BIOALIMENTARE PROMOZIONE DEL BIOALIMENTARE ITALIANO IN AUSTRALIA E GIAPPONE Nota settoriale Giappone realizzato da in collaborazione con INDICE 1. Il Paese Giappone: il mercato agroalimentare e dei prodotti organici 2 2. Distribuzione: aspetti generali 5 3. Propensione ai consumi di alcune categorie significative 7 4. Il quadro normativo 12 Additivi e sostanze chimiche Dazi e tasse di consumo Documenti per l’esportazione Etichettatura e impacchettamento dei prodotti La certificazione JAS per l’agroalimentare organico 5. Prodotti bio e non: quali spazi di crescita? 21 1 1. IL PAESE GIAPPONE: IL MERCATO AGROALIMENTARE E DEI PRODOTTI ORGANICI Il mercato dell’agroalimentare di importazione in Giappone vale circa 78.744.831.000 US$ (Japan's Agricultural, Forestry and Fisheries Trade in 2010, Jetro, 2012). Con il progressivo cambiamento delle abitudini dietetiche della popolazione, a partire dagli anni ‘60 le importazioni dell’industria alimentare sono andate aumentando. Oltre agli alimenti tradizionali quali il riso, i fagioli, il pesce e le verdure, oggi i giapponesi consumano anche molta carne, cereali e latticini che provengono per la maggior parte dall’estero. Il parallelo calo del livello di autosufficienza alimentare del Paese e la preoccupazione per il fatto che il Paese starebbe muovendosi verso un modello di consumo alimentare di stile sempre più occidentale, caratterizzato cioè da un eccessivo contenuto di grassi e proteine rispetto alla dieta tradizionale giapponese, ha portato ad una forte attenzione alla salute che ha creato opportunità d’inserimento per l’industria alimentare italiana. Nel corso degli anni, numerosi studi medici hanno attribuito crescenti vantaggi alla “dieta mediterranea” e hanno contribuito a sostenere la crescita della domanda locale di prodotti quali l’olio d’oliva, la pasta, i pomodori e il vino rosso. La domanda di pasta continua a crescere, e l’80% della pasta importata viene dall’Italia. Anche l’importazione di formaggio rimane particolarmente significativa, soprattutto per quanto riguarda i prodotti caseari come mozzarella o Parmigiano Reggiano utilizzati nei ristoranti italiani presenti in Giappone. Le importazioni di vino dall’Italia sono rimaste stabili negli ultimi anni, le cui vendite sono legate al settore della ristorazione più che al consumo in casa. Da un punto di vista assoluto, l’Italia non è il primo paese europeo in termini di quantitativi importati. Francia e Germania importano al momento quasi due volte in valore rispetto all’Italia. In ogni caso, il mercato di beni importati italiani in Giappone vale ancora il doppio che in Cina, ed è molto più grande di quello coreano, quindi si pone ancora come il punto di riferimento per l’area. Il mercato dei prodotti organici In Giappone il principale driver della domanda di prodotti organici (o biologici) non è stato, finora, l’aderenza più o meno consapevole a teorie “green”, quanto piuttosto a una marcata sensibilità collettiva verso la genuinità e la pulizia dei prodotti, oltre che verso la cura artigianale della produzione. Si tratta ancora di un mercato nascente rispetto a molti paesi dell’Europa e del Nord America. Secondo una ricerca commissionata dall’azienda giapponese 2 FTPS Co., Ltd, comunque, il mercato per i soli cibi organici aveva raggiunto nel 2009 i 130 miliardi di yen (circa un miliardo di euro), senza considerare l’indotto. Yano research, importante agenzia giapponese di ricerche di mercato, stimava invece nel 2011 una crescita annua del mercato dei cosmetici naturali/organici di quasi il 7%, per un mercato che avrebbe raggiunto nel 2012 i 98 miliardi di yen (circa 700 milioni di euro). L’ostacolo principale per l’ingresso in questi mercati è l’ottenimento dei permessi necessari a promuovere un prodotto come organico. Per quanto riguarda il settore alimentare, l’ organismo governativo – JAS - del Ministero dell’Agricoltura giapponese è il riferimento per l’ottenimento di una certificazione apposita. Negli ultimi anni, la produzione interna di prodotti organici ha visto una modesta crescita, passando dal 0,10% nel 2001 allo 0,24% nel 2011. Il settore è dominato in particolare dalla produzione di verdure, che assieme al riso costituiscono l’86% del totale dei prodotti organici nel 2011. Per quanto riguarda invece le importazioni, nonostante le quantità di verdura e frutta siano considerevoli, il prodotto in assoluto più importato è la soia biologica, che nel 2011 ha rappresentato il 40% delle importazioni. Data la situazione del mercato organico in Giappone, si possono individuare quattro diverse aree con potenzialità di crescita di interesse per potenziali importatori. 1) ristorazione, a partire dai ristoranti per famiglie fino a quelli di lusso. Sempre più ristoranti propongono cibi biologici o naturali, verdura e frutta fresca o menù salutari. Dato che la varietà di prodotti biologici importati è ancora limitata, ci sono ampie opportunità per gli importatori di questo settore. 2) vendita su internet potrebbe essere un buon investimento. I due maggiori rivenditori di cibo biologico online, Oisix e Radish-Boya, si stanno espandendo rapidamente: questi due esempi trattano principalmente prodotti di produzione interna, ma ci sono molti altri rivenditori più improntati a prodotti importati. 