BIANCHINI_de NITTO_l

Il questionario ANINT: da strumento di ricerca a bussola nella relazione clinica
di Susanna Bianchini, TSTA-P e Carla de Nitto, TSTA – P
INTRODUZIONE
I questionari autodescrittivi si prestano ad essere usati sia come strumenti di ricerca, sia come
elementi diagnostici nel confrontare i dati del cliente ai profili medi di una popolazione nota, sia
come base per approfondire, durante il colloquio clinico, aree tematiche che, dalla lettura delle
risposte dei clienti ad alcuni item risultino al clinico essere debolmente esplorate o che siano per il
cliente stesso il punto di partenza per una esplorazione ulteriore.
All’interno di questa cornice, il lavoro intende presentare i questionari ANINT-A e ANINT-D sia
come strumenti di ricerca sia come schema sovraordinato per monitorare il processo terapeutico
intorno ad aspetti salienti del lavoro con il cliente.
Perseguendo questi due obiettivi si intende evidenziare la presenza di un circuito virtuoso tra i dati
clinici che emergono nelle varie fasi del processo terapeutico e i dati di ricerca derivati dalla
elaborazione dei questionari. Si ritiene infatti che i dati di ricerca possano illuminare aree tematiche
la cui mancata elaborazione può avere un’implicanza in termini di risoluzione del contratto e che il
colloquio clinico possa essere la fonte attraverso cui tarare lo strumento di ricerca per la verifica di
alcune ipotesi cliniche (fig. 1). Per esempio il colloquio clinico potrebbe evidenziare la presenza di
aree tematiche non rilevate dallo strumento di ricerca e quindi può offrire stimoli per la messa a
fuoco di item specifici collegati ai nuovi temi. In sintesi, la convinzione di fondo riguarda la
possibilità che la ricerca quantitativa e quella qualitativa si illuminino reciprocamente per la
comprensione della complessità umana (Scilligo, 2009, 88-89).
Fig. 1 Circolo virtuoso tra dato clinico e dato ricerca
Un caso clinico ci guiderà nell’illustrare come l’esplorazione guidata dalle risposte al questionario
ANINT A ha favorito una rielaborazione di sé utile al cliente ai fini terapeutici.
LA CORNICE TEORICA DEI QUESTIONARI ANINT
I questionari ANINT sono questionari autodescrittivi che misurano il mondo intrapsichico ed il
mondo interpersonale del cliente. Specificamente, l’ANINT-A rileva la realtà intrapsichica e
l’ANINT-D rileva la percezione del cliente rispetto alla relazione interpersonale nel passato con la
madre, con il padre o con altre figure significative così come quella con le relazioni significative
attualmente presenti nella propria vita.
Il quadro teorico di riferimento usato nella creazione degli item dei questionari si rifà a due grandi
cornici: il modello dell'Analisi Strutturale del Comportamento Interpersonale (ASCI) di L. S.
Benjamin (1974, 1979, 1999) e la Teoria dell’Attaccamento di Bowlby. Ambedue le prospettive
hanno in comune un’idea centrale: la persona costruisce il proprio modo di stare al mondo
all'interno di relazioni significative. Infatti per la Benjamin le esperienze relazionali dei primi anni
di vita costituiscono la base su cui poggia non solo l’apprendimento di modalità relazionali che si
svilupperanno in seguito, ma anche la sperimentazione di vissuti soggettivi secondo i quali
1
l'individuo sviluppa una relazione con sé e dà senso al proprio modo di essere e di stare al mondo.
Tale posizione è analoga a quella di Bowlby. Egli sostiene che negli esseri umani esista sia
un'inclinazione a creare legami affettivi con figure di accudimento a cui si tende a ricorrere nelle
situazioni di minaccia, sia un’inclinazione ad esplorare l’ambiente circostante nel momento in cui
ci si senta al sicuro. La prima inclinazione fa riferimento all’attivazione del sistema di attaccamento,
la seconda alla sua disattivazione e all’attivazione del comportamento di esplorazione. Si può così
percepire come l’inclinazione a costruire e a cercare la relazione con la figura di attaccamento e
l’inclinazione ad esplorare costituiscano due piatti della stessa bilancia che governa la modalità con
cui la persona costruisce la propria esperienza nello stare al mondo.
Nelle situazioni mediamente sane il bambino, «danzando» tra la capacità di mettersi in relazione
con la persona che dà sicurezza e quella di esplorare il mondo distanziandosi da questa, sviluppa
due competenze: la prima riguarda la capacità di cercare conforto nella necessità, quindi la sana
capacità di interdipendere dall’altro, la seconda riguarda la capacità di differenziarsi dall’Altro di
riferimento, passaggio obbligato per esplorare, e poter costruire così la propria identità autonoma.
In sintesi le due competenze riguardano la gestione delle relazioni con gli altri, il piano
interpersonale, e la gestione della relazione con sé, il piano intrapsichico.
L’ASCI permette di descrivere i vissuti interpersonali tramite il questionario ANINT D e i vissuti
intrapsichici mediante il questionario ANINT A.
I due questionari rilevano rispettivamente la modalità con cui la persona si percepisce nella
relazionarsi agli altri significativi così come la modalità con cui percepisce gli altri quando stanno
in relazione con lei (ANINT-D). Tali percezioni si fondano sulla capacità di rispondere a domande
del tipo “Nella difficoltà, posso far riferimento all’altro? È raggiungibile? È prevedibile la sua
risposta?”. Dal senso di sicurezza/insicurezza associato alla ricerca di risposte, la persona impara, o
meno, a differenziarsi e a promuovere, o meno, una sana interdipendenza rispetto all’altro.
Il depositato delle esperienze relazionali con gli altri significativi, associate al tema
sicurezza/insicurezza diventa il fondamento su cui la persona impara a stare in relazione con sé e a
promuovere o meno la costruzione della propria identità autonoma (ANINT-A).
