BIOALIMENTARE Giappone

BIOALIMENTARE
PROMOZIONE DEL BIOALIMENTARE ITALIANO
IN AUSTRALIA E GIAPPONE
Nota settoriale Giappone
realizzato da
in collaborazione con
INDICE
1. Il Paese Giappone: il mercato agroalimentare e dei prodotti organici
2
2. Distribuzione: aspetti generali
5
3. Propensione ai consumi di alcune categorie significative
7
4.
Il quadro normativo
12
Additivi e sostanze chimiche
Dazi e tasse di consumo
Documenti per l’esportazione
Etichettatura e impacchettamento dei prodotti
La certificazione JAS per l’agroalimentare organico
5. Prodotti bio e non: quali spazi di crescita?
21
1
1. IL PAESE GIAPPONE: IL MERCATO AGROALIMENTARE E DEI PRODOTTI ORGANICI
Il mercato dell’agroalimentare di importazione in Giappone vale circa 78.744.831.000 US$
(Japan's Agricultural, Forestry and Fisheries Trade in 2010, Jetro, 2012).
Con il progressivo cambiamento delle abitudini dietetiche della popolazione, a partire dagli
anni ‘60 le importazioni dell’industria alimentare sono andate aumentando. Oltre agli alimenti
tradizionali quali il riso, i fagioli, il pesce e le verdure, oggi i giapponesi consumano anche
molta carne, cereali e latticini che provengono per la maggior parte dall’estero. Il parallelo
calo del livello di autosufficienza alimentare del Paese e la preoccupazione per il fatto che il
Paese starebbe muovendosi verso un modello di consumo alimentare di stile sempre più
occidentale, caratterizzato cioè da un eccessivo contenuto di grassi e proteine rispetto alla
dieta tradizionale giapponese, ha portato ad una forte attenzione alla salute che ha creato
opportunità d’inserimento per l’industria alimentare italiana. Nel corso degli anni, numerosi
studi medici hanno attribuito crescenti vantaggi alla “dieta mediterranea” e hanno contribuito
a sostenere la crescita della domanda locale di prodotti quali l’olio d’oliva, la pasta, i pomodori
e il vino rosso. La domanda di pasta continua a crescere, e l’80% della pasta importata viene
dall’Italia. Anche l’importazione di formaggio rimane particolarmente significativa,
soprattutto per quanto riguarda i prodotti caseari come mozzarella o Parmigiano Reggiano
utilizzati nei ristoranti italiani presenti in Giappone. Le importazioni di vino dall’Italia sono
rimaste stabili negli ultimi anni, le cui vendite sono legate al settore della ristorazione più che
al consumo in casa.
 Da un punto di vista assoluto, l’Italia non è il primo paese europeo in termini di
quantitativi importati. Francia e Germania importano al momento quasi due volte in
valore rispetto all’Italia. In ogni caso, il mercato di beni importati italiani in Giappone
vale ancora il doppio che in Cina, ed è molto più grande di quello coreano, quindi si pone
ancora come il punto di riferimento per l’area.
Il mercato dei prodotti organici
In Giappone il principale driver della domanda di prodotti organici (o biologici) non è stato,
finora, l’aderenza più o meno consapevole a teorie “green”, quanto piuttosto a una marcata
sensibilità collettiva verso la genuinità e la pulizia dei prodotti, oltre che verso la cura
artigianale della produzione. Si tratta ancora di un mercato nascente rispetto a molti paesi
dell’Europa e del Nord America. Secondo una ricerca commissionata dall’azienda giapponese
2
FTPS Co., Ltd, comunque, il mercato per i soli cibi organici aveva raggiunto nel 2009 i 130
miliardi di yen (circa un miliardo di euro), senza considerare l’indotto. Yano research,
importante agenzia giapponese di ricerche di mercato, stimava invece nel 2011 una crescita
annua del mercato dei cosmetici naturali/organici di quasi il 7%, per un mercato che avrebbe
raggiunto nel 2012 i 98 miliardi di yen (circa 700 milioni di euro).
L’ostacolo principale per l’ingresso in questi mercati è l’ottenimento dei permessi necessari a
promuovere un prodotto come organico. Per quanto riguarda il settore alimentare, l’
organismo governativo – JAS - del Ministero dell’Agricoltura giapponese è il riferimento per
l’ottenimento di una certificazione apposita.
Negli ultimi anni, la produzione interna di prodotti organici ha visto una modesta crescita,
passando dal 0,10% nel 2001 allo 0,24% nel 2011. Il settore è dominato in particolare dalla
produzione di verdure, che assieme al riso costituiscono l’86% del totale dei prodotti organici
nel 2011. Per quanto riguarda invece le importazioni, nonostante le quantità di verdura e
frutta siano considerevoli, il prodotto in assoluto più importato è la soia biologica, che nel
2011 ha rappresentato il 40% delle importazioni.
Data la situazione del mercato organico in Giappone, si possono individuare quattro diverse
aree con potenzialità di crescita di interesse per potenziali importatori.
1) ristorazione, a partire dai ristoranti per famiglie fino a quelli di lusso. Sempre più
ristoranti propongono cibi biologici o naturali, verdura e frutta fresca o menù salutari.
Dato che la varietà di prodotti biologici importati è ancora limitata, ci sono ampie
opportunità per gli importatori di questo settore.
2) vendita su internet potrebbe essere un buon investimento. I due maggiori rivenditori di
cibo biologico online, Oisix e Radish-Boya, si stanno espandendo rapidamente: questi
due esempi trattano principalmente prodotti di produzione interna, ma ci sono molti
altri rivenditori più improntati a prodotti importati.
