Finmeccanica-AID (interrogazione parlamentare)

1
MINISTERO DELLA DIFESA – PERSONALE CIVILE DELL’EX STABILIMENTO GRAFICO MILITARE
ENTE GESTITO DALL’AGENZIA INDUSTRIE DIFESA SPA
OGGI: DEMAT SU COMMISSIONE DEL GRUPPO FINMECCANICA SPA
Oggetto di interrogazione
Premesso che: lo scrivente fa parte di una organizzazione industriale di rilevanza storica (vedi
ALLEGATO A), e che, nonostante ciò, circa un decennio fa, fu inserita nel progetto di privatizzazione
degli enti statali ritenuti antieconomici, attività affidata all’Agenzia Industrie Difesa Spa, che
attraverso i suoi costosissimi dirigenti (vedi anche ALLEGATO B), avrebbe dovuto riorganizzarli per
renderli produttivi o forse per chiuderli, progetto secondo noi risultato più costoso, praticamente
un fallimento.
Lo Stabilimento Grafico Militare di Gaeta, nonostante abbia mantenuto negli anni un buon
rendimento, rispetto ad altri, pregiandosi di aver fornito a tutte le Forze Armate la stampa di
numerose opere editoriali, e nonostante una continua spesa di rinnovamento delle infrastrutture e
dei macchinari, invece di acquisire maggiori commesse, per rendere più produttiva una delle
maggiori industrie litografiche d’Italia, iniziò una graduale svendita di materie prime e di alcuni
macchinari, poi gran parte ceduti in blocco funzionanti a prezzo di rottamazione, con grande
sperpero di denaro pubblico, ciò per dar urgentemente spazio, nella stessa infrastruttura, ad un
nuovo progetto, che prevede la dematerializzazione di tutta la documentazione matricolare delle
Forze Armate, appalto che lo Stato, ha ceduto in gestione, chissà perché, al Gruppo Finmeccanica
(con Vitrociset, Selex, ecc.) la quale ha chiesto e ottenuto una stravolgente ristrutturazione
milionaria di tutta la struttura interna, esterna e degli impianti, oltre al costo della riqualificazione
(in realtà dequalificazione professionale) di tutti i dipendenti in forza.
CHIEDO, pertanto, a nome di tutti i suddetti dipendenti dell’ex Stabilimento Grafico di Gaeta, oggi
DEMAT, perché il Ministero della Difesa, che ha già in forza circa 150 unità qualificate e una
esuberante dirigenza militare, alla quale ha addizionato già da anni anche la spesa di una costosa
dirigenza privata, quella dell’Agenzia Industrie Difesa Spa, oggi si va ad accollare anche i costi del
Gruppo Finmeccanica? Perché la documentazione da dematerializzare, di proprietà del Ministero
della Difesa, deve essere operazione commissionata a Finmeccanica e alle sue consociate, che poi
la subappalta all’AID, che poi la commissiona ai dipendenti dello stesso Ministero della Difesa?
Perché questo costosissimo giro che rende lo Stato “antieconomico” e non i dipendenti? È
come se una madre, nonostante avesse tanto latte in seno, invece lo acquistasse in Farmacia per il
proprio neonato! Innegabile “distrazione” da parte del Ministero e incompetenza dei sindacati.
SI CHIEDE INOLTRE, considerando che fu proposto ai suddetti dipendenti un nuovo contratto mai
sottoscritt, perché peggiorativo in termini di garanzie, che li transitava alle dipendenze private
dell’AID, e che tra l’altro citava in un articolo, in caso di fallimento: “…. a domanda del dipendente
egli potrà essere reintegrato tra i dipendenti della Difesa” e non ad esempio: “… il dipendente ha
diritto al reintegro automatico alle dipendenze della Difesa”, e considerando che mediamente tali
dipendenti vantano una anzianità lavorativa di 35 anni di servizio, essendo stati già depredati delle
loro professionalità, qual è il vero futuro contrattuale dei suddetti dipendenti statali?