QUESTIONARI ANINT e STATI DELL’IO NELL’ANALISI TRANSAZIONALE SOCIOCOGNITIVA (ATSC)
L’ATSC (Scilligo, 2009), nel rivisitare il concetto di stato dell’Io, ha fatto propria l’idea che esista
un legame tra il mondo interpersonale e quello intrapsichico; l’espressione di tale legame è data
dalla visione degli stati dell’Io sono come schemi di natura processuale su cui si basano le
rappresentazioni di sé, dell’altro e della loro relazione. Tali rappresentazioni sono il frutto di schemi
mentali e comportamentali costruiti all’interno di relazioni di attaccamento vissute dalla persona nel
passato e nella sua vita attuale. Per l’obiettivo del nostro lavoro non entriamo nel merito di tale
concettualizzazione di stato dell’Io e rimandiamo il lettore alla bibliografia di riferimento (ib.).
Poiché l'ANINT misura il mondo intrapsichico (ANINT A) e relazionale (ANINT D) può anche
essere visto come uno strumento teso a misurare lo stato dell'Io così come è stato concepito
all'interno dell'ATSC. Quindi l'ANINT diventa una misura degli stati dell'Io e nello specifico degli
stati delI'Io Sé, quelli che risultano attivati nella relazione con se stesso e degli stati dell'io
Relazionali, quelli attivati quando la persona entra in relazione con l'altro.
Per rilevare il comportamento che la persona assume con se stessa e con gli altri, prendiamo in
considerazione tre focus di osservazione: due sono strettamente interpersonali e uno intrapsichico
(fig. 2). Osservando quelli interpersonali, vediamo che uno mira a descrivere il comportamento del
Proponente, ossia il comportamento di una persona che si rivolge ad un'altra mentre l'altro è
definito Rispondente ed è rinvenibile dai comportamenti messi in atto, nella relazione con sé, da
colui a cui sì è rivolto il Proponente.
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1
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Un terzo focus è quello intrapsichico, il Sé intrapsichico, in cui si rileva la modalità con cui la
persona si relaziona con se stessa.
Proponente: descrive il
comportamento di chi
prende l’iniziativa con un
altro nella relazione
Rispondente: descrive i
comportamenti nella
relazione con sé, stimolati dal
Proponente
Sé intrapsichico: descrive la
percezione del proprio modo di
essere e di relazionarsi con sé stessi
Fig. 2 - I tre Focus di osservazione
DIMENSIONI DELL’ANINT
L’ANINT è costruito a partire da quattro dimensioni che permettono di rilevare il comportamento
assunto verso sé stessi e verso gli altri (fig.3).
Una prima dimensione riguarda la modalità amichevole o ostile con cui una persona tratta se stessa
e gli altri. È la dimensione dell'Affiliazione che nella fig. 3 è rappresentata nell'asse delle ascisse, in
cui ad un polo abbiamo il massimo di amorevolezza (Amore) e all’altro il massimo di ostilità
(Odio).
La seconda è quella dell'interdipendenza che rileva il grado con cui la persona gestisce il potere
verso sé e verso gli altri e permette quindi di rilevare il grado con cui una persona dà potere o toglie
potere a sé o all'altro. È rappresentata dall’asse delle ordinate in cui ad un polo abbiamo la Libertà e
a quello opposto il Controllo.
La combinazione dei due assi permette di rilevare quattro quadranti in cui è possibile collocare, in
relazione alla dimensione dell’affiliazione e dell’interdipendenza, l’intensità con cui vengono
gestite queste due dimensioni nella relazione con sé e con l’altro. È così introdotta la terza
dimensione, quella relazionale che implica l’applicazione della dimensione dell’affiliazione e
dell’interdipendenza ai tre focus di osservazione delineati precedentemente: Proponente,
Rispondente e Sé intrapsichico.
Infine la quarta dimensione è quella evolutiva e rileva la progressiva evoluzione delle competenze
astrattive, collegabili all'acquisizione del linguaggio e alle capacità di simbolizzazione. Nel definire
la dimensione evolutiva si fa riferimento al modello evolutivo della Mahler che individua otto stadi
di sviluppo: esplorazione, orientamento, attaccamento, simbolizzazione, riflessione, empatia e
interdipendenza. Per esempio, il bambino per orientarsi nel mondo usa inizialmente competenze
associate alla dimensione dell'affiliazione (vedi stadi dall’esplorazione all’attaccamento) e
progressivamente, via via che padroneggia i processi di simbolizzazione, aumenta la propria
capacità di avere un impatto sulla realtà esterna o interna, grazie all’esercizio del potere, quindi
avvicinandosi a modi di porsi associati alla dimensione dell’interdipendenza (vedi dallo stadio della
3
simbolizzazione a quello dell’interdipendenza). Nella fig. 3 la dimensione evolutiva è rappresentata
dalle quattro frecce il cui verso va dall’asse dell’affiliazione verso l’asse dell’interdipendenza.
Fig. 3 - Le dimensioni degli stati dell’Io in ATSC.
Nell’ATSC la dimensione evolutiva definisce i processi rinvenibili negli Stati dell'Io Bambino,
Adulto e Genitore. Durante i primi tre stadi evolutivi, orientamento, esplorazione e attaccamento ci
si orienta nel mondo fisico e si sviluppa la prima relazione di attaccamento; è così sollecitata la
ricerca di soluzioni di adattamento fondate sull’uso dei processi creativi. Tali processi stanno alla
base del funzionamento dello stato dell’Io Bambino. Con lo sviluppo di capacità del tipo logicodeduttivo, competenze associate allo stadio della simbolizzazione e della riflessione, prendono
corpo i processi di analisi della realtà, propri dello Stato dell'Io Adulto. Infine si sviluppano i
processi normativi, propri dello stato dell'Io Genitore a cui addebitiamo la messa in atto di quelle
procedure che l'esperienza ha dimostrato, nel tempo, essere più funzionali per garantire la
sopravvivenza nel mondo fisico ed interpersonale.
Data la cornice finora esposta, è deducibile che ci siano processi creativi (stato dell’Io Bambino),
processi di analisi della realtà (stato dell’Io Adulto) e processi normativi (Stati dell’Io Genitore),
propri di ciascun quadrante e che sia possibile riconoscerli in relazione al focus di osservazione che
assumiamo: Proponente, Rispondente e Sé Intrapsichico.
La fig. 4, la fig. 5 e la fig. 6 rappresentano rispettivamente gli stati dell’Io evolutivi del Sé
intrapsichico, del Proponente e del Rispondente.