3) mercato dei regali. I maggiori rivenditori giapponesi (centri commerciali, supermercati,
rivenditori online, persino conbini1) organizzano vendite di prodotti per un’occasione
che in Giappone cade due volte l’anno, a metà luglio e a fine anno: un regalo alle
persone verso cui ci si sente debitori (ad es. soci d’affari, clienti, vecchi insegnanti).
Solitamente il regalo consiste in generi alimentari, spesso di lusso e importati, e di
recente hanno cominciato ad apparire sugli scaffali anche prodotti biologici come caffè,
tè, olio vegetale e prodotti in cotone. Entrare in questo mercato potrebbe rivelarsi una
1 diminutivo giapponese di convenience
store, negozi di generi alimentari e domestici aperti 24 ore su 24
3
scelta particolarmente vantaggiosa per un produttore biologico, poiché questi regali
stagionali sono prodotti in quantità limitata e venduti a prezzi maggiorati.
4) settore dei cibi pronti è previsto in crescita. Negli ultimi anni c’è stato un aumento di
piccoli rivenditori specializzati in piatti principali e contorni da portare a casa e
mangiare assieme al riso, così come ci sono reparti appositi in supermercati, centri
commerciali e conbini. Il target di questi prodotti sono soprattutto i giovani lavoratori
d’ufficio, ma si stima che in futuro anche il consumo tra anziani potrebbe aumentare
grazie a prezzi più ragionevoli e varietà dei prodotti.
Una ricerca di mercato organizzata da Jetro (Japan External Trade Association) ha rilevato che
il 29% della popolazione adulta in Giappone preferisce comprare prodotti alimentari biologici,
prodotti per la cura della persona di origine naturale, integratori naturali e altri prodotti e
servizi sostenibili.
Tabella 1 - Mercato giapponese dei prodotti biologici – Storico/Previsione. Volume di vendita al
dettaglio (unità: 1000 tonnellate, dove non segnalato diversamente). Fonte Euromonitor 2011
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
2014
2015
Olio d’oliva biologico
0.2
0.3
0.2
0.2
0.3
0.3
0.3
0.3
0.3
0.3
Salse
6.0
6.2
6.3
6.4
6.7
7.0
7.3
7.7
8.2
8.7
Miele biologico
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
Biscotti biologici
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
Pane biologico
15.1
15.7
15.2
15.6
16.5
17.6
18.7
19.9
21.3
22.8
Formaggio biologico
0.2
0.2
0.2
0.2
0.2
0.2
0.2
0.2
0.2
0.2
Succo di frutta/verdura
4.9
5.3
5.3
5.4
5.7
6.1
6.5
6.9
7.4
7.9
4.9
5.3
5.3
5.4
5.7
6.1
6.5
6.9
7.4
7.9
e
condimenti
biologici
biologico
(milioni
di
litri)
Succo 100% biologico
(milioni di litri)
La domanda per i prodotti biologici è prevista in cospicuo aumento nel prossimo futuro. La
percentuale di giapponesi che presta particolare attenzione alla salute sta crescendo: molti di
loro comprano cibi e bevande biologici in quanto naturalmente più sani. Dato che la
produzione interna è ancora limitata o quasi inesistente per molti prodotti, l’aumento di
domanda si tradurrà in un’ottima opportunità per i fornitori stranieri.
4
 Tuttavia, gli esportatori dovrebbero tener presente che il mercato giapponese è difficile
da penetrare, per cui l’alta qualità del prodotto e la selezione accurata dei canali di
distribuzione sono di fondamentale importanza.
2. DISTRIBUZIONE: ASPETTI GENERALI
In passato i prodotti alimentari italiani erano distribuiti quasi esclusivamente attraverso il
settore della ristorazione; oggi, invece, sono venduti in misura sempre maggior anche nei
negozi al dettaglio. La struttura e il funzionamento del settore della distribuzione dei prodotti
alimentari in Giappone sono tuttavia assai complessi e si avvalgono di alcuni livelli di
intermediazione prima che i prodotti giungano nelle mani dei consumatori finali.
In buona parte dei casi, infatti, gli importatori vendono ai grossisti primari i quali non
collocano i prodotti direttamente presso i dettaglianti, ma si servono invece dei grossisti
secondari, specializzati territorialmente oppure per tipologie merceologiche.
Dato l’aggravio di costi implicato da tale struttura, negli ultimi anni sono andate comunque
aumentando le importazioni dirette da parte delle grandi catene operanti nel settore della
distribuzione e in quello della ristorazione.
Riguardo la collocazione di prodotti alimentari e bevande presso gli utilizzatori finali, si hanno
forme di distribuzione diretta soprattutto nel caso di prodotti soggetti ad un periodo di
immagazzinamento limitato, quali ad esempio la carne, il latte, o il pane, mentre per la
maggior parte dei beni che possono essere conservati per periodi relativamente lunghi come i
prodotti in scatola o in bottiglia, così come per i prodotti caseari e per il cibo surgelato, la
distribuzione è in genere indiretta.
Il settore distributivo giapponese è caratterizzato non solo da una struttura assai complessa,
ma anche da pratiche d’affari che possono spesso risultare alquanto difficili da comprendere
agli occhi degli stranieri e che in ultima analisi tendono ad avvantaggiare i grossisti a scapito
dei consumatori. È normale, ad esempio, che nel caso di una transazione con un rivenditore al
dettaglio di grandi dimensioni sia il produttore e non il grossista a sostenere gli oneri per la
promozione dei prodotti, così come non sono infrequenti le situazioni in cui si stipulano
accordi in base ai quali pur essendo la merce consegnata direttamente dal produttore al
dettagliante senza passare attraverso il grossista, è quest’ultimo ad occuparsi di riscuotere il
pagamento per conto del produttore e la transazione viene registrata sui libri contabili dello
stesso grossista, che ne percepisce quindi la commissione.
