NON PIÚ SCHIAVI, MA FRATELLI

NON PIÙ SCHIAVI, MA FRATELLI
Venerdì 23 gennaio 2015, ore 18.00--‐20.30
Roma, Domus Mariae
Seminario di studio
Commento al Messaggio di Papa Francesco
per la Giornata Mondiale della Pace 2015
di Sr. Eugenia Bonetti MC
Una esperienza di vita e di missione
Dopo il mio trasferimento a Roma nel Duemila, come coordinatrice dell’Ufficio “Tratta donne e
minori” dell’Unione Superiore Maggiori d’Italia (USMI), ogni mercoledì notte, con un gruppo di
giovani della parrocchia di San Frumenzio, uscivo per incontrare sulla Salaria le molte donne,
specialmente nigeriane che, in abiti succinti, erano in attesa di vendere il proprio corpo ai tanti
clienti e consumatori che le cercavano, le usavano e poi le scaricavano nuovamente sulla strada.
Con loro c’erano anche tante giovanissime ragazze dell’Est, assai confuse e aggressive. Da quelle
prime esperienze in strada sono passati esattamente quindici anni, ma le storie di quel mondo
della notte e della strada sono ancora vive e presenti nella mia mente e sopratutto nel mio cuore.
Ripenso in particolare a tre ragazzine nigeriane appena arrivate in Italia e buttate sulla strada dai
loro sfruttatori. Era la loro prima notte. Rivedo i loro occhi smarriti, pieni di paura, mentre le altre
ragazze già esperte cercavano di rincuorarle e aiutarle a superare l’impatto. Ricordo Josephine,
che ho trovato addormentata sul ciglio della strada, piena di freddo e di paura, perché era sfinita e
non reggeva più il ritmo di lavoro imposto dalla sua “madam”. Mi torna in mente la scena di un
gruppetto di ragazze che si scaldavano attorno a un focherello improvvisato, quando un gruppo di
giovani in macchina ha buttato per scherzo del kerosene sul fuoco, ustionandole. Giulia fu la più
colpita con il 60 per cento del corpo ustionato. Quanta fatica per aiutarla a superare quel trauma
che l’aveva resa disabile! Gli esempi potrebbero continuare. Sono tanti quanti gli infiniti anelli di
una lunga catena: quella delle nuove schiave del XXI secolo.
Ricordo sopratutto gli incontri con le ragazze nigeriane che ci chiedevano il rosario e la Bibbia erano tutte cristiane di diverse denominazioni -, ma soprattutto rammento con commozione quelle
preghiere fatte insieme, tenendoci per mano, prima di lasciarle. Chiedevano la nostra benedizione
e le nostre preghiere, perché non capitasse nulla di grave a loro e alle loro famiglie lontane. Sono
stati proprio questi incontri e queste storie che hanno forgiato il mio servizio e la mia nuova
missione a Roma, che col tempo ha coinvolto molte altre religiose in tutta Italia, impegnate nel
lottare contro la vergognosa piaga del traffico di esseri umani e della riduzione in schiavitù per lo
sfruttamento sessuale.
Purtroppo, a distanza di tanti anni e nonostante i molti sforzi, questo fenomeno continua a
proliferare nel nostro Paese. Sono cambiate le modalità, le strategie e anche le legislazioni, ma
queste giovani donne continuano a essere messe sulla strada o nei locali per soddisfare la costante
richiesta di sesso a pagamento, che, a sua volta, alimenta l’enorme business dei trafficanti.
Attualmente, molte nigeriane arrivano in Italia sui barconi e vengono obbligate dai trafficanti a
far richiesta di asilo politico (che poi non otterranno) per poi essere buttate sulla strada come
prostitute.
