Consiglio di Stato n 5286-2013

N. 09493/2009 REG.RIC.
17/02/14 15:00
N. 05286/2013REG.PROV.COLL.
N. 09493/2009 REG.RIC.
R E P U B B L I C A
I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9493 del 2009, proposto
dall’associazione A.I.P.O.P. - Associazione Interprovinciale Produttori
Olivicoli Pugliesi – società consortile a responsabilità limitata, in persona
del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Ferdinando
Albisinni e Sandro Amorosino, con domicilio eletto presso Ferdinando
Albisinni in Roma, via Ciro Menotti, 4
contro
Ministero delle politiche agricole e forestali, in persona del Ministro pro
tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello
Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12; Agecontrol s.p.a., in
persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati
Pasquale Varone, Maria Luisa Madera e Fabio Russo, con domicilio eletto
presso Pasquale Varone in Roma, Lungotevere della Vittoria, 9
nei confronti di
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Pietro Bungaro, Felice Cellie, Isabella Melacca
per la riforma della sentenza del t.a.r. della puglia – sezione straccata di
lecce, sezione i, n. 1883/2009
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero delle politiche agricole,
alimentari e forestali, nonché della società Agecontrol s.p.a.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 luglio 2013 il Cons. Claudio
Contessa e uditi per le parti gli avvocati Albisinni, Amorosino e Varone,
nonché l’avvocato dello Stato Volpe;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue
FATTO
L’Associazione Interprovinciale Produttori Olivicoli Pugliesi soc. consortile
a r.l. (d’ora in poi: ‘l’associazione A.I.P.O.P.’ o: ‘l’associazione appellante’)
riferisce di essere stata riconosciuta come associazione di produttori di olio
di oliva ai sensi dei pertinenti regolamenti comunitari (e, in particolare, ai
sensi dell’articolo 5 del regolamento (CEE) 17 luglio 1984, n. 2261 “Regolamento del Consiglio che stabilisce le norme generali relative all'aiuto alla
produzione e alle organizzazioni di produttori di olio d'oliva” -).
Come è stato rilevato dai primi Giudici, a seguito di alcune attività ispettive
eseguite da parte dell’organo di controllo (Agecontrol s.p.a.) nei confronti
dell’associazione predetta, veniva avviato in due tempi il procedimento
sanzionatorio di cui all’art. 5 del regolamento (CEE) n. 2261 del 1984.
Pur a seguito della presentazione delle previste memorie da parte
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dell’associazione interessata, il Ministero di settore adottava comunque, in
data 31 ottobre 1995 ed a seguito del parere della apposita commissione
consultiva, l’impugnato decreto (notificato solo il successivo 13 novembre)
con cui veniva revocato il riconoscimento, a suo tempo concesso, per i
seguenti motivi: a) inidoneità della struttura organizzativa (in particolare
dovuto ad irregolari verifiche effettuate dall’associazione, nonostante il
ricorso a numerosi consulenti esterni finanziati dalla comunità europea); b)
inaffidabilità del quadro contabile; c) “non chiara separazione tra l’attività
dell’associazione” e quella condotta a titolo privato (agenzia assicurativa) dal
Presidente dell’associazione medesima, entrambe svolte nello stesso
immobile.
L’associazione interponeva dunque gravame dinanzi al T.A.R. per la Puglia
– Sezione staccata di Lecce per violazione di legge, difetto di motivazione,
violazione del giusto procedimento, eccesso di potere per erroneità dei
presupposti, travisamento dei fatti, carenza di istruttoria e violazione del
principio di proporzionalità (ricorso n. 3426/1995).
Con la sentenza in epigrafe, il Tribunale amministrativo adito respingeva il
ricorso in questione, ritenendolo infondato.
La sentenza in questione è stata impugnata dall’associazione A.I.P.O.P., la
quale ne ha chiesto la riforma articolando i seguenti motivi:
1) Preliminarmente: violazione di legge con riferimento all’art. 5, par. 3 del Reg. (CE)
n. 2261/84 e all’art. 4 della legge 23 dicembre 1986, n. 898 – Decadenza – Carenza
di potere – Omessa pronuncia. I primi Giudici avrebbero omesso di considerare
che il provvedimento di revoca fosse stato notificato in un momento
successivo a quello dell’inizio della campagna olearia 1995/1996 (ed infatti,
la campagna in questione era iniziata il 1° novembre 1995, mentre il
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provvedimento di revoca – adottato il 31 ottobre 1995 – era stato notificato
all’associazione appellante soltanto il successivo 13 novembre 1995).
