Newsletter d’informazione della Associazione nazionale per la lotta contro l’Aids Anlaids ByMail n. 59 - febbraio 2014 per ricevere la newsletter, inviare una mail a: [email protected] È vero che di Aids non si parla più? D Hiv e media – L’Osservatorio della Comunicazione Sanitaria analizza i dati i Aids non si parla più? Siamo abi- nelle sezioni di cronaca e non in quelle tuati a considerarla una riflessione di scienza. Anche per questo, forse, ovvia, pacifica: rispetto agli anni meno della metà degli articoli pubin cui il virus “faceva notizia” e occupava blicati sul Corriere riportava la tutte le prime pagine dei giornali, oggi fonte della notizia riferita. Persembra ci sia un silenzio assordante. Ma è centuale leggermente più alta per davvero così? O forse è semplicemente gli altri quotidiani (65,7% per Recambiato il modo di raccontare l’Hiv, visto pubblica, 84,6% per la Stampa). che anche il decorso dell’infezione si è Naturalmente sarebbe interessante modificato in maniera tanto sensibile? comprendere come questo trend si Per dare una risposta basata sulle evidenze, sia evoluto negli anni 2000: la stampa è serve uno riuscita a rifestudio siste- Andamento dei nuovi casi di Aids e del numero di articoli dal 1982 al 2000 rire correttamatico di mente di tutti come e quangli ulteriori to il mondo passi in avanti dei media abcompiuti dalla bia trattato il scienza? Ha tema delcontinuato ad l’Aids nel coravere un ruoso degli anni. lo nella divulÈ esattamengazione delte quello che ha fatto l’Osservatorio della l’informazione e nella prevenzione? DoComunicazione Sanitaria (www.ocs.unipi.it) mande a cui sarebbe importante trovare dell’Università di Pisa coordinato da An- risposta: «Il nostro osservatorio continua nalaura Carducci, professore associato di ad aggiornare il database di articoli pubIgiene presso il Dipartimento di Biologia. blicati, monitorando le tre maggiori testate In un articolo pubblicato nel 2002, (Carducci italiane – riferisce Annalaura Carducci – A; Mazzoni F; Casini B; Verani M; Rovini E; Ma purtroppo mancano le risorse per comLa comunicazione sanitaria attraverso i piere ulteriori analisi: non si tratta solo di mass media: il modello AIDS; Difesa Sociale, trovare fondi, ma anche personale da devol. 81, 2002) i membri dell’Osservatorio dicare a questo compito. Per questo motivo, illustrano i dati ricavati dall’analisi di 13.489 è così importante trovare anche nuove articoli pubblicati tra il 1982 al 2000 sui forme di collaborazione con il mondo delle tre maggiori quotidiani italiani (Corriere associazioni: se venisse da parte di Anlaids della Sera, Repubblica e Stampa). Ne emerge o di altre realtà una richiesta per avere che l’interesse per questa tematica è cre- nuove analisi, noi saremmo ben felici di sciuto nei primi cinque anni per mantenersi collaborare». alto per quasi un decennio dal Frequenza mensile del numero di articoli sull’Aids 1987 al 1995 e diminuire poi negli ultimi anni del secolo scorso. L’analisi riferisce anche delle inesattezze riportate dai giornalisti: almeno 2-3 articoli su 100 confondevano sieropositività e Aids o contenevano al6. Caso Louganis; casi di contagio in ospetre imprecisioni relative alla 1. Malattia di Rock Hudson Omicida malato di Aids; psicosi da Aids; dale; morte di detenuti e polemiche per patologia. D’altra parte la stra- 2.nascita Commissione anti-Aids carcere ai malati di Aids 3. Conferenza mondiale a Firenze 7. Caso della prostituta di Ravenna grande maggioranza degli ar- 4. 2° ritiro di Magic 8. Condanna del marito che contagiò la moglie 9. Convegno Anlaids ticoli sul tema era pubblicata 5. Scandalo sangue infetto Hiv e media, tra errori ed eroi Editoriale di Mauro Moroni Era inevitabile che un evento di dimensioni planetarie con la pandemia da Hiv muovesse il mondo dei “media”. I meno giovani ricordano ancora le prime pagine dei giornali più prestigiose che il 1^ dicembre, giornata mondiale per la lotta all’Aids, aprivano con le statistiche sull’epidemia. Mistero, impreparazione, sesso, droga e morte erano le componenti che colpivano l’immaginario delle società industrializzate, colte e mature, minando le presunte sicurezze e scoprendone le fragilità. Sarebbe stato facile, per i gestori della comunicazione, enfatizzare le paure e identificare presunti colpevoli, diffondere ipotesi fantasiose sulle cause della malattia o sull’origine del