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Analisi critica del nuovo AEC settore commercio del 16.02.2009
(di Francesco Cintelli avvocato in Firenze)
Il 16 febbraio del 2009 è stato stipulato tra le associazioni rappresentative degli agenti e
rappresentanti di commercio (Fiarc-Confesercenti, Fnaarc, Usarci, Fisascat-Cisl, Uiltucs-Uil, UglTeziario e Filcams-Cgil) e Confesercenti, Confcooperative e Confcommercio, il nuovo Accordo
Economico Collettivo del settore commercio, con decorrenza dal 1° marzo 2009 al 29 febbraio
2012.
Rispetto al precedente Aec, risalente al 2002, il nuovo accordo oltre a recare alcune semplici
modifiche e integrazioni, istituisce l'Ente Bilaterale per la formazione professionale degli agenti di
commercio e introduce rilevanti novità nell'ambito di disposizioni quali le variazioni di zona/
prodotti/provvigioni, il patto di non concorrenza e le indennità di scioglimento del rapporto.
L'obiettivo, in parte raggiunto, che il nuovo accordo si prefiggeva, era quello di intervenire sulle
criticità emerse nell'applicazione del vecchio testo contrattuale, adeguandolo a quanto emerso
dalle decisioni dei giudici italiani e comunitari.
Analizziamo sinteticamente gli aspetti innovativi e le modifiche più importanti dell' Accordo:
IL NUOVO ACCORDO È UN COMPLESSO UNITARIO E INSCINDIBILE
Nella premessa si dà atto che “il presente Accordo Economico Collettivo deve essere considerato un
complesso normativo unitario e inscindibile”. Ciò significa che è precluso alle parti l'applicazione
parziale dell'accordo economico nel senso di escludere alcune disposizioni o di sostituirle con altre.
L'Aec insomma deve essere applicato nella sua interezza.
Le parti avranno la facoltà di sostituire le disposizioni dell'Aec con pattuizioni individuali nel solo
caso in cui queste ultime siano più favorevoli all'agente.
PREVALENZA DELLA SOSTANZA SULLA FORMA (dichiarazione a verbale dell'art.1)
Ai fini di un corretto inquadramento di un rapporto nell'ambito del contratto di agenzia deve farsi
“riferimento alla sostanza del rapporto affidato e non solo alla forma attraverso cui viene conferito
l'incarico”.
L'Accordo collettivo non fa altro che ribadire ciò che la giurisprudenza ha sempre affermato ovvero
che per la sussistenza di un rapporto di agenzia deve aversi riguardo non tanto al nomen iuris con
cui le parti hanno denominato il contratto, quanto al concreto contenuto dello stesso e alle
modalità con cui si svolge il rapporto.
Si faccia l'esempio di un contratto per procacciatore di affari in cui il (finto) procacciatore svolga
l'attività promozionale con stabilità e continuità, partecipi a frequenti riunioni con la mandante, le
comunichi i periodi in cui si asterrà dal lavoro per ferie o malattia e infine percepisca regolari
provvigioni, addirittura con un minimo provvigionale garantito; in questo caso siamo
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indubbiamente in presenza di un vero e proprio rapporto di agenzia. Pertanto, nei casi come quello
appena descritto, in cui le pattuizioni stipulate e il titolo del contratto risultano in contrasto con il
contenuto concreto del rapporto e con le effettive modalità di svolgimento, è sempre possibile
ricorrere al Giudice affinchè il rapporto venga qualificato per quello che realmente è, un contratto
di agenzia.
CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO (Art.1 bis)
Al comma 1 del nuovo articolo 1 bis intitolato “contratto a tempo determinato”, si stabilisce che le
norme contenute nel nuovo Aec, ivi comprese quelle concernenti l'indennità di fine rapporto, si
applicano anche ai contratti a termine.