5
Un’altra particolarità del settore alimentare in Giappone è il cosiddetto sistema di
distribuzione ad alta frequenza e a piccoli lotti (high-frequency, small-lot delivery), che implica
appunto numerosi
rifornimenti dei punti di vendita al dettaglio, per quantitativi
relativamente ridotti. Nel caso ad esempio dei convenience stores, si possono avere anche
quattro o cinque consegne giornaliere. Oltre alle necessità dettate da strade strette e dalla
limitata possibilità di stoccaggio, lo scopo di questa pratica è quello di mantenere bassi i costi
di magazzino per i dettaglianti e di permettere di rispondere con flessibilità alle variazioni
della domanda dei consumatori finali.
Visti, inoltre, gli elevati costi operativi, i produttori stranieri si affidano di solito ai loro
partners giapponesi per la funzione di marketing dei prodotti presso i dettaglianti e i
consumatori, sebbene ciò non consenta di mantenere il controllo sulle tecniche di
collocamento dei prodotti, sui prezzi, nonché su aspetti di carattere tecnico-qualitativo quali
ad esempio i metodi di conservazione e di presentazione delle merci.
Riguardo al prezzo, va osservato che in passato la relativa scarsità di offerta da parte di
imprese italiane ben strutturate per affrontare il mercato giapponese e la poca conoscenza dei
prodotti da parte degli operatori locali avevano permesso la generazione di ricarichi molto
elevati. Oggi, i consumatori giapponesi sono divenuti assai più sensibili al rapporto
qualità/prezzo e la maggioranza non è più disposta a spendere cifre eccessive per i prodotti
importati. La ricchissima disponibilità di merci alimentari importate da tempo e da ogni parte
del mondo ha infatti ridotto l’impatto psicologico del nome straniero. Il consumatore
giapponese esamina in modo disincantato le numerose proposte affiancate sugli scaffali e
giudica sulla base della personale esperienza.
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3. PROPENSIONE AI CONSUMI DI ALCUNE CATEGORIE SIGNIFICATIVE
Sinossi dei principali prodotti
CONSUMO 2012
CARATTERISTICHE
MERCATO
OLIO OLIVA
46.407 tonnellate importate
nel 2012 (+28% 2011)
18.863 tonnellate consumate
per uso domestico 2011
Usato crudo e per cucinare
Usato su piatti giapponesi
Al quarto posto come immagine di cibo
salutare*
Preferenza extra-vergine
In crescita, ma
minacce da
Spagna
VINO
Vino Italiano 2010: 2010 Uso
ristorazione 13.000 litri Uso
domestico 12.170 litri (+5.7%
2009)
Immagine di cibo sano
Passione per cucina mediterranea e
viaggi
Preferenza vino bianco e dolce
In crescita, ma
minacce da Cile,
Spagna
SALUMI
Import 2012: 53.546
tonnellate (+12,4%), stabile la
produzione giapponese.
FORMAGGI
2010: 260.000 tonnellate
(57% delle famiglie
consumano formaggio)
PRODOTTO
Buona immagine per prosciutto crudo
Favorito da diminuzione tempo passato
a cucinare
Aperitivi anche in locali giapponesi
Massificazione del consumo dei
formaggi naturali, ma i formaggi
industriali sono ancora forti.
I formaggi grattugiati sono tuttora
dominati da Stati Uniti, Danimarca
CONSERVE
VEGETALI
Aumento del consumo di
pomodori in scatola
Incentrato su pomodori (90% del
mercato).
Forte associazione alla cucina italiana,
buon brand dell’Italia sul settore.
CONFETTURE
E MIELE
Miele 36.823 tonnellate
importate nel 2012
Miele soprattutto da Cina e Argentina
Percezione elevata del brand per la
marmellata francese. Il brand italiano
non viene associato al miele.
PRODOTTI DA
FORNO
Biscotti: consumo molto basso
(17 tonnellate).
Scarso utilizzo di biscotti per colazione,
ma trend in crescita.
Utilizzati per consumi durante il giorno
o come regalo (impacchettati
singolarmente)
SALSE E
CREME
Sughi pronti e pesti: quantità
ancora modeste (2012: 935
tonnellate)
Pesto gode di buona immagine e
associazione con Italia.
Sughi pronti legati al consumo di pasta
in ambiente domestico (no dati)
SVILUPPO
MERCATO
In crescita, ma
minaccia da
Spagna
BARRIERE
NO dazi o licenza import se
genere alimentare.
SI certificato analisi
SI etichettatura giapponese
No licenza se importatoreristoratore
Dazi da 45 a 182 yen/litro
SI certificato analisi
SI etichettatura giapponese
Dazi da 1035 yen/Kg o 8.5%
Certificazione assenza di
batteri
In crescita
Listeria assente
No Provolone
Dazi da 24% a 40% (favoriti
formaggi fusi)
Forte aumento
per la Cina sui
pomodori (+57%
volumi), Prezzi in
ribasso.
Stabile Italia.
Obbligo di etichetta.
Dazi 9% pomodori
Altri: da 9,6 a 23%
Miele in
diminuzione (10% in valore),
confetture stabili
SI etichettatura
25,5% dazio sul miele
Da 12% a 34% su confetture
Valore
dell’import
italiano di
biscotti +500%
Wafer
confermano il
calo
Forte crescita
(import Italia
+82% in valore)
per i sughi
pronti. Crescita
limitata (6%) per
il pesto
Biscotti: 20,4% dazio
Wafer: 18%
Obbligo di etichettatura
Obbligo di etichettatura
Tariffe da 7,2% a 17% (sughi
pronti)
Olio d’Oliva
-
il Giappone importa la quasi totalità del proprio consumo di olio d’oliva. Italia e Spagna:
esportatori principali (90% del prodotto importato);
-
domanda da parte del settore industriale pari più dei 2/3 della domanda totale
-
formato dei contenitori: in passato venivano preferite bottiglie di piccole dimensioni (fino a
100 ml.), ma negli ultimi anni si sono diffuse bottiglie più grandi (da150 a 300 ml.);
7
-
modalità della distribuzione: solitamente, il prodotto raggiunge i consumatori così come è
confezionato nel Paese d’origine ed è per lo più venduto con il marchio del produttore;
-
l’olio d’oliva è soggetto alla Food Sanitation Law e della Japanese Agricultural Standard Law
-
un fattore cui prestare attenzione è l’eventuale presenza di residui agrochimici nel prodotto.