Considerando che l’ex Stabilimento Grafico, storica industria, avrebbe avuto un’esistenza infinita,
anche per future assunzioni di giovani lavoratori, e che l’attuale DEMAT ha un sicuro termine
contrattuale, cosa accadrà ai dipendenti che sicuramente in futuro rimarranno senza nuove
commesse?
Giuseppe Di Chiappari (Attivista M5S) per conto dei Dipendenti dell’ex SGM-Gaeta
2
ALLEGATO A:
Dalle origini allo Stabilimento Grafico Militare
L'Ipata di Gaeta Docibile I, tra l’anno 866 e il 906, fece costruire la Chiesa di San Michele Arcangelo
e il Monastero, una preziosa cubatura con esposizione perfetta e invidiabile sul Golfo, che
successivamente fu affidata da Leone, figlio dell'Ipata Docinile I, all'Abate del Monastero di San
Teodoro (oggi inglobato nella parte inferiore del Castello Angioino - Aragonese. Nel 1788 fu
adibita a caserma da Ferdinando IV di Borbone e furono eseguiti i lavori di recupero della Chiesa di
Sant'Angelo a cura dell'architetto Giacomo Guarinelli. Nel 1862/63, dopo pochi mesi dall’Unità
d'Italia, i Savoia requisirono tutti i beni demaniali di Gaeta, e in uno di essi, la Caserma Sant'Angelo,
inaugurarono il primo “lager” italiano, dove morirono migliaia di meridionali e settentrionali, ma
anche libici catturati nelle guerre coloniali. Il complesso fu quindi trasformato in Reclusorio Militare,
ove i reclusi svolgevano anche lavori di falegnameria, di meccanica e di tipografia. Nel 1949 fu
trasformato in comando degli Stabilimenti Militari di Pena. D’altronde la struttura si prestava bene
allo scopo, essendo quadrata, con mura alte a circondare un piazzale centrale.
Quindi la tipografia era situata in un ambiente circondato di celle, guardie e galeotti, tra mura
antiche e attrezzi da lavoro che a rivederli riporterebbero chiunque ai tempi di Gutemberg. Il lavoro
era gestito da un Proto, alcuni operai civili, fatti pervenire da Napoli per insegnare il mestiere ai
giovani di Gaeta, e i galeotti, per lo più obiettori di coscienza o condannati per reati minori. Alcuni
dei primi operai e i successivi allievi erano i genitori di quelli che poi divennero i successori attori. In
quelle piccole stanze del piano superiore c’erano gli uffici militari, la logistica della tipografia e in
un angolo della struttura alcune stanze dove era sistemato il reparto composizione a mano, con
una serie di banchi da lavoro e armadi antichi dove erano archiviate le forme composte e utilizzate,
i caratteri di piombo, i margini e gli attrezzi. In alcune zone cerano alcune celle e anche l’officina
meccanica, una falegnameria, una calzoleria e una sartoria, mentre in un altro piano enormi stanze
dove erano poste le pedane con le risme di carta da stampare e gli archivi. Il reparto stampa era nel
capannone centrale, forse costruito successivamente al centro del piazzale del monastero, aveva
accesso principale fronte mare ed intorno enormi finestre in legno. All’interno, inizialmente qualche
torchio e qualche primitiva pedalina (una semi automatica che funzionava a corrente elettrica ma il
“mettifoglio” era manuale) e una serie di macchine “rapida di lusso” della Nebiolo, che all’epoca
erano l’avanguardia dell’industria tipografica. Dal piazzale attorno al capannone si vedevano al
piano superiore le guardie armate (carabinieri) e i galeotti quando uscivano per l’ora d’aria, mentre
quelli che potevano partecipare alle lavorazioni venivano accompagnati dai sergenti, mentre le
guardie richiudevano sempre prima i rumorosi cancelli alle spalle per poi aprire i successivi, e così
lungo tutto il tragitto fino al capannone dove le porte dovevano restare sempre chiuse.