Finora abbiamo presentato i questionari ANINT, i fondamenti teorici dell’ASCI e le dimensioni su
cui il modello si fonda per concludere con l’ASCI, un modello funzionale a rilevare
descrittivamente come la persona entri in relazione con se stessa, Stati dell’Io Sé, e con gli altri,
Stati dell'Io Relazionali.
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IL QUESTIONARIO A 36 ED IL QUESTIONARIO D
L'ANINT-A36 (a cui nel testo ci riferiamo con ANINT A) è composto da 12 cluster, distribuiti tra i
quattro quadranti, per un totale di 36 item. Si chiede alla persona di leggere gli item e di esprimere,
da 0 a 10, quanto ritiene essere in prossimità di tali descrizioni. Per esempio l’item 05 appartiene al
cluster dell’Adulto Libero (AL) e recita “Conoscendo sia i miei pregi sia i miei difetti, con libertà
mi vivo così come sono”. La persona esprime un valore da 0 a 10 ed è possibile avere
un’indicazione, insieme ad altri item che misurano lo stesso Cluster, di quanto la persona abbia
competenze proprie dello stato dell’Io dell’Adulto Libero del Sé Intrapsichico (vedi fig. 4).
L’ANINT A può essere somministrato dando indicazioni che permettano di rilevare come la
persona descriva se stessa nella sua vita quotidiana e come descriva se stessa nei suoi momenti
difficili, quando le cose vanno per lei proprio male.
Confrontando i due profili della descrizione di sé nella quotidianità e in situazioni particolarmente
difficili è possibile rilevare le risorse ed i punti critici della persona ed ipotizzare quali competenze
la persona abbia la necessità di sviluppare per promuovere il proprio benessere.
La fig. 7 rappresenta un profilo degli stati dell’io Sé, associato al benessere; dall’analisi dei valori
dati agli item emerge un profilo che permette di fare delle ipotesi sugli stati dell’io Sé più
comunemente accessibili alla persona.
La fig. 8 rappresenta un profilo degli stati dell’Io Sé, associato al malessere; dall’analisi dei valori
dati agli item emerge un profilo che permette di fare delle ipotesi sugli stati dell’io Sé più
comunemente accessibili alla persona quando sta in particolare difficoltà ed è più probabile che
agisca sotto l’influenza di scelte copionali.
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Fig. 7 - Profilo degli stati dell’Io
associati al benessere psicologico
Fig. 8 - Profilo degli stati dell’Io
associati al malessere psicologico
Infine l’ANINT-D è composto da 144 item e alla persona viene chiesto di descrivere la percezione
che ha dell’altro nella relazione con sé (Proponente) e della percezione che ha di sé nella relazione
con l’altro (Rispondente).
L’ANINT COME “BUSSOLA” PER ORIENTARE L’INTERVENTO
Dopo aver presentato i questionari ANINT come strumento di rilevazione del profilo degli stati
dell’Io della persona, relativamente ai suoi vissuti intrapsichici (ANINT A) ed interpersonali
(ANINT D), prenderemo ora in esame l’uso dell’ANINT come strumento di indagine con il cliente
nella situazione clinica: a partire dall’esplorazione delle sue risposte agli item, è possibile rilevare
temi e processi significativi per la persona, che sono stati condivisi o meno nella situazione clinica e
pertanto non sempre pienamente accessibili alla consapevolezza del cliente stesso. I dati raccolti
potranno fornire elementi utili per il contratto, per orientare l’intervento clinico, qualora l’ANINT
sia somministrato in una fase iniziale del lavoro, o ri-orientarlo, in una fase più avanzata della
terapia.
Come abbiamo avuto modo di illustrare, nell’utilizzo ordinario dell’ANINT i punteggi assegnati dal
cliente ai vari item del questionario vengono elaborati dal terapeuta mediante un programma
elettronico (software1 IFREP, 2014) che rappresenta, attraverso un grafico, un profilo degli stati
dell’Io della persona, indicando quelli che il cliente ritiene siano maggiormente attivi a livello
intrapsichico e/o interpersonale.
Tale utilizzo dello strumento, insieme a quello proprio della ricerca quantitativa, è appannaggio
prevalentemente del clinico che, a seguito della elaborazione dei dati, analizza il profilo emergente
e lo “interpreta” a scopo “diagnostico”; naturalmente potrà condividere la sua valutazione con il
cliente che può divenire a quel punto un interlocutore partecipe nel vagliare la corrispondenza tra
ciò che il terapeuta rileva dal questionario e la sua stessa esperienza. Riteniamo, infatti, che lo
strumento autodescrittivo, come i test in generale, debbano essere usati solo come supporto alle
insostituibili informazioni che derivano dal colloquio e dalla verifica con la persona.
Lo scopo principale dell’uso clinico dell’ANINT nel colloquio con il cliente è di individuare
insieme i punti nodali che richiedono attenzione, a partire dall’esplorazione mirata degli aspetti
1
Per avere informazioni sulla reperibilità del software, visitare il sito www.irpir.it oppure contattare
il n° 06/ 87.290.939.
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ritenuti significativi dal professionista – sulla base dei punteggi assegnati agli item - o che
costituiscano per il cliente stesso oggetto di curiosità o dubbio da condividere con il terapeuta; solo
l’esplorazione con la persona potrà fornire dati specifici e definiti per meglio contestualizzare e
comprendere i punteggi stessi. A tal fine è possibile, per esempio, chiedere al cliente,
immediatamente dopo la compilazione del questionario, se desideri commentare nello specifico
qualche item, facendo domande aperte che lo stimolino a focalizzarsi su aspetti per lui significativi;
oppure fornire uno stimolo più specifico, per esempio chiedendo alla persona di individuare un item
particolarmente descrittivo di sé, o un item su cui ritiene di volersi soffermare per una specifica
ragione, oppure su cui si sia sentito dubbioso nel rispondere.
