Leggendo

SARDANAPALO FRA REALTA’ STORICA ED EXEMPLUM LETTERARIO E
MORALE (Par. XV, vv. 106-108)
Leggendo il Paradiso dantesco, nel quindicesimo canto (vv. 106-108) troviamo scritto:
Non avea case di famiglia vòte;
non v'era giunto ancor Sardanapalo
a mostrar ciò che 'n camera si puote.
Siamo nel Cielo di Marte, dove si trovano gli spiriti militanti per la fede: uno di essi,
Cacciaguida, parlando con Dante e confrontando la Firenze antica con quella coeva, fa riferimento
a Sardanapalo come esempio di corruzione e di depravazione morale, rappresentazione
dell’impudicizia della Firenze trecentesca contrapposta alla Firenze casta e pudica del passato.
Sardanapalo in realtà è il nome letterario dato dai Greci ad Assurbanipal, l’ultimo sovrano degli
Assiri che regnò dal 667 al 626 a.C. L’antica tradizione letteraria occidentale ne fornisce un ritratto
del tutto particolare. Aristotele, filosofo vissuto nel IV sec. a.C., cita Sardanapalo nell’Etica
Nicomachea e nella Politica. Nel primo libro dell’ Etica Nicomachea Aristotele distingue tre stili di
vita: quello dedito alla politica, quello dedito alla contemplazione, infine la vita di godimento, che
rende gli uomini degni delle bestie e di cui è esempio Sardanapalo 1. Quindi Sardanapalo è
l’esempio dell’unica strada negativa che rende l’uomo non animale sociale, capace di contribuire
allo sviluppo e al benessere proprio e altrui, ma bestia, cioè puro istinto e non degno di
considerazione. A questo ritratto si aggiunge quello della Politica, che nel quinto libro ci offre un
Sardanapalo che fila con le donne 2: Aristotele qui, pur precisando che tale notizia potrebbe essere
un racconto fantasioso, tuttavia lo propone come esempio di mollezza di costumi dei governanti.
Nel mondo latino troviamo due testi che trattano della figura di Sardanapalo: Giovenale, autore
di satire vissuto fra I e II sec. d.C., e Orosio, storico vissuto fra IV e V sec.d.C. In Giovenale
Sardanapalo è il re lussurioso per antonomasia, contrapposto ad Ercole, l’eroe per eccellenza e
purificatore del mondo dai mostri e dal male 3. In Orosio Sardanapalo è rappresentato nell’atto di
1
Aristotele, Etica Nicomachea, I (A) 1095 b (Traduzione di Armando Plebe) = Non a torto gli uomini sembrano
concepire il bene e la felicità a seconda del loro genere di vita. La massa e le persone più rozze li trovano nel piacere:
perciò essi prediligono una vita di godimento. Tre infatti sono i generi di vita più notevoli: quello suddetto, quello che
mira alla vita politica, infine quello contemplativo. I più evidentemente appaiono simili agli schiavi, scegliendosi
un’esistenza degna delle bestie, e trovano una giustificazione nel fatto che molte persone potenti hanno gli stessi gusti
di un Sardanapalo. Le persone evolute e attive ripongono invece il bene nell’onore. Questo è infatti all’incirca il fine
della vita politica.
2
Aristotele, PoliticaV (E) 1312a (Traduzione di Renato Laurenti) = Altri attentati sono suggeriti dal disprezzo:
quello, ad esempio, di colui che vide Sardanapalo mentre filava insieme alle donne (se è vero ciò che dicono quelli che
raccontano storie favolose: se poi non lo è a proposito di Sardanapalo, potrebbe esser vero a proposito d’un altro).
3
Giovenale, 10. 357- 362 (Traduzione di Ettore Barelli ) = Chiedi uno spirito vigoroso, libero dalla paura della
morte, che consideri una lunga vita come l’ultimo dei doni della natura, che sappia sopportare qualunque fatica, che
sappia ignorare la collera e il desiderio, e che sia convinto che sono da preferirsi le angosce di Ercole e le sue
tremende fatiche a tutti gli amori, alle cene, alle piume di Sardanapalo.
filare con la conocchia l’abito di porpora in mezzo a un branco di prostitute; è causa di guerre; è
folle perché, dopo la sconfitta subita dai Medi, si getta sulla pira ardente; inoltre è corrotto ed
effeminato nelle vesti4.
Il Torraca, filologo che si occupò di Dante, segnala l’esistenza nel Medioevo di un passo
collegato ai versi danteschi: nel secondo libro del De regimine principum di Egidio Romano
(scrittore coevo a Dante), infatti, Sardanapalo è colui che si dà alla lussuria e alle attività
femminili5.
Questa carrellata di notizie relative a Sardanapalo non è solo puro nozionismo erudito (come
molti potrebbero pensare), ma anche esempio illuminante sul concetto di autorità delle fonti nel
Medioevo. Gli scrittori dell’antichità classica (Aristotele, Giovenale ecc.) guardavano alla storia
come ad un insieme di informazioni sulle quali ragionare ed eventualmente criticare, esprimendo
giudizi personali ed autonomi. Gli scrittori tardo-antichi (come Orosio) proponevano la storia in
chiave cristiana, in cui il centro ed il senso di tutto è il messaggio delle Sacre Scritture: quindi anche
qui una lettura autonoma della storia, senza accettazioni passive di verità passate. Nel Medioevo,
invece, gli intellettuali (tra cui Egidio Romano e Dante stesso) considerano la tradizione precedente
Auctoritas, nel senso che non può né deve essere messa in discussione la parola degli scrittori
precedenti: sono vere le notizie giunte e non devono essere affatto modificate o addirittura dubitate.
L’Auctoritas, nel Medioevo come oggi, rappresenta il fondamento di legittimità indiscutibile della
conoscenza giunta dal passato: tutti noi accettiamo passivamente le notizie trasmesse dai mass
media, senza applicare capacità critica ed autonomia di giudizio; la notizia che leggiamo su Internet
è vera e basta. Per Dante la tradizione antica e medievale era il nostro Internet.
Sardanapalo, in base a quanto detto, può essere interpretato nel passo dantesco come espressione
dell’intero Medioevo: Sardanapalo è TOPOS LETTERARIO, EXEMPLUM MORALE E FONTE
STORICA DELL’UNIVERSO-MEDIOEVO, che ci fa comprendere come si svolgesse il lavoro
dello scrittore, il suo pensiero in riferimento al mondo passato e presente, le fonti utilizzate e
l’approccio ad esse.
14-04-2014
Carmelo Salvatore Manna
4
Orosio, Historiarum ad versus paganos libri septem, 1.19 = Anno ante urbem conditam LXIIII nouissimus apud
Assyrios regnauit Sardanapallus, uir muliere corruptior: qui inter scortorum greges feminae habitu purpuram colo
tractans a praefecto suo Arbato, qui tunc Medis praeerat, visus atque exsecrationi habitus, mox etiam excitis Medorum
populis ad bellum provocatus et victus ardenti pyrae se iniecit. exin regnum Assyriorum in Medos concessit. 2 deinde
multis proeliis undique scatescentibus, quae per ordinem disserere nequaquam aptum uidetur, per uarios prouentus ad
Scythas Chaldaeosque et rursus ad Medos parili uia rediit. 3 in qua breuitate pensandum est: quantae ruinae
cladesque gentium fuere, quanta bella fluxerunt ubi totiens tot et talia regna mutata sunt.
5
Egidio Romano, De regimine principum 2.17 = Sardanapalo s’era tutto dato ai diletti delle femmine e de la lussuria,
e non usciva fuore de la sua camera per andare a parlare ad alcuno barone.