3) mercato dei regali. I maggiori rivenditori giapponesi (centri commerciali, supermercati, rivenditori online, persino conbini1) organizzano vendite di prodotti per un’occasione che in Giappone cade due volte l’anno, a metà luglio e a fine anno: un regalo alle persone verso cui ci si sente debitori (ad es. soci d’affari, clienti, vecchi insegnanti). Solitamente il regalo consiste in generi alimentari, spesso di lusso e importati, e di recente hanno cominciato ad apparire sugli scaffali anche prodotti biologici come caffè, tè, olio vegetale e prodotti in cotone. Entrare in questo mercato potrebbe rivelarsi una 1 diminutivo giapponese di convenience store, negozi di generi alimentari e domestici aperti 24 ore su 24 3 scelta particolarmente vantaggiosa per un produttore biologico, poiché questi regali stagionali sono prodotti in quantità limitata e venduti a prezzi maggiorati. 4) settore dei cibi pronti è previsto in crescita. Negli ultimi anni c’è stato un aumento di piccoli rivenditori specializzati in piatti principali e contorni da portare a casa e mangiare assieme al riso, così come ci sono reparti appositi in supermercati, centri commerciali e conbini. Il target di questi prodotti sono soprattutto i giovani lavoratori d’ufficio, ma si stima che in futuro anche il consumo tra anziani potrebbe aumentare grazie a prezzi più ragionevoli e varietà dei prodotti. Una ricerca di mercato organizzata da Jetro (Japan External Trade Association) ha rilevato che il 29% della popolazione adulta in Giappone preferisce comprare prodotti alimentari biologici, prodotti per la cura della persona di origine naturale, integratori naturali e altri prodotti e servizi sostenibili. Tabella 1 - Mercato giapponese dei prodotti biologici – Storico/Previsione. Volume di vendita al dettaglio (unità: 1000 tonnellate, dove non segnalato diversamente). Fonte Euromonitor 2011 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 Olio d’oliva biologico 0.2 0.3 0.2 0.2 0.3 0.3 0.3 0.3 0.3 0.3 Salse 6.0 6.2 6.3 6.4 6.7 7.0 7.3 7.7 8.2 8.7 Miele biologico - - - - - - - - - - Biscotti biologici - - - - - - - - - - Pane biologico 15.1 15.7 15.2 15.6 16.5 17.6 18.7 19.9 21.3 22.8 Formaggio biologico 0.2 0.2 0.2 0.2 0.2 0.2 0.2 0.2 0.2 0.2 Succo di frutta/verdura 4.9 5.3 5.3 5.4 5.7 6.1 6.5 6.9 7.4 7.9 4.9 5.3 5.3 5.4 5.7 6.1 6.5 6.9 7.4 7.9 e condimenti biologici biologico (milioni di litri) Succo 100% biologico (milioni di litri) La domanda per i prodotti biologici è prevista in cospicuo aumento nel prossimo futuro. La percentuale di giapponesi che presta particolare attenzione alla salute sta crescendo: molti di loro comprano cibi e bevande biologici in quanto naturalmente più sani. Dato che la produzione interna è ancora limitata o quasi inesistente per molti prodotti, l’aumento di domanda si tradurrà in un’ottima opportunità per i fornitori stranieri. 4 Tuttavia, gli esportatori dovrebbero tener presente che il mercato giapponese è difficile da penetrare, per cui l’alta qualità del prodotto e la selezione accurata dei canali di distribuzione sono di fondamentale importanza. 2. DISTRIBUZIONE: ASPETTI GENERALI In passato i prodotti alimentari italiani erano distribuiti quasi esclusivamente attraverso il settore della ristorazione; oggi, invece, sono venduti in misura sempre maggior anche nei negozi al dettaglio. La struttura e il funzionamento del settore della distribuzione dei prodotti alimentari in Giappone sono tuttavia assai complessi e si avvalgono di alcuni livelli di intermediazione prima che i prodotti giungano nelle mani dei consumatori finali. In buona parte dei casi, infatti, gli importatori vendono ai grossisti primari i quali non collocano i prodotti direttamente presso i dettaglianti, ma si servono invece dei grossisti secondari, specializzati territorialmente oppure per tipologie merceologiche. Dato l’aggravio di costi implicato da tale struttura, negli ultimi anni sono andate comunque aumentando le importazioni dirette da parte delle grandi catene operanti nel settore della distribuzione e in quello della ristorazione. Riguardo la collocazione di prodotti alimentari e bevande presso gli utilizzatori finali, si hanno forme di distribuzione diretta soprattutto nel caso di prodotti soggetti ad un periodo di immagazzinamento limitato, quali ad esempio la carne, il latte, o il pane, mentre per la maggior parte dei beni che possono essere conservati per periodi relativamente lunghi come i prodotti in scatola o in bottiglia, così come per i prodotti caseari e per il cibo surgelato, la distribuzione è in genere indiretta. Il settore distributivo giapponese è caratterizzato non solo da una struttura assai complessa, ma anche da pratiche d’affari che possono spesso risultare alquanto difficili da comprendere agli occhi degli stranieri e che in ultima analisi tendono ad avvantaggiare i grossisti a scapito dei consumatori. È normale, ad esempio, che nel caso di una transazione con un rivenditore al dettaglio di grandi dimensioni sia il produttore e non il grossista a sostenere gli oneri per la promozione dei prodotti, così come non sono infrequenti le situazioni in cui si stipulano accordi in base ai quali pur essendo la merce consegnata direttamente dal produttore al dettagliante senza passare attraverso il grossista, è quest’ultimo ad occuparsi di riscuotere il pagamento per conto del produttore e la transazione viene registrata sui libri contabili dello stesso grossista, che ne percepisce quindi la commissione. 