Cass. civ. Sez. VI - 5, Ord., 26-03

Cass. civ. Sez. VI - 5, Ord., 26-03-2014, n. 7153
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CICALA Mario - rel. Presidente Dott. BOGNANNI Salvatore - Consigliere Dott. IACOBELLIS Marcello - Consigliere Dott. DI BLASI Antonino - Consigliere Dott. CARACCIOLO Giuseppe - Consigliere ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 10789/2012 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende, ope legis;
- ricorrente contro
1
F.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TACITO 64, presso lo studio
dell'avvocato DI GIOVANNI NICOLETTA, rappresentato e difeso
dall'avvocato DI CARLO FABRIZIO, giusta delega in calce al controricorso;
- controricorrente avverso la sentenza n. 118/09/2011 della Commissione Tributaria Regionale
di L'AQUILA - Sezione Staccata di PESCARA del 20.1.2011, depositata il
21/04/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/03/2014
dal Presidente Relatore Dott. MARIO CICALA.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
La Agenzia delle entrate ricorre per cassazione avverso la sentenza della
Commissione Tributaria Regionale dell'Abruzzo - Pescara 118/09/11 del 21
aprile 2011, che rigettava l'appello dell'ufficio affermando la spettanza al
contribuente del rimborso IRAP per gli anni 2000-2004.
2. Il contribuente si è costituito in giudizio. E' stata depositata la seguente
relazione:
3. Il ricorso deve essere rigettato. In quanto la Agenzia non contesta
adeguatamente la valutazione in fatto del giudice di secondo grado,
limitandosi a sottolineare la quantità di spese affrontate dal
professionista; fattore di per sè non decisivo se considerato nel
suo importo globale, in quanto - ad esempio - le spese per trasferte
o per i compensi ai domiciliatali non sono significative ai fini della
sussistenza di una autonoma organizzazione. Nè assume valore
decisivo la presenza di una segretaria, così come ribadito anche di
recente da questa Corte.
Il Collegio ha condiviso la proposta del relatore in quanto le modeste spese
per personale dipendente non sono sufficienti a determinare,
come invece ritiene la sentenza impugnata, l'automatica
soggezione del contribuente ad IRAP (sentenza 2020/2013 di
questa Corte).
Appare opportuno compensare le spese, date le oscillazioni giurisprudenziali
sull'argomento.
2
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Compensa fra le parti le spese del presente grado di
giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Sesta Civile, il 5
marzo 2014.
Depositato in Cancelleria il 26 marzo 2014
Cass. civ. Sez. VI - 5, Ord., 25-03-2014, n. 6944
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CICALA Mario - rel. Presidente Dott. BOGNANNI Salvatore - Consigliere Dott. IACOBELLIS Marcello - Consigliere Dott. DI BLASI Antonino - Consigliere Dott. CARACCIOLO Giuseppe - Consigliere ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 12859-2011 proposto da:
3
L.R.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BALDO DEGLI
UBALDI 66, presso lo studio dell'avvocato RINALDI GALLICANI SIMONA,
rappresentata e difesa dall'avvocato MOBILIO GIANFRANCO giusta procura
a margine del ricorso;
- ricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che
la rappresenta e difende ope legis;
- controricorrente e ricorrente incidentale - ricorrenti incidentali avverso la sentenza n. 129/4/2010 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE di NAPOLI SEZIONE DISTACCATA di SALERNO
dell'1/03/2010, depositata il 23/03/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/03/2014
dal Presidente Relatore Dott. MARIO CICALA.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. L'avv. L.R.M. ricorre per cassazione avverso la sentenza della Commissione
Tributaria Regionale Campania Salerno 129/04/10 del 23 marzo 2010, che
accoglieva l'appello dell'Ufficio affermando la debenza da parte all'avv.to L.
dell'IRAP relativamente all'anno 2002.
2. La Agenzia si è costituita in giudizio proponendo ricorso incidentale
condizionato.
E' stata depositata la seguente relazione:
3. Il ricorso appare fondato in quanto il giudice di merito non ha
adeguatamente motivato in ordine alla sussistenza di una "stabile
organizzazione" di supporto all'attività del contribuente. In particolare la
sussistenza di spese che il giudice definisce "limitate" "per (non
4
meglio precisati) compensi a terzi" nonchè per consumi di energia
elettrica e spese telefoniche, ed acquisti, non sono sufficienti a
determinare, come invece ritiene la sentenza impugnata,
l'automatica soggezione del contribuente ad IRAP (sentenza
2020/2013 di questa Corte).
Il ricorso incidentale condizionato deve essere respinto in quanto la
Amministrazione non indica da quali elementi probatori il giudice di merito
avrebbe potuto dedurre l'intervento della sanatoria L. n. 289 del 2002, ex art.
9.
Il Collegio ha condiviso la relazione.
P.Q.M.
La corte accoglie il ricorso, respinge il ricorso incidentale, cassa la sentenza
impugnata e rinvia la controversia ad altra sezione della Commissione
Tributaria Regionale della Campania, che deciderà anche per le spese del
presente grado.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile, il 5
marzo 2014.
Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2014
Cass. civ. Sez. VI - 5, Ord., 25-03-2014, n. 6937
Fatto - Diritto P.Q.M.
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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
5
Dott. CICALA Mario - rel. Presidente Dott. BOGNANNI Salvatore - Consigliere Dott. IACOBELLIS Marcello - Consigliere Dott. DI BLASI Antonino - Consigliere Dott. CARACCIOLO Giuseppe - Consigliere ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 3713/2011 proposto da:
S.M.P. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA
PANETTERIA 15, presso lo studio dell'avvocato AVITABILE MARIA
TERESA, rappresentato e difeso dall'avvocato COMINI Stefania, giusta delega
a margine del ricorso;
- ricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) - Direzione Provinciale di Caserta in
persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO,
che la rappresenta e difende, ope legis;
- controricorrente avverso la sentenza n. 42/17/2010 della Commissione Tributaria Regionale di
NAPOLI del 18.12.09, depositata il 12/02/2010;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 05/03/2014
dal Presidente Relatore Dott. MARIO CICALA.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
6
1. Il Dott. S.M.P. ricorre per cassazione avverso la sentenza della
Commissione Tributaria Regionale Campania 42/17/10 del 12 febbraio 2010,
che accoglieva l'appello dell'Ufficio affermando la non spettanza al Dott. S. del
rimborso IRAP relativamente agli anni 2004-2007.
2. La Agenzia si è costituita in giudizio.
E' stata depositata la seguente relazione:
3. Il ricorso appare fondato in quanto il giudice di merito non ha
adeguatamente motivato in ordine alla sussistenza di una "stabile
organizzazione" di supporto all'attività del contribuente. In particolare le
modeste spese per personale dipendente non sono sufficienti a
determinare, come invece ritiene la sentenza impugnata,
l'automatica soggezione del contribuente ad IRAP (sentenza
2020/2013 di questa Corte).
Del resto, per quanto attiene all'attività medica, è oramai jus
receptum che:
"la disponibilità, da parte dei medici di medicina generale
convenzionati con il SSN, di uno studio dotato delle attrezzature
indicate nell'art. 22 dell'Accordo collettivo nazionale per la
disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale, reso
esecutivo con D.P.R. 28 luglio 2000, n. 270, essendo obbligatoria
ai fini dell'instaurazione e del mantenimento del rapporto
convenzionale, non integra, di per sè, in assenza di personale
dipendente, il requisito dell'autonoma organizzazione ai fini del
presupposto impositivo dell'IRAP" (cfr. da ultimo l'ordinanza n.
4934 del 27 marzo 2012).
Il Collegio ha condiviso la relazione.
P.Q.M.
La corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la
controversia ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della
Campania, che deciderà anche per le spese del presente grado.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 5
marzo 2014.
7
Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2014
Cass. civ. Sez. VI - 5, Ord., 19-03-2014, n. 6422
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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CICALA Mario - rel. Presidente Dott. BOGNANNI Salvatore - Consigliere Dott. IACOBELLIS Marcello - Consigliere Dott. CARACCIOLO Giuseppe - Consigliere Dott. COSENTINO Antonello - Consigliere ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 5172/2013 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende ope legis;
- ricorrente 8
contro
T.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIACOMO BONI 1, presso lo
studio dell'avvocato BELLOCCO FRANCESCA, rappresentato e difeso
dall'avvocato COMINI Stefania giusta procura a margine del controricorso;
- controricorrente avverso la sentenza n. 264/08/2012 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE di NAPOLI del 20/06/2012, depositata il 14/11/2012;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 06/03/2014
dal Presidente Relatore Dott. MARIO CICALA.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. L'Agenzia delle Entrate ricorre per cassazione avverso la sentenza della
Commissione Tributaria Regionale della Campania 264/8/13 del 14
novembre 2012 che respingeva l'appello dell'ufficio affermando la spettanza al
Dott. T. del rimborso IRAP relativamente agli anni 1998-2007.
2. Il contribuente si è costituito in giudizio.
3. Il ricorso appare infondato, anche qualora si ritenga di non applicare al
processo di cassazione in materia tributaria la recente riforma del ricorso per
cassazione; in quanto il giudice di merito ha adeguatamente motivato in
ordine alla non sussistenza di una "stabile organizzazione" di supporto
all'attività del contribuente.
Del resto, per quanto attiene all'attività medica, è oramai jus
receptum che "la disponibilità, da parte dei medici di medicina
generale convenzionati con il SSN, di uno studio dotato delle
attrezzature indicate nell'art. 22 dell'Accordo collettivo nazionale
per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale,
reso esecutivo con D.P.R. 28 luglio 2000, n. 270, essendo
obbligatoria ai fini dell'instaurazione e del mantenimento del
rapporto convenzionale, non integra, di per sè, in assenza di
personale dipendente, il requisito dell'autonoma organizzazione ai
fini del presupposto impositivo dell'IRAP" (cfr. da ultimo
l'ordinanza n. 4934 del 27 marzo 2012).
9
Le incertezze giurisprudenziali in materia giustificano la compensazione delle
spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Compensa fra le parti le spese del presente grado di
giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 6
marzo 2014.
Depositato in Cancelleria il 19 marzo 2014
Cass. civ. Sez. VI - 5, Ord., 19-03-2014, n. 6417
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IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CICALA Mario - rel. Presidente Dott. BOGNANNI Salvatore - Consigliere Dott. IACOBELLIS Marcello - Consigliere Dott. CARACCIOLO Giuseppe - Consigliere Dott. COSENTINO Antonello - Consigliere ha pronunciato la seguente:
ordinanza
10
sul ricorso 21502/2012 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende, ope legis;
- ricorrente contro
C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PREMUDA 6, presso lo studio
dell'avvocato MARRAPODI Ivan, che lo rappresenta e difende, giusta procura
speciale a margine del controricorso;
- controricorrente avverso la sentenza n. 85/32/2012 della Commissione Tributaria Regionale di
MILANO del 18.4.2012, depositata l'11/05/2012;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 06/03/2014
dal Presidente Relatore Dott. MARIO CICALA.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. L'Agenzia delle Entrate ricorre per cassazione avverso la sentenza della
Commissione Tributaria Regionale della Lombardia 85/32/11 del 11 maggio
2012 che accoglieva l'appello del contribuente affermando la spettanza al
Dott. C. del rimborso IRAP relativamente agli anni 2003-2008.
2. Il contribuente si è costituito in giudizio.
3. Il ricorso appare infondato in quanto il giudice di merito ha adeguatamente
motivato in ordine alla non sussistenza di una "stabile organizzazione" di
supporto all'attività del contribuente. Mentre la circostanza che il medico
svolga l'attività presso più ambulatori costituisce una comodità
per i pazienti e non una "stabile organizzazione" Del resto, per
quanto attiene all'attività medica, è oramai jus receptum che "la
disponibilità, da parte dei medici di medicina generale
convenzionati con il SSN, di uno studio dotato delle attrezzature
indicate nell'art. 22 dell'Accordo collettivo nazionale per la
11
disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale, reso
esecutivo con D.P.R. 28 luglio 2000, n. 270, essendo obbligatoria
ai fini dell'instaurazione e del mantenimento del rapporto
convenzionale, non integra, di per sè, in assenza di personale
dipendente, il requisito dell'autonoma organizzazione ai fini del
presupposto impositivo dell'IRAP" (cfr. da ultimo l'ordinanza n.
4934 del 27 marzo 2012).
Il Collegio ha condiviso la proposta del relatore.
Appare opportuno compensare le spese, date le oscillazioni giurisprudenziali
sull'argomento.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Compensa fra le parti le spese del presente grado di
giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 6
marzo 2014.
Depositato in Cancelleria il 19 marzo 2014
Cass. civ. Sez. VI - 5, Ord., 19-03-2014, n. 6416
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CICALA Mario - rel. Presidente Dott. BOGNANNI Salvatore - Consigliere Dott. IACOBELLIS Marcello - Consigliere 12
Dott. CARACCIOLO Giuseppe - Consigliere Dott. COSENTINO Antonello - Consigliere ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 21476/2012 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende, ope legis;
- ricorrente contro
T.A.;
- intimata avverso la sentenza n. 90/50/2011 della Commissione Tributaria Regionale di
MILANO del 24.6.2011, depositata il 27/06/2011;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 06/03/2014
dal Presidente Relatore Dott. MARIO CICALA.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. L'Agenzia delle Entrate ricorre per cassazione avverso la sentenza della
Commissione Tributaria Regionale della Lombardia 90/50/11 del 27 agosto
2011 che accoglieva l'appello della contribuente affermando la spettanza alla
Dott.sa T. del rimborso IRAP relativamente agli anni 2004-2006.
2. La contribuente non si è costituita in giudizio.
E' stata depositata la seguente relazione:
13
3. Il ricorso appare infondato in quanto il giudice di merito ha adeguatamente
motivato in ordine alla non sussistenza di una "stabile organizzazione" di
supporto all'attività del contribuente. Mentre la circostanza che il medico
svolga l'attività presso due ambulatori costituisce una comodità
per i pazienti e non una "stabile organizzazione" Del resto, per
quanto attiene all'attività medica, è oramai jus receptum che "la
disponibilità, da parte dei medici di medicina generale
convenzionati con il SSN, di uno studio dotato delle attrezzature
indicate nell'art. 22 dell'Accordo collettivo nazionale per la
disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale, reso
esecutivo con D.P.R. 28 luglio 2000, n. 270, essendo obbligatoria
ai fini dell'instaurazione e del mantenimento del rapporto
convenzionale, non integra, di per sè, in assenza di personale
dipendente, il requisito dell'autonoma organizzazione ai fini del
presupposto impositivo dell'IRAP" (cfr. da ultimo l'ordinanza n.
4934 del 27 marzo 2012).
Il Collegio ha condiviso la relazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 6
marzo 2014.
Depositato in Cancelleria il 19 marzo 2014
Cass. civ. Sez. VI - 5, Ord., 24-02-2014, n. 4394
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
14
Dott. CICALA Mario - Presidente Dott. IACOBELLIS Marcello - Consigliere Dott. DI BLASI Antonino - rel. Consigliere Dott. CARACCIOLO Giuseppe - Consigliere Dott. COSENTINO Antonello - Consigliere ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
R.R.A. e H.R. in proprio e quali rappresentanti dello STUDIO ASSOCIATO
RIMBL HOZEISEN & PARTNERS, rappresentati e difesi dall'Avvocato
HOLZEISEN RENATE, elettivamente domiciliati in Roma, presso lo studio
dell'Avvocato Michela Reggio D'Aci;
- ricorrenti contro
AGENZIA ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, nei cui Uffici è
domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
- controricorrente Avverso la sentenza n.47/02/2010 della Commissione Tributaria di Secondo
Grado di Bolzano - Sezione n. 02, in data 05.07.2010, depositata il 05 agosto
2010;
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del 22
GENNAIO 2014, dal Relatore Dott. Antonino Di Blasi;
Udito, pure, l'Avv. M. Reggio D'Aci, per i ricorrenti;
15
Non è presente il P.M..
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Nel ricorso iscritto a R.G. n.21566/2011 è stata depositata in cancelleria la
seguente relazione:
1 - E' chiesta la cassazione della sentenza n. 47/02/2010, pronunziata dalla
C.T. di Secondo Grado di Bolzano Sezione n.02, il 05.07.2010 e DEPOSITATA
il 05.08.2010.
Con tale decisione, la Commissione ha respinto l'appello di parte contribuente
e confermato quella di primo grado, dichiarando non dovuto il chiesto
rimborso dell'IRAP 2003, 2004 e 2005 e legittima la pretesa fiscale, anche in
riferimento alle irrogate sanzioni. Parte contribuente censura l'impugnata
sentenza, limitatamente alla inapplicabilità della sanzione tributaria, per
violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3, e
D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 2, nonchè per omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione su fatto controverso e decisivo.
2) L'Agenzia controricorrente, ha chiesto il rigetto dell'impugnazione.
3)La questione posta dall'unico mezzo va esaminata tenendo conto di
principi, espressione di un ormai consolidato orientamento
giurisprudenziale. E'stato deciso che "a norma del combinato disposto del
D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett.
c), l'esercizio delle attività di lavoro autonomo è escluso dall'applicazione
dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) solo qualora si tratti di
attività non autonomamente organizzata; il requisito dell'autonoma
organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è
insindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato,
ricorre quando il contribuente: a) sia sotto qualsiasi forma, il
responsabile dell'organizzazione e non sia, quindi, inserito in
strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed
interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'id
quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio
dell'attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in
modo non occasionale di lavoro altrui; costituisce onere del
contribuente che chieda il rimborso dell'imposta asseritamente
non dovuta dare la prova dell'assenza delle condizioni
16
sopraelencate" (Cass. n. 3680/2007, 3678/2007, n. 3676/2007, n.
3672/2007).
E' stato, altresì, affermato che "In tema di sanzioni amministrative per
violazioni di norme tributarie, l'incertezza normativa oggettiva, che
costituisce causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità
amministrativa tributaria, postula una condizione di inevitabile incertezza sul
contenuto, sull'oggetto e sui destinatari della norma tributaria, ovverosia
l'insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso il procedimento
d'interpretazione normativa, riferibile non già ad un generico contribuente, o
a quei contribuenti che per la loro perizia professionale siano capaci di
interpretazione normativa qualificata (studiosi, professionisti legali, operatori
giuridici di elevato livello professionale), e tanto meno all'Ufficio finanziario,
ma al giudice, unico soggetto dell'ordinamento cui è attribuito il poteredovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione. Tale
verifica è censurabile in sede di legittimità per violazione di legge, non
implicando un giudizio di fatto, riservato all'esclusiva competenza del giudice
di merito, ma una questione di diritto, nei limiti in cui la stessa risulti
proposta in riferimento a fatti già accertati e categorizzati nel giudizio di
merito" (Cass. n. 24670/2007).
La decisione di che trattasi, sembra in linea con i trascritti principi, posto che
sulla questione relativa alla sussistenza del presupposto impositivo IRAP, a
far data dal 2007, si è consolidato un orientamento
giurisprudenziale, assolutamente inequivoco.
4) Posta la realtà fattuale, caratterizzata dal fatto che il giudizio di che trattasi
è stato incoato nel secondo semestre del 2008, quando il trascritto principio
era ormai a ritenersi pacifico sin dal 2007, si ritiene che la causa possa essere
trattata in camera di consiglio, ai sensi degli artt. 366 e 380 bis c.p.c.,
proponendosene la definizione, sulla base del trascritto principio, con il
rigetto del ricorso, per manifesta infondatezza.
Il Consigliere relatore Antonino Di Blasi.
La Corte:
Vista la relazione, il ricorso e la memoria 19.08.2011, nonchè gli altri atti di
causa;
17
Considerato che, ai fini della residuale questione sanzionatoria, l'incertezza
giuridicamente rilevante è quella, di carattere obiettivo, concernente le norme
tributarie, la cui violazione da parte del contribuente, determina l'emissione
dell'avviso di accertamento e l'irrogazione delle sanzioni (Cass. n.
11096/2011);
Considerato che si è ritenuto sussistere tale incertezza, quando il complesso
normativo di riferimento si articoli in una pluralità di prescrizioni, il cui
coordinamento si riveli concettualmente difficoltoso, a causa della relativa
equivocità (Cass. n. 22252/2011);
Considerato, in particolare, che la questione relativa alla rilevanza
impositiva IRAP del reddito professionale, è stata oggetto di
articolato e complesso dibattito, sia in dottrina come pure in
giurisprudenza, e che solo a partire dall'anno 2007 si è delineato
l'orientamento giurisprudenziale richiamato in relazione, che ha
determinato presupposti e limiti dell'imposizione fiscale IRAP dei
redditi professionali; Considerato, quindi, che nel periodo oggetto
d'imposizione (dal 2003 al 2005), sussisteva una obiettiva incertezza in
ordine al presupposto dell'attività "autonomamente organizzata", e
segnatamente in merito al contenuto da dare ai termini "organizzazione" ed
"autonomia";
Considerato che tale obiettiva incertezza era desumibile dal lessico utilizzato e
dalla difficoltà di darne una lettura inequivoca, anche avuto riguardo
all'esigenza dell'indispensabile coordinamento con il complessivo quadro
normativo di riferimento, sia fiscale che ordinamentale;
Considerato che tale incertezza può ritenersi essere venuta meno solo a
partire dall'anno 2007, nel corso del quale questa Corte, con numerose
pronunce rese da Collegi, anche in diversa composizione, ha focalizzato le
dibattute questioni, individuando i presupposti impositivi ed indicandone
anche gli elementi indice( Ex multis Cass. n.3680/2007, n.3678/2007,
n.3676/2007); Considerato che l'equivocità del dato normativo e, quindi, la
difficoltà della relativa interpretazione, ha trovato elementi di riscontro nelle
contrastanti pronunce, emesse dai Giudici di merito e della stessa Corte di
Cassazione, prima dell'approdo precitato e proprio nell'arco di tempo relativo
ai periodi d'imposta qui in esame;
18
Considerato che il ricorso va, per tali ragioni, accolto e che,
conseguentemente, va cassata l'impugnata decisione;
Considerato che il Giudice del rinvio, che si designa in altra sezione della CT
di Secondo Grado di Bolzano, procederà al riesame e quindi, adeguandosi ai
richiamati principi desumibili dalle citate pronunce, deciderà nel merito e
sulle spese del presente giudizio, offrendo congrua motivazione;
Visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa l'impugnata decisione e rinvia ad altra sezione della
CT di Secondo Grado di Bolzano.
