in prima persona Finalmente capisco adesso sui capitoli Espedienti e Durata della vita del Tathagata Conversazione IMMAGINARIA con i nostri MAESTRI di Alessandra Chirivino Perché noi che pratichiamo il Buddismo di Nichiren Daishonin leggiamo due volte al giorno due capitoli del Sutra del Loto e perché proprio i capitoli Espedienti (giapp. Hoben) e Durata della vita del Tathagata (giapp. Juryo)? Provo a ripercorrere alcune tappe della mia esperienza di fede guidata dalle risposte dei miei maestri. Nichiren Daishonin: «[...] benché nessun capitolo del Sutra del Loto sia trascurabile, fra i ventotto capitoli, i capitoli Espedienti e Durata della vita sono particolarmente importanti, tutti gli altri sono come loro rami e foglie. Ti consiglio quindi nella tua pratica giornaliera di leggere le parti in prosa dei capitoli Espedienti e Durata della vita. Inoltre puoi anche trascriverle. Gli altri ventisei capitoli sono come l’ombra che segue il corpo o come il valore contenuto in un gioiello. Se leggi i capitoli Espedienti e Durata della vita, tutti gli altri saranno inclusi anche senza leggerli» (La recitazione dei capitoli Espedienti e Durata della vita, RSND, 1, 63). Mille sono le domande che mi sono posta sulla recitazione di Gongyo da quella prima riunione in cui mi spiegarono che la pratica del Buddismo sarebbe passata anche attraverso la lettura di una preghiera scritta in affascinanti ideogrammi la cui pronuncia appariva molto 20 BUDDISMO e SOCIETà /163 complicata. Sono una persona diligente e decisi di studiare il Sutra del Loto e approfondirne il significato. Passai del tempo a ritagliare le parole della traduzione del sutra e incollarle sotto ogni ideogramma del libretto, così da avere ben chiaro quello che dicevo. Josei Toda: «Ci si potrebbe chiedere quanto sia efficace recitare il Sutra del Loto senza comprenderne il significato. […] Anche se la maggior parte di noi fa Gongyo senza una chiara e precisa comprensione delle parole, la sua essenza si trova comunque nella profondità della nostra vita, nel regno dell’inconscio, dove possiamo afferrare il più profondo significato del Sutra del Loto» (Il Sutra del Loto. I capitoli Hoben e Juryo, Esperia 1991, p.18). Naturalmente non avevo alcuna coscienza che da quel momento due volte al giorno avrei dichiarato l’intento di seguire il mio maestro nella non semplice strada di rendere felice me stessa e tutti gli altri esseri umani con cui sarei entrata in relazione durante la mia vita. In parole povere realizzare kosen-rufu. Forse se l’avessi capito subito ne sarei stata atterrita e certamente mi sarei sentita inadeguata. Ma la verità è che col tempo capiamo e soprattutto percepiamo sempre di più recitando Daimoku noi e il Sutra del Loto Hoben e Juryo per mano a Josei Toda Il cuore del Sutra del Loto è racchiuso in questi due capitoli, che si può dire contengano il messaggio centrale del sutra: l’asserzione che tutte le persone possono diventare Budda come Shakyamuni e l’interpretazione che chiarisce teoricamente questa possibilità, dando una esemplificazione del principio del mutuo possesso dei dieci mondi (cfr. Josei Toda, Il Sutra del Loto. I capitoli Hoben e Juryo, Esperia 1991, p. 18-19). È nel secondo capitolo, Espedienti (Hoben), che Shakyamuni comincia a rivelare la sua Illuminazione ai discepoli e spiega per la prima volta che tutte le persone sono in grado di ottenere la Buddità. La parola hoben (giapp. mezzo, espediente) si riferisce al fatto che ciò che è stato insegnato negli anni che precedono la spiegazione del Sutra del Loto ha solo valore preparatorio, un “espediente” per condurre le persone al vero insegnamento, e anche che le attività svolte dai comuni mortali dei nove mondi non sono che i “mezzi” (hoben) con i quali esprimono la Buddità (cfr. op. cit. p. 19-20). Nel capitolo sedicesimo, Durata della vita del Tathagata (Juryo), Shakyamuni dichiara di aver raggiunto la Buddità prima di questa vita, in un tempo incredibilmente lontano (gohyaku jintengo). Con tale rivelazione mostra l’eternità della natura di Budda inerente a tutti gli esseri umani: una condizione che non si trova in un tempo o luogo ideale, non appartiene all’esperienza esistenziale di una persona dalle qualità eccezionali, ma è inerente alla vita di tutti. Nessuno aveva mai considerato la possibilità che Shakyamuni potesse essere stato un Budda prima di allora, e quando ottenne la Buddità tutti pensarono che l’avesse conseguita perché era una persona fuori dal comune. Invece, avendo vissuto in questo mondo alla ricerca della Via anche se già aveva ottenuto l’Illuminazione, Shakyamuni dimostra che non esiste differenza fra lui e tutti gli altri esseri umani (cfr. op. cit., che questo desiderio risiede in tutti noi, solo che è sepolto da strati di abitudini, sofferenza ed egocentrismo. Fino a che non decidiamo di cambiare questa situazione, fino a che non è giunto il tempo (niji). Daisaku Ikeda: «“A quel tempo” (niji) del capitolo Espedienti è il momento in cui il Budda dà p. 10-11). In altre parole, i nove mondi sono presenti anche nella vita di un illuminato. Ciò fa eco al principio rivelato nel capitolo Hoben secondo cui i comuni mortali dei nove mondi possiedono indistintamente il mondo di Buddità: la Buddità non