Se questi dovessero risultare non conformi alle norme sanitarie, l’immagine di cui l’olio
d’oliva gode presso i consumatori giapponesi sarebbe seriamente danneggiata;
-
è necessario tener presente gli alti livelli qualitativi richiesti dal mercato giapponese anche
per gli aspetti puramente estetici. In molti casi una macchia o un’ammaccatura in una lattina
o in un tappo di bottiglia possono far ritenere il prodotto difettoso e richiederne la
sostituzione.
-
dimensione dei lotti minimi da esportare: i produttori devono tenere in considerazione che il
mercato dell’olio di oliva è ancora limitato. Qualora fossero inviati lotti eccessivamente
grandi, parte di questi potrebbe giacere a lungo nei magazzini ed essere quindi posta in
vendita come merce in saldo, ledendo notevolmente all’immagine del prodotto.
Olio d’oliva organico
-
data la percezione salutistica che ha attualmente, l’olio è il prodotto che più si presta a vedere
sviluppi nella produzione biologica;
-
sui maggiori negozi online di alimentari e nei department store di fascia alta, l’offerta di olii
organici spagnoli e italiani è già sufficientemente strutturata,
-
secondo il Ministero dell’Agricoltura giapponese, nel 2011 sono state importate 1.622 ton. di
olii vegetali, di cui ca. 300 ton olio d’oliva. Come riferimento, nel 2011 la quantità totale di
olio EV d’oliva importato era pari a circa 10.500 ton.
 Allo scopo di penetrare con successo nel mercato giapponese, bisogna tenere in
considerazione il cambiamento che si è verificato negli ultimi anni nelle tendenze dei
consumi alimentari e la maggiore attenzione al fattore salute. È necessario informare i
consumatori circa le proprietà salutari, la purezza ed il sapore caratteristici dell’olio
d’oliva. A tale scopo si rendono utili campagne pubblicitarie per incrementare il livello di
informazione di base. Per far affiorare la domanda potenziale si rende spesso necessario
pubblicizzare anche menù che contengano olio d’oliva, visto che una delle chiavi per
sostenere l’incremento nel consumo dell’olio d’oliva risiede nel suo uso anche per i piatti
diversi dalla pasta.
8
Salumi
-
il mercato del prosciutto in Giappone è cambiato negli ultimi trent’anni: da cibo importato di
lusso oggi è diventato alquanto popolare ed alla portata dei più, pur conservando l’immagine
di alimento di importazione di alta classe;
-
la produzione locale si riferisce a un prodotto poco stagionato e non presenta ancora
particolari meriti nei confronti dei prosciutti italiani;
-
le importazioni di prosciutto, benchè liberalizzate nel 1972, sono controllate sulla base della
Law on Prevention of Communicable Livestock Diseases e vengono bandite o limitate a
seconda dei Paesi. L’Italia ha subito il bando totale delle importazioni di prosciutto crudo in
Giappone fino al 1996, anno in cui sono state liberalizzate. In pochi anni l’Italia ha
conquistato la quota di mercato più ampia;
-
la maggior parte del prosciutto crudo viene acquistata nelle catene di grandi supermercati e,
durante i periodi caratterizzati dal tradizionale invio di regali, a inizio estate ed a metà
inverno, le confezioni di lusso di prosciutto sono tra i doni più popolari;
-
grosse opportunità si hanno nell’ambito del settore della ristorazione. In particolare,
alberghi e ristoranti, pur servendosi di grossisti nel caso dei prodotti locali, per quanto
riguarda quelli d’importazione, spesso importano direttamente dal produttore estero;
-
la novità più recente è rappresentata da Internet. Nei mercati online come Rakuten o
Amazon, oppure altri di più piccola scala, è da pochi anni disponibile una scelta
ragionevolmente ampia di salumi, a prezzi spesso inferiori a quelli dei maggiori
supermercati, specialmente sulle quantità più elevate. Questo mercato non ha ancora visto
l’ingresso diretto degli importatori più grandi oppure dei produttori stessi;
-
tra i fattori che un produttore italiano deve tener presente allo scopo di importare prosciutto
crudo in Giappone molti sono riferibili in generale all’intero mercato alimentare giapponese.
Innanzitutto, la cura per i dettagli che è propria dei consumatori giapponesi, dal packaging
(confezioni curate e non troppo grandi); alle date di scadenza, al contenuto di sale, grassi,
additivi e calorie. A ciò si aggiunga la preferenza dei giapponesi per gli alimenti dal sapore
delicato, poco speziati. Un problema che si presenta anche per molti altri alimenti italiani
importati in Giappone, è la scarsa conoscenza che i giapponesi hanno dell’uso culinario che
se ne può fare. Servirebbe pertanto una maggiore informazione riguardo ai diversi modi in
cui il prosciutto crudo può essere servito.