La novità sta nell'aver completamente equiparato le due tipologie di contratto, a tempo
indeterminato e a termine. Nel precedente accordo infatti vi erano differenze riguardo
all'indennità di clientela che, nel caso di contratto a termine, era dovuta soltanto se il contratto era
stato rinnovato o prorogato. Adesso, con la nuova formulazione, l'indennità di clientela è dovuta
anche per i contratti a tempo determinato che alla scadenza non sono stati prorogati o rinnovati.
Il consenso dell'agente all'eventuale rinnovo o proroga del contratto deve essere espresso in forma
scritta, in mancanza il contratto si considera a tempo indeterminato ( art. 1 bis, comma 3). Infine è
stato previsto che, in caso di rinnovo di rapporti a termine aventi lo stesso contenuto di attività
(zona, prodotti e clienti), il contratto non potrà prevedere un altro periodo di prova, essendo
questo ammissibile soltanto nel primo periodo ( art. 1 bis, comma 3).
Al comma 2 si afferma che ”nei contratti a tempo determinato di durata superiore a 6 mesi, la casa
mandante comunicherà all'agente o rappresentante, almeno 60 giorni prima della scadenza del
termine, l'eventuale disponibilità al rinnovo o alla proroga del mandato”.
La norma, contenuta anche nel precedente Aec, è priva di sanzione e pertanto risulta di scarso
effetto pratico, fatta eccezione per il profilo di un eventuale risarcimento del danno, peraltro di
difficile dimostrazione. Si pensi al caso in cui il preponente, senza provvedere ad una formale
comunicazione nel termine dei 60 giorni, abbia comunque fatto credere all'agente, verbalmente e
con il proprio comportamento, che il contratto sarebbe stato rinnovato, ma che alla scadenza non
abbia provveduto ad alcuna proroga o rinnovo. In questo caso l'agente avrà diritto al risarcimento
del danno subito se riuscirà a dimostrare di essere stato indotto dal preponente a confidare nella
prosecuzione del rapporto e che, in ragione di questa aspettativa, ha rifiutato altre occasioni di
lavoro.
In sede di stipula del nuovo accordo sarebbe stato pertanto opportuno modificare la presente
disposizione nel senso di prevedere il rinnovo automatico del contratto in caso di omessa
comunicazione da parte del preponente nei 60 giorni previsti. In assenza di una sanzione di tal
genere, la disposizione in esame rischia di rappresentare una mera affermazione di principio.
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LE VARIAZIONI DI ZONA, PRODOTTI, CLIENTELA E PROVVIGIONI (Art.2)
Nel vecchio Aec, l'articolo 2, recante la disciplina delle variazioni di zona/prodotti/clientela/misura
delle provvigioni, costituiva di fatto un potente strumento in mano al preponente per poter variare
unilateralmente e in modo considerevole elementi essenziali del contratto. Infatti, in applicazione
dell'art.2, le aziende preponenti potevano apportare al contratto variazioni fino al 20% su semplice
comunicazione e con un preavviso di soli 2 o 4 mesi, a seconda che si sia in presenza
rispettivamente di un agente plurimandatario o monomandatario.
L'esperienza insegna che le aziende preponenti hanno spesso abusato di questo strumento con
inevitabili effetti disastrosi sulla categoria degli agenti.
Per questo motivo l'articolo 2 è stato per anni oggetto di un ampio dibattito tra le contrapposte
associazioni degli agenti di commercio e delle aziende preponenti, volto a ricercare una soluzione
condivisa che limitasse considerevolmente la discrezionalità delle mandanti riducendola a
determinati casi e che prevedesse altresì un indennizzo per l'agente a fronte del pregiudizio
economico subito a causa della variazione.
In particolare sussistevano dubbi sulla legittimità delle variazioni di media entità (art.2, comma 6),
quelle cioè che comportano una compromissione tra 5 e 20 per cento delle provvigioni di
competenza dell'agente nell'anno solare precedente la variazione. L'interpretazione letterale della
norma infatti portava a ritenere che l'agente non avesse la possibilità di rifiutare la variazione
economica comunicata dal preponente se non ponendo fine al rapporto, ma in tal caso sarebbe
venuto meno il diritto all'indennità di fine rapporto. La disposizione in esame quindi costituiva un
costante pericolo di compromissione dei diritti dell'agente il quale, di fatto, era soggetto ad
arbitrarie variazioni unilaterali del contratto di entità tale da svuotarne considerevolmente il
contenuto.
