GUIDA AI RIFIUTI PROFESSIONALI RIFIUTI PROFESSIONALI DA PROBLEMA A SOLUZIONE A cura di Paolo Pipere INDICE A cura di Paolo Pipere RIFIUTI PROFESSIONALI pag 04 CLASSIFICAZIONE DEI RIFIUTI pag 06 RIFIUTI ASSIMILATI AGLI URBANI pag 07 RIDUZIONE DELLA TASSA COMUNALE SULLA GESTIONE DEI RIFIUTI pag 08 RIFIUTI PERICOLOSI E NON PERICOLOSI pag 10 INDIVIDUARE UN RIFIUTO PERICOLOSO pag 12 IL PROCESSO DI ATTRIBUZIONE DEI CODICI pag 13 PRODUZIONE DI RIFIUTI SPECIALI: GESTIONE E ADEMPIMENTI pag 15 IL DEPOSITO TEMPORANEO pag 15 FORMULARI DI TRASPORTO pag 16 REGISTRI DI SCARICO E SCARICO pag 19 REGISTRAZIONE DEI MOVIMENTI DI CARICO DEL RIFIUTO pag 22 REGISTRAZIONE DEI MOVIMENTI DI SCARICO DEL RIFIUTO pag 22 LA RETTIFICA DEGLI ERRORI pag 22 L’AVVIO AL RECUPERO O ALLO SMALTIMENTO pag 23 LA VALUTAZIONE DELLA POSSIBILITÀ DI TRASPORTO CON MEZZI AZIENDALI pag 23 SELEZIONE DEI TRASPORTATORI pag 24 SELEZIONE DEGLI IMPIANTI DI DESTINAZIONE pag 25 IL MODELLO UNICO DI DICHIARAZIONE AMBIENTALE pag 26 SISTRI – SISTEMA PER IL CONTROLLO DELLA TRACCIABILITÀ DEI RIFIUTI pag 28 APPENDICE 1 DISMISSIONE DI BENI AZIENDALI pag 34 RIFIUTI PROFESSIONALI Le imprese producono rifiuti di diversi tipi: d’ufficio, derivanti da lavorazione industriale o artigianale, da costruzione e demolizione, da attività commerciali o di servizio, ma questi scarti solo in parte possono essere affidati al servizio pubblico di raccolta. « “Rifiuto”: qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi. (D.Lgs. 152/2006, art. 183, comma 1) Le tipologie di rifiuti che non sono raccolte e gestite dal servizio comunale devono essere avviate al recupero o allo smaltimento dall’impresa che le ha prodotte. Le aziende sono obbligate a garantire la corretta gestione dei propri rifiuti e perciò devono: - conoscere la composizione e le eventuali caratteristiche di pericolo dei propri rifiuti; - scegliere fornitori di servizi di trasporto, di recupero e di smaltimento dotati di specifiche autorizzazioni; - preparare una serie di documenti per dimostrare di aver rispettato le prescrizioni contenute nelle leggi applicabili. « Il produttore iniziale o altro detentore di rifiuti provvedono direttamente al loro trattamento, oppure li consegnano ad unintermediario, ad un commerciante, ad un ente o impresa che effettua le operazioni di trattamento dei rifiuti, o ad un soggetto pubblico o privato addetto alla raccolta dei rifiuti. (D.Lgs. 152/2006, art. 183, comma 1) Affidare i rifiuti che derivano dall’esercizio della propria attività a soggetti privi delle autorizzazioni necessarie, anche nel caso in cui si tratti di scarti 4 « non pericolosi e in apparenza “banali”, espone l’impresa a pesanti sanzioni. Colui che conferisce i propri rifiuti a soggetti terzi per il recupero o lo smaltimento ha il dovere di accertare che gli stessi siano debitamente autorizzati allo svolgimento di dette attività, con la conseguenza che l’inosservanza di tale elementare regola di cautela imprenditoriale è idonea a configurare la responsabilità per il reato di illecita gestione di rifiuti in concorso con coloro che li hanno ricevuti in assenza del prescritto titolo abilitativo. Cass. Pen. Sez. III n. 29727 dell’11/07/2013 La classificazione costituisce il prerequisito irrinunciabile per impostare correttamente la gestione dei rifiuti. Adempimenti amministrativi, modalità di deposito temporaneo dei rifiuti nel luogo in cui sono stati prodotti, scelta dei fornitori di servizi di trasporto, recupero e smaltimento, oltre che sanzioni variano in relazione alla classificazione del rifiuto. « 1. Chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 è punito: a) con la pena dell’arresto da tre mesi a un anno o con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi; b) con la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti pericolosi. 2. Le pene di cui al comma 1 si applicano ai titolari di imprese ed ai responsabili di enti che abbandonano o depositano in modo incontrollato i rifiuti ovvero li immettono nelle acque superficiali o sotterranee in violazione del divieto di cui all’articolo 192, commi 1 e 2. D.Lgs. 152/2006, art. 256 - attività di gestione di rifiuti non autorizzata 5 CLASSIFICAZIONE DEI RIFIUTI RIFIUTI ASSIMILATI AGLI URBANI La classificazione di base è articolata sia sul criterio dell’origine – che porta a distinguere tra rifiuti urbani e rifiuti speciali, sia su quello della pericolosità – che differenzia i rifiuti non pericolosi da quelli pericolosi. I rifiuti derivanti dall’esercizio di un’attività economica, quindi i rifiuti prodotti da imprese, enti e liberi professionisti, sono da classificare come “rifiuti speciali”. È importante considerare che per molte tipologie di rifiuti sono previste norme specifiche; tali disposizioni a volte si affiancano e a volte si sostituiscono a quelle di carattere generale, rendendo assai complessa l’individuazione dei concreti comportamenti prescritti al produttore del rifiuto. I rifiuti prodotti dalle imprese possono essere “assimilati ai rifiuti urbani per qualità e quantità”: il Comune, sulla base di un elenco definito dallo Stato con delibera del Comitato interministeriale sui rifiuti del 27/7/1984, può definire quali tipologie di scarti, tra quelli non pericolosi con composizione analoga a quella dei rifiuti domestici, accettare di ritirare dalle imprese nell’ambito del normale servizio di raccolta. I rifiuti, secondo quanto disposto dall’art. 184, comma 1, del D.Lgs. 152/2006, sono classificati: • secondo l’origine in: – rifiuti urbani; – rifiuti speciali; • secondo le caratteristiche di pericolosità in: – rifiuti non pericolosi; – rifiuti pericolosi. Per realizzare una corretta classificazione del rifiuto sono decisive non soltanto le informazioni relative alla composizione e alle proprietà del rifiuto, ma anche la conoscenza dettagliata dell’attività economica, e a volte dello specifico processo produttivo, che lo ha generato. V’è differenza, infatti, fra rifiuti derivati da lavorazioni artigianali e rifiuti che un’attività artigianale ha generato depurando le acque di scarico o abbattendo le emissioni in atmosfera, solo per citare alcune delle distinzioni da operare. È indispensabile segnalare, infine, che rifiuti con le medesime caratteristiche chimico-fisiche o merceologiche possono richiedere caratterizzazioni analitiche, adempimenti e modalità di gestione diversi nei casi in cui, ad esempio, siano conferiti o meno al servizio pubblico di raccolta, siano destinati allo smaltimento in discarica o siano presi in carico da impianti autorizzati ad effettuare operazioni preliminari rispetto a quelle di effettivo smaltimento o recupero. 6 In particolare, possono essere conferiti al servizio pubblico di raccolta: • i rifiuti speciali assimilati agli urbani (che a seguito dell’assimilazione operata dal Comune con Regolamento divengono, nonostante la provenienza, rifiuti urbani); • i rifiuti speciali assimilabili agli urbani (questi ultimi sono costituiti da tipologie di rifiuti che hanno caratteristiche e composizione merceologica tali da consentirne il recupero o lo smaltimento in impianti originariamente progettati per il trattamento di rifiuti urbani), nel caso in cui il Comune abbia attivato specifici servizi di raccolta, e previa convenzione. Gli adempimenti prescritti alle imprese e agli enti variano in relazione alla concreta modalità di conferimento dei rifiuti al servizio pubblico. Il conferimento al servizio pubblico di raccolta di rifiuti speciali assimilati agli urbani in quantità inferiori ai limiti previsti dal regolamento comunale, nel caso in cui il ritiro avvenga presso le imprese, non comporta alcun tipo di adempimento. Esclusivamente queste tipologie di rifiuti generati dalle imprese possono essere lecitamente affidati al concessionario del servizio pubblico di raccolta, tutti gli altri rifiuti dovranno, invece, essere avviati al recupero o allo smaltimento a cura e onere del produttore. 