9
Formaggi e prodotti caseari
-
il mercato giapponese del formaggio naturale sta attraversando una fase di forte crescita: dal
2000, la quantità di formaggi naturali importati è aumentata del 32%, ma il valore
complessivo delle importazioni è cresciuto in valore nominale del 110%, a fronte di
un’inflazione sostanzialmente nulla;
-
il mercato è ancora dominato da formaggi fusi e grattugiati di provenienza americana e
danese, da anni leader indiscussi del mercato;
-
nel settore specifico dei formaggi naturali, l’Australia e la Nuova Zelanda hanno volumi di
esportazione in Giappone maggiori dei nostri, con una leadership. Da gennaio a ottobre
2013, la quantità di formaggi naturali importati dall’Italia era di 3.237 ton., a fronte di
importazioni dall’Australia per 45.000 ton.;
-
prodotti come la mozzarella, il Parmigiano Reggiano e il Gorgonzola stanno lentamente
occupando una quota nell’universo dei formaggi riconosciuti con un proprio nome, talvolta
distinguendosi dalle diciture di origine americana “parmesan cheese” e “blue-cheese”
-
particolare attenzione occorre prestare alla produzione interna. Fino a pochi anni fa
completamente trascurabile, essa trova ora in Hokkaido e in alcuni regioni dell’Honshu un
nuovo rilancio grazie al massiccio investimento da parte dei grandi gruppi caseari
(Morinaga, Takanashi etc.) e lo studio delle tecniche casearie europee.
 Mentre sono già sul mercato mozzarelle nazionali di discreta qualità, a un prezzo
inferiore a qualunque prodotto importato, non è difficile ipotizzare che la
massificazione del consumo e alle barriere all’importazione spingano le aziende
giapponesi a investire su formaggi di più ampio consumo in concorrenza con i nostri
formaggi duri.
Pasta
-
mercato generale in leggera crescita anche a causa di una maggiore tendenza delle famiglie a
consumare pasti a casa e la percezione diffusa della convenienza della pasta come alimento;
-
attualmente piatti a base di pasta sono offerti in quasi tutti i ristoranti per famiglia, oltre che
nelle migliaia di ristoranti occidentali o italiani diffusi nel territorio. Spesso, la pasta è stata
utilizzata per preparazioni locali (e.g. pasta con uova di pesce), ed è in parte entrata nella
dieta quotidiana dei giapponesi fuori casa;
10
-
lo spostamento dei consumi da un consumo esterno a uno domestico, se confermato nel
prossimo futuro, deve perciò essere visto con attenzione, perché potrebbe innescare un
aumento deciso delle importazioni di pasta;
-
per quanto concerne il consumo di pasta biologica, nel 2011 sono state importate circa 800
ton., distribuite principalmente attraverso supermercati di fascia alta.
Dolci e biscotti
-
l’import di dolci e biscotti italiani ha recentemente registrato una forte crescita. Mentre per i
wafer l’Italia ha perso la leadership di mercato in questo anno contro il Belgio, per gli altri
biscotti si registra da due anni una crescita a doppia cifra: dalle 937 ton. nei primi 10 mesi
del 2011 alle 1.516 ton. del 2013 (+61%), con una crescita in valore dell’84%;
-
da un punto di vista della produzione bio, si prevede una crescita del mercato, al momento
ancora modesto, mentre sono già presenti prodotti italiani nei negozi di alimentari di fascia
medio-alta.
11
4. IL QUADRO NORMATIVO
Le imprese che vogliono inserirsi nel settore alimentare giapponese devono tener presente
che le leggi vigenti presentano differenze notevoli rispetto a quelle europee e che in passato le
autorità, spinte dalle lobby degli agricoltori, hanno fatto ampio uso della normativa per
introdurre ostacoli di natura amministrativa all’inserimento dei prodotti stranieri nel Paese.
Le principali leggi in materia che si consiglia di controllare sono la Food Sanitation Law, la
Japan Agricultural Standards Law, la Measurement Law, la Container Safety Standards Law e la
Product Liability Law.
Sebbene il processo di ispezione e i principi standard si rifacciano al Codex Alimentarius,
occorre comunque tenere presente che per l’importazione è comunque necessario superare i
controlli degli uffici di quarantena animale e vegetale, che in alcuni punti si discostano
notevolmente dal Codex.
Additivi e sostanze chimiche
Il Giappone utilizza liste positive per il controllo degli additivi chimici negli alimenti. Esistono
liste consultabili pubblicamente in inglese e in giapponese che indicano sia gli additivi
ammessi che il loro uso consentito e la modalità di fabbricazione standard2.
Secondo le disposizioni della legge sulla sanità alimentare introdotta il 29 maggio 2006, i cibi
che presentano livelli superiori al consentito di residui chimici agricoli, additivi nei mangimi e
nei prodotti farmaceutici veterinari, non possono essere commercializzati, mentre quelli che
contengono residui non compresi nella lista possono essere commerciati purché presenti nel
limite massimo di 0,01ppm.
Analisi chimiche e fitosanitarie richieste
La preparazione dei documenti che certifichino l’idoneità e la sicurezza del prodotto per
l’ingresso nel paese può essere relativamente semplice, come nel caso del vino, oppure
piuttosto complicata e costosa, come nel caso dei salumi. Il problema maggiore risiede nel
fatto che esiste un evidente divario tra la potenzialmente enorme lista di analisi richieste e
l’effettiva pianificazione delle ispezioni durante l’anno.
2 La
lista è reperibile sul sito del Ministero della Salute, del Lavoro e del Welfare
www.mhlw.go.jp/english/topics/foodsafety/foodadditives/
12
La via più sicura per ottenere informazioni sulle analisi richieste per l’importazione è quella di
contattare direttamente l’ufficio delle dogane giapponesi. Esistono però alcune regole
applicabili per capire l’entità delle analisi richieste.
