29_Ottobre_2014 - Mariastella Gelmini

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HOME › SOCIETÀ › POLITICA › MATTEO RENZI
Matteo Renzi e la carica dei leccaculo
e degli affaristi
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Creato il 28 ottobre 2014 da Tafanus
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A proposito dell'autore
Con questo post iniziamo la pubblicazione dei
passi salienti di un'inchiesta condotta da alcune penne
dell'Espresso sul "cerchio magico" di Matteo Renzi. Molti
hanno uno spiccato accento fiorentino, pochi hanno
competenza in qualcosa... Se si pensa che in questi giorni senza che a nessuno scappi da ridere (o da piangere)
circola il nome di Topo Gigio Bonafé come capessa della
Farnesina, si può valutare appieno l'insipienza di questo
premier auto-eletto. Ma questo non basta per capire quali
interessi, a volte inconfessabili, ruotino intorno al Pavone di
Palazzo Chigi... Tafanus
Tafanus
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La mappa dei "poteri forti" - Tramontata l'era Bisignani,
cambia la rete di chi opera nell'ombra per promuovere
nomine, finanziamenti e aziende. Tutti corteggiano una
"trinità" vicinissima a Renzi. Tra vecchia guardia e giovani
promesse, ecco chi sono (di Emiliano Fittipaldi - l'Espresso)
I suoi ultimi articoli
Così si uccide l'Ulivo,
e Renzi è l'assassino
(di Chiara Geloni)
Off Topics del 27
Ottobre
...so soddisfazzzioni!...
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La Bulgaria deve accontentare
contemporaneamente l’Unione
Europea e la Russia * di Conflittiestrategie
Luca Lotti è "lampadina", il sottosegretario dal carattere
fumantino, considerato del terzetto quello più difficile da
avvicinare. Marco Carrai è l'imprenditore immerso nei suoi
Cinema - La guerra in
classe (Class Enemy) di Angela Laugier
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Ucraina, exit-poll: in testa
Poroshenko ma crescono i
partiti nazionalisti e antirussi di Alessandroronga
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Le ultime su Saturno e delle
sue lune di Furbanzio
affari, ma più disponibile ad ascoltare lamentele e richieste.
L'avvocato Alberto Bianchi è lo "zio saggio", il mediatore per
eccellenza, colui che sa ammorbidire i dissidi e trovare la
quadra. Insieme Luca, Marco e Alberto formano quella che
deputati e brasseur d'affari chiamano "la trinità", il gruppo
scelto a cui Matteo Renzi ha affidato la creazione di un nuovo
sistema di potere che, all'ombra di Palazzo Chigi, deve gestire
nomine pubbliche, dossier delicatissimi e interessi economici
del Paese.
E’ una miscellanea ! • Un
recente “flare” del Sole di Furbanzio
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Negli ultimi mesi la rete di relazioni della trimurti si sta
espandendo come una supernova, tanto che la supremazia della
vecchia "ditta" (così veniva chiamato il sodalizio tra Gianni
Letta e Luigi Bisignani, che ha patteggiato un anno e sette
mesi per associazione a delinquere nell'ambito dell'inchiesta
sulla P4) è ormai un lontano ricordo: la rottamazione della
coppia che ha amministrato la cosa pubblica durante il regno di
Silvio Berlusconi è (quasi) terminata. Così da febbraio lobbisti,
consulenti d'azienda e battitori liberi si affannano per salire sul
carro giusto. Telefonate, appuntamenti nei bar del centro storico
di Roma, pressioni sui parlamentari di riferimento: entrare fin
d'ora nelle grazie dei decisori è fondamentale, visto che chi
resta fuori dai giochi mette a rischio non solo gli interessi della
sua azienda, ma anche potere personale e lo stipendio.
GLI UOMINI NERI - Nella vulgata comune il lobbista è ancora
sinonimo di intrallazzo. L'iconografia lo dipinge come un
maneggione in blazer, come l'uomo nero che smista mazzette
per velocizzare una pratica o spingere un emendamento. La
cronaca giudiziaria non ha migliorato la loro "reputation": la
seconda Tangentopoli, la P4, gli scandali che stanno
martoriando l'Eni e la Finmeccanica, i traffichini alla Valter
Lavitola, le tangenti del Mose, tutto ha contribuito a rilanciare
l'assioma "lobbista uguale faccendiere". Un luogo comune che
danneggia i professionisti degli affari istituzionali, che spesso e
volentieri non solo difendono interessi legittimi (come fanno
associazioni di categoria e sindacati), ma servirebbero al
legislatore per avere dati e informazioni corrette su business
cruciali. Non è un caso che la categoria, a Washington come
a Bruxelles, sia da lustri rispettata e regolamentata.
