Modena, 02 agosto 2014 Lavoro “JOBS ACT”: I CHIARIMENTI SUL CONTRATTO A TERMINE ・ Legge n. 78 del 16 maggio 2014 di conversione, con modificazioni, del DL n. 34/2014 ・ Ministero del Lavoro, Circolare n. 18 del 30 luglio 2014 Con riferimento alle modifiche introdotte dalla Legge n. 78/2014 (G.U. n. 114 del 19 maggio 2014), di conversione del DL n. 34/2014 (c.d. “Jobs Act”) contenente “disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell’occupazione e per la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese”, il Ministero del Lavoro ha fornito le prime indicazioni operative sulle novità normative in tema di contratto a tempo determinato, somministrazione di lavoro e contratto di apprendistato, allo scopo di uniformare la condotta del personale ispettivo. Di seguito si illustrato i chiarimenti ministeriali relativi alla disciplina del rapporto di lavoro a termine. Il DL n. 34/2014 (c.d. “Jobs Act”), convertito con modifiche nella Legge n. 78/2014 (G.U. n. 114/2014), agli articoli 1 e 2‐bis è intervenuto nuovamente in tema di regolamentazione del rapporto di lavoro a tempo determinato, introducendo alcune novità in materia di: ・ apposizione del termine, con estensione dell’acausalità; ・ limitazioni quantitative per il ricorso a tale fattispecie contrattuale; ・ proroga del contratto; ・ diritto di precedenza per il lavoratore. L’attesa Circolare del Ministero del Lavoro n. 18 del 30 luglio 2014 analizza le modifiche normative, fornendo alcuni chiarimenti interpretativi in merito alla corretta applicazione della nuova disciplina, allo scopo di uniformare il comportamento del personale ispettivo. APPOSIZIONE DEL TERMINE: ACAUSALITÀ Secondo la formulazione del nuovo articolo 1 del D.Lgs n. 368/2001, il Legislatore ha esteso in via generale la possibilità del ricorso al contratto acausale, anche nell’ambito della somministrazione a tempo determinato (art. 20, comma 4 del D.Lgs. n. 276/2003), per lo svolgimento di qualunque tipo di mansione, a condizione che la durata del singolo rapporto (comprensivo di eventuali proroghe) non superi i 36 mesi. Anche in caso di ricorso alla c.d. deroga assistita, è da ritenersi che l’ulteriore rapporto di lavoro instaurato in deroga ai 36 mesi e sottoscritto presso la DTL non necessiti dell’indicazione di alcuna causale giustificativa. Nel sistema previgente, la suddetta durata massima era riferita espressamente solo all’ipotesi di successione di contratti di lavoro tra le stesse parti per mansioni equivalenti (art. 5, comma 4‐bis del D.Lgs n. 368/2001) e non al primo contratto a termine che, pertanto, poteva prevedere una durata anche superiore ai 36 mesi. Rimane fermo che l’apposizione del termine deve risultare, direttamente o indirettamente, da atto scritto (art. 1, comma 2 del D.Lgs n. 368/2001). Nonostante l’eliminazione dell’obbligo di indicare le ragioni giustificatrici nel contratto a termine, le stesse possono essere utili in alcuni specifici casi. Infatti, l’indicazione di una causale giustificativa risulta opportuna (seppur non necessaria) per motivi di trasparenza, qualora comporti un’agevolazione per il datore di lavoro, quale ad esempio l’esclusione dall’applicazione dei limiti quantitativi e del versamento del contributo addizionale dell’1,40% all’ASpI, nell’ipotesi di assunzioni per ragioni di carattere sostitutivo o di stagionalità. Il Ministero precisa che l’espressione secondo cui l’instaurazione del rapporto di lavoro a tempo determinato può effettuarsi “per lo svolgimento di qualunque tipo di mansione” riprende la previgente disciplina del contratto a termine acausale per sottolineare che la non necessarietà delle ragioni giustificative è riconosciuta in via generalizzata. LIMITI QUANTITATIVI A parziale bilanciamento dell’abrogazione dell’obbligo di indicazione di una causale per l’apposizione del termine, ai fini dell’instaurazione di contratti a tempo determinato il datore di lavoro deve osservare il limite quantitativo