent pas suffisantes pour garantir le versement de cette prestation ; que, sous cette réserve, l'attribution forcée d'un bien à titre de prestation compensatoire ne méconnaît pas l'article 2 de la Déclaration de 1789 27 Article 277: (Modifié par Loi n°2000-596 du 30 juin 2000 - art. 12 JORF 1er juillet 2000) “Indépendamment de l'hypothèque légale ou judiciaire, le juge peut imposer à l'époux débiteur de constituer un gage, de donner caution ou de souscrire un contrat garantissant le paiement de la rente ou du capital.” 24 A. Fusaro Il regime patrimoniale tra coniugi in una prospettiva comparatistica in Diritto Privato Europeo a cura di G.Alpa e Capilli, Cedam, 2006 J. Hauser, Nota a sentenza in Révue Trimestrielle de Droit Civil, 2011 p. 330 e ss. W. Longrigg & S. Higgins Family Breakdown and Trust LexisNexis UK, 2003 J. Miles e R. Probert Sharing Lives, Dividing Assets , An Inter-disciplinary Study Hart Publishing ANNO G. Oberto, Sulla natura della comunione residuale al momento della cessazione del regime legale in Famiglia e diritto 4, 2011, 371 e ss W. Pintens Marital Agreements and Private Autonomy in France and Belgium in AA. VV. Marital Agreement and Privative Autonomy in Comparative Perspective, ed. J.M. Scherpe, Hart Publishing, 2012 R. Probert Family Law in England and Wales, Wolters Kluwer, The Netherlands, 2012 K.Standley Family Law, Palgrave MacMillian, Hampshire, 2006 M. Welstead & S. Edwards Family Law, Oxford University Press, 2011 “Si le local servant de logement à la famille appartient […] à l’un des époux, le juge peut le conceder à bail au conjoint qui exerce seul ou en commun l’autorité parentale sur un ou plusieurs de leurs enfants lorsque ceux-ci résident habituellement dans ce logement et que leur intérêt le commande. Le juge fixe la durée du bail et peut le renouveler jusqu’à la majorité du plus jeune des enfants. Le juge peut résilier le bail si des circonstances nouvelles le justifient”). i
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