Così deciso in Roma, il 22 gennaio 2014.
Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2014
Cass. civ. Sez. V, Sent., 21-02-2014, n. 4165
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAPPABIANCA Aurelio - Presidente Dott. DI IASI Camilla - Consigliere Dott. CIGNA Mario - rel. Consigliere Dott. IOFRIDA Giulia - Consigliere Dott. CRUCITTI Roberta - Consigliere ha pronunciato la seguente:
19
sentenza
sul ricorso 26561/2009 proposto da:
T.M., U.C., U.A., UR. A. tutti in qualità di eredi di U.C., elettivamente
domiciliati in ROMA CORSO D'ITALIA 19, presso lo studio dell'avvocato SED
Bruno, che li rappresenta e difende giusta delega in calce;
- ricorrenti contro
AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI VICENZA (OMISSIS);
- intimato nonchè da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende
ope legis;
- controricorrente e ricorrente incidentale contro
T.M., U.C., UR.AL., U. A., AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI
VICENZA (OMISSIS);
- intimati avverso la sentenza n. 37/2008 della COMM. TRIB. REG. di VENEZIA,
depositata il 07/10/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 30/10/2013 dal
Consigliere Dott. MARIO CIGNA;
20
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL CORE
Sergio, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso principale, assorbito
l'incidentale.
Svolgimento del processo
Con sentenza depositata il 7-10-2008 la CTR Veneto rigettava l'appello
proposto da U.C., medico condotto, confermando la sentenza della CPT di
Vicenza che aveva rigettato il ricorso del contribuente avverso il silenziorifiuto dell'Amministrazione Finanziaria relativo all'istanza di rimborso IRAP
per gli anni 1998- 2002, presentata il 20-5-2003; in particolare la CTR
rilevava che, in presenza di redditi professionali, l'IRAP si presumeva come
dovuta, salva la prova contraria, da parte del contribuente, dell'assenza
dell'autonoma organizzazione; nel caso di specie, a detta della CTR, a nulla
rilevava che i beni strumentali fossero modesti ed indispensabili per l'attività
e che quest'ultima fosse svolta non da personale dipendente; determinante
era, invece, la circostanza che per lo svolgimento dell'attività fosse necessario
l'utilizzo di beni strumentali ed il coordinamento dello studio medico da parte
del professionista.
Avverso detta sentenza proponevano ricorso per Cassazione U. A., T.M., U.C.
e Ur.Al., tutti quali eredi di U.C. (deceduto IL (OMISSIS)), affidato a tre
motivi; resisteva con controricorso l'Agenzia, che presentava anche ricorso
incidentale condizionato.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di gravame i ricorrenti, denunziando - ex art. 360 c.p.c.,
comma 1, n. 3 - violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, art.
132 c.p.c., comma 2, n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c., comma 1, deducevano la
nullità della sentenza per mancanza o estrema concisione della gravata
sentenza, con conseguente impossibilità di individuare le ragioni della
decisione.
Il motivo è infondato.
Per principio già espresso da questa Corte, invero, "in tema di contenuto della
sentenza, la concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei motivi in
fatto della decisione, richiesta dall'art. 132 cod. proc. civ., comma 2, n. 4, nella
versione anteriore alla modifica da parte della L. 18 giugno 2009, n. 69, art.
45, comma 17, non rappresenta un elemento meramente formale, ma un
requisito da apprezzarsi esclusivamente in funzione della intelligibilità della
21
decisione e della comprensione delle ragioni poste a suo fondamento, la cui
mancanza costituisce motivo di nullità della sentenza solo quando non sia
possibile individuare gli elementi di fatto considerati o presupposti nella
decisione, stante il principio della strumentali della forma, per il quale la
nullità non può essere mai dichiarata se l'atto ha raggiunto il suo scopo (art.
156 cod. proc. civ., comma 3), e considerato che lo stesso legislatore, nel
modificare l'art. 132 cit., ha espressamente stabilito un collegamento di tipo
logico e funzionale tra l'indicazione in sentenza dei fatti di causa e le ragioni
poste dal giudice a fondamento della decisione" (Cass. 22845/2010).
Nel caso di specie la CTR ha esposto, con la necessaria sintesi, sia lo
svolgimento del processo sia i motivi della decisione, rendendo intelligibile la
decisione (come su riportata) e comprensibili le ragioni poste a suo
fondamento (anch'esse su evidenziate).
Con il secondo motivo i ricorrenti, denunziando - ex art. 360 c.p.c., comma 1,
n. 3 - violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2,
deducevano che la CTR aveva automaticamente applicato l'imposta al
contribuente solo in quanto libero professionista svolgente un'attività
professionale produttiva di ricchezza, senza considerare se l'attività fosse in
concreto autonomamente organizzata, e cioè se nell'attività fossero impiegati
beni strumentali eccedenti - secondo l'id plerumque accidit - il minimo
indispensabile per l'esercizio della stessa o se il contribuente si avvalesse in
modo non occasionale di lavoro altrui.
Con il terzo motivo i ricorrenti denunziavano - ex art. 360 c.p.c., n. 5 insufficiente motivazione sotto il profilo dell'eccepita assenza dell'elemento
organizzativo nello svolgimento dell'attività professionale, in relazione al fatto
controverso e decisivo per il giudizio consistente nella mancanza in capo al
contribuente della soggettività passiva ai fini IRAP, per la conclamata assenza
di dipendenti e l'evidente inesistenza di apparecchiature, macchinari o beni
mobili di particolare valore.
Siffatti motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto tra loro strettamente
connessi, sono fondati.
Per ormai costante e condiviso principio di questa Corte, invero, in tema di
IRAP, presupposto per l'applicazione dell'imposta, secondo la previsione del
D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2 è l'esercizio abituale di un'attività
autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni
22
ovvero alla prestazione di servizi, che ricorre qualora il contribuente sia il
responsabile dell'organizzazione ed impieghi beni strumentali, eccedenti per
quantità o valore, il minimo generalmente ritenuto indispensabile per
l'esercizio della professione, oppure si avvalga in modo non occasionale di
lavoro altrui; l'esistenza di un'autonoma organizzazione non
dev'essere intesa in senso soggettivo, come auto- organizzazione
creata e gestita dal professionista senza vincoli di subordinazione,
bensì in senso oggettivo, come esistenza di un apparato esterno
alla persona del professionista e distinto da lui, frutto
dell'organizzazione di beni strumentali e/o di lavoro altrui (v. tra
le tante, Cass. 26161/2011 e Cass. 3664/2007); in particolare, per
quanto concerne l'attività di medico, è stato affermato che "la
disponibilità, da parte dei medici di medicina generale
convenzionati con il Servizio sanitario nazionale, di uno studio,
avente le caratteristiche e dotato delle attrezzature indicate
nell'art. 22 dell'Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei
rapporti con i medici di medicina generale, reso esecutivo con
D.P.R. 28 luglio 2000, n. 270, rientrando nell'ambito del "minimo
indispensabile" per l'esercizio dell'attività professionale, ed
essendo obbligatoria ai fini dell'instaurazione e del mantenimento
del rapporto convenzionale, non integra, di per sè, in assenza di
personale dipendente, il requisito dell'autonoma organizzazione ai
fini del presupposto impositivo" (Cass. 10240/2010).
La CTR, che ha fondato la sua decisione solo sulla utilizzazione, da parte del
professionista, di beni strumentali (anche se modesti ed indispensabili) e sul
mero coordinamento, ad opera del contribuente medesimo, dello studio
medico (anche in accertata assenza di personale dipendente), non ha fatto
corretto uso di tali principi, e va quindi cassata, con rinvio, per nuovo esame,
alla CTR Veneto, diversa composizione, che provvedere anche alla
regolamentazione delle spese di lite relative al presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa l'impugnata sentenza e rinvia, per nuovo
esame, alla CTR Veneto, diversa composizione, che provvederà anche alla
regolamentazione delle spese di lite relative al presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 30
ottobre 2013.
23
Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2014
Cass. civ. Sez. VI - 5, Ord., 10-02-2014, n. 2967
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CICALA Mario - rel. Presidente Dott. IACOBELLIS Marcello - Consigliere Dott. DI BLASI Antonino - Consigliere Dott. CARACCIOLO Giuseppe - Consigliere Dott. COSENTINO Antonello - Consigliere ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 3729-2013 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende, ope legis;
- ricorrente contro
24
F.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA QUINTINO SELLA 23, presso
lo studio dell'avvocato VINCENZO CANCRINI, rappresentata e difesa
dall'avvocato FRANCESCON MARCO, giusta mandato a margine del
controricorso;
- controricorrente avverso la sentenza n. 35/7/2012 della Commissione Tributaria Regionale di
VENEZIA-MESTRE, depositata il 12/06/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/12/2013
dal Presidente Relatore Dott. MARIO CICALA.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. L'Agenzia delle Entrate ricorre per cassazione avverso la sentenza della
Commissione Tributaria Regionale del Veneto 35/07/12 del 12 giugno 2012
che respingeva l'appello dell'ufficio affermando la spettanza alla dott.sa F. del
rimborso IRAP relativamente agli anni 2003-2007.
2. La contribuente si è costituita in giudizio.
3. Il ricorso appare, secondo il relatore, infondato in quanto il giudice di
merito ha adeguatamente motivato in ordine alla non sussistenza di
una "stabile organizzazione" di supporto all'attività del
contribuente, medico di base del SSN. In particolare utilizzazione
di due studi costituisce soltanto uno strumento per il migliore (e
più comodo per il pubblico) esercizio della attività professionale
autonoma.
Il Collegio ha condiviso la proposta del relatore.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese che liquida in
Euro 1.000,00.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile, il 4
dicembre 2013.
25
Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2014
Cass. civ. Sez. V, Sent., 05-02-2014, n. 2589
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI IASI Camilla - Presidente Dott. VIRGILIO Biagio - Consigliere Dott. GRECO Antonio - Consigliere Dott. FERRO Massimo - rel. Consigliere Dott. IOFRIDA Giulia - Consigliere ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
S.F., rappr. e dif. dall'avv. COMELLI Alberto, con elezione di domicilio presso
il relativo studio in Roma, Via Quintino Sella, n.23, come da procura a
margine dell'atto;
- ricorrente contro
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t, rappr. e dif.
26
dall'Avvocatura Generale dello Stato, elett. dom. nei relativi uffici, in Roma,
Via dei Portoghesi n. 12;
- controricorrente per la cassazione della sentenza Comm. Tribut. Regionale di Roma 14.7.2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 6
dicembre 2013 dal Consigliere relatore Dott. Massimo Ferro;
udito l'avvocato Alberto Comelli per il ricorrente;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
S.F. impugna la sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Roma
14.7.2008, che, in riforma della sentenza C.T.P. di Roma n. 261/25/2007,
ebbe ad accogliere l'appello dell'Ufficio, così riconoscendo la legittimità dei
plurimi atti di silenzio-rifiuto opposti dall'amministrazione al contribuente
che, per gli anni dal 1998 al 2002, aveva chiesto il rimborso dell'IRAP, sul
presupposto - già ed invece ritenuto dalla C.T.P. - del difetto dei requisiti
perchè l'attività professionale espletata (medico convenzionato con il S.S.N.)
fosse assoggettabile all'imposta.
Ritenne in particolare la C.T.R. che la sentenza riformata aveva trascurato i
risultati della verifica condotta in concreto sull'attività del contribuente,
svolta con un'organizzazione non indifferente, per via di fattori quali il valore
dei beni strumentali, le spese per acquisto di immobili, i compensi a terzi, le
spese per lavoro dipendente ed i beni ammortizzabili.
Il ricorso è affidato a tre motivi, cui resiste con controricorso Agenzia delle
Entrate. Il ricorrente ha depositato memoria.
Motivi della decisione
Con il primo motivo, si deduce la violazione di legge quanto al D.Lgs. n. 446
del 1997, artt. 2 e 3 e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, comma 1, in relazione
all'art. 360 cod. proc. civ., n. 3, avendo erroneamente la C.T.R. omesso di
valutare che l'organizzazione del medico contribuente era del tutto coerente
27
con i parametri imposti secondo la convenzione con il S.S.N. e comunque si
trattava di elementi non indizianti di un apporto di beni strumentali eccedenti
il minimo, mentre l'apporto di terzi era limitato alle sostituzioni per turno.
Con il secondo motivo, si censura il vizio di illogicità della ricostruzione
effettuata dalla C.T.R. in relazione all'art. 360 cod. proc. civ., n. 5, avendo la
sentenza affermato la riferibilità al contribuente di un modesto impiego di
capitali e mezzi finanziari e pur tuttavia ascritto al medesimo la sussistenza
dei presupposti di organizzazione autonoma e rilevante ai fini IRAP. Con il
terzo motivo, si deduce la violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., D.Lgs. n. 546
del 1992, art. 62, comma 2 e art. 24 Cost.. comma 1, in relazione all'art. 360
cod. proc. civ., n. 4, avendo omesso la C.T.R. di dar conto dell'eccezione per
cui il contribuente, inserito per via della convenzione con il S.S.N. in un
sistema di regole organizzative pubbliche precise della sua attività, non
potendo non conformarvisi, ha finito con il configurare un'attività
professionale ad autonomia assolutamente ridotta, assimilabile a quella del
lavoratore dipendente.
1. I primi due motivi, avvinti da connessione, vanno trattati congiuntamente e
sono infondati, accomunati peraltro dall'omessa considerazione puntuale
della ratio decidendi della pronuncia, incentrata su un coordinamento di
rilevanza tra il requisito dell'autonoma organizzazione e i molteplici elementi
puntualmente elencati dalla C.T.R. a sostegno di una ricostruzione
dell'attività imperniata su costi sostenuti dal professionista per beni
strumentali, spese relative ad immobili e beni ammortizzabili, cui occorre
aggiungere sia compensi a terzi (per prestazioni afferenti l'attività esercitata e
per altre prestazioni) sia spese per lavoro dipendente (nell'anno d'imposta
2000), sulle quali ultime il ricorrente nulla ha dedotto.
Il nucleo essenziale del principio di diritto applicato dal giudice di merito
consiste nell'aver individuato, nel D.Lgs. n.446 del 1997, art. 2, una fattispecie
astratta per la quale la nozione tributaria di autonoma organizzazione,
riferibile all'esercente lavoro autonomo, integra il presupposto impositivo
dell'IRAP allorchè si declini mediante l'impiego di capitali e mezzi finanziari,
la cui qualificazione siccome modesti (pag. 6 sentenza) non esprime peraltro,
va premesso, un dato di contraddizione del quadro giustificativo generale,
bensì la differenziazione organizzativa dell'attività del medicocontribuente
quale assunta proprio attraverso le risorse materiali e contrattuali emerse
dalle dichiarazioni dei redditi e dai modelli presentati negli anni in esame.
28
2. Osserva il Collegio che, anche alla stregua dell'interpretazione
costituzionalmente orientata fornita da Corte cost. n. 156/2001,
l'assoggettamento ad IRAP dell'attività dei lavoratori autonomi e dei
professionisti postula una valutazione complessiva di detta attività, da
effettuarsi sulla scorta di tutti gli elementi fattuali che connotano la fattispecie
concreta. Ha chiarito il Giudice delle leggi che l'imposizione ha riguardo al
valore aggiunto prodotto, cioè la nuova ricchezza creata dalla singola unità
produttiva, che viene, mediante l'IRAP, assoggettata ad imposizione ancor
prima che sia distribuita al fine di remunerare i diversi fattori della
produzione, trasformandosi in reddito per l'organizzatore dell'attività, i suoi
finanziatori, i suoi dipendenti e collaboratori. L'imposta colpisce perciò, con
carattere di realità, un fatto economico, diverso dal reddito, comunque
espressivo di capacità di contribuzione in capo a chi, in quanto organizzatore
dell'attività, è autore delle scelte dalle quali deriva la ripartizione della
ricchezza prodotta tra i diversi soggetti che, in varia misura, concorrono alla
sua creazione. Nel caso, poi, di un'attività professionale che sia svolta in
assenza di elementi di organizzazione - il cui accertamento, in difetto di
specifiche disposizioni normative, costituisce questione di mero fatto risulterà dunque mancante - per gli stessi giudici costituzionali - il
presupposto stesso dell'imposta sulle attività produttive, per l'appunto
rappresentato, secondo il D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, dall'esercizio abituale
di un'attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo
scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi, con la conseguente
inapplicabilità dell'imposta stessa. Poichè inoltre solo l'attività esercitata dalle
società e dagli enti, compresi gli organi e le amministrazioni dello Stato,
costituisce in ogni caso presupposto di imposta, in base alla seconda parte del
citato articolo, si da per ogni altra figura la doverosità di un'analisi caso per
caso, con istruttoria concreta e non condotta per tipologie di contribuente.
3. L'esistenza di un'autonoma organizzazione, che costituisce il presupposto
per l'assoggettamento ad imposizione dei soggetti esercenti arti o professioni
indicati dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1, esclusi i casi di
soggetti inseriti in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed
interesse (come non è il contribuente S., non essendo di per sè nè sufficiente il
convenzionamento con il S.S.N., nè accertata la circostanza, stante
l'utilizzazione del lavoro di terzi), non dev'essere intesa in senso soggettivo,
come auto-organizzazione creata e gestita dal professionista senza vincoli di
subordinazione, ma in senso oggettivo, come esistenza di un apparato esterno
alla persona del professionista e distinto da lui, risultante dall'aggregazione di
beni strumentali e/o di lavoro altrui (Cass. 3673/2007). Significativamente,
29
tali indirizzi sono confluiti nell'importante arresto delle Sezioni Unite
(12111/2009), per le quali l'esercizio dell'attività (nella specie, di promotore
finanziario di cui al D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 31, comma 2) è escluso
dall'applicazione dell'imposta qualora si tratti di iniziativa complessiva non
autonomamente organizzata. Ed effettivamente tale requisito, il cui
accertamento si ribadisce spettare al giudice di merito, resta insindacabile in
sede di legittimità se congruamente motivato, ricorrendo in generale quando
il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile
dell'organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative
riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali
eccedenti, secondo l'il quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per
l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione oppure si avvalga in modo
non occasionale di lavoro altrui. Costituisce tuttavia onere del contribuente,
che chieda il rimborso dell'imposta asseritamente non dovuta, dare la prova
dell'assenza delle predette condizioni (Cass. 4490/2012;
8556/2011; 3678/2007).
