Cass. civ. Sez. VI - 5, Ord., 26-03-2014, n. 7153 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA CIVILE SOTTOSEZIONE T Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CICALA Mario - rel. Presidente Dott. BOGNANNI Salvatore - Consigliere Dott. IACOBELLIS Marcello - Consigliere Dott. DI BLASI Antonino - Consigliere Dott. CARACCIOLO Giuseppe - Consigliere ha pronunciato la seguente: ordinanza sul ricorso 10789/2012 proposto da: AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis; - ricorrente contro 1 F.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TACITO 64, presso lo studio dell'avvocato DI GIOVANNI NICOLETTA, rappresentato e difeso dall'avvocato DI CARLO FABRIZIO, giusta delega in calce al controricorso; - controricorrente avverso la sentenza n. 118/09/2011 della Commissione Tributaria Regionale di L'AQUILA - Sezione Staccata di PESCARA del 20.1.2011, depositata il 21/04/2011; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/03/2014 dal Presidente Relatore Dott. MARIO CICALA. Svolgimento del processo - Motivi della decisione La Agenzia delle entrate ricorre per cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell'Abruzzo - Pescara 118/09/11 del 21 aprile 2011, che rigettava l'appello dell'ufficio affermando la spettanza al contribuente del rimborso IRAP per gli anni 2000-2004. 2. Il contribuente si è costituito in giudizio. E' stata depositata la seguente relazione: 3. Il ricorso deve essere rigettato. In quanto la Agenzia non contesta adeguatamente la valutazione in fatto del giudice di secondo grado, limitandosi a sottolineare la quantità di spese affrontate dal professionista; fattore di per sè non decisivo se considerato nel suo importo globale, in quanto - ad esempio - le spese per trasferte o per i compensi ai domiciliatali non sono significative ai fini della sussistenza di una autonoma organizzazione. Nè assume valore decisivo la presenza di una segretaria, così come ribadito anche di recente da questa Corte. Il Collegio ha condiviso la proposta del relatore in quanto le modeste spese per personale dipendente non sono sufficienti a determinare, come invece ritiene la sentenza impugnata, l'automatica soggezione del contribuente ad IRAP (sentenza 2020/2013 di questa Corte). Appare opportuno compensare le spese, date le oscillazioni giurisprudenziali sull'argomento. 2 P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Compensa fra le parti le spese del presente grado di giudizio. Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Sesta Civile, il 5 marzo 2014. Depositato in Cancelleria il 26 marzo 2014 Cass. civ. Sez. VI - 5, Ord., 25-03-2014, n. 6944 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA CIVILE SOTTOSEZIONE T Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CICALA Mario - rel. Presidente Dott. BOGNANNI Salvatore - Consigliere Dott. IACOBELLIS Marcello - Consigliere Dott. DI BLASI Antonino - Consigliere Dott. CARACCIOLO Giuseppe - Consigliere ha pronunciato la seguente: ordinanza sul ricorso 12859-2011 proposto da: 3 L.R.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BALDO DEGLI UBALDI 66, presso lo studio dell'avvocato RINALDI GALLICANI SIMONA, rappresentata e difesa dall'avvocato MOBILIO GIANFRANCO giusta procura a margine del ricorso; - ricorrente contro AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis; - controricorrente e ricorrente incidentale - ricorrenti incidentali avverso la sentenza n. 129/4/2010 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di NAPOLI SEZIONE DISTACCATA di SALERNO dell'1/03/2010, depositata il 23/03/2010; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/03/2014 dal Presidente Relatore Dott. MARIO CICALA. Svolgimento del processo - Motivi della decisione 1. L'avv. L.R.M. ricorre per cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale Campania Salerno 129/04/10 del 23 marzo 2010, che accoglieva l'appello dell'Ufficio affermando la debenza da parte all'avv.to L. dell'IRAP relativamente all'anno 2002. 2. La Agenzia si è costituita in giudizio proponendo ricorso incidentale condizionato. E' stata depositata la seguente relazione: 3. Il ricorso appare fondato in quanto il giudice di merito non ha adeguatamente motivato in ordine alla sussistenza di una "stabile organizzazione" di supporto all'attività del contribuente. In particolare la sussistenza di spese che il giudice definisce "limitate" "per (non 4 meglio precisati) compensi a terzi" nonchè per consumi di energia elettrica e spese telefoniche, ed acquisti, non sono sufficienti a determinare, come invece ritiene la sentenza impugnata, l'automatica soggezione del contribuente ad IRAP (sentenza 2020/2013 di questa Corte). Il ricorso incidentale condizionato deve essere respinto in quanto la Amministrazione non indica da quali elementi probatori il giudice di merito avrebbe potuto dedurre l'intervento della sanatoria L. n. 289 del 2002, ex art. 9. Il Collegio ha condiviso la relazione. P.Q.M. La corte accoglie il ricorso, respinge il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia la controversia ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Campania, che deciderà anche per le spese del presente grado. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile, il 5 marzo 2014. Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2014 Cass. civ. Sez. VI - 5, Ord., 25-03-2014, n. 6937 Fatto - Diritto P.Q.M. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA CIVILE SOTTOSEZIONE T Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: 5 Dott. CICALA Mario - rel. Presidente Dott. BOGNANNI Salvatore - Consigliere Dott. IACOBELLIS Marcello - Consigliere Dott. DI BLASI Antonino - Consigliere Dott. CARACCIOLO Giuseppe - Consigliere ha pronunciato la seguente: ordinanza sul ricorso 3713/2011 proposto da: S.M.P. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA PANETTERIA 15, presso lo studio dell'avvocato AVITABILE MARIA TERESA, rappresentato e difeso dall'avvocato COMINI Stefania, giusta delega a margine del ricorso; - ricorrente contro AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) - Direzione Provinciale di Caserta in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis; - controricorrente avverso la sentenza n. 42/17/2010 della Commissione Tributaria Regionale di NAPOLI del 18.12.09, depositata il 12/02/2010; udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 05/03/2014 dal Presidente Relatore Dott. MARIO CICALA. Svolgimento del processo - Motivi della decisione 6 1. Il Dott. S.M.P. ricorre per cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale Campania 42/17/10 del 12 febbraio 2010, che accoglieva l'appello dell'Ufficio affermando la non spettanza al Dott. S. del rimborso IRAP relativamente agli anni 2004-2007. 2. La Agenzia si è costituita in giudizio. E' stata depositata la seguente relazione: 3. Il ricorso appare fondato in quanto il giudice di merito non ha adeguatamente motivato in ordine alla sussistenza di una "stabile organizzazione" di supporto all'attività del contribuente. In particolare le modeste spese per personale dipendente non sono sufficienti a determinare, come invece ritiene la sentenza impugnata, l'automatica soggezione del contribuente ad IRAP (sentenza 2020/2013 di questa Corte). Del resto, per quanto attiene all'attività medica, è oramai jus receptum che: "la disponibilità, da parte dei medici di medicina generale convenzionati con il SSN, di uno studio dotato delle attrezzature indicate nell'art. 22 dell'Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale, reso esecutivo con D.P.R. 28 luglio 2000, n. 270, essendo obbligatoria ai fini dell'instaurazione e del mantenimento del rapporto convenzionale, non integra, di per sè, in assenza di personale dipendente, il requisito dell'autonoma organizzazione ai fini del presupposto impositivo dell'IRAP" (cfr. da ultimo l'ordinanza n. 4934 del 27 marzo 2012). Il Collegio ha condiviso la relazione. P.Q.M. La corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la controversia ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Campania, che deciderà anche per le spese del presente grado. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 5 marzo 2014. 7 Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2014 Cass. civ. Sez. VI - 5, Ord., 19-03-2014, n. 6422 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA CIVILE SOTTOSEZIONE T Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CICALA Mario - rel. Presidente Dott. BOGNANNI Salvatore - Consigliere Dott. IACOBELLIS Marcello - Consigliere Dott. CARACCIOLO Giuseppe - Consigliere Dott. COSENTINO Antonello - Consigliere ha pronunciato la seguente: ordinanza sul ricorso 5172/2013 proposto da: AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis; - ricorrente 8 contro T.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIACOMO BONI 1, presso lo studio dell'avvocato BELLOCCO FRANCESCA, rappresentato e difeso dall'avvocato COMINI Stefania giusta procura a margine del controricorso; - controricorrente avverso la sentenza n. 264/08/2012 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di NAPOLI del 20/06/2012, depositata il 14/11/2012; udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 06/03/2014 dal Presidente Relatore Dott. MARIO CICALA. Svolgimento del processo - Motivi della decisione 1. L'Agenzia delle Entrate ricorre per cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania 264/8/13 del 14 novembre 2012 che respingeva l'appello dell'ufficio affermando la spettanza al Dott. T. del rimborso IRAP relativamente agli anni 1998-2007. 2. Il contribuente si è costituito in giudizio. 3. Il ricorso appare infondato, anche qualora si ritenga di non applicare al processo di cassazione in materia tributaria la recente riforma del ricorso per cassazione; in quanto il giudice di merito ha adeguatamente motivato in ordine alla non sussistenza di una "stabile organizzazione" di supporto all'attività del contribuente. Del resto, per quanto attiene all'attività medica, è oramai jus receptum che "la disponibilità, da parte dei medici di medicina generale convenzionati con il SSN, di uno studio dotato delle attrezzature indicate nell'art. 22 dell'Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale, reso esecutivo con D.P.R. 28 luglio 2000, n. 270, essendo obbligatoria ai fini dell'instaurazione e del mantenimento del rapporto convenzionale, non integra, di per sè, in assenza di personale dipendente, il requisito dell'autonoma organizzazione ai fini del presupposto impositivo dell'IRAP" (cfr. da ultimo l'ordinanza n. 4934 del 27 marzo 2012). 9 Le incertezze giurisprudenziali in materia giustificano la compensazione delle spese. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Compensa fra le parti le spese del presente grado di giudizio. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 6 marzo 2014. Depositato in Cancelleria il 19 marzo 2014 Cass. civ. Sez. VI - 5, Ord., 19-03-2014, n. 6417 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA CIVILE SOTTOSEZIONE T Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CICALA Mario - rel. Presidente Dott. BOGNANNI Salvatore - Consigliere Dott. IACOBELLIS Marcello - Consigliere Dott. CARACCIOLO Giuseppe - Consigliere Dott. COSENTINO Antonello - Consigliere ha pronunciato la seguente: ordinanza 10 sul ricorso 21502/2012 proposto da: AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis; - ricorrente contro C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PREMUDA 6, presso lo studio dell'avvocato MARRAPODI Ivan, che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale a margine del controricorso; - controricorrente avverso la sentenza n. 85/32/2012 della Commissione Tributaria Regionale di MILANO del 18.4.2012, depositata l'11/05/2012; udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 06/03/2014 dal Presidente Relatore Dott. MARIO CICALA. Svolgimento del processo - Motivi della decisione 1. L'Agenzia delle Entrate ricorre per cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia 85/32/11 del 11 maggio 2012 che accoglieva l'appello del contribuente affermando la spettanza al Dott. C. del rimborso IRAP relativamente agli anni 2003-2008. 2. Il contribuente si è costituito in giudizio. 3. Il ricorso appare infondato in quanto il giudice di merito ha adeguatamente motivato in ordine alla non sussistenza di una "stabile organizzazione" di supporto all'attività del contribuente. Mentre la circostanza che il medico svolga l'attività presso più ambulatori costituisce una comodità per i pazienti e non una "stabile organizzazione" Del resto, per quanto attiene all'attività medica, è oramai jus receptum che "la disponibilità, da parte dei medici di medicina generale convenzionati con il SSN, di uno studio dotato delle attrezzature indicate nell'art. 22 dell'Accordo collettivo nazionale per la 11 disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale, reso esecutivo con D.P.R. 28 luglio 2000, n. 270, essendo obbligatoria ai fini dell'instaurazione e del mantenimento del rapporto convenzionale, non integra, di per sè, in assenza di personale dipendente, il requisito dell'autonoma organizzazione ai fini del presupposto impositivo dell'IRAP" (cfr. da ultimo l'ordinanza n. 4934 del 27 marzo 2012). Il Collegio ha condiviso la proposta del relatore. Appare opportuno compensare le spese, date le oscillazioni giurisprudenziali sull'argomento. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Compensa fra le parti le spese del presente grado di giudizio. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 6 marzo 2014. Depositato in Cancelleria il 19 marzo 2014 Cass. civ. Sez. VI - 5, Ord., 19-03-2014, n. 6416 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA CIVILE SOTTOSEZIONE T Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CICALA Mario - rel. Presidente Dott. BOGNANNI Salvatore - Consigliere Dott. IACOBELLIS Marcello - Consigliere 12 Dott. CARACCIOLO Giuseppe - Consigliere Dott. COSENTINO Antonello - Consigliere ha pronunciato la seguente: ordinanza sul ricorso 21476/2012 proposto da: AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis; - ricorrente contro T.A.; - intimata avverso la sentenza n. 90/50/2011 della Commissione Tributaria Regionale di MILANO del 24.6.2011, depositata il 27/06/2011; udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 06/03/2014 dal Presidente Relatore Dott. MARIO CICALA. Svolgimento del processo - Motivi della decisione 1. L'Agenzia delle Entrate ricorre per cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia 90/50/11 del 27 agosto 2011 che accoglieva l'appello della contribuente affermando la spettanza alla Dott.sa T. del rimborso IRAP relativamente agli anni 2004-2006. 2. La contribuente non si è costituita in giudizio. E' stata depositata la seguente relazione: 13 3. Il ricorso appare infondato in quanto il giudice di merito ha adeguatamente motivato in ordine alla non sussistenza di una "stabile organizzazione" di supporto all'attività del contribuente. Mentre la circostanza che il medico svolga l'attività presso due ambulatori costituisce una comodità per i pazienti e non una "stabile organizzazione" Del resto, per quanto attiene all'attività medica, è oramai jus receptum che "la disponibilità, da parte dei medici di medicina generale convenzionati con il SSN, di uno studio dotato delle attrezzature indicate nell'art. 22 dell'Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale, reso esecutivo con D.P.R. 28 luglio 2000, n. 270, essendo obbligatoria ai fini dell'instaurazione e del mantenimento del rapporto convenzionale, non integra, di per sè, in assenza di personale dipendente, il requisito dell'autonoma organizzazione ai fini del presupposto impositivo dell'IRAP" (cfr. da ultimo l'ordinanza n. 4934 del 27 marzo 2012). Il Collegio ha condiviso la relazione. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 6 marzo 2014. Depositato in Cancelleria il 19 marzo 2014 Cass. civ. Sez. VI - 5, Ord., 24-02-2014, n. 4394 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA CIVILE SOTTOSEZIONE T Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: 14 Dott. CICALA Mario - Presidente Dott. IACOBELLIS Marcello - Consigliere Dott. DI BLASI Antonino - rel. Consigliere Dott. CARACCIOLO Giuseppe - Consigliere Dott. COSENTINO Antonello - Consigliere ha pronunciato la seguente: ordinanza sul ricorso proposto da: R.R.A. e H.R. in proprio e quali rappresentanti dello STUDIO ASSOCIATO RIMBL HOZEISEN & PARTNERS, rappresentati e difesi dall'Avvocato HOLZEISEN RENATE, elettivamente domiciliati in Roma, presso lo studio dell'Avvocato Michela Reggio D'Aci; - ricorrenti contro AGENZIA ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, nei cui Uffici è domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12; - controricorrente Avverso la sentenza n.47/02/2010 della Commissione Tributaria di Secondo Grado di Bolzano - Sezione n. 02, in data 05.07.2010, depositata il 05 agosto 2010; Udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del 22 GENNAIO 2014, dal Relatore Dott. Antonino Di Blasi; Udito, pure, l'Avv. M. Reggio D'Aci, per i ricorrenti; 15 Non è presente il P.M.. Svolgimento del processo - Motivi della decisione Nel ricorso iscritto a R.G. n.21566/2011 è stata depositata in cancelleria la seguente relazione: 1 - E' chiesta la cassazione della sentenza n. 47/02/2010, pronunziata dalla C.T. di Secondo Grado di Bolzano Sezione n.02, il 05.07.2010 e DEPOSITATA il 05.08.2010. Con tale decisione, la Commissione ha respinto l'appello di parte contribuente e confermato quella di primo grado, dichiarando non dovuto il chiesto rimborso dell'IRAP 2003, 2004 e 2005 e legittima la pretesa fiscale, anche in riferimento alle irrogate sanzioni. Parte contribuente censura l'impugnata sentenza, limitatamente alla inapplicabilità della sanzione tributaria, per violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3, e D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 2, nonchè per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatto controverso e decisivo. 2) L'Agenzia controricorrente, ha chiesto il rigetto dell'impugnazione. 3)La questione posta dall'unico mezzo va esaminata tenendo conto di principi, espressione di un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale. E'stato deciso che "a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c), l'esercizio delle attività di lavoro autonomo è escluso dall'applicazione dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) solo qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata; il requisito dell'autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui; costituisce onere del contribuente che chieda il rimborso dell'imposta asseritamente non dovuta dare la prova dell'assenza delle condizioni 16 sopraelencate" (Cass. n. 3680/2007, 3678/2007, n. 3676/2007, n. 3672/2007). E' stato, altresì, affermato che "In tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, l'incertezza normativa oggettiva, che costituisce causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, postula una condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull'oggetto e sui destinatari della norma tributaria, ovverosia l'insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso il procedimento d'interpretazione normativa, riferibile non già ad un generico contribuente, o a quei contribuenti che per la loro perizia professionale siano capaci di interpretazione normativa qualificata (studiosi, professionisti legali, operatori giuridici di elevato livello professionale), e tanto meno all'Ufficio finanziario, ma al giudice, unico soggetto dell'ordinamento cui è attribuito il poteredovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione. Tale verifica è censurabile in sede di legittimità per violazione di legge, non implicando un giudizio di fatto, riservato all'esclusiva competenza del giudice di merito, ma una questione di diritto, nei limiti in cui la stessa risulti proposta in riferimento a fatti già accertati e categorizzati nel giudizio di merito" (Cass. n. 24670/2007). La decisione di che trattasi, sembra in linea con i trascritti principi, posto che sulla questione relativa alla sussistenza del presupposto impositivo IRAP, a far data dal 2007, si è consolidato un orientamento giurisprudenziale, assolutamente inequivoco. 4) Posta la realtà fattuale, caratterizzata dal fatto che il giudizio di che trattasi è stato incoato nel secondo semestre del 2008, quando il trascritto principio era ormai a ritenersi pacifico sin dal 2007, si ritiene che la causa possa essere trattata in camera di consiglio, ai sensi degli artt. 366 e 380 bis c.p.c., proponendosene la definizione, sulla base del trascritto principio, con il rigetto del ricorso, per manifesta infondatezza. Il Consigliere relatore Antonino Di Blasi. La Corte: Vista la relazione, il ricorso e la memoria 19.08.2011, nonchè gli altri atti di causa; 17 Considerato che, ai fini della residuale questione sanzionatoria, l'incertezza giuridicamente rilevante è quella, di carattere obiettivo, concernente le norme tributarie, la cui violazione da parte del contribuente, determina l'emissione dell'avviso di accertamento e l'irrogazione delle sanzioni (Cass. n. 11096/2011); Considerato che si è ritenuto sussistere tale incertezza, quando il complesso normativo di riferimento si articoli in una pluralità di prescrizioni, il cui coordinamento si riveli concettualmente difficoltoso, a causa della relativa equivocità (Cass. n. 22252/2011); Considerato, in particolare, che la questione relativa alla rilevanza impositiva IRAP del reddito professionale, è stata oggetto di articolato e complesso dibattito, sia in dottrina come pure in giurisprudenza, e che solo a partire dall'anno 2007 si è delineato l'orientamento giurisprudenziale richiamato in relazione, che ha determinato presupposti e limiti dell'imposizione fiscale IRAP dei redditi professionali; Considerato, quindi, che nel periodo oggetto d'imposizione (dal 2003 al 2005), sussisteva una obiettiva incertezza in ordine al presupposto dell'attività "autonomamente organizzata", e segnatamente in merito al contenuto da dare ai termini "organizzazione" ed "autonomia"; Considerato che tale obiettiva incertezza era desumibile dal lessico utilizzato e dalla difficoltà di darne una lettura inequivoca, anche avuto riguardo all'esigenza dell'indispensabile coordinamento con il complessivo quadro normativo di riferimento, sia fiscale che ordinamentale; Considerato che tale incertezza può ritenersi essere venuta meno solo a partire dall'anno 2007, nel corso del quale questa Corte, con numerose pronunce rese da Collegi, anche in diversa composizione, ha focalizzato le dibattute questioni, individuando i presupposti impositivi ed indicandone anche gli elementi indice( Ex multis Cass. n.3680/2007, n.3678/2007, n.3676/2007); Considerato che l'equivocità del dato normativo e, quindi, la difficoltà della relativa interpretazione, ha trovato elementi di riscontro nelle contrastanti pronunce, emesse dai Giudici di merito e della stessa Corte di Cassazione, prima dell'approdo precitato e proprio nell'arco di tempo relativo ai periodi d'imposta qui in esame; 18 Considerato che il ricorso va, per tali ragioni, accolto e che, conseguentemente, va cassata l'impugnata decisione; Considerato che il Giudice del rinvio, che si designa in altra sezione della CT di Secondo Grado di Bolzano, procederà al riesame e quindi, adeguandosi ai richiamati principi desumibili dalle citate pronunce, deciderà nel merito e sulle spese del presente giudizio, offrendo congrua motivazione; Visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c.. P.Q.M. Accoglie il ricorso, cassa l'impugnata decisione e rinvia ad altra sezione della CT di Secondo Grado di Bolzano. Così deciso in Roma, il 22 gennaio 2014. Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2014 Cass. civ. Sez. V, Sent., 21-02-2014, n. 4165 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TRIBUTARIA Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CAPPABIANCA Aurelio - Presidente Dott. DI IASI Camilla - Consigliere Dott. CIGNA Mario - rel. Consigliere Dott. IOFRIDA Giulia - Consigliere Dott. CRUCITTI Roberta - Consigliere ha pronunciato la seguente: 19 sentenza sul ricorso 26561/2009 proposto da: T.M., U.C., U.A., UR. A. tutti in qualità di eredi di U.C., elettivamente domiciliati in ROMA CORSO D'ITALIA 19, presso lo studio dell'avvocato SED Bruno, che li rappresenta e difende giusta delega in calce; - ricorrenti contro AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI VICENZA (OMISSIS); - intimato nonchè da: AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis; - controricorrente e ricorrente incidentale contro T.M., U.C., UR.AL., U. A., AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI VICENZA (OMISSIS); - intimati avverso la sentenza n. 37/2008 della COMM. TRIB. REG. di VENEZIA, depositata il 07/10/2008; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 30/10/2013 dal Consigliere Dott. MARIO CIGNA; 20 udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL CORE Sergio, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso principale, assorbito l'incidentale. Svolgimento del processo Con sentenza depositata il 7-10-2008 la CTR Veneto rigettava l'appello proposto da U.C., medico condotto, confermando la sentenza della CPT di Vicenza che aveva rigettato il ricorso del contribuente avverso il silenziorifiuto dell'Amministrazione Finanziaria relativo all'istanza di rimborso IRAP per gli anni 1998- 2002, presentata il 20-5-2003; in particolare la CTR rilevava che, in presenza di redditi professionali, l'IRAP si presumeva come dovuta, salva la prova contraria, da parte del contribuente, dell'assenza dell'autonoma organizzazione; nel caso di specie, a detta della CTR, a nulla rilevava che i beni strumentali fossero modesti ed indispensabili per l'attività e che quest'ultima fosse svolta non da personale dipendente; determinante era, invece, la circostanza che per lo svolgimento dell'attività fosse necessario l'utilizzo di beni strumentali ed il coordinamento dello studio medico da parte del professionista. Avverso detta sentenza proponevano ricorso per Cassazione U. A., T.M., U.C. e Ur.Al., tutti quali eredi di U.C. (deceduto IL (OMISSIS)), affidato a tre motivi; resisteva con controricorso l'Agenzia, che presentava anche ricorso incidentale condizionato. Motivi della decisione Con il primo motivo di gravame i ricorrenti, denunziando - ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 - violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c., comma 1, deducevano la nullità della sentenza per mancanza o estrema concisione della gravata sentenza, con conseguente impossibilità di individuare le ragioni della decisione. Il motivo è infondato. Per principio già espresso da questa Corte, invero, "in tema di contenuto della sentenza, la concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei motivi in fatto della decisione, richiesta dall'art. 132 cod. proc. civ., comma 2, n. 4, nella versione anteriore alla modifica da parte della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 17, non rappresenta un elemento meramente formale, ma un requisito da apprezzarsi esclusivamente in funzione della intelligibilità della 21 decisione e della comprensione delle ragioni poste a suo fondamento, la cui mancanza costituisce motivo di nullità della sentenza solo quando non sia possibile individuare gli elementi di fatto considerati o presupposti nella decisione, stante il principio della strumentali della forma, per il quale la nullità non può essere mai dichiarata se l'atto ha raggiunto il suo scopo (art. 156 cod. proc. civ., comma 3), e considerato che lo stesso legislatore, nel modificare l'art. 132 cit., ha espressamente stabilito un collegamento di tipo logico e funzionale tra l'indicazione in sentenza dei fatti di causa e le ragioni poste dal giudice a fondamento della decisione" (Cass. 22845/2010). Nel caso di specie la CTR ha esposto, con la necessaria sintesi, sia lo svolgimento del processo sia i motivi della decisione, rendendo intelligibile la decisione (come su riportata) e comprensibili le ragioni poste a suo fondamento (anch'esse su evidenziate). Con il secondo motivo i ricorrenti, denunziando - ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 - violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, deducevano che la CTR aveva automaticamente applicato l'imposta al contribuente solo in quanto libero professionista svolgente un'attività professionale produttiva di ricchezza, senza considerare se l'attività fosse in concreto autonomamente organizzata, e cioè se nell'attività fossero impiegati beni strumentali eccedenti - secondo l'id plerumque accidit - il minimo indispensabile per l'esercizio della stessa o se il contribuente si avvalesse in modo non occasionale di lavoro altrui. Con il terzo motivo i ricorrenti denunziavano - ex art. 360 c.p.c., n. 5 insufficiente motivazione sotto il profilo dell'eccepita assenza dell'elemento organizzativo nello svolgimento dell'attività professionale, in relazione al fatto controverso e decisivo per il giudizio consistente nella mancanza in capo al contribuente della soggettività passiva ai fini IRAP, per la conclamata assenza di dipendenti e l'evidente inesistenza di apparecchiature, macchinari o beni mobili di particolare valore. Siffatti motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto tra loro strettamente connessi, sono fondati. Per ormai costante e condiviso principio di questa Corte, invero, in tema di IRAP, presupposto per l'applicazione dell'imposta, secondo la previsione del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2 è l'esercizio abituale di un'attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni 22 ovvero alla prestazione di servizi, che ricorre qualora il contribuente sia il responsabile dell'organizzazione ed impieghi beni strumentali, eccedenti per quantità o valore, il minimo generalmente ritenuto indispensabile per l'esercizio della professione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui; l'esistenza di un'autonoma organizzazione non dev'essere intesa in senso soggettivo, come auto- organizzazione creata e gestita dal professionista senza vincoli di subordinazione, bensì in senso oggettivo, come esistenza di un apparato esterno alla persona del professionista e distinto da lui, frutto dell'organizzazione di beni strumentali e/o di lavoro altrui (v. tra le tante, Cass. 26161/2011 e Cass. 3664/2007); in particolare, per quanto concerne l'attività di medico, è stato affermato che "la disponibilità, da parte dei medici di medicina generale convenzionati con il Servizio sanitario nazionale, di uno studio, avente le caratteristiche e dotato delle attrezzature indicate nell'art. 22 dell'Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale, reso esecutivo con D.P.R. 28 luglio 2000, n. 270, rientrando nell'ambito del "minimo indispensabile" per l'esercizio dell'attività professionale, ed essendo obbligatoria ai fini dell'instaurazione e del mantenimento del rapporto convenzionale, non integra, di per sè, in assenza di personale dipendente, il requisito dell'autonoma organizzazione ai fini del presupposto impositivo" (Cass. 10240/2010). La CTR, che ha fondato la sua decisione solo sulla utilizzazione, da parte del professionista, di beni strumentali (anche se modesti ed indispensabili) e sul mero coordinamento, ad opera del contribuente medesimo, dello studio medico (anche in accertata assenza di personale dipendente), non ha fatto corretto uso di tali principi, e va quindi cassata, con rinvio, per nuovo esame, alla CTR Veneto, diversa composizione, che provvedere anche alla regolamentazione delle spese di lite relative al presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso; cassa l'impugnata sentenza e rinvia, per nuovo esame, alla CTR Veneto, diversa composizione, che provvederà anche alla regolamentazione delle spese di lite relative al presente giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 30 ottobre 2013. 23 Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2014 Cass. civ. Sez. VI - 5, Ord., 10-02-2014, n. 2967 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA CIVILE SOTTOSEZIONE T Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CICALA Mario - rel. Presidente Dott. IACOBELLIS Marcello - Consigliere Dott. DI BLASI Antonino - Consigliere Dott. CARACCIOLO Giuseppe - Consigliere Dott. COSENTINO Antonello - Consigliere ha pronunciato la seguente: ordinanza sul ricorso 3729-2013 proposto da: AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis; - ricorrente contro 24 F.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA QUINTINO SELLA 23, presso lo studio dell'avvocato VINCENZO CANCRINI, rappresentata e difesa dall'avvocato FRANCESCON MARCO, giusta mandato a margine del controricorso; - controricorrente avverso la sentenza n. 35/7/2012 della Commissione Tributaria Regionale di VENEZIA-MESTRE, depositata il 12/06/2012; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/12/2013 dal Presidente Relatore Dott. MARIO CICALA. Svolgimento del processo - Motivi della decisione 1. L'Agenzia delle Entrate ricorre per cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Veneto 35/07/12 del 12 giugno 2012 che respingeva l'appello dell'ufficio affermando la spettanza alla dott.sa F. del rimborso IRAP relativamente agli anni 2003-2007. 2. La contribuente si è costituita in giudizio. 3. Il ricorso appare, secondo il relatore, infondato in quanto il giudice di merito ha adeguatamente motivato in ordine alla non sussistenza di una "stabile organizzazione" di supporto all'attività del contribuente, medico di base del SSN. In particolare utilizzazione di due studi costituisce soltanto uno strumento per il migliore (e più comodo per il pubblico) esercizio della attività professionale autonoma. Il Collegio ha condiviso la proposta del relatore. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese che liquida in Euro 1.000,00. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile, il 4 dicembre 2013. 25 Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2014 Cass. civ. Sez. V, Sent., 05-02-2014, n. 2589 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TRIBUTARIA Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DI IASI Camilla - Presidente Dott. VIRGILIO Biagio - Consigliere Dott. GRECO Antonio - Consigliere Dott. FERRO Massimo - rel. Consigliere Dott. IOFRIDA Giulia - Consigliere ha pronunciato la seguente: sentenza sul ricorso proposto da: S.F., rappr. e dif. dall'avv. COMELLI Alberto, con elezione di domicilio presso il relativo studio in Roma, Via Quintino Sella, n.23, come da procura a margine dell'atto; - ricorrente contro Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t, rappr. e dif. 26 dall'Avvocatura Generale dello Stato, elett. dom. nei relativi uffici, in Roma, Via dei Portoghesi n. 12; - controricorrente per la cassazione della sentenza Comm. Tribut. Regionale di Roma 14.7.2008; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 6 dicembre 2013 dal Consigliere relatore Dott. Massimo Ferro; udito l'avvocato Alberto Comelli per il ricorrente; udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per il rigetto del ricorso. Svolgimento del processo S.F. impugna la sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Roma 14.7.2008, che, in riforma della sentenza C.T.P. di Roma n. 261/25/2007, ebbe ad accogliere l'appello dell'Ufficio, così riconoscendo la legittimità dei plurimi atti di silenzio-rifiuto opposti dall'amministrazione al contribuente che, per gli anni dal 1998 al 2002, aveva chiesto il rimborso dell'IRAP, sul presupposto - già ed invece ritenuto dalla C.T.P. - del difetto dei requisiti perchè l'attività professionale espletata (medico convenzionato con il S.S.N.) fosse assoggettabile all'imposta. Ritenne in particolare la C.T.R. che la sentenza riformata aveva trascurato i risultati della verifica condotta in concreto sull'attività del contribuente, svolta con un'organizzazione non indifferente, per via di fattori quali il valore dei beni strumentali, le spese per acquisto di immobili, i compensi a terzi, le spese per lavoro dipendente ed i beni ammortizzabili. Il ricorso è affidato a tre motivi, cui resiste con controricorso Agenzia delle Entrate. Il ricorrente ha depositato memoria. Motivi della decisione Con il primo motivo, si deduce la violazione di legge quanto al D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3 e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, comma 1, in relazione all'art. 360 cod. proc. civ., n. 3, avendo erroneamente la C.T.R. omesso di valutare che l'organizzazione del medico contribuente era del tutto coerente 27 con i parametri imposti secondo la convenzione con il S.S.N. e comunque si trattava di elementi non indizianti di un apporto di beni strumentali eccedenti il minimo, mentre l'apporto di terzi era limitato alle sostituzioni per turno. Con il secondo motivo, si censura il vizio di illogicità della ricostruzione effettuata dalla C.T.R. in relazione all'art. 360 cod. proc. civ., n. 5, avendo la sentenza affermato la riferibilità al contribuente di un modesto impiego di capitali e mezzi finanziari e pur tuttavia ascritto al medesimo la sussistenza dei presupposti di organizzazione autonoma e rilevante ai fini IRAP. Con il terzo motivo, si deduce la violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, comma 2 e art. 24 Cost.. comma 1, in relazione all'art. 360 cod. proc. civ., n. 4, avendo omesso la C.T.R. di dar conto dell'eccezione per cui il contribuente, inserito per via della convenzione con il S.S.N. in un sistema di regole organizzative pubbliche precise della sua attività, non potendo non conformarvisi, ha finito con il configurare un'attività professionale ad autonomia assolutamente ridotta, assimilabile a quella del lavoratore dipendente. 1. I primi due motivi, avvinti da connessione, vanno trattati congiuntamente e sono infondati, accomunati peraltro dall'omessa considerazione puntuale della ratio decidendi della pronuncia, incentrata su un coordinamento di rilevanza tra il requisito dell'autonoma organizzazione e i molteplici elementi puntualmente elencati dalla C.T.R. a sostegno di una ricostruzione dell'attività imperniata su costi sostenuti dal professionista per beni strumentali, spese relative ad immobili e beni ammortizzabili, cui occorre aggiungere sia compensi a terzi (per prestazioni afferenti l'attività esercitata e per altre prestazioni) sia spese per lavoro dipendente (nell'anno d'imposta 2000), sulle quali ultime il ricorrente nulla ha dedotto. Il nucleo essenziale del principio di diritto applicato dal giudice di merito consiste nell'aver individuato, nel D.Lgs. n.446 del 1997, art. 2, una fattispecie astratta per la quale la nozione tributaria di autonoma organizzazione, riferibile all'esercente lavoro autonomo, integra il presupposto impositivo dell'IRAP allorchè si declini mediante l'impiego di capitali e mezzi finanziari, la cui qualificazione siccome modesti (pag. 6 sentenza) non esprime peraltro, va premesso, un dato di contraddizione del quadro giustificativo generale, bensì la differenziazione organizzativa dell'attività del medicocontribuente quale assunta proprio attraverso le risorse materiali e contrattuali emerse dalle dichiarazioni dei redditi e dai modelli presentati negli anni in esame. 28 2. Osserva il Collegio che, anche alla stregua dell'interpretazione costituzionalmente orientata fornita da Corte cost. n. 156/2001, l'assoggettamento ad IRAP dell'attività dei lavoratori autonomi e dei professionisti postula una valutazione complessiva di detta attività, da effettuarsi sulla scorta di tutti gli elementi fattuali che connotano la fattispecie concreta. Ha chiarito il Giudice delle leggi che l'imposizione ha riguardo al valore aggiunto prodotto, cioè la nuova ricchezza creata dalla singola unità produttiva, che viene, mediante l'IRAP, assoggettata ad imposizione ancor prima che sia distribuita al fine di remunerare i diversi fattori della produzione, trasformandosi in reddito per l'organizzatore dell'attività, i suoi finanziatori, i suoi dipendenti e collaboratori. L'imposta colpisce perciò, con carattere di realità, un fatto economico, diverso dal reddito, comunque espressivo di capacità di contribuzione in capo a chi, in quanto organizzatore dell'attività, è autore delle scelte dalle quali deriva la ripartizione della ricchezza prodotta tra i diversi soggetti che, in varia misura, concorrono alla sua creazione. Nel caso, poi, di un'attività professionale che sia svolta in assenza di elementi di organizzazione - il cui accertamento, in difetto di specifiche disposizioni normative, costituisce questione di mero fatto risulterà dunque mancante - per gli stessi giudici costituzionali - il presupposto stesso dell'imposta sulle attività produttive, per l'appunto rappresentato, secondo il D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, dall'esercizio abituale di un'attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi, con la conseguente inapplicabilità dell'imposta stessa. Poichè inoltre solo l'attività esercitata dalle società e dagli enti, compresi gli organi e le amministrazioni dello Stato, costituisce in ogni caso presupposto di imposta, in base alla seconda parte del citato articolo, si da per ogni altra figura la doverosità di un'analisi caso per caso, con istruttoria concreta e non condotta per tipologie di contribuente. 3. L'esistenza di un'autonoma organizzazione, che costituisce il presupposto per l'assoggettamento ad imposizione dei soggetti esercenti arti o professioni indicati dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1, esclusi i casi di soggetti inseriti in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse (come non è il contribuente S., non essendo di per sè nè sufficiente il convenzionamento con il S.S.N., nè accertata la circostanza, stante l'utilizzazione del lavoro di terzi), non dev'essere intesa in senso soggettivo, come auto-organizzazione creata e gestita dal professionista senza vincoli di subordinazione, ma in senso oggettivo, come esistenza di un apparato esterno alla persona del professionista e distinto da lui, risultante dall'aggregazione di beni strumentali e/o di lavoro altrui (Cass. 3673/2007). Significativamente, 29 tali indirizzi sono confluiti nell'importante arresto delle Sezioni Unite (12111/2009), per le quali l'esercizio dell'attività (nella specie, di promotore finanziario di cui al D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 31, comma 2) è escluso dall'applicazione dell'imposta qualora si tratti di iniziativa complessiva non autonomamente organizzata. Ed effettivamente tale requisito, il cui accertamento si ribadisce spettare al giudice di merito, resta insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorrendo in generale quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'il quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce tuttavia onere del contribuente, che chieda il rimborso dell'imposta asseritamente non dovuta, dare la prova dell'assenza delle predette condizioni (Cass. 4490/2012; 8556/2011; 3678/2007). 