può esistere separatamente dai nove mondi e viceversa, perché tutti e dieci sono sempre inerenti alla vita (cfr. op. cit. p. 23). Toda fa riflettere sul fatto che entrambi i capitoli insegnano l’inseparabilità della Buddità e dei nove mondi, anche se la mostrano secondo differenti punti di vista. L’Hoben rivela che i nove mondi possiedono la Buddità (le persone comuni possono tutte conseguire la Buddità), mentre il Juryo dichiara che essi sono contenuti nella Buddità (il Budda ha tutte le caratteristiche del comune mortale). Inoltre l’Hoben mostra la Buddità come un potenziale presente nella vita delle persone, mentre il Juryo la descrive come una realtà manifesta nella persona di Shakyamuni (cfr. op. cit. p. 24). (mm) inizio alla predicazione per salvare tutti gli esseri e in cui i discepoli sono pronti ad ascoltare il suo insegnamento. è l’attimo in cui i cuori dei discepoli sono in sintonia con il cuore del maestro, in cui maestro e discepoli si dedicano insieme alla felicità del genere umano» (Daisaku Ikeda, I capitoli Hoben e Juryo, Esperia, 2005, p. 18). BUDDISMO e SOCIETà /163 21 Ma presto la lettura di Gongyo fu abbreviata, il che portò in molti, compresa me, un sospiro di sollievo per quel tempo guadagnato alla vita quotidiana, e soprattutto significò conoscere per la prima volta la capacità della Soka Gakkai di cambiare le regole senza intaccare la sostanza della dottrina buddista, qualità quasi sconosciuta in molte organizzazioni, e che rivela una grande attenzione verso ogni singolo componente e le sue esigenze e una salda convinzione dei principi di base su cui si fonda. Nichiren Daishonin: «Abbracciare, leggere, recitare e trarre gioia da tutti gli otto volumi e ventotto capitoli del Sutra del Loto è la pratica estesa. Accettare, sostenere e proteggere i capitoli Espedienti e Durata della vita è la pratica abbreviata. Recitare semplicemente una strofa di quattro versi o il Daimoku e proteggere chi li recita è la pratica essenziale. Perciò tra queste tre pratiche – quella estesa, quella abbreviata e quella essenziale – il Daimoku rientra nella pratica essenziale» (Il Daimoku del Sutra del Loto, RSND, 1, 123). La mia ricerca dura da dodici anni. Caparbiamente recito Gongyo mattina e sera cercando in quelle parole ormai familiari il senso dell’azione che sto facendo. A volte è faticoso, a volte sono stanca, sfiduciata, a volte vorrei risposte chiare nei nostri tempi umani. È lì che fare Gongyo diventa un precetto, un obbligo di cui non capisco il senso. Ma continuo a farlo, a volte per abitudine, senza molta convinzione. Questo sforzo costante e lo spirito di ricerca, che in alcuni momenti rasenta la testardaggine, mi porta a leggere il Sutra del Loto, a studiarlo, approfondirlo e recitarlo ad alta voce per sentirne il suono armonioso. Scopro così che invece di un vecchio testo poco chiaro ho davanti la risposta a tutte le mie domande: ecco, è scritto qui, e Shakyamuni lo ha predicato molto tempo fa ma sembra dirlo proprio a me adesso, mi racconta gli episodi della mia vita in maniera chiara, leggera, facile da comprendere e piacevole da leggere. E mi dà la soluzione. Che scoperta! Josei Toda: «Nel capitolo Hoben Shakyamuni 22 BUDDISMO e SOCIETà /163 comincia a rivelare la sua Illuminazione ai discepoli. Per la prima volta spiega che tutte le persone sono ugualmente in grado di ottenere la Buddità. Nel capitolo Juryo dichiara di aver raggiunto effettivamente la Buddità prima di questa vita nel lontano passato di gohyaku jintengo (un periodo inconcepibilmente lungo, n.d.r.). Con tale rivelazione mostra l’eterna natura di Budda inerente a tutti gli esseri umani. Nichiren Daishonin insegnò che Nam-myoho-renge-kyo è la Legge venerata da Shakyamuni per ottenere l’Illuminazione nel lontano passato di gohyaku jintengo. Recitando il capitolo Juryo noi lodiamo il grande potere di Nam-myoho-renge-kyo mentre con l’Hoben esprimiamo la convinzione che il potere di Nam-myoho-renge-kyo inerente alla nostra vita si manifesterà e ci condurrà alla Buddità. Con questa aspettativa in noi lodiamo la Legge suprema, Nam-myoho-renge-kyo» (Il Sutra del Loto. I capitoli Hoben e Juryo, Esperia 1991, p. 19). Quindi deduco che le risposte che cerco sono contenute proprio nell’affidarsi, nel lasciarsi andare alla nostra natura di Budda. Allora il gioco è fatto, in questo modo possiamo “semplicemente” godere della recitazione di Gongyo e della vibrazione che fa partire una gioia intensa e infinita e che ci fa sentire a ritmo con le parole e con il significato di quello che pronunciamo. Josei Toda: «La recitazione del sutra ci consente di lodare il Gohonzon con tutto il nostro essere. […] Con la pratica di Gongyo possiamo sentire l’inesauribile forza vitale della Buddità che emerge dalla profondità di noi stessi» (Ibidem, p. 18). Stasera sono seduta comodamente davanti al Gohonzon, come di fronte a una persona importante con cui ho un appuntamento che attendevo da tempo e per questo composta, concentrata ma soprattutto consapevole che non è necessaria la conoscenza per godere della gioia di recitare Gongyo. E così inizia al galoppo il viaggio interiore con la mia natura di Budda insieme al mio maestro, e non ho più bisogno di farmi domande.
© Copyright 2024 ExpyDoc