4. Nel caso di specie, la Corte ritiene che il sopra descritto accertamento,
invero, sia stato correttamente espletato dal giudice di merito, in adesione ad
un principio assorbente e per il quale, in una lettura conforme a quella
consolidata in sede di legittimità della disciplina dell'IRAP, non erroneamente
si è ritenuto che gli utilizzi delle spese di lavoro-terzo autonomo
complessivamente affrontate dal professionista (almeno nel 1998 e nel 2001)
e di quelle di lavoro dipendente altrui (nel 2000), per la loro modestia ed
il solo fatto di non trovare destinazione in un'attività diversa da
quella protetta, non per questo esplicherebbero valenza accessoria
rispetto a quella primaria e caratteristica, alla stregua di elementi
insindacabili dell'organizzazione. Tale indirizzo permette così, anche
con riguardo alla vicenda in esame, di superare - proprio perchè non attinente
alla fattispecie - l'orientamento esonerativo dall'IRAP riservato dalla
giurisprudenza di legittimità ai medici di medicina generale convenzionati
con il Servizio sanitario nazionale e con uno studio, avente le caratteristiche e
dotato delle attrezzature indicate nell'art. 22 dell'Accordo collettivo nazionale
per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale, reso esecutivo
con D.P.R. 28 luglio 2000, n. 270, rientrando esso nell'ambito del "minimo
indispensabile" per l'esercizio dell'attività professionale, ed essendo
obbligatorio ai fini dell'instaurazione e del mantenimento del rapporto
convenzionale (Cass. 10240/2010), non integrando tale circostanza il
requisito dell'autonoma organizzazione, ai fini del presupposto
30
impositivo, ma solo in assenza di personale dipendente. Va allora ricordato
che, come detto, non compete all'Amministrazione l'onere di dare la
dimostrazione del citato requisito di autonomia dell'organizzazione,
trascurandosi altrimenti che oggetto del giudizio non era - anche nella specie un atto accertativo della P.A., bensì una richiesta di rimborso da parte del
contribuente, dunque onerato della piena prova proprio del difetto del
presupposto impositivo, cioè l'esercizio abituale di una attività
autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni
ovvero alla prestazione di servizi. Occorre infatti precisare che ove la
controversia tributaria abbia ad oggetto l'impugnazione del rigetto
dell'istanza di rimborso di un tributo avanzata dal contribuente, quest'ultimo
riveste la qualità di attore in senso non solo formale - come nei giudizi di
impugnazione di un atto impositivo - ma anche sostanziale, con la duplice
conseguenza che grava su di lui l'onere di allegare e provare i fatti ai quali la
legge ricollega il trattamento impositivo rivendicato nella domanda e che le
argomentazioni con le quali l'Ufficio nega la sussistenza di detti fatti, o la
qualificazione ad essi attribuita dal contribuente, costituiscono mere difese,
come tali non soggette ad alcuna preclusione processuale, salvo la formazione
del giudicato interno o - dove in concreto ne ricorrono i presupposti l'applicazione del principio di non contestazione (Cass. 29613/2011). Il
quadro istruttorio emerso se da un lato conferma pertanto il principio per cui
costituisce onere del contribuente, che chieda il rimborso dell'imposta
asseritamele non dovuta, dare la prova dell'assenza delle predette condizioni
(oltre alle citate, Cass. s.u. 12108/2009; 13095/2012), dall'altro enuncia il
limite di una diversa interpretazione ove fondata su un'inammissibile
presunzione di non appartenenza alla organizzazione autonoma, di cui al
D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, anche dell'attività del professionista che si sia
avvalso di lavoro dipendente (oltre che di lavoro autonomo di terzi ed.
inerente), così incrementando le sue opportunità competitive ed infine pone
in evidenza che non è affatto necessario che la struttura organizzata sia in
grado di funzionare in assenza del titolare, non assumendo rilievo, ai fini
dell'esclusione di tale presupposto, la circostanza che l'apporto del titolare sia
insostituibile per ragioni giuridiche o che la clientela si rivolga alla struttura
in considerazione delle sue particolari capacità, ovvero che vi sia prevalenza
dell'opera del professionista su altri fattori produttivi (Cass. 26157/2011).
5. Il terzo motivo presenta un'autonoma ragione di inammissibilità, avendo
evitato parte ricorrente di riportare, con puntualità e negli esatti termini di
originaria deduzione, il motivo di appello che assume pretermesso dalla
C.T.R.. Tale insufficienza descrittiva contraddice il principio, cui questo
31
Collegio intende dare continuità, per cui "affinchè possa utilmente dedursi in
sede di legittimità un vizio di omessa pronuncia, è necessario, da un lato, che
al giudice di merito fossero state rivolte una domanda o un'eccezione
autonomamente apprezzabili e, dall'altro, che tali domande o eccezioni siano
state riportate puntualmente, nei loro esatti termini, nel ricorso per
cassazione, per il principio dell'autosufficienza, con l'indicazione specifica,
altresì, dell'atto difensivo o del verbale di udienza nei quali le une o le altre
erano state proposte, onde consentire al giudice di verificarne, in primo luogo,
la ritualità e la tempestività e, in secondo luogo, la decisività" (Cass.
5344/2013).
Il ricorso va dunque rigettato, ai sensi di cui in motivazione e con condanna
alle spese, che seguono il criterio della soccombenza e sono liquidate come da
dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di
legittimità, liquidate in Euro 1.500,00 oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 dicembre 2013.
Depositato in Cancelleria il 5 febbraio 2014
Cass. civ. Sez. V, Sent., 05-02-2014, n. 2578
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAPPABIANCA Aurelio - Presidente Dott. DI IASI Camilla - rel. Consigliere Dott. VIRGILIO Biagio - Consigliere 32
Dott. CIGNA Mario - Consigliere Dott. IOFRIDA Giulia - Consigliere ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 24007-2009 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende
ope legis;
- ricorrente contro
C.F.;
- intimato avverso la sentenza n. 59/2008 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di
PARMA, depositata il 12/09/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/11/2013 dal
Consigliere Dott. CAMILLA DI IASI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
GAMBARDELLA Vincenzo che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
L'Agenzia delle Entrate propone, nei confronti di C.F. (medico convenzionato,
che non ha resistito), ricorso per cassazione avverso la sentenza n. 59/22/08
con la quale, in controversia concernente impugnazione di diniego di
rimborso Irap per gli anni 1998/2001, la C.T.R. Emilia Romagna sez. n. 22
confermava la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso del
contribuente, rilevando che nella specie doveva ritenersi l'assenza di una
33
struttura organizzata per l'esiguità dei cespiti ammortizzabili, per la
mancanza dell'ausilio di personale dipendente e per l'utilizzo di beni
strumentali e capitali di modesto valore.
2. Con un unico motivo, deducendo vizio di motivazione, l'Agenzia ricorrente
si duole del fatto che i giudici di merito non abbiano, a suo parere,
considerato le specifiche deduzioni dell'amministrazione appellante,
omettendo ogni valutazione circa l'incidenza delle complessive voci di spesa
per beni strumentali e di uno studio (dotato dei requisiti di cui al D.P.R. n.
270 del 2000, art. 22 nel quale il dottor C. esercitava la professione medica)
sull'attività lavorativa del contribuente.
Il motivo è infondato.
In proposito, giova innanzitutto rilevare che, secondo la giurisprudenza di
questo giudice di legittimità, alla quale il collegio intende dare continuità in
assenza di valide ragioni per discostarsene, la disponibilità, da parte dei
medici di medicina generale convenzionati col Servizio sanitario
nazionale, di uno studio, avente le caratteristiche e dotato delle
attrezzature indicate nell'art. 22 dell'Accordo collettivo nazionale
per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale,
reso esecutivo con D.P.R. 28 luglio 2000, n. 270, rientrando
nell'ambito del "minimo indispensabile" per l'esercizio dell'attività
professionale, ed essendo obbligatoria ai fini dell'instaurazione e
del mantenimento del rapporto convenzionale, non integra, di per
sè, in assenza di personale dipendente, il requisito dell'autonoma
organizzazione ai fini del presupposto impositivo dell'Irap (cfr.
cass. n. 10240 del 2010 e successive conformi).
Per il resto, la censura risulta generica, in quanto la ricorrente si limita a
dolersi della mancata considerazione dell'incidenza sull'attività lavorativa del
contribuente delle complessive voci di spesa per beni strumentali, omettendo
ogni precisazione in proposito ed altresì omettendo di considerare quanto
sopra evidenziato, e cioè che nelle voci di spesa per beni strumentali
complessivamente considerate sono ricomprese quelle per uno studio avente
le caratteristiche e dotato delle attrezzature indicate nell'art. 22 dell'Accordo
collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina
generale, reso esecutivo con D.P.R. 28 luglio 2000, n. 270, che è obbligatorio
ai fini dell'instaurazione e del mantenimento del rapporto convenzionale e
deve pertanto ritenersi, secondo la citata giurisprudenza, rientrante
34
nell'ambito del "minimo indispensabile" per l'esercizio dell'attività
professionale.
Il ricorso deve essere pertanto rigettato. In assenza di attività difensiva
nessuna decisione va assunta in ordine alle spese del presente giudizio di
legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 13 novembre 2013.
Depositato in Cancelleria il 5 febbraio 2014
Cass. civ. Sez. V, Sent., 27-01-2014, n. 1574
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI IASI Camilla - Presidente Dott. VIRGILIO Biagio - Consigliere Dott. GRECO Antonio - Consigliere Dott. FERRO Massimo - rel. Consigliere Dott. IOFRIDA Giulia - Consigliere ha pronunciato la seguente:
sentenza
35
sul ricorso proposto da:
C.G., rappr. e dif. dall'avv. Russo Andrea, con elezione di domicilio presso il
relativo studio in Roma, viale Castro Pretorio, n.122, come da procura in calce
all'atto;
- ricorrente contro
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t. rappr. e dif.
dall'Avvocatura Generale dello Stato, elett. dom. nei relativi uffici, in Roma,
via dei Portoghesi n. 12;
- controricorrente per la cassazione della sentenza Comm. Tribut. Regionale di Roma 1.12.2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 6
dicembre 2013 dal Consigliere relatore dott. Massimo Ferro;
uditi gli avvocati Andrea Russo per il ricorrente e Gianna De Socio per
l'Avvocatura dello Stato;
udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale dott.
MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
C.G. impugna la sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Milano,
sez. dist. Brescia 1.12.2008, che, in riforma della sentenza C.T.P. di Brescia n.
58/06/2005, ebbe ad accogliere l'appello dell'Ufficio, così riconoscendo la
legittimità dell'atto di silenzio-rifiuto opposto dall'amministrazione al
contribuente che, per gli anni dal 1998 al 2002, aveva chiesto il rimborso
dell'IRAP, sul presupposto - già ed invece ritenuto dalla C.T.P. - del difetto dei
requisiti perchè l'attività professionale espletata (medico convenzionato
con il S.S.N.) fosse assoggettabile all'imposta. Si da atto che, nel ricorso, il
riepilogo del procedimento indica l'annualità IRAP del 1998 decisa
negativamente quanto a rimborso già dalla C.T.P., in ragione dell'avvenuta
36
prescrizione del termine per la relativa richiesta. La sentenza della C.T.R., a
propria volta, non fa menzione di un appello incidentale sul punto.
Ritenne in particolare la C.T.R. che la sentenza riformata aveva trascurato
che, non potendosi prescindere dai risultati della verifica in concreto da
condursi sull'attività del contribuente, pur tuttavia era onere di questi provare
lo svolgimento di un'attività senza un'organizzazione autonoma,
documentando la consistenza di fattori quali il valore dei beni strumentali, le
spese per immobili, gli ammortamenti, le spese di rappresentanza, i compensi
a terzi.
Il ricorso è affidato a due motivi, cui resiste con controricorso Agenzia delle
Entrate. Il ricorrente ha depositato memoria.
Motivi della decisione
Con il primo motivo, si deduce vizio di motivazione circa un fatto controverso
e decisivo per il giudizio, quale l'autonoma organizzazione dell'attività del
contribuente, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 5, essendosi erroneamente la
C.T.R. limitata ad una mera elencazione di fattori, non altrimenti precisati e
dettagliati, attinenti alla struttura dell'attività professionale del medico
ricorrente, senza però indicare ove vi fosse stato il riscontro di
quell'autonomia in misura rilevante.
Con il secondo motivo, si censura il vizio di violazione di legge ai sensi del
D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3 in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3, avendo la
sentenza affermato la riferibilità al contribuente di una attività sanitaria
continuativa in regime convenzionato e tuttavia trascurando che la modestia
dei mezzi impiegati avrebbe dovuto precludere la sussistenza dei presupposti
di organizzazione autonoma e rilevante ai fini IRAP. 1. I due motivi sono
accomunati dall'omessa considerazione puntuale della ratio decidendi della
pronuncia, incentrata, da un lato, sull'omesso assolvimento da parte del
contribuente dell'onere di provare i requisiti esonerativi invocati e, dall'altro,
su un coordinamento di rilevanza tra il requisito dell'autonoma
organizzazione e gli elementi elencati dalla C.T.R., sia pur per categorie.
Quanto al primo motivo, la sua inammissibilità consegue alla mancata
ottemperanza al principio, imposto dalla scelta del vizio di motivazione e che
va seguito, per cui la censura di cui all'art. 360 cod. proc. civ., n. 5, sotto un
primo aspetto "si correla al fatto sulla cui ricostruzione il vizio di motivazione
avrebbe inciso ed implica che il vizio deve avere inciso sulla ricostruzione di
37
un fatto che ha determinato il giudice all'individuazione della disciplina
giuridica applicabile alla fattispecie oggetto del giudico di merito e, quindi, di
un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo od estintivo del diritto. Sotto un
secondo aspetto, la nozione di decisività concerne non il fatto sulla cui
ricostruzione il vizio stesso ha inciso, bensì la stessa idoneità del vizio
denunciato, ove riconosciuto, a determinarne una diversa ricostruzione e,
dunque, asserisce al nesso di causalità fra il vizio della motivazione e la
decisione, essendo, peraltro, necessario che il vizio, una volta riconosciuto
esistente, sia tale che, se non fosse stato compiuto, si sarebbe avuta una
ricostruzione del fatto diversa da quella accolta dal giudice del merito e non
già la sola possibilità o probabilità di essa. Infatti, se il vizio di motivazione
per omessa considerazione di punto decisivo fosse configurabile sol per il
fatto che la circostanza di cui il giudice del merito ha omesso la
considerazione, ove esaminata, avrebbe reso soltanto possibile o probabile
una ricostruzione del fatto diversa da quella adottata dal giudice del merito,
oppure se il vizio di motivazione per insufficienza o contraddittorietà fosse
configurabile sol perche su uno specifico fatto appaia esistente una
motivazione logicamente insufficiente o contraddittoria, senza che rilevi se la
decisione possa reggersi, in base al suo residuo argomentare, il ricorso per
cassazione ai sensi dell'art. 360, n. 5 si risolverebbe nell'investire la Corte di
Cassazione del controllo sic et sempliciter dell'iter logico della motivazione,
del tutto svincolato dalla funzionalità rispetto ad un esito della ricostruzione
del fatto idoneo a dare luogo ad una soluzione della controversia diversa da
quella avutasi nella fase di merito" (Cass. 3668/2013). In realtà parte
ricorrente, pur criticando la genericità della motivazione della C.T.R., non ha
assolutamente indicato - e con la doverosa chiarezza, su cui v. Cass.
5858/2013 - quali circostanze dell'attività professionale ed in relazione a quali
mezzi istruttori, specie documentali, avrebbero permesso di integrare la prova
della non autonoma organizzazione (da sussumere nella fattispecie astratta di
cui al D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2), condizione decisiva per un diverso
apprezzamento eventualmente censurabile per difetto di razionale quadro
giustificativo.
2. Quanto al secondo motivo, il descritto fraintendimento della ratio
decidendi indicato in premessa già di per sè integra una ragione di
inammissibilità della censura. Non ignora peraltro il Collegio
l'indirizzo per cui "la disponibilità, da parte dei medici di medicina
generale convenzionati con il Servizio sanitario nazionale, di uno
studio, avente le caratteristiche e dotato delle attrezzature indicate
nell'art. 22 dell'Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei
38
rapporti con i medici di medicina generale, reso esecutivo con
D.P.R. 28 luglio 2000, n. 270, rientrando nell'ambito del "minimo
indispensabile" per l'esercito dell'attività professionale, ed
essendo obbligatoria ai fini dell'instaurazione e del mantenimento
del rapporto convenzionale, non integra, di per sè, in assenza di
personale dipendente, il requisito dell'autonoma organizzazione ai
fini del presupposto impositivo" (Cass. 10240/2010, 1158/2012). E
tuttavia, la sentenza impugnata ha, da un lato, fatto riferimento
esplicito al cd. orientamento intermedio, sortito all'esito della
pronuncia sulla costituzionalità della disciplina di cui Corte cost.
156/2001 e volto al riconoscimento caso per caso delle eventuali
circostanze esonerative, con prova a carico del contribuente e,
dall'altro, ha insistentemente dato conto, sia pur per categorie
descrittive, di un'attività sanitaria continuativa e con
organizzazione adeguata.
Il nucleo essenziale del principio di diritto applicato dal giudice di merito
consiste dunque nell'aver individuato, nel D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, una
fattispecie astratta per la quale la nozione tributaria di autonoma
organizzazione, riferibile all'esercente lavoro autonomo, integra il
presupposto impositivo dell'IRAP allorchè si declini mediante l'impiego di
risorse materiali e personali, la cui qualificazione siccome riferite ad attività
professionale protetta (pag. 6 sentenza) non esprime peraltro, va concluso, un
dato di contraddizione del quadro giustificativo generale, bensì la
differenziazione organizzativa dell'attività del medico-contribuente quale
assunta proprio attraverso quei mezzi, emersi dalle dichiarazioni dei redditi e
dai dati comunque acquisiti.
Il ricorso va dunque rigettato, ai sensi di cui in motivazione e con condanna
alle spese, che seguono il criterio della soccombenza e sono liquidate come da
dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di
legittimità, liquidate in Euro 1.300, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 6 dicembre 2013.
Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2014
39
Cass. civ. Sez. VI - 5, Ord., 17-01-2014, n. 958
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CICALA Mario - rel. Presidente Dott. IACOBELLIS Marcello - Consigliere Dott. DI BLASI Antonino - Consigliere Dott. CARACCIOLO Giuseppe - Consigliere Dott. COSENTINO Antonello - Consigliere ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 3431/2013 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende, ope legis;
- ricorrente contro
40
A.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONTE ACERO 2/A, presso lo
studio dell'avvocato BAZZANI Gino, che lo rappresenta e difende unitamente
all'avvocato PULIATTI ANTONIO, giusta procura in calce al controricorso;
- controricorrente avverso la sentenza n. 172/45/2012 della Commissione Tributaria Regionale
di NAPOLI del 26.1.2012, depositata il 21/06/2012;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 04/12/2013
dal Presidente Relatore Dott. MARIO CICALA.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. L'Agenzia delle Entrate ricorre per cassazione avverso la sentenza della
Commissione Tributaria Regionale della Campania 172/45/12 del 21 giugno
2012 che respingeva l'appello dell'ufficio affermando la spettanza al Dott. A.
del rimborso IRAP relativamente agli anni 2002-2007.
2. Il contribuente si è costituito in giudizio.
3. Il ricorso appare - secondo il relatore - infondato in quanto il giudice di
merito ha adeguatamente motivato in ordine alla non sussistenza di una
"stabile organizzazione" di supporto all'attività del contribuente.
In particolare la sussistenza di un dipendente part-time non costituisce
elemento che di per sè provi l'assunto della Agenzia, specie in relazione ad
un medico di base tenuto nell'interesse della sanità pubblica ad
un'efficienza e continuità di servizio.
Il Collegio ha condiviso la proposta del relatore.
Stante il non univoco indirizzo giurisprudenziale in materia, appare
opportuno compensare le spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, compensa fra le parti le spese del presente grado.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 4
dicembre 2013.
41
Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2014
Cass. civ. Sez. VI - 5, Ord., 17-01-2014, n. 953
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CICALA Mario - rel. Presidente Dott. IACOBELLIS Marcello - Consigliere Dott. DI BLASI Antonino - Consigliere Dott. CARACCIOLO Giuseppe - Consigliere Dott. COSENTINO Antonello - Consigliere ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 10522/2011 proposto da:
N.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DELLA
LIBERTA' 20, presso lo studio dell'avvocato CAROLEO Francesco, che lo
rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrente contro
42
AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende ope legis;
- controricorrente avverso la sentenza n. 98/18/2010 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE di FIRENZE del 19/10/2009, depositata il 25/10/2010;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 04/12/2013
dal Presidente Relatore Dott. MARIO CICALA.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. Il Dott. N.A. ricorre per cassazione avverso la sentenza della Commissione
Tributaria Regionale della Toscana 98/18/10 del 25 ottobre 2010 che in
parziale accoglimento dell'appello dell'ufficio stabiliva la non spettanza del
rimborso IRAP relativamente agli anni 1998-2003.
2. L'Amministrazione si è costituita in giudizio con controricorso.
3. Il ricorso appare, secondo il relatore, meritevole di accoglimento.
Invero il giudice di merito ha ritenuto la sottoposizione ad imposta sulla
scorta della mera sussistenza di "spese per prestazioni di collaboratori"; senza
valutare se tali collaboratori fossero i sostituti per i periodi feriali, o fossero
dipendenti ed ove fossero dipendenti se arrecassero un significativo
potenziamento della attività del professionista. Nè è stato tenuto
conto del principio secondo cui, per quanto attiene all'attività medica:
"la disponibilità, da parte dei medici di medicina generale
convenzionati con il SSN, di uno studio dotato delle attrezzature
indicate nell'art. 22 dell'Accordo collettivo nazionale per la
disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale, reso
esecutivo con D.P.R. 28 luglio 2000, n. 270, essendo obbligatoria
ai fini dell'instaurazione e del mantenimento del rapporto
convenzionale, non integra, di per sè il requisito dell'autonoma
organizzazione ai fini del presupposto impositivo dell'IRAP" (cfr.
da ultimo l'ordinanza n. 4934 del 27 marzo 2012).
Il Collegio ha condiviso la proposta del relatore.
43
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia la
controversia ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della
Toscana che deciderà anche sulle spese del presente grado.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 4
dicembre 2013.
Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2014
Cass. civ. Sez. V, 09-01-2014, n. 246
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAPPABIANCA Aurelio - Presidente Dott. DI IASI Camilla - Consigliere Dott. GRECO Antonio - Consigliere Dott. CIGNA Mario - Consigliere Dott. IOFRIDA Giulia - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
44
M.L., elettivamente domiciliato in Roma Via Anapo 20, presso lo studio
dell'Avv.to RIZZO CARLA, che lo rappresenta e difende, unitamente all'Avv.to
Fabrizio D.Mastrangeli, in foza di procura speciale in calce al ricorso;
- ricorrente contro
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore P.t.;
- resistente e Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro p.t.;
- intimato avverso la sentenza n. 5/01/2009 della Commissione Tributaria regionale
dell'Umbria, depositata il 20/03/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/11/2013 dal
Consigliere Dott. Giulia Iofrida;
udito l'Avv.to Pietropaolo Cecchetti, per parte ricorrente;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
SORRENTINO Federico, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
M.L. propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti del
Ministero dell'Economia e delle Finanze e dell'Agenzia delle Entrate (la quale
si è costituita ai soli fini della partecipazione all'udienza pubblica di
discussione), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale
dell'Umbria n. 5/01/2009, depositata in data 20/03/2009, con la quale - in
una controversia concernente l'impugnazione del silenzio-rifiuto opposto
dall'Ufficio sull'istanza di rimborso dell'IRAP versata dal contribuente,
esercente l'attività professionale di dottore commercialista, negli anni
d'imposta 2003 2004 - è stata riformata la decisione n. 116/05/2006 della
Commissione Tributaria Provinciale di Perugia, che aveva accolto il ricorso
del contribuente. In particolare, i giudici d'appello, dopo avere ribadito, alla
luce della sentenza della Consulta n. 156 del 2001, la necessità, per i
45
professionisti persone fisiche, ai fini del loro assoggettamento o meno
all'IRAP, di verificare "se l'attività autonomamente organizzata ... crei quel
valore aggiunto, costituente l'essenza della "realità", indicata dalla Corte
Costituzionale,destinato a remunerare 1'organizzatore ed i vari fattori della
produzione", hanno sostenuto che, nel caso concreto, dall'esame "dei conti
economici prodotti dallo stesso M.", emergevano, per gli anni 2003 e 2004, la
corresponsione di "stipendi per personale dipendente (nell'accezione più
ampia prima delineata)", nonchè l'utilizzo di beni strumentali di entità di
rilievo ai fini IRAP, concludendo per la sussistenza di un'organizzazione
autonoma suscettibile di essere sottoposta ad IRAP. Il ricorrente ha
depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione
Il ricorrente lamenta, con il primo motivo, la violazione e/o falsa applicazione
di norme di diritto, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, in relazione all'art.
111 Cost., art. 2909 c.c., art. 324 c.p.c., e art. 112 c.p.c., nonchè un vizio di
omessa ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo, ai
sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5, non essendosi i giudici tributari pronunciati
sulla eccezione, sollevata dal M. sin dal primo grado, di efficacia esterna del
giudicato, intervenuto con la sentenza n. 15/5/2006 della Commissione
Tributaria Regionale dell'Umbria, tra le stesse parti, con la quale era stato
affermato il diritto del contribuente al rimborso dell'IRAP in ordine all'istanza
del medesimo relativa ai periodi d'imposta, pregressi, 1998-2001, stante
l'insussistenza del presupposto dell'autonoma organizzazione nell'attività
espletata dal professionista, con modalità del tutto analoghe ed in presenza di
analoghi presupposti fattuali rispetto agli anni 2003 e 2004.
Nella memoria depositata ai sensi dell'art. 378 c.p.c., il M. ha invocato il
giudicato esterno anche in relazione ad altra sentenza (prodotta in giudizio
unitamente all'attestazione del passaggio in giudicato) della C.T.R.
dell'Umbria, depositata il 12/03/2012 (nel corso del presente giudizio di
legittimità), con la quale è stato accertato il diritto del contribuente al
rimborso dell'IRAP per il periodo 2004 (in parte), 2005 e 2006, in difetto
dell'elemento dell'autonoma organizzazione. Preliminarmente, si pone la
questione se questa Corte sia tenuta a cassare con rinvio la sentenza
impugnata, per omessa pronuncia, affinchè il giudice di merito si pronunci
sulla eccezione non esaminata, oppure se, nel presupposto del difetto della
necessità di ulteriori accertamenti di fatto, possa, trattandosi di questione di
puro diritto, statuire sulla medesima, ai sensi dell'art. 384 c.p.c., comma 2.
46
Il Collegio ritiene di dare risposta favorevole alla seconda alternativa.
Ciò posto, il riconoscimento della capacità espansiva del giudicato tributario
può operare solo rispetto a quegli elementi costitutivi della fattispecie che,
estendendosi a una pluralità di periodi d'imposta (es. le qualificazioni
giuridiche preliminari all'applicazione di una specifica disciplina tributaria),
assumono carattere tendenzialmente permanente (in riferimento a tali
elementi, cfr. Sez. U, Sentenza n.13916 del 16/06/2006).
Orbene, il primo giudicato invocato dal ricorrente (portato dalla sentenza n.
15/05/2006 della C.T.R. Umbria del 21/06/2006), avente per oggetto il
riconoscimento del diritto al rimborso dell'IRAP versata dal professionista
negli anni d'imposta 1998/2001, non può comportare la sua automatica
estensione alle annualità 2003 e 2004, in quanto il rapporto tributario
postula l'accertamento di presupposti di fatto potenzialmente mutevoli
(Cass.20029/2011). Nella specie, è lo stesso contribuente ad evidenziare, ad
es., di non essersi avvalso del lavoro altrui, peraltro meramente occasionale,
negli esercizi precedenti al 2004, e lo stesso valore dei beni strumentali può
mutare nel corso degli anni. Dunque, per quanto riguarda l'istanza di
rimborso relativa all'anno d'imposta 2003, il motivo è infondato.
Il motivo è invece fondato per quanto concerne l'anno 2004 ed il secondo
giudicato esterno invocato dal ricorrente (quello formatosi con la sentenza n.
35/04/2012, pronunciata dalla C.T.R. dell'Umbria in data 12/03/2012),
essendovi coincidenza dei presupposti fattuali, in quanto il diritto al rimborso
dell'IRAP versata (in acconto ed a saldo) nell'anno 2004 dal M. ha riguardato
sia il presente giudizio che quello definito con sentenza di merito, passata in
giudicato, del 12/03/2012.
Stante la coincidenza dei presupposti fattuali (tipologia ed anno d'imposta),
l'accertamento definitivo operato per quell'anno - 2004 - in ordine
all'insussistenza dell'elemento dell'autonoma organizzazione (per difetto
dell'ausilio di lavoratori - dipendenti, per modestia di beni strumentali, etc.),
requisito indispensabile ai fini dell'assoggettamento dell'attività professionale
ad IRAP, non può che spiegare effetti, per l'anno 2004, anche nel presente
giudizio, con conseguente declaratoria di inammissibilità del ricorso per
sopravvenuta carenza di interesse, determinata dall'intervenuta formazione di
giudicato esterno (cfr. Cass. 9743/08, 1829/07, 3802/2013).
47
Il vizio di omessa motivazione (sempre in ordine alla questione del giudicato
esterno) è assorbito. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta poi la
violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3, art.
2697 c.c., e art. 53 Cost., ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè l'omessa,
contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo, ai sensi
dell'art. 360 c.p.c., n. 5, avendo i giudici tributari trascurato di valutare se, nel
caso concreto, il M. si fosse o meno avvalso del lavoro altrui in forma non
occasionale, essendosi invece limitati a constatare, "travisando
completamente la documentazione in atti", che il contribuente aveva
"corrisposto stipendi per personale dipendente", laddove, solo per l'anno
2004, erano stati indicati nel quadro RE solo "compensi corrisposti a terzi per
prestazioni direttamente afferenti l'attività professionale...di Euro
14.328,000".
La censura - sotto il residuo profilo concernente il diritto al rimborso
dell'IRAP versata nel 2003 - è fondata.
Invero, deve qui ribadirsi che, a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15
dicembre 1997, n. 446, art. 2, comma 1, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett.
c), l'esercizio delle attività di lavoro autonomo di cui al D.P.R. n. 917 del 1986,
art. 49, comma 1, è escluso dall'applicazione dell' IRAP solo qualora si tratti
di attività non autonomamente organizzata ed il requisito della autonoma
organizzazione - il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è
insindacabile in sede di legittimità solo se congruamente motivato - ricorre
quando il contribuente, per quanto qui interessa, impieghi beni
strumentali eccedenti, secondo l'id quod plerumque accidit, il
minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di
organizzazione oppure si avvalga in modo non occasionale di
lavoro altrui (cfr., sull'ausilio di una segretaria a part-time, Cass. n. 8265
del 2009; S. U. n. 12109 del 2009, in generale, e Cass. n. 14693 del
2009, sull'ausilio di un dipendente part-time all'attività
d'avvocato; sul rilievo dei rapporti di collaborazione coordinata e
continuativa, v. Cass. n. 3677 del 2007; cfr., da ultimo, Cass. nn.
23370 del 2010 e 16628 del 2011).
Ora, i giudici d'appello, relativamente all'istanza del contribuente di rimborso
dell'IRAP dovuta per l'anno 2003, laddove hanno dato rilievo alla
corresponsione di "stipendi per personale dipendente (nell’accezione più
ampia prima delineata)", nonchè all'utilizzo di beni strumentali di entità,
senza ulteriori specificazioni, non hanno fatto corretta applicazione di detti
48
principi, non avendo tenuto presente la necessaria distinzione tra
compensi a dipendenti e compensi erogati a terzi collaboratori
occasionali ed occorrendo sempre rapportare il valore dei beni
strumentali impiegati agli strumenti minimi necessari per
l'esercizio dell'attività personale professionale.
Il terzo motivo, con il quale si censura la violazione dell'art. 111 Cost., comma
2, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3, è inammissibile per genericità ed
astrattezza del quesito di diritto (così formulato: "Dica Codesta Corte se, ai
fini dell'art. 111 Cost., comma 2, nella parte in cui sancisce a garanzia del
giusto processo il principio del contraddittorio, la motivazione della sentenza
possa limitarsi alìaccoglimento della tesi di una parte, senza dare conto delle
ragioni logiche e giuridiche che sorreggono il rigetto di tutte o di alcune delle
tesi prospettate dalle altre parti"), richiesto dall'art. 366 bis c.p.c. (sentenza
impugnata è del marzo 2009).
Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere accolto, quanto al
secondo motivo, e la sentenza impugnata deve essere cassata e, decidendo nel
merito, non essendovi necessità di ulteriori accertamenti in fatto, va accolto il
ricorso introduttivo del contribuente, con riguardo al diritto dello stesso al
rimborso dell'IRAP versata nell'anno 2003, stante il difetto
dell'indispensabile requisito dell'autonoma organizzazione, in
considerazione soprattutto dell'assenza di apporto all'attività del
professionista da parte di lavoratori-dipendenti (essendo stati
erogati solo compensi a terzi, conseguenti all'esercizio dell'attività
in una struttura polifunzionale), ed essendo il valore dei beni
strumentali impiegati, di per sè, non decisivo.
Le spese processuali del giudizio di merito vanno integralmente compensate
tra le parti, attese tutte le peculiarità della vicenda processuale (definizione, in
parte, per effetto di un sopravvenuto giudicato esterno).
Nulla sulle spese del presente giudizio di legittimità, in difetto di costituzione
a mezzo di controricorso dell'Agenzia delle Entrate, neppure comparsa
all'udienza pubblica di discussione.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso, per sopravvenuta carenza
d'interesse determinata dall'intervenuta formazione di giudicato esterno,
quanto al diritto del contribuente al rimborso dell'IRAP versata nell'anno
2004;
49
accoglie, in relazione al diritto al rimborso dell'IRAP versata nell'anno 2003,
il ricorso, limitatamente al secondo motivo, cassa la sentenza impugnata e,
decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo del contribuente;
dichiara interamente compensate tra le parti le spese del giudizio di merito.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Quinta Civile, il
27 novembre 2013.
Depositato in Cancelleria il 9 gennaio 2014
Cass. civ. Sez. VI - 5, Ord., 07-01-2014, n. 106
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CICALA Mario - rel. Presidente Dott. BOGNANNI Salvatore - Consigliere Dott. IACOBELLIS Marcello - Consigliere Dott. DI BLASI Antonino - Consigliere Dott. CARACCIOLO Giuseppe - Consigliere ha pronunciato la seguente:
ordinanza
50
sul ricorso 14142-2011 proposto da:
I.C. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VALADIER 43,
presso lo studio dell'avvocato ROMANO GIOVANNI, che lo rappresenta e
difende giusta procura speciale a margine del ricorso;
- ricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE - DIREZIONE PROVINCIAE DI BENEVENTO
(OMISSIS), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE
DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
- controricorrente avverso la sentenza n. 55/33/2010 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE di NAPOLI del 23/03/2010, depositata il 21/04/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/11/2013
dal Presidente Relatore Dott. MARIO CICALA.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. Il dott. I.C. ricorre per cassazione avverso la sentenza della Commissione
Tributaria Regionale della Campania 55/33/10 del 21 aprile 2011 che
accoglieva l'appello della Agenzia affermando la non spettanza del rimborso
IRAP relativamente agli anni 1998-2003.
2. L'Amministrazione si è costituita in giudizio con controricorso.
3. Il ricorso appare meritevole di accoglimento.
Invero il giudice di merito ha ritenuto la sottoposizione ad imposta senza
procedere ad una concreta adeguata valutazione degli elementi di fatto, tanto
più necessaria posto che nella parte espositiva si evidenziano oneri assai
modesti per spese strumentali e compensi a terzi, presumibilmente il
sostituto; del resto, è pacifico che un organizzazione "minima" non determina
la applicabilità dell'imposta.
51
Tanto che per quanto attiene all'attività medica è oramai jus
receptum che "la disponibilità, da parte dei medici di medicina
generale convenzionati con il SSN, di uno studio dotato delle
attrezzature indicate nell'art. 22 dell'Accordo collettivo nazionale
per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale,
reso esecutivo con D.P.R. 28 luglio 2000, n. 270, essendo
obbligatoria ai fini dell'instaurazione e del mantenimento del
rapporto convenzionale, non integra, di per sè, il requisito
dell'autonoma organizzazione ai fini del presupposto impositivo
dell'IRAP" (cfr. da ultimo l'ordinanza n. 4934 del 27 marzo 2012).
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la
controversia ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della
Campania.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile, il 28
novembre 2013.
Depositato in Cancelleria il 7 gennaio 2014
Cass. civ. Sez. VI - 5, Ord., 02-12-2013, n. 27032
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CICALA Mario - rel. Presidente Dott. BOGNANNI Salvatore - Consigliere Dott. IACOBELLIS Marcello - Consigliere 52
Dott. DI BLASI Antonino - Consigliere Dott. CARACCIOLO Giuseppe - Consigliere ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 24579-2011 proposto da:
M.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CRESCENZIO 91,
presso lo studio dell'avvocato LUCISANO CLAUDIO, che lo rappresenta e
difende, giusta delega a margine del ricorso;
- ricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende, ope legis;
- controricorrente avverso la sentenza n. 128/49/2010 della Commissione Tributaria Regionale
di MILANO del 10.6.2010, depositata il 04/10/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/11/2013
dal Presidente Relatore Dott. MARIO CICALA;
udito per il ricorrente l'Avvocato Claudio Lucisano che ha chiesto
l'accoglimento del ricorso;
E' presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RAFFAELE
CENICCOLA che si riporta alla relazione scritta.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
E' stata depositata la seguente relazione:
53
1. Il dott. M.A. ricorre per cassazione avverso la sentenza della Commissione
Tributaria Regionale della Lombardia 128/49/10 del 4 ottobre 2010 che
accoglieva l'appello dell'ufficio ribadendo la non spettanza del rimborso IRAP
relativamente all'anno 2004.
2. L'Amministrazione si è costituito in giudizio con controricorso.
3. Il ricorso appare meritevole di accoglimento.
Invero il giudice di merito ha ritenuto la sottoposizione ad imposta senza
procedere ad una concreta adeguata valutazione degli elementi di fatto.
Il dott. M. primario di cardiologia denuncia redditi professionali
assai elevati, tali redditi non costituiscono però di per sè sintomo
sufficiente della esistenza di una "autonoma organizzazione" (si
vedano le ordinanze di questa Corte n. 9276 del 7 giugno 2012 e n.
9693 del 13 giugno 2012 relative ad esercenti la professione
medica); in quanto ben può accadere che professionisti di chiara
fama svolgano la loro attività utilizzando strutture da altri
predisposte (ad esempio in cliniche private o con il regime
dell'intra moenia) così come sostenuto dal contribuente. La tesi del
contribuente è poi resa credibile dal quadro delle spese da lui affrontate ove
non figurano oneri per dipendenti e per immobili, ma solo oneri
per compensi a terzi non dipendenti (attribuite al commercialista) ed
altri oneri non meglio precisati e non specificamente valutati dal giudice di
merito.
Il Collegio ha condiviso la relazione.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la controversia ad
altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, che
deciderà anche per le spese del presente grado di giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sesta sezione civile, il 14
novembre 2013.
Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2013
54
Cass. civ. Sez. V, Sent., 09-10-2013, n. 22941
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MERONE Antonio - Presidente Dott. CHINDEMI Domenico - rel. Consigliere Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta - Consigliere Dott. BOTTA Raffaele - Consigliere Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi - Consigliere ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 2151-2011 proposto da:
G.Z.A., elettivamente domiciliato in ROMA VIA N. COLAJANNI 3, presso lo
studio dell'avvocato GIUGNI OTTORINO, che lo rappresenta e difende
unitamente all'avvocato PAGLIANI GIORGIO giusta delega in calce;
- ricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI MODENA, AGENZIA DELLE
ENTRATE DIREZIONE GENERALE;
- intimati avverso la sentenza n. 62/2010 della COMM.TRIB.REG. di BOLOGNA,
depositata il 05/07/2010;
55
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/09/2013 dal
Consigliere Dott. DOMENICO CHINDEMI;
udito per il ricorrente l'Avvocato PAGLIANI che ha chiesto l'accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL CORE
Sergio che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo
La Commissione tributaria regionale dell'Emilia, con sentenza n. 62/08/10,
depositata il 5.7.2010 confermava la sentenza della Commissione tributaria
provinciale di Modena che aveva ritenuto al legittimità della cartella di
pagamento relativa all'Irap per l'anno 2002, nei confronti di G.Z.A. esercente
al professione di avvocato.
La Ctr riteneva che il contribuente "in grado di svolgere da solo la sua attività
è necessariamente dotato di autonoma organizzazione".
Proponeva ricorso per cassazione il contribuente deducendo i seguenti motivi:
a)violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2 in relazione
all'art. 360 c.p.c., n. 5 avendo errato la CTr nel ritenere il ricorrente soggetto
passivo dell'imposta Irap non disponendo di autonoma organizzazione;
b) difetto di motivazione della sentenza impugnata, ai sensi dell'art. 360
c.p.c., n. 5 avendo omesso i giudici di appello ogni motivazione in ordine alla
"organizzazione del ricorrente";
c) formazione di giudicato esterno, successivo alla sentenza di appello,
essendo stata accertata dalla CTR di Bologna, con sentenza n. 50/15/2009,
divenuta definiva,con la quale è stata accertata l'inesistenza in capo al
medesimo ricorrente di autonoma organizzazione con conseguente non
assoggettabilità del medesimo all'Irap in ordine all'anno di imposta 2003. L'
Agenzia delle Entrate non ha svolto attività difensiva.
Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 19.9.2013, in cui il PG ha
concluso come in epigrafe.
Motivi della decisione
56
1. In ordine logico va preliminarmente esaminato l'ultimo motivo relativo alla
formazione del giudicato esterno che pone la tematica del rapporto fra due
procedimenti, diretto a stabilire se, ed entro quali limiti, la decisione emessa
nel primo precluda nel secondo la facoltà della parte di dedurre determinate
questioni e correlativamente (a seguito di opportuna eccezione, ove si tratti di
giudicato esterno) l'esercizio del potere cognitivo del giudice.
Il giudicato relativo ad un singolo periodo di imposta non è idoneo a far stato
per i successivi o i precedenti in via generalizzata ed aspecifica.
Simile efficacia va infatti riconosciuta solo a quelle situazioni relative a
"qualificazioni giuridiche"o ad altri eventuali "elementi preliminari" rispetto
ai quali possa dirsi sussistente un interesse protetto avente carattere di
durevolezza nel tempo, non estendendosi a tutti i punti che costituiscono
antecedente logico della decisione ed in particolare alla valutazione delle
prove ed alla ricostruzione dei fatti.
E questo perchè il giudicato incentra la sua potenziale capacità espansiva in
funzione regolamentare solo su quegli elementi che abbiano un valore
"condizionante" inderogabile sulla disciplina degli altri elementi della
fattispecie esaminata, con la conseguenza che la sentenza che risolva una
situazione fattuale in uno specifico periodo di imposta non può estendere i
suoi effetti automaticamente ad altro ancorchè siano coinvolti tratti storici
comuni.(cfr Cass. Sez. 5, Sentenza n. 18907 del 16/09/2011; Cass. Sez. 5,
Sentenza n. 20029 del 30/09/2011) Va, quindi, esclusa l'efficacia esterna di
un giudicato relativo ad un periodo di imposta Irap in una controversia
riguardante una diversa annualità, sul presupposto che l'accertamento erano
fondati su fatti non necessariamente comuni.
