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Le cure intermedie
N. 201
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Il ruolo della
medicina generale
Vittorio Boscherini
Medico di medicina generale
Abstract
Il problema della crisi economica in Italia, se non risolto, lentamente si avvia a diminuire il suo impatto sulla popolazione,
anche se rimangono problemi importanti da affrontare come la disoccupazione generale, in particolare quella giovanile,
l’enorme deficit pubblico e la sopravvivenza di un Servizio sanitario nazionale universale ed equo. È indubbio che le risorse
da impegnare per il rilancio della struttura economica italiana non debbano essere sistematicamente trovate nella sanità che
è stata duramente provata dai tagli effettuati negli ultimi anni, ma è anche indubbio che gran parte delle risorse pubbliche
siano impiegate in Italia nel welfare e che quindi difficilmente le regioni non potranno non affrontare il problema di un’ulteriore razionalizzazione delle spese anche in sanità. Tali razionalizzazioni, però, non dovranno più essere fatte con quei
tagli lineari volti a colpire particolarmente le regioni che tutelano a tutto campo la salute dei cittadini, offrono servizi spesso
efficienti ed efficaci e hanno un pareggio di bilancio, ma dovranno colpire inefficienze e sprechi.
Il problema della spesa deve essere affrontato alla
radice, attraverso una profonda riorganizzazione
dell’intero servizio sanitario nazionale che si basi sullo
spostamento della gestione di numerose patologie, in
particolare quelle croniche dall’ospedale e in generale
dalla specialistica verso il territorio, verso la medicina
generale. Perché questo possa essere attuato senza far
pagare prezzi, in termini di salute, ai cittadini, occorre
riorganizzare tutta l’attività primaria e la medicina generale. Questo in Toscana è già cominciato: sono state
create le AFT, stanno nascendo le Case della salute che
dovranno trasformarsi in UCCP e la medicina d’iniziativa con la creazione di team assistenziali pluriprofessionali coordinati dai medici di medicina generale arriverà alla fine del 2014 a coinvolgere il 60% dei medici
e della popolazione Toscana, ma tutto questo non è
sufficiente per affrontare il problema della sostenibilità
del SST. Occorrerà un’ulteriore razionalizzazione della
rete ospedaliera con un taglio reale dei 2000 posti
letto previsti dal piano sanitario regionale e un taglio
del tasso di ricovero fino ad arrivare al 115 per mille.
Per raggiungere tali obiettivi, è necessaria la creazione
di servizi territoriali in grado di assistere al meglio quei
cittadini che un tempo erano curati a livello ospedaliero. Fra i molteplici servizi che dovranno essere implementati a livello territoriale, uno è assai importante per
affrontare il problema dell’appropriatezza dei ricoveri
in ospedale – che deve gestire essenzialmente l’acuzie
– e per affrontare il problema del taglio dei giorni di
degenza: le cure intermedie. La Regione Toscana nella
delibera d’istituzione e di finanziamento così definisce
tale istituzione “Esistono pertanto molte declinazioni
del concetto di Assistenza Intermedia (Intermediate
Care), la definizione che si ritiene attualmente meglio si
adatti al nostro contesto di riferimento è quella fornita
dall’Oxford and Anglia Intermediate Care Project che
fa riferimento all’insieme dei servizi che non richiedono
le risorse di un ospedale per acuti ma hanno finalità più
complesse di quelle offerte dalle cure primarie”. Per
cure intermedie s’intendono quindi una serie di servizi
sia domiciliari sia residenziali che hanno una complessità assistenziale superiore a quella erogata nelle ADI,
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ma che non arriva alle competenze e alla complessità
assistenziale di un ospedale per acuti. La Regione Toscana, nella succitata delibera, così definisce tali servizi: “Si tratta quindi di una vasta gamma di servizi forniti in un arco temporale a breve termine, a domicilio o
in un ambiente residenziale, il cui obiettivo è quello di
facilitare la dimissione precoce dall’ospedale, evitare
i ricoveri non necessari e prevenire il ricorso all’istituzionalizzazione. La finalità primaria dell’Assistenza
Intermedia è infatti quella di svolgere una funzione di
transizione, creando un ponte tra differenti livelli di erogazione dell’assistenza”. Mentre per i servizi domiciliari, in gran parte della Toscana, qualcosa è già stato
fatto, per le cure intermedie in ambiente residenziale
poco è stato fatto e c’è un rischio reale che si vadano a
identificare le cure intermedie con i Moduli di degenza
a bassa intensità di cure, a suo tempo identificati in un
documento licenziato dal Consiglio Regionale dei Sanitari, che è invece ben distinto dalle strutture residenziali
di cure intermedie. Dovendo i Dg delle nostre aziende
sanitarie cogliere un duplice obiettivo, quello di diminuire i posti letto per acuti e creare posti letto di cure intermedie, si cerca di identificare, nei moduli di degenza a
bassa intensità di cure, una low care ospedaliera nelle
cure intermedie. Ma la low care è un’organizzazione
gestita dai medici ospedalieri con una pianta organica
ospedaliera con costi fissi ospedalieri dove la medicina
generale non ha e non deve avere alcuna funzione e la
trasformazione di un reparto per acuti in una low care
spesso equivale solo a un cambio di una targa sulla
porta d’ingresso di un reparto. Cosa diversa sono posti
letto di cure intermedie che possono, in minima parte,
servire a stabilizzare pazienti dimessi dai reparti per
acuti e rimetterli in grado di essere gestiti a livello domiciliare, ma soprattutto devono servire per i pazienti
cronici che si riacutizzano, che non necessitano di cure
ospedaliere complesse, nell’ottica di evitare ospedalizzazioni non necessarie. Tali strutture dovranno essere
collocate il più vicino possibile agli ambiti territoriali
dei medici di MG, le strutture più idonee, per la loro
diffusione, dovrebbero essere le RSA, e dovranno possedere dei requisiti minimi:
• organizzazione delle attività di tipo orizzontale con
responsabilità professionale al medico di medicina generale;
• assistenza infermieristica sulle ventiquattro ore;
• approvvigionamento del farmaco notturno e diurno.
