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Numero 172
28 Ottobre 2014
79 Pagine
Prova Offroad
KTM Freeride
E-SX E-XC
Il fuoristrada elettrico
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Novità
MV Brutale 800 RR
2015, 140 cavalli di
potenza e nuova
dotazione elettronica
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MotoGP Malesia
Marquez vince il GP
di Sepang. Rossi e
Lorenzo completano
il podio
| prova supersportiva |
BMW S1000 RR 2015
da Pag. 2 a Pag. 15
All’Interno
NEWS: Ducati Scrambler: made in Asia? | M. Clarke A rulli e a sfere, le regole del gioco | N. Cereghini Due fenomeni a
Phillip Island, anzi tre | MOTOGP: DopoGP. GP d’Australia. Rossi, l’esperienza del campione
BMW S1000 RR 2015
PREGI
Dotazione tecnica e motore
DIFETTI
Allungamento della corsa freno anteriore
prova supersportiva
Una vera
Superbike
A pochi giorni dalla presentazione di
Intermot, eccoci al circuito spagnolo
di Monteblanco, Spagna, per mettere
alla frusta la nuova BMW S 1000 RR.
E’ più potente, leggera e ha
un’elettronica ancora più raffinata.
E’ molto specialistica e quindi non per tutti.
Il prezzo? Si conoscerà dopo Eicma
di Francesco Paolillo
Foto di Alberto Martinez
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D
i rughe la S1000 RR ne aveva
pochine, e quindi un lifting
approfondito, o meglio un
modello completamente nuovo non c’era da aspettarselo.
A Monaco, però, pensano che
chi si ferma è perduto, e quindi eccoci a provare
la S 1000 RR 2015, una moto nuova, che del modello precedente, che tanto successo ha riscosso, prende solo i pregi, stemperandone i difetti,
che a dire il vero, erano davvero pochi.
Design
Esteticamente la versione 2015 cambia parecchio, ma senza che tali modifiche stravolgano
il family feeling con la precedente versione. Andando nel dettaglio si nota subito che le linee
sono più affusolate, il cupolino di fatti appare
più profilato e tagliente, con una presa d’aria
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
centrale di maggiori dimensioni, mentre lo strabismo dei gruppi ottici è ora invertito con il faro
tondo ora sul lato opposto e viceversa. Scompaiono finalmente le plastiche grezze dal serbatoio e dai fianchetti, sostituite da componenti
verniciate. A proposito di verniciature, la S1000
RR 2015 è disponibile in quattro colorazioni, Racingred, Lightwhite, Blackstorm, e nei classici
colori BMW Motorrad, in pratica, rossa, bianca,
nera metallizzata e bianca/blu. Cambia anche
l’impianto di scarico, che oltre a mettere in bella mostra un silenziatore di sezione differente e
più snello, ha perso il presilenziatore. Anche il
cruscotto è completamente nuovo, e impressiona per quantità di dati visualizzati, che possono
variare a seconda degli optional montati. Questi
ultimi prevedono due pacchetti principali, denominati “Race” e “Dynamic”, il primo comprende
il cruise control, il DTC e la modalità Pro (che
Media
prevede due mappe motore aggiuntive), mentre
il secondo offre gli indicatori di direzione a LED,
il cambio elettro assistito, DDC (Dynamic Damping Control) e manopole riscaldate. Naturalmente è possibile arricchire la superbike BMW
di tutti quei particolari che fanno felici gli appassionati, e cioè, componenti in fibra di carbonio o
torniti da blocchi di leghe pregiate, oltre agli immancabili sistemi di scarico. Inoltre è possibile
attingere a tutta una serie di accessori specifici
per l’uso agonistico.
Motore
La nuova generazione della BMW S1000 RR non
presenta solo novità estetiche, anche il potentissimo quattro cilindri in linea è stato oggetto di
cure. È stata riprogettare da zero la testa, così
come i condotti di aspirazione e scarico, l’air box
è stato rivisto in funzione dei cornetti di aspirazione più corti, mentre gli alberi a camme hanno
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Prove
profili specifici, con le valvole ora più leggere di
un paio di grammi ognuna. L’impianto di scarico,
oltre a cambiare esteticamente, perde ben 3 kg
di peso, e non c’è più il presilenziatore. Queste
modifiche hanno permesso un incremento della potenza “limitato”a 6 cv, tanto da innalzare
la potenza massima fino ad arrivare alla soglia
dei 200 cv, 199 per la precisione (ci spiace per
i motociclisti da bar che non potranno gonfiare
il petto e vantarsi di domare duecento cavalli
imbizzarriti...), ma quello che cercavano i tecnici era un miglioramento dell’erogazione e un
incremento della coppia ai regimi medio alti, per
migliorare la guidabilità generale. Ecco allora che
i dati dichiarati parlano di un incremento del tiro
tra gli 8.500 e i 12.500 giri (anche se le curve
indicano un incremento fino a 14.000 giri), con
una linearità della curva di coppia più lineare, e
un picco di 113 Nm a 10.500 giri. Il peso dichiarato scende di quattro chilogrammi, portando la
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massa complessiva in ordine di marcia a 204 kg,
Race ABS incluso. Le mappe motore disponibili
sono tre, “Rain”, “Sport” e “Race”, con la possibilità di aggiungerne ulteriori due, la “Slick” e la
“User”, adottando il Pacchetto “Pro”, che prevede anche il controllo dinamico della trazione,
DTC (che va a sommarsi all’ASC di serie privo di
sensore d’inclinazione), oltre al Launch Control
e al Pit-lane limiter. Le potenze erogate dalle rispettive mappe vanno dai 187 cv della “Rain”
(coppia limitata a 108 Nm), ai 199 della “Race”
e della “Slick” (lo stesso vale per la “User”). Le
cinque modalità di guida sono selezionabili attraverso un pulsante posizionato sul blocchetto destro. Sempre attraverso un comodo pulsante sul
blocchetto sinistro, dopo avere impostato la modalità “User”, è possibile configurare la S 1000
RR sotto tutti i punti di vista. Si va dalla risposta
del motore a quella del Race ABS, passando per
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
il DTC (dove si può decidere il limite di slittamento e l’inclinazione dell’antiwheelie!) e senza scordarsi il DDC. Roba da perderci la testa, anche
perché per ora, tra gli optional, non è previsto un
tecnico che segua il proprietario della moto sui
tracciati! Il cambio a sei marce, se dotato della
funzionalità elettro assistita HP Pro, consente di
inserire e scalare i rapporti senza l’utilizzo della
frizione, che a questo punto si può limitare alla
sola partenza da fermo. Inoltre la leva del cambio
è predisposta per l’utilizzo in modalità rovesciata, e cioè con la prima in alto e i restati rapporti
in basso, semplicemente variando l’attacco del
leveraggio.
Ciclistica e sospensioni
La ciclistica è stata oggetto anch’essa di un
lavoro di rifinitura, il telaio a doppio trave in alluminio, che utilizza il motore come elemento
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portante, ha visto incrementare sia la rigidità,
ma al tempo stesso è stato rivisto nella flessibilità, per migliorare il feeling di guida. La parte
centrale, o meglio le piastre laterali, sono state
ridisegnate, così come il telaietto posteriore,
ora più leggero. Interasse incrementato di 8 mm
(1.425 mm), con avancorsa che scende di 1,5
mm (96.5 mm), attacco del forcellone abbassato di 3 mm, e sfilamento di 6 mm dei foderi
forcella. Piccole modifiche nelle quote della ciclistica, che sommate dovrebbero portare a un
miglioramento della guidabilità della S 1000 RR.
Di serie la superbike BMW prevede una forcella
tradizionale, ultraregolabile con steli da 46 mm,
e un monoammortizzatore (ora più lungo di 46
mm), entrambi con escursione utile di 120 mm,
che sono stati rivisti nelle regolazioni standard.
La vera chicca, però, è il DDC (Dynamic Damping
Control), il sistema di sospensioni elettroniche
Prove
che già conosciamo in quanto è apparso per la
prima volta sulla HP4 nel 2012, e che permette
di regolare la risposta delle sospensioni in tempo
reale, adattandola alla situazione di guida. Questo sistema reagisce automaticamente alle varie
manovre del pilota, gestendo le aperture delle
valvole presenti negli ammortizzatori, in un tempo inferiore ai dieci millisecondi. In base alla modalità guida selezionata, “Rain”, “Sport” e tutte
le altre, il sistema ha dei setting prestabiliti, che
possono variare semplicemente agendo su un
pulsante, con la regolazione che può variare da
-7 a +7. Adottando il Race Calibration Kit si può
addirittura pre-configurare l’assetto della moto,
curva per curva, roba da mandare in confusione
i neuroni.
Come va
Le prime impressioni non possono che essere
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quattro cilindri è impressionante, tenuto conto
che la moto è in tutto e per tutto di serie, e avendo da poco provato le versioni che partecipano
ai vari campionati, e per questo messe a punto
in maniera accurata. Spinge in basso, spinge ai
medi, e manco a dirlo, allunga come un portento!