4. Nel caso di specie, la Corte ritiene che il sopra descritto accertamento, invero, sia stato correttamente espletato dal giudice di merito, in adesione ad un principio assorbente e per il quale, in una lettura conforme a quella consolidata in sede di legittimità della disciplina dell'IRAP, non erroneamente si è ritenuto che gli utilizzi delle spese di lavoro-terzo autonomo complessivamente affrontate dal professionista (almeno nel 1998 e nel 2001) e di quelle di lavoro dipendente altrui (nel 2000), per la loro modestia ed il solo fatto di non trovare destinazione in un'attività diversa da quella protetta, non per questo esplicherebbero valenza accessoria rispetto a quella primaria e caratteristica, alla stregua di elementi insindacabili dell'organizzazione. Tale indirizzo permette così, anche con riguardo alla vicenda in esame, di superare - proprio perchè non attinente alla fattispecie - l'orientamento esonerativo dall'IRAP riservato dalla giurisprudenza di legittimità ai medici di medicina generale convenzionati con il Servizio sanitario nazionale e con uno studio, avente le caratteristiche e dotato delle attrezzature indicate nell'art. 22 dell'Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale, reso esecutivo con D.P.R. 28 luglio 2000, n. 270, rientrando esso nell'ambito del "minimo indispensabile" per l'esercizio dell'attività professionale, ed essendo obbligatorio ai fini dell'instaurazione e del mantenimento del rapporto convenzionale (Cass. 10240/2010), non integrando tale circostanza il requisito dell'autonoma organizzazione, ai fini del presupposto 30 impositivo, ma solo in assenza di personale dipendente. Va allora ricordato che, come detto, non compete all'Amministrazione l'onere di dare la dimostrazione del citato requisito di autonomia dell'organizzazione, trascurandosi altrimenti che oggetto del giudizio non era - anche nella specie un atto accertativo della P.A., bensì una richiesta di rimborso da parte del contribuente, dunque onerato della piena prova proprio del difetto del presupposto impositivo, cioè l'esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi. Occorre infatti precisare che ove la controversia tributaria abbia ad oggetto l'impugnazione del rigetto dell'istanza di rimborso di un tributo avanzata dal contribuente, quest'ultimo riveste la qualità di attore in senso non solo formale - come nei giudizi di impugnazione di un atto impositivo - ma anche sostanziale, con la duplice conseguenza che grava su di lui l'onere di allegare e provare i fatti ai quali la legge ricollega il trattamento impositivo rivendicato nella domanda e che le argomentazioni con le quali l'Ufficio nega la sussistenza di detti fatti, o la qualificazione ad essi attribuita dal contribuente, costituiscono mere difese, come tali non soggette ad alcuna preclusione processuale, salvo la formazione del giudicato interno o - dove in concreto ne ricorrono i presupposti l'applicazione del principio di non contestazione (Cass. 29613/2011). Il quadro istruttorio emerso se da un lato conferma pertanto il principio per cui costituisce onere del contribuente, che chieda il rimborso dell'imposta asseritamele non dovuta, dare la prova dell'assenza delle predette condizioni (oltre alle citate, Cass. s.u. 12108/2009; 13095/2012), dall'altro enuncia il limite di una diversa interpretazione ove fondata su un'inammissibile presunzione di non appartenenza alla organizzazione autonoma, di cui al D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, anche dell'attività del professionista che si sia avvalso di lavoro dipendente (oltre che di lavoro autonomo di terzi ed. inerente), così incrementando le sue opportunità competitive ed infine pone in evidenza che non è affatto necessario che la struttura organizzata sia in grado di funzionare in assenza del titolare, non assumendo rilievo, ai fini dell'esclusione di tale presupposto, la circostanza che l'apporto del titolare sia insostituibile per ragioni giuridiche o che la clientela si rivolga alla struttura in considerazione delle sue particolari capacità, ovvero che vi sia prevalenza dell'opera del professionista su altri fattori produttivi (Cass. 26157/2011). 5. Il terzo motivo presenta un'autonoma ragione di inammissibilità, avendo evitato parte ricorrente di riportare, con puntualità e negli esatti termini di originaria deduzione, il motivo di appello che assume pretermesso dalla C.T.R.. Tale insufficienza descrittiva contraddice il principio, cui questo 31 Collegio intende dare continuità, per cui "affinchè possa utilmente dedursi in sede di legittimità un vizio di omessa pronuncia, è necessario, da un lato, che al giudice di merito fossero state rivolte una domanda o un'eccezione autonomamente apprezzabili e, dall'altro, che tali domande o eccezioni siano state riportate puntualmente, nei loro esatti termini, nel ricorso per cassazione, per il principio dell'autosufficienza, con l'indicazione specifica, altresì, dell'atto difensivo o del verbale di udienza nei quali le une o le altre erano state proposte, onde consentire al giudice di verificarne, in primo luogo, la ritualità e la tempestività e, in secondo luogo, la decisività" (Cass. 5344/2013). Il ricorso va dunque rigettato, ai sensi di cui in motivazione e con condanna alle spese, che seguono il criterio della soccombenza e sono liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 1.500,00 oltre alle spese prenotate a debito. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 dicembre 2013. Depositato in Cancelleria il 5 febbraio 2014 Cass. civ. Sez. V, Sent., 05-02-2014, n. 2578 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TRIBUTARIA Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CAPPABIANCA Aurelio - Presidente Dott. DI IASI Camilla - rel. Consigliere Dott. VIRGILIO Biagio - Consigliere 32 Dott. CIGNA Mario - Consigliere Dott. IOFRIDA Giulia - Consigliere ha pronunciato la seguente: sentenza sul ricorso 24007-2009 proposto da: AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis; - ricorrente contro C.F.; - intimato avverso la sentenza n. 59/2008 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di PARMA, depositata il 12/09/2008; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/11/2013 dal Consigliere Dott. CAMILLA DI IASI; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GAMBARDELLA Vincenzo che ha concluso per il rigetto del ricorso. Svolgimento del processo - Motivi della decisione L'Agenzia delle Entrate propone, nei confronti di C.F. (medico convenzionato, che non ha resistito), ricorso per cassazione avverso la sentenza n. 59/22/08 con la quale, in controversia concernente impugnazione di diniego di rimborso Irap per gli anni 1998/2001, la C.T.R. Emilia Romagna sez. n. 22 confermava la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso del contribuente, rilevando che nella specie doveva ritenersi l'assenza di una 33 struttura organizzata per l'esiguità dei cespiti ammortizzabili, per la mancanza dell'ausilio di personale dipendente e per l'utilizzo di beni strumentali e capitali di modesto valore. 2. Con un unico motivo, deducendo vizio di motivazione, l'Agenzia ricorrente si duole del fatto che i giudici di merito non abbiano, a suo parere, considerato le specifiche deduzioni dell'amministrazione appellante, omettendo ogni valutazione circa l'incidenza delle complessive voci di spesa per beni strumentali e di uno studio (dotato dei requisiti di cui al D.P.R. n. 270 del 2000, art. 22 nel quale il dottor C. esercitava la professione medica) sull'attività lavorativa del contribuente. Il motivo è infondato. In proposito, giova innanzitutto rilevare che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, alla quale il collegio intende dare continuità in assenza di valide ragioni per discostarsene, la disponibilità, da parte dei medici di medicina generale convenzionati col Servizio sanitario nazionale, di uno studio, avente le caratteristiche e dotato delle attrezzature indicate nell'art. 22 dell'Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale, reso esecutivo con D.P.R. 28 luglio 2000, n. 270, rientrando nell'ambito del "minimo indispensabile" per l'esercizio dell'attività professionale, ed essendo obbligatoria ai fini dell'instaurazione e del mantenimento del rapporto convenzionale, non integra, di per sè, in assenza di personale dipendente, il requisito dell'autonoma organizzazione ai fini del presupposto impositivo dell'Irap (cfr. cass. n. 10240 del 2010 e successive conformi). Per il resto, la censura risulta generica, in quanto la ricorrente si limita a dolersi della mancata considerazione dell'incidenza sull'attività lavorativa del contribuente delle complessive voci di spesa per beni strumentali, omettendo ogni precisazione in proposito ed altresì omettendo di considerare quanto sopra evidenziato, e cioè che nelle voci di spesa per beni strumentali complessivamente considerate sono ricomprese quelle per uno studio avente le caratteristiche e dotato delle attrezzature indicate nell'art. 22 dell'Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale, reso esecutivo con D.P.R. 28 luglio 2000, n. 270, che è obbligatorio ai fini dell'instaurazione e del mantenimento del rapporto convenzionale e deve pertanto ritenersi, secondo la citata giurisprudenza, rientrante 34 nell'ambito del "minimo indispensabile" per l'esercizio dell'attività professionale. Il ricorso deve essere pertanto rigettato. In assenza di attività difensiva nessuna decisione va assunta in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Così deciso in Roma, il 13 novembre 2013. Depositato in Cancelleria il 5 febbraio 2014 Cass. civ. Sez. V, Sent., 27-01-2014, n. 1574 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TRIBUTARIA Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DI IASI Camilla - Presidente Dott. VIRGILIO Biagio - Consigliere Dott. GRECO Antonio - Consigliere Dott. FERRO Massimo - rel. Consigliere Dott. IOFRIDA Giulia - Consigliere ha pronunciato la seguente: sentenza 35 sul ricorso proposto da: C.G., rappr. e dif. dall'avv. Russo Andrea, con elezione di domicilio presso il relativo studio in Roma, viale Castro Pretorio, n.122, come da procura in calce all'atto; - ricorrente contro Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t. rappr. e dif. dall'Avvocatura Generale dello Stato, elett. dom. nei relativi uffici, in Roma, via dei Portoghesi n. 12; - controricorrente per la cassazione della sentenza Comm. Tribut. Regionale di Roma 1.12.2008; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 6 dicembre 2013 dal Consigliere relatore dott. Massimo Ferro; uditi gli avvocati Andrea Russo per il ricorrente e Gianna De Socio per l'Avvocatura dello Stato; udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale dott. MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per il rigetto del ricorso. Svolgimento del processo C.G. impugna la sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Milano, sez. dist. Brescia 1.12.2008, che, in riforma della sentenza C.T.P. di Brescia n. 58/06/2005, ebbe ad accogliere l'appello dell'Ufficio, così riconoscendo la legittimità dell'atto di silenzio-rifiuto opposto dall'amministrazione al contribuente che, per gli anni dal 1998 al 2002, aveva chiesto il rimborso dell'IRAP, sul presupposto - già ed invece ritenuto dalla C.T.P. - del difetto dei requisiti perchè l'attività professionale espletata (medico convenzionato con il S.S.N.) fosse assoggettabile all'imposta. Si da atto che, nel ricorso, il riepilogo del procedimento indica l'annualità IRAP del 1998 decisa negativamente quanto a rimborso già dalla C.T.P., in ragione dell'avvenuta 36 prescrizione del termine per la relativa richiesta. La sentenza della C.T.R., a propria volta, non fa menzione di un appello incidentale sul punto. Ritenne in particolare la C.T.R. che la sentenza riformata aveva trascurato che, non potendosi prescindere dai risultati della verifica in concreto da condursi sull'attività del contribuente, pur tuttavia era onere di questi provare lo svolgimento di un'attività senza un'organizzazione autonoma, documentando la consistenza di fattori quali il valore dei beni strumentali, le spese per immobili, gli ammortamenti, le spese di rappresentanza, i compensi a terzi. Il ricorso è affidato a due motivi, cui resiste con controricorso Agenzia delle Entrate. Il ricorrente ha depositato memoria. Motivi della decisione Con il primo motivo, si deduce vizio di motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, quale l'autonoma organizzazione dell'attività del contribuente, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 5, essendosi erroneamente la C.T.R. limitata ad una mera elencazione di fattori, non altrimenti precisati e dettagliati, attinenti alla struttura dell'attività professionale del medico ricorrente, senza però indicare ove vi fosse stato il riscontro di quell'autonomia in misura rilevante. Con il secondo motivo, si censura il vizio di violazione di legge ai sensi del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3 in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3, avendo la sentenza affermato la riferibilità al contribuente di una attività sanitaria continuativa in regime convenzionato e tuttavia trascurando che la modestia dei mezzi impiegati avrebbe dovuto precludere la sussistenza dei presupposti di organizzazione autonoma e rilevante ai fini IRAP. 1. I due motivi sono accomunati dall'omessa considerazione puntuale della ratio decidendi della pronuncia, incentrata, da un lato, sull'omesso assolvimento da parte del contribuente dell'onere di provare i requisiti esonerativi invocati e, dall'altro, su un coordinamento di rilevanza tra il requisito dell'autonoma organizzazione e gli elementi elencati dalla C.T.R., sia pur per categorie. Quanto al primo motivo, la sua inammissibilità consegue alla mancata ottemperanza al principio, imposto dalla scelta del vizio di motivazione e che va seguito, per cui la censura di cui all'art. 360 cod. proc. civ., n. 5, sotto un primo aspetto "si correla al fatto sulla cui ricostruzione il vizio di motivazione avrebbe inciso ed implica che il vizio deve avere inciso sulla ricostruzione di 37 un fatto che ha determinato il giudice all'individuazione della disciplina giuridica applicabile alla fattispecie oggetto del giudico di merito e, quindi, di un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo od estintivo del diritto. Sotto un secondo aspetto, la nozione di decisività concerne non il fatto sulla cui ricostruzione il vizio stesso ha inciso, bensì la stessa idoneità del vizio denunciato, ove riconosciuto, a determinarne una diversa ricostruzione e, dunque, asserisce al nesso di causalità fra il vizio della motivazione e la decisione, essendo, peraltro, necessario che il vizio, una volta riconosciuto esistente, sia tale che, se non fosse stato compiuto, si sarebbe avuta una ricostruzione del fatto diversa da quella accolta dal giudice del merito e non già la sola possibilità o probabilità di essa. Infatti, se il vizio di motivazione per omessa considerazione di punto decisivo fosse configurabile sol per il fatto che la circostanza di cui il giudice del merito ha omesso la considerazione, ove esaminata, avrebbe reso soltanto possibile o probabile una ricostruzione del fatto diversa da quella adottata dal giudice del merito, oppure se il vizio di motivazione per insufficienza o contraddittorietà fosse configurabile sol perche su uno specifico fatto appaia esistente una motivazione logicamente insufficiente o contraddittoria, senza che rilevi se la decisione possa reggersi, in base al suo residuo argomentare, il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 360, n. 5 si risolverebbe nell'investire la Corte di Cassazione del controllo sic et sempliciter dell'iter logico della motivazione, del tutto svincolato dalla funzionalità rispetto ad un esito della ricostruzione del fatto idoneo a dare luogo ad una soluzione della controversia diversa da quella avutasi nella fase di merito" (Cass. 3668/2013). In realtà parte ricorrente, pur criticando la genericità della motivazione della C.T.R., non ha assolutamente indicato - e con la doverosa chiarezza, su cui v. Cass. 5858/2013 - quali circostanze dell'attività professionale ed in relazione a quali mezzi istruttori, specie documentali, avrebbero permesso di integrare la prova della non autonoma organizzazione (da sussumere nella fattispecie astratta di cui al D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2), condizione decisiva per un diverso apprezzamento eventualmente censurabile per difetto di razionale quadro giustificativo. 2. Quanto al secondo motivo, il descritto fraintendimento della ratio decidendi indicato in premessa già di per sè integra una ragione di inammissibilità della censura. Non ignora peraltro il Collegio l'indirizzo per cui "la disponibilità, da parte dei medici di medicina generale convenzionati con il Servizio sanitario nazionale, di uno studio, avente le caratteristiche e dotato delle attrezzature indicate nell'art. 22 dell'Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei 38 rapporti con i medici di medicina generale, reso esecutivo con D.P.R. 28 luglio 2000, n. 270, rientrando nell'ambito del "minimo indispensabile" per l'esercito dell'attività professionale, ed essendo obbligatoria ai fini dell'instaurazione e del mantenimento del rapporto convenzionale, non integra, di per sè, in assenza di personale dipendente, il requisito dell'autonoma organizzazione ai fini del presupposto impositivo" (Cass. 10240/2010, 1158/2012). E tuttavia, la sentenza impugnata ha, da un lato, fatto riferimento esplicito al cd. orientamento intermedio, sortito all'esito della pronuncia sulla costituzionalità della disciplina di cui Corte cost. 156/2001 e volto al riconoscimento caso per caso delle eventuali circostanze esonerative, con prova a carico del contribuente e, dall'altro, ha insistentemente dato conto, sia pur per categorie descrittive, di un'attività sanitaria continuativa e con organizzazione adeguata. Il nucleo essenziale del principio di diritto applicato dal giudice di merito consiste dunque nell'aver individuato, nel D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, una fattispecie astratta per la quale la nozione tributaria di autonoma organizzazione, riferibile all'esercente lavoro autonomo, integra il presupposto impositivo dell'IRAP allorchè si declini mediante l'impiego di risorse materiali e personali, la cui qualificazione siccome riferite ad attività professionale protetta (pag. 6 sentenza) non esprime peraltro, va concluso, un dato di contraddizione del quadro giustificativo generale, bensì la differenziazione organizzativa dell'attività del medico-contribuente quale assunta proprio attraverso quei mezzi, emersi dalle dichiarazioni dei redditi e dai dati comunque acquisiti. Il ricorso va dunque rigettato, ai sensi di cui in motivazione e con condanna alle spese, che seguono il criterio della soccombenza e sono liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 1.300, oltre alle spese prenotate a debito. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 6 dicembre 2013. Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2014 39 Cass. civ. Sez. VI - 5, Ord., 17-01-2014, n. 958 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA CIVILE SOTTOSEZIONE T Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CICALA Mario - rel. Presidente Dott. IACOBELLIS Marcello - Consigliere Dott. DI BLASI Antonino - Consigliere Dott. CARACCIOLO Giuseppe - Consigliere Dott. COSENTINO Antonello - Consigliere ha pronunciato la seguente: ordinanza sul ricorso 3431/2013 proposto da: AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis; - ricorrente contro 40 A.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONTE ACERO 2/A, presso lo studio dell'avvocato BAZZANI Gino, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato PULIATTI ANTONIO, giusta procura in calce al controricorso; - controricorrente avverso la sentenza n. 172/45/2012 della Commissione Tributaria Regionale di NAPOLI del 26.1.2012, depositata il 21/06/2012; udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 04/12/2013 dal Presidente Relatore Dott. MARIO CICALA. Svolgimento del processo - Motivi della decisione 1. L'Agenzia delle Entrate ricorre per cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania 172/45/12 del 21 giugno 2012 che respingeva l'appello dell'ufficio affermando la spettanza al Dott. A. del rimborso IRAP relativamente agli anni 2002-2007. 2. Il contribuente si è costituito in giudizio. 3. Il ricorso appare - secondo il relatore - infondato in quanto il giudice di merito ha adeguatamente motivato in ordine alla non sussistenza di una "stabile organizzazione" di supporto all'attività del contribuente. In particolare la sussistenza di un dipendente part-time non costituisce elemento che di per sè provi l'assunto della Agenzia, specie in relazione ad un medico di base tenuto nell'interesse della sanità pubblica ad un'efficienza e continuità di servizio. Il Collegio ha condiviso la proposta del relatore. Stante il non univoco indirizzo giurisprudenziale in materia, appare opportuno compensare le spese. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso, compensa fra le parti le spese del presente grado. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 4 dicembre 2013. 41 Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2014 Cass. civ. Sez. VI - 5, Ord., 17-01-2014, n. 953 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA CIVILE SOTTOSEZIONE T Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CICALA Mario - rel. Presidente Dott. IACOBELLIS Marcello - Consigliere Dott. DI BLASI Antonino - Consigliere Dott. CARACCIOLO Giuseppe - Consigliere Dott. COSENTINO Antonello - Consigliere ha pronunciato la seguente: ordinanza sul ricorso 10522/2011 proposto da: N.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DELLA LIBERTA' 20, presso lo studio dell'avvocato CAROLEO Francesco, che lo rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso; - ricorrente contro 42 AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis; - controricorrente avverso la sentenza n. 98/18/2010 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di FIRENZE del 19/10/2009, depositata il 25/10/2010; udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 04/12/2013 dal Presidente Relatore Dott. MARIO CICALA. Svolgimento del processo - Motivi della decisione 1. Il Dott. N.A. ricorre per cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Toscana 98/18/10 del 25 ottobre 2010 che in parziale accoglimento dell'appello dell'ufficio stabiliva la non spettanza del rimborso IRAP relativamente agli anni 1998-2003. 2. L'Amministrazione si è costituita in giudizio con controricorso. 3. Il ricorso appare, secondo il relatore, meritevole di accoglimento. Invero il giudice di merito ha ritenuto la sottoposizione ad imposta sulla scorta della mera sussistenza di "spese per prestazioni di collaboratori"; senza valutare se tali collaboratori fossero i sostituti per i periodi feriali, o fossero dipendenti ed ove fossero dipendenti se arrecassero un significativo potenziamento della attività del professionista. Nè è stato tenuto conto del principio secondo cui, per quanto attiene all'attività medica: "la disponibilità, da parte dei medici di medicina generale convenzionati con il SSN, di uno studio dotato delle attrezzature indicate nell'art. 22 dell'Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale, reso esecutivo con D.P.R. 28 luglio 2000, n. 270, essendo obbligatoria ai fini dell'instaurazione e del mantenimento del rapporto convenzionale, non integra, di per sè il requisito dell'autonoma organizzazione ai fini del presupposto impositivo dell'IRAP" (cfr. da ultimo l'ordinanza n. 4934 del 27 marzo 2012). Il Collegio ha condiviso la proposta del relatore. 