BMW R NINET

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Numero 178
09 Dicembre 2014
61 Pagine
Prove
Husqvarna
Factory 2014
Welcome back Husky
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Novità
Yamaha YZF-R1 e
YZF-R1M, i prezzi
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MotoGP
Aspettando DopoGP
Loris Reggiani: “Rossi
la sorpresa, Lorenzo la
delusione”
| PROVA NAKED |
BMW
R NINET
da Pag. 2 a Pag. 11
All’Interno
NEWS: Ducati Scrambler iniziata la produzione | M. Clarke Kawasaki H2R: moto esagerata! | N. Cereghini Collezionisti
o garagisti? | SBK: Guintoli “Honda? Sembra facile da guidare” | MX: Pourcel Il mio avversario? Tony Cairoli”
BMW R nineT
PREGI
Estetica e guidabilità
DIFETTI
Strumentazione e alcune finiture
Prezzo 15.530 €
PROVA NAKED
LA SPECIAL DI
SERIE È SERVITA
E’ una BMW moderna in tutto e per tutto, ma si
richiama alle prime boxer (di 90 anni fa) grazie a
un’estetica rétro molto affascinante e nasce per
essere personalizzata. Prezzo importante: 15.530 euro
di Francesco Paolillo
Foto Matteo Gebbia
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A
Monaco hanno saputo stupirci
più di una volta negli ultimi anni,
producendo moto dalle caratteristiche originali, appartenenti
alle categorie più disparate, ma
una moto come la R nineT – che
si legge Ninety, novanta - ancora non l’avevamo vista. Una BMW pensata e realizzata su misura per gli amanti della customizzazione, che
potranno personalizzarsela a piacimento pur
rimanendo nei confini della legalità (almeno in
Italia dove qualsiasi modifica espone al rischio
di sanzioni, fino al sequestro del mezzo), mantenendo garanzia e funzionalità, tipici dei prodotti
BMW. Come emerso nel corso della prima presa
di contatto del nostro Andrea Perfetti, la “ninetta” è una moto che colpisce e affascina sin dal
primo istante, sia da ferma, sia in movimento,
Media
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Prove
guidandola. Essenziale e minimalista, pone le
basi del suo look su pochissimi elementi, primo
tra tutti il serbatoio di alluminio, in parte spazzolato, che sovrasta il boxer 1200, altro protagonista dell’estetica, ma anche le piastre di sostegno
della sella. Pochi particolari che rendono unica
questa moto. La cura e l’esecuzione degli accoppiamenti dei singoli elementi è caratterizzata da
alti e bassi, luci e ombre che però non intaccano
l’immagine della nineT, ma il giudizio deve tenere
conto di un prezzo di acquisto impegnativo, che
può salire ulteriormente scegliendo tra gli optional quali il codino monoposto in alluminio oppure lo scarico singolo (che come quello di serie è
griffato Akrapovič). Alcuni particolari secondo noi
non sono allineati all’immagine che la nineT vuole dare di sé, e pensiamo al telaietto di supporto della sella passeggero, con relative pedane,
entrambi abbastanza dimessi, oppure al cavalletto laterale di estrazione decisamente proletaria, così come i supporti del parafango anteriore
che richiamano falsamente l’alluminio, ma che
in realtà sono di plastica. Particolari che però a
quanto pare non hanno raffreddato gli animi e
l’entusiasmo dei clienti BMW che hanno letteralmente bruciato le nineT disponibili per il mercato
italiano. Anche dal punto di vista ciclistico ci saremmo aspettati qualche cosa di più, senza nulla
togliere a quello che viene montato di serie che
funziona molto bene, come leggerete più avanti.
La forcella, è si derivata da quella che monta la
S1000 RR, ma è priva di regolazioni idrauliche,
mentre il mono prevede il registro in continuo
del solo precarico molla. Manca il controllo di trazione, e altri ammennicoli elettronici applicati al
motore, ma fortunatamente non l’ABS, che non
è il solito Continental-Teves, ma un Bosh dagli
ingombri più adatti alle forme sciancrate della
naked tedesca. L’immortale boxer è per l’occasione in versione da 1170 cc con raffreddamento
misto aria-olio, un motore dalle caratteristiche
perfette per la vintage tedesca, che più che le
prestazioni pure, si distingue per l’erogazione
ai bassi e medi regimi, così come emerso prima
durante la prova e poi nel test al banco. Prestazioni in linea con l’immagine della nineT, niente
super prestazioni, ma tanto piacere di guida. Il
banco ci dice che il boxer preferisce donarsi “tutto e subito”, coppia esuberante fino a 5.000 giri,
limite oltre il quale si manifestano delle flessioni,
percepibili più sulla carta che non nella guida, e
potenza che cresce lineare anch’essa fino ai cinquemila, per poi salire in maniera meno costante
fino al limite dei giri, fissato a quota ottomilacinquecento. Questo è quanto emerge dalla lettura
dei freddi numeri del banco prova, va detto che
in pratica le sensazioni sono decisamente diverse. Primo perché guidando la nineT, e tenendo il
boxer entro il limite dei cinquemila giri, ci si trova a viaggiare decisamente allegri, per non dire
forte, e poi perché tirare il boxer a fondoscala
non si addice alla donzella teutonica. La ciclistica
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da parte sua, permette di godersi fino in fondo
le prestazioni del motore, mancheranno le regolazioni minime e indispensabili, ma bisogna
ammettere che la nineT si guida davvero bene,
confortevole quando richiesto e brillante se sollecitata. La forcella affonda anche troppo repentinamente, spostando l’ago della bilancia verso
il confort, ma si indurisce gradualmente man
mano che si raggiunge il fondocorsa, garantendo un comportamento apprezzabile anche alzando il ritmo (certo che poter mettere mano a
un registro per la compressione …). Il mono da
parte sua garantisce un giusto compromesso
tra confort e prestazioni, inoltre seppur dotato
del solo registro in continuo del precarico molla
(tramite un comodo pomello), è piuttosto sensibile alle regolazioni del caso. Ottima la funzionalità dei freni e soprattutto dell’ABS, mentre la
generosa impronta a terra delle ruote, gommate
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Prove
Metzeler Roadtec Z8, garantisce grip in abbondanza, anche quando le condizioni dell’asfalto
sono tutt’altro che ottimali. Le soddisfazioni che
si traggono dalla nineT, dunque, non sono solo
legate agli apprezzamenti altrui davanti al locale
alla moda, ma sono legate anche alle prestazioni
dinamiche, e alla piacevolezza di guida, sia che si
vada a spasso, con il boxer borbottante, sia che
si cerchi qualche emozione in più, con il bicilindrico che cupo riecheggia e fa tremare vetri delle
auto. Le prestazioni pure non sono determinanti
su una moto quale la “ninetta”, per cui i 212 km/h
raggiunti di velocità massima sono più che sufficienti nel caso in cui si voglia strigliare il boxer,
mentre lascia perplessi la scarsa precisione della strumentazione, che per i nostri gusti appare
anche poco leggibile, a causa delle dimensioni
dei due indicatori analogici, e mancante dell’utile indicatore del livello carburante. Tanto per
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rendere l’idea a 145 km/h indicati dal tachimetro,
corrispondono 130 km/h effettivi, mentre la velocità massima indicata dalla strumentazione è
di oltre 240 km/h! Dove invece la nuda BMW non
tradisce, è nei consumi, sempre piuttosto bassi,
e che nell’uso quotidiano si aggirano in media intorno ai 20 km/l, anche a velocità autostradale,
mentre a velocità costante di 90 km/h si oltrepassano con facilità i 25 km/l. Tirando le somme
la R nineT è una moto da guardare, da esibire, ma
soprattutto da guidare, una moto che sa essere
originale esteticamente, ma che sa dare tanto
anche quando si parla di piacere di guida.
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Prestazioni rilevate
SCHEDA TECNICA
ABBIGLIAMENTO
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Prove
Casco Caberg
Giacca IXS Albatros
Guanti IXS Fresh
Stivali TCX Custom Gore-Tex
BMW R Nine T 1200 15.530 euro
Tempi: 4
Cilindri: 2
Cilindrata: 1170 cc
Disposizione cilindri: Boxer
Raffreddamento: ad aria/liquido
Avviamento: E
Potenza: 110 cv (81 kW) / 7500 giri
Coppia: 12.13 kgm (119 Nm) / 6000 giri
Marce: 6
Freni: DD-D
Misure freni: 320-265 mm
Misure cerchi (ant./post.): 17’’ / 17’’
Normativa antinquinamento: Euro 3
Lunghezza: 2220 mm
Larghezza: 890 mm
Altezza sella: 785 mm
Capacità serbatoio: 18 l
Segmento: Naked
Potenza massima corretta all’albero:
103 cv a 8260 giri
Coppia massima corretta all’albero:
11,0 kgm a 4920 giri
Scarti tachimetro: a 130 orari +15 km/h
Peso: 222 kg col pieno
Peso a vuoto: 208.5 kg
Consumi:
urbano: 16 km/litro
extraurbano: 21 km/liltro
autostrada a 130 km/h: 17,5 km/litro
Velocità massima: 212 km/h
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Husqvarna Factory 2014
PREGI
Erogazione della coppia
DIFETTI
Posizioni in sella molto personalizzate
PROVA OFFROAD
WELCOME
BACK HUSKY
Husqvarna, al termine di una stagione ricca di
soddisfazioni, apre le porte al suo reparto corse.
Per un test esclusivo delle moto ufficiali di
Dean Ferris, Todd Waters, Romain Febvre e
Aleksandr Tonkov, e per portarci dietro le
quinte dove tutto nasce e viene sviluppato
per le gare
di Aimone Dal Pozzo
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
ed emozione lungo il cammino che, passo dopo
passo, sta riportando il marchio Svedese al top
delle classifiche mondiali. “Siamo partiti poco
più di un anno fa con il rilancio di questo grande
marchio ed i risultati raccolti in così breve tempo sono incredibili!” Afferma Paolo e prosegue.