L’esplorazione può invece essere guidata dal terapeuta al fine di acquisire elementi più
circostanziati su punteggi specifici di cui voglia meglio comprendere la natura: già a prima vista il
professionista è in grado di rilevare i punteggi che si discostano dalla media e di individuare quindi
le aree che necessitano di una accurata esplorazione, conoscendo il significato degli item e la loro
classificazione nei diversi stati dell’Io. Se, per esempio, la persona avesse un punteggio molto
elevato in un item associato al Controllo Ostile verso se stesso, tipico del Genitore Critico, sarebbe
opportuno ampliare la comprensione di quel dato sulla base delle informazioni che il cliente può
aggiungere, in modo che egli stesso divenga consapevole, grazie all’esplorazione mirata, della
criticità di alcuni processi da lui attuati e della necessità di potenziare la capacità di proteggersi.
L’utilizzo clinico dell’ANINT può avere finalità diverse a seconda dello stadio dell’intervento
terapeutico (McConnaughy, Prochaska, Velicer, 1983): in una fase iniziale può servire per
individuare le aree problematiche che richiedono una particolare attenzione, in un livello un po' più
avanzato per fare la formulazione del caso e per monitorare il cambiamento; in fase finale, come
misura dell’efficacia dell’intervento stesso (misura di esito).
A scopo illustrativo, un esempio ci guiderà nel cogliere l’uso dell'ANINT come “bussola” nella
relazione clinica: potremo vedere come l’esplorazione con la persona nel momento immediatamente
successivo alla compilazione del questionario ha fatto luce su aspetti rilevanti ai fini della
evoluzione del processo terapeutico.
UN ESEMPIO CLINICO
Abbiamo somministrato l'ANINT A “nei momenti difficili” ad una cliente dopo un paio d'anni
dall'inizio della terapia con l'obiettivo di monitorare il suo modo di trattarsi nei momenti difficili.
Tale scelta era motivata dal fatto che, contrariamente al contratto sull’auto-affermazione, in un
modo per lei non comprensibile, tendeva a “scivolare” in situazioni relazionali in cui si perdeva di
vista focalizzandosi invece sull’altro, con il risultato di sentirsi poi amareggiata.
Alcuni cenni assai sommari sul “caso” potranno aiutarci a contestualizzare l'uso clinico
dell'ANINT.
Dati sul cliente e sul problema. Una giovane donna, nubile, di venticinque anni, presenta come
problema iniziale quello di essere con-fusa nelle relazioni interpersonali; sin dall’inizio si configura
come una problematica di confini: non sa essere attenta a se stessa e a ciò che desidera, specie nelle
relazioni più intime, tende a deprivarsi, ritirandosi dalla relazione, o a essere alla mercé dell’altro,
sentendosi poi fortemente in colpa.
In passato ha sofferto di un disturbo dell’alimentazione (anoressia nervosa) e in momenti difficili
tende a deprivarsi al punto da disidratarsi pesantemente.
Contratto iniziale. Il contratto iniziale è stato centrato sull’auto-definizione e sull’autoaffermazione, potenziando la sua capacità di proteggersi.
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Brevi cenni di storia evolutiva (Riportiamo di seguito esclusivamente i dati della storia
fondamentali per la formulazione del caso, che inquadreremo nei termini dei quattro quadranti
dell’ATSC e dei relativi stati dell’Io - fig. 9).
La madre era fredda, emotivamente distante, distratta e totalmente immersa nel proprio dolore –
aveva perso un figlio di pochi anni per una malattia fulminante quando la cliente era di poco più
grande. La cliente la percepisce trascurante in modo ostile (II quadrante, stati dell’Io Ribelli). Alla
freddezza emotiva fa da contraltare l’essere molto esigente e rigidamente normativa, imponendo
ideali assai elevati, con forte biasimo verso l’altro e attacco quando sospetta che gli altri possano
non essere all’altezza di ciò che lei ritiene si debba fare (III quadrante, stati dell’Io Critici).
fig. 9 – Quadranti e stati dell’Io Sé
Il padre era moralmente rigoroso, incarnava ideali altamente desiderabili, estremamente esigente ed
intransigente: “Non era immaginabile potersi discostare dalle sue posizioni, pena l’essere ritenuti
indegni ed estranei al sistema familiare” (III quadrante, stati dell’Io Critici); la sua scomparsa
prematura e improvvisa – è morto quando la cliente era poco più che adolescente – ha inciso
potentemente sulla cliente che ha vissuto ispirandosi a standard non sempre raggiungibili.
Eventi stressanti.
Ha subìto abusi sessuali ripetuti (dall’età prescolare fino alla sua prima adolescenza) da parte di un
parente nella cui famiglia veniva lasciata per essere accudita (l’abusante, in apparenza accudente,
diventava improvvisamente ostile e abusava di lei, agendo dal III quadrante, stati dell’Io Critici).
Ha subìto la morte fulminea di un fratellino - la madre, “impazzita dal dolore”, perde il contatto con
la realtà, è totalmente immersa nel suo dolore e si chiude nella sua camera, ignara delle necessità di
tutta la famiglia (tale descrizione lascia pensare che vivesse la sua condizione dal II quadrante, stati
dell’Io Ribelli).
Ha tentato il suicidio nella tarda adolescenza ingerendo una cospicua quantità di farmaci
(manifestando quindi auto-attacco ostile, agendo presumibilmente dal III quadrante). La cliente
riferisce che in famiglia nessuno se ne sia accordo: "Pensavano vomitassi per qualche ragione
alimentare, per tre giorni di fila!" (il comportamento dei familiari, come percepito dalla cliente
stessa, è caratterizzato da forte trascuratezza ed è quindi possibile collocarlo nel II quadrante,
Ribelle).
Cenni sulla diagnosi psichiatrica DSM-IV TR
– Asse I: F50.0 – Anoressia Nervosa
– Asse II: F 60.31 – Disturbo Borderline di Personalità
– Asse III: Malattie endocrine, nutrizionali e metaboliche (ICD-10: E00-E90)
– Asse IV: Problemi con il gruppo di supporto principale
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– Asse V: VGF 60 (all’arrivo)
Cenni di diagnosi AT
Diagnosi strutturale. Doppia contaminazione dell’Adulto (“Bisogna adeguarsi - altrimenti non
esisti. Meglio sparire”)
Diagnosi delle carezze. Condizionate negative, condizionate positive. Incondizionate negative
Diagnosi dei giochi. “Violenza carnale”
Diagnosi di Copione
• Tipo di Copione (Senza gioia; Mai)
• Ingiunzioni (Non esistere, Non sentire, Non gioire, Non appartenere, Non essere intimo
fisicamente)
• Spinte (Compiaci, Sii perfetto, Dacci dentro)
• Emozione ricatto (depressione)
• Convinzione di copione (“Non sono degna”, “Meglio sparire; gli altri non ti vedono/ti
usano”)
• Decisione di copione (“Non mi mostrerò nei miei sentimenti. Sarò invisibile”).