Che motore! Il cambio asseconda la personalità
del quattro in linea, e spara i rapporti in maniera fulminea, con uno sforzo alla leva certamente
minore rispetto alla precedente versione, che
soprattutto ai bassi e medi regimi, richiedeva
uno sforzo eccessivo. La modalità di scalata assistita è semplicemente goduriosa, l’avevamo
già provata sulla SBK ufficiale di Melandri di un
paio di anni fa, e adesso è possibile averla sulla
moto di serie. Questa aiuta sia nella gestione della scalata, ma permette anche di non staccare
la mano, o anche solo due dita dal manubrio, e
questo consente un miglior controllo della moto
e un minor sforzo sull’avambraccio. La frenata
è uno degli aspetti della S 1000 RR che porta a
un giudizio contrastante. Potentissima e ben
positive, anche perché già la S 1000 RR precedente era, ed è tuttora, una signora moto dalle
prestazioni elevatissime, per cui le piccole migliorie ergonomiche non fanno altro che innalzare ulteriormente l’asticella e permettono al pilota
di “maneggiare l’arma” in modo ancora più intuitivo e autoritario! Il collega del turno precedente
ci ha scaldato a dovere le gomme, che per tre
turni saranno delle Pirelli Supercorsa SP, mentre
nel pomeriggio proveremo la S 1000 RR in configurazione pista, con delle belle slick, montate
per l’occasione su una coppia di cerchi forgiati
che fanno scendere il peso di ulteriori 2,4 kg. Il
tracciato di Monteblanco, nella configurazione
scelta dagli uomini della BMW (questa pista può
variare disegno secondo le esigenze) è abbastanza tortuoso, con un allungo di tutto rispetto
rappresentato dal rettilineo principale, dove si
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Prove
modulabile, grazie anche al Race ABS, che davvero dimostra una messa a punto ottimale, con
spazi di arresto davvero degni di nota, ha il difetto di entrare a regime solo dopo un paio di giri di
pista. Cioè, la corsa della leva tende ad allungarsi
durante i primi chilometri di guida aggressiva,
per poi stabilizzarsi e rimanere costante durante
tutto il turno. Fatta l’abitudine a questa stranezza, l’impianto risponde a dovere. La modalità che
abbiamo impostato per il primo turno in pista è
stata la “Race”, con il controllo di trazione settato a +3, in questa configurazione la S 1000 RR
si guida già come una moto da corsa. Le modifiche alla ciclistica si percepiscono sia sul dritto,
dove la moto, anche se sollecitata dalla spinta
del motore, rimane precisa e segue la linea senza
accusare strani sbacchettamenti dell’avantreno
(la versione 2012 non si faceva problemi a cercare di sfuggirti dalle mani in rettilineo), mentre
in fase di frenata infonde sicurezza e rimanendo
precisa anche in inserimento con il freno “ancora in mano”. La rapidità d’inserimento è ottima,
arrivano a leggere velocità massime tra i 280 e
i 290 km/h. Lo stress per l’impianto frenante è
notevole, e questo comporta anche un impegno
notevole da parte del pilota. Una volta conosciuta
la pista, proviamo a conoscere anche la nuova S
1000 RR, che sin dal primo approccio ci fa capire
che per tirare fuori il meglio da lei, bisogna metterci tecnica e muscoli. Il motore è certamente
più lineare nell’erogare l’immensa potenza di cui
è dotato, ma 199 cv sono sempre tanti, elettronica a sovraintendere o no! Le velocità che riesce a
raggiungere questa moto in spazi brevissimi, non
consentono un attimo di pausa e la concentrazione deve essere sempre massima. Da subito, e
memori delle esperienze in sella alle precedenti
S 1000 RR e HP4, notiamo che la moto tende a
impennare molto meno, e che quando lo fa, lo
fa in modo meno repentino. La progressione del
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così come la velocità con cui cambia direzione,
nei destra/sinistra, dove c’è ancora da lavorare
è nella tendenza ad allargare in uscita di curva
quando si riprende in mano il gas. Le possibilità
di lavorare sulle regolazioni sia delle sospensioni
sia della risposta del motore, aprono mille possibilità di configurazione, il che non sapremmo
dire se è un pregio o un difetto, soprattutto nel
caso in cui a metterci le mani non sia un professionista, ma un semplice appassionato. Migliora
la confidenza e quindi azzardiamo subito una
mappa “Slick”, con controllo di trazione a 0. Configurata così la S 1000 RR perde la funzionalità
dell’ABS sulla ruota posteriore, ora libera anche
di alzarsi dall’asfalto senza particolari vincoli. Le
Pirelli Supercorsa SP hanno ormai qualche turno
alle spalle, e il controllo di trazione viene chiamato a un superlavoro, sottolineato dall’accensione
della relativa spia sul cruscotto. Il suo intervento appare più lineare, rispetto a quelli provati in
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Prove
precedenza, fino a una determinata soglia, quando però, un po’ per colpa delle gomme a fine ciclo
di vita, un po’ perché abbiamo preso confidenza,
e di conseguenza alzato il ritmo, le perdite di aderenza del posteriore si fanno meno progressive,
e la moto scalcia senza tanti complimenti. Adesso però è tempo di provare il missile tedesco con
le slick e i cerchi forgiati. Il vantaggio in termini
di peso garantito dai cerchi forgiati, è meno percepibile rispetto ad altre moto, e in questo potrebbe esserci lo zampino dell’elettronica che
adegua in tempo reale il comportamento della
moto a differenti condizioni di guida, e questo
“cambiamento” potrebbe essere stato percepito
prima dalle centraline che da chi è in sella. Il grip
maggiore offerto da coperture specialistiche è
evidente, e anche la strumentazione che visualizza sia le decelerazioni sia le accelerazioni, indica un miglioramento dei parametri, mentre stranamente non aumenta l’angolo di piega (con le
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Prove
Casco AGV Pista GP
Tuta Dainese
Guanti Dainese
Stivali Dainese
Supercorsa SP si arrivava a 59° d’inclinazione),
forse anche perché cerchiamo di piegare il meno
possibile, per il minor tempo possibile, e cioè
spigoliamo di più, per sfruttare al meglio la strepitosa coppia e l’elevata cavalleria. Elettronica o
no, la S 1000 RR in questa configurazione è una
moto che richiede impegno e anche un po’ di mestiere per essere sfruttata anche solo in parte. Il
tracciato abbastanza tortuoso non aiuta di certo,
mentre il controllo di trazione , impostato su un
più permissivo -3, fa si che il posteriore allarghi
e si dimeni senza tanti complimenti, soprattutto
in uscita dalle curve da seconda e terza marcia,
mentre in quarta e quinta la ruota posteriore si
limita a lasciare evidenti strisce nere sull’asfalto!
Chi pensa che l’elettronica possa limitare il gusto
di guidare, e il piacere del controllo di cavallerie
esagerate, forse dovrebbe fare un bagno di umiltà e capire che potenze e ciclistiche come quelle
di questa BMW, che non avrebbero sfigurato sulla griglia di partenza di un mondiale SBK di pochi
anni fa, sono per pochi e non per tutti. Almeno
quando si cerca di sfruttarne le incredibili potenzialità. I normodotati potranno invece godere di
una moto, che anche se guidata in maniera più
tranquilla, è capace di dare tanto anche senza
andarne a cercare il limite.
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KTM Freeride E-SX E-XC
PREGI
Grande divertimento e guida facile
DIFETTI
Costo del pacco batteria elevato
Prezzi da 11.360 €
prova offroad
Divertimento
Puro, Zero
Emissioni!
La Casa austriaca apre una porta sul futuro e mette
in vendita la sua prima moto elettrica. Due le versioni
(cross ed enduro), pronte per l’uso e fonte di grande
divertimento. Regalano un nuovo modo di fare offroad,
che ci ha conquistati. La E-XC costa 11.660 euro e ha
un’autonomia discreta. Scopriamo qual è il loro
utilizzo ideale
di Andrea Perfetti
Foto di Marco Campelli e Sebas Romero
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
Una nuova utenza
Media
L
a trazione elettrica è sempre più
presente nella vita di tutti noi. In
città le piccole auto elettriche e le
bici a pedalata assistita sono una
realtà acquisita; Tesla e BMW
hanno dimostrato che l’auto
elettrica (o ibrida) può competere con una Porsche 911. Anche nel pianeta offroad si sono viste
le prime moto, come la Tacita provata di recente
da Moto.it Oggi si aggiunge un altro, fondamentale tassello a questa silenziosa crescita. KTM,
che negli ultimi anni è diventata una delle principali realtà industriali del mondo moto in Europa,
mette in produzione (e in vendita, da subito) la
sua prima moto elettrica sia in versione cross (ESX) che in quella da enduro (E-XC). Entro l’anno
arriverà poi la prima moto stradale austriaca a
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La KTM Freeride E non vuole catturare i clienti
che oggi guidano una moto da cross o da enduro
tradizionale (anche se tanti ne vorranno una attaccata alla spina del garage dopo averla provata!). Lei, la simpatica austriaca che si arrampica
e impenna nella quiete del bosco, piace a chi non
ha mai pensato a una moto prima. Si guida con
la patente A1 già a 16 anni ed è di una facilità disarmante. Fai 5 metri e inizi a giocare. Non c’è
il cambio, si comandano solo i due freni (come
sulla mountain bike) e l’acceleratore. Il resto lo
fa il pilota: la Freeride E si guida infatti col corpo,
muovendosi in sella, copiando o anticipando gli
ostacoli. La sua agilità pazzesca è anche molto
furba. È il perfetto trait d’union tra le bici (in particolare quelle da down hill), il moto alpinismo e
l’enduro. Non è un caso se KTM ha scelto il campionissimo di bici trial Danny MacSkill come testimone; il mondo dei biker è davvero vicino alla
Freeride E. C’è la potenza che serve per giocare
(11 kW, pari a 15 cavalli, con un picco massimo di
Prove
16 kW a 4.500 giri; una coppia di 42 Nm a 0 giri,
superiore addirittura a quella della EXC 250F),
sospensioni WP, freni idraulici a disco e un peso
di circa 106 kg per la cross e 108 per l’enduro.