“L’essenza del test organizzato oggi è quello di
far conoscere sempre di più al pubblico queste
moto e soprattutto di trasmettere il forte legame
che esiste tra queste moto ufficiali e quelle che
si trovano dai concessionari”. In tutto questo
mancano i bilici, che sono già ad aspettarci a 13
km di distanza presso la pista di Walkenswaard,
altro tempio del motocross, per la prova dinamica di questi gioielli, talmente puliti ed ordinati
che è quasi un peccato buttarli nella sabbia nera
olandese...o forse no!
L
ommel, patria indiscussa del
cross e palestra per tutti i piloti
moderni che vogliono definirsi
tali, è anche la sede dei team più
prestigiosi del circus mondiale.
Qui infatti troviamo la sede operativa dei due Factory Team Husqvarna ovvero
il Wilvo Nestaan di Jacky Martens impegnato
nella MX2 e l’Ice one di Kimi Raikkonen protagonista della MXGP. Entrambe posizionati a non
più di 100 metri dal tempio sacro del motocross,
si rivelano estremamente professionali ed organizzati. Qui, al confine tra Belgio ed Olanda,
il motocross è una cosa seria, non solo per chi
lo pratica, ma anche per chi ne fa un business.
Non è un’attività collaterale, non è solamente
una passione da coltivare e basta, esso diventa
il fulcro di un’attività imprenditoriale alla quale lavorano e concorrono numerose persone. I
team sono totalmente autonomi e attrezzati con
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tutto quanto necessario, in spazi inimmaginabili
per noi, tanto sono ampi e puliti. Palestra, alloggio per i piloti, magazzino ricambi, banco prova,
zona motori, area sospensioni, sono solo alcuni
degli importanti tasselli che stanno portando
Husqvarna a raggiungere i risultati che sta ottenendo a poco più di un anno dalla rinascita. Il
legame con la casa madre di Mattighofen è forte
e viene alimentato quotidianamente, e, grazie
alla presenza di due grandi personaggi come
Jacky Martens, già campione del mondo con la
stessa Husky e Kimi Raikkonen, indiscusso protagonista della formula uno nonché sfegatato
appassionato e praticante del motocross, si sta
creando una grande sinergia che permette di far
evolvere i prodotti di serie in maniera esponenziale, abbinando il know how aziendale con gli input dei piloti e le esperienze raccolte sul campo
ogni giorno. Paolo Carrubba, Marketing Manager
di Husqvarna Motorcycles ci guida con orgoglio
Prove
FC 350 Dean Ferris
Partiamo subito dalla più particolare, ovvero
quella con la cilindrata ibrida considerando la
classe in cui corre. Subito notiamo una posizione
di guida particolare in quanto Ferris non è molto alto ed ha apportato diversi cambiamenti. La
sella è rigida ma più scavata nella parte centrale per avere una posizione da seduto più bassa,
senza però andare ad ridurne lo spessore nella
prima parte, con il risultato che sembra a volte
di essere seduto in salita. Le leve al manubrio
sono piuttosto rivolte verso il basso, specie la
leva del freno anteriore. Il freno posteriore al
contrario è bello alto come piace a me e consente di arretrare molto durante le fasi di staccata. Come sospensioni la forcella ufficiale WP
in alluminio con steli da 52 mm di diametro è
Media
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corposo e pastoso. Rispetto alle sorelle minori
questa moto è più stabile e piantata, la differenza
sostanziale però la avverti quando spingi un po’
di più e provi a cercarne il limite. Non appena ti
avvicini infatti, avverti subito che è impegnativa
e difficilmente riesci a correggere con semplicità
eventuali sbavature e perdite di aderenza. Se la
guidi pulito è uno strumento da gioielliere, tanto
è precisa, ma non provare a tirarle il collo perché
se no due giri sono già un’enormità di tempo!
Una curiosità è che su questa moto (e solo su
questa) troviamo a fianco della frizione il comando rapido di scelta delle mappature, la prima per
maggior progressione, la seconda per la botta,
probabilmente per la partenza.
incredibilmente precisa, tanto che in una
Walkenswaard un po’ fangosa e colma di caregge sono state di grande aiuto in quanto, una volta
entrati in un canale sembrava essere proiettati
sulla linea dell’alta velocità. Questo ovviamente
si riflette sulle braccia che devono essere sempre
presenti anche se, rispetto ad altre moto factory,
non risentono di quella rigidità che ammazza i
polsi in poco tempo. Il mono, come per il resto
della gamma, è sostenuto (molla da 4.8) e particolarmente frenato di ritorno. Tale impostazione
rende la moto molto secca e ben piantata a terra,
ma anche molto prevedibile e istintiva. Il motore
è quanto di meglio può offrire una moto da cross:
tiro incredibile ai bassi e medi tanto che puoi dimenticare le marce, ma che non ti porta mai ad
essere attaccato via. Certo, devi fare tutto giusto
e mantenere bene la posizione in sella, ma appena dai gas lei è talmente precisa nello scaricare
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Prove
FC 250 Romain Febvre
In questo caso la posizione in sella è standard.
Il telaietto posteriore in carbonio, comune a tutti i modelli factory, che va a sostituire quello di
serie di plastica, non ha misure differenti ed il
grip che si ottiene dalla carta vetra incollata ad
arte sui montanti laterali è notevole e trasmette
tanta fiducia e controllo. Su questa moto troviamo anche delle piastre di sterzo inedite in
quanto, tra quella inferiore e quella superiore
sono presenti dei tiranti che si incrociano dietro
alla tabella porta numero. Questa particolarità
portata in gara dalle 250 del team di Martens è
unica in quanto è un sponsor del francesino da
quando ha iniziato a correre. Il sistema permette
la potenza a terra che anche sulla sabbia, se non
fai attenzione, rischi di dare il giro. In alto offre
grande potenza, ma ci arriva con un’ottima progressione. La componentistica interna, a parte
il corpo frizione marchiato Hinson, arriva in toto
dal reparto corse austriaco e vengono utilizzati
tutti i prodotti già presenti sui modelli di serie,
con l’unica differenza che questi fanno 2 gare,
massimo 20 ore di utilizzo e poi vengono rispediti alla base per una revisione totale. Fatta salva la
personalizzazione nella posizione in sella quindi
è una moto facilmente utilizzabile e soprattutto
incredibilmente divertente. Degni di nota sono
gli impianti frenanti, Brembo ufficiali, abbinati a
pastiglie e dischi Moto Master (260 e 220 mm)
che sono aggressivi ed efficaci, tanto che basta
sfiorare le leve per sentire l’effetto frenante. Il
motore è rotondo da matti ed il meglio di sé lo
dà nella prima fase di accelerazione dove risulta
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di gestire la flessibilità delle piastre e, in questo
caso di ottenere un avantreno più rigido che tiene in asse le forcelle in fase di staccata. Queste,
scorrendo meglio in quanto le canne rimangono
maggiormente allineate, lavorano in maniera
più efficace ed, alla fine, risultano più morbide
e progressive. Allo stesso tempo apportano un
aspetto benefico anche al posteriore che rimane
più in asse soprattutto nelle buche più pesanti e
nelle sezioni di waves. Quanto al motore la piccola 250 chiede di usare spesso le marce, ma una
volta prese le misure diventa facile e divertente
anche se non è per nulla fatta per andare piano.
Nella prima parte di erogazione sale abbastanza
lenta e progressiva, per andare poi a distendersi
fino al fuori giri che è davvero in alto.
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Prove
FC 250 Aleksandr Tonkov
Anche in questo caso la posizione in sella è lineare e simile alle moto di serie. In questo caso però
mi ha colpito la leva del freno posteriore davvero
alta. Il motore, pur essendo di medesima derivazione di quella di Febvre, gira in maniera differente, quasi come se avesse una diversa base.
I meccanici invece mi confermano che si tratta
esclusivamente della mappatura che per Tonkov
è molto più rapida a salire e si ferma prima, mentre il francese vuole un motore molto più disteso.
Risultato è che questa gira forte, a mio avviso è
più rumorosa ed ha anche maggior freno motore. Questo trasmette una sensazione di maggior
pesantezza all’avantreno cosa che viene ulteriormente enfatizzata con un mono molto frenato
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Casco: UFO
Occhiali: Scott
Maglia: Alpinestars Techstar
Pantaloni: Alpinestars Techstar
Guanti: Alpinestars Techstar
Stivali: Tech 8
di ritorno, che se da una parte la rende stabile,
da all’altra spinge in staccata. In conclusione
quattro super moto, non tanto in termini di prestazioni, ma piuttosto per la cura maniacale dei
dettagli che le rendono delle vere opere d’arte. Il
segreto, da quanto ho potuto constatare, sta nel
creare per ogni pilota quella sensazione di sicurezza che gli permette di dare il massimo in ogni
situazione.
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News
dell’acceleratore, angolo di piega, tracking GPS,
e di vedere, comparare e condividere tutti i dati,
e/o cambiare tutti i setting con un tablet usando
una normale connessione wi-fi. La YZF-R1M sarà
anch’essa disponibile a partire da marzo 2015
nella colorazione Silver Blu Carbon al prezzo di
22.990 euro franco concessionario e sarà ordinabile solo online a partire dal giorno 1 dicembre
tramite il sito dedicatohttps://r1m.yamahamotor.eu/it-IT/registration. I possessori della
nuova Yamaha YZF-R1M riceveranno l’invito a
partecipare alla Yamaha Racing Experience con
la propria moto. L’iniziativa avrà luogo in quattro
importanti circuiti europei durante il prossimo
mese luglio. Il circuito italiano sarà quello del
Mugello, nei giorni 28 e 29 luglio 2015. I partecipanti avranno l’opportunità di incontrare ospiti
speciali Yamaha e partecipare a sessioni di guida
in pista in sella alla propria R1M con l’assistenza
di Colin Edwards e di tecnici a disposizione per
fornire consigli professionali sul setting.
