XV Domenica Tempo Ordinario Anno A

13/07/2014 – XV Domenica Tempo Ordinario Anno A
a cura di Marco Bonarini - formatore “Vita cristiana” ACLI nazionali
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Isaia 55,10-11
Isaia 55,10-11
Così dice il Signore:
10 «Come la pioggia e la neve scendono dal cielo
e non vi ritornano senza avere irrigato la terra,
senza averla fecondata e fatta germogliare,
perché dia il seme a chi semina
e il pane a chi mangia,
11 così sarà della mia parola uscita dalla mia
bocca:
non ritornerà a me senza effetto,
senza aver operato ciò che desidero
e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata».
Come la pioggia fa germogliare la vita, così è la parola di Dio, che fa
nascere e crescere la vita.
La pioggia è benedizione per chi semina, purché sia in quantità giusta e al
tempo opportuno, un uragano infatti distrugge i raccolti.
La parola di Dio compie il desiderio di Dio. Essa si fa vicina a chi vuole
accoglierla come un vento leggero, un soffio senza voce, che tuttavia rende
presente il mistero di Dio che si fa presenza concreta nella storia (cfr. 1Re
19,9-13, Elia incontra Dio sull’Oreb).
La parola di Dio è efficace: «La parola di Dio è viva, efficace e più
tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di
divisione dell’anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e
discerne i sentimenti e i pensieri del cuore» (Eb 4,12). Essa è il criterio per
discernere nel proprio cuore il vero desiderio di vita, quello che è concorde con il desiderio di vita di Dio, perché noi siamo sue creature.
Ora il desiderio di Dio è che gli uomini possano vivere in pace e come
fratelli, che ognuno abbia di che vivere almeno dignitosamente e che si
prenda cura del bene comune, così che tutti ne possano beneficiare.
Dio non vuole una società di tutti uguali, ma neanche una società in cui
qualcuno viva senza prendersi cura degli altri.
Romani 8,18-23
Romani 8,18-23
Fratelli, 18 ritengo che le sofferenze del tempo
presente non siano paragonabili alla gloria
futura che sarà rivelata in noi. 19 L’ardente
aspettativa della creazione, infatti, è protesa
verso la rivelazione dei figli di Dio.
20 La creazione infatti è stata sottoposta alla
caducità – non per sua volontà, ma per volontà di
colui che l’ha sottoposta – nella speranza 21 che
anche la stessa creazione sarà liberata dalla
schiavitù della corruzione per entrare nella
libertà della gloria dei figli di Dio.
22 Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione
geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. 23
Non solo, ma anche noi, che possediamo le
primizie dello Spirito, gemiamo interiormente
aspettando l’adozione a figli, la redenzione del
nostro corpo.
Paolo ci presenta la storia del creazione come un immenso parto, durante
il quale le sofferenze delle doglie non sono paragonabili alla gioia che
subentra quando il bambino finalmente nasce.
La creazione ha un elemento di fragilità, di debolezza: essa va verso la
corruzione e la morte, ma è accompagnata dalla speranza che colui che
l’ha creata possa salvarla dalla morte così da partecipare alla libertà che
caratterizza la comunione degli uomini con la gloria del loro Signore.
Questa partecipazione al parto della vita eterna, ci aiuta a ad avere
fiducia che anche per noi uomini ci sarà una salvezza che riguarda il
nostro corpo mortale.
La previsione ineluttabile della morte infatti, senza una speranza che ci
faccia vedere una vita oltre la morte, può farci cadere in una depressione
che anticipa la morte stessa. Se non c’è vita oltre la morte, il rischio è che
decidiamo che non vale la pena vivere in modo giusto e buono, che è
meglio godersi questa vita, anche a scapito degli altri, che tanto dopo non
c’è nulla.
Coloro che scelgono questa strada, però, in modo più o meno consapevole,
rimangono avvolti nella paura della morte e, pur facendo di tutto per
allontanarla, non fanno altro che immergevisi sempre di più.
E’ solo accogliendo questa speranza che viene dallo Spirito, in forme
anche non esplicitamente cristiane, perché lo Spirito soffia dove vuole
(Gv 3,8: «Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove
viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito»), che possiamo –
insieme – sperare in una vita buona e giusta, in cui il bene comune sia
perseguito da tutti, facendo della società un luogo simile al paradiso, già da
ora.
Matteo 13,1-23
Matteo 13,1-23
1 Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva
al mare. 2 Si radunò attorno a lui tanta folla che
egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre
tutta la folla stava sulla spiaggia.
3 Egli parlò loro di molte cose con parabole. E
disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. 4
Il capitolo 13 è dedicato da Matteo al racconto delle parabole sul regno di
Dio.
Gesù è consapevole di quanto sta accadendo in intorno alla sua
predicazione. Egli riconosce che il cuore del popolo cui si rivolge è
«diventato insensibile». Egli vede che la sua predicazione viene ascoltata,
ma non compresa, viene guardata con attenzione, ma non vista con
Testi ed appunti per la liturgia domenicale possono diventare dono da offrire per maturare il nostro sacerdozio comune nella Parola di Dio. Nei circoli
e tra cristiani che partecipano alla liturgia il testo può servire per una personale riflessione settimanale.