La batteria al litio contiene 360 celle (fornite dal
partner Samsung) e dispone di una capacità
di 2,6 kW/h. L’autonomia è di circa un’ora (50
km), mentre la ricarica avviene in 80 minuti (ma
dopo 50 minuti si ha l’80% di carica disponibile). Il pacco batteria si toglie con semplicità dalla
moto (è sotto la sella) e consente 700 ricariche
(ma anche dopo questa soglia ha una capacità
di carica residua dell’80%) e ha un costo di circa 3.000 euro (al suo interno c’è la centralina di
gestione). Il motore raffreddato a liquido ha una
manutenzione prossima allo zero (si cambia solo
l’olio ogni 50 ore) e la ricarica della batteria costa pochi centesimi di euro. Facendo due conti,
questi risparmi di gestione rendono accettabile
il prezzo di acquisto: la KTM Freeride E costerà
11.360 euro in versione SX e 11.660 in versione
XC. Chi la comprerà allora? Per rispondere a
emissioni zero, la E-SM che abbiamo anticipato
nelle scorse settimane.
La KTM Freeride E non è soltanto un modello
inedito, rappresenta infatti un nuovo modo di
intendere il fuoristrada e dimostra le capacità ingegneristiche della Casa austriaca. In tale senso
Thomas Kutruff (KTM) è molto esplicito: “KTM,
grazie agli ottimi risultati nelle vendite anche nel
2014, può investire grandi risorse nella ricerca.
Al progetto Freeride E lavorano venti persone, si
tratta infatti del primo passo dell’azienda verso
la mobilità elettrica. Seguiranno altre importantissime novità. La Freeride E è una moto elettrica, ma conserva tutto lo spirito ready to race
di KTM. Per ottenere questo risultato abbiamo
realizzato internamente tutto, dal propulsore al
telaio e alle sospensioni”.
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questa domanda bisogna uscire dai soliti schemi. La sceglierà chi avrà la fortuna di usarla in
montagna, sui sentieri o sui percorsi aperti alle
bici, ma senza l’incubo della risalita in seggiovia.
Grazie a lei stanno nascendo inoltre diversi moto
park in luoghi sino a ieri vietatissimi alle moto da
cross. Pensiamo ai centri abitati e alle zone verdi
dove la KTM Freeride E potrà girare senza disturbare persone o animali. KTM ha già creato delle
partnership in Austria, in Germania e in altri Paesi del Nord Europa. C’è da sperare che qualcosa
si muova anche da noi. Come abbiamo visto nel
corso della prova, basta un piccolo appezzamento di terreno per creare un tracciato o delle difficoltà trialistiche a misura di Freeride E. Questa
piccola, grande moto non è infatti un gioco o un
esperimento, ma un prodotto funzionale che può
aprire una nuova strada alla moto da fuoristrada.
Non è un’alternativa alla moto tradizionale, ma
ne amplia sicuramente l’orizzonte.
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Prove
La nostra prova
Le moto da enduro e da motocross sono il nostro
pane quotidiano. Un po’ per lavoro, un po’ per
passione il tassello riempie le nostre settimane
da diversi anni. Eppure la Freeride E ci emoziona
parecchio, e lo fa ancor prima di partire. Il motivo
è chiaro. Grazie al suo pulitissimo (e silenzioso!)
motore elettrico possiamo esplorare le montagne intorno alla cittadina di Saalbach-Hinterglemm, celebre meta sciistica nel Salisburghese.
Qui, come in tutte le Alpi, le moto sono vietate. Tra i pascoli d’alta quota si incontrano solo
escursionisti, ciclisti, mucche e cavalli. La nostra Freeride E-XC parte dal centro del paesello
con il sibilo del motore che attira gli sguardi e i
sorrisi della gente. La moto austriaca prende
velocità in un attimo, la progressione in basso
è davvero entusiasmante, mentre la velocità è
autolimitata a 72 km/h, che bastano e avanzano. Le quote ciclistiche nascondono il peso già
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basso e rendono la Freeride E maneggevole
come nessun’altra moto. Abbandoniamo presto
l’asfalto e iniziamo a giocare tra i sassi bagnati
del fiume (motore e batteria sono impermeabili
fino a un metro sott’acqua). La trazione è stupefacente, merito del pneumatico enduristico e
soprattutto dell’erogazione del propulsore. C’è
tanta coppia disponibile subito, ma la gestione
dell’acceleratore è pura fantascienza: si riesce
a centellinare il gas – pardon, l’elettricità! – con
una precisione chirurgica. Affrontiamo così le
pendenze austriache giocando con la coppia e
col nostro peso. La Freeride E si comporta come
una vera moto da trial, solo che è molto più comoda (oltre che più facile). Il nostro test ci porta
a guidarla nelle condizioni più sfavorevoli per la
batteria; ci inerpichiamo infatti per pendii molto
22
Prove
ripidi e lungo le piste da sci. Il responso in termini
di autonomia è sicuramente interessante. I led
sull’autonomia residua ci dicono che KTM non
ha raccontato storielle ottimistiche, riusciamo
a guidare la Freeride E per un’ora senza restare
a piedi. La centralina offre tre riding mode (eco,
normale e sport), quello intermedio è sicuramente il migliore nel conciliare la giusta potenza col risparmio di corrente. La moto elettrica
austriaca ci ricorda per cosa è stata progettata
quando la portiamo sul campo da cross ricavato sul pratone e lungo le discese di down hill. Qui
la Freeride E è un autentico spasso! Tra i bob e
gli appoggi delle bici da discesa regala una confidenza assurda, nettamente superiore a quanto
sappia fare la sua cugina da enduro EXC. La Freeride E è intuitiva, leggera, incredibilmente facile.
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Prove
Casco Airoh
Completo UFO
Guanti UFO
Stivali TCX
Le sospensioni assorbono anche i salti più audaci e i freni sono sempre immediati nell’arrestare
la moto prima delle svolte più strette. Il copione
viene replicato fedelmente anche sul campo da
cross. La Freeride E ha bisogno di spazi ristretti,
dove esalta il pilota con la sua incredibile maneggevolezza. È molto rapida in uscita di curva, ma
scarica i cavalli in modo sempre civile e garbato.
Per la cronaca, abbiamo impiegato due ricariche
per giocare con la nostra Freeride E in montagna
e nel fettucciato. In pratica basta un’ora di pausa
– il classico pranzo – per ricaricare la moto e partire per un’altra sessione di allenamento fatta di
tre manche da circa 20 minuti l’una. Utilizzata in
questo modo la KTM Freeride E evidenzia un’autonomia sufficiente per il tipo d’uso a cui è destinata. Il vantaggio è che lei vi porterà a esplorare
posti sino a oggi preclusi a ogni mezzo spinto da
un motore a scoppio.
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News
Media
mv agusta
Brutale 800 RR 2015
La serie Tre Pistoni di MV Agusta si amplia e dopo l’arrivo della Dragster
RR ecco la Brutale 800 RR. Che ha molto in comune con la Dragster, a
partire dai 140 cavalli di potenza. Nuova dotazione elettronica e finiture
dedicate. Le foto, le caratteristiche e il prezzo
L
a Brutale 675 e la F3 sono state le
moto che hanno che hanno rilanciato
la marca varesina. La serie è diventata nel tempo una famiglia allargata
che ora si completa con l’arrivo di due versioni
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di punta di modelli esistenti. Si tratta della Brutale Dragster RR e, appunto, della Brutale 800
RR presentate in contemporanea alla stampa
e attese per il lancio all’imminente Eicma. In attesa di leggere le prove del nostro Francesco
Paolillo, fiondato in Toscana per il test stampa e
che pubblicheremo a breve, vediamo che cosa
c’è di nuovo sulla Brutale 800RR. Il tre cilindri in
linea è un’evoluzione di quello della serie Brutale e non deriva dall’ultimo propulsore della F3.
Come sempre ha albero motore controrotante,
cambio a sei marce estraibile e una elettronica
piuttosto completa. La potenza è salita dai 125
cv a 11.600 giri della Brutale 800 agli attuali 140
cv a 13.100 giri. La coppia è parimenti passata da
81 Nm a 8.600 giri a 86 Nm a 10.100 giri. Le novità estetiche sono di dettaglio (forma e finitura
della sella, la colorazione rossa del coperchio distribuzione, la dirrerente colorazione di motore e
forcella), mentre a cambiare sono le colorazioni
e le grafiche dedicate a questo modello. Le tinte
sono specifiche: la combinazione Rosso Shock
Perlato/Bianco Ice Perlato rivisita i colori storici
MV Agusta, mentre il Grigio Avio Metallizzato/
Nero Carbonio Metallizzato rappresenta un’alternativa per chi preferisce tonalità più scure.
Le grafiche sono in continuità con la famiglia
Brutale ma qui evidenziano l’appartenenza del
modello al ristretto gruppo delle RR, le versioni
di punta dei modelli della Casa italiana. La gestione elettronica del motore è demandata all’unità
MVICS 2.0, sono previste tre mappature motore più una quarta personalizzabile. Il controllo
di trazione è regolabile su 8 livelli di intervento.