I PREZZI DELLE NUOVE YAMAHA
YZF-R1 E YZF-R1M
Yamaha comunica i prezzi della nuova super sportiva R1, in versione
base e “M”. In più, a luglio, chi avrà la R1M sarà al Mugello con la
Yamaha Racing Experience e Colin Edwards
S
e non è stata la più ammirata all’ultimo salone di Milano, la mille Yamaha
è stata probabilmente la regina fra
le super sportive. La nuova Yamaha
YZF-R1 fa compiere un ulteriore balzo in avanti
alla serie lanciata nel 1998 grazie a una totale
rivisitazione tecnica e all’introduzione di molta
elettronica in più. Si tratta di una potenza di 200
cv abbinata al peso di 199 kg, uno in più per la
versione M1. La YZF-R1 2015 sarà in vendita nelle
colorazioni Race Blu e Racing Red a 18.490 euro
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franco concessionario a partire da marzo 2015.
La YZF-R1M è una Limited Edition pensata per
gli esperti che cercano le prestazioni più evolute
in pista e in gara. Prodotta in quantità limitata, la
R1M è dotata di sospensioni elettroniche Öhlins
Electronic Racing Suspension (ERS), carenatura in fibra di carbonio, speciali pneumatici Bridgestone, Communication Control Unit (CCU)
con funzione di data logging, che permette al
pilota di memorizzare molte informazioni sulla
guida, tra cui tempi sul giro, velocità, posizione
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News
MERCATO A NOVEMBRE
IMMATRICOLATO A -16%.
SALDO 2014 ANCORA IN ATTIVO
di Maurizio Gissi | Le vendite del mese di novembre sono tornate ad
avere il segno negativo: -16% rispetto a un anno fa. Pulendo però il dato
dalla commessa di Poste Italiane dell’anno scorso la perdita si ferma a
-4,7%. Il totale immatricolato dei primi 11 mesi del 2014 rimane in
positivo rispetto al 2013
I
l mercato 2014 prosegue nella sua alternanza di risultati. Il computo delle immatricolazioni di novembre è tornato ad avere il segno negativo: rispetto a novembre dell’anno
scorso il calo è stato pesante, del 16%. Ed è accaduto dopo un bimestre settembre e ottobre positivo. La situazione non è quindi buona per quanto
riguarda l’undicesimo mese dell’anno – che ha
una influenza del 4% sul volume annuale – ma è
corretto ricordare che a novembre 2013 ci fu una
commessa di Poste Italiane che ora è mancata,
per cui il dato pulito dà sostanzialmente lo stesso
numero di scooter venduti dell’anno scorso. A novembre 2014 le immatricolazioni moto+scooter
sono state di 5.723 unità. Le moto sono state
1.699, quindi con un calo del 4,7%, mentre gli
scooter sono scesi del 20,1%. Sempre negativa la
situazione dei cinquantini che a novembre hanno
visto le registrazioni fermarsi a quota 1.218, ovvero -14,9%. A novembre dell’anno scorso va però
ricordato che la chiusura fu ben peggiore, con le
moto a -17,5% rispetto allo steso mese del 2012
e con gli scooter a +0,8% grazie alla commessa
delle Poste, ma con un dato di immatricolato “reale” (di venduto all’utente finale) con un valore
negativo di -19,4% rispetto all’anno precedente.
La Top 50 moto di novembre 2014
Nell’immatricolato
24
mensile
la
novità
non
riguarda i primi tre posti, con le solite note
R1200GS e NC750X, quanto la presenza di quattro KTM nelle prime nove posizioni. Si tratta dei
nuovi modelli enduro EXC che anticipano la stagione 2015, mentre la prima 125 in classifica è
sempre un’austriaca: la Duke 125. Rallentano invece le due Yamaha MT, 07 e 09, che finora avevano ottenuto migliori risultati parziali. Altra particolarità, la presenza di una sola moto giapponese
nelle prime unidici posizioni del mese.
La Top 50 scooter di novembre
Nessun cambiamento importante nella classifica degli scooter più venduti, che è molto simile
a quanto visto nel mese di ottobre. Se si esclude
il maxi scooter Yamaha T-Max (settimo), sono
sempre i modelli a ruote alte a occupare le prime undici posizioni. Fra il terzetto Honda SH è il
modello 150 a confermarsi come il più venduto.
Honda, Piaggio, Yamaha e Kymco sono le marche
largamente più vendute.
Il mercato da gennaio
a novembre 2014
Con molta fatica il 2014 si avvia alla chiusura senza perdite rispetto al 2013. E questo è già un bel
risultato visto che la discesa nelle vendite proseguiva ininterrottamente e pesantemente dal
2007. Nei primi undici mesi dell’anno sono state
immatricolati 151.714 veicoli, con un incremento
dell’1,2% rispetto all’anno scorso. Quando invece
il calo era stato pari a -19,8% (scooter a -23,4% e
moto a -11,5%). Da gennaio a fine novembre gli
scooter hanno raggiunto le 98.746 unità vendute
(erano state 98.730 nello stesso periodo dell’anno scorso), mentre le moto sono state 52.968,
ovvero +3,4%. Il calo dei ciclomotori è stato però
del 15,7%, con le registrazioni che si sono fermate a 25.635: nel periodo 2012-2013 la perdita era
stata addirittura del 36%. Il totale complessivo
delle moto e scooter targati, più i ciclomotori,
nei primi 11 mesi del 2014 ammonta pertanto a
177.349 veicoli, pari al -1,7% rispetto allo stesso
periodo dell’anno scorso.
La Top 100 generale fino
a novembre 2014
Ogni tre nuove due ruote vendute nel nostro Paese, due sono scooter. Non c’è quindi da stupirsi
che la prima moto si trovi al sesto posto in classifica generale e la seconda solamente al decimo.
Nelle prime trenta posizioni le moto sono soltanto sei.
La Top 100 moto da gennaio
a novembre
Con il primi e il terzo posto in classifica, la BMW
R1200GS e R1200GS Adventure raggiunge le
5.199 unità. Come dire che quel modello vale
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News
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da solo il 9,8% delle vendite totali. Fra le moto
l’andamento è contrastante. Il segmento principale delle maxi oltre 1.000 cc, con 18.016 vendite, accelera con un +16%; seguono in termini
di importanza le 800-1.000 con 12.808 veicoli
venduti e un +0,6%. Le cilindrate intermedie tra
650 e 750 (10.566 unità) confermano una crescita del +6,7%, mentre al contrario le 600 perdono volumi in modo notevole con solo 701 moto
e un -64,6%. Prosegue in positivo anche il segmento delle moto da 300 a 500 con 5.542 immatricolazioni e un +9%. Calano invece le moto
150-250 con 1.945 vendite e un -6,9%, insieme
alle 125 con 3.390 unità vendute pari al -12,9%.
Nelle tipologie ci sono significativi cambiamenti:
le moto enduro stradali con 18.006 pezzi spuntano un +7% e si confermano come le preferite.
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Seguono le naked in forte progressione con
17.658 vendite e un +17,1%, al terzo posto sono
stabili le custom, pari a 5.799 moto e un +0,4%.
Seguono le moto da turismo con 4.604 veicoli pari al -4,9%. Si assottiglia la quota rispettivamente delle sportive, con 3.248 unità che si
traduce in un -24,6%, e delle supermotard con
2.524 moto in flessione del -21,4%.
La Top 100 scooter
da gennaio a novembre
Tornando agli scooter, l‘approfondimento per
cilindrata mostra un consolidamento dei modelli 125, con 32.804 vendite, pari al +2,5%,
mentre i 150-200c (22.440 unità vendute) arretrano del 7,3%. In ripresa i 250 con 3.945 pezzi
e un +14,7%. Migliora anche l’altro segmento
importante, quello dei 300-500 che totalizza
32.028 veicoli pari al +2,7%. Infine i maxi scooter
oltre 500 che con 7.529 unità presentano un calo
del -5,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno
scorso. Un dato la dice lunga sulla diffusione degli scooter Honda SH, se si sommano le vendite delle tre versioni, 150, 125 e 300, si arriva alla
quantita di 20.023 esemplari venduti nei primi
unidci mesi, ovvero il 20,3% dell’intero mercato
scooter. Uno scooter su cinque è un SH. I primi
dieci modelli in classifica concentrano oltre il
40% delle vendite totali di scooter.
La Top 50 moto di novembre 2014
La Top 50 scooter di novembre
La Top 100 generale fino a novembre 2014
La Top 100 moto da gennaio a novembre
La Top 100 scooter da gennaio a novembre
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una presenza in veste di wild card già nel 2016
- e la parallela produzione di una super sportiva
spinta da un inedito motore quattro cilindri a V
RC16. Una moto realizzata in serie limitata, con
la qualità di una replica GP e costo preventivato
fra i 150 e i 200 mila euro, a uso pista insomma.
Durante il Salone di Milano, Stefan Pierer ha rilasciato un’intervista poi pubblicata dal settimanale inglese MCN.
Il numero uno di KTM ha dichiarato che a Mattighofen si sta lavorando allo sviluppo di nuovi
motori di media cilindrata. L’intento è evidentemente quello di colmare lo spazio che c’è attualmente fra i monocilindrici più grandi (690
cc) e il più piccolo del V2 (1.050 cc) in modo di
News
allargare l’offerta di modelli inediti. Perché di
questo si tratta: tali motorizzazioni permetterebbero di creare nuovi modelli stradali, ed enduro
stradali, attualmente non presenti tanto nella
gamma KTM come in quella Husqvarna.
Per la sua intrinseca versatilità, un bicilindrico di
media cilindrata – si tratterebbe di motori V2 fra i
600 e gli 800 cc – offre infatti molteplici possibilità di applicazione. I tempi non sarebbero lontani, circa tre anni per vedere realizzati i primi frutti
del progetto. E per far crescere ulteriormente il
giro di affari che è in costante aumento. L’anno
scorso erano state vendute 124.000 moto, con
un incremento del 15,6% sull’annata precedente.