5 Un’altra particolarità del settore alimentare in Giappone è il cosiddetto sistema di distribuzione ad alta frequenza e a piccoli lotti (high-frequency, small-lot delivery), che implica appunto numerosi rifornimenti dei punti di vendita al dettaglio, per quantitativi relativamente ridotti. Nel caso ad esempio dei convenience stores, si possono avere anche quattro o cinque consegne giornaliere. Oltre alle necessità dettate da strade strette e dalla limitata possibilità di stoccaggio, lo scopo di questa pratica è quello di mantenere bassi i costi di magazzino per i dettaglianti e di permettere di rispondere con flessibilità alle variazioni della domanda dei consumatori finali. Visti, inoltre, gli elevati costi operativi, i produttori stranieri si affidano di solito ai loro partners giapponesi per la funzione di marketing dei prodotti presso i dettaglianti e i consumatori, sebbene ciò non consenta di mantenere il controllo sulle tecniche di collocamento dei prodotti, sui prezzi, nonché su aspetti di carattere tecnico-qualitativo quali ad esempio i metodi di conservazione e di presentazione delle merci. Riguardo al prezzo, va osservato che in passato la relativa scarsità di offerta da parte di imprese italiane ben strutturate per affrontare il mercato giapponese e la poca conoscenza dei prodotti da parte degli operatori locali avevano permesso la generazione di ricarichi molto elevati. Oggi, i consumatori giapponesi sono divenuti assai più sensibili al rapporto qualità/prezzo e la maggioranza non è più disposta a spendere cifre eccessive per i prodotti importati. La ricchissima disponibilità di merci alimentari importate da tempo e da ogni parte del mondo ha infatti ridotto l’impatto psicologico del nome straniero. Il consumatore giapponese esamina in modo disincantato le numerose proposte affiancate sugli scaffali e giudica sulla base della personale esperienza. 6 3. PROPENSIONE AI CONSUMI DI ALCUNE CATEGORIE SIGNIFICATIVE Sinossi dei principali prodotti CONSUMO 2012 CARATTERISTICHE MERCATO OLIO OLIVA 46.407 tonnellate importate nel 2012 (+28% 2011) 18.863 tonnellate consumate per uso domestico 2011 Usato crudo e per cucinare Usato su piatti giapponesi Al quarto posto come immagine di cibo salutare* Preferenza extra-vergine In crescita, ma minacce da Spagna VINO Vino Italiano 2010: 2010 Uso ristorazione 13.000 litri Uso domestico 12.170 litri (+5.7% 2009) Immagine di cibo sano Passione per cucina mediterranea e viaggi Preferenza vino bianco e dolce In crescita, ma minacce da Cile, Spagna SALUMI Import 2012: 53.546 tonnellate (+12,4%), stabile la produzione giapponese. FORMAGGI 2010: 260.000 tonnellate (57% delle famiglie consumano formaggio) PRODOTTO Buona immagine per prosciutto crudo Favorito da diminuzione tempo passato a cucinare Aperitivi anche in locali giapponesi Massificazione del consumo dei formaggi naturali, ma i formaggi industriali sono ancora forti. I formaggi grattugiati sono tuttora dominati da Stati Uniti, Danimarca CONSERVE VEGETALI Aumento del consumo di pomodori in scatola Incentrato su pomodori (90% del mercato). Forte associazione alla cucina italiana, buon brand dell’Italia sul settore. CONFETTURE E MIELE Miele 36.823 tonnellate importate nel 2012 Miele soprattutto da Cina e Argentina Percezione elevata del brand per la marmellata francese. Il brand italiano non viene associato al miele. PRODOTTI DA FORNO Biscotti: consumo molto basso (17 tonnellate). Scarso utilizzo di biscotti per colazione, ma trend in crescita. Utilizzati per consumi durante il giorno o come regalo (impacchettati singolarmente) SALSE E CREME Sughi pronti e pesti: quantità ancora modeste (2012: 935 tonnellate) Pesto gode di buona immagine e associazione con Italia. Sughi pronti legati al consumo di pasta in ambiente domestico (no dati) SVILUPPO MERCATO In crescita, ma minaccia da Spagna BARRIERE NO dazi o licenza import se genere alimentare. SI certificato analisi SI etichettatura giapponese No licenza se importatoreristoratore Dazi da 45 a 182 yen/litro SI certificato analisi SI etichettatura giapponese Dazi da 1035 yen/Kg o 8.5% Certificazione assenza di batteri In crescita Listeria assente No Provolone Dazi da 24% a 40% (favoriti formaggi fusi) Forte aumento per la Cina sui pomodori (+57% volumi), Prezzi in ribasso. Stabile Italia. Obbligo di etichetta. Dazi 9% pomodori Altri: da 9,6 a 23% Miele in diminuzione (10% in valore), confetture stabili SI etichettatura 25,5% dazio sul miele Da 12% a 34% su confetture Valore dell’import italiano di biscotti +500% Wafer confermano il calo Forte crescita (import Italia +82% in valore) per i sughi pronti. Crescita limitata (6%) per il pesto Biscotti: 20,4% dazio Wafer: 18% Obbligo di etichettatura Obbligo di etichettatura Tariffe da 7,2% a 17% (sughi pronti) Olio d’Oliva - il Giappone importa la quasi totalità del proprio consumo di olio d’oliva. Italia e Spagna: esportatori principali (90% del prodotto importato); - domanda da parte del settore industriale pari più dei 2/3 della domanda totale - formato dei contenitori: in passato venivano preferite bottiglie di piccole dimensioni (fino a 100 ml.), ma negli ultimi anni si sono diffuse bottiglie più grandi (da150 a 300 ml.); 7 - modalità della distribuzione: solitamente, il prodotto raggiunge i consumatori così come è confezionato nel Paese d’origine ed è per lo più venduto con il marchio del produttore; - l’olio d’oliva è soggetto alla Food