Ci sono il nuovo comando cambio Quickshifter
EAS 2.0, con nuova funzionalità anche in scalata, e l’ABS Bosch 9 Plus RLM (Rear wheel LiftUp Mitigation). La nuova forcella Marzocchi a
steli rovesciati di 43 mm di diametro, con steli e
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foderi in alluminio, è più leggera dell’unità montata sui precedenti modelli Brutale e si riconosce per l’anodizzazione color oro antico: tra le
sue peculiarità va annotato il trattamento DLC
(Diamond Like Carbon) che aumenta la durezza
superficiale del componente e quindi la sua longevità, oltre a migliorare la scorrevolezza degli
steli. La forcella dispone di regolazione esterna
e separata del freno idraulico in estensione e in
compressione, oltre che della possibilità di variare il precarico della molla. Il monoammortizzatore Sachs offre le stesse opportunità di regolazione. Sono specifici di questa versione i cerchi da
17 pollici a cinque razze di nuovo disegno a vortice. Il peso a secco è annunciato in 168 kg. Dotata
di ABS, la nuova Brutale 800 RR va in vendita a
13.900 euro franco concessionario.
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News
in tutto il mondo, Europa compresa. Abbiamo
cercato di fare chiarezza e di scoprire come
stanno realmente le cose, perché a noi in primis
pareva piuttosto singolare che la Ducati Scrambler fosse costruita in Asia e poi importata in Italia. Diciamolo allora senza equivoci: la Scrambler
venduta in Italia e nel resto d’Europa sarà prodotta nella storica fabbrica di Borgo Panigale. I
modelli per l’Asia, l’Australia, il Giappone, il Nord
America e il Messico, come già avviene per altre
moto Ducati, saranno invece realizzati in Tailandia. La Scrambler sarà infatti la prima moto
Ducati per Nord America, Giappone e Australia
costruita in Tailandia.
Ducati Scrambler
made in Asia?
di Andrea Perfetti | Sui siti stranieri si discute da giorni sul luogo di
produzione della nuova Scrambler. Secondo alcuni la nuova Ducati
sarebbe costruita solo in Asia. Ecco come stanno le cose
P
resentata a Intermot a Colonia, della
nuova Ducati Scrambler si parla ancora e tanto, non solo in Italia. Giusto
così, è una moto che segna la svolta
per conquistare un’utenza nuova, meno specialistica e proprio per questo potenzialmente
molto più vasta. A Borgo Panigale non si guarda
più soltanto alle prestazioni, al miglior rapporto
peso/potenza e all’assistenza elettronica; con la
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Scrambler si percorre la strada della rivisitazione
del proprio passato per replicare il successo della Mini o della Fiat 500, per fare due paragoni col
mondo dell’auto estremamente positivi. La Ducati Scrambler nel giro di pochi giorni è diventata
inevitabilmente un’icona dello stile e della qualità
del made in Italy. Per questo sui siti americani
ha fatto notizia il fatto che la Scrambler sarebbe
prodotta in Tailandia e da qui commercializzata
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Special
Frank Augello
«Coccolo ferri vecchi, soprattutto BMW a due
valvole. Creo moto esclusive, con un anima, per
fortunati possessori a cui piace sognare in compagnia di una due ruote costruita appositamente
per loro, curata nei minimi particolari valorizzando ogni singola caratteristica. Un lavoro di
progettazione, design, restauro e tanto, tanto
cuore».
Alessandra, Frank
Una passione
La passione per le cose uniche e belle accomuna la scrittrice e
documentarista che ama i leoni e il customizer che trasforma le
moto in opere d’arte
L
a moto è passione all’ennesima potenza. È l’incontro di mondi a volte
lontanissimi, che si ritrovano a vivere
le stesse emozioni fatte di profumi, di
panorami. Di libertà. La moto ha permesso l’incontro della scrittrice e fotografa legata all’Africa e alla sua natura con il creativo che dà forma
e sostanza alle custom che costruisce a mano
nella bottega immersa nella Pianura. Due mondi
distanti, eppure così vicini. Due mondi che parlano la stessa lingua, fatta di messaggi brevi, semplici, comprensibili eppure unici. Come tutte le
cose belle d’altra parte. Alessandra e Frank non
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hanno bisogno di tante parole per capirsi, basta
vedere come osservano la moto destinata a divenire un oggetto unico per capire che tra di loro è
nata la sintonia giusta.
Sintonia che diventa l’ingrediente essenziale per
trasformare una bella moto in qualcosa di speciale.
Alessandra Soresina
«Sono biologa, scrittrice, fotografa e da molti
anni mi occupo della conservazione dei leoni.
Amo la natura. Quella estrema dell’Africa o quella che posso raggiungere con la mia moto».
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Attualità
Paolo Sesti
“Gli appassionati demoliranno la
moto se sarà reintrodotto il bollo
sull’epoca”
di Andrea Perfetti | Il presidente della FMI prende posizione contro
la dissennata scelta del governo di reintrodurre il bollo sulle moto di
venti anni fa, che porterà pochissimi soldi nelle casse delle Regioni
e obbligherà tanti a rinunciare alla moto d’epoca
L
a bozza della Legge di Stabilità elaborata dal Governo di Matteo Renzi contempla la reintroduzione della tassa di
proprietà per i mezzi che hanno compiuto venti anni ma non ancora trenta. Gli appassionati di auto e di moto d’epoca, così come gli
enti che tutelano e si fanno promotori di questi
settori (FMI per le moto, ASI per le auto) sono sul
piede di guerra e attendono nelle prossime ore
di conoscere il testo ufficiale del Disegno di Legge. La FMI è pronta a chiedere al Parlamento e
al Governo di rivedere le proprie posizioni, impegnandosi per tutelare il settore storico e d’epoca,
che rappresenta una parte importantissima della nostra cultura.
Un finto guadagno per
le casse dello Stato
La storia dovrebbe insegnare. L’introduzione del
superbollo per le auto, varato sciaguratamente dal Governo di Mario Monti, colpì le auto con
potenza superiore ai 250 cavalli (indipendentemente dall’anzianità e dal valore), uccidendo il
settore delle auto sportive e causando una diminuzione del gettito fiscale stimata in 140 milioni
di euro all’anno. Oggi con la reintroduzione del
bollo sulle moto e sulle auto over 20 lo Stato si
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illude di far guadagnare alle Regioni chissà quali cifre. Succederà l’esatto opposto: tanti mezzi
- finora conservati - finiranno alla demolizione o
all’estero. Proprio come avvenne grazie al superbollo di Monti. Il Disegno di Legge di questi giorni rischia di mandare all’aria tanti anni di lavoro
della FMI. La tassa era stata abolita nel 2000
dalla Legge 342 per tutti i veicoli che avessero
compiuto 30 anni e per una rosa di mezzi che ne
avessero compiuti venti (ma non ancora trenta),
individuata da ASI e, per le moto, dalla Federazione Motociclistica Italiana. Per tale ragione abbiamo voluto sentire il presidente della FMI, Paolo Sesti, per capire come finirà questa vicenda
italiana che, ancora una volta, colpisce il mondo
delle due ruote e sottolinea il pressappochismo
della nostra classe politica. Perché reintrodurre
il bollo sulle moto storiche porterà sicuramente
alla demolizione di tantissimi mezzi, con inevitabili ripercussioni anche sull’indotto. E quindi
meno ricambi, meno mano d’opera, meno transazioni; in due parole: meno entrate.
Le risposte del Presidente FMI
Paolo Sesti
Il nuovo disegno di legge abroga i commi 2
e 3 della legge 342/2000 che estendevano
l’esenzione in vigore per i veicoli e i motoveicoli con almeno 30 anni di età ad autoveicoli
e motoveicoli di particolare interesse storico e
collezionistico, riducendo il termine a 20 anni.
La FMI si è sempre adoperata con le istituzioni
per valorizzare questo importante settore: il
Governo vi ha interpellati per conoscere le vostre ragioni e la vostra posizione?
«La bozza del Disegno di Legge di Stabilità elimina questo beneficio per i mezzi storici tra i
venti ed i trenta anni, lasciandolo in vigore per i
veicoli che di anni ne hanno già compiuti trenta.
Il Governo non ha interpellato noi né altri. Se lo
avesse fatto, avremmo scoraggiato in tutti i modi
questo provvedimento, in primo luogo perché da
14 anni, ovvero dalla emanazione dell’articolo 63
della legge 342/2000, stiamo lavorando nella direzione opposta, incoraggiandoo il collezionismo
e la conservazione dei mezzi più anziani. Inoltre
riteniamo che dal punto di vista economico non
ci saranno maggiori entrate alle regioni dalla
tassa automobilistica: lo dimostrano le centinaia
di messaggi che stiamo ricevendo in questi giorni, in cui gli appassionati minacciano di mandare
alla demolizione i propri vecchi mezzi se verrà
reintrodotta la tassa di possesso. In tempo di
crisi, se il costo di una passione è troppo elevato,
vi si rinuncia».
La FMI come si muoverà adesso? Avete già
preso contatto con la Commissione Trasporti?
«Stiamo attivando i nostri rapporti istituzionali
per scongiurare o quantomeno diminuire gli effetti di un cambiamento di direzione tanto radicale. Non capiamo come mai qualche anno fa lo
Stato teneva alla conservazione dei mezzi storici, tanto da sgravarli fiscalmente ed oggi invece
dimentichi tutto questo, rischiando di vanificare
tutto il nostro impegno di questi anni con la Determinazione di modelli di motoveicoli di particolare interesse storico e collezionistico, offerta
con dedizione alle regioni (un elenco di modelli,
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Attualità
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che non dovevano essere iscritti al Registro Storico FMI). Ci auguriamo che il Governo porti dei
correttivi al testo, altrimenti chiederemo al Parlamento di modificarlo».