“Non più schiavi, ma fratelli”
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Papa Francesco per la Giornata mondiale della Pace ha scelto quest’anno di parlare proprio di
questa schiavitù e delle sue terribili conseguenze. Pace è sinonimo di armonia, libertà, fratellanza,
comunione, accoglienza e rispetto, mentre la riduzione in schiavitù nega e distrugge tutto questo,
rendendo la persona sottomessa al volere di un altro essere umano. La persona perde così la sua
vera identità di figlio di Dio, creato a sua immagine e somiglianza. Compito della Chiesa e di
ogni cristiano è quello di annunciare il rispetto della persona, promuovendo la cultura della
fratellanza, della dignità e della libertà. Allo stesso tempo, è necessario anche denunciare tutto ciò
che lede questa dignità, rendendo la persona merce da comperare, usare e manipolare a
piacimento per interessi di ogni genere. Quante forme di schiavitù ha creato la nostra società
anche attraverso la ricerca smodata di benessere, ricchezza e dominio per il piacere, il potere e il
possesso!
Il tema della pace in un mondo lacerato da tanta violenza, odio e guerra è particolarmente sentito
da tutte le istituzioni religiose e laiche, comunità e singole persone alla ricerca di stabilità e
convivenza pacifica e fraterna. I Messaggi dei diversi Pontefici che si sono succeduti, da Paolo Vl
a Papa Francesco, per 48 anni, sono sempre stati puntuale nel denunciare conflitti e
diseguaglianze, ma anche nel proporre stili di vita fraterni e rispettosi della convivenza umana e
della dignità di ogni persona.
Il Messaggio di Papa Francesco di quest’anno è giunto in un tempo in cui tanti immigrati e tanti
profughi, che fuggono da povertà, guerre e persecuzione, sbarcano sulle nostre coste chiedendo
asilo e protezione. Molti di loro sono vittime di traffico di esseri umani e sono (o rischiano) di
finire nelle maglie di sfruttatori che tolgono loro libertà e diritti. Le nuove e sempre più diffuse
forme di schiavitù che funestano la nostra epoca, richiedevano una presa di posizione forte e
coraggiosa, proprio come quella di Papa Francesco: un messaggio chiaro e autorevole che ci aiuta
a scoprire nell’altro, chiunque esso sia, non un nemico da combattere o da usare per i propri
interessi, bensì un fratello e una sorella da accogliere e aiutare.
Quante altre storie abbiamo potuto ascoltare dalle molte donne immigrate che incontro
settimanalmente, insieme a un gruppo di suore, nel Centro di identificazione ed espulsione (Cie)
di Ponte Galeria. Sono lì perché prive di documenti, ma innanzitutto perché erano in balìa di
trafficanti senza scrupoli, pronti a sfruttare ogni situazione e ogni forma di vulnerabilità per i loro
ingenti guadagni.
Papa Francesco con il suo Messaggio ha voluto insistere sul tema della fratellanza come via e
mezzo per costruire un’umanità dove ogni persona è fratello e sorella e non schiavo o schiava.
Purtroppo i trafficanti di esseri umani, gli schiavisti o i “negrieri” di oggi sfruttano tutte le
occasioni per vendere o comperare i propri fratelli e sorelle, in situazioni di disperazione,
preoccupati solo dei loro interessi. Quello della tratta di esseri umani è uno dei business illegali
più redditizi al mondo, che frutta circa 32 miliardi di dollari, terzo solo al traffico di armi e droga.
Per molti anni, abbiamo continuato a chiedere, insieme ad altri gruppi e associazioni, a tutte le
istituzioni di governo e di Chiesa una forte denuncia e una comune presa di coscienza e di
posizione contro questa schiavitù moderna, coscienti che la dignità e il rispetto della persona - di
ogni persona! - è un bene inestimabile e come tale deve essere riconosciuto e tutelato in qualsiasi
parte del mondo. Molti passi avanti sono stati fatti, ma molto resta ancora da fare.
Ricordo con tanta commozione la scena di una giovane nigeriana malata di Aids, inginocchiata
davanti a Papa Giovanni Paolo II, in occasione del grande Giubileo del Duemila. Tra le lacrime,
chiedeva al Papa di liberare tutte le donne dalla strada, particolarmente le bambine. Il Papa l’ha
accarezzata e consolata con amore paterno.