virus. Ciò, di fatto, è accaduto e non poteva essere altrimenti perché la tentazione di giocare sulle emozioni della gente è stata troppo forte. Ma è accaduto in termini quantitativamente limitati, qualitativamente scadenti e per arco di tempo breve. Ricordiamo tutti le ipotesi “non virali” dell’Aids, purtroppo ancora oggi visibili sulla rete web o la presunta voluta diffusione di Hiv da parte di scienziati continua a pag. 2 pag. 2 Editoriale di Mauro Moroni segue da pag. 1 “creatori” del virus in laboratori. Così come il “mantra” delle “categorie a rischio”, invenzione tanto popolare quanto falsa e pericolosa ma efficacissima nell’identificare le persone da cui proteggersi e, nel contempo, acquisire una personale sicurezza e inviolabilità. I professionisti della comunicazione hanno invece rappresentato in larghissima misura alleati preziosi per medici, ricercatori, associazioni di persone che avevano contratto l’infezione, la società civile nella sua globalità. Hanno contribuito a diffondere la conoscenza sul rischio e come evitare il contagio anche senza il vaccino e senza rinunciare ad una serena vita affettiva e sessuale. Sono stati determinanti nell’obbligare le Istituzioni a prendere atto di quanto stava accadendo, a programmare investimenti e, in Italia a promulgare una legge speciale. Hanno posto le nazioni ricche di fronte al dovere di intervenire nei Paesi a risorse limitate, dove l’Aids minava ogni possibilità di sviluppo, decimando le giovani generazioni. Sono stati importanti gli editoriali, le interviste, i servizi, le presenze televisive offerte a chi in prima linea si trovava coinvolto nelle lotta all’Aids nel divulgare le corrette conoscenze e descrivere l’epidemia nei corretti contesti scientifici. Alcune figure del giornalismo le ricordiamo con particolare stima, gratitudine e affetto. Sono le figure che all’appello hanno sempre risposto con professionalità e passione. Il dott. Francesco Marabotto è stato uno di queste. Anlaids ByMail n. 59 - febbraio 2014 Facebook contro l’Aids N Hiv e media – L’uso dei social network per raggiungere le popolazioni chiave on c’è dubbio che l’era digitale, con internet e i social media, abbia reso più accessibili le informazioni in ogni campo, non escluso quello sanitario e nello specifico quello sull’Hiv e Aids. Ma se questo ha reso più facile reperire informazioni, è tuttavia sempre più difficile distinguere il vero dal falso, il certo dall’incerto, il pressappoco dal dato scientifico. Ciò nonostante parlare di Aids sui social media è determinante per una serie considerevole di ragioni. Dal punto di vista culturale, internet è diventato un mezzo per fronteggiare lo stigma delle persone che vivono con Hiv: sempre più numerosi sono i gruppi, segreti o in chiaro, su Facebook dove è possibile dialogare tra persone sieropositive e dare vita a scambi di socialità tutt’altro che irrilevanti. C’è poi un grosso contributo in tal senso offerto dalle chat, sia quelle gestite dalle associazioni di lotta all’Aids, che contano un numero nutrito di affezionati, sia quelle per incontri per conoscenza o per finalità sessuali dove finalmente si comincia ad incontrare qualcuno che dichiara apertamente il proprio stato sierologico, segno che i tempi un pochino stanno cambiando almeno in ambiti molto protetti. Del resto già da qualche anno, più precisamente alla conferenza mondiale sull’Aids del 2012, si era fatta spazio una dichiarazione ufficiale sui “new media” che spingeva tutti gli attori nella prevenzione Hiv-Aids a servirsi delle nuove tecnologie e dei social network per diffondere i propri programmi in materia di politiche di prevenzione e accesso al test. Soprattutto negli Stati Uniti molte sono le esperienze in questo senso: a Philadelphia l’iniziativa “Do one thing” in occasione della campagna di promozione del test ha invitato gli utenti a scambiarsi su Facebook le immagini del loro test e ha anche lanciato una ricerca di volontari proprio con l’ausilio del più popolare social network. L’Hiv/Aids resource center del Michigan ha addirittura vinto un “Contest Facebook” lanciato da una banca locale che chiedeva alle associazioni del territorio di esprimere un bisogno per la propria attività e che la banca avrebbe finanziato in base ai followers raggiunti. Ebbene, sono riusciti a farsi finanziare dall’istituto di credito un camper con cui portare il test in giro