Ci sono margini perché la norma non passi?
Siete in contatto con le Regioni per capire se
da parte loro c’è la volontà o meno di adeguarsi al disegno di legge?
«In questo momento non è possibile fare previsioni sul DDL di Stabilità. Alcune Regioni non
hanno mai avuto grande simpatia per le agevolazioni previste per i mezzi storici. Se dunque
l’esenzione del bollo è stata tacita fin dall’inizio
per i trentennali, i veicoli di venti anni sono stati
sempre oggetto di contestazione. Più che altro
le auto, per le quali l’entità del parco circolante
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e l’entità della tassa di possesso sono ben più
consistenti. Inoltre il cambiamento della norma
nazionale rischia di gettarci nel caos, perché,
nell’ambito del federalismo fiscale, molte Regioni hanno emanato una propria legge in autonomia. Attualmente la norma nazionale non trova
applicazione uniforme in tutte le Regioni».
L’abrogazione dell’esenzione dal bollo e il rischio che le tariffe assicurative salgano per i
veicoli con oltre 20 anni avranno ripercussioni gravi sul settore delle moto e auto d’epoca.
Avete già valutato e quantificato la reazione
del mercato in Italia?
«Il mercato del nostro settore, già in questi anni
fortemente in declino, non ha davvero bisogno di
provvedimenti come questi che – ripeto – non
raggiungeranno neppure l’obiettivo primario di
riempire le casse delle Regioni. Quanto alle tariffe assicurative, posto che siamo nel libero mercato, ci auguriamo che esse non vengano toccate. L’articolo 63 della legge 342/2000 che viene
parzialmente abrogato dal DDL Stabilità parla
di bollo auto e non tocca lo status di veicolo di
interesse storico e collezionistico, che i mezzi ottengono quando, al compimento del ventesimo
anno di età, si iscrivono ad uno dei registri storici
menzionati dal Codice della Strada. A quest’ultimo fanno riferimento le compagnie assicurative
per praticare tariffe agevolate».
Qual è il vostro giudizio su questa manovra? Che senso ha colpire ancora il settore
della moto e dell’auto, già oppresso da una
tassazione diretta e indiretta elevatissima?
«Posso dirle cosa aspetteremmo noi appassionati di questo settore: vorremmo che i mezzi di
interesse storico e collezionistico venissero riconosciuti come beni culturali e, come tali, da tutelare perché danno lustro alla storia industriale
del nostro paese e di conseguenza a tutti noi. Ci
aspetteremmo che lo Stato ne incoraggiasse il
restauro e la conservazione, facendone materia
di studio per gli istituti tecnici, rendendo quindi il
settore dei veicoli storici una opportunità di impiego professionale.
Un mezzo di interesse storico e collezionistico o
d’epoca rappresenta un patrimonio da passare
ai giovani, un utile veicolo per tramandare passione, rispetto per il passato, amore per la storia».
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Per i cuscinetti a rulli, come tre di questi, prodotti dalla FAG – INA, spesso si preferiscono le gabbie in bronzo,
sia monolitiche che del tipo in due parti
da una tempra, effettuata portando i pezzi a circa 850 °C e, dopo adeguata permanenza a tale
temperatura, raffreddandoli repentinamente in
olio, seguita dal rinvenimento. In questo modo
al materiale viene impartita una durezza dell’ordine di 60-64 punti Rockwell. È di importanza
estrema che l’acciaio sia molto puro e che in fase
di produzione venga opportunamente degasato
(l’operazione si effettua sotto vuoto); eventuali
inclusioni non metalliche, tra le quali spiccano
gli ossidi, sono deleterie soprattutto per la resistenza a fatica. In alcuni casi, per realizzazioni
destinate ad usi particolari (come ad esempio
l’impiego nei motori da corsa), si ricorre alla rifusione sotto vuoto. L’adozione di sfere o rulli in
ceramica offre vantaggi in termini di rigidezza e
di leggerezza e riduce le esigenze in fatto di lubrificazione. La soluzione appare pertanto adatta
in particolare quando i regimi di rotazione molto
elevati. Pare che cuscinetti con i corpi volventi in
L
e elevate sollecitazioni alle quali sono
sottoposti gli elementi che costituiscono questi organi meccanici (basta
pensare alle impressionanti pressioni
che vengono raggiunte nelle zone ove le sfere e i
rulli contattano le piste di rotolamento) rendono
necessario l’impiego di materiali aventi caratteristiche meccaniche adeguate. Fondamentale
è una elevatissima durezza, che viene raggiunta grazie a trattamenti termici eseguiti con un
controllo estremamente accurato dei parametri in gioco (cioè temperatura e tempo, ovvero
40
ceramica siano stati impiegati sulle ultime Honda 500 da Gran Premio a due tempi. Oggi sfere
di questo materiale vengono utilizzate in campo
auto per i cuscinetti di alcuni turbocompressori,
nei quali la loro ridotta inerzia contribuisce a migliorare la “risposta”. In questi casi si impiega in
genere il nitruro di silicio (Si3 N4).
Gabbie d’acciaio e non
Ben diverso è il discorso per quanto riguarda le
gabbie, per le quali si impiegano materiali anche molto differenti tra loro. Diversità sensibili
si hanno anche a livello di disegno, con una suddivisione fondamentale tra quelle in due parti e
quelle monolitiche (cioè ricavate dal pieno), e di
procedimenti di fabbricazione. Le gabbie devono
abbinare un peso ridotto a una notevole robustezza ed essere in grado di sopportare senza
problemi vibrazioni e carichi impulsivi. Il materiale deve avere una buona resistenza all’usura,
Le gabbie dei cuscinetti a rullini delle teste di biella dei motori molto veloci sono generalmente in acciaio nitrurato, con un
riporto superficiale di rame, sul quale talvolta viene riportato un sottile strato di argento
Massimo Clarke
A rulli e a sfere, le regole del gioco
Questa volta parliamo dei materiali utilizzati per gli anelli, le gabbie e
i corpi volventi dei cuscinetti. Le modalità di impiego, l’interferenza di
montaggio e il gioco di funzionamento
Tecnica
Media
velocità di riscaldamento e di raffreddamento). Il
materiale deve anche avere una grande resistenza a fatica ed elevate caratteristiche meccaniche. Gli anelli e i corpi volventi vengono realizzati
in acciaio, eccezion fatta per alcune esecuzioni
speciali, costosissime e utilizzate solo in casi
eccezionali, nelle quali le sfere o i rulli sono in
ceramica. Il materiale standard, impiegato nella
stragrande maggioranze dei casi, è l’acciaio 100
Cr6, contenente l’1% di carbonio e l’1,4% di cromo, più minori quantità di manganese e di silicio.
Il trattamento termico è tipicamente costituito
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In genere nei motori motociclistici i cuscinetti a rotolamento, qui ben visibili, vengono installati con una certa
interferenza nel basamento e con un forzamento assai lieve o addirittura nullo sull’albero
avere possibilmente un coefficiente di attrito
ridotto (e/o una notevole capacità di ritenzione dell’olio) e garantire una elevata stabilità
dimensionale. La soluzione classica per i cuscinetti a singola corona di sfere prevede l’impiego
di una gabbia in acciaio, costituita da due parti
opportunamente conformate che vengono unite
mediante chiodatura in fase di assemblaggio.
Spesso si impiegano gabbie in tela bachelizzata
o in resina fenolica, ma da tempo tra i materiali
plastici utilizzati per questi componenti spicca
la poliammide rinforzata con fibre di vetro. Tra
i metalli, in aggiunta all’acciaio, per la fabbricazione delle gabbie, in particolare se destinate ad
alloggiare e guidare rulli cilindrici, trova ampia
utilizzazione il bronzo. I cuscinetti a rullini delle
teste di biella costituiscono una categoria a sé
stante, nella quale vengono di norma impiegate
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gabbie in acciaio, lavorate dal pieno e dotate di
una geometria particolare, che spesso sono dotate di un sottile riporto superficiale di rame o di
rame più un “velo” di argento dello spessore di
qualche micron soltanto.
Precisione micrometrica
I cuscinetti a rotolamento sono organi meccanici
dagli elevati contenuti tecnologici, che vengono
prodotti da aziende specializzate in questo particolare settore, attrezzate con macchine utensili molto sofisticate e in possesso di uno straordinario know-how specifico. Per avere un’idea
della precisione dimensionale necessaria per
realizzare questi componenti, basta pensare
che i rullini vengono suddivisi in classi dimensionali che variano di due micron in due micron, e
questo per la normale produzione in gran serie.
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Tecnica
In certi motori di fabbricazione giapponese i cuscinetti di banco sono montati con una interferenza maggiore sull’albero e
minore negli alloggiamenti del basamento (per aprire il quale occorre impiegare una apposita “piastra di estrazione”)
L’accuratezza geometrica non è certamente
da meno. Oggi vengono realizzati cuscinetti
nei quali il profilo dei rulli viene espresso matematicamente da una funzione logaritmica… La
finitura superficiale delle piste di rotolamento
dei corpi volventi è elevatissima (può anche arrivare a circa 0,05 micron Ra) e viene ottenuta
mediante lappatura e/o lucidatura. Grazie a
poderosi programmi è possibile visualizzare al
computer con grande precisione ciò che accade dopo che il cuscinetto è stato montato, ovvero le deformazioni che esso subisce, e anche
ciò che avviene durante il funzionamento. L‘installazione con interferenza nell’alloggiamento
determina una lieve ma certamente non trascurabile diminuzione del diametro dell’anello
esterno. Ciò causa una riduzione del gioco e talvolta anche deformazioni della pista di rotolamento.