L'Italia, anche in questo campo, è molto indietro. Sia per colpa
del Parlamento, che da trent'anni annuncia una legge sulla
trasparenza delle lobby che non ha mai visto la luce, sia perché
i protagonisti della persuasione si comportano spesso come
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Lilli Gruber Hiroshima Roberto Maroni
Luigi de Magistris Fidel Castro
Vladimir Putin Charles de Gaulle
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trent'anni fa, quando il costruttore Gaetano Caltagirone rivolgeva
all'andreottiano Franco Evangelisti l'immortale «ah Frà, che te
serve?». Non è un caso che il dossieraggio per fregare i
colleghi resti pratica assai diffusa, così come l'opacità nei
rapporti con la politica e la "black propaganda" attraverso cui si
tenta di distruggere l'immagine di un concorrente grazie a
giornalisti ingenui o compiacenti.
LA TRINITÀ - I protagonisti della nuova leva renziana non sono
stati coinvolti in indagini giudiziarie. Almeno nel penale.
Partiamo da Carrai. Che insieme a Lotti, Bianchi e al
ministro Maria Elena Boschi è nel ristretto board della
Fondazione Open, cuore e cassa del meeting della
Leopolda. Nonostante le voci lo diano in uscita dal "giglio
magico", per il premier resta un punto di riferimento
imprescindibile. Più riflessivo di Lotti, timido e mingherlino,
rampollo di una famiglia di costruttori molto cattolica, nel 2009
ha deciso di lasciare la politica attiva diventando imprenditore.
L'apparenza inganna, perché Carrai nel tempo libero continua a
raccogliere fondi per le campagne elettorali del premier e tesse
relazioni a tutto campo. Non solo con ambasciatori e politici
americani e israeliani, come è noto, ma con tutti i banchieri del
Paese: da Fabrizio Palenzona a Lorenzo Bini Smaghi, è a lui
che i finanzieri devono fare riferimento.
Se Bisignani girava per Roma in un taxi che aveva affittato in
regime di monopolio, Carrai va agli appuntamenti fiorentini a
bordo di una vecchia Fiat Punto verde. Ufficialmete non ha
incarichi di governo, ma ogni volta che scende a Roma ha
l'agenda piena zeppa nemmeno fosse titolare di un dicastero. Si
appoggia a un ufficio di Franco Bernabè (ex ad di Telecom)
di cui è socio in una società di consulenza, ma preferisce
incontrare lobbisti e politici in luoghi pubblici. «Prima andava
spesso da "Tullio", ma dopo la vicenda delle microspie scoperte
sotto i tavoli di "Assunta Madre" preferisce le hall degli alberghi
del centro, come l'Exedra a piazza della Repubblica», racconta
chi lo conosce bene. «Carrai è l'anello di congiunzione tra
Renzi e i poteri forti: persino i manager di Monte dei Paschi di
Siena e Unipol, da sempre legati alla vecchia guardia
dalemiana, ora vanno a baciare la pantofola di Marco».
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PICCOLI BISIGNANI CRESCONO - Molti lobbisti della rete che
sta mettendo in piedi il giovane Marco li ha invitati al suo
matrimonio: a festeggiare lui e la consorte Francesca
Campana Comparini c'erano anche alcuni emergenti, come
Filippo Maria Grasso, Pasquale Salzano e la "lobbista del
papa" Francesca Chaouqui. Tutti in carriera, e determinati a
farne ancora di più: se Grasso, 35 anni, è da tempo nel cerchio
magico di Tronchetti Provera in Pirelli, legatissimo a Pippo
Corigliano dell'Opus Dei e pizzicato nelle intercettazioni della
P4 p e r a v e r m e s s o i n c o n t a t t o l ' e x m i n i s t r o Stefania
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internazionali di alto livello in paesi cruciali come Russia, Brasile
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Come vestirsi in ufficio?
Tailleur gessato, mezzo
tacco e borsa azzurro
cielo
(Elle)
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e Turchia, nonché stretti rapporti con le forze di polizia),
Pasquale Salzano, classe 1973, è il napoletano che ha preso
da poco la guida delle relazioni istituzionali all'Eni, al posto di
Leonardo Bellodi. Scelto direttamente dal nuovo numero uno del
colosso petrolifero Claudio Descalzi, Salzano è un diplomatico,
ha lavorato con Romano Prodi e ha già capito che il suo sarà
un compito difficile: a poche settimane dalla promozione il suo
capo è stato subito indagato per corruzione internazionale dalla
procura di Milano. Con il governo, però, per ora Salzano parla
poco: Renzi e Descalzi si scrivono sms ogni due giorni,
scavalcando ogni possibile intermediazione.
