Presents Workshop di Fotografia Pinhole Prof. Michalis Epanomeritakis (mepanom) Tutti i testi sono stati spudorattamente copiati da Wikipedia®, sapevatelo! Stenoscopia, che cazzo è? La stenoscopia è un procedimento fotografico che sfrutta il principio della camera oscura per la riproduzione di immagini. La fotocamera utilizza un foro stenopeico (dal greco stenos opaios, dotato di uno stretto foro), in pratica un semplice foro posizionato al centro di un lato della fotocamera, come obiettivo. La fotocamera con foro stenopeico produce immagini poco nitide, perché i raggi luminosi provenienti dal soggetto divergono e creano piccoli cerchi. Aumentare la nitidezza richiederebbe una diminuzione del diametro e dello spessore del foro, aumentando al contempo i già prolungati tempi di esposizione. Un foro troppo stretto comporta inoltre la comparsa di problemi di diffrazione. La nitidezza, seppur non eccelsa, si estende per tutti gli oggetti inquadrati, creando una profondità di campo illimitata. Un ulteriore vantaggio determinante alla diffusione di questa tecnica, è il costo estremamente basso degli strumenti e della facilità di costruzione in proprio. Storia della camera oscura Canaletto: Basilica dei Santi Giovanni e Paolo, a Venezia. Veduta ottenuta accostando quattro fogli disegnati con l'aiuto di una camera oscura. Lo studio della camera oscura è molto antico: il primo scienziato ad occuparsene, nell'XI secolo, con largo anticipo sugli studi successivi, fu l'arabo Alhazen. I suoi studi sui raggi luminosi e sulla teoria della visione furono tradotti dal monaco Vitellione nell'opera Opticae thesaurus Alhazeni arabis. La camera oscura fu un fenomeno che Aristotele descrisse nel quarto secolo a.C. Nel 1292 Guglielmo di Saint-Cloud per le sue osservazioni astronomiche utilizzò la proiezione dell'immagine del Sole su uno schermo mediante una camera oscura, il cui funzionamento è spiegato nel prologo della sua opera Almanach planetarum. Il 24 gennaio 1544 Gèmma Rainer, detto Frisius, un fisico olandese, osservò l'eclissi di Sole proprio per mezzo di una camera oscura. Anche Leonardo la studiò, anzi arrivò a proporre di dotare il foro di una lente, cosa che fece Gerolamo Cardano. La camera oscura leonardiana venne usata come strumento per la pittura, grazie alla quale si potevano copiare paesaggi fedelmente proiettati (anche se capovolti) su di un foglio appositamente appeso. Nella sua opera del 1568, Pratica della prospettiva, Daniele Barbaro descrisse una camera oscura con lente, che permetteva lo studio della prospettiva. Da allora le camere oscure furono largamente utilizzate dai pittori nell'impostazione di quadri con problemi prospettici: alcuni quadri del Canaletto pare siano stati dipinti col suo ausilio. Anche Antonio Vallisneri possedeva una camera ottica nella propria collezione. Fin dall'inizio inoltre fu previsto di usare la camera oscura anche come lanterna magica, cioè come una sorta di proiettore di diapositive. Costruire la fotocamera L'attenzione maggiore si deve porre nella realizzazione del foro, che deve essere sottile e con diametro ridotto. Un metodo spesso utilizzato è quello di utilizzare un sottile foglio di alluminio simile a quello utilizzato nelle lattine, squadrato con lato di circa 3cm e reso sottile nella zona centrale attraverso l'azione della carta abrasiva. Riducendo lo spessore della lamina si diminuisce la vignettatura, a causa delle ombre prodotte dai bordi del foro. Il foro si ottiene utilizzando la punta di un ago sottile nella zona precedentemente lavorata. Importante è verificare con una lente di ingrandimento o con un obiettivo invertito che il foro non presenti imperfezioni e sia il più possibile rotondo. Quindi si dipinge di nero il lato interno della lamina. Un metodo per calcolare la dimensione ottimale del foro, ipotizzato per la prima volta da Jozef Petzval e migliorato da Lord Rayleigh, si basa sulla formula seguente: Dove d è il diametro, f è la lunghezza focale (la distanza tra il foro e la il materiale fotosensibile) e λ è la lunghezza d'onda media della luce. La luce visibile è una porzione dello spettro elettromagnetico compresa approssimativamente tra i 400 e i 700 nanometri (nm) (nell'aria). Mediamente è pari a 550nm e corrispondente al colore giallo-verde. Per una fotocamera 35mm la dimensione migliore è compresa tra 0,2mm e 0,3mm (non è vero neache per sogno). La lamina d'alluminio con il foro stenopeico può essere incollata al centro di un tappo precedentemente forato per l'utilizzo su una fotocamera commerciale. In alternativa, è possibile costruire una fotocamera adatta allo scopo in modo artigianale. In quest'ultimo caso, è sufficiente utilizzare una scatola di cartone e incollare la lamina su un lato e la pellicola nel lato opposto. La distanza tra il foro e la pellicola (lunghezza