KTM, IN ARRIVO NUOVI MOTORI V2
PER INEDITE 600 E 800
di Maurizio Gissi | Gli eccellenti risultati di vendita, e operativi, del 2014
sono rafforzati dai futuri ambiziosi programmi di KTM. Dopo l’annuncio
della super sportiva V4, si parla ora di una nuova famiglia di motori V2
di media cilindrata
K
TM si appresta a chiudere un anno
2014 da record. I numeri di vendita al
termine del terzo trimestre raccontano che la marca austriaca ha venduto 115.731 moto, ovvero il 29,2% in più rispetto
ai primi nove mesi dell’anno scorso. Il fatturato
è salito a 644,8 milioni di euro, vale a dire un
+20,4%, mentre il risultato operativo di 61,3
milioni di euro fa segnare un +34% rispetto al
28
2013. Questo risultato è da attribuire alla somma
delle vendite KTM e Husqvarna e segna il nuovo
record storico della marca. La quota di mercato
in Europa è così salita all’8,4%. In questa crescita hanno contribuito anche l’introduzione dei
nuovi modelli Husky e l’arrivo sul mercato della
1290 SuperDuke. L’estate scorsa Stefan Pierer,
Ceo KTM, aveva confermato il debutto della casa
austriaca in MotoGP nel campionato 2017 – con
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DUCATI SCRAMBLER
A BORGO PANIGALE È INIZIATA
LA PRODUZIONE
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ufficiosamente di ben oltre 10.000 richieste pervenute alla rete vendita). In secondo luogo nello
stabilimento si respira una bella aria, fatta di passione, di calore umano. È vero, c’è un prodotto
da inaugurare (premiato anche dal sondaggio
di Moto.it), ma c’è anche uno spirito tutto bolognese che coinvolge ogni singolo lavoratore della
Ducati.
La proprietà è oggi della tedesca Audi, ma a conti fatti questo comporta una solidità finanziaria
mai avuta in passato, mentre è impensabile
soltanto ipotizzare una Ducati lontana dalla sua
amata Bologna. Ne abbiamo avuto la prova in
questa giornata particolare, che ha visto l’amministratore delegato Claudio Domenicali baciare la sua creatura alla presenza dei ragazzi che
ogni giorno assembleranno la Scrambler, e dello
staff diretto da Mario Alvisi, che ha curato ogni
singolo dettaglio di questo progetto. Silvano Fini,
direttore dello stabilimento di Borgo Panigale,
ha dedicato una poesia alla nuova icona classic:
«avrà un compito difficile, ma entusiasmante:
scramblerizzare il pianeta terra, mischiare gli
stili, portare un sorriso (guarda il video sopra)».
News
Tradotto in prosa: allargare la famiglia dei ducatisti e conquistare nuovi motociclisti, forse meno
esperti e corsaioli, ma comunque interessati a
un marchio tra i più noti nel mondo dei motori.
L’inizio della produzione dello Scrambler Ducati
è stata anche l’occasione per far conoscere gli
eredi dei mitici “Franco ed Elvira” degli anni 70.
I nuovi testimonial della campagna pubblicitaria
sono due dipendenti della Ducati (Stefano Rendina e Federica Forlani) e sono stati scelti dai loro
colleghi per dare una continuità al divertente stile comunicativo creato dai predecessori più di
40 anni fa. Claudio Domenicali: «Questa prima
moto ha un significato particolare per tutti noi.
Il marchio Scrambler porta dai nostri concessionari una ventata di freschezza e allegria, con un
prodotto che coniuga modernità e heritage in un
mix mai visto prima nel mondo delle due ruote.
Siamo tutti particolarmente felici. La famiglia dei
ducatisti si allarga, da oggi si parlerà anche degli scrambleristi. Di questo siamo davvero molto
orgogliosi». La Scrambler arriverà nei concessionari a fine gennaio nella versione Icon, con prezzi
a partire da 8.240 euro franco concessionario.
di Andrea Perfetti | Per la prima volta la Casa bolognese apre le porte
dello stabilimento e mostra il rito che accompagna la produzione di
ogni nuovo modello. Ve lo mostriamo in esclusiva!
N
ella terra dei motori la nascita di
una moto non è un semplice evento
da mettere in evidenza nel calendario aziendale. In Ducati tutta la
fabbrica si riunisce per celebrare la prima moto
che prende vita nella linea di montaggio. Fino a
oggi questa festa molto speciale - un vero e proprio rito - era vissuta a porte chiuse, ma con la
Scrambler hanno deciso di cambiare registro e
di coinvolgere anche i giornalisti per far vivere ai
30
lettori delle emozioni molto particolari. E hanno
fatto bene, vi spieghiamo perché. In primo luogo si smentisce per l’ennesima volta la leggenda
metropolitana della Scrambler costruita in Asia
(è vero, ma vale solo per i modelli venduti in Asia,
Australia e America): abbiamo visto la linea di
produzione della nuova Ducati. A Borgo Panigale verranno costruite all’inizio 15 moto al giorno,
ma si arriverà nel 2015 a 50 unità a pieno regime.
Gli ordini raccolti sono infatti già tanti (si parla
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UNA BROUGH SUPERIOR SS100
È LA MOTO PIÙ COSTOSA: 397.000 EURO
di Maurizio Gissi | E’ una Brough Superior SS100 Alpine Grand Sport
la moto di serie più pagata: 397.000 euro all’asta londinese Bonham.
Non è una novità, perché un’altra Brough Superior era stata finora la
più costosa, e la marca inglese guida la classifica tra i collezionisti
L
a rinata Brough Superior, il marchio è
stato acquistato da Mark Upham, ha
presentato il rifacimento della sua inimitabile SS100. La nuova moto è una
V2 da un litro di cilindrata con potenza che può
arrivare a 140 cavalli, a seconda delle versioni, e
che andrà in vendita a circa 65.000 euro. Ma una
SS100 Alpine Grand Sport del 1929 che ha fatto
colpo all’asta Bonham, di Bond Street, domenica
30 novembre, per essere stata battuta a 315.000
sterline (poco meno di 400mila euro). Ovvero a
un valore che segna il nuovo record a un’asta
pubblica per una moto di serie. L’esemplare che
finora guidava la classifica era un’altra Brough
Superior, una SS80 che nel 2012 era stata battuta all’asta al corrispettivo di 367.000 euro.
Lo scorso ottobre la Harley-Davidson Panhead
Captain America originale usata in “Easy Rider”
era stata acquistata a Los Angeles al prezzo di
1,62 milioni di dollari. Cioè 1,3 milioni di euro, diventano così la moto più pagata della storia, ma
si è trattato di un pezzo unico e non di una moto
realizzata in serie. Le moto costruite in Inghilterra da George Brough fra il 1919 e il 1940 sono
state un vero riferimento in termini di prestazioni
per l’epoca. Le più famose sono state la SS80
(chiamata così perché raggiungeva le 80 miglia
orarie, quasi 130 km/h) e la SS100 accreditata
della velocità incredibile per gli anni Venti – con
strade perlopiù bianche – di 100 miglia, 160 chilometri all’ora. Ogni moto veniva venduta con
un certificato a garanzia che quel modello era
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stato misurato alla velocità di cento miglia sulla pista di Brooklands. Come è noto, Lawrence
d’Arabia possedette diverse Brough (otto) e fu
proprio con una SS100 battezzata “George VII)
che si schiantò e morì nel 1932. Anche questo
fatto ha nel tempo rafforzato l’immagine della
Brough Superior, all’epoca definita la Rolls Royce delle moto, tanto che nelle vendite all’asta le
moto che hanno spuntato le maggiori quotazioni
sono queste particolari V-twin inglesi, mentre la
Brough è anche la marca più rappresentata nelle prime cento posizioni di sempre: ben 24 moto
sono Brough. Al secondo posto c’è un’altra marca britannica, la Vincent che vede 14 sue moto
fra le cento più pagate. «La Brough Superior è un
marchio leggendario nel mondo motociclistico –
sono state le parole di Ben Walker, direttore del
dipartimento moto di Bonham – La moto più carismatica è senza dubbio la SS100 e siamo lieti di
poter offrire il modello nella sua veste originale,
un esemplare d’epoca Alpine Grand Sport progettato per onorare il leggendario Alpine Trial,
la gara forse più ardua dell’epoca». La Alpine
Trial era infatti una corsa che si disputava già
negli anni Dieci sulle strade delle nostre montagne, superando il Passo dello Stelvio e molti altri
passi alpini a cavallo fra Austria e Slovenia. Nel
1925 vi partecipò George Brough con una SS100
e vinse diversi premi, fra i quali quello per la moto
più potente. Dalla sua esperienza diretta, Brough
costruì la Alpine Grand Sport di serie, dotandola
di un rapporto di compressione più basso (per
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News
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affrontare le strade in quota), di un parabrezzino e di due borse porta attrezzi per le inevitabili riparazioni sul campo. Nel 1925 furono 69 gli
esemplari di SS100, venduti a un prezzo di circa
170 sterline di allora.
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Tecnica
In questa immagine del nuovo 1000 sovralimentato della Kawasaki è ben visibile la disposizione del compatto
compressore centrifugo sulla parte superiore del basamento, dietro il blocco cilindri
MASSIMO CLARKE
“KAWASAKI H2R: THE ULTIMATE
MOTORCYCLE? OVVERO, UNA MOTO
ESAGERATA!”
La nuova Kawasaki H2 con compressore centrifugo azionato
meccanicamente propone una serie di soluzioni tecniche di grande
interesse. E la H2R è addirittura da fantascienza
C
on la sua nuova supersportiva H2 la
casa di Akashi ha voluto strabiliare
il mondo della moto. E bisogna dire
che c’è riuscita perfettamente. Si
tratta di una realizzazione assolutamente estrema, che percorre una strada diversa da quella
intrapresa dagli altri costruttori delle 1000 a
quattro cilindri di alte prestazioni, studiate anche per poter essere utilizzate nelle gare delle
superbike. Per il nuovo modello di punta della
34
Kawasaki questa possibilità non è prevista, dato
che i motori sovralimentati non sono ammessi
dal regolamento. Però della moto è stata anche
sviluppata una versione, la H2R, che non può essere impiegata sulle strade aperte al traffico, ma
solo in circuito! Destinata a chi ama sensazioni
straordinariamente forti, questa incredibile quadricilindrica dispone di una potenza inusitata,
addirittura nettamente superiore a quella delle
MotoGP, con i suoi oltre 300 cavalli.