legale come definito in sede di conversione del DL n. 34/2014 (pena l’irrogazione di apposita sanzione pecuniaria), fermo restando il rispetto dell’eventuale diversa soglia individuata dalla disciplina contrattuale applicata (art. 10, comma 7 del D.Lgs n. 368/2001). Infatti, solo in caso di mancata indicazione di una soglia che può essere superiore, inferiore o uguale a quella legale e delle relative modalità di calcolo da parte dei contratti collettivi si applica, subordinatamente, il limite fissato dal Legislatore. Contingentamento legale Il nuovo primo comma dell’articolo 1 del D.Lgs n. 368/2001, in assenza di una specifica disciplina del CCNL di riferimento, prevede che: “(..) il numero complessivo di contratti a tempo determinato stipulati da ciascun datore di lavoro (…) non può eccedere il limite del 20 per cento del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione.” Di conseguenza, alla data del 1° gennaio dell’anno di stipula del contratto a termine va effettuata una verifica del numero di rapporti di lavoro a tempo indeterminato in essere in azienda (non più solo relativamente all’organico complessivo secondo la versione originaria del DL n. 34/2014, valida nel periodo 21 marzo 2014 – 19 maggio 2014), con riferimento al totale dei lavoratori complessivamente in forza, indipendentemente dall’unità produttiva in cui svolgono la propria attività. Esempio 1 1° gennaio: 20 lavoratori occupati a tempo indeterminato; limite massimo lavoratori a tempo determinato nell’anno = 4 lavoratori (20% di 20 lavoratori). Nell’ipotesi in cui giunga a scadenza nel corso dell’anno un contratto a termine, il Ministero precisa che è possibile la stipula di un altro contratto a termine sempre nel rispetto del limite massimo di lavoratori assumibili a termine definito al 1° gennaio. Esempio 2 1° gennaio: 20 lavoratori occupati a tempo indeterminato; limite massimo lavoratori a tempo determinato nell’anno = 4 lavoratori (20% di 20 lavoratori). Lavoratori a tempo determinato in forza al 1° gennaio = 2 lavoratori 3 marzo = assunzione di 1 lavoratore a tempo determinato – possibilità di stipulare un ulteriore contratto a termine 1° giugno: scadenza di uno dei rapporti di lavoro a termine in essere ‐ possibilità di stipulare fino a 2 contratti a termine. In caso di diminuzione nel corso dell’anno dei lavoratori “stabili” (a tempo indeterminato), il numero di contratti a termine stipulabili (a prescindere dalla loro durata) rimane comunque quello stabilito alla data del 1° gennaio. Esempio 3 1° gennaio: 20 lavoratori occupati a tempo indeterminato; limite massimo lavoratori a tempo determinato nell’anno = 4 lavoratori (20% di 20 lavoratori). 1° giugno: assunzione di 1 lavoratore a termine; 20 giugno: dimissioni di 5 dipendenti a tempo indeterminato, per cui restano in forza 15 dipendenti a tempo indeterminato; nel corso dell’anno risultano comunque assumibili ulteriori 3 lavoratori a termine rispettando il limite calcolato al 1° gennaio, ferma restando una nuova valutazione del limite quantitativo nel 2015. Il datore di lavoro è libero di impiegare i lavoratori assumibili a tempo determinato (dopo la suddetta verifica) presso una o soltanto alcune delle proprie unità produttive. In caso di attività nata durante l’anno la data di riferimento per tale verifica non può essere il 1° gennaio, ma quella di assunzione del primo lavoratore a termine, ovviamente escludendo dal computo i contratti a termine conclusi nella fase di avvio di nuove attività per i periodi definiti dai CCNL (art. 10, comma 7, lett. a) del D.Lgs n. 368/2001), nonché quelli nell’ambito delle startup innovative (art. 28, comma 3 del DL n. 179/2012, convertito nella Legge n. 221/2012). Ai fini del suddetto accertamento vanno considerati: ・ i lavoratori a tempo parziale, in proporzione all'orario svolto rapportato al tempo pieno (art. 6 del D.Lgs n. 61/2000); ・ i dirigenti a tempo indeterminato; ・ gli apprendisti. Il