ICO 2013-14 Appunti 1-2

Informatica per la comunicazione"
- lezioni 1 e 2 [email protected]"
cs.unibg.it/verdicch/ico.html"
Orario:
martedì 13-14 Rosate 1"
giovedì 9-11 Salvecchio 2"
Ricevimento:
giovedì 14:30
[email protected] 30 ore
Inizio: 11 febbraio 2014
Fine: 6 maggio 2014"
Non c’è lezione:
martedì 18 marzo
giovedì 17 aprile
martedì 22 aprile
giovedì 24 aprile"
giovedì 1 maggio"
Indicazioni
bibliografiche e materiale didattico
sul sito del corso Modalità d’esame:"
esame scritto"
parte A – questionario con 20 domande (minimo:13/20)
parte B – 2 domande da 5 punti Informatica per la comunicazione
Il titolo del corso sembra appoggiarsi sull’ipotesi che
l’informatica fornisca un supporto alla
comunicazione.
Innanzitutto accertiamoci del fatto che vi sia un
supporto, e poi cerchiamo di capire di che tipo di
supporto si tratta."
Una premessa: che cosa intendiamo per comunicazione? "
Ogni operazione che permetta la trasmissione di un concetto tra le due entità
comunicanti, tipicamente due persone."
Il concetto può essere trasmesso tramite una conversazione, uno scritto, oppure
(adottando mezzi di comunicazione nati più di recente) attraverso una video-chat su
Skype, oppure un messaggio su Facebook."
Di questi vari modi di
comunicare, prendiamo ad
esempio i libri, e vediamo se
l’informatica effettivamente
supporta questo tipo di
comunicazione."
Lo scrittore americano, diventato famoso a livello
mondiale col suo terzo romanzo “Le correzioni”, ha
di recente pubblicato “Libertà”, la cui uscita è stata
accompagnata da un’intervista con Time Magazine,
di cui segue un brano."
Jonathan Franzen
Franzen works in a rented office that he has
stripped of all distractions. He uses a heavy,
obsolete Dell laptop from which he has scoured
any trace of hearts and solitaire, down to the level
of the operating system. Because Franzen believes
you can't write serious fiction on a computer that's
connected to the Internet, he not only removed the
Dell's wireless card but also permanently blocked
its Ethernet port. "What you have to do," he
explains, "is you plug in an Ethernet cable with
superglue, and then you saw off the little head of
it.”"
Time Magazine, agosto 2010"
A giudicare dalle sue parole, l’informatica sembra
essere più una distrazione dalla letteratura che un
supporto alla letteratura. Eppure Franzen ha usato
un computer per scrivere il suo romanzo, e non una
macchina da scrivere o carta e penna."
In qualche modo, un computer ha aiutato Franzen nell’impresa di scrivere e
pubblicare un libro. Uno strumento tipicamente informatico, quindi, ha di fatto fornito
un supporto a un tipo particolare di comunicazione."
Ma fin dove si può spingere tale supporto? Fino a che punto un computer può
aiutare uno scrittore nella stesura di un romanzo?
C’è chi ha posto un limite molto forte alle possibilità di un computer in ambito
letterario: affermando che il significato stesso delle parole, componente
fondamentale di ogni processo comunicativo, è di fatto una realtà non accessibile a
un computer. Vediamo come questo enorme limite è stato paventato con
l’esperimento della cosiddetta “stanza cinese”."
La stanza cinese."
La “stanza cinese” è un esperimento mentale (Gedankenexperiment, in tedesco),
ossia non è un esperimento scientifico nel senso classico del termine, in cui dei
dispositivi sono stati usati in un laboratorio per verificare una teoria. Si tratta bensì del
frutto del pensiero del filosofo Searle, che nell’articolo “Minds, brains, and programs”
del 1980 ha illustrato a parole una situazione immaginaria, ma non assurda e in teoria
realizzabile, per dimostrarci la sua tesi."
John Searle
La stanza cinese funziona come segue.
Bisogna immaginare di avere una stanza chiusa, con dentro una
persona (ad es. John Searle stesso) che ha tutto quanto necessario
alla sopravvivenza (cibo, acqua, aria, etc), e che non conosce la lingua
cinese. Dall’esterno la stanza appare come un grande cubo, con solo
una tastiera cinese su una parete, e una fessura sulla parete opposta,
da cui possono uscire dei fogli. La tastiera permette a una persona
esterna alla stanza che conosce il cinese di immettere delle frasi nella
lingua. La tastiera è collegata con un monitor all’interno della stanza
che visualizza gli ideogrammi digitati sulla tastiera. Searle, pur non
conoscendo il cinese, ha a sua disposizione un manuale che gli indica,
per ogni sequenza di ideogrammi sul monitor, un’altra sequenza di
ideogrammi che lui deve prelevare da uno schedario e mandare verso
l’esterno della stanza attraverso la fessura. Pur non capendo niente di
cinese, seguendo il manuale Searle risponde alle frasi sul monitor, e
se il manuale è scritto bene, la persona all’eterno della stanza avrà
l’impressione che la stanza sappia parlare il cinese, insomma che si
tratti di una stanza cinese."