Armadio farmaceutico per le urgenze;
• ossigeno terapia garantita ventiquattro ore;
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• possibilità di effettuare nella struttura alcuni parametri
di laboratorio (glicemia, elettroliti, troponina, inr);
• possibilità di fare un tracciato ECG con l’eventuale lettura in loco o attraverso la telemedicina;
• corsie preferenziali per il laboratorio sia per l’urgenza
sia per la routine;
• corsia preferenziale per rx torace che deve essere garantito entro ventiquattro ore (compreso la garanzia
del trasporto con ambulanza);
• corsie preferenziali per diagnostica radiologica di I
livello (addome in bianco ...);
• possibilità di poter fare eco internistiche nell’arco delle
ventiquattro ore sia sfruttando professionalità presenti
nei medici di medicina generale sia attraverso consulenze specialistiche.
Altre possibili sedi di residenzialità per cure intermedie
potranno essere:
• ospedali dismessi;
• spazi ospedalieri non per acuti;
• strutture create ad hoc;
• strutture messe a disposizione dal volontariato;
• posti letto messi a disposizione da case di cura private;
• le UCCP.
L’assistenza sanitaria dovrà essere garantita dalla medicina generale nelle sue due componenti a ciclo di fiducia e
a rapporto orario. Il paziente rimane in carico al medico
di medicina generale a ciclo di fiducia il quale concorda
con il primario ospedaliero l’eventuale dimissione e l’inserimento di un paziente ancora non in grado di essere gestito
al proprio domicilio oppure concorda con il coordinatore
della AFT nel cui ambito territoriale è inserita la struttura
di cure intermedie l’eventuale ricovero del paziente. Il cittadino sarà curato in collaborazione con gli ex medici di
continuità assistenziale eventualmente integrati dai medici
tirocinati, in attesa d’inserimento, per il periodo strettamente necessario al suo reinserimento al proprio domicilio. Il
medico a rapporto orario gestisce la quotidianità e le eventuali urgenze di questi pazienti dalle ore 8 alle ore 24.
Dalle ore 24 alle ore 8 le urgenze saranno gestite dal 118.
La responsabilità della presa in carico potrebbe essere affidata alla AFT nella persona del coordinatore della stessa che garantirebbe l’attivazione dei servizi necessari.
La specialistica dovrà essere garantita attraverso il meccanismo consulenziale. La dove si realizzino strutture di cure
intermedie a numero elevato di posti letto l’organizzazione strutturale dovrà essere affidata a medici di comunità.
I compiti del coordinatore dell’AFT nelle cure intermedie
dovranno essere:
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• garantire l’integrazione fra l’ospedale e il territorio;
• garantire la correttezza dei rapporti professionali fra i
medici a rapporto orario e quelli a ciclo di fiducia;
• garantire i rapporti con la medicina di comunità nel
caso di grosse strutture di cure intermedie che necessitano di una direzione organizzativa;
• gestire le priorità d’accesso dei pazienti sia provenienti dall’ospedale sia dal territorio in caso di necessità;
• garantire, attivando i medici a rapporto orario e/o i tirocinati, comunque la presa in carico del cittadino che
necessità di cure intermedie anche nel caso dell’impossibilità a farlo da parte del titolare della scelta.
Il personale infermieristico è il cardine dell’assistenza
delle cure intermedie, è autonomo professionalmente e
responsabile per le funzioni che gli sono state assegnate,
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si raccorda con il medico a ciclo di fiducia e con quello
a rapporto orario.
I costi, che dovrebbero essere ricompresi fra quanto è
corrisposto giornalmente a una casa di cura convenzionata e quanto è corrisposto a una RSA per un modulo,
sono il limite principale poiché tali costi coincidono ed è
chiaro che almeno l’assistenza infermieristica attualmente
erogata nei moduli delle RSA deve essere potenziata e
che le prestazioni dei medici a ciclo di fiducia dovranno
essere remunerate.
Si auspica altresì il superamento dell’attuale forma di remunerazione ad accesso per i medici a ciclo di fiducia,
introducendo un’indennità di presa in carico legata anche al raggiungimento di obiettivi assistenziali e al tasso
di ricovero.