Sanitation Law e della Japanese Agricultural Standard Law - un fattore cui prestare attenzione è l’eventuale presenza di residui agrochimici nel prodotto. Se questi dovessero risultare non conformi alle norme sanitarie, l’immagine di cui l’olio d’oliva gode presso i consumatori giapponesi sarebbe seriamente danneggiata; - è necessario tener presente gli alti livelli qualitativi richiesti dal mercato giapponese anche per gli aspetti puramente estetici. In molti casi una macchia o un’ammaccatura in una lattina o in un tappo di bottiglia possono far ritenere il prodotto difettoso e richiederne la sostituzione. - dimensione dei lotti minimi da esportare: i produttori devono tenere in considerazione che il mercato dell’olio di oliva è ancora limitato. Qualora fossero inviati lotti eccessivamente grandi, parte di questi potrebbe giacere a lungo nei magazzini ed essere quindi posta in vendita come merce in saldo, ledendo notevolmente all’immagine del prodotto. Olio d’oliva organico - data la percezione salutistica che ha attualmente, l’olio è il prodotto che più si presta a vedere sviluppi nella produzione biologica; - sui maggiori negozi online di alimentari e nei department store di fascia alta, l’offerta di olii organici spagnoli e italiani è già sufficientemente strutturata, - secondo il Ministero dell’Agricoltura giapponese, nel 2011 sono state importate 1.622 ton. di olii vegetali, di cui ca. 300 ton olio d’oliva. Come riferimento, nel 2011 la quantità totale di olio EV d’oliva importato era pari a circa 10.500 ton. Allo scopo di penetrare con successo nel mercato giapponese, bisogna tenere in considerazione il cambiamento che si è verificato negli ultimi anni nelle tendenze dei consumi alimentari e la maggiore attenzione al fattore salute. È necessario informare i consumatori circa le proprietà salutari, la purezza ed il sapore caratteristici dell’olio d’oliva. A tale scopo si rendono utili campagne pubblicitarie per incrementare il livello di informazione di base. Per far affiorare la domanda potenziale si rende spesso necessario pubblicizzare anche menù che contengano olio d’oliva, visto che una delle chiavi per sostenere l’incremento nel consumo dell’olio d’oliva risiede nel suo uso anche per i piatti diversi dalla pasta. 8 Salumi - il mercato del prosciutto in Giappone è cambiato negli ultimi trent’anni: da cibo importato di lusso oggi è diventato alquanto popolare ed alla portata dei più, pur conservando l’immagine di alimento di importazione di alta classe; - la produzione locale si riferisce a un prodotto poco stagionato e non presenta ancora particolari meriti nei confronti dei prosciutti italiani; - le importazioni di prosciutto, benchè liberalizzate nel 1972, sono controllate sulla base della Law on Prevention of Communicable Livestock Diseases e vengono bandite o limitate a seconda dei Paesi. L’Italia ha subito il bando totale delle importazioni di prosciutto crudo in Giappone fino al 1996, anno in cui sono state liberalizzate. In pochi anni l’Italia ha conquistato la quota di mercato più ampia; - la maggior parte del prosciutto crudo viene acquistata nelle catene di grandi supermercati e, durante i periodi caratterizzati dal tradizionale invio di regali, a inizio estate ed a metà inverno, le confezioni di lusso di prosciutto sono tra i doni più popolari; - grosse opportunità si hanno nell’ambito del settore della ristorazione. In particolare, alberghi e ristoranti, pur servendosi di grossisti nel caso dei prodotti locali, per quanto riguarda quelli d’importazione, spesso importano direttamente dal produttore estero; - la novità più recente è rappresentata da Internet. Nei mercati online come Rakuten o Amazon, oppure altri di più piccola scala, è da pochi anni disponibile una scelta ragionevolmente ampia di salumi, a prezzi spesso inferiori a quelli dei maggiori supermercati, specialmente sulle quantità più elevate. Questo mercato non ha ancora visto l’ingresso diretto degli importatori più grandi oppure dei produttori stessi; - tra i fattori che un produttore italiano deve tener presente allo scopo di importare prosciutto crudo in Giappone molti sono riferibili in generale all’intero mercato alimentare giapponese. Innanzitutto, la cura per i dettagli che è propria dei consumatori giapponesi, dal packaging (confezioni curate e non troppo grandi); alle date di scadenza, al contenuto di sale, grassi, additivi e calorie. A ciò si aggiunga la preferenza dei giapponesi per gli alimenti dal sapore delicato, poco speziati. Un problema che si presenta anche per molti altri alimenti italiani importati in Giappone, è la scarsa conoscenza che i giapponesi hanno dell’uso culinario che se ne può fare. Servirebbe pertanto una maggiore informazione riguardo ai diversi modi in cui il prosciutto crudo può essere servito. 