Una notevole importanza ha la distribuzione del
materiale attorno all’alloggiamento; nervature
disposte non razionalmente possono determinare allontanamenti dalla perfetta circolarità dell’anello esterno, e non si deve dimenticare che qui
anche il micron conta, specialmente se i cuscinetti sono destinati a motori di prestazioni molto
elevate! I cuscinetti possono essere montati con
un sensibile forzamento anche sull’albero, ma
nel nostro settore in genere prevale la soluzione
che prevede una notevole interferenza nell’alloggiamento e un accoppiamento solo leggermente
forzato sull’albero. L’interferenza di montaggio
va calcolata con grande cura. Non deve essere
né eccessiva né insufficiente; in questo secondo
caso, quando si tratta dell’anello esterno, c’è il
rischio che durante il funzionamento possa iniziare a muoversi, con conseguenze che in breve
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Tecnica
Molti cuscinetti a sfere sono dotati di gabbie in materiale plastico, spesso rinforzato con fibre. La soluzione,
molto adatta per la produzione in gran serie, presenta vantaggi in termini di peso
In alcune esecuzioni speciali, molto costose, si impiegano corpi volventi in materiale ceramico,
leggeri e poco esigenti in fatto di lubrificazione
tempo possono risultare deleterie per l’alloggiamento. Non si deve trascurare naturalmente il
fatto che se il cuscinetto è installato in un carter
di alluminio, la dilatazione che l’alloggiamento
subisce a caldo è nettamente superiore a quella
dell’anello esterno, il che comporta una diminuzione dell’interferenza. Al termine del processo
produttivo e dei controlli finali, un cuscinetto destinato a carichi radiali (l’esempio più classico è
costituito da uno di questi componenti con una
singola corona di sfere), nella esecuzione normale, presenta un lievissimo gioco diametrale.
In altre parole, tenendo fermo l’anello esterno,
quello interno ha una piccola possibilità di movimento in senso radiale. Dopo il montaggio, l’interferenza determina una leggera diminuzione di
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questo gioco (i fattori in ballo sono lo spessore
dell’anello forzato, il valore dell’interferenza e i
materiali impiegati). Ma non è ancora tutto, perché durante il funzionamento in genere l’anello
esterno lavora a una temperatura un poco più
bassa, rispetto all’anello interno, il che causa una
ulteriore lieve riduzione del gioco diametrale. Ci
sono poi da considerare anche le deformazioni
elastiche che hanno luogo in seguito alle sollecitazioni meccaniche.
Di tutto questo è necessario tenere debito conto in fase di progettazione. È per questa ragione che vengono realizzati anche cuscinetti con
gioco maggiorato. È infine importante osservare
che ad alcuni cuscinetti in fase di montaggio va
impartito un certo precarico.
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Nico Cereghini
Due fenomeni a
Phillip Island,
anzi tre
Uno è Valentino Rossi, capace di
andar forte senza sbagliare su
una pista tecnica e severa come
quella australiana. L’altro è Miller:
che meraviglia quella battaglia
in Moto3, che talento che è Jack.
Sarà lo Stoner del futuro?
Media
C
iao a tutti!
Mi unisco al
coro di chi
ha celebrato la seconda vittoria
di Valentino Rossi come un
successo vero. Se Marquez non
fosse caduto sarebbe stato un
bel secondo posto, è vero, ma
il 93 è caduto; e lasciatemi dire
che è proprio questo volo del
campione del mondo a rendere
grande la gara di Rossi, perché
46
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domenica a Phillip Island era
facilissimo volar via e il 46 è
stato l’unico capace di andare
veramente forte (suo è anche il
giro più veloce) senza sbagliare. In una pista molto severa,
tecnica e particolarmente complicata, dove occorre avere una
capacità di guida straordinaria:
velocità, sensibilità, precisione,
concentrazione. Chi vince tutte
quelle corse su quel tracciato è
veramente un fenomeno. Rossi
e Stoner restano due fenomeni.
Un terzo fenomeno l’ho visto in
Moto3. La gara delle piccole
è stata una delle più belle della stagione: dalla prima curva
una fila serrata di piloti motivatissimi, pronti a disputarsi
ogni metro di pista, senza farsi
nessun complimento eppure
corretti. Anche lì, era molto più
facile sbagliare e buttare via
tutto –come purtroppo è capitato a Fenati, abbattuto senza
colpe- piuttosto che tentare di
organizzare la volata finale. Il
piccolo Marquez disponeva di
una Honda talmente veloce da
far pensare che il risultato fosse già scritto, e una mosca mi
ronzava nociva nell’orecchio:
vuoi vedere –mi diceva- che
si vuole costruire a tutti i costi
l’impresa dei due fratelli Marquez campioni del mondo, e
che alla fine Miller si tira indietro? A pensar male si fa peccato, come suggeriva un famoso
politico con la gobba, ma quasi
sempre si indovina: e l’australiano, da quando ha firmato con
la Honda per passare clamorosamente in MotoGP l’anno
venturo, pareva aver perso una
bella fetta dello smalto iniziale.
“Vuoi vedere – mi suggeriva la
mosca fastidiosa- che Jack non
vuole più tutto quel bene alla
sua KTM?”.
Bene, la gara ha cancellato
ogni sospetto. Ci voleva un bel
fegato per vincere la Moto3 in
Australia e Jack Miller si è confermato autentico fenomeno.
Penso anch’io che il salto diretto alla MotoGP senza passare
dalla Moto2 spossa rivelarsi
per lui una scelta azzardata e
anche pericolosa, ma sulla sua
classe e sulla sua motivazione
nessun dubbio: è un fenomeno
anche lui, un potenziale nuovo
Stoner.
Sei piloti in ventiquattro centesimi, il podio in trentadue millesimi soltanto, e sul gradino più
alto Jack Miller. Una delle corse
più vere e più belle (vogliamo
esagerare?) nella storia del
mondiale.
Editoriale
Ci voleva un bel fegato
per vincere la Moto3 in
Australia e Jack Miller si
è confermato autentico
fenomeno
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SPECIALE motogp
GP della
Malesia
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marc Marquez
vince il GP di Sepang. Rossi e
Lorenzo completano il podio
di Giovanni Zamagni |Marquez torna sul gradino più alto del podio nel
GP della Malesia. Alle sue spalle le Yamaha ufficiali di Rossi e Lorenzo
V
ince Marc Marquez davanti a Valentino Rossi e Jorge Lorenzo. A terra
(due volte) Dani Pedrosa, ottavo
Andrea Dovizioso rallentato da problemi tecnici mentre era quarto. Marc Marquez
come Mick Doohan: 12 successi in una stagione.
«Adesso vediamo a Valencia cosa succede…» è
la “minaccia” di Marquez che, ovviamente, proverà a trionfare anche nell’ultima gara, per raggiungere un traguardo (13 vittorie) mai raggiunto
da nessuno nella massima cilindrata. Il 12esimo
trionfo, seppure pronosticato, è stato comunque
tutt’altro che scontato, perché alla prima curva,
50
dopo un contatto con Lorenzo («nessuna scorrettezza, normale episodio di gara» ha detto giustamente Marc), Marquez si è ritrovato ottavo.
Questa volta, però, il fenomeno spagnolo non
ha perso la calma, soprasso dopo sorpasso si è
riportato in terza posizione, a pochi decimi da
Lorenzo e Rossi.
UN’ALTRA BELLISSIMA SFIDA
Lo spagnolo della Yamaha, l’unico ad aver scelto
la dura anteriore, mentre tutti gli altri avevano
la morbida, è stato davanti fino al decimo giro,
quando è stato superato in due curve prima da
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Rossi e poi da Marquez. Immediatamente, Jorge
si è sfilato, mentre i due rivali hanno dato vita a
sette giri infuocati, uno nella scia dell’altro, con
Marc a dettare il ritmo dall’11esimo giro, grazie
anche a un dritto di Valentino all’ultima curva.
Rossi, in grande difficoltà in prova, era velocissimo, ma al 17esimo passaggio ha dovuto arrendersi allo strapotere di Marquez, che da lì in poi
è stato inaresstabile. «In gara ho guidato bene: il
mio obiettivo era battere Lorenzo, poi, però, ho
anche pensato a vincere. Nel finale, però, Marquez ne aveva un po’ di più e non ce l’ho fatta.
Ma sono felice, in gara mi diverto veramente»
è la sintesi di Valentino, autore di un’altra gara
strepitosa. Adesso il secondo posto nel campionato è davvero a portata di mano: a Valencia dovrà difendere 12 punti di vantaggio su un Lorenzo
per certi versi deludente. In prova, Jorge era andato fortissimo, ma come è già successo tante
– troppe – volte quest’anno, in gara è stato molto meno efficace e, ancora una volta, ha optato
per una gomma differente rispetto a quella dei
suoi avversari. «Ho spinto molto all’inizio e quella è stata la chiave della gara, perché poi non ne
MotoGP
avevo più: tanto di cappello a Marquez e a Rossi» è stata la dichiarazione a caldo (è il caso di
dirlo…) del pilota spagnolo: sinceramente, lascia
un po’ perplesso, considerando la preparazione
fisica che aveva Lorenzo in passato.