Ministero del Lavoro ha chiarito che quest’ultimi rientrano nel conteggio, vista la definizione dell’apprendistato quale contratto di lavoro a tempo indeterminato (art. 1, comma 1 del D.Lgs n. 167/2011) ed il disposto dell’articolo 7, comma 3 del T.U. che, seppur prevedendo che ”i lavoratori assunti con contratto di apprendistato sono esclusi dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi per l’applicazione di particolari normative e istituti”, fa comunque salve “specifiche previsioni di legge”. Gli apprendisti a tempo determinato non vanno conteggiati, in particolare con riferimento ai datori di lavoro che svolgono la propria attività in cicli stagionali, nonché riguardo l’apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale, qualora i contratti collettivi ne abbiano previsto l’utilizzo per lo svolgimento di attività stagionali per le Regioni che hanno definito un sistema di alternanza scuola-lavoro. Inoltre, si evidenza che vanno esclusi dal computo: ・ i rapporti di natura autonoma o di lavoro accessorio, ・ i lavoratori parasubordinati, ・ gli associati in partecipazione. Per quanto riguarda i lavoratori intermittenti a tempo indeterminato ・ non vanno computati quelli senza indennità di disponibilità, in quanto non costituiscono una forza stabile in azienda; ・ vanno computati in proporzione all'orario di lavoro effettivamente svolto nell'arco di ciascun semestre (art. 39 del D.Lgs n. 276/2003) quelli che percepiscono l’indennità di disponibilità. Qualora dall’applicazione della percentuale del 20% al numero di contratti di lavoro a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio, risulti una cifra decimale uguale o superiore a 0,5, è concessa la facoltà di effettuare un arrotondamento all’unità superiore: se dal calcolo risultano assumibili a tempo determinato 2,50 lavoratori, si potranno concludere 3 contratti a termine. A tale proposito, secondo il Ministero è da ritenersi inapplicabile la sanzione per lo sforamento del limite massimo dei contratti a termine, nell’ipotesi in cui il datore di lavoro, anteriormente alla pubblicazione della circolare in oggetto, abbia assunto un numero di lavoratori a termine sulla base di un arrotondamento comunque “in eccesso”. Esempio 4 1° gennaio: 13 lavoratori occupati a tempo indeterminato; limite massimo lavoratori a tempo determinato nell’anno = 2,6 lavoratori (20% di 13 lavoratori). assunzione di 3 lavoratori a termine nel periodo antecedente alla pubblicazione della circolare A riguardo, si ricorda che, in base al regime transitorio (art. 2‐bis del DL n. 34/2014), in caso di un numero troppo elevato di lavoratori a termine occupati alla data di entrata in vigore del Decreto (21 marzo 2014) è fatto obbligo di rientrare nei limiti di legge entro il 31 dicembre 2014 (si ritiene non procedendo al rinnovo dei contratti che nel frattempo giungono a scadenza). Anche nel caso in esame, la stipulazione di ulteriori contratti a tempo determinato è comunque ammessa sulla base di specifiche disposizioni (fra cui quelle di seguito indicate). Esenzioni Il Ministero conferma che sono comunque esenti da limitazioni quantitative i rapporti a tempo determinato instaurati ai sensi del comma 7 dell’art. 10 del D.Lgs n. 368/2001 (fase di avvio di nuove attività per i periodi stabiliti dai CCNL, ragioni sostitutive o di stagionalità, specifici spettacoli o programmi radiofonici o televisivi, con lavoratori di età superiore ai 55 anni). Preme evidenziare che, secondo il Ministero, nelle ragioni di “stagionalità”, oltre alle ipotesi di cui all’elenco del DPR n. 1525/1963, vanno ricomprese anche quelle definite dal contratto collettivo applicato, anche aziendale (in quanto il Legislatore rinvia al DPR, ma non in via esclusiva). Pertanto, è da ritenersi che la contrattazione collettiva aziendale sia legittimata ad attivarsi per definire ulteriori ipotesi di stagionalità, in ragione di specifiche esigenze. Quindi, possono rientrare nelle