La regolamentazione delle variazioni di media entità appariva evidentemente peggiorativa rispetto
alla disciplina codicistica del contratto, ai sensi della quale, qualsiasi variazione deve essere
effettuata con il consenso di entrambe le parti (agente e preponente). Dottrina e giurisprudenza
hanno infatti sollevato circostanziati dubbi sulla legittimità dell'articolo 2. poichè gli Aec non
possono derogare alle norme civilistiche in senso peggiorativo per l'agente.
Alla luce di ciò sarebbe stato opportuna una riformulazione della disciplina della variazioni di
media entità che prevedesse una regolamentazione analoga a quella prevista per le variazioni di
notevole entità, lasciando all'agente la possibilità di comunicare al preponente il proprio dissenso
entro un determinato lasso di tempo, con la precisazione che la mancata accettazione non
comporta la cessazione del rapporto ma semplicemente la sua prosecuzione alle precedenti
condizioni.
Il nuovo accordo tuttavia non ha recepito le sopra esposte argomentazioni ma si è limitato ad
apportare alcune modifiche, che non risolvono i problemi denunciati da parte agente, ma che
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comunque costituiscono, rispetto al precedente testo, un passo avanti sulla strada della tutela
dell'agente. In particolare gli aspetti innovativi riguardano il “cumulo delle variazioni” e l'istituzione
di una nuova indennità.
Mentre nel precedente accordo la somma delle variazioni apportate nel periodo di 12 mesi
venivano considerate come un'unica variazione, nel nuovo accordo tale periodo è stato portato a
18 mesi per i plurimandatari e 24 mesi per i monomandatari.
E' stata inoltre soppressa la norma del vecchio Aec che prevedeva la possibilità per le parti di
stabilire termini diversi di preavviso per le variazioni di media entità: adesso il termine di 2 e 4
mesi, rispettivamente per i plurimandatari e i monomandatari è da considerarsi inderogabile nel
senso che non potrà essere previsto un preavviso di minore durata.
L'altra novità è rappresentata dall'istituzione dell'indennità sostitutiva del preavviso con cui il
preponente deve comunicare all'agente le variazioni di media entità. Qualora infatti il preponente
non intenda dare all'agente il preavviso previsto dalla norma collettiva, dovrà corrispondere
all'agente un'indennità sostitutiva “calcolata sulla sulla base della media delle provvigioni
incassate dall’agente nell’anno solare precedente (ovvero nei dodici mesi precedenti la variazione
qualora l’anno precedente non sia stato lavorato per intero) sui clienti e/o zona e/o prodotti e/o
misura delle provvigioni che sono stati oggetto della riduzione. Tale indennità sostitutiva sarà pari
a tanti dodicesimi delle provvigioni incassate dall’agente nell’anno solare precedente ( ovvero nei
dodici mesi precedenti la variazione qualora l’anno solare precedente non sia stato lavorato per
intero) quanti sono i mesi di mancato preavviso”.
IL CAMPIONARIO (Art.3)
In molti settori (ad esempio nell'abbigliamento) all'agente viene consegnato un campionario,
strumento spesso indispensabile per la promozione delle vendite. All'agente spetta naturalmente
l'obbligo di custodirlo con la dovuta diligenza e di riconsegnarlo al preponente alla cessazione del
rapporto o a seguito del rinnovamento del prodotto.
Il nuovo Aec interviene sull'argomento specificando che il contratto individuale potrà prevedere
l'addebito del campionario all'agente nei soli casi di mancata o parziale restituzione o di
danneggiamento non derivante dal normale utilizzo.