7 RIDUZIONE DELLA TASSA COMUNALE SULLA GESTIONE DEI RIFIUTI In riferimento alle imposte connesse alla raccolta e al recupero o allo smaltimento dei rifiuti la legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Legge di stabilità 2014), art. 1, comma 649 ha precisato che: “Nella determinazione della superficie assoggettabile alla TARI, non si debba tenere conto di quella parte di essa ove si formano, in via continuativa e prevalente, rifiuti speciali, al cui smaltimento sono tenuti a provvedere a proprie spese i relativi produttori, a condizione che ne dimostrino l’avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente”. Il Comune con proprio regolamento è tenuto a individuare le aree di produzione di rifiuti speciali non assimilabili e i magazzini di materie prime e di merci funzionalmente ed esclusivamente collegati all’esercizio di queste attività produttive “ai quali si estende il divieto di assimilazione”. La norma stabilisce, quindi, che sia per le superfici aziendali dove si producono rifiuti speciali non assimilabili agli urbani sia per i magazzini di materie prime e di prodotti finiti funzionali all’esercizio di queste attività economiche vige il “divieto di assimilazione”, per questo motivo le aree aziendali che generano rifiuti speciali per i quali vige questo divieto non dovranno essere considerate ai fini della determinazione dell’entità della tassa. Inoltre, nel regolamento comunale devono essere previste per i produttori di rifiuti speciali assimilati agli urbani: “Riduzioni della quota variabile del tributo proporzionali alle quantità di rifiuti speciali assimilati che il produttore dimostra di aver avviato al riciclo, direttamente o tramite soggetti autorizzati”. La scelta del legislatore è stata quella di evitare un doppio onere per le imprese: quello costituito dalla tassa e quello connesso ai costi di trasporto e di avvio al recupero dei rifiuti che, essendo stati avviati autonomamente al recupero, non hanno gravato sui costi di gestione del servizio pubblico di raccolta dei rifiuti urbani e assimilati. 8 Elenco esemplificativo dei rifiuti assimilabili agli urbani punto 1.1.1. lettera a) della Deliberazione citata. -imballaggi in genere (di carta, cartone, plastica, legno, metallo e simili); -contenitori vuoti (fusti, vuoti di vetro, plastica e metallo, latte o lattine e simili); -sacchi e sacchetti di carta o plastica; fogli di carta, plastica, cellophane; -cassette, pallet; -accoppiati quali carta plastificata, carta metallizzata, carta adesiva, carta catramata, fogli di plastica metallizzati e simili; -frammenti e manufatti di vimini e di sughero; -paglia e prodotti di paglia; -scarti di legno provenienti da falegnameria e carpenteria, trucioli e segatura; -fibra di legno e pasta di legno anche umida, purché palabile; -ritagli e scarti di tessuto di fibra naturale e sintetica, stracci e juta; -feltri e tessuti non tessuti; -pelle e similpelle; - gomma e caucciù (polvere e ritagli) e manufatti composti prevalentemente da tali materiali, come camere d’aria e copertoni; -resine termoplastiche e termoindurenti in genere allo stato solido e manufatti composti da tali materiali; -rifiuti ingombranti analoghi a quelli di cui al punto 2) del terzo comma dell’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 1982; -imbottiture, isolanti termici ed acustici costituiti da sostanze naturali e sintetiche, quali lane di vetro e di roccia, espansi plastici e minerali, e simili; -moquette, linoleum, tappezzerie, pavimenti e rivestimenti in genere; -materiali vari in pannelli (di legno, gesso, plastica e simili); -frammenti e manufatti di stucco e di gesso essiccati; -manufatti di ferro tipo paglietta metallica, filo di ferro, spugna di ferro e simili; -nastri abrasivi; -cavi e materiale elettrico in genere; -pellicole e lastre fotografiche e radiografiche sviluppate; -scarti in genere della produzione di alimentari, purché non allo stato liquido, quali ad esempio scarti di caffè, scarti dell’industria molitoria 9 e della pastificazione, partite di alimenti deteriorati, anche inscatolati o comunque imballati, scarti derivanti dalla lavorazione di frutta e ortaggi, caseina, sanse esauste e simili; -scarti vegetali in genere (erbe, fiori, piante, verdure, ecc.), anche derivanti da lavorazioni basate su processi meccanici (bucce, baccelli, pula, scarti di sgranatura e di trebbiatura, e simili); -residui animali e vegetali provenienti dall’estrazione di princìpi attivi. RIFIUTI PERICOLOSI E NON PERICOLOSI I rifiuti pericolosi sono fondamentalmente di due tipi: - quelli per i quali è stata introdotta una presunzione assoluta di pericolosità; - quelli che presentano una o più caratteristiche di pericolo che devono essere attribuite al rifiuto mediante la verifica della presenza di determinate sostanze pericolose in concentrazioni superiori a determinati valori di soglia. Allegato I - Caratteristiche di pericolo per i rifiuti H1 “Esplosivo”: sostanze e preparati che possono esplodere per effetto della fiamma o che sono sensibili agli urti e agli attriti più del dinitrobenzene; H2 “Comburente”: sostanze e preparati che, a contatto con altre sostanze, soprattutto se infiammabili, presentano una forte reazione esotermica; H3-A “Facilmente infiammabile”: sostanze e preparati: - liquidi il cui punto di infiammabilità è inferiore a 21° C (compresi i liquidi estremamente infiammabili), o - che a contatto con l’aria, a temperatura ambiente e senza apporto di energia, possono riscaldarsi e infiammarsi, o - solidi che possono facilmente infiammarsi per la rapida azione di una sorgente di accensione e che continuano a bruciare o a consumarsi anche dopo l’allontanamento della sorgente di accensione, o - gassosi che si infiammano a contatto con l’aria a pressione normale, o - che, a contatto con l’acqua o l’aria umida, sprigionano gas facilmente 10 infiammabili in quantità pericolose; H3-B “Infiammabile”: sostanze e preparati liquidi il cui punto di infiammabilità è pari o superiore a 21° C e inferiore o pari a 55° C; H4 “Irritante”: sostanze e preparati non corrosivi il cui contatto immediato, prolungato o ripetuto con la pelle o le mucose può provocare una reazione infiammatoria; H5 “Nocivo”: sostanze e preparati che, per inalazione, ingestione o penetrazione cutanea, possono comportare rischi per la salute di gravità limitata; H6 “Tossico”: sostanze e preparati (comprese le sostanze e i preparati molto tossici) che, per inalazione, ingestione o penetrazione cutanea, possono comportare rischi per la salute gravi, acuti o cronici e anche la morte; H7 “Cancerogeno”: sostanze e preparati che, per inalazione, ingestione o penetrazione cutanea, possono produrre il cancro o aumentarne l’incidenza; H8 “Corrosivo”: sostanze e preparati che, a contatto con tessuti vivi, possono