ragioni di stagionalità anche le assunzioni per incrementi di produttività se espressamente stabilito dalla contrattazione collettiva. L’esclusione da limitazioni quantitative riguarda anche: ・ i contratti a termine conclusi da parte di una start-up innovativa (art. 28 del DL n.179/2012); ・ le altre fattispecie indicate nell’articolo 10 del D.Lgs n. 368/2001 (ad esempio operai a tempo determinato del settore agricolo, contratti fino a 3 giorni nei settori del turismo e dei pubblici esercizi, dirigenti); ・ eventuali assunzioni di lavoratori in mobilità (art. 8, comma 2 della Legge n. 223/1991); ・ contratti a termine stipulati dagli istituti pubblici ed enti privati di ricerca per lo svolgimento in via esclusiva di attività di ricerca scientifica o tecnologica, di assistenza tecnica o di coordinamento o direzione della stessa (nuovo comma 5 bis dell’art. 10 del D.Lgs n. 368/2001). In tali casi è consentita anche la deroga alla soglia di 36 mesi di durata massima del singolo contratto, mentre rimane fermo il rispetto del limite dei rinnovi contrattuali (fatte salve diverse previsioni della contrattazione collettiva), fissato in 36 mesi complessivi nel caso di successione di più rapporti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti (art. 5, comma 4 bis del D.Lgs n. 368/2001). Inoltre, il Ministero precisa che non concorrono al superamento dei limiti quantitativi: ・ le assunzioni di disabili con contratto a termine (art. 11 della Legge n. 68/1999); ・ le acquisizioni di personale a tempo determinato nei casi di trasferimenti d’azienda o di rami di azienda. In quest’ultima ipotesi è ammessa la proroga dei rapporti a tempo determinato nel rispetto dell’attuale disciplina, mentre un eventuale rinnovo degli stessi va considerato ai fini della verifica sul superamento dei limiti quantitativi. Datori di lavoro che occupano fino a 5 dipendenti La circolare ministeriale precisa che il limite legale del 20% del numero di lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione non si applica nei confronti dei datori di lavoro che occupano da 0 a 5 dipendenti, ai quali è sempre consentita la stipula di un contratto di lavoro a termine. In tal caso, la contrattazione collettiva non può sostituire in toto la disposizione normativa, ma soltanto definire margini più ampi di assunzioni a tempo determinato. Limite contrattuale Il Legislatore, pur introducendo un contingentamento legale all’instaurazione di rapporti a tempo determinato, conferma la validità delle diverse previsioni dei “contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi” in merito all’individuazione di limiti quantitativi per il ricorso ai contratti a termine. Si tratta di un rinvio alla contrattazione collettiva senza particolari “vincoli”. Pertanto, alle Parti sociali, ・ ferme restando le esenzioni da limitazioni dei contratti a termine stipulati nelle ipotesi di cui all’art. 10, comma 7 del D.Lgs n. 368/2001, ・ è consentito derogare, ad esempio, alla soglia percentuale del 20% (in aumento o in diminuzione), o alla scelta di determinare il numero di rapporti a tempo determinato instaurabili in base ad una “fotografia” della situazione aziendale al 1° gennaio dell’anno di assunzione, optando per considerare i lavoratori a tempo indeterminato mediamente occupati nell’azienda in un determinato periodo temporale (e non come quelli in forza ad una certa data). L’espressione “in sede di prima applicazione” di cui al regime transitorio (art. 2 bis, comma 2, del DL n. 34/2014), va intesa nel senso che i limiti percentuali dei vigenti CCNL conservano efficacia fino al loro rinnovo, momento in cui si entrerà nella regolamentazione a regime. Si sottolinea che, alla data di entrata in vigore del decreto (21 marzo 2014), continuano a trovare applicazione le clausole limitatrici della contrattazione collettiva, fatta salva la possibilità di individuarne di nuove in un secondo momento. REGIME SANZIONATORIO Nell’ipotesi di