PROVVIGIONI (Art.4)
Viene finalmente colmata la lacuna presente nel precedente accordo relativa ai cosiddetti affari
postumi. Trattasi di quegli affari che vengono conclusi dalla preponente dopo la cessazione o
sospensione del contratto di agenzia quando la proposta è pervenuta alla preponente in data
antecedente oppure, anche qualora non sia pervenuta alcuna proposta, gli affari sono stati
conclusi entro un termine ragionevole dalla data di scioglimento del contratto e la conclusione sia
da ricondurre prevalentemente all'attività svolta dall'agente.
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Il nuovo accordo è intervenuto togliendo il generico riferimento al termine “ragionevole” e
stabilendo che il periodo entro il quale debbono concludersi le trattative è di sei mesi dalla data di
cessazione o sospensione del rapporto. L'agente inoltre dovrà relazionare dettagliatamente su
tutte le trattative commerciali intraprese ma non concluse a causa dell'intervenuto scioglimento
del contratto di agenzia.
Occorre rilevare che, rispetto al precedente accordo, nell'attuale non è stata ripresentata la
clausola di salvaguardia degli insoluti che garantiva all'agente una certa tutela nel caso di
pagamenti parziali da parte dei clienti. La norma infatti prevedeva (all'art.4 comma 8 del vecchio
Aec) che “in qualsiasi caso di insolvenza parziale del compratore, qualora la perdita subita dalla
ditta sia inferiore all’importo della provvigione sulla quota soluta, la ditta verserà all’agente o
rappresentante la differenza. Tuttavia, qualora l’insolvenza parziale del compratore sia inferiore al
15% del venduto, l’agente o rappresentante avrà diritto alla provvigione sulla quota soluta”.
Detta disposizione è stata stranamente espunta dal nuovo accordo forse a causa di una mera svista
dovuta all'improvvisa accelerazione imposta alla trattativa.
Per quanto riguarda la liquidazione delle provvigioni il nuovo Accordo riporta integralmente i
commi 2, 3 e 4 dell'art. 1749 del codice civile e elimina il termine di 30 giorni entro i quali l'agente
poteva sollevare contestazioni al conto provvigionale, in mancanza il conto deve intendersi
definitivamente approvato.
Di detta disposizione, presente anche nell'AEC settore Industria, non vi è traccia nel nuovo
accordo, probabilmente a causa della sua sostanziale inutilità. Il termine di 30 giorni infatti doveva
considerarsi di natura ordinatoria e non perentoria e pertanto il suo decorso non impediva
all'agente di contestare successivamente alla preponente, nei limiti della prescrizione decennale,
l'esattezza dei conteggi e di richiedere la differenza provvigionale ritenuta di spettanza.
Altra importante novità è data dalla previsione che, in caso di ritardo nel pagamento delle
provvigioni, protrattosi per oltre 15 giorni , all'agente sono dovuti gli interessi moratori ai sensi del
d.lgs. 231/2002 per ogni giorno di ritardo. “Ai fini del presente decreto il saggio degli interessi e'
determinato in misura pari al saggio d'interesse del principale strumento di rifinanziamento della
Banca centrale europea applicato alla sua piu' recente operazione di rifinanziamento principale
effettuata il primo giorno di calendario del semestre in questione, maggiorato di sette punti
percentuali” (art.5 dlgs 231/2002).
Trattasi di una disposizione estremamente favorevole per l'agente e nettamente migliorativa
rispetto alla precedente regolamentazione in cui la misura degli interessi era rapportata al tasso
ufficiale di sconto.
PATTO DI NON CONCORRENZA POST CONTRATTUALE
L'istituto, rimasto identico al precedente per quanto riguarda le modalità di calcolo, presenta le
seguenti sostanziali novità:
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
L'indennità (non provvigionale) deve essere pagata inderogabilmente in un'unica
soluzione alla fine del rapporto.
Né il vecchio Aec, né il codice civile (art. 1751 bis c.c. che regolamenta il patto di non concorrenza)
prevedevano il momento in cui l'indennità doveva essere pagata all'agente. In mancanza di una
espressa disposizione, gli agenti pretendevano il pagamento dell'indennità alla fine del rapporto
mentre le aziende preponenti optavano per liquidare l'indennità alla fine del patto di non
concorrenza, oppure in maniera dilazionata durante il periodo di durata del patto.