Formulazione del caso. Non essendo stata vista né rispecchiata, ha imparato ad ignorarsi (Focus
Rispondente, II quadrante - debole individuazione); essendo stata abusata ripetutamente e in età
assai precoce (abusante: Focus Proponente, III quadrante – Attacco Ostile) al di fuori della
consapevolezza di tutti gli adulti della sua famiglia (Focus Proponente, II quadrante – Ribelle,
caratterizzato dalla forte trascuratezza), ha sviluppato due diversi vissuti: si critica potentemente,
sentendosi colpevole (Focus Sé Intrapsichico, si biasima e si attacca, quadrante Critico, avendo
introiettato la stessa modalità con cui è stata trattata) ma sa mantenere alti standard, impegnandosi
nel realizzare con livelli di eccellenza nei suoi impegni scolastici (ha imparato ad essere abile nel
cogliere occasioni di riconoscimento a scuola – Focus Rispondente, IV quadrante, Adulto
Protettivo); ha imparato a fronteggiare la sua debole individuazione mediante l’adeguarsi (si
sottomette – Focus Rispondente, III quadrante, Genitore Critico) e il controllarsi (Focus Sé
Intrapsichico, III quadrante, Genitore Critico). In sintesi, nei momenti difficili alterna il controllo
rigido di sé con il lasciarsi andare senza direzione, senza dare all’occhio, confermando la
convinzione di non essere degna e nella speranza di essere visibile. È all’interno di questo vissuto
che ha sviluppato la convinzione "Sogno di stimolare la compassione di mia mamma".
Se rappresentiamo graficamente i punti suddetti relativi alla formulazione del caso (fig. 10) potremo
osservare la prevalenza dell’alternanza del secondo e terzo quadrante (la freccia azzurra indica la
prevalenza degli stati dell’Io Ribelli e Critici): la persona, cioè, a partire da una debole
individuazione di sé (scarsa presenza degli stati dell’Io Liberi e Protettivi) tende ad oscillare tra
Libertà e Controllo Ostile.
Fig. 10 – Stati dell’Io Sè e rispettivi quadranti più rappresentati nella suddetta formulazione del caso, in fase iniziale.
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Perché la scelta di somministrare l’ANINT A nei momenti difficili in una fase avanzata della
terapia?
In primo luogo la scelta si fonda sul contratto: in questa fase della terapia, la cliente, pur avendo un
contratto esplicito sulla protezione e sulla cura di sé, pur facendo notevoli passi nella direzione dello
stesso, pur essendo consapevole dell’auto-attacco ostile, manifesta talora grosse difficoltà a mettere
in atto delle decisioni operative congruenti e ciclicamente tende a perdersi di vista.
Inoltre, la scelta si fonda su ragioni di tipo etico: promuovere la protezione di sé ed ampliare la sua
capacità di gestirsi (empowerment) da una posizione libera ed amorevole, in linea con le sue
aspirazioni profonde e con le scelte che sta attuando nella sua vita privata e professionale.
Contando sulla buona alleanza costruita nel tempo, e sull’attuale potenziamento delle sue capacità
di osservazione e di analisi di sé, a seguito di un buon lavoro di decontaminazione dell’Adulto, la
somministrazione dell’ANINT ha lo scopo di essere uno stimolo per richiamare alla cliente
eventuale materiale non elaborato (forse esperienze traumatiche) che interferiscono con la
risoluzione del problema; l’ipotesi infatti è che si mantenga ancorata a qualche decisione di copione
connessa con esperienze traumatiche non ancora elaborate.
L’indagine specifica e mirata relativa al suo modo di trattarsi nei momenti difficili può far luce su
punti in cui la cliente è attualmente bloccata, aprendo nuove piste di lavoro, per una possibile
ulteriore decontaminazione e probabilmente anche per una deconfusione dello stato dell’Io
Bambino. Pertanto, la richiesta di compilare il questionario ANINT nei momenti difficili è stata
motivata, esplicitando che si trattava di una possibilità aggiuntiva per acquisire ulteriori dati per
fronteggiare le criticità attuali e per favorire una più efficace gestione di sé fondata sulla capacità di
proteggersi efficacemente.
L’interazione con la cliente
Compilato il questionario, il terapeuta chiede:
T.: Da quale domanda ti senti sollecitata?
Cl.: (con immediatezza risponde) Dalla 33. Ho dato il punteggio più alto!
Leggiamo l’item 33: "Sono pericolosamente impulsivo, avventato, finisco in situazioni pericolose
distruttive per me". Esso descrive il cluster relativo al Genitore Critico, caratterizzato da Controllo
Ostile (Irretimento nella superficie del Sé Intrapsichico).
E da quel momento inizia a narrarsi, per spiegare perché ha dato il punteggio massimo. E dice:
Cl.: Mi ha colpito “Impulsivo e avventato”, specie dove mi esponevo a ciò che rendeva più difficile
la mia esistenza. Non sapevo ritirarmi da situazioni pericolose, anche da quello che mi
creava una vergogna enorme. Non l’ho mai raccontato a nessuno, me la sono cavata ma ho
rischiato grosso. Avevo … anni (adolescente).
Rileggendo la sua narrazione in termini di ATSC, cogliamo l’oscillazione tra i due quadranti
Ribelle e Critico, già dalla prima frase, confermando la formulazione del caso:
• Impulsivo e avventato: descrive il suo vissuto tipico di una trascuratezza ostile; in modo
impulsivo, cioè sotto l’onda di un’emotività non pensata (Bambino Ribelle), è avventata,
cioè non considera le conseguenze delle sue azioni (Adulto Ribelle).
• Specie dove mi esponevo a ciò che rendeva più difficile la mia esistenza: sta richiamando la
propria esperienza caratterizzata dal proporsi all’altro in modo incauto. Il suo termine
“esporsi” implica la consapevolezza attuale, propria dell’Adulto Libero, di aver superato, a
suo tempo, i limiti (si era data, cioè, una libertà ostile, propria del Genitore Ribelle), senza
valutare le conseguenze così pesanti per se stessa (Adulto Ribelle).