per le strade, soprattutto per raggiungere gli under 25. Col motto “incontrare i giovani dove stanno”, il Baylor College of Medicine Teen Health Clinic, un’organizzazione americana che si occupa nello specifico della salute giovanile, ha pensato di iscrivere alcuni suoi specialisti nei siti gay per gli appuntamenti e gli incontri con uno specifico scopo di poter essere contattati direttamente on line per qualsiasi richiesta ed ha ottenuto un importante seguito. Sarà per l’aspetto friendly, sarà perché gli specialisti si iscrivono con un proprio profilo chiaro e definito, che diventa molto facile per un giovane a caccia di informazioni accostarsi alla consulenza sanitaria. Anche in Italia, su Facebook, Twitter ed altri social, non mancano le pagine di associazioni come Anlaids, Lila, Plus e tante altre. Forse da noi manca ancora un uso più interattivo e l’utilizzo prevalente è quasi esclusivamente quello informativo. Ma già l’esperienza del forum e degli house organ di Anlaids diffusi sulle pagine virtuali ha certamente incrementato l’interesse per l’argomento e la reperibilità delle informazioni. È comunque una dinamica da implementare e che può riservare, se opportunamente usata, nuovi meccanismi di approfondimento per la lotta all’Aids. Anlaids ByMail n. 59 - febbraio 2014 Un esempio di giornalismo con l’anima Q Hiv e media – Scomparso Francesco Marabotto, direttore Ansa Salute uesto numero di Anlaids ByMail è idealmente dedicato a Francesco Marabotto, protagonista per oltre 20 anni dell’informazione scientifica e, in particolare, della divulgazione sull’Hiv/Aids in Italia. Direttore di Ansa Salute, Francesco ci ha lasciati lo scorso 26 gennaio. Aveva iniziato la sua carriera da giornalista professionista esattamente negli anni in cui scoppiava l’Aids. È quindi naturale che a questa tematica abbia dedicato un’attenzione particolare: ha seguito con passione e curiosità tutti gli appuntamenti importanti negli anni in cui l’epidemia occupava le prime pagine dei giornali, ma anche più recentemente, quando l’attenzione dei media è drasticamente scemata, era in prima fila in iniziative come il Premio Riccardo Tomassetti, promosso da Anlaids con le altre associazioni di lotta all’Aids per premiare i giovani giornalisti scientifici, di cui ha presieduto la giuria. Già nel 1985 occupa un importante ruolo nella redazione del neonato Giornale del Medico, edito dalla francese Masson, e del Giornale del Farmacista, all’epoca edito da Masson per conto della Federazione degli Ordini dei Farmacisti. Michele Musso, oggi direttore di Healthdesk.it, allora lavorava nella stessa stanza di Marabotto e ricorda: «Fu proprio grazie a Francesco che ebbi l’opportunità di partecipare al mio primo congresso mondiale dell’Aids, a San Francisco nel 1990: la Conferenza si sarebbe svolta proprio mentre lui, se non erro, si preparava a sostenere gli esami da giornalista professionista e perciò dovette rinunciare a parteciparvi; così fui scelto io per andare al suo posto». Fu quello forse uno dei pochissimi appuntamenti internazionali sull’Hiv a cui Marabotto ha mancato: non c’era infatti conferenza o convegno di una certa importanza nella storia di questa infezione di cui non abbia riferito con attenzione e acume. A partire dalla “rivoluzione” della terapia di combinazione che ha cambiato il corso dell’infezione. Come riferisce Andrea Tomasini, giornalista scientifico: «Eravamo insieme al CROI del 1996, quando furono presentati i dati sulla terapia di combinazione e ricordo che Francesco comprese subito che era in atto un cambiamento epocale. Cominciò a scrivere diverse corrispondenze per l’ANSA; ma in quegli stessi giorni ci fu l’incendio al Teatro la Fenice di Venezia che tolse parecchio spazio a tutto il resto. Io e Francesco non ci capacitavamo di come una notizia così importante come la terapia antiretrovirale di combinazione potesse essere trascurata: era evidente che per i caporedattori era pag. 3 molto più facile gestire una cattiva notizia che una buona». È il paradigma della relazione tra Hiv e media: il virus l’ha fatta da padrone sulle prime pagine dei giornali fino a quando ha potuto essere rappresentato come un killer inarrestabile, ma nel momento in cui l’informazione si è fatta più complessa grazie all’arrivo dei nuovi farmaci, l’appeal del mondo della comunicazione si è interrotto. Ma i professionisti come Marabotto