43 P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia la controversia ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Toscana che deciderà anche sulle spese del presente grado. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 4 dicembre 2013. Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2014 Cass. civ. Sez. V, 09-01-2014, n. 246 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TRIBUTARIA Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CAPPABIANCA Aurelio - Presidente Dott. DI IASI Camilla - Consigliere Dott. GRECO Antonio - Consigliere Dott. CIGNA Mario - Consigliere Dott. IOFRIDA Giulia - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: sentenza sul ricorso proposto da: 44 M.L., elettivamente domiciliato in Roma Via Anapo 20, presso lo studio dell'Avv.to RIZZO CARLA, che lo rappresenta e difende, unitamente all'Avv.to Fabrizio D.Mastrangeli, in foza di procura speciale in calce al ricorso; - ricorrente contro Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore P.t.; - resistente e Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro p.t.; - intimato avverso la sentenza n. 5/01/2009 della Commissione Tributaria regionale dell'Umbria, depositata il 20/03/2009; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/11/2013 dal Consigliere Dott. Giulia Iofrida; udito l'Avv.to Pietropaolo Cecchetti, per parte ricorrente; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. SORRENTINO Federico, che ha concluso per il rigetto del ricorso. Svolgimento del processo M.L. propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti del Ministero dell'Economia e delle Finanze e dell'Agenzia delle Entrate (la quale si è costituita ai soli fini della partecipazione all'udienza pubblica di discussione), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell'Umbria n. 5/01/2009, depositata in data 20/03/2009, con la quale - in una controversia concernente l'impugnazione del silenzio-rifiuto opposto dall'Ufficio sull'istanza di rimborso dell'IRAP versata dal contribuente, esercente l'attività professionale di dottore commercialista, negli anni d'imposta 2003 2004 - è stata riformata la decisione n. 116/05/2006 della Commissione Tributaria Provinciale di Perugia, che aveva accolto il ricorso del contribuente. In particolare, i giudici d'appello, dopo avere ribadito, alla luce della sentenza della Consulta n. 156 del 2001, la necessità, per i 45 professionisti persone fisiche, ai fini del loro assoggettamento o meno all'IRAP, di verificare "se l'attività autonomamente organizzata ... crei quel valore aggiunto, costituente l'essenza della "realità", indicata dalla Corte Costituzionale,destinato a remunerare 1'organizzatore ed i vari fattori della produzione", hanno sostenuto che, nel caso concreto, dall'esame "dei conti economici prodotti dallo stesso M.", emergevano, per gli anni 2003 e 2004, la corresponsione di "stipendi per personale dipendente (nell'accezione più ampia prima delineata)", nonchè l'utilizzo di beni strumentali di entità di rilievo ai fini IRAP, concludendo per la sussistenza di un'organizzazione autonoma suscettibile di essere sottoposta ad IRAP. Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c.. Motivi della decisione Il ricorrente lamenta, con il primo motivo, la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, in relazione all'art. 111 Cost., art. 2909 c.c., art. 324 c.p.c., e art. 112 c.p.c., nonchè un vizio di omessa ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5, non essendosi i giudici tributari pronunciati sulla eccezione, sollevata dal M. sin dal primo grado, di efficacia esterna del giudicato, intervenuto con la sentenza n. 15/5/2006 della Commissione Tributaria Regionale dell'Umbria, tra le stesse parti, con la quale era stato affermato il diritto del contribuente al rimborso dell'IRAP in ordine all'istanza del medesimo relativa ai periodi d'imposta, pregressi, 1998-2001, stante l'insussistenza del presupposto dell'autonoma organizzazione nell'attività espletata dal professionista, con modalità del tutto analoghe ed in presenza di analoghi presupposti fattuali rispetto agli anni 2003 e 2004. Nella memoria depositata ai sensi dell'art. 378 c.p.c., il M. ha invocato il giudicato esterno anche in relazione ad altra sentenza (prodotta in giudizio unitamente all'attestazione del passaggio in giudicato) della C.T.R. dell'Umbria, depositata il 12/03/2012 (nel corso del presente giudizio di legittimità), con la quale è stato accertato il diritto del contribuente al rimborso dell'IRAP per il periodo 2004 (in parte), 2005 e 2006, in difetto dell'elemento dell'autonoma organizzazione. Preliminarmente, si pone la questione se questa Corte sia tenuta a cassare con rinvio la sentenza impugnata, per omessa pronuncia, affinchè il giudice di merito si pronunci sulla eccezione non esaminata, oppure se, nel presupposto del difetto della necessità di ulteriori accertamenti di fatto, possa, trattandosi di questione di puro diritto, statuire sulla medesima, ai sensi dell'art. 384 c.p.c., comma 2. 46 Il Collegio ritiene di dare risposta favorevole alla seconda alternativa. Ciò posto, il riconoscimento della capacità espansiva del giudicato tributario può operare solo rispetto a quegli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi a una pluralità di periodi d'imposta (es. le qualificazioni giuridiche preliminari all'applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente (in riferimento a tali elementi, cfr. Sez. U, Sentenza n.13916 del 16/06/2006). Orbene, il primo giudicato invocato dal ricorrente (portato dalla sentenza n. 15/05/2006 della C.T.R. Umbria del 21/06/2006), avente per oggetto il riconoscimento del diritto al rimborso dell'IRAP versata dal professionista negli anni d'imposta 1998/2001, non può comportare la sua automatica estensione alle annualità 2003 e 2004, in quanto il rapporto tributario postula l'accertamento di presupposti di fatto potenzialmente mutevoli (Cass.20029/2011). Nella specie, è lo stesso contribuente ad evidenziare, ad es., di non essersi avvalso del lavoro altrui, peraltro meramente occasionale, negli esercizi precedenti al 2004, e lo stesso valore dei beni strumentali può mutare nel corso degli anni. Dunque, per quanto riguarda l'istanza di rimborso relativa all'anno d'imposta 2003, il motivo è infondato. Il motivo è invece fondato per quanto concerne l'anno 2004 ed il secondo giudicato esterno invocato dal ricorrente (quello formatosi con la sentenza n. 35/04/2012, pronunciata dalla C.T.R. dell'Umbria in data 12/03/2012), essendovi coincidenza dei presupposti fattuali, in quanto il diritto al rimborso dell'IRAP versata (in acconto ed a saldo) nell'anno 2004 dal M. ha riguardato sia il presente giudizio che quello definito con sentenza di merito, passata in giudicato, del 12/03/2012. Stante la coincidenza dei presupposti fattuali (tipologia ed anno d'imposta), l'accertamento definitivo operato per quell'anno - 2004 - in ordine all'insussistenza dell'elemento dell'autonoma organizzazione (per difetto dell'ausilio di lavoratori - dipendenti, per modestia di beni strumentali, etc.), requisito indispensabile ai fini dell'assoggettamento dell'attività professionale ad IRAP, non può che spiegare effetti, per l'anno 2004, anche nel presente giudizio, con conseguente declaratoria di inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, determinata dall'intervenuta formazione di giudicato esterno (cfr. Cass. 9743/08, 1829/07, 3802/2013). 47 Il vizio di omessa motivazione (sempre in ordine alla questione del giudicato esterno) è assorbito. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta poi la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3, art. 2697 c.c., e art. 53 Cost., ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè l'omessa, contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5, avendo i giudici tributari trascurato di valutare se, nel caso concreto, il M. si fosse o meno avvalso del lavoro altrui in forma non occasionale, essendosi invece limitati a constatare, "travisando completamente la documentazione in atti", che il contribuente aveva "corrisposto stipendi per personale dipendente", laddove, solo per l'anno 2004, erano stati indicati nel quadro RE solo "compensi corrisposti a terzi per prestazioni direttamente afferenti l'attività professionale...di Euro 14.328,000". La censura - sotto il residuo profilo concernente il diritto al rimborso dell'IRAP versata nel 2003 - è fondata. Invero, deve qui ribadirsi che, a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, comma 1, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c), l'esercizio delle attività di lavoro autonomo di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 49, comma 1, è escluso dall'applicazione dell' IRAP solo qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata ed il requisito della autonoma organizzazione - il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità solo se congruamente motivato - ricorre quando il contribuente, per quanto qui interessa, impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui (cfr., sull'ausilio di una segretaria a part-time, Cass. n. 8265 del 2009; S. U. n. 12109 del 2009, in generale, e Cass. n. 14693 del 2009, sull'ausilio di un dipendente part-time all'attività d'avvocato; sul rilievo dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, v. Cass. n. 3677 del 2007; cfr., da ultimo, Cass. nn. 23370 del 2010 e 16628 del 2011). Ora, i giudici d'appello, relativamente all'istanza del contribuente di rimborso dell'IRAP dovuta per l'anno 2003, laddove hanno dato rilievo alla corresponsione di "stipendi per personale dipendente (nell’accezione più ampia prima delineata)", nonchè all'utilizzo di beni strumentali di entità, senza ulteriori specificazioni, non hanno fatto corretta applicazione di detti 48 principi, non avendo tenuto presente la necessaria distinzione tra compensi a dipendenti e compensi erogati a terzi collaboratori occasionali ed occorrendo sempre rapportare il valore dei beni strumentali impiegati agli strumenti minimi necessari per l'esercizio dell'attività personale professionale. Il terzo motivo, con il quale si censura la violazione dell'art. 111 Cost., comma 2, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3, è inammissibile per genericità ed astrattezza del quesito di diritto (così formulato: "Dica Codesta Corte se, ai fini dell'art. 111 Cost., comma 2, nella parte in cui sancisce a garanzia del giusto processo il principio del contraddittorio, la motivazione della sentenza possa limitarsi alìaccoglimento della tesi di una parte, senza dare conto delle ragioni logiche e giuridiche che sorreggono il rigetto di tutte o di alcune delle tesi prospettate dalle altre parti"), richiesto dall'art. 366 bis c.p.c. (sentenza impugnata è del marzo 2009). Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere accolto, quanto al secondo motivo, e la sentenza impugnata deve essere cassata e, decidendo nel merito, non essendovi necessità di ulteriori accertamenti in fatto, va accolto il ricorso introduttivo del contribuente, con riguardo al diritto dello stesso al rimborso dell'IRAP versata nell'anno 2003, stante il difetto dell'indispensabile requisito dell'autonoma organizzazione, in considerazione soprattutto dell'assenza di apporto all'attività del professionista da parte di lavoratori-dipendenti (essendo stati erogati solo compensi a terzi, conseguenti all'esercizio dell'attività in una struttura polifunzionale), ed essendo il valore dei beni strumentali impiegati, di per sè, non decisivo. Le spese processuali del giudizio di merito vanno integralmente compensate tra le parti, attese tutte le peculiarità della vicenda processuale (definizione, in parte, per effetto di un sopravvenuto giudicato esterno). Nulla sulle spese del presente giudizio di legittimità, in difetto di costituzione a mezzo di controricorso dell'Agenzia delle Entrate, neppure comparsa all'udienza pubblica di discussione. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso, per sopravvenuta carenza d'interesse determinata dall'intervenuta formazione di giudicato esterno, quanto al diritto del contribuente al rimborso dell'IRAP versata nell'anno 2004; 49 accoglie, in relazione al diritto al rimborso dell'IRAP versata nell'anno 2003, il ricorso, limitatamente al secondo motivo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo del contribuente; dichiara interamente compensate tra le parti le spese del giudizio di merito. Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Quinta Civile, il 27 novembre 2013. Depositato in Cancelleria il 9 gennaio 2014 Cass. civ. Sez. VI - 5, Ord., 07-01-2014, n. 106 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA CIVILE SOTTOSEZIONE T Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CICALA Mario - rel. Presidente Dott. BOGNANNI Salvatore - Consigliere Dott. IACOBELLIS Marcello - Consigliere Dott. DI BLASI Antonino - Consigliere Dott. CARACCIOLO Giuseppe - Consigliere ha pronunciato la seguente: ordinanza 50 sul ricorso 14142-2011 proposto da: I.C. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VALADIER 43, presso lo studio dell'avvocato ROMANO GIOVANNI, che lo rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del ricorso; - ricorrente contro AGENZIA DELLE ENTRATE - DIREZIONE PROVINCIAE DI BENEVENTO (OMISSIS), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis; - controricorrente avverso la sentenza n. 55/33/2010 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di NAPOLI del 23/03/2010, depositata il 21/04/2010; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/11/2013 dal Presidente Relatore Dott. MARIO CICALA. Svolgimento del processo - Motivi della decisione 1. Il dott. I.C. ricorre per cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania 55/33/10 del 21 aprile 2011 che accoglieva l'appello della Agenzia affermando la non spettanza del rimborso IRAP relativamente agli anni 1998-2003. 2. L'Amministrazione si è costituita in giudizio con controricorso. 3. Il ricorso appare meritevole di accoglimento. Invero il giudice di merito ha ritenuto la sottoposizione ad imposta senza procedere ad una concreta adeguata valutazione degli elementi di fatto, tanto più necessaria posto che nella parte espositiva si evidenziano oneri assai modesti per spese strumentali e compensi a terzi, presumibilmente il sostituto; del resto, è pacifico che un organizzazione "minima" non determina la applicabilità dell'imposta. 51 Tanto che per quanto attiene all'attività medica è oramai jus receptum che "la disponibilità, da parte dei medici di medicina generale convenzionati con il SSN, di uno studio dotato delle attrezzature indicate nell'art. 22 dell'Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale, reso esecutivo con D.P.R. 28 luglio 2000, n. 270, essendo obbligatoria ai fini dell'instaurazione e del mantenimento del rapporto convenzionale, non integra, di per sè, il requisito dell'autonoma organizzazione ai fini del presupposto impositivo dell'IRAP" (cfr. da ultimo l'ordinanza n. 4934 del 27 marzo 2012). P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la controversia ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Campania. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile, il 28 novembre 2013. Depositato in Cancelleria il 7 gennaio 2014 Cass. civ. Sez. VI - 5, Ord., 02-12-2013, n. 27032 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA CIVILE SOTTOSEZIONE T Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CICALA Mario - rel. Presidente Dott. BOGNANNI Salvatore - Consigliere Dott. IACOBELLIS Marcello - Consigliere 52 Dott. DI BLASI Antonino - Consigliere Dott. CARACCIOLO Giuseppe - Consigliere ha pronunciato la seguente: ordinanza sul ricorso 24579-2011 proposto da: M.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CRESCENZIO 91, presso lo studio dell'avvocato LUCISANO CLAUDIO, che lo rappresenta e difende, giusta delega a margine del ricorso; - ricorrente contro AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis; - controricorrente avverso la sentenza n. 128/49/2010 della Commissione Tributaria Regionale di MILANO del 10.6.2010, depositata il 04/10/2010; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/11/2013 dal Presidente Relatore Dott. MARIO CICALA; udito per il ricorrente l'Avvocato Claudio Lucisano che ha chiesto l'accoglimento del ricorso; E' presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RAFFAELE CENICCOLA che si riporta alla relazione scritta. Svolgimento del processo - Motivi della decisione E' stata depositata la seguente relazione: 53 1. Il dott. M.A. ricorre per cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia 128/49/10 del 4 ottobre 2010 che accoglieva l'appello dell'ufficio ribadendo la non spettanza del rimborso IRAP relativamente all'anno 2004. 2. L'Amministrazione si è costituito in giudizio con controricorso. 3. Il ricorso appare meritevole di accoglimento. Invero il giudice di merito ha ritenuto la sottoposizione ad imposta senza procedere ad una concreta adeguata valutazione degli elementi di fatto. Il dott. M. primario di cardiologia denuncia redditi professionali assai elevati, tali redditi non costituiscono però di per sè sintomo sufficiente della esistenza di una "autonoma organizzazione" (si vedano le ordinanze di questa Corte n. 9276 del 7 giugno 2012 e n. 9693 del 13 giugno 2012 relative ad esercenti la professione medica); in quanto ben può accadere che professionisti di chiara fama svolgano la loro attività utilizzando strutture da altri predisposte (ad esempio in cliniche private o con il regime dell'intra moenia) così come sostenuto dal contribuente. La tesi del contribuente è poi resa credibile dal quadro delle spese da lui affrontate ove non figurano oneri per dipendenti e per immobili, ma solo oneri per compensi a terzi non dipendenti (attribuite al commercialista) ed altri oneri non meglio precisati e non specificamente valutati dal giudice di merito. Il Collegio ha condiviso la relazione. P.Q.M. Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la controversia ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, che deciderà anche per le spese del presente grado di giudizio. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sesta sezione civile, il 14 novembre 2013. Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2013 54 Cass. civ. Sez. V, Sent., 09-10-2013, n. 22941 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TRIBUTARIA Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MERONE Antonio - Presidente Dott. CHINDEMI Domenico - rel. Consigliere Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta - Consigliere Dott. BOTTA Raffaele - Consigliere Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi - Consigliere ha pronunciato la seguente: sentenza sul ricorso 2151-2011 proposto da: G.Z.A., elettivamente domiciliato in ROMA VIA N. COLAJANNI 3, presso lo studio dell'avvocato GIUGNI OTTORINO, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato PAGLIANI GIORGIO giusta delega in calce; - ricorrente contro AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI MODENA, AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE GENERALE; - intimati avverso la sentenza n. 62/2010 della COMM.TRIB.REG. di BOLOGNA, depositata il 05/07/2010; 55 udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/09/2013 dal Consigliere Dott. DOMENICO CHINDEMI; udito per il ricorrente l'Avvocato PAGLIANI che ha chiesto l'accoglimento; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL CORE Sergio che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. Svolgimento del processo La Commissione tributaria regionale dell'Emilia, con sentenza n. 62/08/10, depositata il 5.7.2010 confermava la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Modena che aveva ritenuto al legittimità della cartella di pagamento relativa all'Irap per l'anno 2002, nei confronti di G.Z.A. esercente al professione di avvocato. La Ctr riteneva che il contribuente "in grado di svolgere da solo la sua attività è necessariamente dotato di autonoma organizzazione". Proponeva ricorso per cassazione il contribuente deducendo i seguenti motivi: a)violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2 in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 5 avendo errato la CTr nel ritenere il ricorrente soggetto passivo dell'imposta Irap non disponendo di autonoma organizzazione; b) difetto di motivazione della sentenza impugnata, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5 avendo omesso i giudici di appello ogni motivazione in ordine alla "organizzazione del ricorrente"; c) formazione di giudicato esterno, successivo alla sentenza di appello, essendo stata accertata dalla CTR di Bologna, con sentenza n. 50/15/2009, divenuta definiva,con la quale è stata accertata l'inesistenza in capo al medesimo ricorrente di autonoma organizzazione con conseguente non assoggettabilità del medesimo all'Irap in ordine all'anno di imposta 2003. L' Agenzia delle Entrate non ha svolto attività difensiva. Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 19.9.2013, in cui il PG ha concluso come in epigrafe. Motivi della decisione 56 1. In ordine logico va preliminarmente esaminato l'ultimo motivo relativo alla formazione del giudicato esterno che pone la tematica del rapporto fra due procedimenti, diretto a stabilire se, ed entro quali limiti, la decisione emessa nel primo precluda nel secondo la facoltà della parte di dedurre determinate questioni e correlativamente (a seguito di opportuna eccezione, ove si tratti di giudicato esterno) l'esercizio del potere cognitivo del giudice. Il giudicato relativo ad un singolo periodo di imposta non è idoneo a far stato per i successivi o i precedenti in via generalizzata ed aspecifica. Simile efficacia va infatti riconosciuta solo a quelle situazioni relative a "qualificazioni giuridiche"o ad altri eventuali "elementi preliminari" rispetto ai quali possa dirsi sussistente un interesse protetto avente carattere di durevolezza nel tempo, non estendendosi a tutti i punti che costituiscono antecedente logico della decisione ed in particolare alla valutazione delle prove ed alla ricostruzione dei fatti. E questo perchè il giudicato incentra la sua potenziale capacità espansiva in funzione regolamentare solo su quegli elementi che abbiano un valore "condizionante" inderogabile sulla disciplina degli altri elementi della fattispecie esaminata, con la conseguenza che la sentenza che risolva una situazione fattuale in uno specifico periodo di imposta non può estendere i suoi effetti automaticamente ad altro ancorchè siano coinvolti tratti storici comuni.