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Tecnica
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La girante del compressore, in lega di alluminio, ha un diametro di soli 69 mm
ed è ricavata dal pieno mediante lavorazione alle macchine utensili
Obiettivo: stupire il
mondo con prestazioni e tecnica
Frutto di scelte tecniche spesso davvero radicali,
la nuova moto è stata studiata senza compromessi, con lo specifico obiettivo di fornire prestazioni eccezionali e di diventare una autentica
pietra miliare nella storia delle due ruote. Come
ovvio, il punto di forza è costruito dalla adozione di un sistema di sovralimentazione che attualmente non usa nessuno (fa eccezione, se
vogliamo, solo la tedesca Horex con motore V6,
presentata un paio di anni fa. In giro però finora
non si è vista…) e che per il settore motociclistico è addirittura inedito. Sulle auto i compressori
centrifughi comandati meccanicamente qualche
raro impiego lo hanno invece avuto in passato
negli USA (e sulla sfortunata BRM 1500 a 16 cilindri di Formula Uno, costruita in Inghilterra nei
36
primi anni Cinquanta), ma da lungo tempo sono
scomparsi dalla scena. Questo, per quanto riguarda i modelli di serie e da corsa, mentre nel
mondo del tuning continuano ad avere un apprezzabile spazio. Quello della H2 è un dispositivo molto evoluto, realizzato sfruttando in larga
misura anche il grande know-how e gli straordinari mezzi in possesso della divisione aeronautica del grande gruppo industriale giapponesi (non
si deve dimenticare che la Kawasaki costruisce
navi e velivoli e che il settore moto non è certamente il più grande del suo impero). La girante
in lega di alluminio è interamente ricavata dal
pieno mediante lavorazioni effettuate su sofisticate macchine utensili gestite tramite computer.
La casa di Akashi ha scelto di realizzare un compressore molto compatto. Niente a che vedere
con i “padelloni” utilizzati a suo tempo su alcune
automobili americane e con i peraltro eccellenti
centrifughi impiegati sui grandi motori d’aviazione del passato. Una girante di piccolo diametro
però deve girare molto forte, per erogare una
adeguata quantità di aria nell’unità di tempo e
per fornire una pressione di alimentazione elevata. Per questo motivo il sistema che trasmette il
movimento dall’albero a gomiti al compressore
nella H2 (e H2R) assicura un incremento considerevole della velocità di rotazione. Rispetto al
motore, la girante ruota nove volte più forte! Lo
stadio finale del sistema di comando è costituito
da un compatto gruppo epicicloidale (coassiale
rispetto alla girante) che ha un rapporto di moltiplicazione di 8:1. Il rapporto totale è 9,2:1 e ciò
significa che quando il motore ruota a 14.000
giri/min (regime che viene raggiunto dalla
H2R), il compressore raggiunge una velocità di
rotazione dell’ordine di 130.000 giri/min. I compressori centrifughi hanno un ottimo rendimento
ma hanno un campo di funzionamento ottimale
relativamente ristretto, all’interno del quale sono
in grado di fornire portate e pressioni considerevoli con un ottimo rendimento (ovvero, con un
ridotto riscaldamento dell’aria e un assorbimento di potenza relativamente modesto). Quelli a
comando meccanico girano con una velocità che
è direttamente legata a quella dell’albero a gomiti. La pressione di alimentazione che forniscono
cresce con il quadrato della velocità di rotazione.
Questo significa che i centrifughi assicurano una
eccellente sovralimentazione del motore agli alti
regimi, ma una decisamente modesta ai medi e
addirittura trascurabile ai bassi. Nel nostro caso
però non è che la cosa abbia una particolare importanza. La H2 non è una moto da granturismo
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Tecnica
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Al posto dell’airbox in plastica vi è un “polmone” in lega di alluminio. Gli iniettori sono del tipo a doccia;
le reticelle poste nelle prese d’aria migliorano la polverizzazione e la distribuzione del carburante
o una naked, che deve fornire prestazioni di punta brillanti ma comunque abbastanza lontane da
quelle delle sportive, e che deve avere una robusta coppia per un campo di regimi relativamente
ampio. Le 1.000 da 200 cavalli sono destinate a
un impiego molto spinto, e vengono studiate sin
dall’origine per fornire risultati eccellenti nell’uso in pista. Quelli che contano sono i cavalli in
alto; il campo nel quale il motore dà il meglio di
sé non è ampio, ma è quello che viene utilizzato
nella guida più sportiva, grazie a un intenso uso
del cambio. Poco importa dunque che una moto
con compressore centrifugo azionato meccanicamente si comporti ai regimi medio-bassi più o
meno come una con motore aspirato di eguale
cilindrata. Agli alti la musica cambia, eccome!
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Specifiche impressionanti
I dati forniti dalla Kawasaki non sono molti, ma
consentono comunque di fare interessanti considerazioni. Il compressore, che come detto è
frutto di una tecnologia molto evoluta, è in grado di elaborare oltre 200 litri di aria al secondo
e di fornire una pressione di sovralimentazione
dell’ordine di 1,4 bar. Una volta uscita, l’aria viene inviata a un polmone in lega di alluminio della capacità di 6 litri. Nelle sportive con motore
aspirato l’airbox ha generalmente un volume
superiore a 7 volte la cilindrata (nella ultima R1
è di 10,5 litri) e viene realizzato in materiale plastico; qui però la situazione è diversa e il “contenitore” deve essere in grado da un lato di sopportare pressioni decisamente superiori a quella
atmosferica e dall’altro di assicurare un buono
scambio termico con l’esterno (è particolarmente apprezzata l’elevata conduttività termica della
lega di alluminio, quindi), contribuendo a limitare la temperatura della carica fornita ai cilindri.
I motori sovralimentati sono molto sollecitati
dal punto di vista termico. Grande attenzione è
stata quindi dedicata dai progettisti al sistema
di raffreddamento. Nelle zone più critiche della
testa, ovvero in corrispondenza delle sedi delle
valvole e della candela, sono stati realizzati ampi
passaggi per l’acqua; addirittura, i condotti di
scarico sono individuali (cioè uno per ogni valvola), il che ha consentito di praticare tra di essi
delle intercapedini per il liquido refrigerante. I
pistoni hanno il cielo quasi perfettamente piano,
e ciò è vantaggioso per la geometria delle camere di combustione; la cosa è resa possibile dal
rapporto di compressione (8,5:1) sensibilmente più basso di quello dei motori aspirati delle
1.000 sportive (dell’ordine di 13:1). Nella cartella
stampa la Kawasaki ci informa di una scelta che
sembrerebbe andare controcorrente: i pistoni
non sono realizzati per forgiatura, ma per fusione. Non si tratta però della consueta colata
in conchiglia. La tecnologia impiegata non viene
indicata, ma dovrebbe trattarsi dello squeeze
casting, procedimento largamente impiegato
da anni tanto in Giappone quanto in Germania
per questi componenti; a meno che non si tratti addirittura di una sofisticata colata in semisolido (!?). Speriamo di saperne di più tra non
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molto. Ad ogni modo, in entrambi i casi il processo produttivo consente di impiegare una
lega dalle eccellenti caratteristiche meccaniche
e dalla elevata conduttività termica e permette di impartire al materiale una microstruttura
particolarmente vantaggiosa. Il carico termico
al quale sono sottoposti questi organi è imponente, soprattutto nel caso della H2R (che eroga
ben 316 CV a 14.000 giri/min!), come dimostrato dal fatto che la sua potenza specifica areale
raggiunge gli 1,7 cavalli per centimetro quadrato
di superficie dei pistoni, mentre nei 1000 quadricilindrici aspirati è dell’ordine di 0,98-1,04 CV/
cm2. Per raffreddare convenientemente questi
componenti ciascuno di essi viene lambito da
due getti di olio (e non uno soltanto), emessi da
appositi ugelli. L’importanza che in questo motore assume la funzione refrigerante dell’olio
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
viene confermata dal fatto che la coppa ha una
capacità di ben 5 litri. La H2 dispone di 200 cavalli, che vengono ottenuti a 11.000 giri/min; le
quadricilindriche sportive di eguale cilindrata e di
analoga potenza li erogano a regimi notevolmente più elevati (ad esempio, 13.500 giri/min nel
caso della R1). Questo vuol dire che grazie alla
sovralimentazione le singole fasi utili che hanno
luogo all’interno dei cilindri della Kawasaki sono
più “energetiche”. La cosa è chiaramente confermata dal fatto che in quest’ultima la coppia
massima è di 133,5 Nm contro i 112,4 Nm della
R1. Viene però raggiunta a un regime di soli 500
giri inferiore a quello di potenza massima, mentre nel motore Yamaha le velocità di rotazione
alle quali si hanno i due picchi sono separate da
2000 giri/min. OK, quello che conta è l’andamento delle curve, comunque…
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Tecnica
Questa immagine consente di osservare tra l’altro i pistoni, realizzati con un procedimento
fusorio altamente sofisticato e dotati di un cielo quasi perfettamente piano
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MERCATO PILOTI
PERCHÈ NON COPIARE DALLA NFL?
di Pietro Ambrosioni | Le Case costruttrici, o i Team stessi, spesso
investono tempo e denaro in piloti, per poi vederseli scappare ed
approdare magari alla diretta concorrenza. In USA è interessante il
caso del Football NFL, dove ogni acquisizione è regolata in modo
da garantire un ritorno economico a tutte le parti
Q
uesta settimana vi parlo di qualcosa che mi rode da un bel po’ di tempo. Ne parlai a lungo con alcuni miei
colleghi già anni fa ma l’argomento
è tornato alla ribalta in questi giorni,
proprio come in ogni finale di stagione. La scintilla che ha riacceso la fiamma è arrivata grazie
all’annuncio che Cody Webb, appena laureatosi
campione 2014 nell’AMA Endurocross, ha lasciato la Beta per firmare con il Team RPM Racing
KTM.