non hanno seguito queste tendenze: già nel 2007, quando è stata lanciata la prima edizione, è stato il riferimento della giuria del Premio giornalistico Riccardo Tomassetti, dedicato ai giovani giornalisti che si occupano di Hiv/Aids e poi, dalla terza edizione, allargato all’informazione medicoscientifica in generale. Per i giovani partecipanti a quel premio, Marabotto era un esempio non solo nell’approccio professionale ma anche nella passione che metteva nel lavoro. Ha sempre mantenuto la curiosità e l’interesse puro, senza mai scadere nel facile cinismo che colpisce molti suoi colleghi. E un atteggiamento come questo in una persona che ha vissuto “sul campo” tutti i più grandi avvenimenti della storia della medicina degli ultimi 40 anni è impagabile. Un’altra caratteristica fondamentale nel lavoro di Francesco Marabotto era l’attenzione alle conseguenze di quello che scriveva: era chiaro per lui che la scienza non serve a niente se non è resa accessibile a chi ne ha bisogno e in questo ancora un volta l’Aids è stato un paradigma assoluto. La sua attenzione ai maggiori congressi internazionali non si limitava alle novità che arrivavano dai report degli scienziati, ma ascoltava con passione anche le rivendicazioni degli attivisti, con un particolare interesse verso il contributo che poteva venire dai più giovani. Così è riuscito a mettere insieme la responsabilità sociale alla curiosità scientifica. Ai suoi funerali, affollati di amici, la moglie Daniela De Robert, collega del Tg2 e come lui volontaria nelle carceri, ha spiegato perché tra le mani di Francesco fosse stata messa una croce costruita con il legno dei barconi di Lampedusa: «Lui credeva che nulla dovesse essere sprecato, nessuna cosa, anche la più brutta, doveva diventare un’occasione per migliorare, andare avanti. La vita gli offerto tante occasioni, le ha colte tutte, non ne ha sprecata neanche una». Il suo approccio, la sua passione, la sua dedizione e la sua professionalità mancheranno al mondo giornalistico italiano. La sua persona mancherà a tutti coloro che hanno avuto il privilegio di incontrarlo. pag. 4 Anlaids ByMail n. 59 - febbraio 2014 L’impatto dell’infiammazione nella patogenesi L Aging – Intervista ad Antonella D’Arminio Monforte, Università di Milano, AO San Paolo e malattie che insorgono in una persona con infezione virale sono dovute direttamente all’azione del virus o ai processi infiammatori? Questa domanda è sintetizzata nel titolo del secondo Workshop internazionale Inflammation and chronic hepatitis/HIV infections: who is the driver? che si è tenuto a Milano il 30 e 31 gennaio. Sotto la direzione scientifica di Antonella D’Arminio Monforte dell’Università di Milano, AO San Paolo, Carlo Federico Perno dell’Università Tor Vergata di Roma e Massimo Puoti del Niguarda Ca’ Granda di Milano, si sono riuniti circa 300 professionisti di varia estrazione (infettivologi, virologi, gastroenterologi, epatologi, biologi, microbiologi). Le due giornate di lavoro sono state strutturate con l’obiettivo di favorire non solo un ampio confronto con i maggiori esperti del settore in un contesto di interdisciplinarietà, ma anche per dare a giovani ricercatori la possibilità di presentare propri lavori originali e di discuterli con le massime autorità scientifiche nei diversi ambiti di intervento. «Si tratta del secondo evento di questo tipo che organizziamo, dopo il Workshop sull’eradicazione dell’anno scorso – spiega Antonella D’Arminio Monforte – L’idea è di avere qualcosa a metà tra la patogenesi e la clinica, che quindi coinvolga sia coloro che si occupano di ricerca di base e ricerca applicata che i clinici. In questa edizione abbiamo deciso di indagare il ruolo della infiammazione nel mantenere lo stato di malattia in corso di infezioni virali croniche, nella fattispecie nelle epatiti virali e in HIV, affrontando il tema dal punto di vista sia dei clinici che degli immunologi». È facile comprendere che una replicazione di HIV attiva possa provocare infiammazione, ma questo fenomeno riguarda anche chi ha viremia undetectable, vero? Sì è vero. Come abbiamo compreso bene studiando le strategie per l’eradicazione, il fatto di avere una viremia soppressa nel sangue non implica che il virus non c’è più. Tutti i farmaci che noi abbiamo a disposizione attualmente riescono a bloccare la replicazione virale ma non eliminano il virus. Quindi