(cfr Cass. Sez. 5, Sentenza n. 18907 del 16/09/2011; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 20029 del 30/09/2011) Va, quindi, esclusa l'efficacia esterna di un giudicato relativo ad un periodo di imposta Irap in una controversia riguardante una diversa annualità, sul presupposto che l'accertamento erano fondati su fatti non necessariamente comuni. 2. Gli ulteriori motivi di ricorso, esaminati congiuntamente, sono fondati. In forza del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, comma 1, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c), l'esercizio delle attività di lavoro autonomo, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1, è escluso dall'applicazione dell'imposta soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata, secondo l'accertamento riservato al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato in ordine all'impiego di beni strumentali eccedenti, secondo l'id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui, 57 costituendo onere del contribuente che richieda il rimborso fornire la prova dell'assenza delle condizioni anzidette (ex plurimis, Cass. n. 3676, n. 3673, n. 3678, n. 3680 del 2007). La motivazione della sentenza impugnata - secondo cui l'attività del contribuente "è anche autonomamente organizzata perchè, quella piccola organizzazione che dichiara d'avere è adeguata all'attività che svolge ed è autonoma perchè non dipende dal committente" non consente di individuare i fatti ritenuti giuridicamente rilevanti in ordine alla affermata imposizione Irap non evidenziando gli elementi considerati o i presupposti della decisione ed impedendo ogni controllo sul percorso logicoargomentativo seguito per la formazione del convincimento del Giudice, (cfr Cass. 5, sez. 10.11.2010 n. 2845). Inoltre, a fronte delle puntuali censure formulate dal ricorrente, con riguardo alla mancanza di una propria struttura organizzativa, della mancanza di dipendenti, della utilizzazione di modesti beni strumentali, nonchè della affermazione di avere usufruito della struttura organizzativa della Cremonini s.p.a. e dell'ospitalità dello studio Maniscalco e Associati in Modena la motivazione si appalesa insufficientemente e non congruamente motivata avendo anche apoditticamente affermato che "Il contribuente che è in grado di svolgere da solo la sua attività è necessariamente dotato di autonoma organizzazione". In conclusione, si ritiene che debba essere rigettato il terzo motivo di ricorso, accolti i primi due, cassata l'impugnata sentenza con rinvio ad altra sezione della CTR dell'Emilia che si pronuncerà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. Rigetta il terzo motivo di ricorso, accoglie i primi due, cassa l'impugnata sentenza con rinvio ad altra sezione della Commissione tributaria regionale dell'Emilia che si pronuncerà anche sulle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, il 19 settembre 2013. Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2013 58 Cass. civ. Sez. V, Sent., 18-09-2013, n. 21326 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TRIBUTARIA Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CAPPABIANCA Aurelio - Presidente Dott. GRECO Antonio - Consigliere Dott. CIGNA Mario - Consigliere Dott. FERRO Massimo - rel. Consigliere Dott. IOFRIDA Giulia - Consigliere ha pronunciato la seguente: sentenza sul ricorso proposto dai seguenti ricorrenti: tutti difesi dall'avvocato Cordeiro Guerra Roberto ed elettivamente domiciliati alla via San Basilio n.72, in Roma, presso lo studio dell'avv. Filippo Pingue, come da procura in calce all'atto i Sigg.ri M.A., + ALTRI OMESSI ; contro Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., rappr. e dif. dall'Avvocatura Generale dello Stato, elett. dom. nei relativi uffici, in Roma, via dei Portoghesi n.12; - controricorrente 59 per la cassazione della sentenza Comm. Tribut. Regionale di Firenze 27.6.2007; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 26 giugno 2013 dal Consigliere relatore Dott. FERRO Massimo; udito l'avvocato Roberto Cordeiro Guerra per i ricorrenti e Garofoli Pietro per l'Avvocatura Generale dello Stato; udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale Dott. DEL CORE Sergio, che ha concluso per il rigetto del ricorso e l'inammissibilità quanto a quello di C.L.. Svolgimento del processo I ricorrenti di cui in epigrafe (e comunque di cui a pagine da 1 a 13 del ricorso dell'avvocato Roberto Cordeiro Guerra n. 23247/2008) impugnano la sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Firenze 27.6.2007, che, in conferma della sentenza C.T.P. di Firenze n. 78/01/2005, ebbe a rigettare il rispettivo appello, così ribadendo la legittimità del silenzio rifiuto opposto dall'Amministrazione finanziaria avverso l'istanza di rimborso dell'IRAP per gli anni dal 1999 al 2002, sul presupposto - già ritenuto dalla C.T.P. - per cui non difettava in capo agli stessi, esercenti l'attività di tassisti, il requisito di un'organizzazione di beni e di persone generativa di un valore aggiunto indipendente dall'apporto meramente personale, tenuto conto dei servizi dai medesimi fruiti e facenti capo alla cooperativa di cui erano soci (SO.CO.TA. s.r.l.). Ritenne in particolare la C.T.R. che l'appello non poteva essere accolto, pur ammesso l'esercizio in forma cumulativa dei ricorsi al giudice tributario (per identità di interesse), in quanto: per due ricorrenti non valeva l'invocato giudicato esterno (essendo diverse le parti di quei giudizi); tutti i tassisti figuravano nei periodi d'imposta iscritti alla CCIAA e tenuti alla compilazione del modello G del quadro dichiarativo fiscale, operanti com'erano in contabilità semplificata e comunque imprenditori commerciali; per alcuni di essi, infine, non era nemmeno ammissibile l'istanza di rimborso, avendo aderito al condono L. n. 289 del 2002, ex artt. 7 e 9. Il ricorso è affidato a tre motivi e resistito con controricorso dall'Agenzia delle Entrate. I ricorrenti hanno depositato memoria. 60 Motivi della decisione Con il primo motivo, si deduce il vizio di violazione di legge, con riguardo al D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2 e art. 51 (oggi 55) TUIR, con l'art. 2195 c.c. e l'art. 53, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3, avendo erroneamente la C.T.R. incluso nel presupposto impositivo IRAP qualsiasi attività d'impresa, ancorchè svolta dall'imprenditore persona fisica senza effettiva organizzazione. Con il secondo motivo, si avanza vizio di violazione di legge, ai sensi del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3, per avere la sentenza qualificato come autonoma organizzazione rilevante ai fini IRAP quella di un terzo soggetto passivo d'imposta. Con il terzo motivo si deduce vizio di violazione di legge concernente la L. n. 289 del 2002, artt. 7 e 9, con riguardo agli artt. 23 e 53 Cost., in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3, essendo errata la cristallizzazione del rapporto tributario in capo ai soggetti fruitori del condono, con rinuncia implicita per gli stessi ad azionare il diritto al rimborso. 1. Il ricorso proposto da C.L. è inammissibile, per pacifica omissione del conferimento della procura al difensore. 2. Il terzo motivo, da trattare prioritariamente e sia pur con riguardo ai ricorrenti che hanno aderito al condono (menzionati dalle pagine 26 a 28 del controricorso), è infondato e tale da determinare, per essi, l'assorbimento dei primi due motivi di ricorso. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte (Cass. 5037/2010, 17142/2008 e, specificamente per l'IRAP, 3682/2007 e 1967/2012, 3841/2012), il condono tributario attribuisce al contribuente un diritto potestativo di scelta tra il procedimento amministrativo di accertamento ordinario, con conseguente pretesa all'eventuale rimborso del tributo indebitamente pagato ed il procedimento amministrativo di accertamento straordinario di condono, con la conseguenza che l'opzione del contribuente per il condono, come accaduto nella specie, preclude ad entrambi i soggetti del rapporto il ricorso al procedimento di accertamento ordinario e, quindi, anche ogni pretesa al rimborso da parte del contribuente. Ne deriva che l'esercizio della facoltà di ottenere la definizione dei redditi d'impresa, pagando una data somma correlata all'imposta e determinata ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 7, comma 14, produce un effetto estintivo del giudizio a questa relativo, che opera anche in relazione 61 alle domande giudiziali riguardanti le richieste di rimborso d'imposta (nella specie, l'IRAP): con la conseguenza che l'intervenuta proposizione della relativa istanza, palesandosi come questione officiosa, connessa ai riflessi di ordine pubblico nascenti dall'elisione della pretesa impositiva realizzata in virtù dell'adesione al condono, andrebbe comunque rilevata d'ufficio anche dal giudice, senza che occorra una specifica eccezione - peraltro sollevata dall'Agenzia delle Entrate - ad opera della parte interessata a farla valere (ex art. 9 L. cit. così nello specifico Cass. 3841/2012). 3. I primi due motivi vanno trattati unitariamente, e con la precisazione della sopravvivenza delle ragioni di doglianza con essi introdotte circoscritta ai soli contribuenti non presentatori di condono. Essi sono peraltro in parie inammissibili ed in parte infondati. Osserva invero il Collegio che la ratio decidendi su cui è imperniata la decisione oggetto di censura giustappone la appartenenza dei tassisti ad uno statuto fiscale di evidente riferimento ad un'attività d'impresa commerciale e lo svolgimento di un'attività, permessa e valorizzata, mediante l'essenziale ricorso ai servizi forniti, a ciascuno di essi, dalla società cooperativa in cui sono organizzati come soci. Tale doppia prospettazione argomentativa non trova un adeguato contrasto ove i ricorrenti, pur dandone conto ed inammissibilmente chiedendo un diverso e nuovo accertamento di merito, non s'avvedono che proprio con la menzione delle descritte circostanze la C.T.R. ha ricostruito profili di attività autonomamente organizzata, ai sensi della D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2 e dunque con riscontro in concreto di una situazione riferita ai contribuenti stessi. Tale rilievo impone la strutturazione della ragione critica in sede di legittimità mediante la doverosa introduzione anche di un vizio di motivazione, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e non, come avvenuto, ex n. 3 soltanto. Può invero richiamarsi l'indirizzo per cui già "è inammissibile il ricorso per cassazione nel quale la parte abbia erroneamente inquadrato, tra quelli previsti dall'art. 360 c.p.c., il vizio che ha inteso denunciare, esigendo la tassatività e la specificità del motivo di censura una precisa formulazione, di modo che detto vizio rientri nelle ipotesi tassative enucleate dal codice di rito". (Cass. 8585/2012; 18202/2008). 4. In ogni caso per gli stessi due motivi va dichiarata l'infondatezza. In tema, anche alla stregua dell'interpretazione costituzionalmente orientata fornita da Corte cost. n. 156/2001, l'assoggettamento ad IRAP dell'attività del lavoratore autonomo, del professionista e dell'imprenditore postula una valutazione complessiva di essa, da effettuarsi sulla scorta di tutti gli elementi fattuali che connotano la fattispecie concreta. Ha chiarito il Giudice delle leggi che 62 l'imposizione ha riguardo al valore aggiunto prodotto, cioè la nuova ricchezza creata dalla singola unità produttiva, che viene, mediante l'IRAP, assoggettata ad imposizione ancor prima che sia distribuita al fine di remunerare i diversi fattori della produzione, trasformandosi in reddito per l'organizzatore dell'attività, i suoi finanziatori, i suoi dipendenti e collaboratori. L'imposta colpisce perciò, con carattere di realità, un fatto economico, diverso dal reddito, comunque espressivo di capacità di contribuzione in capo a chi, in quanto organizzatore dell'attività, è autore delle scelte dalle quali deriva la ripartizione della ricchezza prodotta tra i diversi soggetti che, in varia misura, concorrono alla sua creazione. Nel caso, poi, di una attività professionale o autonoma o di piccola impresa che sia svolta in assenza di elementi di organizzazione - il cui accertamento, in mancanza di specifiche disposizioni normative, costituisce questione di mero fatto - risulterà dunque mancante - per gli stessi giudici costituzionali - il presupposto stesso dell'imposta sulle attività produttive, per l'appunto rappresentato, secondo il D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, dall'esercizio abituale di un'attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi, con la conseguente inapplicabilità dell'imposta stessa. Poichè inoltre solo l'attività esercitata dalle società e dagli enti, compresi gli organi e le amministrazioni dello Stato, costituisce in ogni caso presupposto di imposta, in base alla seconda parte del citato articolo, si da per ogni altra figura la doverosità di un'analisi caso per caso, con istruttoria concreta e non condotta per tipologie di contribuente. 5. Così l'esistenza di un'autonoma organizzazione, che costituisce il presupposto per la sottoposizione impositiva dei soggetti esercenti arti o professioni indicati dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1, esclusi i casi di soggetti inseriti in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse, non dev'essere intesa in senso soggettivo, come auto- organizzazione creata e gestita dal professionista senza vincoli di subordinazione, ma in senso oggettivo, come esistenza di un apparato esterno alla persona del professionista e distinto da lui, risultante dall'aggregazione di beni strumentali e/o di lavoro altrui. (Cass. 3673/2007). Può così concludersi che è soggetto passivo dell'imposta chi si avvalga, nell'esercizio dell'attività di lavoro autonomo (o d'impresa anche minore), di una struttura organizzata in un complesso di fattori che per numero, importanza e valore economico siano suscettibili di creare un valore aggiunto rispetto 63 alla mera attività intellettuale (o manuale) supportata dagli strumenti indispensabili e di corredo al suo know-how, con la conseguenza che può essere escluso il presupposto di imposta solo quando il risultato economico trovi ragione esclusivamente nell'auto- organizzazione del professionista (ovvero prestatore autonomo) o, comunque, quando l'organizzazione da lui predisposta abbia incidenza marginale e non richieda necessità di coordinamento (Cass. 30753/2011). Così, l'esercizio dell'attività di piccolo imprenditore (nella specie, tassista) è stato dalla S.C. escluso dall'applicazione dell'imposta soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata: nella vicenda, il requisito dell'autonoma organizzazione, il cui accertamento si è ribadito spettare al giudice di merito, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza dell'organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. In ogni caso, costituisce onere del contribuente, che chieda il rimborso dell'imposta asseritamente non dovuta, dare la prova dell'assenza delle predette condizioni (Cass. 21123/2010). Parimenti è stato ribadito che tale imposta colpisce il valore della produzione netta dell'impresa e così nell'impresa familiare, rispetto alla posizione dell'imprenditore familiare, anche la collaborazione dei partecipanti, per quanto interna all'organizzazione, integra quel quid pluris dotato di attitudine a produrre una ricchezza ulteriore (o valore aggiunto) rispetto a quella conseguibile con il solo apporto lavorativo personale del titolare (Cass. 10777/2013). Nella fattispecie, la critica alla pronuncia della C.T.R. da un lato non ha investito, come detto ed in modo rituale, la motivazione e, dall'altro, non da conto della descritta sussistenza, in capo ai tassisti, di una posizione contrattuale ed organizzativa collegata in modo essenziale - già ai fini di censirne l'intrinseca modalità di effettuazione - con i plurimi servizi della cooperativa di cui essi sono soci, dunque in una funzione collaborativa ben censita come contributo determinante per la produzione globale lorda del reddito dei contribuenti. Il descritto requisito dell'autonoma organizzazione ben può invero essere integrato dall'apporto collaborativo altrui, e con ciò determinare le condizioni di assoggettabilità all'IRAP ai sensi del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, per effetto di specifici legami contrattuali di lavoro (subordinato e non) ovvero nell'ambito di una 64 serie ripetuta di prestazioni rese con altre tipologie di somministrazione ovvero per una condivisione organizzativa societaria di risorse e servizi, com'è il caso di specie, facilitativi della attività stessa del contribuente: a cominciare dalla fornitura dell'operatività del radiotaxi, risultano infatti evidenti modalità di esercizio dell'attività dei tassisti, e di ciascuno di essi, manifestamente integrate dall'apporto qualificante di una stabile struttura (la società cooperativa) che assicura, in via tipica e costante, al singolo tassista continuità di lavoro, migliori condizioni economico-professionali (già a termini di statuto della cooperativa, su cui v. p.4 sentenza), centralizzazione della raccolta pubblicitaria, assistenza amministrativa e fiscale. L'elemento della fruizione dei servizi altrui trova dunque anche in tali circostanze un'adeguata evidenza, incidendo - nel senso di un'alterazione - sul modello esclusivamente personalistico (quanto ad organizzazione dell'attività e valorizzazione delle risorse dirette alla produzione del reddito) preteso invece dalla citata norma (e dalla lettura interpretativa datane da questa Corte) ove se ne richiamino le condizioni di esenzione da imposta, nel caso correttamente descritte quali del tutto assenti nella pronuncia impugnata. 6. Ribadita l'inammissibilità del ricorso di C.L., va pertanto rigettato il ricorso di tutti gli altri contribuenti, con condanna dei ricorrenti tutti alle spese del procedimento di legittimità, secondo le regole della soccombenza e come da dispositivo. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso di C.L.; rigetta il ricorso quanto a tutti gli altri ricorrenti; condanna i ricorrenti tutti al pagamento delle spese del procedimento, in favore della controricorrente, liquidate in Euro 11.250, oltre alle spese prenotate a debito. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 giugno 2013. Depositato in Cancelleria il 18 settembre 2013 Cass. civ. Sez. V, Sent., 28-08-2013, n. 19769 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TRIBUTARIA 65 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. VIRGILIO Biagio - Presidente Dott. GRECO Antonio - Consigliere Dott. CIGNA Mario - Consigliere Dott. FERRO Massimo - Consigliere Dott. IOFRIDA Giulia - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: sentenza sul ricorso proposto da: S.P., elettivamente domiciliato in Torino, Via Cibrario 12, presso lo studio dell'Avvocato d'Alessandro Claudio, che lo rappresenta e difende in forza di procura speciale in calce al ricorso; - ricorrente contro Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., domiciliata in Roma Via dei Portoghesi 12, presso l'Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ex lege; - resistente avverso la sentenza n. 16/36/2009 della Commissione Tributaria regionale del Piemonte, depositata il 5/03/2009; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/06/2013 dal Consigliere Dott. Giulia Iofrida; udito l'Avvocato dello Stato, D'Ascia Lorenzo, per parte resistente; 66 udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. VELARDI Maurizio, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. Svolgimento del processo Con sentenza n. 16/36/2009 del 3/11/2008, depositata in data 5/03/2009, la Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, Sez. 36, accoglieva, con compensazione delle spese di lite, l'appello proposto, in data 19/03/2008, dall'Agenzia delle Entrate Ufficio Torino (OMISSIS), avverso la decisione n. 166/15/2007 della Commissione Tributaria Provinciale di Torino, che aveva accolto il ricorso di S.P. contro una cartella esattoriale, notificatagli in data 27/12/2006, recante l'iscrizione a ruolo del saldo IRAP per l'anno 2003, di cui il contribuente, esercente la libera professione di consulente informatico, aveva omesso il versamento, oltre sanzioni ed interessi. La Commissione Tributaria Regionale accoglieva il gravame dell'Agenzia delle Entrate, in quanto, pur condividendo, in generale, il ragionamento espresso dai giudici di primo grado, in ordine alla necessità di verificare in concreto la sussistenza o meno, in relazione al risultato reddituale di un professionista, del presupposto dell'IRAP costituito dall'autonoma organizzazione, nella fattispecie, "i dati economici emergenti dalla dichiarazione dei redditi del contribuente (Quadro RE dell'Unico 2004 per l'anno 2003), quale esercente la professione di consulente informatico" evidenziavano che "a fronte di redditi dichiarati in Euro 40.560,00, per l'anno 2003, il totale delle spese ammontava ad Euro 3.261,00, con una incidenza percentuale di quasi il 10%", cosicchè, ai fini dell'assoggettabilità ad IRAP, nel predetto anno, "il valore della produzione realizzata dal contribuente risultava essere stato frutto non soltanto del suo lavoro, ma anche di un considerevole apporto di capitale". Avverso tale sentenza ha promosso ricorso per cassazione il contribuente, deducendo due motivi, per violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, ex art. 360 c.p.c., n. 3 (Motivo 1, in relazione al D.Lgs. n. 442 del 1997, art. 2, avendo i giudici tributari valutato il carattere autonomo dell'organizzazione avuto riguardo ai meri costi di gestione, non comprensivi di spese per dipendenti o collaboratori, peraltro aventi incidenza dell'8,04%, minima, e non di beni strumentali) e per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5 (Motivo 2, in relazione alla sussistenza del carattere dell'autonoma organizzazione). Non ha 67 resistito l'Agenzia delle Entrate con controricorso, costituendosi ai soli fini della partecipazione alla pubblica udienza di