focale) può essere resa variabile facendo scorrere le pareti della scatola. Spostando la pellicola vicino al foro aumenterà l'angolo di campo e la luminosità, allontanando la pellicola si dovrà incrementare l'esposizione e l'angolo di campo sarà più stretto. Prima di continuare sarebbe meglio cercare di spiegare i concetti di lunghezza focale, angolo di campo, cerchio di copertura, diaframma e profondità di campo. • La lunghezza focale è la distanza, espressa in millimetri, tra il centro ottico dell'obiettivo e il piano pellicola alla quale viene messa a fuoco l'immagine di un punto posto all'infinito. Dalla lunghezza focale e dalle dimensioni della superficie sensibile dipende l'angolo di campo dell'obiettivo. A parità di dimensioni della superficie fotosensibile, più la focale è lunga, più stretto è il campo inquadrato. Convenzionalmente si considera "normale" un obiettivo la cui lunghezza focale è circa uguale alla diagonale della pellicola. Per il formato 135 (o 35 mm) si considera normale l'obiettivo da 50mm che è quello che più si avvicina alla visione umana. Gli obiettivi più corti vengono chiamati grandangolari, quelli più lunghi teleobiettivi. Obiettivi di uguale lunghezza focale usati su superfici sensibili di formato diverso hanno angolo di campo diverso. Questo diventa importante nel passaggio al digitale, in quanto le fotocamere digitali hanno, in genere, un sensore più piccolo rispetto al 35mm. Se, ad esempio, si monta un 50mm su una reflex digitale con sensore di formato APS, si avrà un angolo di campo uguale a quello di un obiettivo da 75mm sulla pellicola. Questo viene espresso da un fattore di moltiplicazione che si ricava dal rapporto fra la diagonale del 35mm e quella del sensore, in questo caso 1,5. • L'angolo di campo indica, per un obiettivo, l'estensione angolare del suo cerchio di copertura. Ai fini della registrazione dell'immagine l'angolo di campo dipende poi dalle dimensioni della superficie fotosensibile su cui l'immagine viene proiettata. Convenzionalmente si definisce, per un'ottica rettilinea (non fish-eye) di lunghezza focale f ed un supporto di registrazione di diagonale d: • Il cerchio di copertura di una lente è la dimensione (diametro) dell'immagine prodotta sul piano focale. Tale dimensione deve almeno superare la dimensione della diagonale del supporto di registrazione (fotogramma o sensore che sia) per evitare caduta di luce ai bordi (vignettatura). In un banco ottico, dove il piano focale si muove indipendentemente dall'asse ottico, al crescere del cerchio di copertura crescono le possibilità di controllo prospettico in seguito alle maggiori possibilità di decentramento del sistema piano focale/asse ottico. • Il diaframma è un'apertura solitamente circolare o poligonale, incorporata nel barilotto dell'obiettivo, che ha il compito di controllare la quantità di luce che raggiunge la pellicola (in una fotocamera convenzionale) o i sensori (in una fotocamera digitale) nel tempo in cui l'otturatore resta aperto (tempo di esposizione). Il centro del diaframma coincide con l'asse ottico della lente. Insieme al tempo di esposizione, l'apertura del diaframma determina la quantità di luce che viene fatta transitare attraverso l'obiettivo, che va quindi a impressionare la pellicola o i sensori. In modo dipendente dalla velocità della pellicola, la quantità di luce incidente su di essa (o sul sensore fotosensibile) viene a determinare l'esposizione di una fotografia. La maggior parte delle fotocamere dispone di un diaframma di ampiezza regolabile (simile, per funzione, all'iride dell'occhio) contenuto nell'obiettivo; la regolazione del diaframma si chiama apertura. A piena apertura il diaframma lascia passare, in un dato tempo, quanta più luce possibile verso il supporto sensibile; chiudendo il diaframma si riduce tale quantità di luce. Nelle fotocamere, il diaframma può essere regolato su diverse aperture, distribuite regolarmente su una scala di intervalli detti numeri f (f/numero) o f/stop o aperture diaframmali o divisioni di diaframma o più semplicemente diaframmi. La sequenza dei valori di numeri f è una progressione geometrica di ragione (circa 1,4) standardizzata al congresso di Liegi nel 1905. Comprende i seguenti valori: f/1 f/1,4 f/2 f/2,8 f/4 f/5,6 f/8 f/11 f/16 f/22 f/32 f/45 f/64 L'intervallo tra i diversi valori del diaframma viene comunemente indicato in gergo stop. I numeri f sono calcolati e ordinati in modo tale che diaframmando (cioè chiudendo il diaframma di un'intera divisione o di 1 stop) si dimezza la quantità di luce che entra a impressionare la pellicola o i sensori; chiudendolo di 2 stop si diminuisce la luce a 1/4, chiudendolo di 3 divisioni a 1/8 e così via. I numeri f esprimono il rapporto focale, cioè il rapporto tra la lunghezza focale dell'obiettivo e il diametro