esercitare su di essi un’azione distruttiva; H9 “Infettivo”: sostanze contenenti microrganismi vitali o loro tossine, conosciute o ritenute per buoni motivi come cause di malattie nell’uomo o in altri organismi viventi; H10 “Tossico per la riproduzione”: sostanze e preparati che, per inalazione, ingestione o penetrazione cutanea, possono produrre malformazioni congenite non ereditarie o aumentarne la frequenza; H11 “Mutageno”: sostanze e preparati che, per inalazione, ingestione o penetrazione cutanea, possono produrre difetti genetici ereditari o aumentarne l’incidenza; H12 Rifiuti che, a contatto con l’acqua, l’aria o un acido, sprigionano un gas tossico o molto tossico; H13 “Sensibilizzanti”: sostanze o preparati che per inalazione o penetrazione cutanea, possono dar luogo a una reazione di ipersensibilizzazione per cui una successiva esposizione alla sostanza o al preparato produce effetti nefasti caratteristici; H14 “Ecotossico”: rifiuti che presentano o possono presentare rischi immediati o differiti per uno o più comparti ambientali. H15 Rifiuti suscettibili, dopo l’eliminazione, di dare origine in qualche modo ad un’altra sostanza, ad esempio a un prodotto di lisciviazione avente una delle caratteristiche sopra elencate. 11 In particolare: “Se un rifiuto è identificato come pericoloso mediante riferimento specifico [per esempio: 160209* - trasformatori o condensatori contenenti PCB] o generico [per esempio: 150110* - imballaggi contenenti residui di sostanze pericolose o contaminati da tali sostanze] a sostanze pericolose, esso è classificato come pericoloso solo se le sostanze raggiungono determinate concentrazioni (ad esempio percentuale rispetto al peso), tali da conferire al rifiuto in questione una o più delle proprietà di cui all’allegato III della Direttiva 91/689/CEE del Consiglio […]”1. INDIVIDUARE UN RIFIUTO PERICOLOSO Operativamente, quindi, per verificare se un rifiuto deve essere classificato come pericoloso è necessario seguire questo percorso concettuale: a) Identificare, ricorrendo al processo descritto nel paragrafo successivo, il codice identificativo che nell’ambito del Catalogo Europeo dei Rifiuti descrive in modo più appropriato sia la provenienza sia le caratteristiche chimico-fisiche del rifiuto; b) Verificare se a fianco al codice identificativo del rifiuto nel CER (elenco dei rifiuti2) è stato apposto un asterisco; c) Verificare se nella descrizione associata al codice del rifiuto prescelto e contrassegnato da un asterisco compare un riferimento specifico o generico a sostanze pericolose. Il rifiuto è classificato come pericoloso solo se il codice che meglio lo identifica è contrassegnato da un asterisco e, nel caso in cui nella descrizione del rifiuto vi siano riferimenti specifici o generici a sostanze pericolose, se e solo se queste ultime sono presenti in concentrazioni superiori ai limiti specificati nella Direttiva 88/379/CEE del Consiglio del 7 giugno 1 Decisione della Commissione 2000/532/CE del 3 maggio 2000 (pubblicata in G.U.C.E. 6 settembre 2000, n. L 226), come modificata dalle Decisioni della Commissione 2001/118/CE, 2001/119/CE e 2001/573/CE, Allegato – Elenco dei rifiuti – Introduzione, punto 6). 2 Decisione della Commissione 2000/532/CE del 3 maggio 2000 (pubblicata in G.U.C.E. 6 settembre 2000, n. L 226), come modificata dalle Decisioni della Commissione 2001/118/CE, 2001/119/CE e 2001/573/CE, Allegato – Elenco dei rifiuti. 12 19883 per il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri relative alla classificazione, all’imballaggio e all’etichettatura dei preparati pericolosi e successive modifiche. IL PROCESSO DI ATTRIBUZIONE DEI CODICI Il Catalogo Europeo dei Rifiuti – CER 2002 – è stato introdotto con la Decisione della Commissione europea 2000/532/CE4 . Il sistema comunitario di codifica, nato da esigenze di tipo statistico, è in seguito divenuto uno dei cardini sui quali si reggono sia il complesso insieme di adempimenti previsti dalla disciplina sulla gestione dei rifiuti, sia i molteplici procedimenti di qualificazione e autorizzazione degli operatori del settore. La struttura del Catalogo prevede un’articolazione in 20 capitoli, di norma riferiti alle macroaree di attività economica che hanno generato i rifiuti, ognuno dei quali comprende un serie di paragrafi tesi a specificare più puntualmente il processo produttivo dal quale i rifiuti sono decaduti per giungere, infine, ai codici a sei cifre che individuano ciascuna tipologia di rifiuto: – 03 RIFIUTI DELLA LAVORAZIONE DEL LEGNO E DELLA PRODUZIONE DI PANNELLI, MOBILI, POLPA, CARTA E CARTONE – 03 01 Rifiuti della lavorazione del legno e della produzione di pannelli e mobili – 03 01 01 Scarti di corteccia e sughero. Le decisioni comunitarie che hanno istituito il nuovo CER hanno condotto a una formalizzazione dei criteri da seguire per l’attribuzione dei codici identificativi ai rifiuti. Il percorso concettuale da seguire è articolato in una serie di passaggi logici che, considerando la necessità di scegliere il codice che meglio descrive sia il processo produttivo dal quale il rifiuto è stato generato sia 3 in G.U.C.E. 16 luglio 1988, n. L 187, pag. 14. 4 Pubblicata in G.U.C.E. 6 settembre 2000, n. L 226. 13 le specifiche caratteristiche di quest’ultimo, consentono di approssimarsi gradualmente alla corretta identificazione del codice CER. Le decisioni comunitarie, infatti, precisano che in primo luogo è necessario: 1. “Identificare la fonte che genera il rifiuto consultando i titoli dei capitoli da 01 a 12 o da 17 a 20 [tali capitoli del codice europeo indicano le macroattività economiche dalle quali i rifiuti decadono] per risalire al codice a sei cifre riferito al rifiuto in questione, ad eccezione dei codici dei suddetti capitoli che terminano con le cifre 99”. Considerando che: “È possibile che un determinato impianto o stabilimento debba classificare le proprie attività riferendosi a capitoli diversi” e avendo presente che: “I rifiuti di imballaggio oggetto di raccolta differenziata (comprese combinazioni di diversi materiali di imballaggio) vanno classificati alla voce 15 01 e non alla voce 20 01”. In secondo luogo: 2. “Se nessuno dei codici dei capitoli da 01 a 12 o da 17 a 20 si presta per la classificazione di un determinato rifiuto, occorre esaminare i capitoli 13, [oli esauriti e residui di combustibili liquidi (tranne oli commestibili ed oli di cui ai capitoli 05, 12 e 19)] 14 [solventi organici, refrigeranti e propellenti di scarto (tranne 07 e 08)] e 15 [rifiuti di imballaggio, assorbenti, stracci, materiali filtranti e indumenti protettivi (non specificati altrimenti)] per identificare il codice corretto”. In terzo luogo: 3. “Se nessuno di questi codici risulta adeguato, occorre definire il rifiuto utilizzando i codici di cui al capitolo 16 [rifiuti non specificati altrimenti nell’elenco]”. E, infine: 4. “Se un determinato rifiuto non è classificabile neppure mediante i codici del capitolo 16, occorre utilizzare il codice 99 (rifiuti non altrimenti specificati) preceduto dalle cifre del capitolo che corrisponde all’attività identificata al precedente punto 1”. È necessario procedere con molta cautela nell’attribuzione dei codici ai rifiuti, verificando accuratamente le possibili alternative al codice che è apparso appropriato alla prima lettura e ricordando che, qualora due o più codici