Ad onor del vero il codice civile, all'art.1183, prevede che nei casi in cui non è determinato il tempo
in cui la prestazione deve essere eseguita, il creditore può esigerla immediatamente. Ai sensi di
questa norma pertanto l'agente avrebbe diritto, alla cessazione del rapporto, di esigere subito il
pagamento dell'indennità. Un chiarimento ad opera degli Aec era comunque auspicabile. Adesso
l'indennità deve essere pagata immediatamente dopo la cessazione del rapporto.
Il nuovo testo dell'articolo inoltre pone fine ad una tendenza, che si è andata sviluppando negli
ultimi anni, consistente nell'inserire nei contratti di agenzia clausole che prevedono il pagamento
dell'indennità durante il corso del rapporto, mediante la corresponsione all'agente di somme
calcolate in percentuale al fatturato prodotto. Dette clausole, se unite alla facoltà di recesso
unilaterale dal patto da parte della preponente, potevano giungere al paradosso di far sorgere in
capo all'agente l'obbligo di restituire, alla fine del rapporto, quanto già percepito a titolo di
indennità.
Fortunatamente l'Aec ha chiarito una volta per tutte che il pagamento dell'indennità deve avvenire
alla cessazione del contratto, con ciò rendendo illegittimi i pagamenti fatti in costanza di rapporto.
Resta allora il problema di stabilire quale sia la sorte degli eventuali pagamenti dell'indennità di
non concorrenza fatti in modo ripartito durante la vigenza del patto. A parere dello scrivente
dovranno essere considerate somme corrisposte a titolo di provvigioni e pertanto non restituibili al
preponente.

Il patto di non concorrenza post contrattuale potrà essere pattuito soltanto al momento
dell'inizio del rapporto di agenzia, con esclusione di ogni possibilità di variazione
unilaterale.
E' frequente imbattersi in clausole che prevedono la facoltà per il preponente di recedere
unilateralmente dal patto di non concorrenza entro un determinato lasso di tempo dalla
cessazione del contratto. Altrettanto spesso i contratti prevedono un patto di opzione a mezzo del
quale agente e preponente convengono di attribuire alla sola preponente la facoltà di decidere,
entro un termine stabilito, se avvalersi o meno del patto di non concorrenza. Dette clausole sono
estremamente dannose per l'agente in quanto rimettono la risoluzione del patto di non
concorrenza al mero arbitrio della preponente, lasciando l'agente in una situazione di totale
incertezza. Tale facoltà verrebbe infatti a scontrarsi con l'assetto di interessi regolato dall'art. 1751
bis c.c., a totale svantaggio dell'agente, tanto più quando non venga neppure previsto un
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corrispettivo a fronte del diritto di recesso che la preponente si è riservato. Ad avviso dello
scrivente, clausole di tale specie sono comunque nulle per contrasto con norme imperative. Ad
ogni buon conto il chiarimento dell'Aec è stato opportuno, prevedendo un espresso divieto e
togliendo ogni dubbio in proposito.
Le novità introdotte dal nuovo accordo appaiono tuttavia eccessive laddove impediscono alle parti
di pattuire la clausola di non concorrenza durante il rapporto, e al preponente qualsivoglia
possibilità di recedere unilateralmente dal patto. L'agente infatti sarebbe stato ugualmente
tutelato se la possibilità di recesso dal patto fosse stata condizionata ad un congruo preavviso.
Resta inteso che, se le parti sono entrambe d'accordo, saranno libere in ogni momento dalle
reciproche obbligazioni derivanti dal patto di non concorrenza.
GRAVIDANZA E PUERPERIO (Art.9)
In caso di gravidanza e puerperio dell'agente, su richiesta di quest'ultimo, il rapporto resterà
sospeso per un massimo di 12 mesi durante i quali la casa mandante non potrà procedere alla
risoluzione del rapporto (nel precedente Aec i mesi erano 8). La tutela viene estesa anche alle
ipotesi di adozione e di affidamento del minore.