• Non sapevo ritirarmi da situazioni pericolose: in questa affermazione è implicito il
riferimento all’altro che come Proponente provoca situazioni di pericolo (Genitore Critico,
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•
•
•
•
dato il Controllo ostile); comunque a situazioni da lei percepite tali, a cui lei si sottomette
(Rispondente – Genitore Critico).
Tale sottomissione persiste anche in condizioni per lei fortemente stressanti emotivamente:
mi creava una vergogna enorme: non sa tener conto della propria emozione come guida per
proporsi in modo per lei adattivo nel sottrarsi ad una simile esperienza (Adulto e Bambino
Ribelle - Sé Intrapsichico).
Non l’ho mai raccontato a nessuno. Tale frase manifesta contatto con sé nel qui ed ora, nella
relazione terapeutica: la sua apertura sul tema lascia ipotizzare che percepisca il terapeuta
attento a lei, (“dà attenta considerazione” - Proponente - Adulto Libero) mentre lei si dà la
libertà di esplorare se stessa, di esprimersi in modo diretto, condividendo la sua esperienza
(Rispondente – Adulto Libero). Tale transazione denota forte alleanza terapeutica e dà al
terapeuta il via libera per continuare l’esplorazione di questa area, accompagnando, con
cordiale e attenta considerazione empatica (Proponente Adulto Libero) la sua confidenza.
Me la sono cavata ma ho rischiato grosso: è capace di riflettere su di sé con piena
consapevolezza adulta, si esamina e soppesa oculatamente sé (Adulto Protettivo),
distanziandosi dal passato. Anche questa transazione fa luce su un alto funzionamento
adulto nell’oggi, ed è per il terapeuta un chiaro segnale di decontaminazione dell’Adulto e
pertanto un segnale della possibilità di continuare l’esplorazione e l’ascolto empatico.
Effettivamente la cliente oggi può contare su un Adulto solido per poter affrontare tematiche
impegnative e caotiche, per rielaborare l’esperienza non elaborata ma evidentemente ancora
per lei presente nel governare il suo comportamento nel qui ed ora (si pensi al concetto di
“elastico” nell’accezione di Erskine (1974).
Avevo X anni (dice l’età precisamente – piena adolescente). Inizia a dare dei dati con un
elevato livello di specificità, cioè inizia ad esaminare dei dati (Sé Intrapsichico - Adulto
Protettivo).
T.: Quale il contesto?
Cl.: Era il periodo in cui avevo cominciato ad ingrassare e mi odiavo per questo.
Il terapeuta, cosciente di un alto livello di capacità riflessiva nel qui ed ora, fa una domanda per
stimolare la cliente ad ampliare l’informazione temporale fornita (la sua età cronologica); lo scopo è
di promuovere la messa a fuoco della sua esperienza e recuperare ulteriori dati utili al fine di
elaborare l’esperienza; il terapeuta “stimola costruttivamente” (Proponente – Adulto Protettivo).
L’idea guida è che il recupero di materiale non elaborato possa far luce, anche per la cliente su quei
processi già in qualche modo “visibili” al terapeuta mediante la lettura della narrazione con l’ATSC
sopra riportata, che va comunque confermata dalla narrazione della persona. La richiesta di
specificità ha lo scopo di stimolare la cliente a cogliere la funzione psichica del mantenimento di
quel processo disfunzionale e integrare anche le eventuali esperienze non elaborate nel vissuto
adulto, per una più efficace gestione di sé nel presente.
La specificità della sua risposta, circostanziata, fornisce il contesto dell’episodio, aiutando a
cogliere il suo vissuto emotivo (mi odiavo) in relazione ad uno specifico stimolo (ingrassare).
Anche questa risposta conferma la sua capacità di esaminarsi e di osservarsi in modo lucido,
coerente e ben contestualizzato (nel contenuto: Sé Intrapsichico – Adulto Protettivo) e conferma
sulla possibilità di procedere nell’intervento esplorativo dell’episodio che la cliente non aveva mai
raccontato a nessuno.
Ed inizia così il racconto di un episodio specifico che sintetizziamo qui di seguito, distinguendolo,
per un commento successivo, in cinque tempi.
I.
È pomeriggio, per dimagrire sta facendo footing fuori città quando viene avvicinata da uno
sconosciuto in macchina; la vede di corsa, la accosta e le fa una proposta relativa alla
12
II.
III.
IV.
V.
possibilità di fare esercizio fisico: le dice di avere non lontano da lì una palestra assai
attrezzata e si rende disponibile ad insegnarle esercizi utili al suo caso. La sua proposta non
è esplicitamente spinta. Insiste molto finché lei sale sulla sua macchina pur non sapendosi
spiegare la propria accondiscendenza: “Tuttora non so come ho fatto a dire sì, era uno
sconosciuto”.
Sale in macchina, percorrono un po’ di strada fino a che giungono in una villa molto
elegante: era la casa dello sconosciuto. Egli le mostra inizialmente una grande stanza
attrezzata ed alcuni esercizi ginnici. A questo punto la cliente percepisce qualcosa di strano,
comincia a spaventarsi ma avverte l’impossibilità di tornare indietro.
All’improvviso egli la dirige nella sua camera da letto e inizia in modo dichiarato a farle
proposte di natura prettamente sessuale, inizia a spogliarsi e le chiede di fare lo stesso. A
questo punto lei si congela ma non fa niente per contrastare.
Solo a seguito di un gesto estremamente spinto, mentre lui diventa incalzante e manifesta la
volontà di avere un rapporto sessuale, lei inizia a reagire: sentendosi impaurita, dice di voler
andare via da lì; temendo che lui possa aver chiuso la porta a chiave, si precipita verso la
stessa, scoprendo che è aperta e a questo punto riesce a scappare, correndo forte, con il
terrore di poter essere riportata indietro.
Riuscita a scappare, si sente sprofondata, piena di vergogna e stupida.
Di seguito riprendiamo il suo racconto in cinque tempi che commenteremo dalla prospettiva
dell’ATSC, identificando i principali stati dell’Io in gioco nell’episodio relazionale narrato dalla
cliente:
I.