superamento dei limiti quantitativi per l’assunzione di lavoratori a tempo determinato, in sede di conversione in legge del DL n. 34/2014 è stata introdotta una sanzione amministrativa per ciascun lavoratore pari al: ・ 20% della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese superiore a 15 giorni di durata del rapporto lavorativo, qualora la violazione della soglia percentuale riguardi un solo lavoratore; ・ 50% della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese superiore a 15 giorni di durata del rapporto lavorativo, qualora il numero dei lavoratori assunti in violazione del limite percentuale sia superiore a uno. La suddetta sanzione amministrativa (art. 5, comma 4‐septies del D.Lgs n. 368/2001) si applica in caso di stipula di contratti a tempo determinato oltre il limite consentito, sia esso quello legale del 20% o quello diverso contrattuale. Base di calcolo Il Ministero precisa che: ・ il calcolo dell’importo sanzionatorio è effettuato in base ad una percentuale della retribuzione riconosciuta ai lavoratori assunti in violazione del limite, ovvero gli ultimi assunti in ordine di tempo; ・ la retribuzione di riferimento per il calcolo, in assenza di specificazioni, è quella lorda mensile riportata nel singolo contratto di lavoro, ricavabile anche dividendo la retribuzione annuale per il numero delle mensilità spettanti. Nell’ipotesi in cui il contratto individuale non riporti espressamente la retribuzione lorda mensile o annuale, si farà riferimento alla retribuzione tabellare stabilita nel contratto collettivo applicato o applicabile. Si ritiene, altresì, che in caso di più accessi ispettivi, il contratto a termine irregolare già sanzionato non possa essere oggetto di ulteriori sanzioni, in quanto va considerato sanato. Parametri da considerare L’importo pecuniario ottenuto dall’applicazione della percentuale del 20% o del 50% alla retribuzione lorda mensile (con arrotondamento all’unità in caso di primo decimale pari o superiore a 0,5) va moltiplicato ・ per “ciascun lavoratore” e ・ per il numero dei mesi (ogni periodo di 30 giorni di occupazione costituisce un mese intero) o frazione di mese superiore a 15 giorni di occupazione (considerati a tal fine come mese intero). Quindi, per i periodi di occupazione inferiore ai 16 giorni la sanzione non viene irrogata. Il Ministero afferma che, ai fini della quantificazione della sanzione, il periodo di riferimento della stessa è quello intercorrente tra la data di instaurazione del rapporto e la data di accertamento dell’esistenza dello “sforamento”. Pertanto: ・ si ritiene che sia da escludersi la commisurazione della sanzione alla durata complessiva del contratto a termine irregolare; ・ risultano ininfluenti (e quindi vanno considerate) eventuali sospensioni del rapporto lavorativo (a titolo esemplificativo malattia, maternità, infortunio o parttime verticale). Qualora in fase ispettiva emergano “sforamenti” relativi a rapporti già conclusi o, si ritiene, trasformati, la sanzione è quantificata in base alla durata complessiva del contratto concluso (o precedente alla trasformazione) in quanto la data di accertamento coinciderà convenzionalmente con la scadenza del termine. Inoltre, rispetto alla sanzione introdotta dalla legge di conversione del DL n. 34/2014 si segnala che: ・ non trova applicazione l’istituto della diffida, vista l’insanabilità della violazione del superamento di un limite alle assunzioni a termine ormai realizzato; ・ è ammesso il pagamento in misura ridotta (art. 16 della Legge n. 689/1981), ovviamente pari ad un terzo dell’importo visto che la stessa sanzione non prevede un minimo ed un massimo, da effettuarsi entro 60 giorni dalla notifica con estinzione della violazione. Disciplina transitoria Si conferma che non va irrogata alcuna sanzione relativamente ai rapporti lavorativi instaurati anteriormente alla data di entrata in vigore del Decreto (21 marzo 2014) che comportino il superamento