Che cosa vuol dimostrare Searle con l’esperimento della stanza
cinese? Che è possibile creare un sistema automatico di dialogo in
una certa lingua senza però che vi sia comprensione delle parole di
tale lingua. Di fatto, il Searle dell’esperimento continua a non capire il
cinese e ad appoggiarsi sul manuale all’interno della stanza, ed
essendo l’unico essere vivente all’interno di essa, se non capisce lui il
cinese, sicuramente nient’altro presente nella stanza può farlo."
A quanto pare, se anche un giorno si riuscisse a costruire una
macchina in grado di dialogare con gli esseri umani, essa non sarebbe
caratterizzata dall’intelligenza che gli esseri umani usano per parlare.
Innanzitutto una precisazione: l’esperimento mentale di Searle
continua a suscitare critiche e polemiche, e se molti lo ammirano per
questo modo di presentare la questione, non sono pochi quelli che
non lo ritengono valido (ad es. dicono che il manuale non può esistere,
e che quindi una delle premesse del suo ragionamento è falsa, oppure
dicono che se anche Searle non capisce il cinese, il sistema Searle +
stanza lo capisce, etc. etc.)
Con il suo esperimento mentale, Searle vuole suggerirci che possiamo
vedere i computer come delle macchine costruite per lavorare con i
segni (gli stessi segni che sono presenti sul monitor nella stanza
cinese o sul monitor del vostro portatile) senza che vi sia alcuna
comprensione del loro significato."
Segni."
Com’è lavorare con dei segni di cui non si conosce il significato?"
⽝犬 赤 道
All’interno della stanza cinese."
Significati."
Che cosa vogliono dire quei segni?"
Sbagliato."
Informatica per la comunicazione
Però, a pensarci bene, nella slide precedente non c’è un cane vero e proprio, ma una
rappresentazione di un cane, per di più fatta per mezzo di un programma di un
computer (in questo caso, Microsoft PowerPoint). Se anche Searle ha ragione, e non
riusciremo mai a creare significato all’interno del computer, abbiamo la prova
concreta nella slide precedente del fatto che si riesce comunque a trasmettere del
significato (in questo caso, l’idea di “cane”) per mezzo del computer. Allora, forse, c’è
un modo di sostenere la comunicazione per mezzo dei computer e dell’informatica."
Strumenti per
elaborare segni
(simboli)."
Se vediamo i computer come degli strumenti per l’elaborazione automatica di segni,
e lasciamo la briga di associare a tali segni un significato agli esseri umani che usano
i computer, forse riusciamo comunque ad aiutare dei comunicatori nel loro lavoro
(come ad esempio lo scrittore Franzen).
Attenzione: spesso useremo il termine “simbolo” al posto di “segno”, perché
tradizionalmente in informatica si parla di “elaborazione simbolica” e non di
“elaborazione dei segni”."
8"
simbolo"
simbolo"
Questa è una semplificazione introdotta dagli informatici, che ignorano la grande
differenza che c’è, ad esempio, tra il leone, che è simbolo di coraggio, forza, maestà,
etc. etc. e un semplice segno come la cifra ‘8’ (che a sua volta può acquistare valore
simbolico in determinati contesti).
Questa, però, non è una colpa grave: abbiamo ben visto quanto difficile sia inglobare
i significati negli strumenti utilizzati dagli informatici, quindi è quasi naturale che in
informatica non si faccia distinzione tra simboli e segni."
Strumenti per
elaborare
simboli"
Studieremo quindi l’informatica come la disciplina che si occupa degli strumenti per
l’elaborazione automatica di simboli."
Strumenti per
elaborare
simboli"
Vedremo quali sono i simboli con cui si tende a lavorare in informatica."
Strumenti per
elaborare
simboli"
Vedremo che cosa si intende per elaborazione."
Strumenti per
elaborare
simboli"
E vedremo, cercando di non scendere troppo nei dettagli tecnici,
come sono fatti questi strumenti."
Diamo una rapida occhiata al momento e al
personaggio storico che vengono visti come l’inizio
dell’informatica come la conosciamo oggi, pur
dovendo riconoscere meriti a molti che hanno
contribuito nel passato e hanno reso possibile tale
inizio."
