Manfredi Purgatorio, canto III, vv. 103-145 Dante descrive il Purgatorio come un monte suddiviso in sette cornici, corrispondenti ai sette vizi capitali: superbia, invidia, ira, accidia, avarizia, gola, lussuria. Alla base, la montagna del Purgatorio è cinta dall’Antipurgatorio: una spiaggia dove sostano, in attesa di poter accedere al Purgatorio vero e proprio, le anime dei negligenti, coloro che hanno tardato a pentirsi dei loro peccati. Tra i negligenti si trovano anche gli scomunicati che si sono pentiti solo in punto di morte. Essi sono condannati a camminare attorno alla montagna per un tempo pari a trenta volte la durata della loro scomunica. Uno di questi si rivolge a Dante: è il nobile Manfredi, figlio dell’imperatore Federico II di Svevia. Ghibellino, fu scomunicato dal papa e morì in battaglia a Benevento nel 1266, per mano del guelfo Carlo d’Angiò. 105 E un di loro incominciò: «Chiunque tu se’, così andando, volgi il viso: pon mente se di là mi vedesti unque». 108 Io mi volsi ver lui e guardail fiso: biondo era e bello e di gentile aspetto, ma l’un de’ cigli un colpo avea diviso. 111 Quand’i’ mi fui umilmente disdetto d’averlo visto mai, el disse: «Or vedi»; e mostrommi una piaga a sommo ’l petto. 114 Poi sorridendo disse: «Io son Manfredi, nepote di Costanza imperadrice; ond’io ti priego che, quando tu riedi, 117 vadi a mia bella figlia, genitrice dell’onor di Cicilia e d’Aragona, e dichi il vero a lei, s’altro si dice. 120 Poscia ch’io ebbi rotta la persona di due punte mortali, io mi rendei, piangendo, a quei che volontier perdona. 123 Orribil furono li peccati miei; ma la bontà infinita ha sí gran braccia, che prende ciò che si rivolge a lei. 14 www.contucompiti.it 126 Se ’l pastor di Cosenza, che alla caccia di me fu messo per Clemente, allora avesse in Dio ben letta questa faccia, 129 l’ossa del corpo mio saríeno ancora in co del ponte presso a Benevento, sotto la guardia della grave mora. 132 Or le bagna la pioggia e move il vento di fuor dal regno, quasi lungo il Verde, dov’e’ le trasmutò a lume spento. 135 Per lor maladizion sí non si perde, che non possa tornar, l’etterno amore, mentre che la speranza ha fior del verde. 138 Vero è che quale in contumacia more di Santa Chiesa, ancor ch’al fin si penta, star li convien da questa ripa in fore, 141 per ogni tempo ch’elli è stato, trenta, in sua presunzion, se tal decreto più corto per buon prieghi non diventa. 15 144 Vedi oggimai se tu mi puoi far lieto, revelando alla mia buona Costanza come m’hai visto, e anche esto divieto; ché qui per quei di là molto s’avanza. www.contucompiti.it Preghiera alla Vergine Paradiso, canto XXXIII, vv. 1-27 Dante è ormai prossimo alla conclusione del suo viaggio. Sotto la guida di Beatrice, ha attraversato i nove cieli che circondano la Terra ed è giunto nell’Empireo. Qui è collocata la candida rosa, il luogo in cui siedono i beati alla presenza di Dio. All’ingresso nell’Empireo, Beatrice cede il ruolo di guida a san Bernardo. Questi rivolge una preghiera a Maria, perché a Dante sia concesso di sostenere la visione di Dio. 3 Vergine madre, figlia del tuo figlio, umile e alta più che creatura, termine fisso d’etterno consiglio, 6 tu se’ colei che l’umana natura nobilitasti sí, che ’l suo fattore non disdegnò di farsi sua fattura. 9 Nel ventre tuo si raccese l’amore per lo cui caldo nell’etterna pace così è germinato questo fiore. 12 Qui se’ a noi meridiana face di caritate, e giuso, intra i mortali, se’ di speranza fontana vivace. 15 Donna, se’ tanto grande e tanto vali, che qual vuol grazia ed a te non ricorre, sua disianza vuol volar sanz’ali. 18 La tua benignità non pur soccorre a chi domanda, ma molte fiate liberamente al dimandar precorre. 21 In te misericordia, in te pietate, in te magnificenza, in te s’aduna quantunque in creatura è di bontate. 24 Or questi, che dall’infima lacuna dell’universo infin qui a vedute le vite spiritali ad una ad una, 27 supplica a te, per grazie, di virtute tanto, che possa con li occhi levarsi più alto verso l’ultima salute. 16 www.contucompiti.it
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