del limite percentuale, i quali proseguono fino alla loro scadenza naturale. Il datore di lavoro, che a tale data abbia in atto rapporti a termine oltre il limite, deve mettersi in regola, rientrandovi entro il 31 dicembre 2014 (pena l’impossibilità dal 2015 di concludere nuovi contratti a termine), a meno che un contratto collettivo applicabile nell’azienda fissi una soglia percentuale e/o un termine più favorevole. Con riferimento alla contrattazione collettiva “applicabile nell’azienda” si sottolinea che essa comprende anche quella di livello territoriale e aziendale, ma quest’ultima può regolamentare solo il regime transitorio cosicché, al termine dello stesso, andranno applicati i limiti alla stipulazione di contratti a termine definiti o direttamente dalla legge o dalla contrattazione di livello nazionale (salvo delega di quest’ultima alla contrattazione di 2° livello). Come noto, a decorrere dal 2015 (fermo restando quanto eventualmente previsto dalla contrattazione collettiva) i datori di lavoro, che alla data del 21 marzo 2014 avevano superato i limiti quantitativi e non vi rientrino entro il 31 dicembre 2014, non potranno assumere nuovi lavoratori a tempo determinato. Dall’introduzione del sistema sanzionatorio (in vigore dal 20 maggio 2014), anche tali datori sono passibili di sanzione nel caso in cui, invece di rientrare nei limiti, effettuino ulteriori assunzioni a tempo determinato rispetto a quelle consentite. Sussiste, invece, il solo divieto di assunzione a partire dal 2015 e non risulta applicabile la sanzione amministrativa nei confronti di tali datori di lavoro nell’ipotesi di proroga dei contratti già in corso. PROROGHE E RINNOVI Previo consenso del lavoratore, la prorogabilità del termine è consentita fino ad un massimo di cinque volte nel limite di durata massima del singolo contratto di 36 mesi, purché riguardi la “stessa attività lavorativa”, ossia le stesse mansioni, le mansioni equivalenti o comunque quelle svolte ai sensi dell’art. 2103 c.c. (assegnazione a mansioni superiori). La nuova previsione trova applicazione “indipendentemente dal numero dei rinnovi”: pertanto, nel caso di successione di più contratti a termine conclusi tra le stesse parti (datore di lavoro e lavoratore) per lo svolgimento di mansioni equivalenti sono ammesse non più di 5 proroghe, anche se ad esempio tutte utilizzate nel primo contratto instaurato. Nel caso di un nuovo contratto a tempo determinato non concernente mansioni equivalenti, non si effettua la “contabilizzazione” delle precedenti proroghe. A tale proposito, il rinnovo contrattuale differisce dalla proroga in quanto comporta il raggiungimento della scadenza originariamente convenuta (o successivamente prorogata) e la stipula di un ulteriore contratto rispettando gli intervalli temporali (10 o 20 giorni) tra i due contratti. Si ribadisce che con l’introduzione della soglia dei 36 mesi per un singolo contratto a tempo determinato non è più consentita la sottoscrizione di un primo contratto di durata anche superiore, fatte salve specifiche previsioni normative (ad es. in caso di rapporti a termine instaurati da istituti pubblici ed enti di ricerca o con i dirigenti). In tema di successione di contratti a termine, come noto, il limite complessivo dei 36 mesi può essere superato nelle ipotesi derogatorie, ovvero relativamente ・ alle attività stagionali ed a ・ quelle individuate dalla contrattazione collettiva, nonché ・ all’”ulteriore successivo contratto” (senza più necessità anche in questo caso d’indicare la causale) da stipularsi presso la DTL di durata non superiore a quella definita dalle organizzazioni sindacali e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (c.d. deroga assistita). Disciplina transitoria In base alle disposizioni transitorie (art. 2 bis del DL n. 34/2014) le nuove previsioni in tema di proroga si applicano ai rapporti di lavoro costituiti dal 21 marzo 2014 (data di entrata in vigore del