una certa quota di copie in alcune cellule ma anche nel plasma c’è sempre e questo contribuisce al mantenimento di uno stato di attivazione del sistema immunitario che, a sua volta, produce una infiammazione cronica. È un fenomeno che riguarda tutte le persone con HIV indistintamente o ci sono delle caratteristiche per cui questi processi infiammatori sono più evidenti in alcuni soggetti? Non è facile rispondere a questa domanda. Ovviamente non è un fenomeno che riguarda indistintamente tutti, ma bisogna tenere presente che lo stato di infiammazione può essere provocato da moltissimi fattori: non c’è solo il virus, ci sono le caratteristiche dell’ospite, le comorbidità, gli stili di vita. Se ci limitiamo ad analizzare i fattori legati al virus, tanto più c’è uno stato di persistenza della viremia in circolo o in specifici organi o popolazioni cellulari, tanto più intenso sarà lo stato infiammatorio. Ma, ripeto, tutte le altre variabili devono anch’esse essere tenute in conto. Ed è possibile misurare i livelli di infiammazione? Che marker di laboratorio sono stati validati? Nell’infezione da HIV, siamo arrivati ad avere un monitoraggio molto raffinato dal punto di vista virologico ma disponiamo di pochissimi parametri per valutare lo stato immunologico. Ci limitiamo alle conte dei linfociti T CD4+ e al rapporto CD4/CD8. Ma parametri che indichino lo stato di attivazione del sistema immunitario validati e entrati nell’uso clinico di fatto allo stato attuale non ce ne sono. Ci sono delle sottopopolazioni linfocitarie, in particolare i CD8/CD38, la cui quantificazione può essere eseguita abbastanza facilmente attraverso la citofluorimetria che viene impiegata abitualmente per la determinazione delle conte dei linfociti CD4+ dei pazienti HIV positivi e che, stando ad alcune ricerche, possono dare indicazioni interessanti. E ci sono anche i cosiddetti marker solubili, come le citochine proinfiammatorie. Tuttavia, si tratta di parametri molto meno specifici rispetto a quelli virologici, sono cioè maggiormente legati alle caratteristiche dell’ospite e si modificano in conseguenza di molti altri fattori indipendenti dall’infezione virale. Va anche detto che nessuno di questi parametri è ancora entrato stabilmente nella pratica clinica. Perché? Non si considera utile monitorare il livello di infiammazione cronica? In parte, la mancata introduzione del monitoraggio dei marker infiammatori nella pratica clinica è dovuto al fatto che non ci sono ancora dati robusti che ci permettano di capire come questi dati possano predire – e quindi prevenire – eventi clinici. In altre parole, come intervengo una volta che so che c’è uno stato più ele- Anlaids ByMail n. 59 - febbraio 2014 pag. 5 vato di attivazione? Mentre se ho una carica di HIV Lo stato di infiammazione cronica determina un esaurielevata so che cambiando terapia ho buone probabilità mento delle nostre difese immunitarie e di conseguenza di riuscire ad abbatterla, l’impatto del trattamento anti- provoca un invecchiamento precoce. Sostanzialmente retrovirale sulla componente immunologica segue valu- quello che si evidenzia nelle persone con infezione tazioni più complesse. La terapia ARV ha come obiettivo cronica da HIV è che hanno, rispetto a un gruppo di poil virus e l’abbattimento della replicazione virale: è chiaro polazione sieronegativa di pari età, una più frequente che questo determina una diminuzione della quantità insorgenza di patologie legate all’invecchiamento, dovute di virus che infetta le cellule linfocitarie con la conseguenza proprio al continuo stato infiammatorio in cui si trovano. di provocare un aumento Ovviamente questo non è delle conte dei CD4+ e di l’unico fattore che contriristorare il sistema immubuisce a un invecchiamento nitario. Ma poi c’è, ad precoce: sarebbe sbagliato esempio, il problema delle pensare alle categorie dei persone che rispondono soggetti HIV positivi e di bene alla terapia da un quelli HIV negativi in senso punto di vista virologico astratto, ogni persona ha ma non ottengono un adele sue abitudini, il suo stile guato ripristino della ridi vita, il fumo di sigaretta, sposta immunitaria (i coil consumo di alcol e tutti siddetti immunological non gli altri fattori che contriresponders). Esiste quindi buiscono a determinare il il caso di soggetti che han- Immagine tratta da Early Immune Senescence in HIV Disease, Seema