Al matrimonio di Carrai anche una delle facilitatrici più
ambiziose del momento, la Chaouqui. Figlia di un egiziano che
se n'è andato di casa quando era ancora bambina e di una
insegnante calabrese di San Sosti, s'è trasferita qualche anno
fa nella Capitale in una topaia di 15 metri quadri sopra un
garage. Ha fatto la babysitter per pagarsi l'affitto e le tasse della
Sapienza, poi ha scalato tutte le gerarchie della città in pochi
anni. Grazie alle entrature della contessa Marisa Pinto Olori
del Poggio (ambasciatrice di San Marino che l'ha praticamente
adottata e presentata a decine di vescovi e cardinali), e a un
rapporto personale con il cardinale George Pell, il segretario di
Stato Pietro Parolin e Bergoglio in persona. Tra un pranzo
per vip organizzato su una terrazza in San Pietro (tra gli invitati
anche Carrai) e un appuntamento a Santa Marta, Chaouqui sta
pure curando gli investimenti italiani di due multinazionali
asiatiche.
L'EPURAZIONE - Scaltri e rapidi ad apprendere l'arte di
Richelieu, Carrai Bianchi e Lotti non conoscono ancora le
logiche e i riti dei vecchi potentati. Cresciuti tra le colline
toscane, diffidano dei salotti alla Jep Gambardella dove «prima
si magna e poi si intrallazza». Qualcuno, inoltre, ha loro
segnalato che sarebbero state proprio quelle élite ad aver
pompato a dismisura sui media il caso della casa fiorentina di
Carrai in cui ha vissuto Renzi per qualche mese. Arrivati sotto il
Colosseo i tre decidono dunque di guardarsi le spalle, di non
frequentare i bar di via Veneto dove i lobbisti chiacchierano tra
crodini e gin-tonic, e di annientare prima possibile la ragnatela
costruita dai venerabili maestri della Seconda Repubblica.
L'epurazione parte a maggio. Cadono come birilli Stefano
Lucchini, ras all'Eni da sempre fedele a Bisignani, e Leonardo
Bellodi, l'uomo ombra di Paolo Scaroni, esperto di missioni a
cavallo tra business e intelligence. Oggi Lucchini ha già trovato
un nuovo ufficio a Banca Intesa, mentre sembra che Bellodi
voglia aprire - insieme a Scaroni e l'ex ad di Siram Giuseppe
Gotti - una sede italiana di un importante fondo di investimento
U s a . A n c h e Gianluca Comin, e x c a p o d e l l e r e l a z i o n i
istituzionali dell'Enel e ganglio cruciale del vecchio sistema,
dopo aver perso la poltrona si è buttato nel privato: oggi ha una
scrivania nella sede dello studio legale Orrick, e collabora per la
multinazionale dei farmaci Novartis, finita nella bufera per una
multa da 92 milioni comminata dall'Antitrust, e bisognosa di
Opere che nascono nelle
notti di luna piena e di
bassa marea.
Sopravvivono grazie alla
fotografia (Foto)
(Abitare)
Eva Green, la diva
mozzafiato di Sin City
La notte di Halloween
brilla con il costume
fluorescente di Oogie
Boogie
(Cosmopolitan)
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lobbisti in grado di ridare smalto alla reputazione dell'azienda.
Dei vecchi leoni solo Fabio Corsico e Giuliano Frosini
possono vantare eccellenti rapporti con il nuovo establishment: il
primo, da 10 anni factotum di Francesco Gaetano Caltagirone
e manager di punta della Fondazione Crt, è stato messo nel
board di Terna dalla Cassa depositi e prestiti; Frosini, un
passato da bassoliniano, amico di Enrico Letta e Maurizio
Lupi nonché foundraiser per Comunione e Liberazione, ha
lasciato Terna per tornare a seguire gli interessi di Lottomatica,
ma è stato piazzato dal governo Renzi nel nuovo cda di
Trenitalia.
I lobbisti in cerca d'autore, invece, non si contano: se Franco
Brescia della Telecom per ora è saldo al suo posto, Marco
Forlani (figlio del democristiano Arnaldo) è uscito da
Finmeccanica a luglio, mentre Paolo Messa (ex consigliere del
ministro Corrado Clini, indagato per una vicenda di corruzione)
sta tentando la fortuna bisbigliando suggerimenti al potente
Gianni De Gennaro, presidente Finmeccanica ed ex capo della
polizia. Costanza Esclapon, contrattualizzata dalla Rai e amica
di Lucchini, sta invece difendendo con le unghie il suo capo
Luigi Gubitosi dagli attacchi della stampa. Renzi sembra però
aver già deciso le sorti del direttore generale di Viale Mazzini,
che dovrà cambiare azienda alla scadenza della nomina,
prevista per marzo. In pole per il suo posto il "giglio magico" si
sta dividendo tra l'ex Mtv Antonio Campo Dall'Orto e il numero
uno della compagnia telefonica H3G Vincenzo Novari, per cui
tifano Luca Lotti ed Ernesto Carbone.