In tal modo, l’amministrazione appellata avrebbe violato la previsione di cui
al paragrafo 3 dell’articolo 5 del regolamento (CE) n. 2261/1984, secondo
cui “le organizzazioni di produttori riconosciute dichiarano all'autorità competente,
entro il 30 giugno di ogni anno, le eventuali modifiche di struttura verificatesi dopo il loro
riconoscimento o dopo la loro ultima dichiarazione annuale, nonché le eventuali domande
di ritiro o di adesione ricevute. In base a tale dichiarazione e ai risultati degli eventuali
controlli, l'autorità competente si assicura che le condizioni richieste per il riconoscimento
continuino ad essere adempiute (…) Se tali condizioni non sono più adempiute o la
struttura di una organizzazione non consente di verificare la produzione dei suoi
membri, l'autorità competente procede senza indugio e comunque prima dell'inizio della
campagna successiva [i.e.: prima del 1° novembre dell’anno di riferimento,
n.d.E.] alla revoca del riconoscimento e comunica tale decisione alla Commissione”.
Sotto altro aspetto, i primi Giudici avrebbero omesso di rilevare che le
modalità di notificazione delle contestazioni da parte dell’Amministrazione
appellante si fossero poste in contrasto con le previsioni di cui all’articolo 4
della legge 23 dicembre 1986, n. 898 (recante ‘Conversione in legge, con
modificazioni, del decreto-legge 27 ottobre 1986, n. 701, recante misure urgenti in
materia di controlli degli aiuti comunitari alla produzione dell'olio di oliva. Sanzioni
amministrative e penali in materia di aiuti comunitari nel settore agricolo’).
2) Sempre in via preliminare: violazione dei principi del giusto procedimento –
Violazione della legge n. 241 del 1990, della legge n. 898 del 1986 e della legge n. 689
del 1981. I primi Giudici avrebbero omesso di valutare in modo adeguato, ai
fini del decidere, la circostanza per cui l’associazione appellante, pur
avendone
fatto
espressa
richiesta,
non
fosse
stata
convocata
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dall’amministrazione prima dell’adozione del decreto di revoca (e ciò, in
violazione della previsione di cui al comma 2 dell’articolo 18 della l. 24
novembre 1981, n. 689, espressamente richiamato dall’articolo 4 della l. 898
del 1986).
3) Violazione ed errata applicazione del Reg. (CEE) n. 136 del 22 settembre 1996,
articolo 20-quater e del Reg. (CEE) n. 2261 del 17 luglio 1984, in particolare articoli
2, 3, 5 e 11 – Carenza di presupposti – Eccesso di potere – Sviamento – Difetto di
motivazione. La sentenza in epigrafe sarebbe meritevole di riforma per avere
ritenuto legittima la revoca del riconoscimento sulla base di due (rectius: tre)
presupposti: 1) l’asserita “assenza di idoneità organizzativa in capo
all’associazione”; 2) la ritenuta “carenza di adeguati controlli circa la legittima
titolarità dell’aiuto in capo ai diversi associati”; 3) la ritenuta “totale opacità nella
gestione delle risorse finanziarie assegnate, in base a fondi comunitari, per il
funzionamento dell’associazione”.
Al contrario, laddove l’Amministrazione appellata prima e il T.A.R. poi
avessero esattamente interpretato ed applicato la pertinente normativa
nazionale e comunitaria (e segnatamente il Regolamento (CEE) n. 136 del
22 settembre 1996 e il Regolamento (CEE) n. 2261 del 17 luglio 1984)
avrebbero necessariamente dovuto concludere nel senso dell’insussistenza
delle condizioni per disporre l’avversato provvedimento di revoca.
Si è costituita in giudizio la Agecontrol s.p.a., la quale ha concluso nel senso
della reiezione dell’appello.
Alla pubblica udienza del 12 luglio 2013 il ricorso è stato trattenuto in
decisione.
DIRITTO
1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto da
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un’associazione di produttori olivicoli deputata allo svolgimento di pratiche
amministrative per conto dei produttori avverso la sentenza del TAR della
Puglia – Sezione staccata di Lecce con cui è stato respinto il ricorso avverso
il provvedimento del Ministero delle Risorse Agricole, Alimentari e
Forestali, che aveva disposto la revoca del riconoscimento ai sensi del
Regolamento (CEE) 2261/84.
2. L’appello è infondato.
3. Il primo motivo di appello (con cui si è osservato che i primi Giudici
avrebbero omesso di considerare che la notifica del provvedimento di
revoca fosse intervenuta in un momento successivo a quello dell’inizio della
campagna olearia 1995/1996) non può trovare accoglimento.