I maestri d’arte, quasi tutti napoletani, insegnarono il mestiere agli allievi del primo corso a partire
dall’ottobre 1963 e restarono in forza durante il successivo ventennio fino al loro pensionamento,
mentre alcuni degli allievi desistettero immediatamente, impressionati principalmente
dall’ambiente, prima ancora di assaggiare l’arte di quel prezioso mestiere, mentre tutti gli altri più
coraggiosi furono impossessati dalla passione. Nel 1966 terminò il corso di formazione e nel 1968 il
Ministero della Difesa decise di assumere gli allievi mentre i galeotti smisero di concorrere al
processo di produzione nella tipografia. Nel 1980, a causa della chiusura degli Stabilimenti Militari
di Pena, la struttura venne abbandonata definitivamente in uno stato di fatiscenza, e nonostante
provocherebbe una forte emozione al visitatore, non solo attraversando i locali che furono
dell’attività oggetto, ma anche le celle, strettissime, semi distrutte, ma con l’intera storia sui muri,
che tutti dovrebbero poter leggere.
3
Intanto nel 1968, gli allora allievi, divenuti tipografi professionisti, si trasferirono con i materiali e i
macchinari nel grande caseggiato superiore, che in tempi di guerra era utilizzato come deposito
militare, anch’esso esposto sul Golfo, più in alto spalleggiato da un'altra maestosa struttura facente
parte della stessa area militare, prese il nome di “Officina Grafica Militare” grazie all’intuito
dell’allora nuovo Direttore Colonnello Ignazio Comes Avezzano.
Questo trasferimento in un ambiente più grande, permise un graduale sviluppo delle attività. In
questo stabilimento, per ragioni di sopraggiunta età pensionabile, non risultavano in forza che
pochi “maestri” ma quasi tutti gli ormai anziani “allievi”, e già a partire dagli anni ‘70 furono
organizzati nuovi corsi per nuove assunzioni di “allievi tipografi”, molti dei quali risultavano essere i
figli dei “maestri” o figli degli “allievi del ‘60”. Crebbero il numero dei macchinari e il numero dei
dipendenti civili (impiegati alla logistica e alle lavorazioni), pressoché simile rimase il numero dei
militari dell’Esercito (con incarichi dirigenziali e di supporto nei vari settori: amministrazione;
lavorazioni; logistica; ecc.). In quegli anni l’Officina Grafica prese il nome di Stabilimento Grafico
Militare.
4
ALLEGATO B:
Altre argomentazioni a supporto
Inevitabile buco per lo Stato, l’Agenzia Industrie Difesa, per l’inutilità della sua presenza negli Enti,
per il costo dei suoi dirigenti assenteisti (il nostro, tra l’altro già pensionato, ma con incarico pagato
con un ulteriore stipendio d’oro, e presente solo qualche lunedì). Innegabili i precedenti negativi di
molti dirigenti Finmeccanica, indagati o agli arresti per i reati citati anche da tutti i media italiani ed
esteri.
Il pareggio di bilancio, delle aziende dello Stato può essere ottenuto eliminando i costi degli inutili
e costosi giri di appalti, appaltatori e appaltanti; mandando in pensione gli anziani che hanno
raggiunto i 60 anni di età e/o 40 anni di servizio, assumendo giovani; assumendo o contrattando
commerciali in grado di reperire anche commesse private (e non il contrario); impiegando un fondo
di produttività periodico (ad esempio l’attuale FUS), calcolandone una parte per l’effettiva
produzione e il restante in base alla qualità del lavoro, e non la classica spartizione che accontenta
tutti, pure gli assenti, con una corretta determinazione dei premi, che renderebbe inutile il costo di
una schiera di dirigenti super stipendiati.
In pratica, i dipendenti dello Stato tutti, compreso noi dell’ex SGM (oggi DEMAT), vogliono e
possono restare tali, nonostante contratti bloccati da 10/12 anni, età pensionabile sconosciuta,
indignati da tanto spreco di denaro pubblico.