Desai, Alan benessere o meno del prono uno stato di attivazione Landay; Current HIV/AIDS Reports, February 2010, Volume 7, Issue 1, pp 4-10 prio sistema immune. più persistente, che non si riesce a modificare con la terapia antiretrovirale. A livello d’organo, quali sono le conseguenze? Quindi oltre al problema di individuare un marcatore La salute dell’apparato cardiovascolare e il meccanismo utile, c’è da porsi anche quello di come impiegarlo nella delle dislipidemie sono sicuramente strettamente connessi pratica clinica. con i fenomeni infiammatori. L’arteriosclerosi è una malattia infiammatoria delle arteriole; a fronte di un Quindi non ci sono terapie efficaci per intervenire accumulo di lipidi nel sangue, non a tutte le persone nel caso di elevati livelli infiammatori? viene un ispessimento delle pareti delle arteriole e nelle Nella clinica no. A livello sperimentale si sta provando persone HIV positive questo accade più spesso. Anche qualcosa: banalmente anche i farmaci immunosoppressori la maggior frequenza di tumori solidi e, in generale, dei possono aiutare a ridurre l’infiammazione. Però un tumori non-AIDS correlati sembra dovuta a uno stato conto è quello che si evidenzia in vitro, un conto è la immune esausto: ciascuno di noi produce una quantità pratica clinica, dove allo stato attuale non esistono notevole di cellule tumorali che normalmente il sistema farmaci che possono ridurre lo stato infiammatorio. immunitario riesce a distruggere, ma questo meccanismo non funziona adeguatamente se c’è uno stato di attivaCosa può fare, perciò, una persona con uno stato zione cronica. elevato di infiammazione per ridurre questa condizione? Parlando di infiammazione cronica, viene da chieCi sono molti fattori su cui intervenire: ad esempio, può dersi quanto questa incida sulle aspettative di vita essere utile una valutazione della terapia antiretrovirale delle persone con HIV: ci sono dati nuovi in questo nell’ottica del miglioramento immunologico. Ma sopratcampo? tutto bisogna capire quali altri fattori stiano eventualmente Abbiamo pubblicato recentemente, con Giovanni Guaraldi contribuendo a questo stato di infiammazione: se non e altri colleghi di Modena e del San Raffaele, un articolo posso cambiare l’età, posso modificare le abitudini che mostra come l’attesa di vita delle persone con HIV relative al fumo, al consumo di alcol, all’alimentazione, nel Nord Italia si avvicini sempre più a quella della poall’attività fisica. E, cosa particolarmente importante, polazione generale. Personalmente credo che questo posso concentrarmi sulla cura di eventuali altre coinfezioni, sia correlato con un inizio precoce della terapia antiread esempio quelle da virus epatitici: spesso una risposta trovirale, di cui io sono una sostenitrice: un intervento immunitaria imperfetta viene a correggersi una volta immediato, quando il sistema immunitario funziona reeradicata l’infezione da HCV. lativamente bene, che porti all’abbattimento della carica virale correla con una minore insorgenza di fenomeni Parliamo delle conseguenze che l’infiammazione ha non HIV-correlati che porta di conseguenza a una più sulla salute delle persone. lunga aspettativa di vita. pag. 6 Anlaids ByMail n. 59 - febbraio 2014 Aspettative di vita: uno studio italiano N Aging – di Claudia Balotta, Ospedale L. Sacco di Milano ei paesi con un soddisfacente accesso alla terapia, l’AIDS e la morte associata all’AIDS non rappresentano più l’inevitabile conseguenza dell’infezione da HIV; al contrario l’infezione è considerata una malattia cronica e diversi lavori hanno documentato come l’aspettativa di vita dei pazienti in terapia antiretrovirale sia fortemente aumentata. L’importante lavoro citato da Antonella D’Arminio Monforte sull’aspettativa di vita (Life Expectancy in the Immune Recovery Era: The Evolving Scenario of the HIV Epidemic in Northern Italy, Journal of AIDS, Febbraio 2014) è stato pubblicato come risultato di una collaborazione (Italian Collaborative HIV Aging Cohort) tra quattro gruppi clinici del nord Italia (S. Paolo e S. Raffaele di Milano, Policlinico di Modena, Istituto Nazionale Tumori di Aviano) che hanno seguito nel tempo un numero molto considerevole di pazienti con standard di cura elevati e con la disponibilità contemporanea dei nuovi farmaci che sono diventati via via disponibili 10 anni dopo l’introduzione della HAART. Lo