Premetto che ho enorme stima per ogni pilota,
a qualsiasi livello. E capisco che i professionisti
siano in un certo senso “obbligati” a fare scelte
talvolta drastiche e non proprio simpatiche, nella
loro ricerca di un mezzo più competitivo possibile e una squadra che li supporti al meglio. Capisco anche che un professionista in questo settore, dove le carriere non sono poi lunghissime,
debba sempre cercare di realizzar dil massimo
guadagno in termini di ingaggio, visto che non
può pensare di arrivare alla pensione correndo
in moto.
Non so cosa ci sia dietro alla scelta di Cody (parlo di lui ma il discorso è applicabile a tantissimi
altri, vedi ad esempio Guintoli in Superbike) ma
sicuramente non dovrebbe essere un problema
di competitività della moto o di validità del Team,
visto che la Beta lo ha portato a vincere il titolo
davanti a un mostro sacro come Blazusiak e lo
squadrone KTM.
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Non voglio dunque giudicare le scelte del pilota,
cerco solo di vedere il tutto partendo dalla prospettiva delle Case costruttrici o dei Team, che
spesso investono tempo e denaro in piloti talvolta sconosciuti, per poi vederseli scappare sotto
il naso ed approdare magari alla diretta concorrenza. Negli anni recenti fece scalpore il caso di
Musquin, che passò in KTM a metà campionato
MX2, quando ormai era imprendibile in classifica
sulla sua Honda quasi privata. Il francese vinse
poi il campionato mondiale anche l’anno successivo in sella alle moto austriache e da qualche
anno è uno dei piloti di punta nel Supercross e
nel National Americano. La storia delle corse è
piena di questi esempi e credo che ormai non ci
si dovrebbe più scandalizzare, ma forse sarebbe
ora di imparare dagli altri sport.
Dopottuto, se è vero che i piloti hanno diritto
a guadagnare, lo stesso si deve poter dire dei
Team, che secondo me dovrebbero poter capitalizzare al momento della cessione di uno dei
propri piloti di punta, come avviene in altre discipline. L’esempio più lampante è ovviamente il
calcio, dove il famoso “cartellino” del giocatore è
di proprietà della società ed un eventuale acquirente oltre a pagare lo stipendio al nuovo arrivato
è tenuto anche a pagare una bella somma a chi
quel giocatore lo ha scoperto, allevato ed aiutato
a diventare quello che è oggi.
Qui in USA è interessante il caso del Football
NFL, dove ogni acquisizione è regolata in modo
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da garantire un ritorno economico a tutte le
parti. E ci sono dei meccanismi che permettono
di rimescolare le carte ed evitare che una squadra diventi troppo dominate, uccidendo lo spettacolo. Ecco come succede: i nuovi talenti in arrivo dai College vengono scelti dalle squadre NFL
col sistema del Draft. La prima squadra che ha
diritto di scelta (e quindi prendere il giocatore più
promettente) è quella che è arrivata ultima nella
stagione precedente. La seconda scelta spetta
alla penultima, e così via. Quando tutte e 32 le
squadre hanno scelto, si riparte per un secondo
giro e poi un terzo, quarto e via dicendo. Alcune
squadre possono scambiarsi i turni attraverso
compensazioni in giocatori o numero di scelte
(esempio: se lasci scegliere a me adesso poi ti
cedo la mia seconda e terza scelta, più magari
la prima scelta il prossimo anno…) ma il sistema
perlopiù funziona senza troppi pasticci.
Ci sono poi altri due meccanismi molto interessanti: i giocatori debuttanti firmano obbligatoriamente un contratto di 4 anni (in modo da non
lasciarli scappare via subito se “esplodono”) e le
squadre hanno un “salary cap” ovvero una cifra
massima che possono spendere in stipendi per
il totale dei 53 giocatori della rosa. Dopo i primi
4 anni il giocatore diventa “free agent” ovvero
può firmare con chiunque ma ci sono casi in cui
la squadra può obbligarlo a rimanere, con il meccanismo della “franchise tag” (utilizzabile solo su
un giocatore all’anno e mai due volte sullo stesso
atleta). In questo caso il giocatore deve restare
un altro anno anche contro la sua volontà. Altri
casi prevedono il “restricted free agent” ovvero il
giocatore è libero di testare il mercato ma la società ha il diritto di conoscere la migliore offerta
che riceve dagli altri team, per poi decidere se
“match it” ovvero offrirgli gli stessi soldi e tenerselo, oppure lasciarlo andare.
Tutto molto complicato, vero, ma si potrebbe applicare anche nelle moto. Le squadre potrebbero
essere formate obbligatoriamente da due piloti,
con un “salary cap” dove la prima guida si prende la maggior parte dei soldi e il giovane talento
On the road
la parte restante, con un contratto a scadenza
breve. Questo darebbe spazio a i giovani e allo
stesso tempo ridistribuirebbe i piloti migliori tra i
Team, assicurando più spettacolo. Alla scadenza
del contratto del “giovane” il Team potrebbe sapere quali offerte ci siano sul tavolo e decidere se
mantenere il pilota o lasciarlo andare, investendo in un nuovo giovane. Idem per le prime guide,
dove peraltro il “salary cap” giocherebbe un ruolo determinante: se la squadra XXX vuole assolutamente il pilota del Team YYY deve per forza
lasciar andare la propria prima guida (a meno
che quest’ultimo accetti uno stipendio al livello
dei giovani talenti) e l’ex pilota XXX potrebbe ora
essere acquisito dal Team YYY. Beh, potrebbero addirittura scambiarseli! La classe cadetta,
che sia Junior, Superstock, EMX2 o come volete
chiamarla potrebbe essere il “College” (con limite di età e cilindrata) da cui i Team attingono ogni
anno col sistema del Draft NFL, ovvero il Team
che ha visto la sua primaguida piazzarsi peggio
avrebbe diritto alla prima scelta, decidendo quindi se selezionare il Campione Junior o chiunque
altro, e così a seguire. Boh, alla fine volevo solo
dire che mi fa molto piacere che Beta abbia vinto
il titolo AMA Endurocross 2014 americano, ma
allo stesso tempo mi scoccia un sacco che Cody
Webb abbia deciso di accasarsi altrove!
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NICO CEREGHINI
COLLEZIONISTI
O GARAGISTI?
Sono rimasto incredulo davanti
alle immagini della collezione
confiscata alla famiglia Grossi.
Moto e auto saranno davvero
vendute all’asta, oppure
resteranno a marcire in qualche
cortile come molti di voi già
suggeriscono?
Media
C
iao a tutti!
Anch’io,
come molti
di voi, sono
rimasto
incredulo davanti alle immagini della
collezione confiscata alla famiglia Grossi. Ricorderete, quella
brava gente lombarda che ha
frodato il fisco con le maxi-bonifiche per almeno 170 milioni
di euro. Abbiamo pubblicato il
video venerdì scorso. I comunicati della Procura parlano di
quasi trecento auto, centosessanta moto, e poi motoscafi e
barche a vela; ma secondo me
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
sono stime che difettano un
bel po’. Altro che due minuti e
33” di video, servivano almeno
venti minuti per dare un’idea
un po’ meno sommaria di tutte
quelle meraviglie a due e quattro ruote. Le Lambrette sono
tutte in fila, in alto su un cornicione del garage, e sono almeno una ventina; poi le Rumi,
le Bianchi, le Guzzi con molti
pezzi da competizione, alcune
splendide Gilera con un’ampia
dose di modelli Regolarità. E le
BMW. Tutte quelle BMW d’epoca sono veramente impressionanti, sono riuscito a contarne
almeno trentaquattro prima di
arrivare all’angolo più lontano
del garage, dove una grossa intrusa (una 1100 GS) nasconde
la fila. E poi ancora, oltre alle
Lancia, Rolls, Bentley, supercar Ferrari e Lamborghini, tutte
quelle Porsche. Non sono un
esperto delle auto sportive tedesche, ma quell’infilata di 911
(una quarantina pure loro) mi
sconcerta per due ragioni: sono
quasi tutte uguali, stessa serie,
e c’è tutta la gamma delle tinte!
Quella non è una collezione, mi
sono detto, quello è il magazzino di un concessionario sepolto
da una frana negli anni Ottanta
e avventurosamente tornato
alla luce. Roba da garagisti. Ma
che logica seguiva, l’esimio e
defunto signor Giuseppe Grossi, per raccogliere i suoi pezzi
pregiati? Difficile immaginarlo,
pazzo non doveva esserlo, probabilmente ha rilevato le collezioni complete di qualche facoltoso appassionato o appunto
di qualche concessionario in
fallimento. Me lo vedo, con la
mano sulla tasca posteriore dei
calzoni, chiedere con la voce
grossa: “Ciapi mi tus cos, s’el
custa?” Prendo tutto io, quanto
costa? Personalmente –lo dico
ai periti del Tribunale, quando
dismetteranno tutta la baracca- delle auto non mi importa
nulla e sono interessato a due
moto: quella R69S bianca in
mezzo alla fila delle BMW bicilindriche (se viene via per
poco) e poi una delle due Gilera
124 Regolarità Casa gemelle,
nel grigio metallizzato ufficiale.
E la domanda è spontanea: saranno davvero vendute all’asta,
moto e auto, oppure resteranno a marcire in qualche cortile
come molti di voi già suggeriscono? Perché qui in Italia di
collezioni abbandonate ce ne
sono parecchie. Me ne segnalano almeno due. La prima sarebbe a Milano: dopo aver ridotto
lo spazio delle moto d’epoca
nel Museo della Scienza e della
Tecnologia, sembra che molti
pezzi siano stati trasferiti in un
seminterrato al freddo e all’umido. E lì giacciano dimenticati
da tutti… in avanzato stato di
decomposizione. E il secondo
Editoriale
caso sarebbe ancora più clamoroso. Mi dicono che parte
della collezione di Ivano Beggio, rilevata dal gruppo Piaggio
insieme a tutto il resto, giaccia
abbandonata a Noale. La mia
fonte è verificata. La Piaggio
può essere più precisa in proposito?