9 Formaggi e prodotti caseari - il mercato giapponese del formaggio naturale sta attraversando una fase di forte crescita: dal 2000, la quantità di formaggi naturali importati è aumentata del 32%, ma il valore complessivo delle importazioni è cresciuto in valore nominale del 110%, a fronte di un’inflazione sostanzialmente nulla; - il mercato è ancora dominato da formaggi fusi e grattugiati di provenienza americana e danese, da anni leader indiscussi del mercato; - nel settore specifico dei formaggi naturali, l’Australia e la Nuova Zelanda hanno volumi di esportazione in Giappone maggiori dei nostri, con una leadership. Da gennaio a ottobre 2013, la quantità di formaggi naturali importati dall’Italia era di 3.237 ton., a fronte di importazioni dall’Australia per 45.000 ton.; - prodotti come la mozzarella, il Parmigiano Reggiano e il Gorgonzola stanno lentamente occupando una quota nell’universo dei formaggi riconosciuti con un proprio nome, talvolta distinguendosi dalle diciture di origine americana “parmesan cheese” e “blue-cheese” - particolare attenzione occorre prestare alla produzione interna. Fino a pochi anni fa completamente trascurabile, essa trova ora in Hokkaido e in alcuni regioni dell’Honshu un nuovo rilancio grazie al massiccio investimento da parte dei grandi gruppi caseari (Morinaga, Takanashi etc.) e lo studio delle tecniche casearie europee. Mentre sono già sul mercato mozzarelle nazionali di discreta qualità, a un prezzo inferiore a qualunque prodotto importato, non è difficile ipotizzare che la massificazione del consumo e alle barriere all’importazione spingano le aziende giapponesi a investire su formaggi di più ampio consumo in concorrenza con i nostri formaggi duri. Pasta - mercato generale in leggera crescita anche a causa di una maggiore tendenza delle famiglie a consumare pasti a casa e la percezione diffusa della convenienza della pasta come alimento; - attualmente piatti a base di pasta sono offerti in quasi tutti i ristoranti per famiglia, oltre che nelle migliaia di ristoranti occidentali o italiani diffusi nel territorio. Spesso, la pasta è stata utilizzata per preparazioni locali (e.g. pasta con uova di pesce), ed è in parte entrata nella dieta quotidiana dei giapponesi fuori casa; 10 - lo spostamento dei consumi da un consumo esterno a uno domestico, se confermato nel prossimo futuro, deve perciò essere visto con attenzione, perché potrebbe innescare un aumento deciso delle importazioni di pasta; - per quanto concerne il consumo di pasta biologica, nel 2011 sono state importate circa 800 ton., distribuite principalmente attraverso supermercati di fascia alta. Dolci e biscotti - l’import di dolci e biscotti italiani ha recentemente registrato una forte crescita. Mentre per i wafer l’Italia ha perso la leadership di mercato in questo anno contro il Belgio, per gli altri biscotti si registra da due anni una crescita a doppia cifra: dalle 937 ton. nei primi 10 mesi del 2011 alle 1.516 ton. del 2013 (+61%), con una crescita in valore dell’84%; - da un punto di vista della produzione bio, si prevede una crescita del mercato, al momento ancora modesto, mentre sono già presenti prodotti italiani nei negozi di alimentari di fascia medio-alta. 11 4. IL QUADRO NORMATIVO Le imprese che vogliono inserirsi nel settore alimentare giapponese devono tener presente che le leggi vigenti presentano differenze notevoli rispetto a quelle europee e che in passato le autorità, spinte dalle lobby degli agricoltori, hanno fatto ampio uso della normativa per introdurre ostacoli di natura amministrativa all’inserimento dei prodotti stranieri nel Paese. Le principali leggi in materia che si consiglia di controllare sono la Food Sanitation Law, la Japan Agricultural Standards Law, la Measurement Law, la Container Safety Standards Law e la Product Liability Law. Sebbene il processo di ispezione e i principi standard si rifacciano al Codex Alimentarius, occorre comunque tenere presente che per l’importazione è comunque necessario superare i controlli degli uffici di quarantena animale e vegetale, che in alcuni punti si discostano notevolmente dal Codex. Additivi e sostanze chimiche Il Giappone utilizza liste positive per il controllo degli additivi chimici negli alimenti. Esistono liste consultabili pubblicamente in inglese e in giapponese che indicano sia gli additivi ammessi che il loro uso consentito e la modalità di fabbricazione standard2. Secondo le disposizioni della legge sulla sanità alimentare introdotta il 29 maggio 2006, i cibi che presentano livelli superiori al consentito di residui chimici agricoli, additivi nei mangimi e nei prodotti farmaceutici veterinari, non possono essere commercializzati, mentre quelli che contengono residui non compresi nella lista possono essere commerciati purché presenti nel limite massimo di 0,01ppm. Analisi chimiche e fitosanitarie richieste La preparazione dei documenti che certifichino l’idoneità e la sicurezza del prodotto per l’ingresso nel paese può essere relativamente semplice, come nel caso del vino, oppure piuttosto complicata e costosa, come nel caso dei salumi. Il problema maggiore risiede nel fatto che esiste un evidente divario tra la potenzialmente enorme lista di analisi richieste e l’effettiva pianificazione delle ispezioni durante l’anno. 2 La lista è reperibile sul sito del Ministero della Salute, del Lavoro e del Welfare www.mhlw.go.jp/english/topics/foodsafety/foodadditives/ 12 La via più sicura per ottenere informazioni sulle analisi richieste per l’importazione è quella di contattare direttamente l’ufficio delle dogane giapponesi. Esistono però alcune regole applicabili per capire l’entità delle analisi richieste. Frutta e verdura Attualmente la possibilità di importare frutta è limitata a pochissime varietà, come le arance tarocco, a causa dei requisiti altissimi sull’assenza di parassiti e residui chimici sulla superficie. Nei casi dove non esiste un divieto esplicito, occorre comunque verificare che non siano comunque