LECTIO DIVINA PER LA VI DOMENICA DI PASQUA (ANNO A) Di Emio Cinardo «Il Padre vi darà un altro Paraclito » Gv 14,15-21 Lettura del testo Dal Vangelo secondo Giovanni (14,15-21) In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui». Contesto letterario La pericope evangelica della V domenica di Pasqua (anno A) si trova nella seconda parte del Vangelo di Giovanni, quello che viene chiamato “Il libro dell’ora”, il vertice narrativo dell’opera in cui Gesù, nella sua passione, manifesta la sua identità e missione. Gv 14,15-21 è la seconda parte del discorso di Gesù e risponde ulteriormente al turbamento che provano i discepoli nell’ultima cena. Prologo 1,1-18: Inno al Verbo. Prima parte: 1,19 – 12,50: Il libro dei segni. Seconda parte 13 – 20: il libro dell’ora o della gloria. - 13 – 17: i discorsi di addio. o 14,1-12: “Io sono la via, la verità e la vita”. o 14,15-21: “Pregherò il Padre e vi darà un altro Paràclito” Analisi del testo Struttura del testo Gv 14,15-21 Prima parte In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; - e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. Seconda parte Non vi lascerò orfani: verrò da voi. - Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui». Commento Introduzione Nel discorso di addio è contenuto come una dichiarazione delle ultime volontà di Gesù, che non sono consegne fatte agli apostoli, ma questi godranno della promessa della sua presenza in mezzo al loro, nel loro operare. Così, subito dopo aver detto di se di essere via, verità e vita (cfr. Gv 14,1-12), Gesù promette la continuità del suo operare, in unione al Padre, attraverso la consegna del “Paraclito”. Condizione indispensabile è l’ascolto obbediente dei suoi insegnamenti. I discepoli sono ancora turbati da quanto sta accadendo nell’ultima cena e dalle parole che Gesù gli rivolge. In questo contesto viene loro promesso che non saranno abbandonati. Amare, accogliere e osservare i comandamenti Continuano le parole di consolazione di Gesù nei confronti dei discepoli, assaliti dal turbamento che il loro maestro possa abbandonarli. È allora spiegata la condizione per seguirlo: l’amore. Amare Gesù, il loro maestro, è sinonimo di accoglienza dei suoi comandamenti, il cui contenuto è da lui stesso spiegato nel comandamento nuovo dall’amore per gli altri, come lui stesso ha fatto (cfr. Gv 13,34). Il precetto, l’imperativo che sottende il comando, lascia lo spazio alla libertà della relazione che può essere vissuta nell’amore. Le modalità per vivere in questa prospettiva non sono impossibili per il discepolo, agevolato dall’esempio del suo maestro e dagli insegnamenti che ha ricevuto da Lui. È la fede in Cristo che aiuta in questa direzione: accogliere i suoi comandamenti impegna la volontà del discepolo che liberamente sceglie di osservarli. Fa di questo il suo principio vitale, segno evidente dell’avere scelto Gesù, di amarlo veramente. In questi termini Pietro nella sua lettera fa appello alla “retta coscienza” perché possa manifestare la “buona condotta in Cristo” di fronte a coloro che accusano il cristiano. L’amore a Cristo ottiene l’amore del Padre e la speciale comunione con le persone divine. L’esperienza dell’amore per Cristo ottiene di conoscere veramente il mistero della comunione del Padre e del Figlio, e di essere totalmente immerso in questa relazione. In questa relazione il discepolo può trovare alimento per la propria fede e per le opere che compirà in nome di Cristo. Il Paraclito Il dono del Paraclito è qui inserito come conseguenza dell’amore per Cristo, il quale prega il Padre perché lo conceda ai “suoi”. È inteso, dal testo, che il primo Paraclito è Cristo, sottolineandone la continuità e identità del dono partecipato ai discepli. È forte, in queste parole, il desiderio di Gesù di fare sentire la sua presenza nel presente e nel futuro, assicurando i discepoli la permanenza della promessa fatta. Il Paraclito, termine usato solo dall’evangelista Giovanni, indica qui lo Spirito Santo, con il significato di consolatore, colui che assiste e difende. Assume anche il senso giuridico in quanto aiuterà i discepoli nelle diatribe che li coinvolgeranno. Indica anche l’azione dello Spirito di Gesù e di Dio. È detto inoltre “Spirito di verità” perché agisce nel cuore dell’uomo, realtà profonda nella quale suggerisce la verità, per far comprendere quanto ha detto e fatto Gesù. È presenza profonda che abita l’uomo aiutandolo a progredire nella conoscenza di Cristo e nell’essere suoi testimoni. È un dono, lo Spirito, che può essere ricevuto da chi ha il cuore aperto ad accogliere Cristo. Per questo il “mondo” non può vederlo, perché non lo conosce. La conoscenza dello Spirito, e di Cristo, è fortemente legata all’accoglienza della sua Parola nella propria vita, nel proprio cuore. La sua presenza abita già il discepolo e continua nel futuro, nell’annuncio della chiesa e della missione che gli è propria: annunciare il vangelo. Non vi lascerò orfani La promessa di Gesù è legata al suo ritorno, da risorto. Rimane presente nel dono dello Spirito, nell’esperienza dell’amore e nel dono della pace, come accade nel racconto di Atti, proposto dalla prima lettura della domenica (cfr. At 8,5-8.1417). Il ritorno di cui parla Gesù è quello della sua resurrezione, quando incontrerà coloro che hanno creduto in lui. La fede e il dono dello Spirito realizzeranno l’incontro con Cristo e vivere della sua stessa vita. L’espressione “ancora un poco” nell’Antico Testamento indica il tempo escatologico, la venuta del Regno di Dio. Pasqua inizia questo tempo e mantiene aperta la prospettiva del compimento. Nell’evento Pasquale è piena la comunione con Gesù, che apre la mente dei discepoli alla comprensione della relazione di Gesù con il Padre. Il dono dello Spirito di verità farà conoscere ai discepoli la vera comunione divina, nella quale sono eternamente coinvolti. Conclusioni Il discorso rivolto ai discepoli invita al rapporto personale di fede e di amore nei confronti delle persone della Trinità. Dall’incontro con Cristo nasce l’esigenza della fedeltà ai suoi insegnamenti, che invitano alla relazione più vera e più profonda che ogni uomo possa vivere: l’amore. La formulazione imperativa (comandamento) non toglie ad esso la sua più intima natura libera. L’appello rivolto ad ogni uomo è fatto perché egli si scuota e riconosca in se l’anelito più profondo del proprio vivere. Lo Spirito viene in soccorso favorendo questa conoscenza di se, profondamente aperto anche all’altro e alla comunione Divina. La conoscenza vera di Dio e di se non rimane dono egoistico, ma naturalmente aperto al sociale, alla vita comunitaria. Il cristiano e la Chiesa fanno l’esperienza profonda della responsabilità dell’annuncio, che li chiama continuamente ad essere fedeli a quanto conosciuto perché possa servire alla comunità degli uomini per costruire un regno d’amore e di pace.
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