Anche Papa Francesco, recentemente, non ha mancato di incontrare e ascoltare le terribili storie
di schiavitù vissute da tante giovani specie per lo sfruttamento sessuale. Sin dall’inizio del suo
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Pontificato, il Pontefice ha ripetutamente condannato tutte le nuove forme di schiavitù e
sfruttamento che distruggono la vita, la dignità e il futuro di milioni di persone, in maggioranza
donne e bambini, vittime di povertà, guerre, ingiustizie, soprusi e inganni. Il suo primo grido si è
alzato il giorno di Pasqua del 2013, in piazza San Pietro, aprendo nuovi sentieri di speranza, sia
per le vittime e sia per coloro che, in modi diversi e da molti anni, lottano e operano per un
mondo più giusto, fraterno e senza catene. In quell’occasione, Papa Francesco denunciava un
«mondo ferito dall’egoismo che minaccia la vita umana e che continua la tratta di persone, la
schiavitù più estesa in questo ventunesimo secolo!». Dati recenti parlano di circa 30 milioni di
schiavi. La maggior parte (53%) sono vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale o lavoro
forzato (40%). Ogni anno, circa 2,5 milioni di persone sono vittime di traffico di esseri umani e
riduzione in schiavitù; il 70 per cento sono donne e bambine. Spesso subiscono abusi e violenze
inaudite.
Dopo quel primo grido, molti altri messaggi e denuncie hanno trovato posto negli interventi di
Papa Francesco contro i trafficanti di esseri umani, come pure contro le cause di povertà,
corruzione, ignoranza e indifferenza, che favoriscono la vendita, l’uso e l’abuso delle persone. Il
Messaggio di quest’anno è stato preceduto da un altro importante evento. Lo scorso 2 dicembre in
Vaticano, i capi delle diverse religioni hanno apposto la loro firma su un documento che li
impegna a combattere tutte le forme di schiavitù che oggi sono presenti nel mondo. Si è trattato di
un evento storico, con la presenza e partecipazione di oltre trecento persone provenienti da tutto il
mondo.
Inoltre, il Messaggio di quest’anno per la Giornata della Pace porta la data dell’8 dicembre 2014,
festa dell’Immacolata, che in modo particolare ci ricorda la bellezza, la grandezza e la dignità di
Maria, Madre di Gesù, ma ci parla pure del valore e del ruolo di ogni donna, chiamata a offrire
vita in abbondanza e amore vero e libero da ogni forma di sottomissione o manipolazione. È un
grande messaggio per tante donne, vittime di tratta e costrette a vendere e mercificare il proprio
corpo come oggetto di piacere per milioni di “consumatori”, che con la loro richiesta di sesso
continuano ad alimentare questo fiorente e vergognoso mercato.
Nel testo, si ripercorrono tutte le realtà di sfruttamento e i sistemi di corruzione: prostituzione,
lavoro e matrimoni forzati, ma anche - parlando in particolare dei minori - fa riferimento a quanti
vengono fatti oggetto di traffico e mercimonio per l’espianto di organi, per essere arruolati come
soldati, per l’accattonaggio o per attività illegali, come la produzione o la vendita di stupefacenti
o per forme mascherate di adozione internazionale.
Il fatto che il Santo Padre abbia scelto un tema così specifico rappresenta un forte richiamo al
rispetto, alla fratellanza e alla solidarietà. Il Papa ci aiuta a capire il progetto di Dio sull’umanità e
ci chiede di metterci in ascolto della sua parola per riscoprire la bellezza e la nobiltà dell’essere
fratelli e sorelle, membri della stessa famiglia umana, pur con ruoli diversi, ma per il bene e lo
sviluppo armonico della società stessa.
Ma quali rimedi o misure di contrasto occorre mettere in campo per debellare questa terribile
piaga della tratta di esseri umani? Prima di tutto bisogna scoprire le cause che facilitano questo
sfruttamento. Il Papa cita la «povertà, il mancato accesso all’educazione e le scarse, se non
inesistenti, opportunità di lavoro».
Occorre dunque «globalizzare la fraternità» per combattere le reti criminali, che non si fanno
scrupoli nel costringere bambini a diventare soldati, donne a prostituirsi, padri e madri di famiglia
a lavorare in condizioni disumane. Papa Francesco ricerca le cause profonde di quello che
definisce «reato di lesa umanità» e indica come primo colpevole «il peccato che corrompe il
cuore dell’uomo» e «rifiuta l’umanità dell’altro», riducendolo come un oggetto, un mezzo per i
propri interessi.