necessari procedimenti come la fumigazione, che riducono il tempo di conservazione dei prodotti. import possibile per carciofi, asparagi, tartufi, funghi, radicchio rosso, cicoria fresca, lattuga, pistacchi, mandorle, cipollotti e carote, arance tarocco; in contrattazione: arance moro e sanguinella, kiwi, mele, pere, uva da tavola Frutti di bosco, funghi e tartufi Anche se utilizzati surgelati o trasformati, quasi sempre è richiesto un certificato che attesti l’assenza di radiazioni. Recentemente si sono verificati casi di prodotti provenienti dall’Italia con valori superiori ai limiti consentiti, che hanno determinato il ritiro dai supermercati della merce e l’immediata cessazione del rapporto di business fra produttore ed esportatore. Formaggi molli, salumi Le dogane giapponesi hanno stabilito l’ispezione sistematica della presenza di Lysteria Monocytogenes su tutti i formaggi molli e salumi italiani. Il limite, sostanzialmente pari a zero, si pone in contrasto con i dettami del Codex Alimentarius e costituisce uno dei maggiori ostacoli all’importazione di questi prodotti in Giappone. La certificazione, o l’ispezione in caso di mancanza di certificati, è relativamente costosa. Salumi Nel caso particolare delle carni lavorate, oltre alla certificazione per Lysteria, si deve tenere conto che è necessaria un’ispezione dello stabilimento da parte dell’ASL per l’inserimento nella lista degli stabilimenti di trasformazione abilitati all’export in Giappone3. 3 Al momento, è possibile vedere i dettagli della procedura sul sito Ministero della Sanità, all’indirizzo http://www.salute.gov.it/portale/ministro/p4_8_0.jsp?lingua=italiano&label=servizionline&idMat=SAL&idAm b=STB&idSrv=EGCPS&flag=P 13 Alimenti compositi (conserve, pizza, cibi pronti etc.) In questi casi, va sempre considerato che potrebbe essere richiesta la documentazione relativa a tutti i componenti del prodotto – questo è soprattutto un problema per alimenti contenenti carne o salumi. Miele È necessaria un’analisi certificata da laboratori italiani di sanità pubblica che attestino l’assenza di antibiotici, coloranti e aromi artificiali. I prodotti possono inoltre essere ispezionati per la presenza di larve se trasportati sfusi. Olio d’oliva Per l’olio si richiede l’assenza dei due antiossidanti sintetici quali BHA (butilidrossianisolo) e BHT (butilidrossitoluolo), il cui contenuto è proibito. Vino Nel caso del vino, è necessario richiedere un’analisi per l’esportazione in Giappone in uno dei laboratori autorizzati dal Ministero della Sanità giapponese4. Dazi e tasse di consumo Tassa di consumo La tassa di consumo è da pagare al momento dello sdoganamento da parte dell’importatore fino a tutto marzo 2014, la tassa sarà pari al 5% del valore dichiarato in dogana (comprensivo di dazi), mentre da aprile l’imposizione salirà all’8%. Dazi I dazi sono applicati sul valore indicato nella fattura commerciale inclusa nella spedizione. Occorre fare attenzione nel dichiarare accuratamente la categoria del bene trasportato, eventualmente corredato da codice HR, in modo da minimizzare la possibilità di classificazioni arbitrarie da parte delle autorità doganali giapponesi. 4 l’elenco si può trovare online all’indirizzo http://www.mhlw.go.jp/topics/yunyu/5/dl/a6.pdf 14 Di seguito si riportano i dazi per i prodotti più significativi: Vino e altri alcolici Codici HR: 22.04.XXX Vino frizzante: 182 yen/l Altro vino in contenitori sotto i 150 litri: il minimo tra il 15% ad valorem e 125 yen/l, comunque non inferiore a 67 yen/l Grappe: nessun dazio Liquori: 126 yen/l Birra: nessun dazio Salumi Salami: 10% ad valorem Prosciutti e altri salumi di suino: 1035 yen/Kg Olio d’Oliva Nessun dazio Conserve Sottaceti: da 6% a 15% ad valorem Pomodoro o In pezzi: 9% ad valorem o Passate: 16% ad valorem Funghi, tartufi: da 9,6% a 13,4% ad valorem Misto (non congelato): da 5,4% (olive) a 23,8% (conserve zuccherate) ad valorem Marmellate: da 12% a 34% ad valorem Pasta, Pizza Pasta: 30 yen/Kg Pasta ripiena: di carne 5,1%, altro 23,1% Pane: 9% Pizza (congelata o semi-preparata): 24% Focaccia (se non equiparabile a pizza o pane): 25,5% Formaggi e prodotti caseari Formaggi naturali o Con contenuto secco inferiore al 48%: 22,4% o Grattugiati: 26,3% o Altri: 29,8% 15 Formaggi industriali: 40% Documenti per l’esportazione Documenti a carico dell’esportatore numero meccanografico: codice alfanumerico fornito dal Ministero dello Sviluppo economico, e rilasciato dalla Camera di Commercio territoriale, che attribuisce alle imprese la possibilità di commercio estero. Questo codice deve essere indicato nei documenti utilizzati al commercio estero fattura commerciale (invoice): documento che descrive dettagliatamente il bene esportato. Nonostante questo documento sia in formato libero, ossia nessun vincolo di forma, dimensioni, le uniche caratteristiche importanti che devono essere indicate sono: o trascritto in lingua inglese: tutte le altre lingue possono essere previste ma non usate in sostituzione all’inglese. o numero fattura e data; o paese di origine e porto di ingresso; o denominazione precisa e completa dell’esportatore con relativa P.IVA e del destinatario; o natura, qualità, quantità dei prodotti spediti, specificando peso, misure e numero dei colli. L’eventuale omissione di uno di questi dati comporterà un controllo da parte delle autorità doganali e con addebito dei costi al destinatario. o forma del pagamento stipulata; o modalità di trasporto e l’eventuale riferimento al DDT (Documento di Trasporto) o prezzo nella valuta con cui sarà effettuato il pagamento, per i beni destinati alla vendita dichiarazione doganale di esportazione: una manifestazione di volontà del proprietario a vincolare le merci al regime doganale di esportazione, al quale sono collegati effetti giuridicamente rilevanti. La dichiarazione doganale rilasciata ai fini dell'esportazione con diritto di restituzione, è costituita dal documento amministrativo unico (DAU) rilasciato dalla dogana in tre esemplari. 