La possibilità di sospensione è stata prevista inoltre anche per i casi di interruzione volontaria di
gravidanza regolati dagli art 4,5 e 6 della legge 22 maggio 1978 n.194, per un periodo massimo di 5
mesi.
INDENNITÀ DI FINE RAPPORTO (Art.11 - 12 e 12 bis)
L'indennità di fine rapporto è l'istituto che ha subito le più significative variazioni.
Per anni l'indennità di fine rapporto ha procurato un infinito contenzioso tra agenti e preponenti
dovuto alle incertezze esistenti su quale fosse la disciplina da applicare, se quella di cui all'art.1751
del codice civile (detta anche indennità europea) o quella degli accordi economici collettivi.
Su questa problematica la dottrina e la giurisprudenza hanno versato fiumi di inchiostro senza
giungere ad una univoca soluzione della questione.
Come noto infatti l'indennità di fine rapporto è disciplinata, in modo diverso tra loro, sia dal codice
civile che dagli accordi economici collettivi.
Il codice civile all'art.1751 (frutto dell'attuazione degli art.17 e 19 della direttiva comunitaria
86/653/CEE) prevede un'indennità di carattere squisitamente meritocratico in quanto il diritto alla
sua percezione nasce qualora l'agente abbia procurato nuovi clienti al preponente o abbia
sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti, e il preponente continui anche dopo la
fine del rapporto a trarre vantaggio dalla clientela nuova o intensificata.
L'agente non ha comunque diritto all'indennità se è stato egli stesso a recedere dal contratto, a
meno che il recesso non sia giustificato da circostanze attribuibili al preponente o da circostanze
attribuibili all'agente ma allo stesso non imputabili, quali età, infermità o malattia, per le quali non
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possa più essergli ragionevolmente chiesta la prosecuzione dell'attività.
Per quanto riguarda il quantum, il codice civile non prevede alcun criterio di calcolo ma si limita
esclusivamente a stabilire che il tetto massimo dell'indennità non può superare la media annuale
provvigionale degli ultimi cinque anni o del minor periodo lavorato.
La disciplina del codice civile è inderogabile a svantaggio dell'agente (art.1751 c.c., comma 10).
Pertanto agente e preponente potranno prevedere nei propri contratti una diversa
regolamentazione dell'indennità soltanto qualora ciò comporti per l'agente un trattamento
migliore rispetto alla normativa codicistica.
Tutt'altro tipo di disciplina viene prevista dagli accordi economici collettivi del 2002 i quali, a
differenza del codice civile prevedono un metodo di calcolo certo e preciso, dando tuttavia
scarsissimo rilievo al principio meritocratico. L'indennità degli Aec si articola in tre diversi
emolumenti: l'indennità di risoluzione del rapporto (in gergo Firr in quanto accantonata presso il
Fondo Indennità Risoluzione Rapporto presso l'Enasarco), l'indennità suppletiva di clientela e
l'indennità meritocratica.
Il problema che si è posto è stato quello di stabilire se l'indennità di fine rapporto prevista dagli Aec
(in tutti e tre i suoi emolumenti) fosse migliorativa o meno rispetto alla disciplina del codice civile
perchè soltanto in questo caso sarebbe stata applicabile ai rapporti di agenzia, stante il divieto di
deroga peggiorativa per l'agente di cui all'art.1751, comma 10.
Negli ultimi anni la giurisprudenza prevalente si era espressa a favore dell'applicabilità degli AEC,
ritenendo le disposizioni collettive complessivamente più vantaggiose rispetto alla normativa
civilistica. L'orientamento tuttavia è mutato radicalmente a seguito della nota sentenza C-456/04
della Corte di Giustizia delle Comunità Europee del 23 marzo 2006.