II.
III.
IV.
V.
Lo sconosciuto la avvicina con una proposta apparentemente congruente con una piccola
porzione dell’informazione (la cliente è interessata al potenziamento dell’attività fisica con
l’intento di dimagrire) ma in realtà “prendendo una iniziativa illogica” (Lui Proponente,
124 della fig. 5, Adulto Ribelle) dato il contesto più ampio: fuori città, uno sconosciuto
abborda una giovane ragazza e le propone di salire in macchina con lui.
Arrivando in una villa elegante e lussuosa la cliente inizia a intravedere l’incongruenza del
messaggio, si confonde (Lei Rispondente – 224 della fig. 6 – Adulto Ribelle) e si spaventa.
Lo sconosciuto fa delle avances sessuali (Lui Proponente, 134 della fig. 5 – Adulto Critico).
Lei si immobilizza per la paura (Lei Rispondente – 234 della fig. 6 - Adulto Critico).
Con l’incalzare dell’invasività della proposta, di chiaro stampo sessuale (Lui Proponente
131 della fig. 5 – Genitore Critico) lei si ascolta e si rende conto del pericolo (311 fig. 4 - Sé
Intrapsichico – Bambino Protettivo) e, temendo di essere stata chiusa a chiave, si attiva per
verificare, corre immediatamente verso la porta e si mette in salvo mediante strategie
adattive e congruenti con la percezione del pericolo (Rispondente - Adulto Protettivo). La
cliente ha fatto la spola tra il suo sentire (Sé Intrapsichico – Bambino Protettivo) e il suo
scegliere strategie adattive (Sé Intrapsichico – Adulto Protettivo).
Cogliendo l’inganno e la sua ingenuità rispetto all’avvio della sequenza (il primo tempo), si
sente sprofondata nella vergogna (Sé Intrapsichico – Bambino Critico) e si critica (Sé
Intrapsichico – Adulto Critico).
La rappresentazione grafica (fig. 11) nei quadranti dell’ATSC ripropone nell’episodio relazionale
narrato, la prevalente alternanza tra i quadranti Ribelle e Critico; solo a seguito di una chiara e
definita proposta sessuale la cliente percepisce la violenza e l’attacco ostile e si protegge mediante
strategie funzionali ed efficaci. Anche il finale dell’episodio mostra come la cliente rimanga
incastrata in una dinamica di auto-attacco, ripristinando le dinamiche già identificate nella
formulazione del caso.
13
Fig. 11 – I quadranti specificamente attivati nell’episodio relazionale narrato.
È proprio a questo punto che diventa centrale l’elaborazione dell’evento nel contesto terapeutico, in
modo che la cliente, invece di replicare con sistematicità esperienze traumatiche che continuano ad
interferire con il presente, possa essere in grado di sganciarsi da quelle dinamiche antiche. Il lavoro
infatti continua:
T.: Stupida, che intendi?
Cl.: "Avventata. Mentre altri mi prendevano a tradimento, qui ci sono salita io stessa!”
Il terapeuta chiede di specificare, non accettando l’auto-attacco e fa una interrogazione (Proponente
– Adulto Protettivo) che ha lo scopo di decontaminare l’Adulto, stimolando la cliente a decifrare il
suo stesso messaggio, condensato nella sua autocritica.
La cliente effettivamente, nel rispondere alla domanda, richiama in modo immediato la parola
chiave dell’item 33 che ha dato avvio al suo ricontattare una memoria episodica del passato,
stimolata dal termine “Avventato” del questionario (item 33). Il contenuto della sua risposta
("Mentre altri mi prendevano a tradimento, qui ci sono salita io stessa!”) mostra come la cliente
oggi sia stata in grado di cogliere il significato dell’esperienza arcaica, collegandola alla sua lunga
esperienza di abuso ed avviando un processo di elaborazione complessa.
Grazie a tale esplorazione, in sintesi, la cliente ha poi ripercorso in modo nuovo la dinamica
dell’esperienza, dando senso a ciò che nel passato “semplicemente le accadeva” e imparando a
promuovere processi nuovi. Più specificamente, la cliente:
• coglie che, nell’accettare la proposta dello sconosciuto, ha svalutato l’informazione di
contesto e le relative implicanze, dandosi una Libertà Ostile, agendo così dal II quadrante sia
sul piano intrapsichico che interpersonale, servendosi di processi di analisi della realtà tipici
dell’Adulto Ribelle. Impara a dare importanza all’esame accurato degli stimoli della realtà
per vagliare come rispondere nel presente (usando l’Adulto Protettivo, antitetico all’Adulto
Ribelle).
• coglie che, quando nell’episodio “riconosce” l’incipiente provocazione di tipo sessuale, pur
spaventandosi, si immobilizza e si passivizza, usando processi normativi che implicano
Controllo Ostile di sé (Genitore Critico); nel ripercorrere con il terapeuta il suo racconto la
cliente individua in questa sua modalità di gestione del pericolo l’esperienza dell’antico
abuso: una iniziale apparente “vicinanza ingenua” si trasformava in modo del tutto non
comprensibile ed imprevisto, in un Controllo Ostile da parte dell’abusante per cui lei,
confusa e inconsapevole (ricordiamo la sua giovanissima età), si immobilizzava,
sottomettendosi -. Coglie quindi il valore di dare ascolto a sé e di individuare modalità
autoprotettive (facendo la spola tra Bambino e Adulto Protettivi).
• riconosce che di fronte alle incalzanti richieste sessuali dello sconosciuto la cliente ha
realizzato il pericolo e ha trovato strategie di protezione di sé, cercando una via di fuga. In
tal modo, a partire dall’ascolto del Bambino Protettivo – sentendo il proprio spavento – ha
agito attivando l’Adulto Protettivo, mettendosi in salvo – proprio come nel momento in cui,
da appena adolescente, ha iniziato a opporsi e a sottrarsi all’abuso, proteggendosi.