CHI SALE E CHI SCENDE - «Lobby» è una parola d'origine
medioevale. Viene da "laubia", cioè "loggia", "portico". Ma
nell'immaginario significa clan, camarilla, combriccola che
persegue i suoi interessi a scapito di quelli della collettività.
L'azione dei gruppi di pressione in Parlamento, l'assenza di
qualsiasi regola di condotta, i rapporti amicali e di scambio con
i politici e i partiti, però, non sono un luogo comune. Perché
definiscono il tipo di lobbismo che in Italia va da sempre per la
maggiore. Se Bisignani (che ha cambiato ufficio, ora è in via
Po, e tenta di dire la sua attraverso il buon rapporto con Denis
Verdini e la famiglia Angelucci) è metafora negativa, i nuovi
ciambellani di Renzi non hanno ancora del tutto cambiato verso,
soprattutto nel modo di agire. «Nei ministeri non si fidano di
nessuno, e gestiscono da soli tutti i dossier. Così la
trasparenza è un optional, e il rischio di caos e
approssimazione è elevatissimo», racconta il numero due degli
affari istituzionali di un'importante impresa di Stato. «Ai tempi di
Enrico Letta potevamo coordinarci con l'ambasciatore
Armando Varricchio e con il suo consigliere Fabrizio Pagani.
Ora, invece c'è un vuoto assoluto».
Per la cronaca, Varricchio è stato depotenziato a semplice
burocrate, mentre Pagani è stato spedito a via XX Settembre,
come capo della segreteria del ministro Pier Carlo Padoan. Era
proprio Pagani uno dei commis di Stato più influenti: se ai
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consiglieri di Stato è stata messa la museruola, nei palazzi
contano ancora molto Salvatore Nastasi, ex enfant prodige di
Gianni Letta e potentissimo direttore del ministero della Cultura,
e Antonio Agostini, un passato nei servizi segreti, ex direttore
dei ministri Gelmini e Clini, diventato qualche settimana fa
numero uno dell'Isin, l'authority per la sicurezza nucleare.
IL VECCHIO E IL GIOVANE - Quando Carrai ha qualche
dubbio sul da farsi, telefona ad Alberto Bianchi. Sessant'anni,
pistoiese, Bianchi è un riservato avvocato, esperto in diritto
commerciale e fallimentare, con un grande studio a Firenze.
Ma, soprattutto, è l'uomo che da 15 anni sussurra buoni consigli
ai tre ragazzini di belle speranze, Renzi, Lotti e Carrai, che ha
allevato intuendone ambizioni e capacità. Liberale convinto e
anticomunista, un fratello (Francesco) stimato da Giovanni
Bazoli e da poco piazzato alla Fondazione Maggio Fiorentino,
lo "zio saggio" siede nel cda dell'Enel e ha un peso specifico
notevole. Non solo nella fondazione Open di cui è presidente e
di cui ha scritto lo statuto, ma su ogni nomina che conta: pare
sia lui ad aver imposto Francesco Starace all'Enel. Dei tre
tenori è l'unico che ha beccato una condanna (seppure in primo
grado): secondo la Corte dei Conti Bianchi - quando era
commissario straordinario dell'Efim spa (una delle holding delle
vecchie Partecipazioni statali finita in bancarotta) - avrebbe
causato un danno erariale di 4,7 milioni di euro.
Ma dei tre campioni di Renzi quello che i lobbisti sognano di
agganciare per primi è Luca Lotti. Nato nel 1982,
sottosegretario all'editoria a Palazzo Chigi, è delegato a tutti i
rapporti informali del premier. Maestro nell'anticipare i
desiderata del "principale" di cui esegue gli ordini senza
discutere, ha messo il suo zampino in tutte le partite più
delicate. Prima le nomine delle società pubbliche (il nuovo capo
delle relazioni istituzionali di Poste, Giuseppe Coccon, a Lotti
deve moltissimo), poi ha sfilato le deleghe del Cipe al ministero
dell'Economia. Se prima i vescovi e i cardinali parlavano con
Gianni Letta, ora devono incontrare lui. Dagli uomini d'affari che
vogliono avere buone entrature con il governo, invece, Lotti
manda due imprenditori di fede renziana come Andrea
Conticini e Andrea Bacci. Tra una partita di calcetto alla
Cecchignola e un appuntamento sotto la galleria "Alberto Sordi",
c'è solo un obiettivo che "lampadina" non è riuscito ancora a
raggiungere: le deleghe ai servizi segreti. Per le barbe finte l'ex
consigliere di Montelupo ha un chiodo fisso, e per strappare
l'incarico al sottosegretario Marco Minniti farebbe follie. Per ora
Renzi gli ha detto di no. Così, con gli 007 dell'Aisi e dell'Aise,
Lotti si incontra nei bar dietro Piazza di Pietra. In incognito, ma
neanche troppo.
Emiliano Fittipaldi
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