Con molta chiarezza gli eurogiudici hanno posto fine alla querelle sull'applicabilità o meno degli
AEC, affermando che una deroga alla disciplina dell'indennità di fine rapporto potrebbe
ammettersi soltanto nel caso in cui si dimostrasse che l'applicazione della disciplina collettiva non è
mai sfavorevole all'agente, ma che anzi gli garantirebbe sistematicamente un'indennità superiore o
almeno pari a quella calcolata secondo l'art. 17 della direttiva europea (il cui contenuto è trasposto
nell'art.1751 del nostro cod. civ.).
A seguito di detta sentenza si è posto il problema di modificare la disciplina delle indennità prevista
dagli accordi economici collettivi, per renderla conforme ai criteri indicati dalla direttiva e ribaditi
dalla sentenza della Corte di Giustizia e consentirne pertanto una corretta applicabilità al contratto
di agenzia.
Il nuovo Aec ha lasciato immutata la suddivisione nei tre diversi emolumenti inserendo alcune
modifiche del Firr e dell'indennità suppletiva di clientela e innovando significativamente l'indennità
meritocratica, del tutto cambiata rispetto al vecchio testo.
Vediamo di seguito le modifiche e gli aspetti innovativi apportati all'indennità di fine rapporto, così
come disciplinata dai nuovi art.12 e 12 bis.
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Firr
Nel precedente Aec all'agente non veniva riconosciuto il Firr nei seguenti tre casi:
1. ritenzione indebita di somme di spettanza della preponente;
2. concorrenza sleale;
3. violazione del vincolo del monomandato.
Nel nuovo testo l'unica ipotesi di esclusione del diritto a percepire il Firr è la ritenzione indebita di
somme del preponente (es. l'agente che, per conto del preponente, riscuote dal cliente e non
provvede a rimettere al preponente le somme riscosse).
Il nuovo Aec inoltre afferma che “.......le somme versate sul fondo Firr a titolo di indennità
risoluzione rapporto sono definitivamente acquisite a favore dell'agente di commercio in relazione
al quale sono state versate, nel momento stesso in cui vengono ricevute dalla Fondazione”.
Continua inoltre dicendo che il Firr ”......ha natura di trattamento fine rapporto, ed è di esclusiva
proprietà degli agenti o rappresentanti”.
Queste affermazioni, volte ad avvicinare ancor più il rapporto di agenzia a quello del lavoro
subordinato, sono tuttavia in contraddizione con il permanere dell'ipotesi di esclusione sopra
detta. in sostanza, se il Firr è già di proprietà dell'agente, non si comprende perchè non debba
essergli riconosciuto anche nel caso di appropriazione indebita di somme di spettanza del
preponente. Il preponente avrà infatti ugualmente la possibilità di richiedere la restituzione della
somma e il risarcimento degli eventuali danni.
Indennità suppletiva di clientela
L'indennità viene corrisposta anche in caso di dimissioni dell'agente per conseguimento della
pensione di vecchiaia Inps. In precedenza era previsto soltanto il caso di conseguimento della
pensione di vecchiaia Enasarco.
Indennità meritocratica
L'indennità meritocratica è l'unico dei tre emolumenti che si ispira a principi meritocratici. Nel
precedente accordo essa spettava nel caso in cui l'agente avesse avuto un incremento
provvigionale, cosa che, in linea di massima, significava anche aver incrementato il fatturato della
propria mandante.
Il metodo di calcolo previsto dal vecchio Aec era estremamente penalizzante per l'agente in quanto
gli importi che ne scaturivano erano sempre molto bassi, anche a fronte di sensibili aumenti di
fatturato della preponente.
Nell'attuale Aec l'indennità meritocratica è stata profondamente modificata divenendo, da
emolumento meramente residuale e di scarsissimo impatto economico, un istituto di primaria
importanza per l'agente.
Il metodo di calcolo infatti è stato rivisto integralmente in modo tale da conferire maggiore rilievo
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all'aspetto del merito e all'incremento del fatturato apportato dall'agente, giungendo a risultati
economici migliori rispetto alla precedente disciplina.