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13/07/2014 – XV Domenica Tempo Ordinario Anno A
a cura di Marco Bonarini - formatore “Vita cristiana” ACLI nazionali
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Mentre seminava, una parte cadde lungo la
strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. 5
Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove
non c’era molta terra; germogliò subito, perché il
terreno non era profondo, 6 ma quando spuntò il
sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. 7
Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e
la soffocarono. 8 Un’altra parte cadde sul terreno
buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta
per uno. 9 Chi ha orecchi, ascolti».
10 Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli
dissero: «Perché a loro parli con parabole?». 11
Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere
i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato.
12 Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà
nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà
tolto anche quello che ha. 13 Per questo a loro
parlo con parabole: perché guardando non
vedono, udendo non ascoltano e non
comprendono.
14 Così si compie per loro la profezia di Isaia che
dice:
“Udrete, sì, ma non comprenderete,
guarderete, sì, ma non vedrete.
15 Perché il cuore di questo popolo è diventato
insensibile,
sono diventati duri di orecchi
e hanno chiuso gli occhi,
perché non vedano con gli occhi,
non ascoltino con gli orecchi
e non comprendano con il cuore
e non si convertano e io li guarisca!”.
16 Beati invece i vostri occhi perché vedono e i
vostri orecchi perché ascoltano. 17 In verità io vi
dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato
vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e
ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo
ascoltarono!
18 Voi dunque ascoltate la parabola del
seminatore. 19 Ogni volta che uno ascolta la
parola del Regno e non la comprende, viene il
Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo
cuore: questo è il seme seminato lungo la strada.
20 Quello che è stato seminato sul terreno
sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie
subito con gioia, 21 ma non ha in sé radici ed è
incostante, sicché, appena giunge una
tribolazione o una persecuzione a causa della
Parola, egli subito viene meno. 22 Quello
seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola,
ma la preoccupazione del mondo e la seduzione
della ricchezza soffocano la Parola ed essa non
dà frutto. 23 Quello seminato sul terreno buono è
colui che ascolta la Parola e la comprende; questi
dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta
per uno».
sincerità di cuore.
Per questo deve parlare in parabole. Esse sono un artificio del discorso che
ha come scopo quello di catturare, con un detto a carattere sapienziale,
l’attenzione dell’interlocutore affinché possa coinvolgersi con tutto se
stesso nel discorso e prendere così una decisione.
Infatti, chi di noi non si identifica con il terreno buono che dà molto frutto?
Se vogliamo essere questo buon terreno, non dobbiamo fare altro che
ascoltare la Parola che viene da Gesù e comprenderla, lasciando da parte il
Maligno, l’incostanza, le preoccupazioni del mondo e la seduzione della
ricchezza.
Questi sono i veri ostacoli, di cui dobbiamo comprendere come si
manifestano concretamente nella nostra vita quotidiana. Se ascoltiamo
questa parola e la comprendiamo allora la nostra vita si troverà davanti uno
spazio infinito per agire. E la prima azione è quella di cercare il regno di
Dio e la sua giustizia (Mt 6,33, che si trova al centro del discorso delle
beatitudini), così che ciò di cui si ha bisogno per vivere, verrà dato da Dio
in aggiunta.
I cristiani sono coloro che hanno accolto questi misteri del regno di Dio,
perché hanno compreso la parola di Gesù. Per questo sono
nell’abbondanza della vita. I loro occhi si sono aperti e le loro orecchie
pure. Ma come tutti rischiano di ritornare ciechi e sordi, se non si
mantengono attenti ad ascoltare la parola di Gesù.
Gli altri invece devono ancora passare attraverso la fase dell’accecamento
e della sordità per poter essere guariti, perché questo è il desiderio di
Dio. La guarigione è quell’evento che fa ritrovare la vita buona e sana, e si
è consapevoli di colui che ci ha guarito, quel medico che ci ha dato la
medicina adeguata al nostro male. Così è Gesù che ci dà la sua parola sotto
forma di parabole, perché tutti possano accedere al mistero del regno che
viene e di cui dobbiamo andare in cerca e, trovatolo, dare tutto noi stessi
per accoglierlo, come narrano le parabole successive che leggeremo
domenica prossima.
Chi vede e ascolta è beato, perché ha compreso che deve vivere con Gesù
per agire come Gesù. Questa è la felicità che deriva dall’ascolto attento
della parola di Dio, felicità che nasce dalla sapienza della vita che si va
acquistando man mano che si entra nel mistero del regno di Dio.
Testi ed appunti per la liturgia domenicale possono diventare dono da offrire per maturare il nostro sacerdozio comune nella Parola di Dio. Nei circoli
e tra cristiani che partecipano alla liturgia il testo può servire per una personale riflessione settimanale.
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