possano essere adottati, deve sempre essere preferito il codice che fornisce informazioni più precise sia in merito all’attività o al processo 14 produttivo che ha generato il rifiuto, sia in relazione alle caratteristiche merceologiche o chimico-fisiche del rifiuto. Il processo di attribuzione del codice in alcuni casi non conduce al risultato sperato: non è possibile individuare un codice sufficientemente specifico ed è perciò indispensabile ricorrere a un codice generico che fa riferimento unicamente alla provenienza del rifiuto. PRODUZIONE DI RIFIUTI SPECIALI: GESTIONE E ADEMPIMENTI IL DEPOSITO TEMPORANEO Con il termine “deposito temporaneo” si indica l’accumulo di rifiuti nel luogo in cui l’impresa o l’ente li ha prodotti o, in altri termini, “il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti”. La realizzazione del deposito temporaneo non richiede autorizzazione se avviene nel rispetto delle seguenti condizioni: 1) i rifiuti contenenti gli inquinanti organici persistenti di cui al regolamento (CE) 850/2004, e successive modificazioni, devono essere depositati nel rispetto delle norme tecniche che regolano lo stoccaggio e l’imballaggio dei rifiuti contenenti sostanze pericolose e gestiti conformemente al suddetto regolamento; 2) i rifiuti devono essere raccolti e avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti: • con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; • quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi. In questo caso il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno; 15 3) il “deposito temporaneo” deve essere effettuato per categorie omogenee di rifiuti e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute; 4) devono essere rispettate le norme che disciplinano l’imballaggio e l’etichettatura delle sostanze pericolose. FORMULARI DI TRASPORTO Durante il trasporto effettuato da imprese o enti, specifica il D.Lgs. 152/206, i rifiuti devono essere accompagnati dal formulario di identificazione (definito con D.M. 1° aprile 1998, n. 145). L’art. 193, comma 1, del medesimo decreto legislativo ha inoltre definito l’insieme di dati essenziali da riportare sul formulario di identificazione del rifiuto: a) nome ed indirizzo del produttore e del detentore; b) origine, tipologia e quantità del rifiuto; c) impianto di destinazione; d) data e percorso dell’istradamento; e) nome e indirizzo del destinatario. Prima di essere utilizzato il formulario deve essere numerato e vidimato (“gratuitamente e senza alcun diritto o imposizione tributaria”) presso l’Agenzia delle entrate, presso la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura o presso gli uffici regionali o provinciali competenti in materia di rifiuti. Premesso che l’emissione del formulario, intesa come atto con il quale ci si assume la responsabilità in merito a quanto dichiarato nel documento di trasporto, è una prerogativa esclusiva del produttore o del detentore del rifiuto, è necessario precisare che il modulo che si utilizza può essere stato acquistato, vidimato e registrato dal trasportatore. Quest’ultimo, infatti, ha la facoltà - e non l’obbligo - di concedere l’uso dei propri formulari ai clienti, allo scopo di agevolare i produttori di piccole quantità di rifiuti 16 che altrimenti si vedrebbero costretti ad acquistare un numero di moduli eccessivo rispetto alle loro effettive necessità. Il formulario deve essere redatto in quattro esemplari, compilato, datato e firmato dal detentore (“il produttore dei rifiuti o la persona fisica o giuridica che li detiene”), controfirmato dal trasportatore e sottoscritto dal gestore dell’impianto di recupero o smaltimento. Più precisamente la prima copia del formulario deve rimanere al produttore del rifiuto fin dal momento della partenza del carico, mentre al trasportatore dovranno essere consegnate le rimanenti copie. Il trasportatore, dopo aver ottenuto la sottoscrizione del formulario da parte del gestore dell’impianto di destinazione allo scopo di dimostrare l’avvenuta accettazione del carico, trattiene la seconda copia, mentre la terza è di competenza del gestore dell’impianto e la quarta deve essere restituita, per il tramite del trasportatore, al produttore o detentore del rifiuto. Si ricorda, inoltre, che: “deve essere emesso un formulario per ciascun rifiuto quale risulta individuato dal codice (CER) e dalla descrizione. A tale ultimo fine, al punto 4 del formulario, voce “Descrizione” dovrà riportarsi l’aspetto esteriore dei rifiuti che consente di identificare il rifiuto con il massimo grado di accuratezza, tenuto conto che la descrizione del CER non è sempre esaustiva, soprattutto in riferimento ai codici che recano negli ultimi due campi numerici le cifre «99»”5. Il modulo, oltre a prevedere un’intestazione nella quale deve essere riportata la numerazione progressiva e la data di emissione, è articolato in cinque sezioni. La prima richiede l’indicazione dei soggetti coinvolti: - produttore o detentore del rifiuto e luogo dal quale ha inizio il trasporto; - destinatario, indirizzo dell’impianto di destinazione e estremi dell’autorizzazione; - trasportatore ed estremi dell’iscrizione all’Albo Nazionale Gestori Ambientali. All’indicazione dell’eventuale commerciante o intermediario, pur prescritta, non è dedicato alcuno spazio, ma la Circolare del Ministero dell’Ambiente 5 Circolare 4 agosto 1998, n° GAB/DEC/812/98, punto 1, lettera O., pubblicata in G.U. 11 settembre 1998, n. 212. 17 4 agosto 1998, n. GAB/DEC/812/98 ha precisato che questa informazione deve essere riportata nello spazio del modulo riservato alle annotazioni (seconda sezione). Nella terza sezione del modulo è necessario riportare le indicazioni indispensabili a identificare con precisione il rifiuto trasportato: - descrizione, codice CER e denominazione del rifiuto associata al codice; - caratteristiche di pericolo (per i rifiuti pericolosi); - il numero di colli o contenitori; - la destinazione a recupero o smaltimento del rifiuto trasportato; - le caratteristiche chimico/fisiche (per i rifiuti destinati allo smaltimento in discarica); - la quantità espressa in chilogrammi o litri o metri cubi, con la possibilità di indicare un peso solo stimato «da verificarsi a destino»; - l’indicazione se il trasporto dei rifiuti sia assoggettato alla normativa ADR (trasporto su strada di merci pericolose) o RID (trasporto ferroviario di merci pericolose); - il percorso previsto, da indicare solo se “diverso dal più breve”. Nella quarta sezione devono essere apposte le firme del produttore o detentore e del trasportatore, deve essere indicato il nome e cognome del conducente e la targa del veicolo utilizzato per il trasporto, oltre alla data e all’ora di inizio del trasporto. Nella quinta sezione, infine, il destinatario deve precisare la data di ricezione del carico e apporre la propria firma, dichiarando se accetta o meno (in tutto o in parte) il rifiuto conferitogli. L’art. 193, comma 2, del D.Lgs. 152/2006 dispone che “le copie del formulario devono essere conservate per cinque anni” dalla data di emissione. La corretta compilazione del formulario richiede necessariamente l’indicazione della quantità di rifiuto trasportata e “nel caso in cui per la natura del rifiuto o per l’indisponibilità di un sistema di pesatura si possano, rispettivamente, verificare variazioni di peso durante il trasporto o una