3.1. Al riguardo è dirimente il richiamo al testo del paragrafo 3 dell’articolo
5 del regolamento (CE) n. 2261/1984 (richiamato in premessa) secondo
cui, laddove vengano meno le condizioni richieste per il riconoscimento o
la struttura di una organizzazione non consenta di verificare la produzione
dei suoi membri, “l'autorità competente procede senza indugio e comunque prima
dell'inizio della campagna successiva [i.e.: prima del 1° novembre dell’anno di
riferimento, n.d.E.] alla revoca del riconoscimento e comunica tale decisione alla
Commissione”.
La disposizione appena richiamata rende palese che, anche a voler ritenere
il carattere perentorio del termine in tal modo fissato, la perentorietà
sarebbe riferibile unicamente all’adozione del provvedimento di revoca,
mentre la circostanza per cui la notificazione o comunicazione sia
intervenuta solo in un momento successivo non incide sulla validità
dell’atto in quanto tale, incidendo unicamente sul momento di acquisto
dell’efficacia nei confronti del destinatario (in tal senso: l’articolo 21-bis
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della legge 241 del 1990, nel testo introdotto dall’articolo 14 della legge 11
febbraio 2005, n. 15).
3.2. Ancora con il primo motivo di appello, l’associazione A.I.P.O.P. ha
chiesto la riforma della sentenza in epigrafe per la parte in cui i primi
Giudici avrebbero omesso di rilevare la violazione dell’articolo 4, comma 1,
lettera a) della legge n. 898 del 1986, secondo cui “all'accertamento delle
violazioni amministrative previste nei precedenti articoli 2 e 3 e all'irrogazione delle
relative sanzioni si applica il capo I della legge 24 novembre 1981, n. 689 , con le
seguenti modificazioni: a) se non è avvenuta la contestazione immediata, gli estremi della
violazione devono essere notificati, in deroga all'articolo 14 della legge 24 novembre
1981, n. 689 , agli interessati residenti nel territorio dello Stato entro il termine di
centottanta giorni e a quelli residenti all'estero entro il termine di trecentosettanta giorni
dall'accertamento”.
In particolare, nel caso di specie risulterebbero abbondantemente superati i
termini di legge in ordine al termine massimo per notificare gli estremi della
violazione. Ciò, in quanto i tre controlli ispettivi effettuati nei confronti
dell’appellante si erano svolti fra il 13 settembre del 1993 e il 13 giugno
1994, mentre la comunicazione relativa al rapporto della prima visita
ispettiva era avvenuta solo con nota in data 13 marzo 1995.
3.2.1. Il motivo non può trovare accoglimento.
In primo luogo risulta in atti che i rappresentanti dell’A.I.P.O.P. avessero
avuto piena e tempestiva conoscenza del contenuto dei verbali ispettivi
relativi alle visite effettuate fra il settembre del 1993 e il giugno del 1994 (ed
infatti, l’ Agecontrol ha rilevato al riguardo – con affermazione non
contestata da controparte – che i verbali in questione siano stati
controfirmati su ciascuna pagina dai rappresentanti dell’associazione
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appellante).
3.2.2. Ma il motivo in questione è infondato anche sotto diverso profilo.
In particolare, l’articolazione di tale motivo sembra presupporre che il
termine di legge per procedere alla notificazione della violazione (pari,
rispettivamente, a novanta giorni ai sensi del comma 1 dell’articolo 14 della
l. 689 del 1981 e a centottanta giorni ai sensi del comma 1, lettera a) della l.
898 del 1986) debba coincidere con il momento in cui l’amministrazione
procedente (ad es.: attraverso accessi ispettivi, come nel caso di specie)
abbia acquisito gli elementi fattuali idonei a supportare la contestazione di
specifiche violazioni.