DOVIZIOSO, CHE PECCATO
Perso subito uno dei grandi protagonisti – Pedrosa è caduta all’ultima curva del secondo giro
mentre era secondo; è ripartito, ha rimontato
come una furia fino all’11esima posizione, ma al
13esimo giro è scivolato nuovamente, questa
volta chiudendo lì la sua gara -, il quarto posto
era saldamente in mano ad Andrea Dovizioso,
un’altra volta molto concreto. Ma al 16esimo
giro, la sua Ducati ha iniziato a “borbottare”, per
dirla con le parole del Dovi e Andrea ha chiuso
all’ottavo posto. Anche Cal Crutchlow, a inizio
GP, era stato costretto al ritiro per un problema
tecnico. Così, il miglior pilota Ducati al traguardo è stato Jonny Hernandez, settimo, con Bradl
quarto, Smith quinto e un eroico Pol Espargaro
sesto con il secondo metatarso del piede sinistro
rotto nelle FP3.
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MotoGP
valentino Rossi
“Altro che finito!
E anch’io ci credo di più”
di Giovanni Zamagni | Valentino incontenibile: “Si parla sempre di
Marquez e Lorenzo come piloti fortissimi, ma direi che ci sono anch’io…
Dal 2007 mi danno del bollito, invece, dopo otto anni, sono ancora qui
a lottare tutte le domeniche per la vittoria”
I
Immenso Valentino Rossi.
«Leggo da qualche parte che
riesco a lottare con i due piloti
più forti del mondo (Marquez
e Lorenzo, NDA); io, però, direi che siamo in tre a essere
fortissimi» si toglie subito un
sassolino dalla scarpa. Valentino ha ragione: se Marquez è un
fenomeno assoluto, se Lorenzo
è un grande campione, Rossi
deve essere quanto meno considerato al loro livello. Addirittura superiore se si pensa che
Valentino ha 35 anni, Marc 21,
Jorge 27 e, soprattutto, Rossi
corre – e vince – consecutivamente da oltre 18 anni. Se poi
si aggiunge che fino a sabato
sera, Valentino sembrava in
grande difficoltà, ecco che il
secondo posto di Sepang, assume contorni straordinari.
«Magnifica gara, mi sono divertito molto, siamo riusciti a
migliorare tanto la moto. Ho
fatto una bella lotta con Jorge:
52
arrivargli davanti era l’obiettivo
primario, ma, sinceramente, ho
anche pensato di poter vincere, perché quando ero dietro a
Marquez riuscivo a tenere bene
il suo passo. Negli ultimi tre giri,
però, io sono stato costretto a
rallentare un pelino, mentre lui
ha continuato costante e non
ho potuto battagliare fino alla
fine. Ma non siamo lontani».
Cosa è cambiato rispetto alle
prove?
«Abbiamo modificato l’assetto,
abbiamo cercato di dare maggiore grip alle gomme, anche
sacrificando agilità e precisione: è stata la scelta giusta. E’ un
grande secondo posto».
Perché Marquez riesce a essere più costante fino alla
fine?
«Quando le gomme calano, anche loro perdono aderenza, ma
solo sul posteriore, mentre noi
andiamo in crisi anche con l’anteriore, abbiamo “chattering”
(la vibrazione dell’anteriore alla
massima inclinazione, NDA) e,
di conseguenza, diventa più difficile chiudere le curve».
Adesso il secondo posto in
campionato è a portata di
mano; è importante anche per
essere il numero uno all’interno del box Yamaha nel 2015?
«Ho 12 punti di vantaggio su Lorenzo, ma la prossima gara si
corre a Valencia, dove io sono
sempre andato male. Quest’anno, però, sono andato forte anche in tracciati per me difficili e
voglio essere competitivo anche lì, lottare quanto meno per
il podio. Per quanto riguarda la
supremazia all’interno del box,
la storia dice che la Yamaha,
giustamente, non ha mai fatto
favoritismi: quando io vincevo
ed è arrivato Lorenzo, gli hanno dato il mio stesso materiale
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e lo stesso è successo con me
quando sono tornato in Yamaha nel 2013. Come sempre,
quindi, cercheranno di accontentarci entrambi».
Certo che la differenza rispetto al 2013, anche su questa
pista, è abissale: come si spiega?
«Qui, l’anno scorso, su una
delle mie piste preferite, ero
arrivato quarto a un bel po’
di secondi dai primi tre ed
ero piuttosto frustrato, adesso è tutto differente. Oggi ho
conquistato il 12esimo podio,
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MotoGP
ovvero il doppio di quelli del
2013, ho ottenuto il doppio
delle vittorie, da una a due,
sono secondo in campionato.
Come si spiega? La MotoGP
è cambiata negli ultimi anni,
c’è bisogno di un approccio
diverso nella messa a punto
della moto. Fino a tanti anni
fa si parlava solo con il pilota,
che rimane importante anche
adesso, ma è fondamentale
anche guardare i dati, quello
che la moto ti “spiega” mentre va sulla pista. Quest’anno abbiamo lavorato meglio,
Silvano (Galbusera, il capo
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Credi di essere stato sottovalutato negli ultimi anni?
«Per me è stata una grande
rivincita dimostrare che non
ero finito. Addirittura, c’è qualcuno che dice che sono finito
dal 2007, quando mi fregava
Stoner. Si parlava di cambio
generazionale, ma sono passati otto anni e sono ancora qui:
non è male. Una bella rivincita
per me dimostrare che posso
ancora lottare con Marquez e
Lorenzo».
MotoGP
«Non è impossibile, non è lontano. Dobbiamo migliorare
la moto, perché la Honda ha
trovato qualcosa per farla scivolare dietro – anche la loro
scivola, non solo la nostra – ma
la RC213V si continua a guidare
bene, mentre noi fatichiamo.
Fino a cinque giri dalla fine,
tenevo bene il suo ritmo, poi,
però, ho dovuto rallentare di
qualche decimo e non ci è stato
più nulla da fare. E Marquez la
guida come va guidata».
Oggi hai fatto una gran gara,
ma ha vinto ancora Marquez:
si può battere?
tecnico, NDA) ci crede - come
ci credo io - che possiamo stare
davanti, che possiamo lottare
con Marquez e Lorenzo tutte le
domeniche. Insomma, tutto va
meglio. Mi sono anche preparato in maniera differente, sono
più in forma del 2013, anch’io ci
credo di più, siamo cresciuti: è
una figata. Visto che avevo fatto una scelta rischiosa e anche
coraggiosa di cambiare il mostro sacro Jeremy Burgess, ho
pensato: non posso fare questa
scelta e non essere io pronto al
100%».
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Proprio qui, in Malesia, l’anno scorso ti era venuto qualche dubbio, avevi pensato di
smettere?
«Nel 2013 la situazione, per
me, era abbastanza chiara: la
mia stagione non era stata negativa, ma da un certo punto,
i primi tre (Marquez, Lorenzo,
Pedrosa, NDA) hanno continuato a migliorare, io no.
Nelle ultime gare mi rimanevano le briciole: delle volte arrivavo sul podio, ma prendevo
sempre dieci secondi. Quindi
ho fatto la mossa di cambiare
capotecnico: dato che il mio
contratto scadeva alla fine del
2014, ero sincero quando dicevo che volevo vedere cosa
sarebbe successo nelle prime
gare.
Mi sono detto: “se devo andare
così, prendere 10 secondi tutte le domeniche, fare il podio,
quando va bene e se cade qualcuno, posso anche ritirarmi”.
Invece è andata bene: sinceramente è andata come speravo
più che come pensavo, perché
nemmeno io ero così sicuro…».
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tenendo qualche metro di distanza per non scaldare troppo gomme e freni. Poi, negli ultimi 6-7
giri ho spinto più forte: adesso, finalmente, andrò
a Valencia solo con l’idea di divertirmi».
Perché Jorge Lorenzo, dopo essere stato molto veloce nelle prove, ha finito terzo e piuttosto in affanno? Colpa della differente gomma
anteriore?
Risponde Lorenzo: «Credo che la gomma non
abbia fatto nessuna differenza: non credo che
con quella media, la stessa usata da Marquez e
Rossi, avrei fatto meglio. Oggi il mio limite è stato fisico: nelle ultime due settimane ho deciso di
diminuire un po’ l’allenamento, per non arrivare
troppo stanco all’ultima gara, e oggi non ero preparato al meglio per affrontare questo caldo».
Effettivamente, Lorenzo ha finito stremato, più
di ogni altro pilota arrivato al traguardo. Preoccupante, considerando anche che Jorge ha otto
anni in meno del compagno di squadra…
MotoGP
Giri veloci in gara.
Marquez 2’01”150 (al secondo giro); Rossi
2’01”315 (3); Lorenzo 2’01”556 (2); Pedrosa
2’01”106 (2); Dovizioso 2’02”295 (2); Bradl
2’02”313 (2).
Perché Dani Pedrosa è caduto due volte?
Risponde Pedrosa: «Sono caduto due volte nello
stesso punto (l’ultima curva, NDA) e nello stesso
modo, per la chiusura dell’anteriore. Ma non so
spiegarmi perché».
Cosa è successo a Cal Crutchlow?
Crutchlow è stato costretto al ritiro al quinto
giro, mentre si trovava in sesta posizione, per un
non meglio precisato problema elettrico.
Perché Andrea Dovizioso ha perso negli ultimi
cinque giri ben tre posizioni e quasi 15” di vantaggio su Hernandez?