non precisa corrispondenza tra la quantità di rifiuti in partenza e quella a destinazione” - precisa la Circolare ministeriale - si dovrà aver cura di barrare la casella relativa alla voce “peso da verificarsi a destino”. In realtà 18 è consigliabile avvalersi sempre di questa possibilità, in considerazione del fatto che, salvo casi molto particolari, di norma fa fede la quantificazione del rifiuto operata dal gestore dell’impianto di destinazione. Il formulario deve essere emesso anche in caso di trasporto, effettuato con propri mezzi, di un rifiuto speciale assimilato alla piattaforma di raccolta, perché l’articolo 193 del D.Lgs 152/2006 non prevede esoneri per questo tipo di trasporti. La restituzione della quarta copia al mittente è di fondamentale importanza perché questa copia dimostra che il rifiuto è stato accettato dal gestore dell’impianto di destinazione e prova, quindi, che il produttore ha assolto i propri obblighi di corretta gestione del rifiuto. REGISTRI DI SCARICO E SCARICO L’articolo 190, comma 1, del D.Lgs. 152/2006 individua i produttori di rifiuti tenuti ad istituire e annotare i registri di carico e scarico: • le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti pericolosi; • le “imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti non pericolosi” di cui all’art. 184, comma 3, lettere c), d) e g) [c) rifiuti da lavorazioni industriali; d) rifiuti da lavorazioni artigianali; g) rifiuti derivanti dalle attività di recupero e smaltimento di rifiuti; fanghi derivanti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue; fanghi da abbattimento di fumi]. I registri dei produttori di rifiuti devono essere tenuti (art. 190, comma 3, del D.Lgs. n. 152/2006) presso ogni luogo in cui i rifiuti vengano effettivamente generati: pertanto il registro non si riferisce all’impresa nel suo complesso, bensì alla singola unità locale della stessa. Le uniche eccezioni ai principi in precedenza esposti sono costituite: - dai registri relativi ai rifiuti provenienti da attività di manutenzione o assistenza sanitaria, in quanto questi rifiuti, ai sensi dell’art. 266, comma 4, del D.Lgs. 152/2006, “si considerano prodotti presso la sede o il domicilio del soggetto che svolge tali attività”, dove dovranno essere conservati, 19 qualora sussista l’obbligo di registrazione, i libri di carico e scarico; - dai registri relativi ai rifiuti prodotti da attività di manutenzione delle infrastrutture (art. 230 del D.Lgs. 152/2006), che: “possono essere tenuti nel luogo di produzione dei rifiuti così come definito nel comma 1”, quindi: a) sede del cantiere che gestisce l’attività manutentiva; b) sede locale del gestore dell’infrastruttura nelle cui competenze rientra il tratto di infrastruttura interessato dai lavori di manutenzione; c) il luogo di concentramento dove il materiale tolto d’opera viene trasportato «per la successiva valutazione tecnica, finalizzata all’individuazione del materiale effettivamente, direttamente ed oggettivamente riutilizzabile, senza essere sottoposto ad alcun trattamento». L’art. 190, comma 3, del D.Lgs. n. 152/2006 prescrive che i registri debbano essere conservati per cinque anni dalla data dell’ultima registrazione annotata sul registro stesso. Ogni riga del registro “modello A” consente l’annotazione di un movimento: - nella prima colonna deve essere precisato, barrando una delle due caselle, se la successiva registrazione si riferisce ad un movimento di “carico” (generazione del rifiuto da parte del produttore) o di “scarico” (avvio al recupero o allo smaltimento di un rifiuto presso un impianto autorizzato); - sempre nella prima colonna, nel caso di movimento di scarico di un produttore, è necessario precisare gli estremi identificativi del formulario di trasporto; - infine, se si tratta di movimento di scarico (verso impianti autorizzati al recupero o allo smaltimento oppure verso un processo di trattamento interno) è necessario indicare i numeri progressivi di registrazione dei movimenti di carico che hanno dato luogo all’accumulo di rifiuti in seguito destinati ad impianti di gestione. Nella seconda colonna dovranno essere precisate le caratteristiche del rifiuto: codice del Catalogo Europeo dei Rifiuti – CER, descrizione, stato fisico (1. Solido polverulento; 2. Solido non polverulento; 3. Fangoso palabile; 4. Liquido), eventuali classi di pericolosità e processo di gestione (recupero o smaltimento e relativi codici identificativi della tipologia di 20 trattamento) al quale i rifiuti sono destinati. Nella terza colonna dovrà essere riportata la quantità di rifiuto caricata o scaricata, esprimendo tale quantitativo in chilogrammi oppure in litri oppure in metri cubi, quindi è possibile utilizzare indifferentemente una delle tre unità di misura e non v’è l’obbligo di riportare nel registro sia la massa sia il volume del rifiuto. Nella quarta colonna, esclusivamente nel caso in cui si tratti di rifiuti prodotti da “soggetti che effettuano attività di manutenzione a reti diffuse sul territorio”, dovranno essere riportati il luogo materiale di produzione e l’attività di provenienza del rifiuto Sempre nella quarta colonna è necessario indicare, qualora siano intervenuti nella gestione del rifiuto di cui si sta registrando il carico o lo scarico, gli estremi identificativi dei commercianti di rifiuti o degli intermediari. La quinta colonna, infine, è riservata a eventuali annotazioni. Con il decreto del Ministero dell’Ambiente n. 148 del 1° aprile 1998 è stato individuato, in attuazione dell’art. 18, comma 2, del D.Lgs. 22/1997, un modello uniforme di registro di carico e scarico. Più precisamente, il decreto ministeriale citato definisce i contenuti informativi di due distinti registri: • il primo (“Modello A”) deve essere utilizzato dai produttori di rifiuti speciali, dai soggetti che esercitano attività di recupero o di smaltimento, dai trasportatori professionali di rifiuti prodotti da terzi e da coloro che svolgono attività di intermediazione e commercio di rifiuti che comporti la detenzione di questi ultimi; • il secondo registro (“Modello B”) è specificamente rivolto alla documentazione dell’attività svolta dai commercianti di rifiuti che non li detengono (non trasportano, stoccano o trattano rifiuti) e dagli intermediari. I registri prima di essere posti in uso devono essere numerati e vidimati presso le Camere di Commercio territorialmente competenti, ma se si è preferito impiegare un software per la gestione delle movimentazioni dei rifiuti è possibile procedere alla vidimazione di singoli fogli di carta formato A4 numerati progressivamente6, sui quali il programma stamperà sia i contenuti informativi sia il format grafico previsto per il registro. 6 Si veda in proposito il comma 6 dell’art. 190 del D.Lgs. 152/2006. 