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28 .Società
STAMPA
.LA
MARTEDÌ 20 GENNAIO 2015
Manu Brabo
Tales from
a Libyan Jail
Con
«La Stampa»
Il primo
numero
di Me-Mo
(memomag.com)
è gratis per
gli abbonati
all’edizione
digitale de
«La Stampa».
Per i nuovi
abbonati
è disponibile
un pacchetto
speciale con
«La Stampa»
e Me-Mo
a prezzo
scontato
I reportage
del primo
numero
Tutte le foto di
questa pagina
appartengono
al primo
numero di MeMo nella
didascalia i
particolari di
quattro
reportage, il
quinto è
«Targeting the
education
in Pakistan»
di Diego
Ibarra
Sánchez, che
racconta come
l’intolleranza e
l’odio stanno
paralizzando
il sistema
educativo
in Pakistan
Dopo essere
stato detenuto
per 44 giorni
nelle carceri
del regime,
nella
primavera
del 2011
Brabo torna
in Libia
(quando
i ribelli hanno
preso
il controllo
di Tripoli) per
continuare a
documentare
il conflitto
Nasce Me­Mo
il magazine digitale
di fotogiornalismo
È stato ideato da sei fotografi pluripremiati
Un modo alternativo di svelare i drammi del Pianeta
Oggi il primo numero, gratis con “La Stampa”
MARCO BARDAZZI
A
passeggio con una donna Uigura nei sotterranei cinesi di Kashgar. Di pattuglia con i curdi in Siria. Oppure a Bengasi, in mezzo alla
guerriglia negli ultimi giorni di Gheddafi. Tutte esperienze che ora si possono rivivere senza lasciare il divano di
casa, su un tablet o su uno smartphone,
accompagnati dal miglior fotogiornalismo globale. Non solo immagini, ma
suoni, sguardi, contesti e approfondimenti che grazie alla tecnologia offrono
la possibilità di «immergersi» in modo
innovativo nella storia e nelle storie.
È la proposta di Me-Mo, un nuovo
magazine digitale che punta a raccontare in profondità grandi temi sociali,
conflitti e crisi umanitarie. Un progetto
che punta in primo luogo sulla potenza
narrativa della fotografia, grazie al team di talenti da cui è nata l’idea. Una
squadra di sei fotografi pluripremiati
distribuiti tra Parigi, Barcellona e Torino: Manu Brabo, José Colon, Diego
José Colòn
Between
Faith
and Crisis
Ibarra, Guillem Valle, Maral Deghati e
l’italiano Fabio Bucciarelli.
Il primo numero di Me-Mo (memomag.com) da oggi è disponibile gratis
per gli abbonati all’edizione digitale de
«La Stampa». Il magazine e il nostro
giornale percorreranno poi molta strada insieme, grazie alla possibilità di sottoscrivere un abbonamento scontato a
«La Stampa» insieme con le prossime
edizioni di Me-Mo (i dettagli sono su lastampa.it/me-mo).
«Puntiamo a essere pionieri nel giornalismo di alta qualità unito alla tecnologia d’avanguardia», spiegano Bucciarelli e gli altri fondatori. Il primo numero dimostra la strada prescelta: reportage, mappe interattive, analisi e soprattutto grandi foto da navigare e «vivere», entrando dentro i luoghi, ascoltando le voci e muovendosi negli spazi
del racconto. «Una caratteristica essenziale di Me-Mo - affermano i fotoreporter del team - è che l’interattiva è
reciproca: l’utente e la macchina hanno
entrambi un ruolo attivo». Non solo lettura, ma una vera e propria esperienza.
Alla fine del
2008, a causa
della crisi
finanziaria
mondiale,
in Spagna
scoppia
la bolla
immobiliare.
Molte persone
cercano rifugio
nella religione
Guillem Valle
States
of Identity
Palestina,
Kosovo,
Kurdistan
e Crimea.