Per calcolare l'indennità meritocratica deve innanzitutto essere individuato il valore reale
dell'incremento del fatturato (intendendo come fatturato il volume delle vendite effettuato dalla
casa mandante nella zona o per la clientela affidata all'agente). Per fare ciò occorre mettere a
confronto il fatturato iniziale procurato dall'agente (rivalutato secondo gli indici istat) e quello
finale e successivamente fare il rapporto tra i due valori, ottenendo in tal modo il tasso di
incremento. Il periodo da prendere in considerazione per la determinazione del volume del
fatturato è variabile a seconda della durata del rapporto. Ad esempio, se il rapporto dura da tre
anni si devono prendere i primi e gli ultimi quattro trimestri; se dura da sette a nove anni allora si
prenderanno i primi e gli ultimi 12 trimestri. A seconda della percentuale di incremento e della
durata del rapporto si otterrà una somma di un importo percentuale variabile dal 25% al 100% del
massimo dell'indennità ex. art.1751 c.c.(la media provvigionale degli ultimi 5 anni). Dalla somma
ottenuta dovrà sottrarsi l'importo del Firr e dell'indennità suppletiva di clientela; il risultato è la
nuova indennità meritocratica.
La modalità di determinazione del tasso di incremento sarebbe stata più logica e corretta se avesse
preso come riferimento il valore del fatturato realizzato dalla preponente nella zona affidata,
cosicchè poteva essere valutato il reale incremento anche nel rispetto dei principi meritocratici
dettati dal codice civile.
Necessità della conciliazione Sindacale per percepire le indennità
Balza subito agli occhi un'altra importante innovazione dell'attuale Aec: la corresponsione delle
indennità di risoluzione rapporto (Firr) e di clientela, deve necessariamente avvenire entro 30
giorni dalla cessazione del rapporto di agenzia mediante la sottoscrizione di un verbale di
conciliazione sindacale, le cui disposizioni, come è noto, non potranno essere oggetto di
impugnazione.
Ciò per evitare quello che sta accadendo oggi, ovvero che l'agente, dopo aver percepito le
indennità previste dagli Aec, agisca in giudizio per ottenere la liquidazione da parte della
preponente della differenza tra quanto già percepito ai sensi degli accordi collettivi e la maggior
somma che dimostrerà eventualmente di aver diritto a titolo di indennità europea.
In sostanza, qualora l'agente decida di richiedere le indennità degli Aec, dovrà obbligatoriamente
sottoscrivere un verbale di conciliazione, in caso di rifiuto perderà il diritto a percepire dette
indennità e potrà agire esclusivamente per ottenere l'indennità prevista dal codice civile con tutti i
problemi probatori che ciò comporta.
Non sarà pertanto più possibile seguire l'orientamento prevalente della Corte di Cassazione,
sviluppatosi successivamente alla sentenza della Corte di Giustizia del 2006, il quale considerava le
indennità degli Aec come un minimo garantito.
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ENTE BILATERALE (art.22)
Con il nuovo Aec è stato istituito l'Ente Bilaterale la cui finalità è quella di provvedere ad assicurare
la formazione professionale a tutti gli agenti e rappresentanti di commercio.
ASSISTENZA SANITARIA INTEGRATIVA (art.23)
Le parti stipulanti l'accordo si sono impegnate ad istituire un fondo di assistenza sanitaria
integrativa al Servizio Sanitario Nazionale, il cui Statuto e Regolamento verrà definito da una
Commissione Bilaterale.
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
Ad opinione del sottoscritto, il nuovo accordo ha in sè la possibilità di determinare reali vantaggi
per la categoria e costituisce pertanto un passo avanti nella tutela dei diritti dell'agente di
commercio. Non tutti i nodi sono stati sciolti ma dei significativi miglioramenti sono stati ottenuti
nell'ambito di vari istituti. A questo proposito occorre ricordare che gli accordi economici collettivi
sono il frutto del compromesso tra i contrapposti interessi della categoria degli agenti e dei
preponenti, pertanto i risultati ottenuti vanno quindi giudicati anche alla luce di questo
significativo aspetto.
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