QUELLA NON È UNA
COLLEZIONE, MI SONO DETTO,
QUELLO È IL MAGAZZINO DI
UN CONCESSIONARIO
SEPOLTO DA UNA FRANA
NEGLI ANNI OTTANTA E
AVVENTUROSAMENTE
TORNATO ALLA LUCE
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MotoGP
benzina e sul numero di motori». Se si parla di
case, per Aprilia Suzuki e Ducati saranno anni
duri, difficile competere con Honda e Yamaha.
«La Moto2? Una bestemmia del Motomondiale».
Loris Reggiani
Loris Reggiani, nato a Forlì nel 1959 nel Motomondiale dal 1980 al 1995 ha conquistato 8 vittorie e 41 podi e due volte vicecampione del mondo. E’ stata la voce tecnica di Mediaset insieme
a guido Meda e oggi commentatore Sky Sport.
ASPETTANDO DOPOGP.
LORIS REGGIANI
“ROSSI LA SORPRESA, LORENZO
LA DELUSIONE”
di Giovanni Zamagni | L’ex pilota e commentatore TV è il primo ospite
di Aspettando DopoGP, con lui abbiamo analizzato la stagione 2014 di
team e piloti
L’
ex pilota e commentatore TV è il
primo ospite di “Aspettando DopoGP”, con lui abbiamo analizzato
la stagione di team e piloti. Il 2014
di Rossi e Lorenzo: il primo è una “sorpresa”, lo
spagnolo una “delusione”. Le aspettative erano
così diverse che risultati tanto vicini rendono relativa la prestazione. Marquez: è stata più gran46
de l’impresa del 2013. Nel 2014 dopo la striscia
iniziale ci si aspettava di più concentrazione nel
finale. E’ un fenomeno e per anni non ce ne sarà
per nessuno. Dovizioso è più forte di Pedrosa? In
questo momento sì. Sull’elettronica l’ex pilota si
esprime in modo favorevole: «con una elettronica che rende più guidabile la moto sono in più a
giocarsela, toglierei invece le limitazioni ai litri di
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Superbike
regalerà uno spettacolo ancora maggiore per i
fan». Guintoli ha conquistato un tanto agognato
titolo mondiale dopo tanti di carriera trascorsi
a livello internazionale. A differenza del passato
però, il francese si sente al meglio della forma e
della maturità come pilota: «Credo ci sia un tempo per ogni cosa. Per gran parte della mia carriera non ho avuto a disposizione una moto che
mi permettesse di lottare per il titolo o vincere
gare, ma allo stesso tempo neanche io ero pronto per puntare a traguardi importanti. Non ero
abbastanza concentrato sull’obiettivo, puntavo
soprattutto a divertirmi e non ero molto ‘compatibile’ con il motociclismo a livello professionistico. Ora invece mi piace impegnarmi a fondo
e fare sacrifici per essere veloci nei weekend di
gara. Credo di essere stato fortunato a rimanere
comunque nel giro che conta e ora sento di essere al meglio delle mie capacità».
GUINTOLI
“HONDA? SEMBRA FACILE DA GUIDARE”
Il neocampione SBK a Jerez ha testato la Honda 2015 con la quale
difenderà il titolo: “E’ una moto completamente diversa dalla
precedente, non solo a livello di motore”
S
ylvain Guintoli ha potuto provare
la CBR1000RR Fireblade SP, moto
con cui difenderà il titolo il prossimo
anno, nei test di settimana scorsa
al Circuito de Jerez. Il pilota transalpino è però
riuscito a completare solo pochi giri in condizioni di asciutto, a causa delle condizioni meteo
non favorevoli incontrate in Andalusia, ma nonostante questo le prime impressioni sono più
che positive. «La moto è molto facile da guidare
- ha detto Guintoli -. Non ho potuto girare molto
sull’asciutto, quindi è difficile dire come la moto
48
si comporti in queste condizioni, ma sul bagnato
mi sono sentito subito a mio agio. Ovvio, è una
moto completamente diversa dalla precedente,
non solo a livello di motore. Mi dovrò abituare
e capire appieno il suo comportamento, quindi
ora è troppo presto per poter dare un giudizio».
Guintoli sa quanto è importante per Honda tornare a vincere il titolo: «L’ultima volta è stata nel
2007, quindi sarebbe bello riconquistare il titolo
dopo questo lungo digiuno. Credo che il nuovo
regolamento tecnico porterà ad un ulteriore livellamento delle prestazioni tra le varie moto e
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Motocross
CHRISTOPHE POURCEL
“IL MIO MIGLIORE AVVERSARIO?
TONY CAIROLI”
di Massimo Zanzani | In occasione dei una sua visita in Italia, alla Ufo
Plast, il 26enne fuoriclasse francese vincitore del mondiale MX2 nel
2006 ha parlato a ruota libera del mondo Usa, dei GP e della sua vita
C
Christophe, innanzi tutto
sei soddisfatto della tua vita
americana?
«Sì, perché mi si adatta meglio
a quella che facevo in Europa.
E’ uno stile diverso, c’è maggiore libertà, e apprezzo molto il fatto di sentirmi al sicuro.
Dove abito ora non c’è bisogno
di nascondere nulla perché la
gente non ruba come succede
in Francia perché la polizia fa il
suo lavoro».
Perché hai scelto la Florida?
«Ho viaggiato dappertutto negli States, specie in California,
dove però c’è troppa gente
per i miei gusti. A me piacciono i posti tranquilli, dove abito
ora il clima è piacevole per cui
quando ho avuto l’opportunità
di comprare del terreno in Florida non mi sono fatto perdere
l’occasione».
50
Ti sei fatto dei nuovi amici
dove abiti?
«Si, anche al di fuori del motocross, ad iniziare dai miei vicini
che sono molto simpatici. Ci
piace andare a mangiare del
buon cibo, andiamo a fare compere assieme, alle aste di bestiame, parliamo di mucche, ci
divertiamo anche così. o cose
del genere. In California invece
non avevo nemmeno un amico, me li sono fatti quando mi
sono trasferito in Florida dove
c’è gente con cui non c’è bisogno di parlare continuamente
di soldi».
Com’è la tua giornata tipica
quando sei a casa?
«Quando sono in periodo di allenamento mi alzo abbastanza
presto, preparo il mangiare
per i polli e le mucche, poi carico le moto e andiamo a girare.
Quando torno nuoto, vado in
bici, e cerco di giocare un po’
con i cani, ceno alle sette e più
tardi vado a dormire. Altrimenti
sto con gli amici e andiamo con
le moto da strada, ho una Suzuki Gladius 650 e giriamo per
divertirci».
Che tipo di allenamento fai
con la moto da cross?
«Cerco di girare come se corressi molte manche.
Mi piacerebbe fare anche delle
uscite di enduro come facevo in
Francia, ma la Florida è troppo
piatta, avrei bisogno di qualche
montagna come avevo a casa
una volta.
Andare in fuoristrada mi diverte perché puoi applicare la tua
tecnica, ma se sei in pianura
non c’è niente da imparare e
quindi non c’è motivo di andarci».
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Segui le gare del Mondiale o
non ti interessano più di tanto?
«Non seguo molto i GP, perché
quando siamo nella stagione di
gare non mi rimane molto tempo libero soprattutto a causa
dei continui spostamenti. Mi
capita di guardarli alla TV quando sono sulla cyclette, ci sono
delle belle battaglie ma a volte li
trovo noiosi. D’altronde è il motivo per cui me ne sono andato,
è stato bello per un anno ma poi
non mi divertivo più, così ho deciso di ritornare negli USA anche perché quando ero in Europa mi hanno rubato tutte le
moto e altre cose da casa mia.
E ho capito che era già arrivato
il momento di andarmene».
In passato eri conosciuto per
il tuo carattere diciamo un po’
particolare, ora sei cambiato
o sei sempre lo stesso?
«Quando correvo i GP ero giovane, e mi trovavo in una situazione diversa. Ma credo che
serva essere un po’ speciali,
Anche Cairoli è così, se vuoi
vincere devi essere una persona particolare, devi sentirti
vincente».
Una cosa che mi fa ancora
sorridere a ripensarci è stato sulla pista portoghese di
Agueda, quando non ti sei
presentato al primo turno di
prove libere e nessuno sapeva
dov’eri.
«Non stavo dormendo, è
solo che non mi interessava
52
scendere in pista in quel momento per cui me ne stavo a
rilassarmi nel mio camper.
Le prove duravano quaranta
minuti e per me erano troppo
lunghe, ne avevamo altrettanti
per la manche di qualificazione
per cui non vedevo la necessità di farlo perché per me tutto
quel tempo in pista era davvero
troppo. In America è diverso
perché hai pochi giri a disposizione per conoscere la pista, e
quindi fin da piccolo ti insegnano ad andare forte sempre, tutte le volte che scendi in pista».
Gli anni passano, ma sulla
moto il tuo stile non cambia,
come riesci a mantenerti?
«Il talento credo sia la mia arma
migliore, e quello non cambia.
Se guardiamo i risultati invece
non posso dire di essere il migliore, vinco abbastanza ma
vorrei fare meglio. Quello che
mi è mancato è un buon team,
una buona moto e un buon supporto. Se sai che la moto è buona e adatta al tuo stile, allora sai
di poter vincere. Poi ti serve un
buon allenatore, ma non devi
preoccuparti degli altri dettagli.
Se invece la tua squadra non è
preparata bene o non è sufficientemente professionale hai
troppe cose a cui pensare e fai
fatica a concentrarti solo sulla
vittoria, che è quello che facevo
quando ero più giovane perché
non avevo tutti questi problemi».
Come vanno i rapporti con tuo
Motocross
fratello Sebastien e tuo padre
Roger?
«Con mio fratello ho un rapporto normale, i miei genitori ogni
tanto vengono in vacanza da
me in Florida ma non parliamo
di motocross, facciamo le vacanze e basta».
Le piste americane sono tanto diverse da quelle europee,
ci hai messo parecchio ad abituarti?
«Un po’ sì perché le piste sono
molto veloci, ma devi adattartici in fretta. Per mia fortuna imparo velocemente. Certo è che
a volte sono veramente troppo
veloci, specialmente nella prima sessione di prove quando
il terreno è appena preparato,
e cadere a quelle velocità non è
piacevole. Poi diventa più scavata e va meglio».