Alan Turing, matematico
inglese nato nel 1912, è
u n i v e r s a l m e n t e
considerato il padre
dell’informatica. In realtà ci
sono stati altri studiosi
prima di lui, ad esempio
Babbage, che avevano già
lavorato alla costruzione di
macchine calcolatrici, ma il
contributo di Turing è stato
talmente importante che i
suoi articoli scientifici
vengono riconosciuti come
il punto d’inizio di questa
disciplina. Tu r i n g e r a a n c h e u n
crittografo, e ha fornito un
contributo fondamentale
alla decifrazione dei codici
segreti usati dai Nazisti
durante la II guerra
mondiale."
Alan Turing
Nell’articolo del 1936 “On
computable numbers with an
a p p l i c a t i o n t o t h e
Entscheidungsproblem”, Turing
descrive non una macchina
calcolatrice fisicamente costruita o
un progetto di costruzione di una tale
macchina, bensì un modello astratto
(chiamato da allora “Macchina di
Turing”) che descrive il
funzionamento di un apparato molto
semplice ma generale, ossia in
grado di eseguire tutte le operazioni
matematiche che normalmente un
essere umano esegue con carta e
penna. Lo scopo di Turing era quello
di fornire una dimostrazione di
principio del fatto che le operazioni
matematiche sono automatizzabili."
La macchina di Turing comprende: 1) Un sistema di controllo che può
trovarsi in uno tra diversi stati. Il
numero di possibili stati è finito.
2) Un nastro infinito diviso in celle,
ciascuna delle quali può contenere
un simbolo di un alfabeto
qualunque. L’infinitezza del nastro
rappresenta la possibilità di trovare
sempre nuovo spazio dove scrivere
e conservare informazioni.
3) Una testina di lettura e scrittura
che può leggere il simbolo nella
cella in cui la testina si trova, oppure
scrivere un simbolo nuovo. La
scrittura è una sovrascrittura: se c’è
già un simbolo nella cella esso viene
sovrascritto."
La macchina di Turing funziona
seguendo una sequenza di
comandi. Tutti i comandi hanno la
stessa seguente struttura:
se ti trovi nello stato q, e la testina
si trova in un cella con un simbolo
s, allora scrivi il simbolo s’, muovi
la testina col movimento m’, e
passa al nuovo stato q’.
Un movimento della testina consiste
in una delle seguenti possibilità:
1) spostamento alla cella subito a
sinistra dell’attuale;
2) spostamento alla cella subito a
destra dell’attuale;
3) nessuno spostamento: la testina
rimane sulla stessa cella."
Computer."
La macchina di Turing appare come
uno strumento molto semplice, ai
limiti del rudimentale. Risulta difficile
immaginare che sia la base su cui
sono costruiti i computer come li
conosciamo noi oggi.
Va detto che ai tempi di Turing la
parola “computer” aveva un
significato diverso da quello di oggi."
La parola “computer” designava in origine una persona che
computa, che fa di conto, similmente a “player” che vuol
dire “giocatore”, o “speaker” che vuol dire “parlante”,
“oratore”. "
La persona che fa di conto con carta e penna in figura (la calcolatrice è fuori luogo e
deve essere ignorata) è il modello che ha ispirato Turing nella costruzione della sua
macchina. Lo scopo iniziale era quello di avere una descrizione formale delle
operazioni matematiche, per poi indagare sulle possibilità di automatizzarle. Ai tempi
di Turing, comunque, non c’era ancora la tecnologia per realizzare il computer come
lo conosciamo noi."
Intelligenza?"
In un altro suo articolo, “Computing machinery and intelligence” del 1950, Turing, a
suo modo un grande visionario, spinge in avanti il discorso, considerando la
possibilità non solo di poter effettivamente costruire macchine calcolatrici basate sul
suo modello, ma anche di poterle utilizzare per automatizzare operazioni sempre più
complesse, tali da far assumere alle macchine di Turing un comportamento che si
potrebbe definire “intelligente”."
Il gioco
dell’imitazione."
Definire il concetto di “intelligenza” è tutt’altro che semplice, perché sotto il cappello
di questo termine possiamo far rientrare numerose capacità e facoltà degli esseri
umani, anche molto diverse tra di loro (ad esempio, saper fare rapidamente le
moltiplicazioni, saper leggere le emozioni sui visi delle persone, saper gestire
un’impresa commerciale).
Tale complessità era ben nota anche a Turing, il quale ha infatti ribadito di voler fare
un’indagine sull’intelligenza (e sulla potenziale intelligenza delle sue macchine) solo
da un punto di vista molto ristretto e ben delimitato, che egli ha descritto col gioco
dell’imitazione."
La figura illustra il gioco dell’imitazione nella sua forma originale.