studio collaborativo ha considerato l’aspettativa di vita di 9617 pazienti, di cui il 71% maschi, tra i 20 e i 55 anni comparandola a quella della popolazione del nord Italia dello stesso intervallo d’età ottenuta dall’Istituto Nazionale Italiano di Statistica (ISTAT). Lo studio italiano ha specificamente indagato la relazione tra aspettativa di vita in anni e l’immunoricostituzione dovuta alla terapia, definita come conta attuale superiore o uguale a 500 CD4/µl dopo l’inizio della HAART (che indica il soddisfacente stato attuale del sistema immune) nei soggetti che hanno avuto un nadir inferiore o uguale a 350 CD4/µl prima dell’inizio dell’HAART (che indica da dove sono venuti, ovvero il livello di immunocompromissione raggiunto in passato). I risultati dello studio indicano che dopo il 2005 si è assistito a un rapido aumento dei pazienti che sono andati incontro a immunoricostituzione e, come atteso, in parallelo si è verificata un pro- Pazienti con recupero immunologico alla fine del follow-up, stratificati per era di HAART N° pazienti al follow-up (% della popolazione totale) Media mesi di osservazione % strati di età Pre-HAART Post-HAART 196.87 94.87 1047 (38.1) < 30 anni 0.5 40-49 57.5 ≥ 60 anni 8.1 30-39 50-59 Maschi: n°, % CDC = C: n°, % Conta CD4: mediana (Q1-Q3) Nadir CD4: mediana (Q1-Q3) N° di morti morti per AIDS: n, % morti tassi mortalità per 1000 persone/anni 2556 (36.6) 3.5 5.8 19.9 28.0 20.0 P <0.001 49.1 7.5 674, 64.4 1856, 72.6 <0.001 668.0 (578-816) 672.0 (581.8-819) 0.64 52 74 339, 32.4 175.0 (69-250) 17, 32.7 8.34 853, 33.4 0.56 209.0 (108-280) <0.001 29, 39.2 0.58 5.47 0.07 gressiva diminuzione delle morti per AIDS mentre le morti non correlate all’AIDS non sono diminuite. Nei pazienti di 40 anni di età, l’aspettativa di vita è risultata essere intorno a 38 anni nei pazienti che hanno raggiunto l’immunoricostituzione (IR), a 30 nei post-HAART che non l’hanno raggiunta e a 22 anni in chi ha iniziato la terapia prima del gennaio 1997 e non ha raggiunto l’immunoricostituzione, rispetto ai 41 anni della popolazione generale italiana del nord. La mortalità nel gruppo che va incontro a immunoricostituzione è significativamente più bassa di quella del gruppo dei pazienti con nadir intorno ai 350 CD4 e che hanno mantenuto questo livello di immunità nel tempo e, indirettamente, conferma l’uso precoce della terapia suggerito dalle linee guida attuali. Sulla base di questi importanti dati, in analogia con il cosidetto ‘comunity viral load’, gli autori hanno concluso proponendo di adottare la terminologia di ‘HAART community IR’, ovvero immunoricostituzione della popolazione HIV positiva dovuta all’HAART, per descrivere gli effetti dell’HAART nella riduzione della mortalità e dell’aumento dell’aspettativa di vita. Questi effetti sono osservabili a pochi anni dall’introduzione dell’HAART (dal 1999), sembrano aumentare dal 2006 e comportano un’aspettativa di vita per i pazienti in HAART con soddisfacenti livelli di CD4 molto simile a quella della popolazione generale. Anlaids ByMail n. 59 - febbraio 2014 In maschera per la prevenzione C pag. 7 Carnevale di Viareggio – Anlaids con il campione di hockey su pista Alessandro Bertolucci onfermato anche quest’anno l’ottimo sodalizio tra Carnevale di Viareggio e Comitato Territoriale Anlaids Versilia: agli ingressi del corso mascherato che si è svolto nel pomeriggio di domenica 9 marzo i volontari di Anlaids Versilia e di Anlaids Umbria hanno distribuito circa 10.000 profilattici e materiale informativo. Ad aiutare i volontari un testimonial di eccezione: il campione di hockey su pista Alessandro Bertolucci, viareggino giocatore della nazionale italiana che ha vinto i campionati mondiali nel 1997. «Avere un campione come Alessandro accanto alla nostra iniziativa è stata una grande vittoria per tutti noi – ha spiegato la presidente di Anlaids Versilia, Maria Cristina Tognetti – Ciò che cerchiamo di fare con questa iniziativa è far comprendere alle persone l’importanza di tutelarsi: basta un piccolo gesto come quello di utilizzare un profilattico». pag. 8 Anlaids ByMail n. 59 - febbraio 2014 Il patchwork italiano dei diritti P Migranti – di Daniela Lorenzetti, Anlaids, Sapienza Università di Roma ubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 32 del 7 febbraio 2013 l’Accordo Indicazioni per la corretta applicazione della normativa per l’assistenza