Ebbene, l’approccio in questione risulta in contrasto con il condiviso
orientamento secondo cui in tema di sanzioni amministrative, qualora non
sia avvenuta la contestazione immediata della violazione, l'attività di
accertamento dell'illecito, in relazione alla quale collocare il dies a quo del
termine per la notifica degli estremi della violazione, non può coincidere
con il momento in cui viene acquisito il ‘fatto’ nella sua materialità, ma deve
essere intesa come comprensiva del tempo necessario alla valutazione dei
dati acquisiti ed afferenti gli elementi (oggettivi e soggettivi) dell'infrazione
e, quindi, della fase finale di deliberazione correlata alla complessità, nella
fattispecie, delle indagini tese a riscontrare la sussistenza dell'infrazione
medesima e ad acquisire piena conoscenza della condotta illecita sì da
valutarne la consistenza agli effetti della corretta formulazione della
contestazione; compete, poi, al giudice di merito - cui è consentito di
esaminare tutti gli atti relativi all'accertamento e di richiedere che l'autorità
specifichi quali accertamenti, indispensabili ai fini delle indagini sopra
indicate, abbia eseguito e quale ne sia stata la durata - determinare il tempo
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ragionevolmente necessario all'Amministrazione per giungere a una simile,
completa conoscenza, in modo da individuare il dies a quo di decorrenza del
termine, tenendo conto della maggiore o minore difficoltà del caso
concreto e della necessità, comunque, che tali indagini, pur nell'assenza di
limiti temporali predeterminati, avvengano entro un termine congruo (in tal
senso: Cass. Civ., I, 4 febbraio 2005, n. 2363; similmente: Cass. Civ., II, 16
settembre 2010, n. 19591).
Ebbene, riconducendo i princìpi appena enunciati alle peculiarità del caso
di specie, si osserva che il motivo di appello non può trovare accoglimento
in quanto l’appellante non ha fornito alcun elemento atto ad inferire che
l’accertamento della violazione (e non anche l’acquisizione dei fatti
sottostanti, nella loro materialità) fosse avvenuto prima del centottantesimo
giorno dalla notificazione del rapporto della prima visita ispettiva.
A fortiori, non è stato acquisito in atti alcun elemento dal quale si possa
inferire che l’Amministrazione procedente abbia impiegato un tempo più
che congruo per acquisire gli elementi idonei a formulare una circostanziata
contestazione.
4. Con il secondo motivo di appello, come si è anticipato in premessa,
l’associazione appellante lamenta che i primi Giudici avrebbero omesso di
valutare in modo adeguato, ai fini del decidere, la circostanza per cui
l’associazione appellante, pur avendone fatto espressa richiesta, non fosse
stata convocata dall’amministrazione prima dell’adozione del decreto di
revoca (tanto, in violazione della previsione di cui al comma 2 dell’articolo
18 della l. 24 novembre 1981, n. 689, espressamente richiamato dall’articolo
4 della l. 898 del 1986).
4.1. Il motivo non può trovare accoglimento.
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4.1.1. In primo luogo si osserva al riguardo che l’Agecontrol (con
deduzione non contestata dall’associazione appellante) ha eccepito che con
nota del 29 novembre 2004 l’Amministrazione aveva comunicato al legale
rappresentante dell’A.I.P.O.P. la propria disponibilità a tenere il richiesto
incontro, senza – tuttavia – ottenere alcun riscontro dall’associazione
appellante.
4.1.2. Ad ogni modo, al riguardo si osserva che, secondo un condiviso
orientamento, la mancata audizione dell’interessato che ne abbia fatto
richiesta in sede amministrativa non comporta la nullità del provvedimento,
in quanto, riguardando il giudizio di opposizione il rapporto e non l’atto, gli
argomenti in proprio favore che l’interessato avrebbe potuto sostenere in
sede di audizione dinanzi all’Autorità amministrativa, ben possono essere
prospettati in sede giurisdizionale (in tal senso: Cass., sez. un., 28 gennaio
2010, n. 1786).
Si tratta di un orientamento certamente applicabile anche al caso – che qui
rileva – in cui la mancata audizione personale dell’interessato non debba
essere valutata nell’ambito di un’opposizione avverso ordinanzaingiunzione ai sensi dell’articolo 22-bis della l. 689, cit., bensì nell’ambito di
un giudizio amministrativo di impugnazione avverso i provvedimento di
revoca del riconoscimento il quale sia intervenuto all’esito di un
procedimento le cui fasi essenziali restano scandite –mutatis mutandis – dalle
disposizioni e dai princìpi di cui alla l. 689 del 1981.
Ebbene, impostati in tal modo i termini generali della questione, si osserva
che la mancata audizione personale dei rappresentanti dell’associazione
appellante non possa in alcun modo determinare l’illegittimità ovvero la
caducazione del richiamato provvedimento di revoca, atteso che – per le
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ragioni che di seguito saranno esposte – all’esito del presente giudizio non
può che essere confermata la correttezza degli atti con cui la richiamata
revoca è stata disposta.
5. Con il terzo motivo di appello, come si è detto in premessa,
l’associazione appellante chiede che la sentenza in epigrafe venga riformata
per la parte in cui ha ritenuto legittima la revoca del riconoscimento sulla
base di tre presupposti: 1) l’asserita “assenza di idoneità organizzativa in capo
all’associazione”; 2) la ritenuta “carenza di adeguati controlli circa la legittima
titolarità dell’aiuto in capo ai diversi associati”; 3) la ritenuta “totale opacità nella
gestione delle risorse finanziarie assegnate, in base a fondi comunitari, per il
funzionamento dell’associazione”.