2. Gli ulteriori motivi di ricorso, esaminati congiuntamente, sono fondati.
In forza del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2,
comma 1, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c), l'esercizio delle attività di
lavoro autonomo, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1,
è escluso dall'applicazione dell'imposta soltanto qualora si tratti di attività
non autonomamente organizzata, secondo l'accertamento riservato al giudice
di merito ed insindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato in
ordine all'impiego di beni strumentali eccedenti, secondo l'id quod plerumque
accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di
organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui,
57
costituendo onere del contribuente che richieda il rimborso fornire la prova
dell'assenza delle condizioni anzidette (ex plurimis, Cass. n. 3676, n. 3673, n.
3678, n. 3680 del 2007).
La motivazione della sentenza impugnata - secondo cui l'attività
del contribuente "è anche autonomamente organizzata perchè,
quella piccola organizzazione che dichiara d'avere è adeguata
all'attività che svolge ed è autonoma perchè non dipende dal
committente" non consente di individuare i fatti ritenuti
giuridicamente rilevanti in ordine alla affermata imposizione Irap
non evidenziando gli elementi considerati o i presupposti della
decisione ed impedendo ogni controllo sul percorso logicoargomentativo seguito per la formazione del convincimento del
Giudice, (cfr Cass. 5, sez. 10.11.2010 n. 2845).
Inoltre, a fronte delle puntuali censure formulate dal ricorrente, con riguardo
alla mancanza di una propria struttura organizzativa, della
mancanza di dipendenti, della utilizzazione di modesti beni
strumentali, nonchè della affermazione di avere usufruito della
struttura organizzativa della Cremonini s.p.a. e dell'ospitalità dello
studio Maniscalco e Associati in Modena la motivazione si
appalesa insufficientemente e non congruamente motivata avendo
anche apoditticamente affermato che "Il contribuente che è in
grado di svolgere da solo la sua attività è necessariamente dotato
di autonoma organizzazione".
In conclusione, si ritiene che debba essere rigettato il terzo motivo di ricorso,
accolti i primi due, cassata l'impugnata sentenza con rinvio ad altra sezione
della CTR dell'Emilia che si pronuncerà anche in ordine alle spese del giudizio
di legittimità.
P.Q.M.
Rigetta il terzo motivo di ricorso, accoglie i primi due, cassa l'impugnata
sentenza con rinvio ad altra sezione della Commissione tributaria regionale
dell'Emilia che si pronuncerà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 19 settembre 2013.
Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2013
58
Cass. civ. Sez. V, Sent., 18-09-2013, n. 21326
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IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAPPABIANCA Aurelio - Presidente Dott. GRECO Antonio - Consigliere Dott. CIGNA Mario - Consigliere Dott. FERRO Massimo - rel. Consigliere Dott. IOFRIDA Giulia - Consigliere ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto dai seguenti ricorrenti:
tutti difesi dall'avvocato Cordeiro Guerra Roberto ed elettivamente domiciliati
alla via San Basilio n.72, in Roma, presso lo studio dell'avv. Filippo Pingue,
come da procura in calce all'atto i Sigg.ri M.A., + ALTRI OMESSI ;
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., rappr. e dif.
dall'Avvocatura Generale dello Stato, elett. dom. nei relativi uffici, in Roma,
via dei Portoghesi n.12;
- controricorrente 59
per la cassazione della sentenza Comm. Tribut. Regionale di Firenze
27.6.2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 26
giugno 2013 dal Consigliere relatore Dott. FERRO Massimo;
udito l'avvocato Roberto Cordeiro Guerra per i ricorrenti e Garofoli Pietro per
l'Avvocatura Generale dello Stato;
udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale Dott. DEL CORE
Sergio, che ha concluso per il rigetto del ricorso e l'inammissibilità quanto a
quello di C.L..
Svolgimento del processo
I ricorrenti di cui in epigrafe (e comunque di cui a pagine da 1 a 13 del ricorso
dell'avvocato Roberto Cordeiro Guerra n. 23247/2008) impugnano la
sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Firenze 27.6.2007, che,
in conferma della sentenza C.T.P. di Firenze n. 78/01/2005, ebbe a rigettare il
rispettivo appello, così ribadendo la legittimità del silenzio rifiuto opposto
dall'Amministrazione finanziaria avverso l'istanza di rimborso dell'IRAP per
gli anni dal 1999 al 2002, sul presupposto - già ritenuto dalla C.T.P. - per cui
non difettava in capo agli stessi, esercenti l'attività di tassisti, il requisito di
un'organizzazione di beni e di persone generativa di un valore aggiunto
indipendente dall'apporto meramente personale, tenuto conto dei servizi dai
medesimi fruiti e facenti capo alla cooperativa di cui erano soci (SO.CO.TA.
s.r.l.).
Ritenne in particolare la C.T.R. che l'appello non poteva essere accolto, pur
ammesso l'esercizio in forma cumulativa dei ricorsi al giudice tributario (per
identità di interesse), in quanto: per due ricorrenti non valeva l'invocato
giudicato esterno (essendo diverse le parti di quei giudizi); tutti i tassisti
figuravano nei periodi d'imposta iscritti alla CCIAA e tenuti alla compilazione
del modello G del quadro dichiarativo fiscale, operanti com'erano in
contabilità semplificata e comunque imprenditori commerciali; per alcuni di
essi, infine, non era nemmeno ammissibile l'istanza di rimborso, avendo
aderito al condono L. n. 289 del 2002, ex artt. 7 e 9.
Il ricorso è affidato a tre motivi e resistito con controricorso dall'Agenzia delle
Entrate. I ricorrenti hanno depositato memoria.
60
Motivi della decisione
Con il primo motivo, si deduce il vizio di violazione di legge, con riguardo al
D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2 e art. 51 (oggi 55) TUIR, con l'art. 2195 c.c. e
l'art. 53, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3, avendo erroneamente la C.T.R.
incluso nel presupposto impositivo IRAP qualsiasi attività d'impresa,
ancorchè svolta dall'imprenditore persona fisica senza effettiva
organizzazione.
Con il secondo motivo, si avanza vizio di violazione di legge, ai sensi del
D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3, per avere la
sentenza qualificato come autonoma organizzazione rilevante ai fini IRAP
quella di un terzo soggetto passivo d'imposta.
Con il terzo motivo si deduce vizio di violazione di legge concernente la L. n.
289 del 2002, artt. 7 e 9, con riguardo agli artt. 23 e 53 Cost., in relazione
all'art. 360 c.p.c., n. 3, essendo errata la cristallizzazione del rapporto
tributario in capo ai soggetti fruitori del condono, con rinuncia implicita per
gli stessi ad azionare il diritto al rimborso.
1. Il ricorso proposto da C.L. è inammissibile, per pacifica omissione del
conferimento della procura al difensore.
2. Il terzo motivo, da trattare prioritariamente e sia pur con riguardo ai
ricorrenti che hanno aderito al condono (menzionati dalle pagine 26 a 28 del
controricorso), è infondato e tale da determinare, per essi, l'assorbimento dei
primi due motivi di ricorso. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa
Corte (Cass. 5037/2010, 17142/2008 e, specificamente per l'IRAP,
3682/2007 e 1967/2012, 3841/2012), il condono tributario attribuisce al
contribuente un diritto potestativo di scelta tra il procedimento
amministrativo di accertamento ordinario, con conseguente pretesa
all'eventuale rimborso del tributo indebitamente pagato ed il procedimento
amministrativo di accertamento straordinario di condono, con la conseguenza
che l'opzione del contribuente per il condono, come accaduto nella specie,
preclude ad entrambi i soggetti del rapporto il ricorso al procedimento di
accertamento ordinario e, quindi, anche ogni pretesa al rimborso da parte del
contribuente. Ne deriva che l'esercizio della facoltà di ottenere la definizione
dei redditi d'impresa, pagando una data somma correlata all'imposta e
determinata ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 7, comma 14, produce un
effetto estintivo del giudizio a questa relativo, che opera anche in relazione
61
alle domande giudiziali riguardanti le richieste di rimborso d'imposta (nella
specie, l'IRAP): con la conseguenza che l'intervenuta proposizione della
relativa istanza, palesandosi come questione officiosa, connessa ai riflessi di
ordine pubblico nascenti dall'elisione della pretesa impositiva realizzata in
virtù dell'adesione al condono, andrebbe comunque rilevata d'ufficio anche
dal giudice, senza che occorra una specifica eccezione - peraltro sollevata
dall'Agenzia delle Entrate - ad opera della parte interessata a farla valere (ex
art. 9 L. cit. così nello specifico Cass. 3841/2012).
3. I primi due motivi vanno trattati unitariamente, e con la precisazione della
sopravvivenza delle ragioni di doglianza con essi introdotte circoscritta ai soli
contribuenti non presentatori di condono. Essi sono peraltro in parie
inammissibili ed in parte infondati. Osserva invero il Collegio che la ratio
decidendi su cui è imperniata la decisione oggetto di censura giustappone la
appartenenza dei tassisti ad uno statuto fiscale di evidente riferimento ad
un'attività d'impresa commerciale e lo svolgimento di un'attività, permessa e
valorizzata, mediante l'essenziale ricorso ai servizi forniti, a ciascuno di essi,
dalla società cooperativa in cui sono organizzati come soci. Tale doppia
prospettazione argomentativa non trova un adeguato contrasto ove i
ricorrenti, pur dandone conto ed inammissibilmente chiedendo un diverso e
nuovo accertamento di merito, non s'avvedono che proprio con la menzione
delle descritte circostanze la C.T.R. ha ricostruito profili di attività
autonomamente organizzata, ai sensi della D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2 e
dunque con riscontro in concreto di una situazione riferita ai contribuenti
stessi. Tale rilievo impone la strutturazione della ragione critica in sede di
legittimità mediante la doverosa introduzione anche di un vizio di
motivazione, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e non, come avvenuto,
ex n. 3 soltanto. Può invero richiamarsi l'indirizzo per cui già "è inammissibile
il ricorso per cassazione nel quale la parte abbia erroneamente inquadrato, tra
quelli previsti dall'art. 360 c.p.c., il vizio che ha inteso denunciare, esigendo la
tassatività e la specificità del motivo di censura una precisa formulazione, di
modo che detto vizio rientri nelle ipotesi tassative enucleate dal codice di
rito". (Cass. 8585/2012; 18202/2008).
4. In ogni caso per gli stessi due motivi va dichiarata l'infondatezza. In tema,
anche alla stregua dell'interpretazione costituzionalmente orientata fornita da
Corte cost. n. 156/2001, l'assoggettamento ad IRAP dell'attività del lavoratore
autonomo, del professionista e dell'imprenditore postula una valutazione
complessiva di essa, da effettuarsi sulla scorta di tutti gli elementi fattuali che
connotano la fattispecie concreta. Ha chiarito il Giudice delle leggi che
62
l'imposizione ha riguardo al valore aggiunto prodotto, cioè la
nuova ricchezza creata dalla singola unità produttiva, che viene,
mediante l'IRAP, assoggettata ad imposizione ancor prima che sia
distribuita al fine di remunerare i diversi fattori della produzione,
trasformandosi in reddito per l'organizzatore dell'attività, i suoi
finanziatori, i suoi dipendenti e collaboratori. L'imposta colpisce
perciò, con carattere di realità, un fatto economico, diverso dal
reddito, comunque espressivo di capacità di contribuzione in capo
a chi, in quanto organizzatore dell'attività, è autore delle scelte
dalle quali deriva la ripartizione della ricchezza prodotta tra i
diversi soggetti che, in varia misura, concorrono alla sua
creazione. Nel caso, poi, di una attività professionale o autonoma o di
piccola impresa che sia svolta in assenza di elementi di organizzazione
- il cui accertamento, in mancanza di specifiche disposizioni normative,
costituisce questione di mero fatto - risulterà dunque mancante - per gli
stessi giudici costituzionali - il presupposto stesso dell'imposta sulle attività
produttive, per l'appunto rappresentato, secondo il D.Lgs. n. 446 del 1997,
art. 2, dall'esercizio abituale di un'attività autonomamente organizzata diretta
alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi, con la
conseguente inapplicabilità dell'imposta stessa. Poichè inoltre solo l'attività
esercitata dalle società e dagli enti, compresi gli organi e le amministrazioni
dello Stato, costituisce in ogni caso presupposto di imposta, in base alla
seconda parte del citato articolo, si da per ogni altra figura la
doverosità di un'analisi caso per caso, con istruttoria concreta e
non condotta per tipologie di contribuente.
5. Così l'esistenza di un'autonoma organizzazione, che costituisce il
presupposto per la sottoposizione impositiva dei soggetti esercenti arti o
professioni indicati dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1,
esclusi i casi di soggetti inseriti in strutture organizzative riferibili
ad altrui responsabilità ed interesse, non dev'essere intesa in
senso soggettivo, come auto- organizzazione creata e gestita dal
professionista senza vincoli di subordinazione, ma in senso
oggettivo, come esistenza di un apparato esterno alla persona del
professionista e distinto da lui, risultante dall'aggregazione di beni
strumentali e/o di lavoro altrui. (Cass. 3673/2007). Può così concludersi
che è soggetto passivo dell'imposta chi si avvalga, nell'esercizio dell'attività di
lavoro autonomo (o d'impresa anche minore), di una struttura organizzata in
un complesso di fattori che per numero, importanza e valore
economico siano suscettibili di creare un valore aggiunto rispetto
63
alla mera attività intellettuale (o manuale) supportata dagli
strumenti indispensabili e di corredo al suo know-how, con la
conseguenza che può essere escluso il presupposto di imposta solo
quando il risultato economico trovi ragione esclusivamente
nell'auto- organizzazione del professionista (ovvero prestatore
autonomo) o, comunque, quando l'organizzazione da lui
predisposta abbia incidenza marginale e non richieda necessità di
coordinamento (Cass. 30753/2011). Così, l'esercizio dell'attività di
piccolo imprenditore (nella specie, tassista) è stato dalla S.C. escluso
dall'applicazione dell'imposta soltanto qualora si tratti di attività non
autonomamente organizzata: nella vicenda, il requisito dell'autonoma
organizzazione, il cui accertamento si è ribadito spettare al giudice di merito,
ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile
dell'organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative
riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali
eccedenti, secondo l'id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per
l'esercizio dell'attività in assenza dell'organizzazione, oppure si avvalga in
modo non occasionale di lavoro altrui. In ogni caso, costituisce onere del
contribuente, che chieda il rimborso dell'imposta asseritamente non dovuta,
dare la prova dell'assenza delle predette condizioni (Cass. 21123/2010).
Parimenti è stato ribadito che tale imposta colpisce il valore della produzione
netta dell'impresa e così nell'impresa familiare, rispetto alla posizione
dell'imprenditore familiare, anche la collaborazione dei partecipanti,
per quanto interna all'organizzazione, integra quel quid pluris
dotato di attitudine a produrre una ricchezza ulteriore (o valore
aggiunto) rispetto a quella conseguibile con il solo apporto
lavorativo personale del titolare (Cass. 10777/2013).
Nella fattispecie, la critica alla pronuncia della C.T.R. da un lato non ha
investito, come detto ed in modo rituale, la motivazione e, dall'altro, non da
conto della descritta sussistenza, in capo ai tassisti, di una posizione
contrattuale ed organizzativa collegata in modo essenziale - già ai fini di
censirne l'intrinseca modalità di effettuazione - con i plurimi servizi della
cooperativa di cui essi sono soci, dunque in una funzione collaborativa ben
censita come contributo determinante per la produzione globale lorda del
reddito dei contribuenti. Il descritto requisito dell'autonoma
organizzazione ben può invero essere integrato dall'apporto
collaborativo altrui, e con ciò determinare le condizioni di assoggettabilità
all'IRAP ai sensi del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, per effetto di specifici
legami contrattuali di lavoro (subordinato e non) ovvero nell'ambito di una
64
serie ripetuta di prestazioni rese con altre tipologie di somministrazione
ovvero per una condivisione organizzativa societaria di risorse e
servizi, com'è il caso di specie, facilitativi della attività stessa del
contribuente: a cominciare dalla fornitura dell'operatività del radiotaxi,
risultano infatti evidenti modalità di esercizio dell'attività dei tassisti, e di
ciascuno di essi, manifestamente integrate dall'apporto qualificante di
una stabile struttura (la società cooperativa) che assicura, in via tipica e
costante, al singolo tassista continuità di lavoro, migliori
condizioni economico-professionali (già a termini di statuto della
cooperativa, su cui v. p.4 sentenza), centralizzazione della raccolta
pubblicitaria, assistenza amministrativa e fiscale. L'elemento della
fruizione dei servizi altrui trova dunque anche in tali circostanze un'adeguata
evidenza, incidendo - nel senso di un'alterazione - sul modello
esclusivamente personalistico (quanto ad organizzazione dell'attività e
valorizzazione delle risorse dirette alla produzione del reddito) preteso invece
dalla citata norma (e dalla lettura interpretativa datane da questa Corte) ove
se ne richiamino le condizioni di esenzione da imposta, nel caso
correttamente descritte quali del tutto assenti nella pronuncia impugnata.
6. Ribadita l'inammissibilità del ricorso di C.L., va pertanto rigettato il ricorso
di tutti gli altri contribuenti, con condanna dei ricorrenti tutti alle spese del
procedimento di legittimità, secondo le regole della soccombenza e come da
dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso di C.L.;
rigetta il ricorso quanto a tutti gli altri ricorrenti; condanna i ricorrenti tutti al
pagamento delle spese del procedimento, in favore della controricorrente,
liquidate in Euro 11.250, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 giugno 2013.
Depositato in Cancelleria il 18 settembre 2013
Cass. civ. Sez. V, Sent., 28-08-2013, n. 19769
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
65
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIRGILIO Biagio - Presidente Dott. GRECO Antonio - Consigliere Dott. CIGNA Mario - Consigliere Dott. FERRO Massimo - Consigliere Dott. IOFRIDA Giulia - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
S.P., elettivamente domiciliato in Torino, Via Cibrario 12, presso lo studio
dell'Avvocato d'Alessandro Claudio, che lo rappresenta e difende in forza di
procura speciale in calce al ricorso;
- ricorrente contro
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., domiciliata in Roma Via
dei Portoghesi 12, presso l'Avvocatura Generale dello Stato, che la
rappresenta e difende ex lege;
- resistente avverso la sentenza n. 16/36/2009 della Commissione Tributaria regionale
del Piemonte, depositata il 5/03/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/06/2013 dal
Consigliere Dott. Giulia Iofrida;
udito l'Avvocato dello Stato, D'Ascia Lorenzo, per parte resistente;
66
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. VELARDI
Maurizio, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo
Con sentenza n. 16/36/2009 del 3/11/2008, depositata in data 5/03/2009, la
Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, Sez. 36, accoglieva, con
compensazione delle spese di lite, l'appello proposto, in data 19/03/2008,
dall'Agenzia delle Entrate Ufficio Torino (OMISSIS), avverso la decisione n.
166/15/2007 della Commissione Tributaria Provinciale di Torino, che aveva
accolto il ricorso di S.P. contro una cartella esattoriale, notificatagli in data
27/12/2006, recante l'iscrizione a ruolo del saldo IRAP per l'anno 2003, di cui
il contribuente, esercente la libera professione di consulente informatico,
aveva omesso il versamento, oltre sanzioni ed interessi.
La Commissione Tributaria Regionale accoglieva il gravame dell'Agenzia delle
Entrate, in quanto, pur condividendo, in generale, il ragionamento espresso
dai giudici di primo grado, in ordine alla necessità di verificare in concreto la
sussistenza o meno, in relazione al risultato reddituale di un professionista,
del presupposto dell'IRAP costituito dall'autonoma organizzazione, nella
fattispecie, "i dati economici emergenti dalla dichiarazione dei redditi del
contribuente (Quadro RE dell'Unico 2004 per l'anno 2003), quale esercente
la professione di consulente informatico" evidenziavano che "a fronte di
redditi dichiarati in Euro 40.560,00, per l'anno 2003, il totale delle spese
ammontava ad Euro 3.261,00, con una incidenza percentuale di quasi il
10%", cosicchè, ai fini dell'assoggettabilità ad IRAP, nel predetto anno, "il
valore della produzione realizzata dal contribuente risultava essere stato
frutto non soltanto del suo lavoro, ma anche di un considerevole apporto di
capitale".
Avverso tale sentenza ha promosso ricorso per cassazione il contribuente,
deducendo due motivi, per violazione e/o falsa applicazione di norme di
diritto, ex art. 360 c.p.c., n. 3 (Motivo 1, in relazione al D.Lgs. n. 442 del 1997,
art. 2, avendo i giudici tributari valutato il carattere autonomo
dell'organizzazione avuto riguardo ai meri costi di gestione, non comprensivi
di spese per dipendenti o collaboratori, peraltro aventi incidenza dell'8,04%,
minima, e non di beni strumentali) e per omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5 (Motivo 2, in
relazione alla sussistenza del carattere dell'autonoma organizzazione). Non ha
67
resistito l'Agenzia delle Entrate con controricorso, costituendosi ai soli fini
della partecipazione alla pubblica udienza di discussione.