Frutta e verdura
Attualmente la possibilità di importare frutta è limitata a pochissime varietà, come le arance
tarocco, a causa dei requisiti altissimi sull’assenza di parassiti e residui chimici sulla
superficie. Nei casi dove non esiste un divieto esplicito, occorre comunque verificare che non
siano comunque necessari procedimenti come la fumigazione, che riducono il tempo di
conservazione dei prodotti.
import possibile per carciofi, asparagi, tartufi, funghi, radicchio rosso, cicoria fresca,
lattuga, pistacchi, mandorle, cipollotti e carote, arance tarocco;
in contrattazione: arance moro e sanguinella, kiwi, mele, pere, uva da tavola
Frutti di bosco, funghi e tartufi
Anche se utilizzati surgelati o trasformati, quasi sempre è richiesto un certificato che attesti
l’assenza di radiazioni. Recentemente si sono verificati casi di prodotti provenienti dall’Italia
con valori superiori ai limiti consentiti, che hanno determinato il ritiro dai supermercati della
merce e l’immediata cessazione del rapporto di business fra produttore ed esportatore.
Formaggi molli, salumi
Le dogane giapponesi hanno stabilito l’ispezione sistematica della presenza di Lysteria
Monocytogenes su tutti i formaggi molli e salumi italiani. Il limite, sostanzialmente pari a zero,
si pone in contrasto con i dettami del Codex Alimentarius e costituisce uno dei maggiori
ostacoli all’importazione di questi prodotti in Giappone. La certificazione, o l’ispezione in caso
di mancanza di certificati, è relativamente costosa.
Salumi
Nel caso particolare delle carni lavorate, oltre alla certificazione per Lysteria, si deve tenere
conto che è necessaria un’ispezione dello stabilimento da parte dell’ASL per l’inserimento
nella lista degli stabilimenti di trasformazione abilitati all’export in Giappone3.
3 Al
momento, è possibile vedere i dettagli della procedura sul sito Ministero della Sanità, all’indirizzo
http://www.salute.gov.it/portale/ministro/p4_8_0.jsp?lingua=italiano&label=servizionline&idMat=SAL&idAm
b=STB&idSrv=EGCPS&flag=P
13
Alimenti compositi (conserve, pizza, cibi pronti etc.)
In questi casi, va sempre considerato che potrebbe essere richiesta la documentazione
relativa a tutti i componenti del prodotto – questo è soprattutto un problema per alimenti
contenenti carne o salumi.
Miele
È necessaria un’analisi certificata da laboratori italiani di sanità pubblica che attestino
l’assenza di antibiotici, coloranti e aromi artificiali. I prodotti possono inoltre essere
ispezionati per la presenza di larve se trasportati sfusi.
Olio d’oliva
Per l’olio si richiede l’assenza dei due antiossidanti sintetici quali BHA (butilidrossianisolo) e
BHT (butilidrossitoluolo), il cui contenuto è proibito.
Vino
Nel caso del vino, è necessario richiedere un’analisi per l’esportazione in Giappone in uno dei
laboratori autorizzati dal Ministero della Sanità giapponese4.
Dazi e tasse di consumo
Tassa di consumo
La tassa di consumo è da pagare al momento dello sdoganamento da parte dell’importatore
 fino a tutto marzo 2014, la tassa sarà pari al 5% del valore dichiarato in dogana
(comprensivo di dazi), mentre da aprile l’imposizione salirà all’8%.
Dazi
I dazi sono applicati sul valore indicato nella fattura commerciale inclusa nella spedizione.
Occorre fare attenzione nel dichiarare accuratamente la categoria del bene trasportato,
eventualmente corredato da codice HR, in modo da minimizzare la possibilità di
classificazioni arbitrarie da parte delle autorità doganali giapponesi.
4 l’elenco
si può trovare online all’indirizzo http://www.mhlw.go.jp/topics/yunyu/5/dl/a6.pdf
14
Di seguito si riportano i dazi per i prodotti più significativi:
Vino e altri alcolici
Codici HR: 22.04.XXX
Vino frizzante: 182 yen/l
Altro vino in contenitori sotto i 150 litri: il minimo tra il 15% ad valorem e 125 yen/l,
comunque non inferiore a 67 yen/l
Grappe: nessun dazio
Liquori: 126 yen/l
Birra: nessun dazio
Salumi
Salami: 10% ad valorem
Prosciutti e altri salumi di suino: 1035 yen/Kg
Olio d’Oliva
Nessun dazio
Conserve
Sottaceti: da 6% a 15% ad valorem
Pomodoro
o In pezzi: 9% ad valorem
o Passate: 16% ad valorem
Funghi, tartufi: da 9,6% a 13,4% ad valorem
Misto (non congelato): da 5,4% (olive) a 23,8% (conserve zuccherate) ad valorem
Marmellate: da 12% a 34% ad valorem
Pasta, Pizza
Pasta: 30 yen/Kg
Pasta ripiena: di carne 5,1%, altro 23,1%
Pane: 9%
Pizza (congelata o semi-preparata): 24%
Focaccia (se non equiparabile a pizza o pane): 25,5%
Formaggi e prodotti caseari
Formaggi naturali
o Con contenuto secco inferiore al 48%: 22,4%
o Grattugiati: 26,3%
o Altri: 29,8%
15
Formaggi industriali: 40%
Documenti per l’esportazione
Documenti a carico dell’esportatore
numero meccanografico: codice alfanumerico fornito dal Ministero dello Sviluppo
economico, e rilasciato dalla Camera di Commercio territoriale, che attribuisce alle
imprese la possibilità di commercio estero. Questo codice deve essere indicato nei
documenti utilizzati al commercio estero
fattura commerciale (invoice): documento che descrive dettagliatamente il bene
esportato. Nonostante questo documento sia in formato libero, ossia nessun vincolo di
forma, dimensioni, le uniche caratteristiche importanti che devono essere indicate
sono:
o trascritto in lingua inglese: tutte le altre lingue possono essere previste ma non
usate in sostituzione all’inglese.