21 REGISTRAZIONE DEI MOVIMENTI DI CARICO DEL RIFIUTO L’avvenuta produzione di un rifiuto per il quale sussista l’obbligo di registrazione comporta per l’impresa o l’ente la necessità di procedere all’annotazione del movimento di carico entro dieci giorni lavorativi7 dal momento in cui la generazione del rifiuto è avvenuta. Qualora sia stato prodotto un rifiuto sanitario pericoloso a rischio infettivo, la registrazione deve invece avvenire entro cinque giorni8. È importante rilevare che qualora la produzione del rifiuto e l’asportazione dello stesso avvengano in due momenti distinti non è ammessa la registrazione contestuale del movimento di carico e di quello di scarico. La casella “annotazioni” di ogni singolo movimento di carico o scarico deve essere utilizzata per motivare la necessità della rettifica che è stata operata, ad esempio la discordanza tra peso stimato e peso verificato presso l’impianto di destinazione. A questo proposito è importante rilevare che, tranne nel caso in cui ciò non appaia in alcun modo giustificato, per consuetudine, e non per disposizione di legge, il peso da riportare nel registro è quello verificato presso l’impianto di destinazione del singolo carico di rifiuti. Per questo motivo, allo scopo di evitare frequenti rettifiche, il produttore del rifiuto può accordarsi con il gestore dell’impianto di recupero o di smaltimento per farsi trasmettere il peso verificato a destino entro il termine previsto per la registrazione del movimento di scarico (dieci giorni lavorativi) e procedere alla registrazione del movimento utilizzando i dati forniti dall’impianto. REGISTRAZIONE DEI MOVIMENTI DI SCARICO DEL RIFIUTO L’art. 190, comma 1, del D.Lgs. 152/2006 precisa la periodicità con la quale devono essere eseguite le annotazioni di “scarico” sui registri: per i produttori, almeno entro dieci giorni lavorativi dal momento in cui il rifiuto viene caricato sul mezzo che lo trasporterà all’impianto di recupero o di smaltimento. LA RETTIFICA DEGLI ERRORI Gli errori materiali di compilazione del registro di carico e scarico devono essere corretti secondo le regole normalmente in uso per i libri contabili e gli altri registri ufficiali dell’azienda: la cancellazione di un dato deve essere effettuata tracciando una riga che consenta comunque di leggere il dato che si intende rettificare, non sono consentite abrasioni e la rettifica deve essere datata e siglata. 7 Ex art. 190, comma 1, D.Lgs. 152/2006. 8 Secondo le prescrizioni di cui all’art. 8, comma 3, lettera a) del D.P.R. 15 luglio 2003, n. 254 pubblicato nella G.U. 11 settembre 2003, n. 211. 22 L’AVVIO AL RECUPERO O ALLO SMALTIMENTO LA VALUTAZIONE DELLA POSSIBILITÀ DI TRASPORTO CON MEZZI AZIENDALI La condizione per poter effettuare il trasporto dei rifiuti non pericolosi o di piccole quantità (inferiori a 30 chilogrammi o litri al giorno) di rifiuti pericolosi derivanti dalla propria attività è ora costituita dall’iscrizione all’Albo gestori ambientali ex art. 212, comma 8, del D.Lgs. 152/2006. È dunque necessario iscriversi all’Albo con la procedura richiamata per trasportare anche occasionalmente rifiuti non pericolosi o piccole quantità di rifiuti pericolosi derivanti dalla propria attività, inoltre la possibilità di beneficiare di queste modalità d’iscrizione semplificate è condizionata al fatto che: «tali operazioni [di trasporto di rifiuti] costituiscano parte integrante e accessoria dell’organizzazione dell’impresa dalla quale i rifiuti sono prodotti»9. 9 D.Lgs. 152/2006, art. 212, comma 8. 23 Perciò mentre può essere ammessa a usufruire della procedura di cui all’art. 218, comma 8, un’impresa che effettua la manutenzione del verde, in quanto l’attività economica esercitata deve necessariamente comportare il trasporto dei rifiuti generati, un’azienda che intenda trasportare rifiuti assimilati agli urbani al centro di raccolta comunale non sembra essere in possesso dei requisiti indispensabili per utilizzare questa opportunità. Infine, è decisivo rilevare che anche il più scrupoloso controllo delle iscrizioni dei trasportatori si rivela del tutto incompleto se non adeguatamente accompagnato da un controllo altrettanto meticoloso delle autorizzazioni degli impianti ai quali il rifiuto dovrà essere conferito. Per quanto ciò possa apparire paradossale, uno dei più frequenti errori nella gestione dei rifiuti è quello di limitare la verifica dei titoli abilitativi alla sola fase di trasporto. SELEZIONE DEI TRASPORTATORI SELEZIONE DEGLI IMPIANTI DI DESTINAZIONE La verifica dell’adeguatezza dell’iscrizione all’Albo di un’impresa di trasporto di rifiuti richiede due passi fondamentali. In primo luogo, dopo aver chiaramente e univocamente determinato la classificazione del rifiuto è necessario controllare che se il rifiuto è: La disciplina delle autorizzazioni per la gestione di rifiuti è particolarmente complessa, ma in termini generali si può sinteticamente affermare che se il rifiuto da avviare ad operazioni di gestione: - è un rifiuto recuperabile non pericoloso l’impresa che gestisce l’impianto deve essere iscritta mediante procedura semplificata (comunicazione di inizio attività secondo l’art. 216, D.Lgs. 152/2006) al Registro provinciale delle imprese che effettuano attività di recupero dei rifiuti; - è un rifiuto speciale non pericoloso l’impresa che gestisce l’impianto deve essere autorizzata mediante procedura ordinaria (secondo l’art. 208, D.Lgs. 152/2006); - è un rifiuto recuperabile pericoloso l’impresa che gestisce l’impianto deve essere iscritta mediante procedura semplificata (comunicazione di inizio attività secondo l’art. 216, D.Lgs. 152/2006) al Registro provinciale delle imprese che effettuano attività di recupero dei rifiuti; - è un rifiuto speciale pericoloso l’impresa che gestisce l’impianto deve essere autorizzata mediante procedura ordinaria (secondo l’art. 208, D.Lgs. 152/2006). Come nel caso dei trasportatori, dovrà essere verificata nel provvedimento di autorizzazione la presenza del codice identificativo tratto dal Catalogo Europeo dei Rifiuti (Codice CER) che si è assegnato al rifiuto prodotto o detenuto. Infine, è doveroso rilevare che le verifiche dei titoli abilitativi dei trasportatori e degli impianti di gestione devono essere condotte anche se si è scelto di servirsi di intermediari. -un rifiuto speciale non pericoloso l’impresa sia iscritta alla quarta categoria dell’Albo nazionale gestori ambientali; - un rifiuto speciale pericoloso l’impresa sia iscritta alla quinta categoria dell’Albo nazionale gestori ambientali10. In secondo luogo, dovrà essere verificata la presenza del codice identificativo tratto dal Catalogo Europeo dei Rifiuti (Codice CER) assegnato al rifiuto prodotto o detenuto nel provvedimento di iscrizione all’Albo dell’impresa di trasporto. In fase di controllo della validità delle iscrizioni all’Albo è indispensabile ricordare che le imprese possono operare per cinque anni prima di dover richiedere il rinnovo dell’iscrizione. A tale proposito è opportuno sapere che l’Albo nazionale gestori ambientali ha pubblicato sul proprio sito internet (http://www.albogestoririfiuti.it) l’elenco degli iscritti. 10 Le imprese iscritte alla quinta categoria hanno la possibilità di trasportare anche rifiuti speciali non pericolosi, in questo caso è necessario verificare che i codici identificativi dei rifiuti non pericolosi che si intende affidare al trasportatore siano presenti nell’iscrizione all’Albo del mezzo che trasporterà i rifiuti. 