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Infine, è nella situazione clinica attuale che la cliente ha potuto rielaborare nel qui ed ora e
in un contesto relazionale nuovo l’evento traumatico riportato: ha potuto osservarsi e
cogliere i processi attuati in rapporto al contesto passato, cogliere il legame con la sua
esperienza antica, ha iniziato ad empatizzare con sé, piuttosto che attaccarsi incolpandosi, ed
ha cominciato quindi a distanziarsi dall’antica esperienza e a sviluppare più attivamente lo
stato dell’Io Adulto Protettivo nel riesame di sé.
•
L’esempio riportato ci ha consentito di illustrare come l’uso clinico del questionario, in questa fase
avanzata della terapia, abbia favorito l’individuazione di un’esperienza traumatica arcaica non
elaborata ed abbia permesso l’avvio del processo di elaborazione utile ai fini terapeutici in vista del
contratto, confermando l’ipotesi di partenza.
Al termine di questo racconto, un grazie speciale a chi ha avuto il coraggio di rivedere in terapia le
pieghe dolorose ancora presenti del suo passato, perché la sua esperienza di cura possa essere
benefica oltre che per lei stessa anche per altri, per gettar luce e aprire alla speranza di un possibile
cambiamento anche in situazioni che paiono irrimediabili e reiterate nel tempo.
Confronto con il profilo degli stati dell’Io Sé emerso dagli ANINT A
Abbiamo visto la ricchezza dell’informazione fruibile nella relazione clinica mediante l’uso
“clinico” dell’ANINT. Confrontiamolo ora con il profilo degli stati dell’Io Sé costruito sulla base
dei punteggi derivati dalla somministrazione dell’ANINT nei momenti difficili (fig. 12).
Osservando la figura, possiamo notare che effettivamente nei momenti difficili ancora oggi la
cliente tenda ad essere avventata, tenendo poco conto delle conseguenze delle proprie azioni (alto
Bambino Ribelle) e ad irretirsi (alto Genitore Critico) imponendosi un Controllo ostile. I punteggi
del I e del IV quadrante indicano una visione un po’ idealizzata di sé (quaterna del benessere più
alta rispetto alla norma).
Diamante ANINT-A
Mediana
70
ID_paziente
Data Test
21/05/2014
30 Libero e Soddisfatto
Fluttua senza direzione
Ignora scelte importanti
Fantastica, non agisce
Trascura capacità utili
Trascura di conoscersi
E' incosciente, avventato
Si trascura gravemente
Si rifiuta, si emargina
Si tortura, si distrugge
20
40 Si evolve spontaneamente
10
80 Si lascia fare fiducioso
40
60 Si accetta così com'è
50
80 Si comprende, si ascolta
40
90 Si sente integrato, unito
80
90 Si sente contento di se'
30
80 Si coccola, si rassicura
20
70 Si piace, gode di se'
30
Si tratta da nemico
90 Si ama e si stima
50
Si sfrutta, si affatica
Si punisce, si odia
80 Si procura cose buone
30
80 Si prende cura di se'
70
Si inganna, si svia
60 Si protegge
30
Si incolpa, si biasima
80 Si analizza, si esamina
40
Dubita di se' , si svaluta
90 sviluppa capacità utili
70
Si limita, si trattiene
Si impone norme esterne
70 Previene ogni bisogno
30
100 Si controlla benevolmente
80
si controlla in tutto
90 Si impone l'ideale
80
fig. 13 – Il profilo degli stati dell’Io Sé
all’inizio della terapia
fig. 12 – Il profilo degli stati dell’Io Sé
della cliente nei momenti difficili, dopo
due anni di terapia.
È interessante, ai fini clinici, confrontare questo profilo con quello rilevato all’inizio della terapia
(fig. 13). Si può notare l’assenza pressoché totale degli stati dell’Io della quaterna del benessere e la
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dominanza degli stati dell’Io della quaterna della patologia che indicano modalità caotiche di
gestione di sé e auto-attacco ostile.
Il confronto dei profili in momenti diversi della terapia può essere usata nella clinica come una
misura di efficacia del lavoro terapeutico.
CONCLUSIONI
Sono state presentate le caratteristiche dei questionari ANINT A e ANINT D e gli elementi di base
dei modelli teorici a cui gli stessi fanno riferimento. Attraverso un caso clinico si è voluto
evidenziare l’uso clinico dell’ANINT A.
Specificamente l’esempio clinico illustra in modo evidente come dalla parola stimolo del
questionario la cliente sia stata capace di accedere alla «memoria episodica» per cogliere poi la
«memoria semantica» ed aggiungere nuovi significati all’interno della nuova cornice relazionale:
una conquista resa possibile grazie alla rielaborazione del materiale non pensato, promuovendo il
passaggio da un piano esperienziale/emozionale ad un piano astratto/simbolico e riflessivo.
Nonostante la percezione della potenza dello strumento nelle mani del clinico, ci piace concludere il
nostro lavoro con le parole di Scilligo (2000, 28) che ci supportano nel considerare prezioso
l’utilizzo di strumenti diagnostici nella clinica in dialogo con il cliente stesso: «Se la lettura dei
risultati non è interpretativa in termini di uso proiettivo delle risposte, con susseguenti illazioni non
direttamente collegate con i processi relazionali interpersonali, i risultati sono facilmente
comprensibili e spiegabili e possono essere uno spunto per un dialogo che precisi e allarghi i
significati che sono espressi prototipicamente dalle risposte».
BIBLIOGRAFIA:
Benjamin, L. S. (1974). Structural Analysis of social behavior. Psychological Review, 81, 392-425.
Benjamin, L. S. (1979). Structural analysis of differentiation failure. Psychiatry, 42, 1-23.
Benjamin S. L. (1999). Diagnosi interpersonale e trattamento dei distirbi di personalità. Roma:
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Erskine, R. G. (1974). Therapeutic interventions: disconnecting rubberbands. Transactional
Analysis Journal, 4, 1, 7-8.
McConnaughy, E. A., Prochaska, J. O., Velicer, W. F. (1983). Stages of change in psychotherapy:
Measurement and sample profiles. Psychotherapy: Theory, Research & Practice, Vol 20(3),
368-375.
Scilligo, P., 2000, Il questionario ANINT A36: uno strumento per misurare la percezione di sé.
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Scilligo, P. (2009). Analisi transazionale socio-cognitiva. Roma: LAS
Scilligo, P. (2009). La ricerca Scientifica: tra analisi ed ermeneutica. Roma: LAS
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