16 packing list: in italiano “Bolla di carico” è quel documento che descrive l’intero contenuto della spedizione certificato di origine: emesso dalla Camera di Commercio Industria, Artigianato e Agricoltura (CCIAA) certifica l’origine territoriale del bene importato. Questo può essere richiesto facoltativamente dall’importatore e consegnato in originale ma non è richiesto per esportare in Giappone certificato di Analisi: le analisi devono certificare le caratteristiche fisiche e microchimiche dell’alimento. Le analisi devono essere effettuate presso un laboratorio nel paese di origine del prodotto e redatte in lingua inglese. Più in specifico, le analisi devono indicare: o paese di origine; o data delle analisi; o nome e indirizzo del laboratorio nel quale vengono svolte le analisi; o descrizione dei campioni e delle caratteristiche; o risultati delle analisi specificando la presenza, grammo per grammo, di eventuali germi; o firma del direttore del laboratorio. bill of Lading (“polizza di carico”): documento rappresentativo della merce caricata su una nave in seguito ad un contratto di noleggio o di trasporto. Questo documento permette al legittimo proprietario del documento di farsi consegnare le merci all’arrivo. Questa caratteristica consente di trasferire una o più volte la proprietà della merce durante il viaggio e fino all'arrivo a destinazione. Air Way Bill (lettera di trasporto aerea, LTA): in caso di trasporto per via aerea. Il contratto di trasporto aereo viene stipulato tramite l’emissione di una lettera redatta su richiesta del mittente dalla compagnia aerea o dallo spedizioniere. La lettera di trasporto aereo è emessa prima che la spedizione venga caricata sul velivolo in 12 esemplari, di cui tre originali. A differenza del Bill of Lading, la lettera di trasporto aereo non è un titolo rappresentativo della merce. Il destinatario può quindi presentarsi a ritirare la merce senza esibire il terzo originale della LTA. certificato di esportazione: certificato rilasciato dal Ministero per il Commercio Internazionale, in seguito al rilascio di un deposito cauzionale a garanzia dell’impegno ad esportare, autorizza a esportare la quantità di prodotto specificato entro il periodo specificato dal titolo stesso. 17 Documenti a carico dell’importatore dichiarazione doganale di importazione: documento obbligatorio per lo sdoganamento compilato in duplice copia dall’importatore dichiarazione di valore assoggettabile a dazio: contenente tutte le informazioni necessarie per calcolare il valore della merce che potrebbe essere sottoposta a dazio. Documento è necessario per lo sdoganamento della merce. notifica di importazione di prodotti alimentari: documento che segnala alle autorità, l’intenzione di importare prodotti alimentari provenienti dall’estero. Questa dichiarazione deve essere fornita almeno sette giorni prima dell’arrivo della merce in dogana e accompagnata da una descrizione degli ingredienti contenuti nel prodotto alimentare o del processo produttivo. Etichettatura e impacchettamento dei prodotti Particolare attenzione è poi da prestare alle norme per l’etichettatura dei prodotti. In genere sono gli importatori ad apporre le necessarie etichette sulle merci, anche se le imprese italiane potrebbero facilmente attrezzarsi per preparare delle etichette idonee, con le diciture in lingua giapponese, già al momento della produzione. Si noti peraltro che in Giappone sia i consumatori che gli operatori economici sono particolarmente sensibili alle date di scadenza dei prodotti e che i dettaglianti stabiliscono i programmi di consegna delle merci con notevole anticipo rispetto a tali scadenze, riducendo il periodo effettivo di vendita dei prodotti. Questo è a volte causa di difficoltà per i produttori esteri, i quali devono tenere debitamente conto anche dei tempi di trasporto della merce fino in Giappone. La vendita agli utilizzatori finali può anche richiedere l’intervento degli importatori o dei grossisti per particolari necessità di lavorazione o impacchettamento dei prodotti. Anche in tal caso, quando la legge lo consenta, le imprese italiane potrebbero usare già in fase di produzione le stesse procedure per la lavorazione e gli stessi materiali per l’impacchettamento di quelli adoperati in Giappone. 