Intervento dell`Avv. Pier Luigi Panici presentato al convegno sul

Giorgio Giliberti fotografo
All’insaputa anche dello specchio
Giorgio Giliberti fotografo
All’insaputa anche dello specchio
Su testi di Jorge Luis Borges
Comune di
San Martino In Rio
Assessorato alla Cultura
All’insaputa anche dello specchio
Il progetto realizzato dal fotografo Giorgio Giliberti nell’ambito dell’edizione
2014 di “Fotografia europea” (Reggio Emilia, maggio-giugno) è interamente
dedicato allo scrittore argentino Jorge Luis Borges, fin dal titolo, che
riprende il verso iniziale della sua Elegia: “All’insaputa anche dello
specchio”.
Immagini realizzate in studio e nella Rocca di San Martino in Rio, là dove
verranno esposte da maggio a luglio, all’interno delle sale affrescate.
Un progetto corale, reso possibile dalla collaborazione del fotografo con
attrici, danzatori, danzatrici e musicisti, che hanno infuso anima e corpo
per dare vita ai quattro atti in programma.
Esiste o no
il sogno che smarrii
prima dell’alba?
Uno dei memorabili haiku borgesiani introduce, la prima sezione, una
serie di immagini di piccolo formato realizzate in studio con l’attrice
Loredana Averci.
Le rovine circolari,
dominata da un’immagine unica di grande formato: una doppia, tripla
esposizione su fondo nero, a evocare il gioco di specchi in cui a ciascuno
di noi può accadere di sentirsi “una parvenza”, l’immagine sognata nel
sogno di un altro.
Vantino altri le pagine che han scritto,
l’orgoglio mio è per quelle che ho letto
L’incipit di un’altra celebre poesia di Borges, Il lettore, dà il titolo a una
serie di dodici immagini di medio formato, per raccontare altrettanti
scorci ripresi nelle stanze della Rocca di San Martino in Rio, spazi
apparentemente vuoti, eppure densi di frammenti corposi di senso e di
bellezza.
A Bao A Qu
“Sulla scala della Torre della Vittoria abita dal principio dei tempi l’A Bao A
Qu, sensibile ai valori delle anime umane. Vive in stato letargico, sul primo
gradino, e solo fruisce di vita cosciente quando qualcuno sale la scala”.
La creatura immaginaria descritta nel Manuale di zoologia fantastica,
fermata nella performance della danzatrice Barbara Reguzzoni, intorno
alle quali ruota il testo del racconto di Borges.
La casa di Asterione
Il mito del Minotauro – rivisitato dal poeta argentino in una delle sue
opere più celebri, enigmaticamente intitolata Aleph – diventa una parabola
in cui riconoscere la natura umanissima del mostro, oppure (dall’altra
parte dello specchio) la mostruosità della natura umana.
La performance del danzatore Francesco lazzy Arena viene restituita
attraverso immagini di medio e grande formato, mentre lo spazio bianco
del pannello portante accoglie le parole di Asterione.
Esiste o no
il sogno che smarrii
prima dell'alba?
di Jorge Luis Borges
Le rovine circolari
da Finzioni di Jorge Luis Borges
...Non essere un uomo,
essere la proiezione del
sogno di un altr’uomo: che
umiliazione incomparabile,
che vertigine!
Andò incontro ai gironi
di
fuoco:
che
non
morsero la sua carne,
che lo accarezzarono e
inondarono senza calore e
senza combustione...
Con sollievo,
con umiliazione,
con terrore,
comprese che
era anche lui
una parvenza,
che un altro
stava sognandolo...
...Vantino altri le pagine che hanno scritto,
l’orgoglio mio è per quelle che ho letto...
da Un Lettore di Jorge Luis Borges
A Bao A Qu
da Manuale di zoologia fantastica
di Jorge Luis Borges
Danzatrice Barbara Reguzzoni
Per contemplare il paesaggio più
meraviglioso del mondo bisogna
arrivare all’ultimo piano della Torre
della Vittoria, a Chitor. C’è là un
terrazza circolare che permette di
dominare tutto l’orizzonte.
Una scala a chiocciola porta alla
terrazza, ma solo s’arrischia a salire
chi non crede nella favola, la quale
dice così: Sulla scala della Torre della
Vittoria abita dal principio dei tempi
l’A Bao A Qu,
sensibile ai valori delle
anime umane.
Vive in stato letargico,
sul primo gradino,
e solo fruisce di vita cosciente
quando qualcuno sale la scala.