Risponde Dovizioso: «Improvvisamente, al
Spunti, considerazioni, domande
dopo il GP della Malesia
di Giovanni Zamagni | Perché Dani Pedrosa è caduto due volte? Perché
Jorge Lorenzo ha finito terzo e piuttosto in affanno? Perché Andrea
Dovizioso ha perso negli ultimi cinque giri ben tre posizioni?
C
osa ha detto Marc Marquez dopo
aver conquistato il 12esimo successo stagionale, eguagliando così
il primato di Mick Doohan?
Marquez: «E’ bello tornare alla vittoria: non vi
riuscivo da più di un mese, dal GP della Gran
Bretagna (31 agosto, NDA). In questo periodo
ho commesso qualche errore, ho rischiato più
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del dovuto perché avevo un bel margine in classifica. A Phillip Island avevo provato una tattica
differente, forzando fin dai primi giri, qui sono
tornato a fare “il Marquez”: dopo il contatto in
partenza con Lorenzo – nulla di che, un semplice
episodio di gara – ho recuperato abbastanza velocemente, ma quando sono arrivato alle spalle
di Lorenzo e Rossi, ho controllato la situazione,
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MotoGP
sedicesimo giro, il motore ha iniziato a borbottare quando davo il gas alla massima inclinazione. In pratica, davo gas e la moto dava due o tre
strappi, prima di funzionare: era anche pericoloso guidare in quella maniera. Purtroppo si è rotto
qualcosa nella pompa della benzina. Peccato,
perché fino a quel punto stavamo facendo bene:
ero comodamente quarto, tenevo un bel ritmo e,
forse, sarei riuscito a concludere con un distacco
contenuto attorno ai dieci secondi».
Cosa è successo ad Alvaro Bautista, ritiratosi
al secondo giro?
Alvaro Bautista è stato “centrato” da Aleix
Espargaro alla prima curva: Aleix ha subito chiesto scusa al connazionale.
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Le pagelle
del GP di Malesia
di Giovanni Zamagni | Per Marquez 9,5, ben tornato; stesso voto
per Rossi, fenomeno; solo sei a Lorenzo, perso; Sette a Dovizioso,
tradito dalla pompa della benzina; 4 a Pedrosa, due cadute!
9,5
MARC MARQUEZ
Un contatto con Iannone nelle FP2
quanto meno sospetto, un’altra caduta, la nona
stagionale, nelle FP4, ma per tutto il resto è stato
perfetto: una pole straordinaria, una gara delle
sue, condotta con intelligenza all’inizio, senza
calcoli alla fine.
Così siamo a quota 12 successi, come Mick Doohan nel 1997.
Allora, si diceva che Mick non avesse avversari: probabilmente non era vero, ma certamente
Marc ha battuto almeno tre piloti fenomenali
come Rossi, Lorenzo e Pedrosa. Ben tornato sul
gradino più alto del podio.
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9,5
VALENTINO ROSSI
In prova sembrava in difficoltà, con
anche una caduta nell’ultimo turno di prove libere. Ma in gara è tornato il Valentino Rossi di
Misano e di Phillip Island: stessa determinazione, stessa velocità, stessa voglia di vincere. A
differenza di allora, non è riuscito a trionfare, ma
vederlo lottare a 35 anni con un ragazzino di 21,
ribattere colpo su colpo a ogni attacco, per nulla
annebbiato dagli oltre 50 °C sull’asfalto ti fa pensare che non sia umano. Fenomeno.
6
JORGE LORENZO
Ha deluso, senza scusanti. «Non mi sono
preparato bene» ha detto a fine gara, stravolto
dalla fatica, annientato dal caldo allucinante. Non
c’è niente da fare, non è il pilota straordinario del
2013, quello capace di imprese fuori dal comune.
Quest’anno, solo a Motegi ha fatto il “Lorenzo” e,
non a caso, ha vinto. Ma il nono podio consecutivo lascia, ancora una volta, piuttosto perplessi.
Sia chiaro: per un altro pilota, un terzo posto così
sarebbe da festeggiare con lo champagne, ma lui
non è uno qualunque, ma un campione straordinario. Che però si deve ritrovare.
6
STEFAN BRADL
Miglior risultato stagionale, quarto come ad
Austin e ad Aragon, ma non si può certo dire che
abbia entusiasmato. Ormai si è capito che non è
un fenomeno, ma ci si aspetta sempre qualcosa
di più. Intristito.
6
BRADLEY SMITH
Se la gioca con Bradl, ma non riesce a superarlo. La posizione non è male, il distacco,
però, troppo elevato: è vero che là davanti hanno
una fretta pazzesca, ma 22”283 in 20 giri sono
MotoGP
comunque troppi. Questo, al momento, è il suo
livello.
8
POL ESPARGARO
Una caduta rovinosa nelle FP3 lo aveva costretto a saltare FP4 e qualifiche, con dolori da
tutte le parti e il secondo metatarso del piede
sinistro rotto. Sembrava non dovesse partire,
invece ha disputato una gara coraggiosa. Encomiabile.
7
YONNY HERNANDEZ
Cresce gara dopo gara, diventa sempre più
veloce e consistente: sembrava una scelta azzardata, invece il team Pramac ha fatto bene a
investire sul colombiano.
7
ANDREA DOVIZIOSO
Un’altra ottima gara del Dovi, tornato sui
suoi livelli dopo il “disastro” australiano. Poi, purtroppo, la pompa della benzina l’ha tradito, ma il
suo dovere l’ha fatto alla grande.
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4
9
6
8,5
DANI PEDROSA
Non gliene va bene una: se guida prudente all’inizio, finisce poi staccato, se forza, come
ha fatto domenica, cade, non una, ma due volte.
Ma non si dica che è scarso: nel 2012, a parità di
moto, era stato capace di battere un certo Casey
Stoner. Giusto per puntualizzare.
CAL CRUTCHLOW
Prima che la sua Ducati si ammutolisse,
non stava facendo male: è sicuramente in crescita rispetto al disastroso inizio di stagione.
5
ALVARO BAUTISTA
E’ caduto senza colpe, tirato giù da Aleix
Espargaro (voto 4), ma era comunque destinato
a un’altra gara da comprimario.
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MotoGP
HONDA RC213V
Siamo alle solite: se si guarda il risultato degli altri piloti, allora il voto sarebbe decisamente
più basso. Ma avere Marc Marquez è un merito,
non una colpa: rimane la moto migliore e, giustamente, la Honda ha vinto il mondiale costruttori.
YAMAHA M1
La differenza, se c’è, ormai è minima,
anche se i suoi piloti – Rossi in particolare – faticano di più a trovare la messa a punto vincente.
Rispetto alla Honda paga qualcosa a gomme finite, ma il livello è altissimo.
5
DUCATI GP14
Le prestazioni sono state più che discrete:
fin che ha potuto, Dovizioso ha girato con un ottimo passo. Ma due problemi tecnici in una sola
gara sono troppi.
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MotoGP
MotoGP Sepang
Classifica
Del Gran Premio
Classifica
Generale
Pos.
Pilota
Punti
Pos.
Pilota
Punti
1
Marc MARQUEZ
25
1
Marc MARQUEZ
337
2
Valentino ROSSI
20
2
Valentino ROSSI
275
3
Jorge LORENZO
16
3
Jorge LORENZO
263
4
Stefan BRADL
13
4
Dani PEDROSA
230
5
Bradley SMITH
11
5
Andrea DOVIZIOSO
174
6
Pol ESPARGARO
10
6
Pol ESPARGARO
126
7
Yonny HERNANDEZ
9
7
Bradley SMITH
119
8
Andrea DOVIZIOSO
8
8
Aleix ESPARGARO
117
9
Hector BARBERA
7
9
Stefan BRADL
109
10
Scott REDDING
6
10
Andrea IANNONE
102
66
67
Le foto più
spettacolari
del GP
d’Australia
Rossi conquista la seconda vittoria della stagione
su uno dei circuiti più tecnici e difficili del Mondiale.
Ecco le foto più belle del GP d’Australia
68
69
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MotoGP
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MotoGP
Media
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MotoGP
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MotoGP
DopoGP con Nico e Zam
GP d’Australia. Rossi,
l’esperienza del campione
Rossi torna sul gradino più alto del podio. Un risultato costruito con
velocità ed esperienza. Tante cadute: gomme o errori? E come al
solito tanto spazio alla tecnica
N
ella puntata di oggi (clicca qui per
vedere quelle degli altri GP), si parla
del 16esimo GP della stagione, il GP
d’Australia. Rossi di nuovo sul gradino più alto del podio nel giorno del suo 250esimo
nella top class. Una gara vinta d’esperienza su
un circuito tecnico e difficilissimo. Marquez scivola a 10 giri dalla fine, è la terza caduta in quattro gare: relax o presunzione? A terra in tanti tra
prove e gara, colpa delle gomme o del cicuito?
Poi Lorenzo: gomma fallata o set-up sbagliato?
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In Moto3 una vittoria di volontà per Miller che nonostante abbia già un piede nel box Honda MotoGP ha portato la sua KTM sul gradino più alto
del podio. Tanti gli spunti da approfondire e tante le questioni tecniche su cui fare chiarezza con
l’ingegnere Giulio Bernardelle. Si parla del circuito di Phillip Island, un tracciato impegnativo dove
emergono le doti di guida dei piloti. Si parla delle
gomme e del valore delle Honda che, partite in
grande vantaggio, ora sembrano essere in crisi.
Guarda tutte le puntate precedenti di DopoGP
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Capo Redattore
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Maurizio Tanca
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Aimone dal Pozzo
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Reg. trib. Mi Num. 680 del 26/11/2003
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