18 La certificazione JAS per l’agro-alimentare organico Nell’ambito della revisione sulla Legge Concernente la Standardizzazione e l’Etichettatura Appropriata dei Prodotti Agricoli e Forestali (Legge JAS) nel 1999, sono stati introdotte le seguenti novità: un processo di ispezione e certificazione per i cibi organici l’elaborazione di principi standard per la produzione di prodotti organici (ulteriormente definiti nel 2000) il divieto di etichettare prodotti agro-alimentari come organici al di fuori del processo di ispezione e certificazione JAS Sebbene il processo di ispezione e i principi standard si rifacciano al Codex Alimentarius, occorre comunque tenere presente che per l’importazione è necessario superare i controlli degli uffici di quarantena animale e vegetale, che in alcuni punti si discostano notevolmente dal Codex. Per quanto riguarda il procedimento di ispezione e certificazione, esistono due modalità per ottenere l’etichetta JAS e poter quindi promuovere i propri prodotti come organici: 1. sottomettersi a un processo diretto di ispezione da parte degli organismi di certificazione giapponesi afferenti al sistema JAS, sia italiani che giapponesi; essere certificati da organismi di certificazione organica (bio) riconosciuti dal governo italiano e organizzare l’importazione con società di import-export certificate da JAS Certificazione diretta attraverso JAS La certificazione diretta attraverso gli organismi ministeriali giapponesi è la strada che consente la maggiore indipendenza di azione - sia nel caso in cui il produttore organico abbia già rapporti di business con importatori non certificati, sia nell’eventualità di dover cambiare importatore. Inoltre, non tutte le categorie di prodotti agro-alimentari sono etichettabili tramite organismi di certificazione esterni. Tuttavia, il procedimento richiede di fare attivamente domanda di certificazione JAS, con costi aggiuntivi rispetto alle eventuali certificazioni già ottenute. Allo stato attuale (dicembre 2013), cinque organi di certificazione italiani possono rilasciare etichette JAS5: Istituto per la Certificazione Etica e Ambientale (ICEA) CCPB S.r.l. Bioagricert S.r.l. è possibile consultare l’elenco completo http://www.maff.go.jp/e/jas/specific/organic.html 5 e aggiornato al seguente indirizzo: 19 Istituto Mediterraneo di Certificazione (IMC) Suolo e Salute S.r.l. La procedura per la certificazione può essere discussa direttamente con gli organismi elencati. In generale, comunque, si sottolinea la necessità di definire nel sistema di controllo in azienda due figure: 1) il responsabile del processo di produzione e 2) il responsabile del grading, ovvero del controllo finale di conformità del prodotto prima dell’esportazione. Certificazione attraverso importatori autorizzati Anche nel caso in cui non si sia in possesso di una etichetta JAS ottenuta direttamente, è comunque possibile - tramite importatori riconosciuti dal sistema JAS - ottenere un’etichettatura al momento dell’importazione dei prodotti organici in Giappone. Con questo metodo, si evita il costo di una certificazione aggiuntiva, ma bisogna porre attenzione ai seguenti limiti: il metodo è valido solo per la certificazione di: o piante (frutta, verdura, cereali, grani caffè fresco, canna da zucchero, funghi…) o preparati a base vegetale (e.g. conserve, succhi, pasta, caffè tostato o in polvere…) la fase di grading, interna all’azienda certificata nel metodo 1, è sotto il controllo dell’importatore certificato, il quale quindi è nella posizione di rifiutare qualsiasi partita sia giudicata non conforme il numero di importatori certificati è limitato, pertanto il potere di negoziazione da parte del produttore è limitato Il Ministero dell’Agricoltura offre una lista degli importatori autorizzati ad apporre l’etichetta6. Con questo metodo, sono in linea di principio valide le certificazioni ottenute da tutti gli organismi riconosciuti dal governo italiano, ovvero quelli già citati in precedenza più i seguenti: Bios S.r.l. Ecogruppo Italia QCertificazioni S.r.l. Sidel Spa per il 2013, la lista è http://www.maff.go.jp/e/jas/specific/other/list_yunyu_english_201311.xls 6 disponibile all’indirizzo: 20 La certificazione del vino BIO Da un punto di vista tecnico, il vino è disciplinato dal Ministero delle Finanze e non ricade nella normativa JAS per l’etichettatura dei prodotti organici. Non è previsto pertanto un bollino JAS per i vini e gli altri alcolici. Tuttavia, dall’ottobre 2012, con la riforma della legge sugli alcolici, il Ministero delle Finanze riconosce la dicitura “vino biologico” o più chiaramente “vino prodotto con prodotti agricoli biologici” se alcune condizioni sugli ingredienti e la produzione sono soddisfatti. Nei fatti, il possedimento di una certificazione italiana e l’uso di additivi entro i limiti della legge giapponese possono già consentire la dicitura di “vino biologico” sull’etichetta. 5. PRODOTTI BIO E NON: QUALI SPAZI DI CRESCITA? In Giappone è presente un’ampia varietà di prodotti italiani. Il loro consumo segue dei trend molto variabili in continuo cambiamento. Sicuramente una maggiore attenzione alla comunicazione e alla diffusione riguardo il corretto e possibile consumo dei prodotti, ne aumenterebbe il mercato. In linea generale, la presenza dei prodotti italiani può essere così distinta: Prodotti presenti birra artigianale o alcool-free biscotti (sia da tè che da colazione) formaggi salse e sughi di alta qualità, non industriali (né nel contenuto né nel packaging) Prodotti non presenti ma inseribili piatti pronti surgelati (pasta, pizze e risotti, magari anche zuppe e minestre), anche se non è a barriere zero (c'è qualche controllo se contengono carne ad esempio, inoltre non ci devono essere segni di scongelamento) snack "naturali" vegetali e di frutta (se processati, non è un problema per la dogana) 21
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