discussione. Motivi della decisione Questa Corte ha, con orientamento consolidato, affermato che l'IRAP coinvolge una capacità produttiva "impersonale ed aggiuntiva" rispetto a quella propria del professionista (determinata dalla sua cultura e preparazione professionale) e colpisce un reddito che contenga una parte aggiuntiva di profitto, derivante da una struttura organizzativa "esterna", cioè da "un complesso di fattori che, per numero, importanza e valore economico, siano suscettibili di creare un valore aggiunto rispetto alla mera attività intellettuale supportata dagli strumenti indispensabili e di corredo al know-how del professionista (lavoro dei collaboratori e dipendenti, dal numero e grado di sofisticazione dei supporti tecnici e logistici, dalle prestazioni di terzi, da forme di finanziamento diretto ed indiretto etc..)", cosicchè è "il surplus di attività agevolata dalla struttura organizzativa che coadiuva ed integra il professionista... ad essere interessato dall'imposizione che colpisce l'incremento potenziale, o quid pluris, realizzabile rispetto alla produttività auto organizzata del solo lavoro personale" (Cass. Trib.15754/2008). In sostanza, a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, comma 1, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c), l'esercizio delle attività di lavoro autonomo di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 49, comma 1, è escluso dall'applicazione dell' IRAP solo qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata ed il requisito della autonoma organizzazione - il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità solo se congruamente motivato - ricorre quando il contribuente, per quanto qui interessa, impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui (cfr., sull'ausilio di una segretaria a part-time, Cass. n. 8265 del 2009; v. anche Cass. nn. 3673, 3676, 3678, 3680 e 5011 del 2007; v. pure S. U. n. 12109 del 2009, in generale, e Cass. n. 14693 del 2009, sull'ausilio di un dipendente part-time all'attività d'avvocato, nonchè da ultimo Cass. n. 17598 68 del 2011, sull'utilizzo di una inserviente da parte di un medico di base; sul rilievo dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, v. Cass. n. 3677 del 2007; con riguardo all'attività svolta da medico convenzionato presso il Servizio Sanitario Nazionale, Cass.Trib. 23068/2008; cfr., da ultimo, Cass. nn. 23370 del 2010 e 16628 del 2011). Tanto premesso, il primo motivo del ricorso, implicante vizio per violazione di legge, è fondato. Invero, i giudici tributari non anno fatto corretta applicazione di detti principi di diritto, avendo equiparato la generica voce "spese", peraltro indicata in percentuale modesta (circa il 10%), in rapporto ai ricavi dichiarati, al requisito, necessario ai fini dell'assoggettabilità ad IRAP, dell'impiego di "beni strumentali eccedenti, secondo l'id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione". Il secondo motivo, implicante vizio motivazionale, è assorbito. La Corte accoglie il ricorso, quanto al primo motivo, e, decidendo nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, accoglie il ricorso introduttivo del contribuente. Le spese processuali del giudizio di merito vanno compensate tra le parti, considerate tutte le peculiarità della fattispecie. Le spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, in conformità del D.M. 140/2012, attuatìvo della prescrizione contenuta nel D.L. n. 1 del 2012, art. 9, comma 2, convertito dalla L. n. 271 del 2012 (Cass.S.U. 17405/2012), seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, quanto al primo motivo, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo del contribuente; dichiara interamente compensate tra le parti le spese del giudizio di merito; condanna la resistente al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 1.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi ed accessori di legge. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Quinta sezione civile, il 13 giugno 2013. 69 Depositato in Cancelleria il 28 agosto 2013 Cass. civ. Sez. VI - 5, Ord., 25-07-2013, n. 18108 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA CIVILE SOTTOSEZIONE T Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CICALA Mario - rel. Presidente Dott. BOGNANNI Salvatore - Consigliere Dott. IACOBELLIS Marcello - Consigliere Dott. DI BLASI Antonino - Consigliere Dott. CARACCIOLO Giuseppe - Consigliere ha pronunciato la seguente: ordinanza sul ricorso 11226/2012 proposto da: Z.U. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VERBANIA 4, presso lo studio dell'avvocato FERRI ROBERTO, che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale alle liti a margine del ricorso; - ricorrente contro AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, 70 presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis; - resistente avverso la sentenza n. 673/14/2011 della Commissione Tributaria Regionale di ROMA, depositata il 25/10/2011; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/05/2013 dal Presidente Relatore Dott. MARIO CICALA; E' presente il Procuratore Generale in persona del Dott. TOMMASO BASILE. Svolgimento del processo - Motivi della decisione 1. Il Dott. Z.U. ricorre per cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio 673/14 /11 del 25 ottobre 2011 che rigettava l'appello del contribuente ribadendo la non spettanza del rimborso IRAP relativamente agli anni 2005-2008. 2. L'Amministrazione si è costituita in giudizio con controricorso. 3. Il ricorso appare meritevole di accoglimento. Invero il giudice di merito ha fatto acritico riferimento ad una circolare della Agenzia (45/2008) che ritiene sufficienti per l'applicazione dell'IRAP di beni strumentali di valore superiore ai 15.000 Euro. E' invece opinione del relatore che l'assoggettamento ad IRAP richieda un analitico esame delle spese affrontate dal contribuente con specifica considerazione delle esigenze di chi esercita l'attività medica, per cui sono indispensabili strumenti di una certa consistenza e caratteristiche. P.Q.M. La Corte accoglie il riscorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la controversia ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, che deciderà anche per le spese del presente grado. 71 Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Sesta Civile, il 9 maggio 2013. Depositato in Cancelleria il 25 luglio 2013 Cass. civ. Sez. V, Sent., 21-06-2013, n. 15641 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TRIBUTARIA Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CAPPABIANCA Aurelio - Presidente Dott. VIRGILIO Biagio - Consigliere Dott. GRECO Antonio - Consigliere Dott. CIGNA Mario - Consigliere Dott. IOFRIDA Giulia - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: sentenza sul ricorso proposto da: Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., domiciliata in Roma Via dei Portoghesi 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che la rappresenta e difende ex lege; - ricorrente contro M.M.; - intimato 72 avverso la sentenza n. 95/63/2008 della Commissione Tributaria regionale della Lombardia, Sezione Staccata di Brescia, depositata il 9/05/2008; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/04/2013 dal Consigliere Dott. Giulia Iofrida; udito l'Avvocato dello Stato, Pietro Garofoli, per parte ricorrente; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per il rigetto del ricorso. Svolgimento del processo Con sentenza n. 95/63/2008 del 22/04/2008 depositata in data 9/05/2008, la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, Sezione Staccata di Brescia, respingeva, con compensazione delle spese di lite, l'appello proposto, in data 7/09/2007, dall'Agenzia delle Entrate Ufficio Brescia (OMISSIS), avverso la decisione n. 118/16/2006 della Commissione Tributaria Provinciale di Brescia, che aveva accolto il ricorso di M.M., esercente l'attività professionale di agente di commercio, avverso il silenzio rifiuto opposto dall'Amministrazione Finanziaria sull'istanza di rimborso dell'IRAP versata per gli anni dal 1999 al 2001. La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia respingeva il gravame dell'Agenzia delle Entrate, in quanto, rilevata la necessità, anche a fronte di imprenditore esercente l'attività di agente di commercio, di accertare la presenza o meno di "una struttura organizzativa che, potenziandola, finisce per trascendere l'attività del soggetto medesimo", nella specie, tanto non poteva dirsi, "alla stregua della documentazioni in atti". Avverso tale sentenza ha promosso ricorso per cassazione l'Agenzia delle Entrate, deducendo due motivi, per violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione all'art. 2697 c.c., costituendo onere del contribuente che agisca in ripetizione dare la prova dell'assenza delle condizioni richieste per l'imposta, e per insufficiente motivazione circa un fatto controverso, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5, avendo i giudici tributari omesso di vagliare i concreti elementi offerti dall'Ufficio a supporto della pretesa impositiva. Non ha resistito il contribuente con controricorso. 73 Motivi della decisione Questa Corte ha affermato che, a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, comma 1, primo periodo e art. 3, comma 1, lett. c), l'esercizio dell'attività di agente di commercio di cui alla L. 9 maggio 1985, n. 204, art. 1, e l'esercizio dell'attività di promotore finanziario di cui al D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 31, comma 2, sono escluse dall'applicazione dell'imposta soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzate. Il requisito dell'autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'"id quod plerumque accidit", il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza dell'organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce onere del contribuente, che chieda il rimborso dell'imposta asseritamente non dovuta, dare la prova dell'assenza delle predette condizioni (Cass. sez. un., n. 12108 e n. 12111 del 2009). Si è altresì chiarito come, in tema di IRAP, l'esercizio dell'attività di piccolo imprenditore è escluso dall'applicazione dell'imposta soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata. Il requisito dell'autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre "quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'"id quod plerumque accidit", il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza dell'organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce onere del contribuente, che chieda il rimborso dell'imposta asseritamente non dovuta, dare la prova dell'assenza delle predette condizioni" (Cass. n. 21122 e n. 21123 del 2010, rese, rispettivamente, in relazione alle attività di coltivatore diretto e di tassista; cfr. Cass. Trib. 4660 e 8120/2012, in fattispecie relativa ad un promotore finanziario: "In tema di IRAP, l'attività svolta dal promotore finanziario non è qualificabile automaticamente come attività di impresa, di per sè assoggettata ad imposta, ma, anche alla stregua dell'interpretaz ione 74 costituzionalmente orientata fornita dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 156 del 2001, richiede una valutazione complessiva, da parte del giudice di merito, degli elementi di fatto offerti dalla fattispecie concreta, poichè essa, a norma del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 31, può essere svolta "in qualità di dipendente, agente o mandatario" e, quindi, può assumere connotati variabili tra la figura del lavoro subordinato dipendente, esente da imposta, quella del lavoro autonomo, assoggettabile ad imposta solo in presenza di un'autonoma organizzazione, e quella dell'attività d'impresa, pacificamente sottoposta ad imposizione"). In effetti, erano sorti contrasti in ordine al trattamento degli agenti di commercio e dei promotori finanziari, in quanto, ad un orientamento che assumeva, anche per questi contribuenti, la necessità del requisito dell'autonoma organizzazione, si contrapponeva quello che li riteneva, per il mero l'atto di svolgere attività considerate come d'impresa dall'art. 2195 c.c., sempre soggetti al tributo. Il contrasto si è palesato all'interno di questa sezione, dopo che a Cass. 30 marzo 2007, n. 7899, per la quale gli agenti di commercio, in quanto esercenti attività d'impresa, erano senz'altro soggetti all'attività d'impresa, aveva fatto seguito Cass. 2 aprile 2007, n. 8177, che aveva affermato la necessità per i promotori finanziari non operanti come imprenditori di correlare l'obbligo tributario al requisito dell'autonoma organizzazione. Le sezioni unite hanno risolto il contrasto con le sentenze coeve del 26 maggio 2009, nn. 12108, 12109, 12110 e 12111, con la quale hanno escluso che gli agenti di commercio siano ineluttabilmente compresi nel novero dei contribuenti comunque tenuti al pagamento dell'imposta (cfr. in seguito, Cass. Trib. 22590/2012 e Cass. Trib. 15586/2011). Occorre dunque, anche per costoro, verificare la sussistenza del requisito della autonoma organizzazione, costituendo in ogni caso onere del contribuente, che chieda il rimborso della imposta asseritamente non dovuta, dare la prova della assenza delle predette condizioni. Ora, con il primo motivo l'Agenzia ricorrente invoca la violazione dei principi in tema di riparto dell'onere della prova. Il motivo non è fondato. La sentenza impugnata non nega che, in base ai principi espressi dall'art. 2697 c.c., debba essere il contribuente a provare l'inesistenza del presupposto impositivo, ma assume la propria decisione sulla base del fatto che il M. avrebbe dimostrato di non disporre di un'attività economica organizzata. 75 Con il secondo motivo, l'amministrazione deduce poi un vizio di motivazione in ordine alla ritenuta assenza di contrasto sulla circostanza che il contribuente non ha dipendenti ed utilizza mezzi strumentali meramente funzionali alla sua attività. L'amministrazione ricorrente illustra gli elementi essa ha addotto nel giudizio, anche con sostegno documentale, per dimostrare che il contribuente si avvaleva di mezzi strumentali non meramente funzionali alla sua attività, attraverso il richiamo al valore dei beni strumentali ammortizzabili dichiarato dal contribuente negli anni dal 1999 al 2001, ridottosi a L. 10.296.000, nell'ultimo anno, e delle quote di ammortamento annuali, oscillanti tra valori compresi tra L. 4.000.000 e L. 6.378.000. Il motivo è infondato, trattandosi comunque di elementi documentali inidonei a dimostrare la sussistenza dei presupposti impositivi, sopra richiamati, richiesti per l'IRAP. La Corte rigetta il ricorso. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Quinta Civile, il 10 aprile 2013. Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2013 Cass. civ. Sez. V, Sent., 19-06-2013, n. 15325 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TRIBUTARIA Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CAPPABIANCA Aurelio - Presidente Dott. VIRGILIO Biagio - Consigliere 76 Dott. GRECO Antonio - Consigliere Dott. CIGNA Mario - Consigliere Dott. CRUCITTI Roberta - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: sentenza sul ricorso proposto da: B.L., elettivamente domiciliata in Roma, via della Mercede n. 11 presso lo studio dell'Avv. Masciocchi Alessandro e rappresentata e difesa per procura a margine del ricorso dall'Avv. Bertora Alberto; - ricorrente contro AGENZIA DELLE ENTRATE; - intimata avverso la sentenza n.91/23/08 della Commissione Tributaria Regionale dell'Emilia Romagna - sezione distaccata di Parma, depositata il 18.7.2008; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10.4.2013 dal Consigliere Dott. Roberta Crucitti; udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SEPE Ennio Attilio che ha concluso per il rigetto del ricorso. Svolgimento del processo La Commissione Tributaria Regionale dell'Emilia Romagna - sezione distaccata di Parma, con la sentenza indicata in epigrafe, respingeva l'appello proposto da B.L., confermando la sentenza di primo grado che aveva rigettato il ricorso della contribuente avverso cartella di pagamento relativa ad IRAP per l'anno di imposta 2001. 77 I Giudici territoriali, -sulla premessa che dal materiale istruttorio emergeva che la B. aveva esercitato l'attività di consulente del lavoro con impiego di personale dipendente (per un costo di lire 60.000.000), con ausilio di collaboratori esterni (per un costo di lire 43.000.000) e con altri costi (per importo di lire 156.000.000), a fronte di ricavi dichiarati per lire 252.000.000 accertavano che il reddito della contribuente non poteva essere imputato unicamente al lavoro personale della B. ma anche alla presenza di un'autonoma struttura organizzativa. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo, B.L.. Agenzia delle Entrate non ha svolto attività difensiva. La contribuente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c.. Motivi della decisione 1. Con l'unico motivo - rubricato insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 - la ricorrente lamenta che il Giudice di appello avesse qualificato, come voci rilevanti ai fini della sussistenza dell'organizzazione necessaria per il personale dipendente e collaboratori esterni mentre avrebbe dovuto "correttamente qualificare tali esborsi come borsa studio tirocinanti e spese per sviluppo software ovvero costi del tutto privi di significati organizzativi e, quindi, totalmente irrilevanti ai predetti fini". A conclusione dell'illustrazione del motivo, la ricorrente ha formulato, ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c., il seguente momento di sintesi: I fatti controversi in relazione ai quali si assume viziata la motivazione della sentenza impugnata consistono nell'erronea qualificazione, di alcune voci di costo ed, in particolare, quella erroneamente della sussistenza dell'organizzazione necessaria l'applicazione dell'IRAP, le spese quali costi per qualificata come costo per personale dipendente e quello erroneamente qualificato come costo per collaboratori esterni. Tali errori rendono la motivazione inidonea a giustificare la decisione perchè tali costi, ove correttamente qualificati come borsa di studio per figlia tirocinante e spese per sviluppo software, sarebbero risultati del tutto inidonei a costituire un'organizzazione rilevante ai fini dell' applicabilità dell'IRAP alla professionista ricorrente. 78 Il ricorso è infondato. Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, in tema di IRAP l'esercizio per professione abituale, ancorchè non esclusiva, di attività di lavoro autonomo diversa dall'impresa commerciale costituisce, secondo l'interpretazione costituzionalmente orientata fornita dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 156 del 2001, presupposto dell'imposta soltanto qualora si tratti di attività autonomamente organizzata. Il requisito dell'autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente che eserciti attività di lavoro autonomo: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti le quantità che, secondo l'id quod plerumque accidit, costituiscono nell'attualità il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività anche in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui (Cass. n.3677 del 16/02/2007 e Cass. n.3672 del 16/02/2007 con specifico riferimento all'attività di dottore commercialista). La sentenza impugnata, applicando tali principi di diritto, ha evidenziato, ai fini della configurabilità dei presupposti per l'applicazione dell'imposta, dati dichiarati dalla stessa contribuente (impiego di personale dipendente con costo di lire 60.000.000, ausilio del lavoro di collaboratori esterni per un costo di lire 43.000.000, altri costi per un importo di lire 156.000.000 a fronte di ricavi dichiarati di lire 252.000.000). Le doglianze mosse dalla ricorrente alla sentenza, in punto di vizio motivazionale, per omessa valutazione di fatti decisivi non appaiono idonee allo scopo. Secondo la giurisprudenza di questa Corte la nozione di punto decisivo della controversia, di cui all'art. 360 c.p.c., n. 5, sotto un primo aspetto si correla al fatto sulla cui ricostruzione il vizio di motivazione avrebbe inciso ed implica che il vizio deve avere inciso sulla ricostruzione di un fatto che ha determinato il giudice all'individuazione della disciplina giuridica applicabile alla 79 fattispecie oggetto del giudizio di merito e, quindi, di un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo od estintivo del diritto. Sotto un secondo aspetto, la nozione di decisività concerne non il fatto sulla cui ricostruzione il vizio stesso ha inciso, bensì la stessa idoneità del vizio denunciato, ove riconosciuto, a determinarne una diversa ricostruzione e, dunque, asserisce al nesso di casualità fra il vizio della motivazione e la decisione, essendo, peraltro, necessario che il vizio, una volta riconosciuto esistente, sia tale che, se non fosse stato compiuto, si sarebbe avuta una ricostruzione del fatto diversa da quella accolta dal giudice del merito e non già la sola possibilità o probabilità di essa. Infatti, se il vizio di motivazione per omessa considerazione di punto decisivo fosse configurabile sol per il fatto che la circostanza di cui il giudice del merito ha omesso la considerazione, ove esaminata, avrebbe reso soltanto possibile o probabile una ricostruzione del fatto diversa da quella adottata dal giudice del merito, oppure se il vizio di motivazione per insufficienza o contraddittorietà fosse configurabile sol perchè su uno specifico fatto appaia esistente una motivazione logicamente insufficiente o contraddittoria, senza che rilevi se la decisione possa reggersi, in base al suo residuo argomentare, il ricorso per cassazione ai sensi del n. 5 dell'art. 360 si risolverebbe nell'investire la Corte di Cassazione del controllo sic et sempliciter dell'iter logico della motivazione, del tutto svincolato dalla funzionalità rispetto ad un esito della ricostruzione del fatto idoneo a dare luogo ad una soluzione della controversia diversa da quella avutasi nella fase di merito (Cass. n. 3668/2013; conf. n.6288/2011). Alla luce di detti principi, non si apprezza la "decisività", come sopra illustrata, dei fatti rassegnati dalla ricorrente, (quali l'imputazione del costo di lire 60.000.000, malgrado dalla stessa contribuente indicato in dichiarazione dei redditi come costo personale dipendente, all'assegnazione di una borsa di studio alla figlia tirocinante presso lo studio e l'imputazione del costo di lire 43.000.000 a spese sviluppo software o, meglio come evidenziato nello stesso ricorso, a spese "elaborazione dati"), i quali rappresentano, comunque, costi suscettibili di valutazione (riservata esclusivamente al Giudice di merito) in ordine alla loro attinenza all'organizzazione dell'attività esercitata. Non può, pertanto, ritenersi che la valutazione da parte del Giudice di appello di tali fatti (o meglio, la diversa "qualificazione" dei costi nel senso propugnato dalla ricorrente), avrebbe necessariamente portato ad una ricostruzione fattuale idonea a dare luogo ad una soluzione della controversia diversa da quella adottata in sede di merito. 