24 25 IL MODELLO UNICO DI DICHIARAZIONE AMBIENTALE Il “Modello Unico di Dichiarazione ambientale”, cosiddetto MUD, è stato istituito con la legge 25 gennaio 1994, n. 70, recante «Norme per la semplificazione degli adempimenti in materia ambientale, sanitaria e di sicurezza, nonché per l’attuazione del sistema di ecogestione e di audit ambientale». La citata legge n. 70/1994 prevede che l’adempimento di tutti gli obblighi di comunicazione periodica di dati – previsti dalle più varie leggi ambientali e di sicurezza – venga, per quanto possibile, progressivamente accorpato in un’unica dichiarazione ambientale da presentarsi annualmente, entro il 30 aprile, alla Camera di Commercio competente per territorio. A tal fine la legge rinvia a specifici decreti attuativi la definizione della modulistica o, comunque, delle regole di fornitura dei dati (per l’appunto, il “modello unico”) richiesti da altre disposizioni di legge. 26 Il MUD, in altri termini, è un sistema unitario – in uso dal ’96 e negli anni successivi ripetutamente modificato e integrato – per l’adempimento dei principali obblighi di dichiarazione o comunicazione periodici previsti dalla legislazione in materia ambientale e di sicurezza a carico di soggetti pubblici e privati. L’avvio della fase di piena operatività del sistema per il controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) avrebbe dovuto portare al definitivo superamento dell’obbligo di trasmettere al sistema delle Camere di Commercio i dati riguardanti la produzione, al trasporto, all’intermediazione, al recupero e allo smaltimento dei rifiuti. Infatti, con: • la rilevazione telematica puntuale dei dati riferiti alla produzione di tutti i rifiuti pericolosi e di alcune tipologie di rifiuti non pericolosi (derivanti da lavorazioni industriali, lavorazioni artigianali, trattamenti effettuati sulle acque, abbattimento delle emissioni gassose e trattamento di rifiuti), attuata mediante i movimenti di carico annotati sul “registro cronologico” SISTRI, • l’acquisizione dei dati riguardanti ogni carico di rifiuti avviato al recupero o allo smaltimento (movimenti di scarico del registro cronologico del produttore e “schede area movimentazione” SISTRI) e • il riscontro automatico delle informazioni trasmesse da produttori e trasportatori con quelle acquisite automaticamente dai gestori degli impianti (movimenti di carico del registro cronologico degli impianti vs annotazioni di scarico dei produttori e/o dei trasportatori), si sarebbe potuta evitare, almeno per la maggior parte dei soggetti obbligati, la comunicazione annuale riepilogativa necessaria ad acquisire le informazioni indispensabili per elaborare le statistiche nazionali previste dal regolamento europeo sulle statistiche riguardanti i rifiuti (Regolamento (CE) n. 2150/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2002). La lunga serie di rinvii della fase di piena operatività del SISTRI non ha però consentito il passaggio all’acquisizione automatica dei dati. Con D.P.C.M. 12 dicembre 2013, pubblicato sul Supplemento ordinario n. 89 alla Gazzetta Ufficiale del 27/12/2013, è stato definito il nuovo Modello Unico di Dichiarazione ambientale 2014, da impiegare per trasmettere, entro il 30 aprile 2014, i dati riferiti al 2013. 27 Il MUD 2014 riguarda le: - comunicazioni (ordinarie e semplificate) delle imprese e degli enti produttori iniziali di rifiuti speciali pericolosi; - comunicazioni (ordinarie e semplificate) delle imprese e degli enti produttori iniziali di rifiuti speciali non pericolosi di cui all’art. 184, comma 3, lettere: c) rifiuti da lavorazioni industriali, d) rifiuti da lavorazioni artigianali; g) rifiuti derivanti da trattamenti effettuati sulle acque, dalla depurazione delle acque reflue e dall’abbattimento delle emissioni gassose in atmosfera. dal decreto ministeriale 24 aprile 2014. Tutte le imprese che svolgono attività autorizzate di gestione dei rifiuti speciali pericolosi (trasporto, trattamento, commercio e intermediazione senza detenzione) devono necessariamente operare utilizzando il sistema per il controllo della tracciabilità dei rifiuti anche quando ricevono rifiuti da imprese o enti esclusi dall’obbligo di iscrizione al SISTRI, per questo motivo i trasportatori devono acquisire dai produttori una serie di informazioni indispensabili a garantire la corretta compilazione della “scheda movimentazione”. Fino al 31 dicembre 2014 gli errori e le omissioni nell’uso del SISTRI non potranno dare luogo a sanzioni. SISTRI - SISTEMA PER IL CONTROLLO DELLA TRACCIABILITÀ DEI RIFIUTI Dal 3 marzo le imprese e gli enti che producono rifiuti speciali pericolosi sono tenuti a usare anche il SISTRI per documentare la produzione, il deposito temporaneo e l’avvio al recupero o allo smaltimento dei propri scarti. Fino al 31 dicembre 2014 il nuovo sistema telematico, infatti, si affiancherà alla tradizionale tenuta dei registri di carico e scarico e all’emissione dei formulari, mentre dal 1° gennaio 2015 il SISTRI diventerà, per i soggetti obbligati a utilizzarlo, l’unica modalità per documentare la corretta gestione dei rifiuti speciali pericolosi. L’impiego del sistema per il controllo della tracciabilità dei rifiuti è obbligatorio per i “produttori iniziali” di rifiuti speciali pericolosi (quindi per le imprese e gli enti che esercitano attività diverse dalla gestione dei rifiuti) con un numero di dipendenti superiore a dieci. Il limite dimensionale, riferito al numero complessivo dei dipendenti dell’impresa o dell’ente e non alla singola unità locale, è stato introdotto 28 Se l’impresa aveva già provveduto a iscrivere al SISTRI tutte le unità locali nel 2010 o nel 2011, oggi è necessario verificare innanzitutto che non siano intervenute modificazioni che comportino la necessità di aggiungere unità locali o di eliminare quelle non più esistenti o nelle quali non si producono più rifiuti pericolosi e, in secondo luogo, controllare che i dati aziendali (legale rappresentanti, delegati SISTRI, persone da contattare, ecc.) siano aggiornati. 29 Molto probabilmente dovranno essere aggiornati i software contenuti nei dispositivi USB indispensabili per l’accesso al sistema e sarà necessario di essere in possesso di tutte le credenziali necessarie (identificativi degli utenti - User ID, password, PIN). Movimento di carico per registrazione giacenza Entro dieci giorni lavorativi dalla produzione del rifiuto è necessario inserire e firmare digitalmente un movimento di carico nel registro cronologico (l’area del software corrispondente al tradizionale registro di carico e scarico dei rifiuti prodotti). Le aree “registro cronologico” e “movimentazione” del SISTRI All’atto del primo accesso al sistema, o comunque prima di avviare al recupero o allo smaltimento ogni tipologia di rifiuto, è necessario provvedere ad effettuare un movimento di carico dei ogni rifiuto in giacenza utilizzando l’area “registro cronologico” e selezionando la causale “registrazione giacenza per avvio dell’utilizzo del SISTRI”. 30 Prima di poter avviare al recupero o allo smaltimento ognuno dei rifiuti prodotti e posti in deposito temporaneo nei magazzini aziendali dovrà essere predisposta la “scheda movimentazione” (l’equivalente del formulario di trasporto del rifiuto), immettendo i dati nell’area “movimentazione” del sistema, dopo aver selezionato l’opzione “compila nuova scheda”, i dati relativi alla quantità del rifiuto che si intende avviare al recupero o allo smaltimento, al trasportatore, all’impianto di trattamento e, eventualmente, all’intermediario o al consorzio istituito per garantire il recupero di particolari tipologie di rifiuto. 