o numero fattura e data;
o paese di origine e porto di ingresso;
o denominazione precisa e completa dell’esportatore con relativa P.IVA e del
destinatario;
o natura, qualità, quantità dei prodotti spediti, specificando peso, misure e
numero dei colli. L’eventuale omissione di uno di questi dati comporterà un
controllo da parte delle autorità doganali e con addebito dei costi al
destinatario.
o forma del pagamento stipulata;
o modalità di trasporto e l’eventuale riferimento al DDT (Documento di
Trasporto)
o prezzo nella valuta con cui sarà effettuato il pagamento, per i beni destinati alla
vendita
dichiarazione doganale di esportazione: una manifestazione di volontà del proprietario
a vincolare le merci al regime doganale di esportazione, al quale sono collegati effetti
giuridicamente rilevanti.
La dichiarazione doganale rilasciata ai fini dell'esportazione con diritto di restituzione,
è costituita dal documento amministrativo unico (DAU) rilasciato dalla dogana in tre
esemplari.
16
packing list: in italiano “Bolla di carico” è quel documento che descrive l’intero
contenuto della spedizione
certificato di origine: emesso dalla Camera di Commercio Industria, Artigianato e
Agricoltura (CCIAA) certifica l’origine territoriale del bene importato. Questo può
essere richiesto facoltativamente dall’importatore e consegnato in originale ma non è
richiesto per esportare in Giappone
certificato di Analisi: le analisi devono certificare le caratteristiche fisiche e
microchimiche dell’alimento. Le analisi devono essere effettuate presso un laboratorio
nel paese di origine del prodotto e redatte in lingua inglese. Più in specifico, le analisi
devono indicare:
o paese di origine;
o data delle analisi;
o nome e indirizzo del laboratorio nel quale vengono svolte le analisi;
o descrizione dei campioni e delle caratteristiche;
o risultati delle analisi specificando la presenza, grammo per grammo, di
eventuali germi;
o firma del direttore del laboratorio.
bill of Lading (“polizza di carico”): documento rappresentativo della merce caricata su
una nave in seguito ad un contratto di noleggio o di trasporto. Questo documento
permette al legittimo proprietario del documento di farsi consegnare le merci
all’arrivo. Questa caratteristica consente di trasferire una o più volte la proprietà della
merce durante il viaggio e fino all'arrivo a destinazione.
Air Way Bill (lettera di trasporto aerea, LTA): in caso di trasporto per via aerea. Il
contratto di trasporto aereo viene stipulato tramite l’emissione di una lettera redatta
su richiesta del mittente dalla compagnia aerea o dallo spedizioniere. La lettera di
trasporto aereo è emessa prima che la spedizione venga caricata sul velivolo in 12
esemplari, di cui tre originali. A differenza del Bill of Lading, la lettera di trasporto
aereo non è un titolo rappresentativo della merce. Il destinatario può quindi
presentarsi a ritirare la merce senza esibire il terzo originale della LTA.
certificato di esportazione: certificato rilasciato dal Ministero per il Commercio
Internazionale, in seguito al rilascio di un deposito cauzionale a garanzia dell’impegno
ad esportare, autorizza a esportare la quantità di prodotto specificato entro il periodo
specificato dal titolo stesso.
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Documenti a carico dell’importatore
dichiarazione doganale di importazione: documento obbligatorio per lo sdoganamento
compilato in duplice copia dall’importatore
dichiarazione di valore assoggettabile a dazio: contenente tutte le informazioni
necessarie per calcolare il valore della merce che potrebbe essere sottoposta a dazio.
Documento è necessario per lo sdoganamento della merce.
notifica di importazione di prodotti alimentari: documento che segnala alle autorità,
l’intenzione di importare prodotti alimentari provenienti dall’estero. Questa
dichiarazione deve essere fornita almeno sette giorni prima dell’arrivo della merce in
dogana e accompagnata da una descrizione degli ingredienti contenuti nel prodotto
alimentare o del processo produttivo.
Etichettatura e impacchettamento dei prodotti
Particolare attenzione è poi da prestare alle norme per l’etichettatura dei prodotti. In genere
sono gli importatori ad apporre le necessarie etichette sulle merci, anche se le imprese
italiane potrebbero facilmente attrezzarsi per preparare delle etichette idonee, con le diciture
in lingua giapponese, già al momento della produzione. Si noti peraltro che in Giappone sia i
consumatori che gli operatori economici sono particolarmente sensibili alle date di scadenza
dei prodotti e che i dettaglianti stabiliscono i programmi di consegna delle merci con notevole
anticipo rispetto a tali scadenze, riducendo il periodo effettivo di vendita dei prodotti.
Questo è a volte causa di difficoltà per i produttori esteri, i quali devono tenere debitamente
conto anche dei tempi di trasporto della merce fino in Giappone.
La vendita agli utilizzatori finali può anche richiedere l’intervento degli importatori o dei
grossisti per particolari necessità di lavorazione o impacchettamento dei prodotti. Anche in
tal caso, quando la legge lo consenta, le imprese italiane potrebbero usare già in fase di
produzione
le stesse
procedure
per la lavorazione
e
gli
stessi
materiali
per
l’impacchettamento di quelli adoperati in Giappone.