80 Piuttosto, le doglianze, nei termini in cui sono formulate in ricorso, appaiono dirette, nella sostanza, a chiedere, inammissibilmente, a questa Corte di rinnovare le valutazioni circa i fatti di causa che sono riservati al Giudice di merito. Il ricorso va, pertanto, rigettato. Non vi è pronuncia sulle spese in assenza di svolgimento di attività difensiva da parte dell'intimata. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Così deciso in Roma, il 10 aprile 2013. Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2013 Cass. civ. Sez. V, Sent., 31-05-2013, n. 13752 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TRIBUTARIA Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. VIRGILIO Biagio - Presidente Dott. GRECO Antonio - Consigliere Dott. CIGNA Mario - Consigliere Dott. FERRO Massimo - rel. Consigliere Dott. IOFRIDA Giulia - Consigliere ha pronunciato la seguente: 81 sentenza sul ricorso proposto da: P.D., rappr. e dif. dall'avv. CLAUDIO MARTINO, presso il cui studio in Roma, via Antonio Granisci n. 9, è elett. dom. come da procura a margine dell'atto; - ricorrente contro Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., rappr. e dif. dall'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, elett. dom. nei relativi uffici, in Roma, via dei Portoghesi n. 12; - controricorrente per la cassazione della sentenza Comm. Tribut. Regionale di Roma 1.9.2008; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 26 aprile 2013 dal Consigliere relatore Dott. Massimo Verro; uditi l'avvocato Claudio Martino per il ricorrente; udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale Dott. BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso. Svolgimento del processo - Motivi della decisione IL PROCESSO. P.D. impugna la sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Roma 1.9.2008, che, in riforma della sentenza C.T.P. di Roma n. 291/32/2007, ebbe ad accogliere l'appello dell'Ufficio, così ribadendo la legittimità del silenzio-rifiuto opposto dall'Amministrazione finanziaria avverso l'istanza di rimborso dell'IRAP per gli anni 1998-2001, sul presupposto - diversamente da quanto ritenuto dalla C.T.P. - della significatività delle spese dedotte dalla contribuente in ordine alla gestione dello studio di ragioniere commercialista, a prescindere dalla presenza di personale dipendente o collaboratori esterni. 82 Ritenne in particolare la C.T.R. che l'appello dell'Ufficio poteva essere accolto, ove fondato sulla tesi dell'assoggettabilità ad IRAP di ogni attività autonomamente organizzata, essendo sufficiente la semplice titolarità di uno studio professionale per integrare il requisito dell'attività autonomamente organizzata, spettando in ogni caso al contribuente la prova contraria fondativa dell'eventuale diritto al rimborso. Tale prova non sarebbe stata fornita. Il ricorso è affidato ad un unico motivo e resistito dall'Agenzia delle Entrate con controricorso e successivo deposito di memoria da parte del ricorrente. I FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA E LE RAGIONI DELLA DECISIONE. Con l'unico motivo, si deduce il vizio di violazione di legge, con riguardo al D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c), nonchè D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1, oltre che ai principi di Corte cost. n.156/2001 e della Cassazione, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, avendo erroneamente la C.T.R. ritenuto che, in relazione all'IRAP, il requisito della autonoma organizzazione sarebbe di per sè integrato anche quando, come nella specie, il contribuente - esercente attività di lavoro autonomo - produca un conseguente reddito non essendo il responsabile dell'organizzazione, sia inserito in strutture riferibili ad altrui responsabilità ed interesse, impieghi beni strumentali non eccedenti il minimo indispensabile e non si avvalga stabilmente di lavoro di terzi. 1. Il motivo è fondato. Preliminarmente se ne osserva la piena ammissibilità, per come enunciato e contrariamente all'eccezione di riferirsi esso, secondo la controricorrente, ad una richiesta rivalutazione dei fatti di causa. Il nucleo essenziale del principio di diritto applicato dalla corte di merito consiste infatti nell'aver individuato, nel D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, una fattispecie astratta per la quale la autonoma organizzazione abbraccia la mera titolarità in sè dello studio professionale, quanto al lavoro autonomo, ciò implicando la realizzazione del principio impositivo dell'IRAP. La censura del tutto correttamente investe siffatta violazione di legge, dedotta in senso proprio come causa dell'erronea ricognizione dell'astratta fattispecie normativa, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e dunque senza refluire - almeno in via principale e diretta o comunque solo - in una deduzione di carenza o contraddittorietà nella ricostruzione della fattispecie concreta. Configurandosi l'errore pertanto nell'aver tratto la C.T.R. conseguenze diverse da quelle consentite da un'alternativa proposta interpretativa della medesima 83 norma, viene superata l'eccezione di inammissibilità, ben avendo il ricorrente prospettato anche l'interpretazione corretta alternativamente deducibile dalla disposizione e proposta al giudice di legittimità (Cass. 22348/2007). 2. Anche alla stregua dell'interpretazione costituzionalmente orientata fornita da Corte cost. n. 156/2001, l'assoggettamento ad IRAP dell'attività dei lavoratori autonomi e dei professionisti postula una valutazione complessiva di detta attività, da effettuarsi sulla scorta di tutti gli elementi fattuali che connotano la fattispecie concreta. Ha chiarito il Giudice delle leggi che l'imposizione ha riguardo al valore aggiunto prodotto, cioè la nuova ricchezza creata dalla singola unità produttiva, che viene, mediante l'IRAP, assoggettata ad imposizione ancor prima che sia distribuita al fine di remunerare i diversi fattori della produzione, trasformandosi in reddito per l'organizzatore dell'attività, i suoi finanziatori, i suoi dipendenti e collaboratori. L'imposta colpisce perciò, con carattere di realità, un fatto economico, diverso dal reddito, comunque espressivo di capacità di contribuzione in capo a chi, in quanto organizzatore dell'attività, è autore delle scelte dalle quali deriva la ripartizione della ricchezza prodotta tra i diversi soggetti che, in vana misura, concorrono alla sua creazione. Nel caso, poi, di una attività professionale che sia svolta in assenza di elementi di organizzazione - il cui accertamento, in mancanza di specifiche disposizioni normative, costituisce questione di mero fatto - risulterà dunque mancante - per gli stessi giudici costituzionali - il presupposto stesso dell'imposta sulle attività produttive, per l'appunto rappresentato, secondo il D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, dall'esercizio abituale di un'attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi, con la conseguente inapplicabilità dell'imposta stessa. Poichè inoltre solo l'attività esercitata dalle società e dagli enti, compresi gli organi e le amministrazioni dello Stato, costituisce in ogni caso presupposto di imposta, in base alla seconda parte del citato articolo, si da per ogni altra figura la doverosità di un'analisi caso per caso, con istruttoria concreta e non condotta per tipologie di contribuente. 3. L'esistenza di un'autonoma organizzazione, che costituisce il presupposto per l'assoggettamento ad imposizione dei soggetti esercenti arti o professioni indicati dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1, esclusi i casi di 84 soggetti inseriti in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse, non dev'essere intesa in senso soggettivo, come autoorganizzazione creata e gestita dal professionista senza vincoli di subordinazione, ma in senso oggettivo, come esistenza di un apparato esterno alla persona del professionista e distinto da lui, risultante dall'aggregazione di beni strumentali e/o di lavoro altrui. (Cass. 3673/2007). Significativamente, tali indirizzi sono confluiti nell'importante arresto delle Sezioni Unite (12111/2009), per le quali l'esercizio dell'attività (nella specie, di promotore finanziario di cui al D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 31, comma 2) è escluso dall'applicazione dell'imposta qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata. E tale requisito, il cui accertamento si ribadisce spettare al giudice di merito, resta insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorrendo quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'id quod plerunque accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce onere del contribuente, che chieda il rimborso dell'imposta asseritamente non dovuta, dare la prova dell'assenza delle predette condizioni (Cass. 8556/2011). 4. Nel caso di specie, la Corte ritiene che il sopra descritto accertamento, invero, sia stato condotto dal giudice di merito in adesione ad un principio estraneo alla descritta lettura consolidata della disciplina dell'IRAP, erroneamente giungendo alla conclusione che il contribuente risultava aver esercitato l'attività di ragioniere commercialista senza ricorso ad investimenti di beni strumentali complessi ovvero anche impiego di personale dipendente ovvero collaboratori e pur tuttavia conferendo alla mera attività professionale in sè ovvero alla mera deduzione dal reddito imponibile di spese attinenti alla gestione dello studio valenza sufficiente per integrare l'autonoma organizzazione, difformemente dall'indirizzo qui condiviso (Cass. 3677/2007; 9692/2012; 24117/2012). Nè è stato accertato un legame giuridico organizzativo del contribuente all'interno di una struttura complessa, modellata sullo schema societario ovvero dello studio associato, tale da far 85 rientrare l'ipotesi nella regolazione del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 3, comma 1, lett. c), e quindi, in base alla seconda parte dell'art. 2, comma 1, del medesimo D.Lgs., divenendo essa presupposto dell'imposta, prescindendosi completamente dal requisito dell'autonoma organizzazione (Cass. 16784/2010). 5. La sentenza, in accoglimento del ricorso, va pertanto cassata, con possibilità di decisione nel merito, ai sensi dell'art. 384 c.p.c., potendosi dire assolto il citato onere cedente sul medesimo soggetto, alla stregua dei richiami condotti in sentenza e pacificamente ricognitivi del fatto che il contribuente non si era avvalso di personale (dipendente o per soggetti esterni), nè aveva utilizzato beni strumentali di rilievo, salvo potersi imputare a spese di organizzazione singoli modesti costi (l'automobile ed accessori, spese alberghiere e di ristorazione, spese di aggiornamento professionale) nella costante assenza, dal 1998 al 2001, di altri e diversi valori di investimento o utilizzo di strumenti necessari all'attività personale del professionista, oltre tutto esercente preso uno studio commerciale di terzi. Dalle difese rassegnate sin dall'introduzione del giudizio e diligentemente trascritte, oltre che segnalate per l'ambito processuale di deduzione, emerge, quanto alla attività del contribuente, una sicura prevalenza dell'apporto personale sui fattori esterni personali e materiali, ciò giustificando la negazione della stessa autonoma organizzazione (Ndr: testo originale non comprensibile) conseguente diritto al rimborso. 6. Si reputa peraltro giustificata l'integrale compensazione delle spese del procedimento, quanto al merito, in ragione della definizione inequivoca della principale questione trattata solo a far data da epoca successiva all'introduzione del contenzioso ed invece va disposta la condanna della controricorrente alle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in base al principio della soccombenza e come da dispositivo, ai sensi dei parametri del D.M. 20 luglio 2012, n. 140. P.Q.M. La Corte dichiara fondato il motivo di ricorso, dunque accolto, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso del contribuente, dichiara integralmente compensate le spese dei gradi di merito e condanna parte controricorrente al pagamento delle spese del giudizio di 86 legittimità ed in favore del ricorrente, per come qui liquidate in Euro 2.000,00, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, oltre agli accessori di legge. Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 26 aprile 2013. Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2013 Cass. civ. Sez. V, Sent., 24-05-2013, n. 12967 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TRIBUTARIA Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CAPPABIANCA Aurelio - Presidente Dott. GRECO Antonio - Consigliere Dott. CIGNA Mario - Consigliere Dott. FERRO Massimo - rel. Consigliere Dott. IOFRIDA Giulia - Consigliere ha pronunciato la seguente: sentenza sul ricorso proposto da: Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., rappr. e dif. dall'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, elett. dom. nei relativi uffici, in Roma, via dei Portoghesi n. 12; 87 - ricorrente contro M.A.; - intimato per la cassazione della sentenza Comm. Tribut. Regionale di Aosta 30.10.2006; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 8 maggio 2013 dal Consigliere relatore Dott. Massimo Ferro; uditi l'avvocato Gianna Galluzzo per l'Avvocatura Generale dello Stato; udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale Dott. SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per il rigetto del ricorso o, in subordine, l'accoglimento. Svolgimento del processo - Motivi della decisione IL PROCESSO: Agenzia delle Entrate impugna la sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Aosta 30.10.2006, che, in conferma della sentenza C.T.P. di Aosta n. 13/01/2005, ebbe a respingere l'appello dell'Ufficio, così ribadendo la illegittimità del silenzio-rifiuto opposto dall'Amministrazione finanziaria avverso l'istanza di rimborso dell'IRAP per gli anni 1998-1999, sul presupposto della non significatività dei costi, per attrezzature e collaborazione di un dipendente per breve periodo, sostenuti per l'attività di geometra. Ritenne in particolare la C.T.R. che l'appello non poteva essere accolto, non potendo detti elementi integrare il presupposto impositivo, alla stregua del requisito dell'attività autonomamente organizzata, ai sensi del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2. Il ricorso è affidato a due motivi. 88 I FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA E LE RAGIONI DELLA DECISIONE. Con il primo motivo, si censura la sentenza per vizio di motivazione, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, avendo essa dapprima negato lo svolgimento dell'attività professionale del contribuente con ricorso a lavoro altrui e poi riconosciutone l'apporto modesto, non tale però da refluire in una considerazione di apprezzabilità dell'autonoma organizzazione di cui al D.Lgs. n. 446 del 1997. Con il secondo motivo, è indicata la violazione di legge, con riguardo al D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3, D.P.R. n. 9178 del 1986, art. 49, comma 1, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, avendo erroneamente la C.T.R. escluso l'assoggettabilità ad IRAP del contribuente, ritenendo che i costi sostenuti per la relativa attività fossero compatibili, come mezzi indispensabili, per l'esercizio della professione protetta menzionata, anche se in realtà egli si era avvalso in modo non occasionale del lavoro altrui e dunque, con esso, di una struttura complessa a supporto del suo lavoro autonomo. 1. I motivi, da trattare congiuntamente per la connessione che li avvince, sono in parte inammissibili ed in parte infondati. Il nucleo essenziale del principio di diritto applicato dalla corte di merito consiste nell'aver individuato, nel D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, una fattispecie astratta per la quale la nozione tributaria di autonoma organizzazione, riferibile all'esercente lavoro autonomo, sarebbe esclusa, e con essa il presupposto impositivo dell'IRAP, allorchè l'attività si declini mediante "impiego di beni strumentali con funzioni servili" ed "ausilio di dipendenti non in grado di sostituire il professionista". Tale configurazione causale dell'istituto non è errata, in quanto per il citato requisito si deve proprio intendere l'impiego di beni strumentali eccedenti l'id quod plerumque acddit o di lavoro altrui non occasionale, non potendo il giudice di merito ascrivere di per sè alla qualificazione delle spese per il lavoro-terzo, al pari di quelle sostenute per i beni strumentali, una imputazione di incremento della potenzialità reddituale del lavoro autonomo del contribuente, così astraendo, ai fini predetti, da un'indagine in concreto sulla effettiva capacità incrementativa dell'organizzazione che ciascuno di quegli elementi solo potenzialmente riveste. 2. Osserva il Collegio che anche alla stregua dell'interpretazione costituzionalmente orientata fornita da Corte cost. n. 156/2001, l'assoggettamento ad IRAP dell'attività dei lavoratori autonomi e dei 89 professionisti postula una valutazione complessiva di detta attività, da effettuarsi sulla scorta di tutti gli elementi fattuali che connotano la fattispecie concreta. Ha chiarito il Giudice delle leggi che l'imposizione ha riguardo al valore aggiunto prodotto, cioè la nuova ricchezza creata dalla singola unità produttiva, che viene, mediante l'IRAP, assoggettata ad imposizione ancor prima che sia distribuita al fine di remunerare i diversi fattori della produzione, trasformandosi in reddito per l'organizzatore dell'attività, i suoi finanziatori, i suoi dipendenti e collaboratori. L'imposta colpisce perciò, con carattere di realità, un fatto economico, diverso dal reddito, comunque espressivo di capacità di contribuzione in capo a chi, in quanto organizzatore dell'attività, è autore delle scelte dalle quali deriva la ripartizione della ricchezza prodotta tra i diversi soggetti che, in varia misura, concorrono alla sua creazione. Nel caso, poi, di una attività professionale che sia svolta in assenza di elementi di organizzazione - il cui accertamento, in mancanza di specifiche disposizioni normative, costituisce questione di mero fatto risulterà dunque mancante - per gli stessi giudici costituzionali - il presupposto stesso dell'imposta sulle attività produttive, per l'appunto rappresentato, secondo il D.Lgs. n.446 del 1997, art. 2, dall'esercizio abituale di un'attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi, con la conseguente inapplicabilità dell'imposta stessa. Poichè inoltre solo l'attività esercitata dalle società e dagli enti, compresi gli organi e le amministrazioni dello Stato, costituisce in ogni caso presupposto di imposta, in base alla seconda parte del citato articolo, si da per ogni altra figura la doverosità di un'analisi caso per caso, con istruttoria concreta e non condotta per tipologie di contribuente. 3. L'esistenza di un'autonoma organizzazione, che costituisce il presupposto per l'assoggettamento ad imposizione dei soggetti esercenti arti o professioni indicati dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1, esclusi i casi di soggetti inseriti in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse, non dev'essere intesa in senso soggettivo, come autoorganizzazione creata e gestita dal professionista senza vincoli di subordinazione, ma in senso oggettivo, come esistenza di un apparato esterno alla persona del professionista e distinto da lui, risultante dall'aggregazione di beni strumentali e/o di lavoro altrui (Cass. 3673/2007). Significativamente, tali indirizzi sono confluiti nell'importante arresto delle Sezioni Unite (12111/2009), per le quali l'esercizio dell'attività (nella specie, di promotore finanziario di cui al D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 31, comma 2) è escluso dall'applicazione dell'imposta qualora si tratti di attività non 90 autonomamente organizzata. Ed effettivamente tale requisito, il cui accertamento si ribadisce spettare al giudice di merito, resta insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorrendo in generale quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce tuttavia onere del contribuente, che chieda il rimborso dell'imposta asseritamente non dovuta, dare la prova dell'assenza delle predette condizioni (Cass. 8556/2011; 3678/2007). 4. Nel caso di specie, la Corte ritiene che il sopra descritto accertamento, inoltre, sia stato correttamente espletato dal giudice di merito, con la conclusione per la quale l'utilizzo delle spese di lavoro-terzo complessivamente affrontate dal professionista (nel 1998), per la loro modestia e breve durata temporale (4 mesi) ed il solo fatto di non trovare destinazione in un'attività diversa da quella protetta, esplicherebbero - già in astratto - valenza accessoria a quella primaria e caratteristica, alla stregua di elementi insindacabili dell'organizzazione personalistica. Sotto il profilo motivazionale, la censura è poi affetta da genericità, labilmente connettendosi ad alcuni passaggi testuali della sentenza impugnata, la cui contraddizione risiederebbe nell'avere prima citato un contribuente non dotato di collaborazioni e poi menzionato l'ausilio delle stesse. In realtà, il motivo omette di censurare in modo specifico la ratio decidendi in esame, ove essa muove dalla complessiva ricostruzione dell'istituto per puntualizzare che, anche alla luce di Corte cost. n. 156 del 2001, manca l'autonoma organizzazione, tra l'altro, quando sia accertata l'esimente della presenza di capitale e lavoro altrui in termini non consistenti, nozione meglio esplicitata quanto al lavoro con la distinzione tra ricorso a lavoro stabile di terzi e prestazioni, come nella specie, di collaboratori occasionali. Si tratta invero di accertamento di merito insindacabile nella presente sede ove congniamente motivato (Cass. 4492/2012), avendo il ricorrente non prospettato con puntualità le illogicità del quadro giustificativo della motivazione della pronuncia della C.T.R., offerta alla critica in modo inammissibilmente generico. 