31 sottoporrà al produttore o al detentore del rifiuto due copie della “scheda movimentazione” stampate su carta, si provvederà a scrivere sulle schede la data e l’ora di inizio del trasporto e il produttore tratterrà una copia del documento. Compilazione scheda movimentazione La scheda dovrà essere completata e sottoscritta digitalmente dal produttore del rifiuto almeno due ore prima del trasporto (a partire dal secondo anno dalla piena operatività del SISTRI il termine sarà elevato a quattro ore). All’atto dell’accettazione del rifiuto nell’impianto di trattamento il produttore o detentore del rifiuto riceverà un messaggio di posta elettronica certificato nella webmail interna al SISTRI. Questo messaggio è della massima importanza perché svolge la medesima funzione della quarta copia del formulario del rifiuto: dimostra che il rifiuto è stato correttamente conferito all’impianto di trattamento in precedenza individuato e attesta il peso del rifiuto avviato al recupero o allo smaltimento. Entro dieci giorni lavorativi dall’inizio del trasporto è necessario, infine, collegare la “scheda movimentazione” al registro cronologico, scegliendo l’opzione collega schede al registro nell’area movimentazione del sistema. Il collegamento della scheda al registro imposta il movimento di scarico, che deve essere completato indicando a quali movimenti di carico del registro cronologico si riferisce lo scarico che è stato realizzato. La “sezione produttore” della scheda movimentazione potrà non essere compilata solo nel caso in cui il trasportatore scelga di utilizzare la procedura per la “microraccolta” (il trasporto di rifiuti prelevati da più di un produttore con il medesimo veicolo). In questo caso sarà il trasportatore a immettere nel sistema i dati che il produttore gli avrà preventivamente comunicato. Il trasportatore può scegliere, in accordo con il produttore, di utilizzare una delle due procedure di avvio della fase di trasporto: • la procedura con utilizzo contestuale del dispositivo USB del veicolo; • la procedura senza l’ utilizzo contestuale della dispositivo USB del veicolo. Nel primo caso il produttore dovrà mettere a disposizione dell’autista un computer collegato a internet in cui l’autista inserirà il dispositivo USB del veicolo per dare certezza alla data e allora di inizio del trasporto e subito dopo si provvederà a stampare su carta due copie della scheda movimentazione, mentre nel secondo caso l’autista del mezzo di trasporto 32 33 Appendice 1 DISMISSIONE DI BENI AZIENDALI Avviare correttamente al recupero o allo smaltimento i cespiti aziendali o i prodotti obsoleti presenti in magazzino è estremamente importante oltre che dal punto di vista ambientale anche da quello fiscale. Infatti, per effetto della cosiddetta “presunzione di cessione”, disciplinata dal D.P.R. 10 novembre 1997 n. 441 (Regolamento recante norme per il riordino delle presunzioni di cessione e di acquisto - art. 1, comma 1), si presumono ceduti in evasione di imposta i beni acquistati, importati o prodotti dall’impresa che non si trovano più nei locali in cui l’azienda esercita la sua attività, né in quelli dei suoi rappresentanti. Con riferimento al luogo in cui l’impresa svolge le proprie operazioni, il decreto citato (art. 1, comma 3), indica espressamente le “sedi secondarie, filiali, succursali, dipendenze, stabilimenti, negozi, depositi, mezzi di trasporto nella disponibilità dell’impresa.” Il medesimo articolo della disposizione richiamata (comma 2 lett. a), stabilisce che: “la presunzione […] non opera se è dimostrato che i beni stessi: sono stati impiegati per la produzione, distrutti o perduti.” Per questo insieme di motivi è indispensabile sapere come agire per “vincere” la presunzione di cessione e provare, quindi, che i beni sono stati regolarmente avviati a distruzione e non sono stati, invece, venduti evadendo le imposte dovute. La dismissione dei beni aziendali mediante distruzione, che si tratti di beni strumentali all’attività esercitata oppure di merci obsolete, può essere realizzata con due differenti modalità: •delegandola a operatori autorizzati, oppure •procedendo autonomamente in presenza di funzionari dell’Agenzia delle Entrate o della Guardia di finanza. Le due diverse procedure sono illustrate dettagliatamente nella circolare del Ministero delle Finanze 23.07.1998 n. 193/E. 34 In particolare, nel caso in cui l’impresa si rivolga a operatori specializzati nello smaltimento o nel recupero di rifiuti, è necessario, allo scopo di superare un’eventuale “presunzione di cessione” e conseguentemente le contestazioni relative al mancato assolvimento dell’imposta, essere in grado di esibire il formulario di identificazione dei rifiuti (FIR) previsto dall’art. 193 del decreto legislativo n.152/2006. Il FIR deve essere obbligatoriamente vidimato dall’Agenzia delle Entrate o dalle Camere di Commercio prima di essere utilizzato, e deve recare, tra l’altro: −la ragione sociale del produttore del rifiuto; −l’indirizzo del luogo a partire dal quale dal quale il rifiuto sarà avviato al recupero o allo smaltimento; −le caratteristiche del rifiuto, ossia la sua descrizione e lo stato fisico; −la ragione sociale, i dati identificativi e il numero di iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali del trasportatore; −la ragione sociale, i dati identificativi del gestore dell’impianto, l’indirizzo dell’impianto e il numero di autorizzazione del medesimo. È opportuno utilizzare lo spazio riservato alle annotazioni del formulario identificativo del rifiuto per: −identificare con precisione, allo scopo di evitare qualsiasi possibile contestazione, i beni aziendali che vengono avviati al recupero o allo smaltimento; −richiamare la norma di riferimento, specificando che con quel formulario si realizza la “distruzione di beni aziendali ai sensi dell’art. 2, comma 4, del DPR 10/11/1997 n. 441”. Il rispetto della procedura indicata comporta il superamento della presunzione di cessione sia ai fini I.V.A. sia delle imposte sui redditi. Quanto fin qui riferito alle imprese è applicabile anche alla distruzione dei beni di liberi professionisti. In alternativa allo smaltimento tramite operatori specializzati, la dismissione dei beni strumentali dell’impresa potrebbe essere effettuata mediante assegnazione ai soci o cessione a titolo gratuito verso soggetti terzi privati o operatori I.V.A. In questo caso la cessione gratuita o l’assegnazione deve essere fatturata e assoggettata ad IVA, in quanto all’atto dell’acquisto l’imposta è stata 35 detratta. L’art. 13 del D.P.R. n. 633/1972, al comma 2, prevede che in questi casi la base imponibile sia costituita dal costo di acquisto o, in mancanza di questo costo, dal prezzo di acquisto dei beni o di beni simili determinati nel momento in cui si effettuano tali operazioni. Vi è quindi una notevole incertezza in merito al valore da attribuire a tali beni oggetto della cessione gratuita o dell’assegnazione (tale valore, in base al dettato letterale della norma, dovrebbe essere costituito dal prezzo d’acquisto dei beni), con il rischio di incorrere in attività di accertamento della base imponibile da parte dell’Amministrazione finanziaria nel caso si esponesse un valore minore. Pertanto, è consigliabile che la dismissione dei beni aziendali avvenga utilizzando operatori autorizzati a effettuare il recupero o lo smaltimento dei rifiuti. 36 37 http://faispazio.ecolight.it www.ecolight.it www.facebook.com/ faispazioecolight
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