La vibrazione della persona che s’avvicina gl’infonde la vita,
e una luce interiore s’insinua in lui. Nello stesso tempo, il
suo corpo e la sua pelle quasi traslucida cominciano a muoversi. Quando qualcuno s’avvia per la scala, l’A Bao A Qu
si mette quasi ai calcagni del visitatore e sale afferrandosi
all’orlo dei gradini, scavati e consunti dai piedi di generazioni di pellegrini. A ogni gradino il suo colore s’intensifica, la sua forma si perfeziona, e la luce
che irraggia si
fa ogni volta
più brillante.
Testimone della sua sensibilità è il fatto
che raggiunge
l’ultimo
gradino, e la sua
forma perfetta, solo quando
chi sale è un
essere evoluto
spiritualmente. Altrimenti
resta come paralizzato prima di arrivare,
col suo corpo
incompleto, il
suo colore indefinito, la sua
luce vacillante.
L’A Bao A Qu
soffre quando
non può formarsi interamente, e il suo lamento è un rumore
appena percettibile, simile al fruscio della seta. Ma quando
l’uomo o la donna che lo resuscitano sono pieni di purezza,
allora può giungere all’ultimo scalino, ormai completamente
formato e irradiando una viva luce azzurra. Il suo ritorno
alla vita è molto breve, poiché, andando via il pellegrino,
l’A Bao A Qu rotola e cade fino
al gradino iniziale, dove ormai
spento e simile a una lamina
dai contorni vaghi, aspetta il
visitatore successivo.
Si può vederlo bene solo quando
arriva a metà della scala, dove
i prolungamenti del suo corpo,
che in guisa di piccole braccia
l’aiutano a salire, si definiscono
con chiarezza.
C’è chi dice che guarda
con tutto il corpo,
e che al tatto ricorda
la pelle della pesca.
Nel corso dei secoli,
l’A Bao A Qu è giunto una
sola volta alla perfezione.
La casa di Asterione
da L’ALEPH di Jorge Luis Borges
Danzatore Francesco lazzy Arena
“E la regina dette alla
luce un figlio che si
chiamò Asterione”
So
che
mi
accusano
di superbia, e forse di
misantropia, o di pazzia.
Tali accuse (che punirò
al momento giusto) sono
ridicole.
E’ vero che non esco di
casa, ma è anche vero che
le porte restano aperte
giorno e notte agli uomini
e agli animali.
Entri chi vuole.
Non troverà qui lussi donneschi né la splendida pompa dei palazzi, ma
la quiete e la solitudine. E troverà una casa come non ce n’è altre sulla
faccia della terra. (Mente chi afferma che in Egitto ce n’è una simile.)
(…) Certo non mi mancano distrazioni. Come il montone che si avventa,
corro per i corridoi di pietra fino a cadere al suolo in preda alla vertigine. Mi acquatto all’ombra di una cisterna e all’angolo di un corridoio, e
gioco a rimpiattino. Ci sono terrazze dalle quali mi lascio cadere, finché
resto insanguinato. In qualunque
momento posso
giocare a fare l’addormentato, con
gli occhi chiusi e
il respiro pesante (a volte mi addormento davvero; a volte, quando
riapro gli occhi, il
colore del giorno
è cambiato). (…)
Ma non ho soltanto immaginato giochi, ho anche meditato sulla casa. Tutte le
parti della casa si
ripetono, qualunque luogo di essa
è un altro luogo.
Non ci sono una
cisterna, un cortile, una fontana,
una stalla; sono
infinite le stalle, le
fontane, i cortili, le
cisterne. La casa è grande come il mondo. (…) Ogni nove anni entrano
nella casa nove uomini, perché io li liberi da ogni male. Odo i loro passi
o la loro voce in fondo ai corridoi di pietra, e corro lietamente incontro
ad essi. La cerimonia dura pochi minuti. Cadono uno dopo l’altro, senza
che io mi macchi le mani di sangue. Dove sono caduti restano, e i cadaveri aiutano a distinguere un corridoio dagli altri.
Ignoro chi siano, ma so che uno
di essi profetizzò, sul punto di
morire, che un giorno sarebbe
giunto il mio redentore. Da allora
la solitudine non mi duole, perché
so che il mio redentore vive e un
giorno sorgerà dalla polvere. Se il
mio udito potesse percepire tutti
i rumori del mondo, io sentirei i
suoi passi. Mi portasse a un luogo
con meno corridoi e meno porte!
Come sarà il mio redentore?
Sarà forse un toro
con volto d’uomo?
O sarà come me?
Il sole della mattina brillò
sulla spada di bronzo.
Non restava più traccia di sangue.
“Lo crederesti, Arianna?” disse Teseo.
“Il Minotauro non s’è quasi difeso.”
Comune di
San Martino In Rio
Assessorato alla Cultura