sanitaria alla popolazione straniera da parte delle Regioni e Province Autonome, prodotto dal tavolo tecnico Immigrati e Servizi Sanitari dopo un percorso irto di ostacoli durato quattro anni. Il documento intendeva porre rimedio alla disomogeneità di risposte che si registravano a livello nazionale, senza innovare l’ordinamento esistente ma fornendo chiare e concrete disposizioni operative per modificare le prassi seguite dalle diverse regioni, con una lettura del diritto alla salute attuativa, oltreché della Costituzione e di norme esistenti, di precisi obblighi internazionali. Gli aspetti di maggiore interesse ed equità riguardano: • l’iscrizione dei minori, anche se privi di permesso di soggiorno, al Servizio Sanitario Regionale e al pediatra di libera scelta (PLS) a parità dei minori italiani; viene richiamata la Convenzione dei diritti del fanciullo che prevede, all’art. 2, il diritto all’eguaglianza dei minori, indipendentemente da cittadinanza e condizione di soggiorno, e, all’art. 24, il diritto del minore di godere del miglior stato di salute possibile e di beneficiare di servizi medici e di riabilitazione; • le prestazioni previste dal tesserino STP, per gli stranieri presenti irregolarmente, oltre alle cure urgenti ed essenziali ricomprendono l’assistenza farmaceutica quale componente della cura; • è prevista l’iscrizione temporanea in attesa del rilascio del permesso di soggiorno e se già iscritti permane l’iscrizione in attesa del rinnovo del permesso stesso. Questo accadeva un anno fa: a febbraio 2014 cosa succede nelle Regioni e nelle Province autonome? Prima dell’Accordo solamente quattro Regioni si erano “preoccupate” di dare indicazioni sull’accesso dei minori irregolari al pediatra di base: Friuli Venezia Giulia, Marche, Umbria, Toscana oltre alla provincia autonoma di Trento. La ratifica dell’Accordo, invece, è stata fatta solo da 7 Regioni e da 1 Provincia autonoma (Calabria, Campania, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Puglia, Sicilia e Trento) ma non tutte lo applicano nelle parti più qua- lificanti, in particolare nell’iscrizione al PLS dei minori. Alcune sono in attesa di maggiori chiarimenti, altre stanno elaborando indicazioni. Due regioni invece, la Lombardia e l’Emilia Romagna, non hanno ratificato l’Accordo ma applicano la parte relativa all’iscrizione dei minori; l’applicazione avviene con formule “autonome” che si discostano dall’Accordo, infatti in entrambi le Regioni sono considerati minori solo ragazzi e ragazze fino a 14 anni, in Lombardia l’iscrizione vale per tre anni, in Emilia Romagna per uno, anche l’eventuale esenzione dal ticket è diversificata, in Lombardia fino a 14 anni e in Emilia Romagna fino a 6 anni. Dal 6 marzo di quest’anno si è aggiunta la Sicilia, regione che ha ratificato l’Accordo, e prevede l’iscrizione dei minori fino ai 14 anni, ma con cadenza semestrale. Dalle restanti regioni il silenzio! L’obiettivo dell’Accordo, eliminare la frammentarietà applicativa e le disuguaglianze in ambito nazionale, appare ancora oggi disatteso; in alcune situazioni le disuguaglianze si sono accentuate, anche tra minori non comunitari e neo comunitari. La preoccupazione maggiore, oltre ovviamente ai diritti lesi, è quella del disagiato rapporto tra la singola persona, in particolare minore, e l’ordine sociale. In questo rapporto squilibrato nasce la sofferenza sociale che accomuna una serie di problemi umani la cui origine e le cui conseguenze “affondano le loro radici nelle devastanti fratture che le forze sociali possono esercitare sull’esperienza umana” (Kleinman); le co n d i z i o n i che coinvolgono le questioni di salute, l’accesso al welfare, questioni legali e morali, sono senz’altro incluse nella categoria di sofferenza umana. Anno VI numero 59 febbraio 2014 Newsletter d’informazione di Anlaids Onlus Associazione Nazionale per la Lotta contro l’Aids via Barberini, 3 00187 Roma Tel. 064820999 Fax 064821077 www.anlaidsonlus.it [email protected] Registrazione al Trib. di Roma n. 196/2010 del 19 aprile 2010 Direttore responsabile: Giulio Maria Corbelli [email protected] Comitato di redazione: Claudia Balotta, Fiore Crespi, Daniela Lorenzetti, Lucia Palmisano, Olga Pohankova Progetto grafico: Gamca Su anlaidsonlus.it/forum, il dott. Francesco Baldasso risponde a domande di ambito medico.
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