dell'apertura del diaframma. Pertanto a valori più bassi di f corrispondono aperture di diaframma più ampie. Ad esempio, con un obiettivo di 50mm, un'apertura del diaframma di 25mm corrisponde a f/2 mentre un'apertura di 3,125mm a f/16. In questo senso f è chiamato anche "apertura relativa", nel senso che il valore f dell'apertura è normalizzato rispetto alla lunghezza focale, ed esprime l'intensità di luce lasciata passare dal diaframma, utile ai fini del calcolo dell'esposizione. Infatti la stessa apertura relativa (per esempio f/4) corrisponde a due aperture assolute diverse in un obiettivo di lunghezza focale 50mm (apertura assoluta a f/4=50/4=12,5mm) e in un teleobiettivo 300mm (apertura assoluta a f/4=300/4=75mm); però corrisponde alla stessa intensità di luce che l'obiettivo lascia passare verso la pellicola o il sensore. A parità degli altri parametri (obiettivo, formato, ecc) la profondità di campo è fortemente influenzata dall'apertura del diaframma: se questo è completamente aperto essa assume il minimo valore, viceversa diminuendo l'apertura (l'operazione è detta diaframmare) si aumenta la profondità di campo, che raggiunge il massimo quando il diaframma è portato all'apertura minima. Diaframmi di piccole dimensioni richiedono però tempi di esposizione più lunghi e conseguentemente implicano un maggior rischio di mosso se il soggetto o la fotocamera si spostano durante l'esposizione. Diaframmi più chiusi hanno anche l'effetto di ridurre gli effetti di aberrazione ottica. Diaframmi molto chiusi provocano un peggioramento dell'immagine, dovuto alla diffrazione dei raggi luminosi per opera dei bordi del diaframma. Questi raggi diffratti dai bordi sono sempre presenti, ma il loro effetto sulla qualità dell'immagine diventa rilevante solo a diaframma chiuso, poiché in tali condizioni non è più trascurabile il rapporto tra le quantità di luce diffratta e non diffratta. La diffrazione non dipende dalla dimensione fisica del diaframma all'apertura prescelta, ma esclusivamente dal rapporto prescelto. • La profondità di campo nitido o semplicemente profondità di campo (abbreviato in PdC o DoF dall'inglese Depth of Field) è la distanza davanti e dietro al soggetto messo a fuoco che appare nitida. Per ogni impostazione dell'obiettivo, c'è un'unica distanza a cui gli oggetti appaiono nitidi; la nitidezza diminuisce gradualmente in avanti (verso il fotografo) e dietro il soggetto messo a fuoco. Il "campo nitido" è quell'intervallo di distanze davanti e dietro al soggetto in cui la sfocatura è impercettibile o comunque tollerabile; la PdC si dice essere maggiore se questo intervallo è ampio e minore se è ridotto. Per motivi legati all'angolo di incidenza dei raggi luminosi, il campo nitido è sempre più esteso dietro al soggetto a fuoco che davanti; più precisamente, la distanza perfettamente a fuoco si trova grosso modo a un terzo del campo nitido, verso il fotografo. Un punto al di fuori del campo nitido (sfocato) produce sulla pellicola un circolo di confusione, il cui diametro cresce man mano che ci si allontana dal campo nitido stesso. Per costruire una macchina fotografica a foro stenopeico ed essere sicuri che riusciate a fare una cazzo di foto vi consiglio di visitare il sito www.mrpinhole.com/calcpinh.php che mette a disposizione un Pinhole Calculator dove, inserendo la lunghezza focale, diametro del foro e altri valori vari vi permette di calcolare tempi di esposizione. In più, siccome la fotografia stenopeica è soggetta a tempi di esposizioni abbastanza lunghi e la maggior parte degli esposimetri (Zia, spiega cos'è un esposimetro per cortesia) non arriva a tempi così lunghi, qui sotto trovate un disco da ritagliare e assemblare che vi permette di trovare il tempo di esposizione che fa al vostro caso partendo appunto dalla lettura del valore del esposimetro O usando la regola del Sunny16. E CHE CAZZO E' LA REGOLA DEL SUNNY 16? La regola del sunny 16 è una regola molto semplice ed estremamente utile. La regola ci dice questo: In una giornata di sole senza nuvole, avendo il nostro soggetto illuminato direttamente, l'esposizione corretta (o che più ci avvicina) la troviamo usando come velocità di scatto la sensibilità della nostra pellicola (o sensore digitale o qualsiasi altra superficie fotosensibile) e come diaframma f/16. In pratica cosa significa? Se usiamo per esempio un rulino 100ASA, l'esposizione giusta sarà 1/100 di secondo con f/16. Col disco qui sotto si riesce a trovare la corispondenza di velocità/diaframma che fa al caso della vostra macchina pinhole. Perciò, se per esempio la vostra macchina ha un diaframma f/128 la velocità di scatto sarà ½ secondo. Troppa teoria... Facciamo qualche foto, CAZZO! Vediamo un po' sul serio come far funzionare questo giochino...
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