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All’egoismo che fa schiavo il prossimo si deve dunque reagire come singoli e come comunità,
senza chiudere gli occhi per indifferenza o convenienza. Servono meccanismi di controllo che
non lascino spazio a corruzione e impunità. Urgono leggi giuste su migrazione, lavoro e
adozione. Ma, esorta Papa Francesco rivolgendosi specialmente ai cristiani, va anche ridata
speranza alle vittime della schiavitù, far sentire loro che davvero sono nostri fratelli e sorelle,
poiché nessuno deve essere escluso dalla nostra attenzione e dal nostro aiuto.
Parlando del contrasto e del recupero di tante vittime, specialmente di tante donne e minori, il
Messaggio del Papa ricorda in modo particolare la rete delle religiose che operano in tutto il
mondo per ridare libertà, dignità e legalità a tante giovani donne, vittime di sfruttamento e di
abuso, specie sessuale. Infatti, le religiose sono state tra le prime a cogliere la sfida di questa
nuova forma di schiavitù e hanno aperto le porte sante dei loro conventi per accogliere e
accompagnare in programmi di reintegrazione nella società molte di queste donne. Attualmente,
in Italia circa 250 religiose di 80 congregazioni gestiscono un centinaio di piccole case-famiglia.
Sono ormai oltre 6000 le donne accolte e recuperate. A livello internazionale, la rete Talitha
Kum, che si è costituita nel 2009, coordina le reti di oltre 80 Paesi, in cui operano un migliaio di
religiose. La nostra più grande forza è proprio il lavoro di rete che ci unisce e rende più efficace
specialmente il lavoro di prevenzione e di riscatto delle giovani vittime.
Questo è pure uno degli obiettivi di una nuova associazione che è stata costituita a Roma nel
1012, “Slaves no more”, che aiuta le giovani vittime, specialmente nigeriane, a rientrare nel loro
Paese con un progetto di reintegrazione socio-lavorativa.
Il Papa richiama, inoltre, la responsabilità personale di tutti nel combattere questa terribile piaga e
nel creare una mentalità di rispetto e di fratellanza. Siamo tutti responsabili, direttamente o
indirettamente, di questo orribile sfruttamento, per cui dobbiamo unire le nostre forze per creare
una società basata sul rispetto e non sul mero interesse personale, sulla dignità di ogni persona e
non sullo sfruttamento.
Il Pontefice ricorda pure ai governi e a quanti hanno compiti di responsabilità la necessità di
implementare misure adeguate per combattere questo fenomeno.
Termina con il ricordo di Santa Giuseppina Bakhita, piccola schiava sudanese che, dopo il suo
riscatto, è diventata cristiana e religiosa, nonché santa. Oggi, il Papa ci ricorda che lei è testimone
esemplare di speranza per le numerose vittime della schiavitù e può sostenere gli sforzi di tutti
coloro che si dedicano alla lotta contro questa «piaga nella carne di Cristo».
Da parecchio tempo, la nostra rete di religiose desiderava poter celebrare una Giornata mondiale
ed ecclesiale, aperta a tutte le organizzazioni religiose e laicali che operano in questo settore, per
pregare, riflettere e sensibilizzare l’opinione pubblica sulle nuove forme di schiavitù. Questa
Giornata è stata istituita per l’8 febbraio, che è proprio la festa di Santa Bakhita, e verrà celebrata
per la prima volta quest’anno. Sarà un’importante occasione per coinvolgere maggiormente le
conferenze Episcopali, le parrocchie, le scuole, le associazioni e tutte le persone di buona volontà
affinché si possa continuare uniti e con maggiore forza a lottare a favore delle vittime e contro
tutte le forme di schiavitù. E per poter gridare insieme: «Non più schiavi, ma fratelli e sorelle».
Suor Eugenia Bonetti, mc
Ufficio Tratta Donne e Minori, USMI
Presidente dell’Associazione “Slaves no More”
Via Zanardelli, 32- Roma – 00186
Tel. +39 06 68400555 - +39 3391934538
[email protected] / [email protected]
www.slavesnomore.it
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