Al riguardo va premesso che, secondo un condiviso orientamento, nel caso
di determinazioni amministrative di segno negativo fondate su una pluralità
di ragioni (ciascuna delle quali di per sé idonea a supportare la parte
dispositiva del provvedimento), è sufficiente che una sola di esse resista al
vaglio giurisdizionale perché il provvedimento nel suo complesso resti
indenne dalle censure articolate (in tal senso: Cons. Stato, VI, 5 marzo
2013, n. 1323; id., VI, 28 settembre 2012, n. 5152; id., VI, 11 giugno 2012,
n. 3401).
Ebbene, riconducendo il principio in questione alle peculiarità della vicenda
di causa, il Collegio ritiene che almeno le ragioni di revoca dinanzi
richiamate sub 1) e sub 3) fossero basate su riscontri oggettivi, la cui verifica
concreta era di per sé idonea a giustificare in modo autonomo l’adozione
dell’avversato provvedimento di revoca.
Al riguardo si osserva:
- che dalla documentazione in atti risulta l’effettiva carenza di un’adeguata
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struttura organizzativa in capo all’associazione, se solo si pensi che, a fronte
di soli 4 dipendenti (uno ogni 4.392 soci), l’associazione disponeva di ben
31 collaboratori esterni, i quali comportavano un esborso annuo pari a circa
130 mila euro l’anno;
- che in sede ispettiva erano state rinvenute presso i locali dell’associazione
numerose pratiche relative all’attività della ‘Veneta Assicurazioni’, di cui era
titolare il legale rappresentante dell’associazione appellante. La circostanza
in parola sembra testimoniare in modo univoco il fatto che – a tacere
d’altro – il legale rappresentante in questione avesse operato con una
impropria quanto grave commistione fra un’attività commerciale (peraltro,
legittimamente esercitata) e l’attività di gestione dell’organizzazione dei
produttori di cui al Regolamento (CE) n. 2261/1984.
Si tratta di elementi di per sé idonei a supportare l’accusa di opacità nella
gestione, che ha rappresentato uno dei presupposti fondanti del
provvedimento di revoca impugnato in primo grado.
Vero è che – come eccepito dalla Difesa dell’appellante – la normativa
comunitaria non impedisce in radice l’utilizzo di collaboratori esterni per lo
svolgimento delle attività di cui al più volte richiamato regolamento del
1984. Tuttavia, sembra che gli elementi riscontrati in sede di visita ispettiva
in ordine alle modalità organizzative e gestionali dell’associazione
appellante si ponessero in netto contrasto con le disposizioni comunitarie le
quali impongono - per un verso - di dotarsi di una struttura organizzativa
adeguata per l’esecuzione dei compiti affidati e – per altro verso – di dotarsi
del personale qualificato per l’esecuzione dei medesimi compiti.
Sotto tale aspetto, la sentenza in epigrafe è meritevole di conferma laddove
ha ritenuto la complessiva congruità dell’operato dell’Amministrazione
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appellata, per avere quest’ultima inferito che le concrete modalità
organizzative e gestionali dell’associazione appellata (e la richiamata,
incongrua commistione di attività) comportassero che la remunerazione del
personale impiegato anche nelle attività commerciali dell’agenzia
assicurativa fossero remunerate in tutto o in parte attraverso l’utilizzo dei
fondi comunitari destinati all’attività di organizzazione dei produttori
olivicoli.
Né a conclusioni diverse può giungersi in relazione al fatto che i contributi
comunitari percepiti per l’esercizio della richiamata attività fossero di
ammontare non elevatissimo (pari, a quanto viene riferito, a circa ventimila
euro l’anno), dal momento che ciò che rileva ai fini dell’adozione del
provvedimento di revoca è l’esistenza in se di una condotta gravemente
violativa del richiamato canone di adeguatezza organizzativa.
6. Per le ragioni dinanzi esposte il ricorso in epigrafe deve essere respinto.
Il Collegio ritiene che sussistano giusti motivi per disporre l’integrale
compensazione delle spese di lite fra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente
pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 luglio 2013 con
l'intervento dei magistrati:
Stefano Baccarini, Presidente
Maurizio Meschino, Consigliere
Vito Carella, Consigliere
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Claudio Contessa, Consigliere, Estensore
Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/11/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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