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La certificazione JAS per l’agro-alimentare organico
Nell’ambito della revisione sulla Legge Concernente la Standardizzazione e l’Etichettatura
Appropriata dei Prodotti Agricoli e Forestali (Legge JAS) nel 1999, sono stati introdotte le
seguenti novità:
un processo di ispezione e certificazione per i cibi organici
l’elaborazione di principi standard per la produzione di prodotti organici
(ulteriormente definiti nel 2000)
il divieto di etichettare prodotti agro-alimentari come organici al di fuori del processo
di ispezione e certificazione JAS
Sebbene il processo di ispezione e i principi standard si rifacciano al Codex Alimentarius,
occorre comunque tenere presente che per l’importazione è necessario superare i controlli
degli uffici di quarantena animale e vegetale, che in alcuni punti si discostano notevolmente
dal Codex.
Per quanto riguarda il procedimento di ispezione e certificazione, esistono due modalità per
ottenere l’etichetta JAS e poter quindi promuovere i propri prodotti come organici:
1. sottomettersi a un processo diretto di ispezione da parte degli organismi di
certificazione giapponesi afferenti al sistema JAS, sia italiani che giapponesi;
essere certificati da organismi di certificazione organica (bio) riconosciuti dal governo
italiano e organizzare l’importazione con società di import-export certificate da JAS
Certificazione diretta attraverso JAS
La certificazione diretta attraverso gli organismi ministeriali giapponesi è la strada che
consente la maggiore indipendenza di azione - sia nel caso in cui il produttore organico abbia
già rapporti di business con importatori non certificati, sia nell’eventualità di dover cambiare
importatore. Inoltre, non tutte le categorie di prodotti agro-alimentari sono etichettabili
tramite organismi di certificazione esterni. Tuttavia, il procedimento richiede di fare
attivamente domanda di certificazione JAS, con costi aggiuntivi rispetto alle eventuali
certificazioni già ottenute. Allo stato attuale (dicembre 2013), cinque organi di certificazione
italiani possono rilasciare etichette JAS5:
Istituto per la Certificazione Etica e Ambientale (ICEA)
CCPB S.r.l.
Bioagricert S.r.l.
è
possibile
consultare
l’elenco
completo
http://www.maff.go.jp/e/jas/specific/organic.html
5
e
aggiornato
al
seguente
indirizzo:
19
Istituto Mediterraneo di Certificazione (IMC)
Suolo e Salute S.r.l.
La procedura per la certificazione può essere discussa direttamente con gli organismi elencati.
In generale, comunque, si sottolinea la necessità di definire nel sistema di controllo in azienda
due figure: 1) il responsabile del processo di produzione e 2) il responsabile del grading,
ovvero del controllo finale di conformità del prodotto prima dell’esportazione.
Certificazione attraverso importatori autorizzati
Anche nel caso in cui non si sia in possesso di una etichetta JAS ottenuta direttamente, è
comunque possibile - tramite importatori riconosciuti dal sistema JAS - ottenere
un’etichettatura al momento dell’importazione dei prodotti organici in Giappone.
Con questo metodo, si evita il costo di una certificazione aggiuntiva, ma bisogna porre
attenzione ai seguenti limiti:
il metodo è valido solo per la certificazione di:
o piante (frutta, verdura, cereali, grani caffè fresco, canna da zucchero, funghi…)
o preparati a base vegetale (e.g. conserve, succhi, pasta, caffè tostato o in
polvere…)
la fase di grading, interna all’azienda certificata nel metodo 1, è sotto il controllo
dell’importatore certificato, il quale quindi è nella posizione di rifiutare qualsiasi
partita sia giudicata non conforme
il numero di importatori certificati è limitato, pertanto il potere di negoziazione da
parte del produttore è limitato
Il Ministero dell’Agricoltura offre una lista degli importatori autorizzati ad apporre
l’etichetta6.
Con questo metodo, sono in linea di principio valide le certificazioni ottenute da tutti gli
organismi riconosciuti dal governo italiano, ovvero quelli già citati in precedenza più i
seguenti:
Bios S.r.l.
Ecogruppo Italia
QCertificazioni S.r.l.
Sidel Spa
per
il
2013,
la
lista
è
http://www.maff.go.jp/e/jas/specific/other/list_yunyu_english_201311.xls
6
disponibile
all’indirizzo:
20
La certificazione del vino BIO
Da un punto di vista tecnico, il vino è disciplinato dal Ministero delle Finanze e non ricade
nella normativa JAS per l’etichettatura dei prodotti organici. Non è previsto pertanto un
bollino JAS per i vini e gli altri alcolici.
Tuttavia, dall’ottobre 2012, con la riforma della legge sugli alcolici, il Ministero delle Finanze
riconosce la dicitura “vino biologico” o più chiaramente “vino prodotto con prodotti agricoli
biologici” se alcune condizioni sugli ingredienti e la produzione sono soddisfatti. Nei fatti, il
possedimento di una certificazione italiana e l’uso di additivi entro i limiti della legge
giapponese possono già consentire la dicitura di “vino biologico” sull’etichetta.
5. PRODOTTI BIO E NON: QUALI SPAZI DI CRESCITA?
In Giappone è presente un’ampia varietà di prodotti italiani. Il loro consumo segue dei trend
molto variabili in continuo cambiamento. Sicuramente una maggiore attenzione alla
comunicazione e alla diffusione riguardo il corretto e possibile consumo dei prodotti, ne
aumenterebbe il mercato.
In linea generale, la presenza dei prodotti italiani può essere così distinta:
Prodotti presenti
birra artigianale o alcool-free
biscotti (sia da tè che da colazione)
formaggi
salse e sughi di alta qualità, non industriali (né nel contenuto né nel packaging)
Prodotti non presenti ma inseribili
piatti pronti surgelati (pasta, pizze e risotti, magari anche zuppe e minestre), anche se
non è a barriere zero (c'è qualche controllo se contengono carne ad esempio, inoltre
non ci devono essere segni di scongelamento)
snack "naturali" vegetali e di frutta (se processati, non è un problema per la dogana)
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