Quando ti allenii va solo sulle piste da cross o anche su
quelle da supercross?
«Durante la stagione di supercross mi alleno su quelle piste,
ma quando è il periodo del National non ci vado mai perché
è troppo pericoloso e perché
dovrei cambiare l’assetto della
moto. Con le sospensioni che
uso nell’indoor non potrei fare
nemmeno un giro su una pista
da cross, sono troppo rigide».
Quale preferisci delle due
specialità?
«Il motocross. Il supercross mi
piace ma lo ritengo più un grande spettacolo per il pubblico.
53
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Il motocross corrisponde di più
a come siamo veramente, a
come era il motocross in passato. Se le persone vogliono
essere dei piloti come noi, nel
motocross possono avvicinarci, il supercross è più una categoria per pochi».
Chi è il tuo migliore amico?
«Samantha, la mia ragazza. Lei
è la mia migliore amica, quella
alla quale posso dire tutto e di
cui mi fido. Non ho molti altri buoni amici perché viaggio
molto, in passato ne avevo di
più ma non ci vediamo quasi
mai e così è difficile rimanere
54
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amici perché si prendono direzioni diverse».
Il pilota che nella tua carriera
è stato il più difficile da battere?
«Tony Cairoli: quando ci siamo
trovati di fronte era più grande
di me, sapeva più cose, aveva
più esperienza e trovava sempre un modo per essere in testa. So che la mia velocità non
è facile da superare, ma lui si
è sempre distinto per le buone partenze, una straordinaria
capacità di concentrazione e
di lottare sino alla fine. E’ bello
avere degli avversari così».
Anche in America i migliori
piloti sono dei lottatori, non si
arrendono mai.
«E’ vero, ma con Tony è stato
diverso. Eravamo anche buoni
amici e abbiamo fatto delle belle battaglie, a quei tempi eravamo sono lui ed io, ed è stato
spettacolare».
tantissimo tempo, e quando
non sei uno contro l’altro in
gara, è più bello scambiarsi le
opinioni. Ci siamo anche invitati
a vicenda nelle nostre case, anche se abbiamo molto tempo
libero, ma abbiamo pianificato
le visite perché mi piace avere
delle brave persone intorno».
Recentemente all’EICMA vi
siete incontrati, di cosa avete
parlato?
«Le nostre fidanzate hanno
chiacchierato tutto il tempo di
tante cose diverse, ma anch’io
e Tony. Abbiamo parlato molto perché non ci vedevamo da
Qual è il pilota più simpatico
che hai incontrato?
«Questa è una domanda difficile, direi Alexandre Renet che
frequentavo quando correva i
GP prima di diventare campione del mondo di enduro. Era
sempre allegro, facevamo delle
belle lotte in gara ma poi andavamo a mangiare e a divertirci
assieme. L’ho rivisto poco tempo fa, e mi è piaciuto il fatto che
i titoli iridati non l’abbiano cambiato affatto».
E quello più antipatico, o perlomeno quello che ti piace
meno?
«Sulla moto direi Barcia, perché è pericoloso e poco intelligente, perché stringe le curve
e taglia fuori i piloti. A volte può
succedere di passare di là dal
limite, ma come fa lui è scorretto, qualcuno può farsi male.
Puoi sorpassare e spintonare,
Motocross
ma far cadere gli altri piloti e
pensare anche che sia divertente, non è una bella cosa».
La moto che ti è piaciuta di
più nella tua carriera?
«La Kawasaki 250 del 2006
con cui ho vinto il Mondiale.
Era davvero fantastica, aveva
un ottimo motore, sospensioni
Öhlins perfette su ogni tipo di
terreno e ho vinto sulla sabbia
e su qualsiasi altro terreno, mi
sentivo molto bene su questa
moto».
E la peggiore invece?
«La Yamaha 450 del 2011: per
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me era inguidabile, le sospensioni andavano bene ma il telaio non era adatto al mio stile di
guida. Inoltre l’ammortizzatore
in quel modello era troppo vicino allo scarico e si bloccava
dopo cinque o dieci minuti, se
mi fermavo e si raffreddava allora andava a posto. Il problema è che dicevano che era colpa mia, ma era troppo rischioso
correre con l’ammortizzatore
che poteva bloccarsi in ogni
momento e non capivano perché continuavo a fermarmi».
La più bella gara che hai corso?
«Ne ho fatte diverse, ma quella
che ricordo con più soddisfazione è stata quella nella 250
di Atlanta del 2009. Era la prima gara dopo la caduta che mi
aveva lasciato paralizzato e l’ho
vinta. E’ stata una cosa importante per me, mi sarei accontentato di arrivare tra i primi
cinque e quindi quella vittoria è
stata una grande emozione. E’
stato incredibile riuscire a vincere dopo il brutto e duro periodo che avevo attraversato».
E’ proprio il caso di dire che il
talento non si esaurisce mai.
«Serve del talento innato, ma
poi lo devi migliorare in continuazione o rischi di perderlo.
Dal di fuori sembra facile, ma
poi quando si sale sulla moto
si capisce che non è poi così
semplice fare quello che facciamo noi e mantenersi sempre
al vertice, ci vuole un sacco di
56
lavoro».
Conta molto anche l’aspetto
mentale.
«Certo, ma devi anche essere
bravo, deve essere l’unione delle due cose».
Quando ho sentito che Ryan
Villopoto sarebbe venuto a
correre i GP ho pensato che
forse saresti tornato anche
tu.
«Credo che sia una bella cosa
avere un pilota americano del
suo livello nel Mondiale, vedremo cosa farà. Io invece ho
deciso di tornare negli USA e lì
rimango».
Non hai ricevuto offerte per
tornare in Europa?
«No, ne ho avuta una l’anno
scorso, ma ho detto di no. Non
è una questione di soldi, è solo
che non voglio tornare indietro,
mi piace lo stile di vita che ho
adesso. Se corro, corro negli
Stati Uniti, ma se non corro resto negli USA in ogni caso».
Perché pensi che Villopoto si
sia deciso di venire?
«Non saprei, il supercross e
il motocross negli USA sono
molto rischiosi e ci sono molte
gare da fare, magari lo pagano
la stessa cifra per fare solo il
Mondiale, può viaggiare, divertirsi per un altro anno. E poi
penso sia giusto ad un certo
punto dare una svolta alla tua
vita, cambiare campionato, imparare cose diverse e cercare
Motocross
di vincere. Nei suoi panni avrei
firmato per due anni, per puntare al titolo nella seconda stagione. Il primo anno credo che
sarà molto duro per lui, forse
dopo l’ultimo Nazioni si è reso
conto che anche i piloti europei sono molto veloci, non solo
quelli americani. I primi cinque
in Europa sono incredibili».
I tuoi obiettivi per il prossimo
anno?
«Li devo ancora definire, anche
se credo che ormai sia un po’
tardi per disputare la stagione
supercross. Avevo chiesto alla
Kawasaki ma hanno poi preso
Will Hahn e quindi sono già a
posto. Io però voglio stare in
un buon team, con una buona
moto, non voglio fare come
quest’anno con la Yamaha che
ho dovuto impararla di nuovo e
che non si adatta proprio bene
per il mio stile. Credo che servano diversi anni sulla stessa
moto per diventare bravi, per
cui avrei voluto guidare una
Kawasaki che conosco bene
ormai da anni ma non è stato possibile. Per il supercross
quindi sono quasi in ritardo,
ma per il National voglio essere su una delle moto migliori,
anche se non una Yamaha, la
cilindrata non mi importa ma
se è una 250 punterò a vincere
il titolo. Credo di essere andato bene quest’anno, ma voglio
essere almeno tra i primi tre
nel campionato 250, e penso
di essere stato ostacolato dalla moto. Non perché la moto è
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potesse batterlo. Ma non è corretto, avrebbero dovuto scegliere il migliore a disposizione,
non un amico, così come mi è
successo anche quest’anno
con Wil Hahn. Io vado avanti per la mia strada ma non è
affatto simpatico, ti fa sentire
male, ti fa domandare: perché
dovrei continuare se ogni volta
mi scartano?».
Qual è il tuo sogno?
«Credo che le cose più impor-
scarsa, ma perché io e questa
moto non stiamo bene insieme,
è veloce ma non è adatta a me.
So che la Kawasaki può andare
bene per me, e credo che sia la
stessa cosa anche con la Suzuki perché il telaio è molto simile.
Anche le Honda Geico pare siano buone moto, ma non le ho
mai provate e quindi non sono
sicuro».
Puoi quindi guidare senza problemi sia la 450 che la 250?
«Per la 250 devo allenarmi un
po’ di più, perché il mio stile è
58
più adatto alla 450 con cui in
generale ho avuto risultati quasi migliori tra i quali la vittoria
di un paio di GP senza sforzo.
In questo momento se dovessi sceglierei opterei per la 250
perché vincere il National di
questa cilindrata è uno dei miei
principali obiettivi prima di passare alla 450, o prima di ritirarmi. Potrei farlo anche adesso,
d’altronde ho vinto un Mondiale
e due titoli negli USA e sono già
dei risultati notevoli, ma il pubblico vuole sempre di più, noi ci
proviamo ma non è facile».
Motocross
tanti siano essere in buona salute e avere una vita serena, in
fondo il motocross è solo divertimento. Vedo molte persone
malate che non hanno una vita
felice, oppure altre che non se
la gustano perché è troppo occupata a fare troppe cose, poi
magari si ammalano e non si
sono goduti niente della vita.
Così io cerco di divertirmi e
circondarmi di buone persone.
Adesso che ho 26 anni, questo
è quello che cerco».
Quali sono i tuoi piani per il
futuro, continuare finché ti
diverti?
«Il problema è il sistema delle
industrie, invece di sceglierle
i piloti in base ai risultati e alla
popolarità che possono portare al team spesso preferiscono
le persone perché sono loro
amici. Nel 2010, con due titoli
vinti, volevo firmare con Kawasaki ma Villopoto convinse
il team manager Mike Fisher a
prendere come compagno di
squadra Weimer perché non
voleva qualcuno in squadra che
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CAPO REDATTORE
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