Questo
progetto
documenta
la natura
costruttiva
e distruttiva
delle nazioni
non
riconosciute
come Stato
e dei suoi
paradossi,
esplorandone
i sentimenti
più intimi
di isolamento,
sofferenza,
speranza
e lotta
Fabio Bucciarelli
Inside the Libyan War
Un viaggio nel conflitto
libico, al fianco degli
uomini che hanno fatto
la rivoluzione. Il
desiderio di libertà, le
speranze ed il dolore
di un popolo descritti
attraverso lla guerra
civile. Da Bengasi a
Tripoli, fino a Sirte, dove
i ribelli hanno messo fine
al regime di Gheddafi
L’app
L’indice
dei contenuti
della prima
pagina
che permette
la
navigazione
nel nuovo
magazine
DOMENICO QUIRICO
I
nvidio i fotografi. Marciamo insieme sulle strade
accidentate e rischiose,
tutta polvere e spine, dell’inesprimibile: la sofferenza
umana, le guerre, le rivoluzioni, le catastrofi. Lì ci imbrattiamo di colori, odori,
grida, silenzi, da cui facciamo
discendere la segatura di una
testimonianza.
Ci imbattiamo in Satana e
Dio, che spesso appaiono
fianco a fianco. Sono luoghi
dove abita solo l’angoscia e la
pietà è come un lontano rumoreggiare di obblighi mancati. Dal cielo gocciola la disperazione. La piccola scintil-
TRA L’ISTANTE E L’ASSOLUTO
la di buona volontà che servirebbe per raccontare, descrivere, è indescrivibilmente lontana, su un altro pianeta. Li incontro, spesso più numerosi di
noi che manovriamo la penna e
il computer. Tutti lavoriamo,
dunque, con qualcosa che è collegato con l’identità e la morte.
Ovvero ciò che costituisce l’insolubile problema filosofico.
Io guardo: loro guardano e,
zac, immobilizzano, imprimono, fermano. Ecco: li invidio
perché questi compagni di
viaggio, i reporter, tra i vari mo-
di in cui l’uomo rappresenta la
sua vita, sono assai più vicini di
me all’abolizione del tempo.
La fotografia, come il racconto giornalistico scritto, è in
guerra perenne con il tempo:
per abolirlo, fermandolo, guerra umile, quotidiana, perennemente in agguato, virtuosamente invadente rispetto a ciò
che l’uomo costruisce e disfa,
perde o accumula nel suo operare. Qualche volta guerra violenta. Nei luoghi che frequentiamo c’è l’idea, non primitiva,
intelligente, che quella scatola
possa catturare una parte qualunque della tua essenza e
quindi inevitabilmente te ne
privi. Ciò che guadagna il fotografo, insomma, lo perde il soggetto. Le macchine fotografiche come la paura e, questa, gli
uomini di quei luoghi la conoscono bene. Mangiano l’anima.
Una fotografia è quanto di
più veristico e oggettivo esista,
le immagini e gli uomini «imprigionati» nei reportages di
Memo sono incontrovertibilmente veri, nei loro gesti, nella
loro morte, nel loro uccidere,
ancor più che nelle parole scritte, veri eternamente. La memoria si aggrappa loro e l’evento
diventa, per transustanziazione, la fotografia che lo rappresenta. Come per molte immagini dei reportages di questo debutto: Gheddafi, ad esempio, il
cui scempio, la sua nemesi infame, saranno per sempre lo
scatto di Fabio Bucciarelli.
La Storia, via via che si
ispessirà come un albero, cerchio dopo cerchio, per lo scorrere del tempo, vi farà ricorso
appunto per sopravvivervi, vi-
va, pulsante, vera. La fotografia
diventa il centro, il luogo geometrico di quelle esistenze. Come è avvenuto per il miliziano
di Robert Capa e la bimba vietnamita o i marines con la bandiera che fluttua per un vento
senza pause.
Eppure di quella realtà la
fotografia è anche la fuga: verso l’ignoto, verso il mistero,
verso l’invisibile. Non per nulla il verista Capuana si portava la macchina fotografica
nelle sedute spiritiche: uno
squarcio nel massimo del visibile. E allora l’umile racconto
scritto, accompagnandola e
integrandola, servirà a spiegare le confuse, fatali gravidanze della Storia.