Motivi della decisione
Questa Corte ha, con orientamento consolidato, affermato che l'IRAP
coinvolge una capacità produttiva "impersonale ed aggiuntiva"
rispetto a quella propria del professionista (determinata dalla sua
cultura e preparazione professionale) e colpisce un reddito che
contenga una parte aggiuntiva di profitto, derivante da una
struttura organizzativa "esterna", cioè da "un complesso di fattori
che, per numero, importanza e valore economico, siano
suscettibili di creare un valore aggiunto rispetto alla mera attività
intellettuale supportata dagli strumenti indispensabili e di corredo
al know-how del professionista (lavoro dei collaboratori e
dipendenti, dal numero e grado di sofisticazione dei supporti
tecnici e logistici, dalle prestazioni di terzi, da forme di
finanziamento diretto ed indiretto etc..)", cosicchè è "il surplus di
attività agevolata dalla struttura organizzativa che coadiuva ed
integra il professionista...
ad essere interessato dall'imposizione che colpisce l'incremento
potenziale, o quid pluris, realizzabile rispetto alla produttività
auto organizzata del solo lavoro personale" (Cass.
Trib.15754/2008).
In sostanza, a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n.
446, art. 2, comma 1, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c), l'esercizio delle
attività di lavoro autonomo di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 49, comma 1,
è escluso dall'applicazione dell' IRAP solo qualora si tratti di attività non
autonomamente organizzata ed il requisito della autonoma
organizzazione - il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è
insindacabile in sede di legittimità solo se congruamente motivato
- ricorre quando il contribuente, per quanto qui interessa,
impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'id quod plerumque
accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in
assenza di organizzazione oppure si avvalga in modo non
occasionale di lavoro altrui (cfr., sull'ausilio di una segretaria a
part-time, Cass. n. 8265 del 2009; v. anche Cass. nn. 3673, 3676,
3678, 3680 e 5011 del 2007; v. pure S. U. n. 12109 del 2009, in
generale, e Cass. n. 14693 del 2009, sull'ausilio di un dipendente
part-time all'attività d'avvocato, nonchè da ultimo Cass. n. 17598
68
del 2011, sull'utilizzo di una inserviente da parte di un medico di
base; sul rilievo dei rapporti di collaborazione coordinata e
continuativa, v. Cass. n. 3677 del 2007; con riguardo all'attività
svolta da medico convenzionato presso il Servizio Sanitario
Nazionale, Cass.Trib. 23068/2008; cfr., da ultimo, Cass. nn. 23370
del 2010 e 16628 del 2011).
Tanto premesso, il primo motivo del ricorso, implicante vizio per violazione di
legge, è fondato.
Invero, i giudici tributari non anno fatto corretta applicazione di detti principi
di diritto, avendo equiparato la generica voce "spese", peraltro indicata in
percentuale modesta (circa il 10%), in rapporto ai ricavi dichiarati, al
requisito, necessario ai fini dell'assoggettabilità ad IRAP, dell'impiego di "beni
strumentali eccedenti, secondo l'id quod plerumque accidit, il minimo
indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione".
Il secondo motivo, implicante vizio motivazionale, è assorbito.
La Corte accoglie il ricorso, quanto al primo motivo, e, decidendo nel merito,
non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, accoglie il ricorso
introduttivo del contribuente. Le spese processuali del giudizio di merito
vanno compensate tra le parti, considerate tutte le peculiarità della
fattispecie. Le spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate
come in dispositivo, in conformità del D.M. 140/2012, attuatìvo della
prescrizione contenuta nel D.L. n. 1 del 2012, art. 9, comma 2, convertito dalla
L. n. 271 del 2012 (Cass.S.U. 17405/2012), seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, quanto al primo motivo, assorbito il secondo;
cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso
introduttivo del contribuente; dichiara interamente compensate tra le parti le
spese del giudizio di merito;
condanna la resistente al rimborso delle spese processuali del presente
giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 1.000,00, oltre Euro
200,00 per esborsi ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Quinta sezione civile, il
13 giugno 2013.
69
Depositato in Cancelleria il 28 agosto 2013
Cass. civ. Sez. VI - 5, Ord., 25-07-2013, n. 18108
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CICALA Mario - rel. Presidente Dott. BOGNANNI Salvatore - Consigliere Dott. IACOBELLIS Marcello - Consigliere Dott. DI BLASI Antonino - Consigliere Dott. CARACCIOLO Giuseppe - Consigliere ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 11226/2012 proposto da:
Z.U. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VERBANIA 4,
presso lo studio dell'avvocato FERRI ROBERTO, che lo rappresenta e
difende, giusta procura speciale alle liti a margine del ricorso;
- ricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
70
presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende, ope legis;
- resistente avverso la sentenza n. 673/14/2011 della Commissione Tributaria Regionale
di ROMA, depositata il 25/10/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/05/2013
dal Presidente Relatore Dott. MARIO CICALA;
E' presente il Procuratore Generale in persona del Dott. TOMMASO BASILE.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. Il Dott. Z.U. ricorre per cassazione avverso la sentenza della Commissione
Tributaria Regionale del Lazio 673/14 /11 del 25 ottobre 2011 che rigettava
l'appello del contribuente ribadendo la non spettanza del rimborso IRAP
relativamente agli anni 2005-2008.
2. L'Amministrazione si è costituita in giudizio con controricorso.
3. Il ricorso appare meritevole di accoglimento.
Invero il giudice di merito ha fatto acritico riferimento ad una
circolare della Agenzia (45/2008) che ritiene sufficienti per
l'applicazione dell'IRAP di beni strumentali di valore superiore ai
15.000 Euro.
E' invece opinione del relatore che l'assoggettamento ad IRAP
richieda un analitico esame delle spese affrontate dal contribuente
con specifica considerazione delle esigenze di chi esercita l'attività
medica, per cui sono indispensabili strumenti di una certa
consistenza e caratteristiche.
P.Q.M.
La Corte accoglie il riscorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la
controversia ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale del
Lazio, che deciderà anche per le spese del presente grado.
71
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Sesta Civile, il 9
maggio 2013.
Depositato in Cancelleria il 25 luglio 2013
Cass. civ. Sez. V, Sent., 21-06-2013, n. 15641
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAPPABIANCA Aurelio - Presidente Dott. VIRGILIO Biagio - Consigliere Dott. GRECO Antonio - Consigliere Dott. CIGNA Mario - Consigliere Dott. IOFRIDA Giulia - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., domiciliata in Roma Via
dei Portoghesi 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che la
rappresenta e difende ex lege;
- ricorrente contro
M.M.;
- intimato 72
avverso la sentenza n. 95/63/2008 della Commissione Tributaria regionale
della Lombardia, Sezione Staccata di Brescia, depositata il 9/05/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/04/2013 dal
Consigliere Dott. Giulia Iofrida;
udito l'Avvocato dello Stato, Pietro Garofoli, per parte ricorrente;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. SEPE Ennio
Attilio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
Con sentenza n. 95/63/2008 del 22/04/2008 depositata in data 9/05/2008,
la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, Sezione Staccata di
Brescia, respingeva, con compensazione delle spese di lite, l'appello proposto,
in data 7/09/2007, dall'Agenzia delle Entrate Ufficio Brescia (OMISSIS),
avverso la decisione n. 118/16/2006 della Commissione Tributaria
Provinciale di Brescia, che aveva accolto il ricorso di M.M., esercente l'attività
professionale di agente di commercio, avverso il silenzio rifiuto opposto
dall'Amministrazione Finanziaria sull'istanza di rimborso dell'IRAP versata
per gli anni dal 1999 al 2001.
La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia respingeva il gravame
dell'Agenzia delle Entrate, in quanto, rilevata la necessità, anche a fronte di
imprenditore esercente l'attività di agente di commercio, di accertare la
presenza o meno di "una struttura organizzativa che, potenziandola, finisce
per trascendere l'attività del soggetto medesimo", nella specie, tanto non
poteva dirsi, "alla stregua della documentazioni in atti".
Avverso tale sentenza ha promosso ricorso per cassazione l'Agenzia delle
Entrate, deducendo due motivi, per violazione e/o falsa applicazione di norme
di diritto, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione all'art. 2697 c.c.,
costituendo onere del contribuente che agisca in ripetizione dare la prova
dell'assenza delle condizioni richieste per l'imposta, e per insufficiente
motivazione circa un fatto controverso, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5,
avendo i giudici tributari omesso di vagliare i concreti elementi offerti
dall'Ufficio a supporto della pretesa impositiva. Non ha resistito il
contribuente con controricorso.
73
Motivi della decisione
Questa Corte ha affermato che, a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15
dicembre 1997, n. 446, art. 2, comma 1, primo periodo e art. 3, comma 1, lett.
c), l'esercizio dell'attività di agente di commercio di cui alla L. 9 maggio 1985,
n. 204, art. 1, e l'esercizio dell'attività di promotore finanziario di cui al D.Lgs.
24 febbraio 1998, n. 58, art. 31, comma 2, sono escluse dall'applicazione
dell'imposta soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente
organizzate. Il requisito dell'autonoma organizzazione, il cui
accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede
di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il
contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile
dell'organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture
organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b)
impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'"id quod
plerumque accidit", il minimo indispensabile per l'esercizio
dell'attività in assenza dell'organizzazione, oppure si avvalga in
modo non occasionale di lavoro altrui.
Costituisce onere del contribuente, che chieda il rimborso dell'imposta
asseritamente non dovuta, dare la prova dell'assenza delle predette condizioni
(Cass. sez. un., n. 12108 e n. 12111 del 2009).
Si è altresì chiarito come, in tema di IRAP, l'esercizio dell'attività di piccolo
imprenditore è escluso dall'applicazione dell'imposta soltanto qualora si tratti
di attività non autonomamente organizzata. Il requisito dell'autonoma
organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è
insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre
"quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile
dell'organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative
riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali
eccedenti, secondo l'"id quod plerumque accidit", il minimo indispensabile
per l'esercizio dell'attività in assenza dell'organizzazione, oppure si avvalga in
modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce onere del contribuente, che
chieda il rimborso dell'imposta asseritamente non dovuta, dare la prova
dell'assenza delle predette condizioni" (Cass. n. 21122 e n. 21123 del 2010,
rese, rispettivamente, in relazione alle attività di coltivatore diretto e di
tassista; cfr. Cass. Trib. 4660 e 8120/2012, in fattispecie relativa ad un
promotore finanziario: "In tema di IRAP, l'attività svolta dal promotore
finanziario non è qualificabile automaticamente come attività di impresa, di
per sè assoggettata ad imposta, ma, anche alla stregua dell'interpretaz ione
74
costituzionalmente orientata fornita dalla Corte costituzionale con la sentenza
n. 156 del 2001, richiede una valutazione complessiva, da parte del giudice di
merito, degli elementi di fatto offerti dalla fattispecie concreta, poichè essa, a
norma del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 31, può essere svolta "in qualità
di dipendente, agente o mandatario" e, quindi, può assumere connotati
variabili tra la figura del lavoro subordinato dipendente, esente da imposta,
quella del lavoro autonomo, assoggettabile ad imposta solo in presenza di
un'autonoma organizzazione, e quella dell'attività d'impresa, pacificamente
sottoposta ad imposizione"). In effetti, erano sorti contrasti in ordine al
trattamento degli agenti di commercio e dei promotori finanziari, in quanto,
ad un orientamento che assumeva, anche per questi contribuenti, la necessità
del requisito dell'autonoma organizzazione, si contrapponeva quello che li
riteneva, per il mero l'atto di svolgere attività considerate come d'impresa
dall'art. 2195 c.c., sempre soggetti al tributo. Il contrasto si è palesato
all'interno di questa sezione, dopo che a Cass. 30 marzo 2007, n. 7899, per la
quale gli agenti di commercio, in quanto esercenti attività d'impresa, erano
senz'altro soggetti all'attività d'impresa, aveva fatto seguito Cass. 2 aprile
2007, n. 8177, che aveva affermato la necessità per i promotori finanziari non
operanti come imprenditori di correlare l'obbligo tributario al requisito
dell'autonoma organizzazione.
Le sezioni unite hanno risolto il contrasto con le sentenze coeve del 26 maggio
2009, nn. 12108, 12109, 12110 e 12111, con la quale hanno escluso che gli
agenti di commercio siano ineluttabilmente compresi nel novero dei
contribuenti comunque tenuti al pagamento dell'imposta (cfr. in seguito,
Cass. Trib. 22590/2012 e Cass. Trib. 15586/2011).
Occorre dunque, anche per costoro, verificare la sussistenza del requisito
della autonoma organizzazione, costituendo in ogni caso onere del
contribuente, che chieda il rimborso della imposta asseritamente non dovuta,
dare la prova della assenza delle predette condizioni.
Ora, con il primo motivo l'Agenzia ricorrente invoca la violazione dei principi
in tema di riparto dell'onere della prova. Il motivo non è fondato. La sentenza
impugnata non nega che, in base ai principi espressi dall'art. 2697 c.c., debba
essere il contribuente a provare l'inesistenza del presupposto impositivo, ma
assume la propria decisione sulla base del fatto che il M. avrebbe dimostrato
di non disporre di un'attività economica organizzata.
75
Con il secondo motivo, l'amministrazione deduce poi un vizio di motivazione
in ordine alla ritenuta assenza di contrasto sulla circostanza che il
contribuente non ha dipendenti ed utilizza mezzi strumentali meramente
funzionali alla sua attività.
L'amministrazione ricorrente illustra gli elementi essa ha addotto nel
giudizio, anche con sostegno documentale, per dimostrare che il contribuente
si avvaleva di mezzi strumentali non meramente funzionali alla sua attività,
attraverso il richiamo al valore dei beni strumentali ammortizzabili dichiarato
dal contribuente negli anni dal 1999 al 2001, ridottosi a L. 10.296.000,
nell'ultimo anno, e delle quote di ammortamento annuali, oscillanti tra valori
compresi tra L. 4.000.000 e L. 6.378.000.
Il motivo è infondato, trattandosi comunque di elementi documentali
inidonei a dimostrare la sussistenza dei presupposti impositivi, sopra
richiamati, richiesti per l'IRAP. La Corte rigetta il ricorso.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Quinta Civile, il
10 aprile 2013.
Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2013
Cass. civ. Sez. V, Sent., 19-06-2013, n. 15325
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAPPABIANCA Aurelio - Presidente Dott. VIRGILIO Biagio - Consigliere 76
Dott. GRECO Antonio - Consigliere Dott. CIGNA Mario - Consigliere Dott. CRUCITTI Roberta - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
B.L., elettivamente domiciliata in Roma, via della Mercede n. 11 presso lo
studio dell'Avv. Masciocchi Alessandro e rappresentata e difesa per procura a
margine del ricorso dall'Avv. Bertora Alberto;
- ricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE;
- intimata avverso la sentenza n.91/23/08 della Commissione Tributaria Regionale
dell'Emilia Romagna - sezione distaccata di Parma, depositata il 18.7.2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10.4.2013 dal
Consigliere Dott. Roberta Crucitti;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SEPE Ennio
Attilio che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
La Commissione Tributaria Regionale dell'Emilia Romagna - sezione
distaccata di Parma, con la sentenza indicata in epigrafe, respingeva l'appello
proposto da B.L., confermando la sentenza di primo grado che aveva rigettato
il ricorso della contribuente avverso cartella di pagamento relativa ad IRAP
per l'anno di imposta 2001.
77
I Giudici territoriali, -sulla premessa che dal materiale istruttorio emergeva
che la B. aveva esercitato l'attività di consulente del lavoro con impiego di
personale dipendente (per un costo di lire 60.000.000), con ausilio di
collaboratori esterni (per un costo di lire 43.000.000) e con altri costi (per
importo di lire 156.000.000), a fronte di ricavi dichiarati per lire
252.000.000 accertavano che il reddito della contribuente non poteva essere
imputato unicamente al lavoro personale della B. ma anche alla presenza di
un'autonoma struttura organizzativa.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad unico
motivo, B.L..
Agenzia delle Entrate non ha svolto attività difensiva.
La contribuente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione
1. Con l'unico motivo - rubricato insufficiente e/o contraddittoria motivazione
circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ai sensi dell'art. 360 c.p.c.,
comma 1, n. 5 - la ricorrente lamenta che il Giudice di appello avesse
qualificato, come voci rilevanti ai fini della sussistenza dell'organizzazione
necessaria per il personale dipendente e collaboratori esterni mentre avrebbe
dovuto "correttamente qualificare tali esborsi come borsa studio tirocinanti e
spese per sviluppo software ovvero costi del tutto privi di significati
organizzativi e, quindi, totalmente irrilevanti ai predetti fini". A conclusione
dell'illustrazione del motivo, la ricorrente ha formulato, ai sensi dell'art. 366
bis c.p.c., il seguente momento di sintesi: I fatti controversi in relazione ai
quali si assume viziata la motivazione della sentenza impugnata consistono
nell'erronea qualificazione, di alcune voci di costo ed, in particolare, quella
erroneamente della sussistenza dell'organizzazione necessaria l'applicazione
dell'IRAP, le spese quali costi per qualificata come costo per personale
dipendente e quello erroneamente qualificato come costo per collaboratori
esterni.
Tali errori rendono la motivazione inidonea a giustificare la decisione perchè
tali costi, ove correttamente qualificati come borsa di studio per figlia
tirocinante e spese per sviluppo software, sarebbero risultati del tutto
inidonei a costituire un'organizzazione rilevante ai fini dell' applicabilità
dell'IRAP alla professionista ricorrente.
78
Il ricorso è infondato.
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, in tema di IRAP
l'esercizio per professione abituale, ancorchè non esclusiva, di attività di
lavoro autonomo diversa dall'impresa commerciale costituisce, secondo
l'interpretazione costituzionalmente orientata fornita dalla Corte
Costituzionale con la sentenza n. 156 del 2001, presupposto dell'imposta
soltanto qualora si tratti di attività autonomamente organizzata.
Il requisito dell'autonoma organizzazione, il cui accertamento
spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità
se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente che
eserciti attività di lavoro autonomo: a) sia, sotto qualsiasi forma, il
responsabile dell'organizzazione, e non sia quindi inserito in
strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed
interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti le quantità che,
secondo l'id quod plerumque accidit, costituiscono nell'attualità il
minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività anche in assenza
di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di
lavoro altrui (Cass. n.3677 del 16/02/2007 e Cass. n.3672 del
16/02/2007 con specifico riferimento all'attività di dottore
commercialista).
La sentenza impugnata, applicando tali principi di diritto, ha evidenziato, ai
fini della configurabilità dei presupposti per l'applicazione dell'imposta, dati
dichiarati dalla stessa contribuente (impiego di personale dipendente con
costo di lire 60.000.000, ausilio del lavoro di collaboratori esterni per un
costo di lire 43.000.000, altri costi per un importo di lire 156.000.000 a
fronte di ricavi dichiarati di lire 252.000.000).
Le doglianze mosse dalla ricorrente alla sentenza, in punto di vizio
motivazionale, per omessa valutazione di fatti decisivi non appaiono idonee
allo scopo.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte la nozione di punto decisivo della
controversia, di cui all'art. 360 c.p.c., n. 5, sotto un primo aspetto si correla al
fatto sulla cui ricostruzione il vizio di motivazione avrebbe inciso ed implica
che il vizio deve avere inciso sulla ricostruzione di un fatto che ha determinato
il giudice all'individuazione della disciplina giuridica applicabile alla
79
fattispecie oggetto del giudizio di merito e, quindi, di un fatto costitutivo,
modificativo, impeditivo od estintivo del diritto. Sotto un secondo aspetto, la
nozione di decisività concerne non il fatto sulla cui ricostruzione il vizio stesso
ha inciso, bensì la stessa idoneità del vizio denunciato, ove riconosciuto, a
determinarne una diversa ricostruzione e, dunque, asserisce al nesso di
casualità fra il vizio della motivazione e la decisione, essendo, peraltro,
necessario che il vizio, una volta riconosciuto esistente, sia tale che, se non
fosse stato compiuto, si sarebbe avuta una ricostruzione del fatto diversa da
quella accolta dal giudice del merito e non già la sola possibilità o probabilità
di essa. Infatti, se il vizio di motivazione per omessa considerazione di punto
decisivo fosse configurabile sol per il fatto che la circostanza di cui il giudice
del merito ha omesso la considerazione, ove esaminata, avrebbe reso soltanto
possibile o probabile una ricostruzione del fatto diversa da quella adottata dal
giudice del merito, oppure se il vizio di motivazione per insufficienza o
contraddittorietà fosse configurabile sol perchè su uno specifico fatto appaia
esistente una motivazione logicamente insufficiente o contraddittoria, senza
che rilevi se la decisione possa reggersi, in base al suo residuo argomentare, il
ricorso per cassazione ai sensi del n. 5 dell'art. 360 si risolverebbe
nell'investire la Corte di Cassazione del controllo sic et sempliciter dell'iter
logico della motivazione, del tutto svincolato dalla funzionalità rispetto ad un
esito della ricostruzione del fatto idoneo a dare luogo ad una soluzione della
controversia diversa da quella avutasi nella fase di merito (Cass. n.
3668/2013; conf. n.6288/2011).
Alla luce di detti principi, non si apprezza la "decisività", come sopra
illustrata, dei fatti rassegnati dalla ricorrente, (quali l'imputazione del costo di
lire 60.000.000, malgrado dalla stessa contribuente indicato in dichiarazione
dei redditi come costo personale dipendente, all'assegnazione di una borsa di
studio alla figlia tirocinante presso lo studio e l'imputazione del costo di lire
43.000.000 a spese sviluppo software o, meglio come evidenziato nello stesso
ricorso, a spese "elaborazione dati"), i quali rappresentano, comunque, costi
suscettibili di valutazione (riservata esclusivamente al Giudice di merito) in
ordine alla loro attinenza all'organizzazione dell'attività esercitata.