decreto). I rapporti instaurati anteriormente rimangono soggetti alla previgente disciplina per cui era consentita la proroga del termine, per una sola volta, solo quando la durata iniziale del contratto era inferiore a tre anni. Pertanto, in questo caso è da ritenere che per poter fruire del nuovo regime delle proroghe sia opportuno, alla scadenza del contratto, osservare la pausa obbligatoria (10 o 20 giorni) ed effettuare una riassunzione del lavoratore a tempo determinato. Dal momento che “sono fatti salvi gli effetti già prodotti dalle disposizioni introdotte dal presente decreto” (art. 2 bis, comma 1 del DL n. 34/2014), viene confermata la piena legittimità delle eventuali proroghe di contratti sottoscritti prima della sua entrata in vigore. Infatti, nel periodo 21 marzo – 19 maggio 2014 erano ammesse sino a 8 proroghe e, di conseguenza, hanno operato correttamente i datori di lavoro che sono ricorsi alla proroga per un numero di volte superiore a 5 (limite attualmente in vigore) sino, addirittura, ad utilizzare tutte le 8 proroghe. Comunque, il Ministero precisa che a partire dal 20 maggio 2014 (data di entrata in vigore della legge di conversione del DL) non è più possibile ricorrere a nuove proroghe per gli stessi contratti. Ne deriva che, rispettato lo stop and go, eventualmente è possibile effettuare una riassunzione del lavoratore (sempre nel rispetto del limite complessivo di durata di 36 mesi). DIRITTI DI PRECEDENZA Secondo il disposto normativo (art. 5, commi 4 quater e 4 quinquies, del D.Lgs n. 368/2001) sono previste due fattispecie di diritto di precedenza per i lavoratori a termine, rispettivamente, ・ in caso di assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi 12 mesi alla scadenza del loro rapporto di lavoro con riferimento alle mansioni già espletate e ・ nell’ipotesi di nuove assunzioni a termine per le medesime attività stagionali. Rispetto alla prima ipotesi, il DL n. 34/2014 in sede di conversione in legge ha previsto che per le lavoratrici il congedo obbligatorio di maternità (art. 16, comma 1, del TU di cui al D.Lgs n. 151/2001) intervenuto nell’esecuzione di un contratto a termine presso la stessa azienda, rientra nel computo del periodo complessivo di prestazione lavorativa utile al conseguimento del diritto di precedenza. Si ricorda, altresì, che alle stesse lavoratrici spetta il diritto di precedenza anche nelle assunzioni a tempo determinato effettuate dal datore entro i successivi 12 mesi, riguardo le mansioni già espletate in esecuzione dei precedenti contratti a termine. Rispetto a tutti i suddetti diritti di precedenza è stato introdotto l’obbligo in capo al datore di lavoro di richiamarli espressamente nell’atto scritto con cui è apposto il termine al contratto di lavoro. L’eventuale mancanza dell’informativa sui diritti di precedenza non comporta alcuna specifica sanzione e non ne compromette l’esercizio da parte del lavoratore. SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO Come noto, in tema di apposizione del termine l’acausalità è divenuta la regola generale non solo in caso di contratto a tempo determinato, ma anche nell’ipotesi di somministrazione di lavoro a termine (art. 20, comma 4 del D.Lgs n. 276/2003). Permane la delega ai CCNL stipulati da sindacati comparativamente più rappresentativi riguardo l’individuazione di limiti quantitativi per l’utilizzo della somministrazione di lavoro a tempo determinato, non applicandosi il limite legale del 20%. Pertanto non è applicabile nemmeno la nuova sanzione pecuniaria relativa alla violazione dei limiti quantitativi di contratti a termine: per la somministrazione è prevista un’apposita sanzione (art. 18, comma 3, del D.Lgs n. 276/2003). A maggior ragione, si sottolinea che il limite del 20% non riguarda nemmeno le assunzioni a termine effettuate dalle stesse agenzie di somministrazione ai fini della somministrazione. ・
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