C è la “cavia”, ed è separato da A (un uomo) e B (una donna) da uno schermo, che
non gli permettere di vederli né di sentirli: C comunica con loro tramite messaggi
scritti. C sa che oltre lo schermo ci sono un uomo e una donna, e il suo scopo è
quello di capire, per mezzo di una serie di domande, chi sia l’uomo e chi sia la
donna. Lo scopo di A è quello di ingannare C, e infatti risponde cercando di imitare
una donna nelle sue risposte, mentre lo scopo di B è quello di far capire a C la
verità. Turing propone di considerare intelligente quella macchina che, messa al
posto dell’uomo A, riesce a ingannare C un numero pari o superiore di volte rispetto
ad A. "
Turing stesso ha proposto una variante del gioco, che nel
corso degli anni si è diffusa molto più della versione
originale, entrando nell’immaginario collettivo in maniera
più profonda, motivo per cui è oggi nota col nome di
“versione standard”.
C è anche questa volta la cavia, e sa che oltre lo schermo
ci sono un computer e un essere umano che dialogano
per iscritto con lui. Il computer ha lo scopo di farsi
passare come essere umano, e di fare credere a C che B
è una macchina che si finge umana, mentre B deve far
capire a C la verità. Viene considerato intelligente il
computer che riesce nei suoi intenti.
Notate come la versione standard sia molto meno equa
della versione originale nei confronti del computer. Nella
versione originale lo scontro è tra un uomo che deve
fingersi qualcosa che non è (una donna) e un computer
che anche’esso deve fingersi qualcosa che non è (di
nuovo, una donna). Nella versione standard, invece, lo
sforzo della finzione è tutto a carico del computer, visto
che l’essere umano non deve fare altro che essere se
stesso (senza distinzione di sesso)."
La visione di Turing ha avuto un enorme impatto sulla
nascente disciplina dell’informatica, e molti studiosi si
sono imbarcati nell’impresa di studiare i diversi aspetti
dell’intelligenza umana e di descriverli in una maniera tale
da renderli automatizzabili ed eseguibili su una macchina
calcolatrice modellata su quella originariamente proposta
da Turing, con eventuali migliorie e sofisticazioni.
Questa branca dell’informatica prende il nome di
“intelligenza artificiale”, e si è sviluppata dagli anni ‘50 in
poi.
Nonostante i grandi sforzi e nonostante i risultati anche
notevoli ottenuti nel corso degli anni (“Spirit”, il robot che
autonomamente ha esplorato il terreno di Marte è forse
l’esempio più eclatante), ancora non si è riusciti a
catturare con una macchina l’aspetto dell’intelligenza che
le permette di dialogare con noi come un essere umano.
Cerchiamo ora di capire quali sono le difficoltà che si
incontrano in questa impresa."
Proviamo a seguire il percorso
inverso rispetto a quello di Turing:
anziché far imitare gli esseri umani
alle macchine, proviamo a metterci
nei panni di una macchina
calcolatrice che ha il compito di
dialogare con gli esseri umani,
ossia di padroneggiare almeno
quanto noi il linguaggio che usiamo
per comunicare. Ecco un esempio dalla mensa.
Dovessimo seguire fedelmente
quanto scritto (come ci
immaginiamo faccia una macchina
governata da comandi ben precisi),
ci dovremmo sentire in obbligo di
prendere due tovaglioli, e
dovremmo considerare le persone
con un solo tovagliolo o addirittura
senza tovaglioli come dei
trasgressori.
Ovviamente questo non avviene
nella realtà, ma perché?"
L’assurdità di un’ipotetica situazione del genere ci appare
immediatamente ovvia, eppure se vogliamo metterne
nero su bianco le motivazioni le cose non sono così
immediate.
Da esseri umani nati e cresciuti nel contesto in cui
viviamo, siamo abituati a dare per scontato un numero
enorme di informazioni che sono necessarie perché il
significato dell’avviso sui tovaglioli sia chiaro: si possono
prendere al massimo due tovaglioli perché i tovaglioli
sono fatti di carta e la carta viene fatta col legno degli
alberi e dobbiamo preservare gli alberi perché ci aiutano
ad assorbire l’anidride carbonica presente nell’aria
emessa dai mezzi di trasporto e dalle industrie, inoltre gli
alberi svolgono un ruolo fondamentale nell’equilibrio
dell’ecosistema etc etc…
Queste informazioni, necessarie per un dialogo “normale”
tra esseri umani o tra esseri umani e macchine, possono
essere date per scontate tra persone che provengono
dallo stesso contesto, ma devono essere specificate tutte
per poter istruire un’entità che non conosce tale contesto
(un bambino piccolo oppure una macchina di Turing, ad
esempio)."
Ecco un altro esempio dalla mensa.
Se devo uscire dall’edificio per
andare a lezione, non mi trovo forse
in un caso di necessità? Dovrei in
teoria sentirmi perfettamente
legittimato a usare la porta con la
manigli antipanico. Eppure tutti gli
studenti e i docenti presenti hanno
usato l’uscita principale."