Non può, pertanto, ritenersi che la valutazione da parte del Giudice di appello
di tali fatti (o meglio, la diversa "qualificazione" dei costi nel senso
propugnato dalla ricorrente), avrebbe necessariamente portato ad una
ricostruzione fattuale idonea a dare luogo ad una soluzione della controversia
diversa da quella adottata in sede di merito.
80
Piuttosto, le doglianze, nei termini in cui sono formulate in ricorso, appaiono
dirette, nella sostanza, a chiedere, inammissibilmente, a questa Corte di
rinnovare le valutazioni circa i fatti di causa che sono riservati al Giudice di
merito.
Il ricorso va, pertanto, rigettato.
Non vi è pronuncia sulle spese in assenza di svolgimento di attività difensiva
da parte dell'intimata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 10 aprile 2013.
Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2013
Cass. civ. Sez. V, Sent., 31-05-2013, n. 13752
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIRGILIO Biagio - Presidente Dott. GRECO Antonio - Consigliere Dott. CIGNA Mario - Consigliere Dott. FERRO Massimo - rel. Consigliere Dott. IOFRIDA Giulia - Consigliere ha pronunciato la seguente:
81
sentenza
sul ricorso proposto da:
P.D., rappr. e dif. dall'avv. CLAUDIO MARTINO, presso il cui studio in Roma,
via Antonio Granisci n. 9, è elett. dom. come da procura a margine dell'atto;
- ricorrente contro
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., rappr. e dif.
dall'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, elett. dom. nei relativi uffici,
in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
- controricorrente per la cassazione della sentenza Comm. Tribut. Regionale di Roma 1.9.2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 26
aprile 2013 dal Consigliere relatore Dott. Massimo Verro;
uditi l'avvocato Claudio Martino per il ricorrente;
udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale Dott. BASILE
Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
IL PROCESSO. P.D. impugna la sentenza della Commissione Tributaria
Regionale di Roma 1.9.2008, che, in riforma della sentenza C.T.P. di Roma n.
291/32/2007, ebbe ad accogliere l'appello dell'Ufficio, così ribadendo la
legittimità del silenzio-rifiuto opposto dall'Amministrazione finanziaria
avverso l'istanza di rimborso dell'IRAP per gli anni 1998-2001, sul
presupposto - diversamente da quanto ritenuto dalla C.T.P. - della
significatività delle spese dedotte dalla contribuente in ordine alla gestione
dello studio di ragioniere commercialista, a prescindere dalla presenza di
personale dipendente o collaboratori esterni.
82
Ritenne in particolare la C.T.R. che l'appello dell'Ufficio poteva essere accolto,
ove fondato sulla tesi dell'assoggettabilità ad IRAP di ogni attività
autonomamente organizzata, essendo sufficiente la semplice titolarità di uno
studio professionale per integrare il requisito dell'attività autonomamente
organizzata, spettando in ogni caso al contribuente la prova contraria
fondativa dell'eventuale diritto al rimborso. Tale prova non sarebbe stata
fornita.
Il ricorso è affidato ad un unico motivo e resistito dall'Agenzia delle Entrate
con controricorso e successivo deposito di memoria da parte del ricorrente.
I FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA E LE RAGIONI DELLA DECISIONE.
Con l'unico motivo, si deduce il vizio di violazione di legge, con riguardo al
D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett.
c), nonchè D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1, oltre che ai
principi di Corte cost. n.156/2001 e della Cassazione, in relazione all'art. 360
c.p.c., comma 1, n. 3, avendo erroneamente la C.T.R. ritenuto che, in relazione
all'IRAP, il requisito della autonoma organizzazione sarebbe di per sè
integrato anche quando, come nella specie, il contribuente - esercente attività
di lavoro autonomo - produca un conseguente reddito non essendo il
responsabile dell'organizzazione, sia inserito in strutture riferibili ad altrui
responsabilità ed interesse, impieghi beni strumentali non eccedenti il
minimo indispensabile e non si avvalga stabilmente di lavoro di terzi.
1. Il motivo è fondato. Preliminarmente se ne osserva la piena ammissibilità,
per come enunciato e contrariamente all'eccezione di riferirsi esso, secondo la
controricorrente, ad una richiesta rivalutazione dei fatti di causa. Il nucleo
essenziale del principio di diritto applicato dalla corte di merito consiste
infatti nell'aver individuato, nel D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, una fattispecie
astratta per la quale la autonoma organizzazione abbraccia la mera titolarità
in sè dello studio professionale, quanto al lavoro autonomo, ciò implicando la
realizzazione del principio impositivo dell'IRAP. La censura del tutto
correttamente investe siffatta violazione di legge, dedotta in senso proprio
come causa dell'erronea ricognizione dell'astratta fattispecie normativa, ai
sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e dunque senza refluire - almeno in
via principale e diretta o comunque solo - in una deduzione di carenza o
contraddittorietà nella ricostruzione della fattispecie concreta.
Configurandosi l'errore pertanto nell'aver tratto la C.T.R. conseguenze diverse
da quelle consentite da un'alternativa proposta interpretativa della medesima
83
norma, viene superata l'eccezione di inammissibilità, ben avendo il ricorrente
prospettato anche l'interpretazione corretta alternativamente deducibile dalla
disposizione e proposta al giudice di legittimità (Cass. 22348/2007).
2. Anche alla stregua dell'interpretazione costituzionalmente orientata fornita
da Corte cost. n. 156/2001, l'assoggettamento ad IRAP dell'attività dei
lavoratori autonomi e dei professionisti postula una valutazione
complessiva di detta attività, da effettuarsi sulla scorta di tutti gli
elementi fattuali che connotano la fattispecie concreta. Ha chiarito
il Giudice delle leggi che l'imposizione ha riguardo al valore
aggiunto prodotto, cioè la nuova ricchezza creata dalla singola
unità produttiva, che viene, mediante l'IRAP, assoggettata ad
imposizione ancor prima che sia distribuita al fine di remunerare i
diversi fattori della produzione, trasformandosi in reddito per
l'organizzatore dell'attività, i suoi finanziatori, i suoi dipendenti e
collaboratori.
L'imposta colpisce perciò, con carattere di realità, un fatto
economico, diverso dal reddito, comunque espressivo di capacità
di contribuzione in capo a chi, in quanto organizzatore
dell'attività, è autore delle scelte dalle quali deriva la ripartizione
della ricchezza prodotta tra i diversi soggetti che, in vana misura,
concorrono alla sua creazione. Nel caso, poi, di una attività
professionale che sia svolta in assenza di elementi di organizzazione - il cui
accertamento, in mancanza di specifiche disposizioni normative, costituisce
questione di mero fatto - risulterà dunque mancante - per gli stessi giudici
costituzionali - il presupposto stesso dell'imposta sulle attività produttive, per
l'appunto rappresentato, secondo il D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2,
dall'esercizio abituale di un'attività autonomamente organizzata diretta alla
produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi, con la
conseguente inapplicabilità dell'imposta stessa. Poichè inoltre solo l'attività
esercitata dalle società e dagli enti, compresi gli organi e le amministrazioni
dello Stato, costituisce in ogni caso presupposto di imposta, in base alla
seconda parte del citato articolo, si da per ogni altra figura la doverosità di
un'analisi caso per caso, con istruttoria concreta e non condotta per tipologie
di contribuente.
3. L'esistenza di un'autonoma organizzazione, che costituisce il presupposto
per l'assoggettamento ad imposizione dei soggetti esercenti arti o professioni
indicati dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1, esclusi i casi di
84
soggetti inseriti in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed
interesse, non dev'essere intesa in senso soggettivo, come autoorganizzazione creata e gestita dal professionista senza vincoli di
subordinazione, ma in senso oggettivo, come esistenza di un
apparato esterno alla persona del professionista e distinto da lui,
risultante dall'aggregazione di beni strumentali e/o di lavoro
altrui. (Cass. 3673/2007).
Significativamente, tali indirizzi sono confluiti nell'importante arresto delle
Sezioni Unite (12111/2009), per le quali l'esercizio dell'attività (nella
specie, di promotore finanziario di cui al D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art.
31, comma 2) è escluso dall'applicazione dell'imposta qualora si tratti di
attività non autonomamente organizzata. E tale requisito, il cui accertamento
si ribadisce spettare al giudice di merito, resta insindacabile in sede di
legittimità se congruamente motivato, ricorrendo quando il contribuente: a)
sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione, e
non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui
responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali
eccedenti, secondo l'id quod plerunque accidit, il minimo
indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di
organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di
lavoro altrui.
Costituisce onere del contribuente, che chieda il rimborso dell'imposta
asseritamente non dovuta, dare la prova dell'assenza delle predette condizioni
(Cass. 8556/2011).
4. Nel caso di specie, la Corte ritiene che il sopra descritto accertamento,
invero, sia stato condotto dal giudice di merito in adesione ad un principio
estraneo alla descritta lettura consolidata della disciplina dell'IRAP,
erroneamente giungendo alla conclusione che il contribuente risultava aver
esercitato l'attività di ragioniere commercialista senza ricorso ad investimenti
di beni strumentali complessi ovvero anche impiego di personale dipendente
ovvero collaboratori e pur tuttavia conferendo alla mera attività professionale
in sè ovvero alla mera deduzione dal reddito imponibile di spese attinenti alla
gestione dello studio valenza sufficiente per integrare l'autonoma
organizzazione, difformemente dall'indirizzo qui condiviso (Cass. 3677/2007;
9692/2012; 24117/2012). Nè è stato accertato un legame giuridico organizzativo del contribuente all'interno di una struttura complessa,
modellata sullo schema societario ovvero dello studio associato, tale da far
85
rientrare l'ipotesi nella regolazione del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 3,
comma 1, lett. c), e quindi, in base alla seconda parte dell'art. 2, comma 1, del
medesimo D.Lgs., divenendo essa presupposto dell'imposta, prescindendosi
completamente dal requisito dell'autonoma organizzazione (Cass.
16784/2010).
5. La sentenza, in accoglimento del ricorso, va pertanto cassata, con
possibilità di decisione nel merito, ai sensi dell'art. 384 c.p.c., potendosi dire
assolto il citato onere cedente sul medesimo soggetto, alla stregua dei
richiami condotti in sentenza e pacificamente ricognitivi del fatto che il
contribuente non si era avvalso di personale (dipendente o per
soggetti esterni), nè aveva utilizzato beni strumentali di rilievo,
salvo potersi imputare a spese di organizzazione singoli modesti
costi (l'automobile ed accessori, spese alberghiere e di
ristorazione, spese di aggiornamento professionale) nella costante
assenza, dal 1998 al 2001, di altri e diversi valori di investimento o
utilizzo di strumenti necessari all'attività personale del
professionista, oltre tutto esercente preso uno studio commerciale
di terzi. Dalle difese rassegnate sin dall'introduzione del giudizio e
diligentemente trascritte, oltre che segnalate per l'ambito processuale di
deduzione, emerge, quanto alla attività del contribuente, una sicura
prevalenza dell'apporto personale sui fattori esterni personali e materiali, ciò
giustificando la negazione della stessa autonoma organizzazione (Ndr:
testo originale non comprensibile) conseguente diritto al rimborso.
6. Si reputa peraltro giustificata l'integrale compensazione delle spese del
procedimento, quanto al merito, in ragione della definizione inequivoca della
principale questione trattata solo a far data da epoca successiva
all'introduzione del contenzioso ed invece va disposta la condanna della
controricorrente alle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in
base al principio della soccombenza e come da dispositivo, ai sensi dei
parametri del D.M. 20 luglio 2012, n. 140.
P.Q.M.
La Corte dichiara fondato il motivo di ricorso, dunque accolto, cassa la
sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso del
contribuente, dichiara integralmente compensate le spese dei gradi di merito
e condanna parte controricorrente al pagamento delle spese del giudizio di
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legittimità ed in favore del ricorrente, per come qui liquidate in Euro
2.000,00, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, oltre agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 26 aprile 2013.
Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2013
Cass. civ. Sez. V, Sent., 24-05-2013, n. 12967
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAPPABIANCA Aurelio - Presidente Dott. GRECO Antonio - Consigliere Dott. CIGNA Mario - Consigliere Dott. FERRO Massimo - rel. Consigliere Dott. IOFRIDA Giulia - Consigliere ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., rappr. e dif.
dall'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, elett. dom. nei relativi uffici,
in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
87
- ricorrente contro
M.A.;
- intimato per la cassazione della sentenza Comm. Tribut. Regionale di Aosta
30.10.2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 8
maggio 2013 dal Consigliere relatore Dott. Massimo Ferro;
uditi l'avvocato Gianna Galluzzo per l'Avvocatura Generale dello Stato;
udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale Dott. SEPE Ennio
Attilio, che ha concluso per il rigetto del ricorso o, in subordine,
l'accoglimento.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
IL PROCESSO:
Agenzia delle Entrate impugna la sentenza della Commissione Tributaria
Regionale di Aosta 30.10.2006, che, in conferma della sentenza C.T.P. di
Aosta n. 13/01/2005, ebbe a respingere l'appello dell'Ufficio, così ribadendo
la illegittimità del silenzio-rifiuto opposto dall'Amministrazione finanziaria
avverso l'istanza di rimborso dell'IRAP per gli anni 1998-1999, sul
presupposto della non significatività dei costi, per attrezzature e
collaborazione di un dipendente per breve periodo, sostenuti per l'attività di
geometra.
Ritenne in particolare la C.T.R. che l'appello non poteva essere accolto, non
potendo detti elementi integrare il presupposto impositivo, alla stregua del
requisito dell'attività autonomamente organizzata, ai sensi del D.Lgs. n. 446
del 1997, art. 2.
Il ricorso è affidato a due motivi.
88
I FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA E LE RAGIONI DELLA DECISIONE.
Con il primo motivo, si censura la sentenza per vizio di motivazione, in
relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, avendo essa dapprima negato lo
svolgimento dell'attività professionale del contribuente con ricorso a lavoro
altrui e poi riconosciutone l'apporto modesto, non tale però da refluire in una
considerazione di apprezzabilità dell'autonoma organizzazione di cui al D.Lgs.
n. 446 del 1997.
Con il secondo motivo, è indicata la violazione di legge, con riguardo al D.Lgs.
n. 446 del 1997, artt. 2 e 3, D.P.R. n. 9178 del 1986, art. 49, comma 1, in
relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, avendo erroneamente la C.T.R.
escluso l'assoggettabilità ad IRAP del contribuente, ritenendo che i costi
sostenuti per la relativa attività fossero compatibili, come mezzi
indispensabili, per l'esercizio della professione protetta menzionata, anche se
in realtà egli si era avvalso in modo non occasionale del lavoro altrui e
dunque, con esso, di una struttura complessa a supporto del suo lavoro
autonomo.
1. I motivi, da trattare congiuntamente per la connessione che li avvince, sono
in parte inammissibili ed in parte infondati. Il nucleo essenziale del principio
di diritto applicato dalla corte di merito consiste nell'aver individuato, nel
D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, una fattispecie astratta per la quale la nozione
tributaria di autonoma organizzazione, riferibile all'esercente lavoro
autonomo, sarebbe esclusa, e con essa il presupposto impositivo dell'IRAP,
allorchè l'attività si declini mediante "impiego di beni strumentali con
funzioni servili" ed "ausilio di dipendenti non in grado di sostituire il
professionista". Tale configurazione causale dell'istituto non è errata, in
quanto per il citato requisito si deve proprio intendere l'impiego di beni
strumentali eccedenti l'id quod plerumque acddit o di lavoro altrui non
occasionale, non potendo il giudice di merito ascrivere di per sè alla
qualificazione delle spese per il lavoro-terzo, al pari di quelle sostenute per i
beni strumentali, una imputazione di incremento della potenzialità reddituale
del lavoro autonomo del contribuente, così astraendo, ai fini predetti, da
un'indagine in concreto sulla effettiva capacità incrementativa
dell'organizzazione che ciascuno di quegli elementi solo potenzialmente
riveste.
2. Osserva il Collegio che anche alla stregua dell'interpretazione
costituzionalmente orientata fornita da Corte cost. n. 156/2001,
l'assoggettamento ad IRAP dell'attività dei lavoratori autonomi e dei
89
professionisti postula una valutazione complessiva di detta attività, da
effettuarsi sulla scorta di tutti gli elementi fattuali che connotano la fattispecie
concreta. Ha chiarito il Giudice delle leggi che l'imposizione ha riguardo al
valore aggiunto prodotto, cioè la nuova ricchezza creata dalla singola unità
produttiva, che viene, mediante l'IRAP, assoggettata ad imposizione ancor
prima che sia distribuita al fine di remunerare i diversi fattori della
produzione, trasformandosi in reddito per l'organizzatore dell'attività, i suoi
finanziatori, i suoi dipendenti e collaboratori. L'imposta colpisce perciò, con
carattere di realità, un fatto economico, diverso dal reddito, comunque
espressivo di capacità di contribuzione in capo a chi, in quanto organizzatore
dell'attività, è autore delle scelte dalle quali deriva la ripartizione della
ricchezza prodotta tra i diversi soggetti che, in varia misura, concorrono alla
sua creazione. Nel caso, poi, di una attività professionale che sia svolta in
assenza di elementi di organizzazione - il cui accertamento, in mancanza di
specifiche disposizioni normative, costituisce questione di mero fatto risulterà dunque mancante - per gli stessi giudici costituzionali - il
presupposto stesso dell'imposta sulle attività produttive, per l'appunto
rappresentato, secondo il D.Lgs. n.446 del 1997, art. 2, dall'esercizio abituale
di un'attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo
scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi, con la conseguente
inapplicabilità dell'imposta stessa. Poichè inoltre solo l'attività esercitata dalle
società e dagli enti, compresi gli organi e le amministrazioni dello Stato,
costituisce in ogni caso presupposto di imposta, in base alla seconda parte del
citato articolo, si da per ogni altra figura la doverosità di un'analisi caso per
caso, con istruttoria concreta e non condotta per tipologie di contribuente.
3. L'esistenza di un'autonoma organizzazione, che costituisce il presupposto
per l'assoggettamento ad imposizione dei soggetti esercenti arti o professioni
indicati dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1, esclusi i casi di
soggetti inseriti in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed
interesse, non dev'essere intesa in senso soggettivo, come autoorganizzazione creata e gestita dal professionista senza vincoli di
subordinazione, ma in senso oggettivo, come esistenza di un apparato esterno
alla persona del professionista e distinto da lui, risultante dall'aggregazione di
beni strumentali e/o di lavoro altrui (Cass. 3673/2007).
Significativamente, tali indirizzi sono confluiti nell'importante arresto delle
Sezioni Unite (12111/2009), per le quali l'esercizio dell'attività (nella specie, di
promotore finanziario di cui al D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 31, comma
2) è escluso dall'applicazione dell'imposta qualora si tratti di attività non
90
autonomamente organizzata. Ed effettivamente tale requisito, il cui
accertamento si ribadisce spettare al giudice di merito, resta insindacabile in
sede di legittimità se congruamente motivato, ricorrendo in generale quando
il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile
dell'organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture
organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b)
impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'id quod plerumque
accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in
assenza di organizzazione oppure si avvalga in modo non
occasionale di lavoro altrui.
Costituisce tuttavia onere del contribuente, che chieda il rimborso
dell'imposta asseritamente non dovuta, dare la prova dell'assenza delle
predette condizioni (Cass. 8556/2011; 3678/2007).
4. Nel caso di specie, la Corte ritiene che il sopra descritto accertamento,
inoltre, sia stato correttamente espletato dal giudice di merito, con la
conclusione per la quale l'utilizzo delle spese di lavoro-terzo
complessivamente affrontate dal professionista (nel 1998), per la loro
modestia e breve durata temporale (4 mesi) ed il solo fatto di non trovare
destinazione in un'attività diversa da quella protetta, esplicherebbero - già in
astratto - valenza accessoria a quella primaria e caratteristica, alla stregua di
elementi insindacabili dell'organizzazione personalistica. Sotto il profilo
motivazionale, la censura è poi affetta da genericità, labilmente connettendosi
ad alcuni passaggi testuali della sentenza impugnata, la cui contraddizione
risiederebbe nell'avere prima citato un contribuente non dotato di
collaborazioni e poi menzionato l'ausilio delle stesse. In realtà, il motivo
omette di censurare in modo specifico la ratio decidendi in esame, ove essa
muove dalla complessiva ricostruzione dell'istituto per puntualizzare che,
anche alla luce di Corte cost. n. 156 del 2001, manca l'autonoma
organizzazione, tra l'altro, quando sia accertata l'esimente della presenza di
capitale e lavoro altrui in termini non consistenti, nozione meglio esplicitata
quanto al lavoro con la distinzione tra ricorso a lavoro stabile di terzi e
prestazioni, come nella specie, di collaboratori occasionali. Si tratta invero di
accertamento di merito insindacabile nella presente sede ove congniamente
motivato (Cass. 4492/2012), avendo il ricorrente non prospettato con
puntualità le illogicità del quadro giustificativo della motivazione della
pronuncia della C.T.R., offerta alla critica in modo inammissibilmente
generico.