91 5. Il ricorso va pertanto rigettato, ai sensi di cui in motivazione. P.Q.M. La Corte dichiara rigetta il ricorso. Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 8 maggio 2013. Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2013 Cass. civ. Sez. V, Sent., 22-05-2013, n. 12507 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TRIBUTARIA Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MERONE Antonio - Presidente Dott. CHINDEMI Domenico - Consigliere Dott. BOTTA Raffaele - Consigliere Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi - Consigliere Dott. IOFRIDA Giulia - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: sentenza sul ricorso proposto da: Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., domiciliata in Roma Via dei Portoghesi 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che la rappresenta e difende ex lege; 92 - ricorrente contro Studio Baratta Ravasi Dottori commercialisti associati, in persona dei titolari Dott. R.G. e B.C., elettivamente domiciliati in Roma Via Zanardelli 20, presso lo studio dell'Avv.to LAIS FABIO, che li rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente all'Avv.to Alberto Bertora; - controricorrente e sul ricorso riunito proposto da: Studio Baratta Ravasi Dottori commercialisti associati, in persona dei titolari Dott. R.G. e B.C., elettivamente domiciliati in Roma Via Zanardelli 20, presso lo studio dell'Avv.to Fabio Lais, che li rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente all'Avv.to Alberto Bertora; - ricorrente incidentale contro Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., domiciliata in Roma Via dei Portoghesi 12, presso l'Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ex lege; - controricorrente avverso la sentenza n. 159/21/2006 della Commissione Tributaria regionale dell'Emilia Romagna, Sezione Staccata di Parma, depositata il 15/11/2006; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/02/2013 dal Consigliere Dott. Giulia Iofrida; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso principale, con assorbimento del ricorso incidentale. Svolgimento del processo 93 Con sentenza n. 159 del 4/10/2006, depositata in data 15/11/2006, la Commissione Tributaria Regionale dell'Emilia Romagna Sez. Staccata di Parma accoglieva, con compensazione delle spese di lite, l'appello proposto, in data 10/11/2005, dallo Studio Baratta Ravasi Dottori Commercialisti Associati, avverso la decisione n. 26/08/2004 della Commissione Tributaria Provinciale di Parma, che aveva respinto il ricorso dello stesso Studio Baratta Ravasi contro il silenzio rifiuto dell'Ufficio erariale, formatosi sulle istanze di rimborso presentate da detto contribuente in relazione all'IRAP versata negli anni 1998, 1999, 2000 e 2001. La Commissione Tributaria Regionale accoglieva il gravame del contribuente, in quanto, da un lato, riteneva inammissibile l'eccezione, sollevata dall'Agenzia delle Entrate in sede di costituzione nel giudizio di appello, in ordine all'inammissibilità dell'istanza di rimborso, con riferimento agli anni 2000 e 2001, in caso di presentazione di domanda di condono fiscale, in quanto detta eccezione era stata respinta dalla Commissione Tributaria Provinciale ("per mancanza di prova da parte dell'Ufficio dell'avvenuta presentazione di tale domanda da parte dello Studio ricorrente") e tale pronuncia era passata in giudicato, in difetto di autonomo atto di appello da parte dell'Ufficio, e, dall'altro lato, nel merito, rilevava che l'associazione professionale di dottori commercialisti risultava, "con affermazione non smentita nè contestata dall'Ufficio", "non avere alcun tipo di rapporto con collaboratori dipendenti o coordinati in via continuativa, disporre di un'autovettura per ognuno dei due commercialisti e di poche dotazioni strumentali di valore non particolarmente ingente", cosicchè non era presente "l'autonoma organizzazione richiesta dalla legge per l'assoggettamento all'IRAP". I giudici tributari aggiungevano che i compensi a terzi versati, nei soli anni 1998 e 2000, erano congrui rispetto al "volume del fatturato di quegli anni" ed alla "necessità...di acquisire servizi da terzi in relazione a specifici affari", nè un significato particolare poteva essere attributo allo svolgimento dell'attività "in locali dedicati". Avverso tale sentenza ha promosso ricorso per cassazione l'Agenzia delle Entrate, deducendo quattro motivi, per violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, ex art. 360 c.p.c., n. 3, (Motivo 1, in relazione all'art. 2909 c.c., D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 54, e art. 112 c.p.c., per avere i giudici tributari di secondo grado omesso di esaminare quanto dedotto dall'Ufficio, in sede di costituzione in appello, in punto di condono e di conseguente rinuncia alle istanze di rimborso dell'IRAP versata per gli anni 2000 e 2001, non essendovi stata alcuna pronuncia autonoma sul punto da parte dei giudici di primo 94 grado, suscettibile di costituire giudicato, e non essendovi dunque necessità di proposizione di appello incidentale; Motivo 2, in relazione alla L. n. 289 del 2002, art. 7, per non avere i giudici tributari rilevato che la definizione automatica, ai sensi dell'art.7 citato, presentata anche con riferimento all'IRAP, determinava l'estinzione dell'eventuale diritto al rimborso di somme corrisposte in eccesso in relazione all'anno di imposta oggetto di definizione; Motivo 3, in relazione al D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3, e art. 2697 c.c., non avendo la CTR valutato che il presupposto impositivo dell'autonoma organizzazione ai fini IRAP deve ritenersi "insito nello svolgimento dell'attività professionale in forma associata", a prescindere dalla dotazione di beni strumentali e dall'apporto di lavoro altrui), e per insufficiente motivazione su un fatto decisivo e controverso, ex art. 360 c.p.c., n. 5 (Motivo 4, non avendo giudici tributari correttamente valutato la struttura socio economica dello studio professionale, in rapporto ai ricavi conseguiti nel corso degli anni, nonchè ai beni strumentali in dotazione). Lo Studio Baratta ha resistito con controricorso, proponendo anche ricorso incidentale con un unico motivo, in punto di spese processuali. La stessa parte ha altresì depositato memoria, ai sensi dell'art. 378 c.p.c.. Motivi della decisione L'Agenzia ricorrente lamenta con i primi due motivi di ricorso principale la violazione e falsa applicazione del D.Lgs., art. 54, L. n. 289 del 2002, art. 7, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la CTR ritenuto inammissibile l'eccezione, proposta dall'Ufficio in appello, in sede di costituzione in giudizio, anzichè con appello incidentale, secondo la quale l'adesione al condono aveva determinato l'estinzione dell'eventuale diritto al rimborso di somme corrisposte in eccesso, in relazione alle annualità d'imposta oggetto di definizione (anni 2001 e 2001, per quanto qui interessa). I suddetti due motivi sono fondati. La giurisprudenza di questa Corte ha, condivisibilmente, affermato in relazione al profilo della tardività dell'eccezione processuale riguardante l'adesione del contribuente al condono di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 7, che "le questioni relative all'applicazione del condono, pur non risolvendosi interamente nei problemi processuali, partecipano anche di tale natura e sono, perciò, rilevabili d'ufficio, senza che occorra una specifica proposizione 95 ad opera della parte interessata a farle valere" (Cass. n. 24987 del 2009 e Cass. n. 25239 del 2007; da ultimo, cfr. Cass. 3841/2012). Tale rilievo officioso concerne sia le liti relative all'accertamento dell'obbligazione tributaria, sia le liti relative ad istanze di rimborso, ed, in entrambi i tipi di giudizi, "l'operare officioso si connette ai riflessi di ordine pubblico nascenti dall'elisione della pretesa impositiva, realizzata in virtù dell'adesione al condono" (Cass. sent. citate). Ne consegue che, da un lato, sulla questione della rinuncia all'istanza di rimborso per l'adesione al condono non poteva formarsi un giudicato (essendo la questione oggetto di necessario esame officioso del giudice) e,' dall'altro lato, tale deduzione, ad opera della controparte, non costituendo eccezione in senso tecnico, poteva anche essere svolta per la prima volta in appello. Inoltre, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 5037 del 2010; n. 17142 del 2008 e, specificamente per l'IRAP, n. 3682 del 2007), il condono tributario premiale attribuisce al contribuente un diritto potestativo di scelta tra il procedimento amministrativo di accertamento ordinario, con conseguente pretesa all'eventuale rimborso del tributo indebitamente pagato, ed il procedimento amministrativo di accertamento straordinario di condono, con la conseguenza che l'opzione del contribuente per il condono preclude ad entrambi i soggetti del rapporto il ricorso al procedimento di accertamento ordinario e, quindi, anche ogni pretesa al rimborso da parte del contribuente. Peraltro, la formulazione dell'istanza di condono ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 7, da parte del contribuente, per gli anni 2000 e 2001, corredata dall'Ufficio da supporti documentali (vedasi, sul punto, la sentenza della C.T.R. ed il ricorso principale), non è stata contestata specificamente da quest'ultimo, che si è limitato ad eccepire l'inammissibilità della deduzione, in quanto tardivamente proposta. In relazione a detti motivi, la sentenza impugnata va cassata e, decidendo nel merito,va rigettato il ricorso introduttivo dei contribuenti, relativamente al rimborso IRAP per gli anni 2000 e 2001, stante la presentazione dell'istanza di definizione automatica della lite, L. n. 289 del 2002, ex art. 7. In ordine poi all'istanza di rimborso relativa all'IRAP versata negli anni 1998 e 1999, pure oggetto del giudizio impugnatorio promosso dallo Studio Baratta Ravasi (anni per i quali non risulta presentata dal contribuente l'istanza di definizione automatica, ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 7, per quanto 96 emerge dagli atti), l'Agenzia delle Entrate ha proposto due ulteriori motivi di ricorso, inerenti il merito della pretesa impositiva, il terzo, implicante una violazione di legge, in relazione al D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3, e art. 2697 c.c., ed il quarto, contenente un vizio di motivazione. I giudici della C.T.R., premettendo che anche ad un'associazione professionale, ai fini dell'assoggettamento o meno all'IRAP, va riconosciuta "la possibilità di dimostrare di prestare servizi in assenza di organizzazione", hanno osservato che, nella fattispecie, l'associazione di dottori commercialisti aveva dimostrato di "non avere alcun tipo di rapporti con collaboratori dipendenti o coordinati in via continuativa, di disporre di un'autovettura per ognuno dei due commercialisti e di poche dotazioni strumentali di valore non particolarmente ingente", nonchè la congruità, con il volume del fatturato, dei compensi a terzi corrisposti (per quanto in questa sede interessa, stante quanto sopra esposto in ordine agli effetti del condono per le imposte versate negli anni 2000 2001), nell'anno 1998, per L. 1.757.000. L'Agenzia delle Entrate, con il terzo ed il quarto motivo, lamenta sia la violazione del disposto di cui al D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3, sia la mancata valutazione di concreti elementi dell'attività professionale svolta in forma associata, quali l'entità dei ricavi, conseguiti dallo studio associato (ritrascritti anche nel presente ricorso, sulla base del quadri RE delle dichiarazioni fiscali presentate dal contribuente), delle spese e delle dotazioni strumentali (del valore di L. 65.530.000, negli anni 1998 e 1999), idonei a far presumere che il reddito prodotto non fosse frutto esclusivamente della professionalità di ciascun componente dello studio, bensì di detta organizzazione associativa, costituita proprio per potenziare la produzione di ricchezza (VAP) a vantaggio degli associati, integrante il presupposto dell'IRAP (valore della produzione netta, costituito dalla differenza tra i ricavi - o compensi dell'attività - e i costi della medesima. Come rileva la stessa ricorrente, a parte le affermazioni di principio, la verifica della sussistenza del presupposto impositivo va fatta in concreto ed inoltre, trattandosi di giudizio promosso dal contribuente per ottenere il rimborso dell'imposta già versata, l'onere della prova della inesistenza del presupposto impositivo grava sul contribuente stesso. Ora, la giurisprudenza di questa Corte ha oramai affermato il condivisibile principio secondo il quale "l'esercizio in forma associata di una professione liberale è circostanza di per sè idonea a far presumere resistenza di una autonoma organizzazione di strutture e mezzi, 97 ancorchè non di particolare onere economico, nonchè dell'intento di avvalersi della reciproca collaborazione e competenze, ovvero della sostituibilità nell'espletamento di alcune incombenze, sì da potersi ritenere che il reddito prodotto non sia frutto esclusivamente della professionalità di ciascun componente dello studio. Ne consegue che legittimamente il reddito dello studio associato viene assoggettato all'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), a meno che il contribuente non dimostri che tale reddito è derivato dal solo lavoro professionale dei singoli associati" ((Cass. 3676 e 3680/2007; Cass. 24058/2009; Cass. 16784/2010 e Cass. 14853/2012). Anche i suddetti motivi del ricorso principale, ribadito che l'onere di dimostrare il fatto costitutivo della domanda di rimborso di un tributo spetta al contribuente - nella specie assenza di autonoma organizzazione nel senso sopra specificato -, sono dunque fondati. Il ricorso incidentale, promosso dal contribuente, nella parte conclusiva del controricorso, relativamente al "risarcimento dei costi di lite relativi a tutti i gradi del giudizio", va dichiarato assorbito, stante la cassazione della sentenza impugnata, anche in punto spese. Di conseguenza, accolto il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale dello Studio Baratta Ravasi, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata, ad altra sezione della CTR dell'Emilia Romagna, per nuovo esame, con riferimento alle istanze di rimborso dell'IRAP versata negli anni 1998 e 1999 (essendo invece venuto meno il diritto a rimborso delle somme corrisposte a titolo IRAP per le annualità 2000 e 2001, condonate), al fine di accertare, alla luce dei principi innanzi richiamati, se, in base alle concrete caratteristiche dello "studio impresa" associato provate dal medesimo, unitamente ad altre prove offerte, sia stata superata la presunzione, sussistente per le ragioni innanzi esposte, che il reddito sottoposto ad IRAP, di cui lo studio associato chiede il rimborso, è stato almeno potenziato derivato dalla struttura così come organizzata e non è quindi derivato dal solo lavoro professionale dei commercialisti. Il giudice del rinvio provveder… altresì a liquidare le spese, anche, del giudizio di Cassazione. P.Q.M. 98 La Corte riuniti i ricorsi, accoglie il ricorso principale e a)cassa la sentenza impugnata senza rinvio,nella parte relativa ai rimborsi IRAP richiesti per gli anni 2000 e 2001, in relazione ai quali, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo dei contribuenti, b) cassa la sentenza impugnata anche nella parte relativa ai rimborsi IRAP richiesti per gli anni 1998 e 1999, ma con rinvio alla C.T.R. dell'Emilia - Romagna, altra Sezione, anche per le spese del giudizio di legittimità. Dichiara assorbito il giudizio incidentale. Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Quinta Civile, il 21 febbraio 2013 e previa riconvocazione, il 21/03/2013. Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2013 Cass. civ. Sez. V, Sent., 10-05-2013, n. 11197 TRIBUTI LOCALI Imposta regionale sulle attivita' produttive Fatto - Diritto P.Q.M. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TRIBUTARIA Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CAPPABIANCA Aurelio - Presidente Dott. VIRGILIO Biagio - Consigliere Dott. GRECO Antonio - Consigliere Dott. CIGNA Mario - Consigliere 99 Dott. FERRO Massimo - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: sentenza sul ricorso n. 285/2008 proposto da: REGIONE autonoma Friuli Venezia Giulia, in persona del Presidente p.t., rappr. e dif. dall'avv. IURI DANIELA (avv. dell'Avvocatura della Regione), con elezione di dom. presso l'Ufficio Distaccato della Regione FVG, in Roma, piazza Colonna n. 355; - ricorrente contro D.P.S., rappr. e dif. dall'avv. BRIGIDA RAFFAELLA del foro di Pordenone, con elezione di dom. presso e nello studio dell'avv. Camillo Loriedo, in Roma, via Alfredo Fusco n.59/A come da procura a margine dell'atto (e successivo aggiornamento del domicilio); - controcorrente Sul ricorso n. 2424/2008 proposto da: Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t. rappr. e dif. dall'Avvocatura Generale dello Stato, elett. dom. nei relativi uffici, in Roma, via dei Portoghesi n. 12; - ricorrente contro D.P.S., rappr. e dif. dall'avv. Raffaella Brigida del foro di Pordenone, con elezione di dom. presso e nello studio dell'avv. Camillo Loriedo, in Roma, via Alfredo Fusco n.59/A come da procura a margine dell'atto (e successivo aggiornamento del domicilio); 100 - controricorrente per la cassazione della sentenza Comm. Tribut. Regionale di Trieste 7.12.2006; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 10 aprile 2013 dal Consigliere relatore Dott. Massimo Ferro; uditi l'avvocato Camillo Loriero per il controricorrente e l'avvocato Pietro Garofoli per l'Avvocatura Generale dello Stato; udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale Dott. SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per l'accoglimento del primo motivo del primo ricorso ed il rigetto del secondo ricorso. Svolgimento del processo - Motivi della decisione IL PROCESSO: Con il primo ricorso, Regione FVG impugna la sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Trieste 7.12.2006, che, in riforma della sentenza C.T.P. di Pordenone n. 123/01/2004, ebbe ad accogliere l'appello del contribuente, così affermando l'illegittimità del silenzio rifiuto opposto dall'Amministrazione finanziaria avverso l'istanza di rimborso dell'IRAP per gli anni dal 2000 al 2003 (e la restituzione di Euro 32.321,19 poi ridotti a 27.696,66 con l'appello), sul presupposto - invero negato dalla C.T.P. - per cui, pur ammessa la minima organizzazione personale nell'attività del medico generico (convenzionato con il SSN) istante, alla stregua di professionista intellettuale, difettava il requisito di una organizzazione di beni e di persone generativa di un valore aggiunto indipendente dall'intervento del professionista stesso. Ritenne in particolare la C.T.R. che l'appello poteva essere accolto, in quanto il medico di base appellante esercitava la sua attività con strumenti ed arredi strettamente necessari, del tutto ordinari per la professione, come la disponibilità (in affitto) dei locali di esercizio e l'utilizzo di auto per le visite, non si avvaleva di personale dipendente e dunque il suo reddito era frutto esclusivo del proprio lavoro intellettuale, connotato da un prevalente intuitus personae. 101 La medesima sentenza è impugnata, con il secondo ricorso, da Agenzia delle Entrate. Il primo ricorso è affidato a due motivi, al pari del secondo e ad entrambi resiste il contribuente con controricorso. I FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA E LE RAGIONI DELLA DECISIONE. Sul ricorso n.285/2008 di Regione FVG. Con il primo motivo, si deduce il vizio di violazione di legge, con riguardo al D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 24, e 9 L.R. FVG n. 4 del 2000, art. 9, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3, avendo erroneamente la C.T.R. omesso di pronunciarsi sul motivo di appello della Regione FVG concernente la propria carenza di legittimazione passiva, derivante dall'avere essa stipulato (il 31.7.2003) apposita convenzione con l'Amministrazione Finanziaria per l'esercizio dell'attività relativa all'imposta IRAP, compresi i rimborsi. Con il secondo motivo, si avanza vizio di violazione di legge relativamente al D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3, e vizio di motivazione, relativo alla esistenza di autonoma organizzazione, avendo la C.T.R., in contraddizione con Corte cost. n. 156 del 2001, mancato di argomentare come potesse essere esentato da IRAP un soggetto che, anzichè privo di organizzazione e sebbene minima, comunque di questa beneficiava, essendo insito nel lavoro autonomo il profilo, sufficiente ai fini dell'imposizione, dell'abitualità. Sul ricorso n. 2424/2008 di Agenzia delle Entrate. Con il primo motivo, si deduce il vizio di violazione di legge, con riguardo al D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3, avendo erroneamente la C.T.R. omesso di apprezzare che una lettura del presupposto d'imposta che, quanto al lavoratore autonomo, esiga una idoneità alla produzione di ricchezza riferibile ai fattori organizzati prescindendo dall'attività del titolare, condurrebbe ad un'abrogazione per tali soggetti dell'IRAP stessa, inammissibilmente circoscritta alle sole imprese ed al solo lavoro autonomo ma solo se in esse confluito. Con il secondo motivo, si avanza ulteriore vizio di violazione delle stesse norme, avendo la C.T.R., in contraddizione con i requisiti imposti ai medici convenzionati con il SSN ed ai sensi del D.P.R. n. 270 del 2000, art. 22, mancato di argomentare come potesse essere esentato da IRAP un soggetto che, anzichè privo di organizzazione autonoma, comunque di questa beneficiasse, avendo assunto in locazione i locali di esercizio di tale attività. 102
© Copyright 2024 ExpyDoc