91
5. Il ricorso va pertanto rigettato, ai sensi di cui in motivazione.
P.Q.M.
La Corte dichiara rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 8 maggio 2013.
Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2013
Cass. civ. Sez. V, Sent., 22-05-2013, n. 12507
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MERONE Antonio - Presidente Dott. CHINDEMI Domenico - Consigliere Dott. BOTTA Raffaele - Consigliere Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi - Consigliere Dott. IOFRIDA Giulia - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., domiciliata in Roma Via
dei Portoghesi 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che la
rappresenta e difende ex lege;
92
- ricorrente contro
Studio Baratta Ravasi Dottori commercialisti associati, in persona dei titolari
Dott. R.G. e B.C., elettivamente domiciliati in Roma Via Zanardelli 20, presso
lo studio dell'Avv.to LAIS FABIO, che li rappresenta e difende unitamente e
disgiuntamente all'Avv.to Alberto Bertora;
- controricorrente e sul ricorso riunito proposto da:
Studio Baratta Ravasi Dottori commercialisti associati, in persona dei titolari
Dott. R.G. e B.C., elettivamente domiciliati in Roma Via Zanardelli 20, presso
lo studio dell'Avv.to Fabio Lais, che li rappresenta e difende unitamente e
disgiuntamente all'Avv.to Alberto Bertora;
- ricorrente incidentale contro
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., domiciliata in Roma Via
dei Portoghesi 12, presso l'Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta
e difende ex lege;
- controricorrente avverso la sentenza n. 159/21/2006 della Commissione Tributaria regionale
dell'Emilia Romagna, Sezione Staccata di Parma, depositata il 15/11/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/02/2013 dal
Consigliere Dott. Giulia Iofrida;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. SEPE Ennio
Attilio, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso principale, con
assorbimento del ricorso incidentale.
Svolgimento del processo
93
Con sentenza n. 159 del 4/10/2006, depositata in data 15/11/2006, la
Commissione Tributaria Regionale dell'Emilia Romagna Sez. Staccata di
Parma accoglieva, con compensazione delle spese di lite, l'appello proposto, in
data 10/11/2005, dallo Studio Baratta Ravasi Dottori Commercialisti
Associati, avverso la decisione n. 26/08/2004 della Commissione Tributaria
Provinciale di Parma, che aveva respinto il ricorso dello stesso Studio Baratta
Ravasi contro il silenzio rifiuto dell'Ufficio erariale, formatosi sulle istanze di
rimborso presentate da detto contribuente in relazione all'IRAP versata negli
anni 1998, 1999, 2000 e 2001.
La Commissione Tributaria Regionale accoglieva il gravame del contribuente,
in quanto, da un lato, riteneva inammissibile l'eccezione, sollevata
dall'Agenzia delle Entrate in sede di costituzione nel giudizio di appello, in
ordine all'inammissibilità dell'istanza di rimborso, con riferimento agli anni
2000 e 2001, in caso di presentazione di domanda di condono fiscale, in
quanto detta eccezione era stata respinta dalla Commissione Tributaria
Provinciale ("per mancanza di prova da parte dell'Ufficio dell'avvenuta
presentazione di tale domanda da parte dello Studio ricorrente") e tale
pronuncia era passata in giudicato, in difetto di autonomo atto di appello da
parte dell'Ufficio, e, dall'altro lato, nel merito, rilevava che l'associazione
professionale di dottori commercialisti risultava, "con affermazione non
smentita nè contestata dall'Ufficio", "non avere alcun tipo di rapporto con
collaboratori dipendenti o coordinati in via continuativa, disporre di
un'autovettura per ognuno dei due commercialisti e di poche dotazioni
strumentali di valore non particolarmente ingente", cosicchè non era presente
"l'autonoma organizzazione richiesta dalla legge per l'assoggettamento
all'IRAP". I giudici tributari aggiungevano che i compensi a terzi versati, nei
soli anni 1998 e 2000, erano congrui rispetto al "volume del fatturato di
quegli anni" ed alla "necessità...di acquisire servizi da terzi in relazione a
specifici affari", nè un significato particolare poteva essere attributo allo
svolgimento dell'attività "in locali dedicati".
Avverso tale sentenza ha promosso ricorso per cassazione l'Agenzia delle
Entrate, deducendo quattro motivi, per violazione e/o falsa applicazione di
norme di diritto, ex art. 360 c.p.c., n. 3, (Motivo 1, in relazione all'art. 2909
c.c., D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 54, e art. 112 c.p.c., per avere i giudici tributari
di secondo grado omesso di esaminare quanto dedotto dall'Ufficio, in sede di
costituzione in appello, in punto di condono e di conseguente rinuncia alle
istanze di rimborso dell'IRAP versata per gli anni 2000 e 2001, non essendovi
stata alcuna pronuncia autonoma sul punto da parte dei giudici di primo
94
grado, suscettibile di costituire giudicato, e non essendovi dunque necessità di
proposizione di appello incidentale;
Motivo 2, in relazione alla L. n. 289 del 2002, art. 7, per non avere i giudici
tributari rilevato che la definizione automatica, ai sensi dell'art.7 citato,
presentata anche con riferimento all'IRAP, determinava l'estinzione
dell'eventuale diritto al rimborso di somme corrisposte in eccesso in relazione
all'anno di imposta oggetto di definizione; Motivo 3, in relazione al D.Lgs. n.
446 del 1997, artt. 2 e 3, e art. 2697 c.c., non avendo la CTR valutato che il
presupposto impositivo dell'autonoma organizzazione ai fini IRAP deve
ritenersi "insito nello svolgimento dell'attività professionale in forma
associata", a prescindere dalla dotazione di beni strumentali e dall'apporto di
lavoro altrui), e per insufficiente motivazione su un fatto decisivo e
controverso, ex art. 360 c.p.c., n. 5 (Motivo 4, non avendo giudici tributari
correttamente valutato la struttura socio economica dello studio
professionale, in rapporto ai ricavi conseguiti nel corso degli anni, nonchè ai
beni strumentali in dotazione).
Lo Studio Baratta ha resistito con controricorso, proponendo anche ricorso
incidentale con un unico motivo, in punto di spese processuali. La stessa
parte ha altresì depositato memoria, ai sensi dell'art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione
L'Agenzia ricorrente lamenta con i primi due motivi di ricorso principale la
violazione e falsa applicazione del D.Lgs., art. 54, L. n. 289 del 2002, art. 7, in
relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la CTR ritenuto
inammissibile l'eccezione, proposta dall'Ufficio in appello, in sede di
costituzione in giudizio, anzichè con appello incidentale, secondo la quale
l'adesione al condono aveva determinato l'estinzione dell'eventuale diritto al
rimborso di somme corrisposte in eccesso, in relazione alle annualità
d'imposta oggetto di definizione (anni 2001 e 2001, per quanto qui interessa).
I suddetti due motivi sono fondati.
La giurisprudenza di questa Corte ha, condivisibilmente, affermato in
relazione al profilo della tardività dell'eccezione processuale riguardante
l'adesione del contribuente al condono di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 7,
che "le questioni relative all'applicazione del condono, pur non risolvendosi
interamente nei problemi processuali, partecipano anche di tale natura e
sono, perciò, rilevabili d'ufficio, senza che occorra una specifica proposizione
95
ad opera della parte interessata a farle valere" (Cass. n. 24987 del 2009 e
Cass. n. 25239 del 2007; da ultimo, cfr. Cass. 3841/2012). Tale rilievo
officioso concerne sia le liti relative all'accertamento dell'obbligazione
tributaria, sia le liti relative ad istanze di rimborso, ed, in entrambi i tipi di
giudizi, "l'operare officioso si connette ai riflessi di ordine pubblico nascenti
dall'elisione della pretesa impositiva, realizzata in virtù dell'adesione al
condono" (Cass. sent. citate). Ne consegue che, da un lato, sulla questione
della rinuncia all'istanza di rimborso per l'adesione al condono non poteva
formarsi un giudicato (essendo la questione oggetto di necessario esame
officioso del giudice) e,' dall'altro lato, tale deduzione, ad opera della
controparte, non costituendo eccezione in senso tecnico, poteva anche essere
svolta per la prima volta in appello.
Inoltre, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte (cfr.
Cass. n. 5037 del 2010; n. 17142 del 2008 e, specificamente per l'IRAP, n.
3682 del 2007), il condono tributario premiale attribuisce al contribuente un
diritto potestativo di scelta tra il procedimento amministrativo di
accertamento ordinario, con conseguente pretesa all'eventuale rimborso del
tributo indebitamente pagato, ed il procedimento amministrativo di
accertamento straordinario di condono, con la conseguenza che l'opzione del
contribuente per il condono preclude ad entrambi i soggetti del rapporto il
ricorso al procedimento di accertamento ordinario e, quindi, anche ogni
pretesa al rimborso da parte del contribuente.
Peraltro, la formulazione dell'istanza di condono ai sensi della L. n. 289 del
2002, art. 7, da parte del contribuente, per gli anni 2000 e 2001, corredata
dall'Ufficio da supporti documentali (vedasi, sul punto, la sentenza della
C.T.R. ed il ricorso principale), non è stata contestata specificamente da
quest'ultimo, che si è limitato ad eccepire l'inammissibilità della deduzione, in
quanto tardivamente proposta. In relazione a detti motivi, la sentenza
impugnata va cassata e, decidendo nel merito,va rigettato il ricorso
introduttivo dei contribuenti, relativamente al rimborso IRAP per gli anni
2000 e 2001, stante la presentazione dell'istanza di definizione automatica
della lite, L. n. 289 del 2002, ex art. 7.
In ordine poi all'istanza di rimborso relativa all'IRAP versata negli anni 1998
e 1999, pure oggetto del giudizio impugnatorio promosso dallo Studio Baratta
Ravasi (anni per i quali non risulta presentata dal contribuente l'istanza di
definizione automatica, ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 7, per quanto
96
emerge dagli atti), l'Agenzia delle Entrate ha proposto due ulteriori motivi di
ricorso, inerenti il merito della pretesa impositiva, il terzo, implicante una
violazione di legge, in relazione al D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3, e art.
2697 c.c., ed il quarto, contenente un vizio di motivazione.
I giudici della C.T.R., premettendo che anche ad un'associazione
professionale, ai fini dell'assoggettamento o meno all'IRAP, va riconosciuta
"la possibilità di dimostrare di prestare servizi in assenza di organizzazione",
hanno osservato che, nella fattispecie, l'associazione di dottori commercialisti
aveva dimostrato di "non avere alcun tipo di rapporti con collaboratori
dipendenti o coordinati in via continuativa, di disporre di un'autovettura per
ognuno dei due commercialisti e di poche dotazioni strumentali di valore non
particolarmente ingente", nonchè la congruità, con il volume del fatturato, dei
compensi a terzi corrisposti (per quanto in questa sede interessa, stante
quanto sopra esposto in ordine agli effetti del condono per le imposte versate
negli anni 2000 2001), nell'anno 1998, per L. 1.757.000.
L'Agenzia delle Entrate, con il terzo ed il quarto motivo, lamenta sia la
violazione del disposto di cui al D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3, sia la
mancata valutazione di concreti elementi dell'attività professionale svolta in
forma associata, quali l'entità dei ricavi, conseguiti dallo studio associato
(ritrascritti anche nel presente ricorso, sulla base del quadri RE delle
dichiarazioni fiscali presentate dal contribuente), delle spese e delle dotazioni
strumentali (del valore di L. 65.530.000, negli anni 1998 e 1999),
idonei a far presumere che il reddito prodotto non fosse frutto
esclusivamente della professionalità di ciascun componente dello
studio, bensì di detta organizzazione associativa, costituita proprio
per potenziare la produzione di ricchezza (VAP) a vantaggio degli
associati, integrante il presupposto dell'IRAP (valore della produzione
netta, costituito dalla differenza tra i ricavi - o compensi dell'attività - e i costi
della medesima. Come rileva la stessa ricorrente, a parte le affermazioni di
principio, la verifica della sussistenza del presupposto impositivo va fatta in
concreto ed inoltre, trattandosi di giudizio promosso dal contribuente per
ottenere il rimborso dell'imposta già versata, l'onere della prova della
inesistenza del presupposto impositivo grava sul contribuente stesso.
Ora, la giurisprudenza di questa Corte ha oramai affermato il condivisibile
principio secondo il quale "l'esercizio in forma associata di una
professione liberale è circostanza di per sè idonea a far presumere
resistenza di una autonoma organizzazione di strutture e mezzi,
97
ancorchè non di particolare onere economico, nonchè dell'intento
di avvalersi della reciproca collaborazione e competenze, ovvero
della sostituibilità nell'espletamento di alcune incombenze, sì da
potersi ritenere che il reddito prodotto non sia frutto
esclusivamente della professionalità di ciascun componente dello
studio. Ne consegue che legittimamente il reddito dello studio
associato viene assoggettato all'imposta regionale sulle attività
produttive (IRAP), a meno che il contribuente non dimostri che
tale reddito è derivato dal solo lavoro professionale dei singoli
associati" ((Cass. 3676 e 3680/2007; Cass. 24058/2009; Cass.
16784/2010 e Cass. 14853/2012).
Anche i suddetti motivi del ricorso principale, ribadito che l'onere di
dimostrare il fatto costitutivo della domanda di rimborso di un tributo spetta
al contribuente - nella specie assenza di autonoma organizzazione nel senso
sopra specificato -, sono dunque fondati.
Il ricorso incidentale, promosso dal contribuente, nella parte conclusiva del
controricorso, relativamente al "risarcimento dei costi di lite relativi a tutti i
gradi del giudizio", va dichiarato assorbito, stante la cassazione della sentenza
impugnata, anche in punto spese.
Di conseguenza, accolto il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale
dello Studio Baratta Ravasi, la sentenza impugnata va cassata e la causa
rinviata, ad altra sezione della CTR dell'Emilia Romagna, per nuovo esame,
con riferimento alle istanze di rimborso dell'IRAP versata negli anni 1998 e
1999 (essendo invece venuto meno il diritto a rimborso delle somme
corrisposte a titolo IRAP per le annualità 2000 e 2001, condonate), al fine di
accertare, alla luce dei principi innanzi richiamati, se, in base alle concrete
caratteristiche dello "studio impresa" associato provate dal medesimo,
unitamente ad altre prove offerte, sia stata superata la presunzione,
sussistente per le ragioni innanzi esposte, che il reddito sottoposto ad IRAP,
di cui lo studio associato chiede il rimborso, è stato almeno potenziato
derivato dalla struttura così come organizzata e non è quindi derivato dal solo
lavoro professionale dei commercialisti.
Il giudice del rinvio provveder… altresì a liquidare le spese, anche, del giudizio
di Cassazione.
P.Q.M.
98
La Corte riuniti i ricorsi, accoglie il ricorso principale e a)cassa la sentenza
impugnata senza rinvio,nella parte relativa ai rimborsi IRAP richiesti per gli
anni 2000 e 2001, in relazione ai quali, decidendo nel merito, rigetta il ricorso
introduttivo dei contribuenti, b) cassa la sentenza impugnata anche nella
parte relativa ai rimborsi IRAP richiesti per gli anni 1998 e 1999, ma con
rinvio alla C.T.R. dell'Emilia - Romagna, altra Sezione, anche per le spese del
giudizio di legittimità. Dichiara assorbito il giudizio incidentale.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Quinta Civile, il
21 febbraio 2013 e previa riconvocazione, il 21/03/2013.
Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2013
Cass. civ. Sez. V, Sent., 10-05-2013, n. 11197
TRIBUTI LOCALI
Imposta regionale sulle attivita' produttive
Fatto - Diritto P.Q.M.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAPPABIANCA Aurelio - Presidente Dott. VIRGILIO Biagio - Consigliere Dott. GRECO Antonio - Consigliere Dott. CIGNA Mario - Consigliere 99
Dott. FERRO Massimo - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso n. 285/2008 proposto da:
REGIONE autonoma Friuli Venezia Giulia, in persona del Presidente p.t.,
rappr. e dif. dall'avv. IURI DANIELA (avv. dell'Avvocatura della Regione), con
elezione di dom. presso l'Ufficio Distaccato della Regione FVG, in Roma,
piazza Colonna n. 355;
- ricorrente contro
D.P.S., rappr. e dif. dall'avv. BRIGIDA RAFFAELLA del foro di Pordenone,
con elezione di dom. presso e nello studio dell'avv. Camillo Loriedo, in Roma,
via Alfredo Fusco n.59/A come da procura a margine dell'atto (e successivo
aggiornamento del domicilio);
- controcorrente Sul ricorso n. 2424/2008 proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t. rappr. e dif.
dall'Avvocatura Generale dello Stato, elett. dom. nei relativi uffici, in Roma,
via dei Portoghesi n. 12;
- ricorrente contro
D.P.S., rappr. e dif. dall'avv. Raffaella Brigida del foro di Pordenone, con
elezione di dom. presso e nello studio dell'avv. Camillo Loriedo, in Roma, via
Alfredo Fusco n.59/A come da procura a margine dell'atto (e successivo
aggiornamento del domicilio);
100
- controricorrente per la cassazione della sentenza Comm. Tribut. Regionale di Trieste
7.12.2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 10
aprile 2013 dal Consigliere relatore Dott. Massimo Ferro;
uditi l'avvocato Camillo Loriero per il controricorrente e l'avvocato Pietro
Garofoli per l'Avvocatura Generale dello Stato;
udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale Dott. SEPE Ennio
Attilio, che ha concluso per l'accoglimento del primo motivo del primo ricorso
ed il rigetto del secondo ricorso.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
IL PROCESSO:
Con il primo ricorso, Regione FVG impugna la sentenza della Commissione
Tributaria Regionale di Trieste 7.12.2006, che, in riforma della sentenza
C.T.P. di Pordenone n. 123/01/2004, ebbe ad accogliere l'appello del
contribuente, così affermando l'illegittimità del silenzio rifiuto opposto
dall'Amministrazione finanziaria avverso l'istanza di rimborso dell'IRAP per
gli anni dal 2000 al 2003 (e la restituzione di Euro 32.321,19 poi ridotti a
27.696,66 con l'appello), sul presupposto - invero negato dalla C.T.P. - per
cui, pur ammessa la minima organizzazione personale nell'attività del medico
generico (convenzionato con il SSN) istante, alla stregua di professionista
intellettuale, difettava il requisito di una organizzazione di beni e di persone
generativa di un valore aggiunto indipendente dall'intervento del
professionista stesso.
Ritenne in particolare la C.T.R. che l'appello poteva essere accolto, in quanto
il medico di base appellante esercitava la sua attività con strumenti ed arredi
strettamente necessari, del tutto ordinari per la professione, come la
disponibilità (in affitto) dei locali di esercizio e l'utilizzo di auto per le visite,
non si avvaleva di personale dipendente e dunque il suo reddito era frutto
esclusivo del proprio lavoro intellettuale, connotato da un prevalente intuitus
personae.
101
La medesima sentenza è impugnata, con il secondo ricorso, da Agenzia delle
Entrate.
Il primo ricorso è affidato a due motivi, al pari del secondo e ad entrambi
resiste il contribuente con controricorso.
I FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA E LE RAGIONI DELLA DECISIONE.
Sul ricorso n.285/2008 di Regione FVG. Con il primo motivo, si deduce il
vizio di violazione di legge, con riguardo al D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 24, e 9
L.R. FVG n. 4 del 2000, art. 9, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3, avendo
erroneamente la C.T.R. omesso di pronunciarsi sul motivo di appello della
Regione FVG concernente la propria carenza di legittimazione passiva,
derivante dall'avere essa stipulato (il 31.7.2003) apposita convenzione con
l'Amministrazione Finanziaria per l'esercizio dell'attività relativa all'imposta
IRAP, compresi i rimborsi.
Con il secondo motivo, si avanza vizio di violazione di legge relativamente al
D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3, e vizio di motivazione, relativo alla
esistenza di autonoma organizzazione, avendo la C.T.R., in contraddizione
con Corte cost. n. 156 del 2001, mancato di argomentare come potesse essere
esentato da IRAP un soggetto che, anzichè privo di organizzazione e sebbene
minima, comunque di questa beneficiava, essendo insito nel lavoro autonomo
il profilo, sufficiente ai fini dell'imposizione, dell'abitualità.
Sul ricorso n. 2424/2008 di Agenzia delle Entrate.
Con il primo motivo, si deduce il vizio di violazione di legge, con riguardo al
D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3, avendo
erroneamente la C.T.R. omesso di apprezzare che una lettura del presupposto
d'imposta che, quanto al lavoratore autonomo, esiga una idoneità alla
produzione di ricchezza riferibile ai fattori organizzati prescindendo
dall'attività del titolare, condurrebbe ad un'abrogazione per tali soggetti
dell'IRAP stessa, inammissibilmente circoscritta alle sole imprese ed al solo
lavoro autonomo ma solo se in esse confluito. Con il secondo motivo, si
avanza ulteriore vizio di violazione delle stesse norme, avendo la C.T.R., in
contraddizione con i requisiti imposti ai medici convenzionati con il SSN ed ai
sensi del D.P.R. n. 270 del 2000, art. 22, mancato di argomentare come
potesse essere esentato da IRAP un soggetto che, anzichè privo di
organizzazione autonoma, comunque di questa beneficiasse, avendo assunto
in locazione i locali di esercizio di tale attività.
102