SALUTE BENE PRIMARIO

SALUTE
BENE PRIMARIO
SALUTE BENE
PRIMARIO
CGIL CISL UIL RIFLETTONO
sui servizi socio sanitari
in Provincia di Alessandria
R E L A Z I ONE
CGIL CISL UIL
Alessandria 14 novembre 2014
Care amiche e cari amici, gentili intervenuti,
Lo scopo di questo convegno è quello di presentare pubblicamente alcune idee che CGIL CISL UIL
di questo territorio hanno in merito alle politiche socio sanitarie e, altrettanto pubblicamente
chiedere cosa ne pensano tecnici e politici che hanno competenza.
Abbiamo elaborato un testo scritto (in cartellina) che sottoponiamo alla vostra attenzione, lo
abbiamo fatto sfruttando le esperienze e le competenze che nell’arco di diversi anni, direi
decenni, hanno maturato le strutture unitarie delle Confederazioni, dei rappresentanti dei
Pensionati e degli operatori del settore. Esperienze sviluppate con la contrattazione sociale
territoriale con le USSL prima, le ASL dopo, coi singoli Distretti, coi Consorzi e con molti Enti Locali
del territorio.
Il testo si chiama “stralcio di piattaforma…” perché fa parte di una elaborazione più ampia per la
contrattazione sociale sul territorio che ha l’ambizione di ritenere che un buon welfare sia
benessere, ma anche motore di sviluppo e di buona occupazione.
L’idea guida, non poteva che essere così, è stata quella della confederalità, nostro valore fondante.
A fianco della valorizzazione degli operatori sociali e sanitari (molti dei quali si vedono negare da
tempo persino il diritto al rinnovo dei contratti di lavoro), ribadendo il primato dell’utenza,
sentiamo la necessità di rafforzare sempre più l’alleanza tra produttori e fruitori di quei servizi che
consideriamo primari.
La salute è un bene primario. Parliamo di salute, non solo di sanità.
La salute bene primario, va inteso nell’accezione più ampia del termine, come condizione di stare
bene, di vivere complessivamente bene, di ben-essere.
Non abbiamo alcun timore di essere considerati obsoleti se ci ostiniamo a richiamare la nostra
impostazione ad una “vecchia“ legge, la 833 del 1979 e ad i suoi vocaboli di riferimento:
prevenzione, cura, riabilitazione.
Una “vecchia” legge dai connotati modernissimi.
Che prevenire sia meglio che curare è una ovvietà cosi come che riabilitare sia meglio che non
farlo. Per questo i tre termini sono posti in quell’ordine: prevenire, curare, riabilitare.
Non è difficile dimostrare che questo schema riduce i costi umani, riduce le sofferenze, i disagi, ma
anche i costi economici.
Siamo ben consapevoli dei problemi economici di questo nostro paese, della crisi dilagante, siamo
stati tra i primi, aimè, a denunciarla, tuttavia siamo convinti che un contenimento degli sprechi ed
un attento indirizzo e utilizzo delle risorse possa consentire non solo il mantenimento dei livelli di
protezione sociale esistenti, ma fare del welfare un motore di sviluppo e quindi di buona
occupazione. Si possono fare risparmi anche consistenti intervenendo in alcuni settori (ad esempio
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sulla prescrizione e sull’utilizzo oculato dei farmaci, sull’acquisto di beni e servizi, evitando penalità
previsti dalla comunità europea per inadempienze – 118).
Si tratta non tanto di spendere di più quanto di spendere meglio.
Nel nostro ragionamento mettiamo al primo punto l’esame di ciò che è cambiato. La crescita
dell’età media, fattore positivo, risultato anche delle lotte sindacali, trascina con se problemi
nuovi, si inducono nuove cronicità, c’è il rischio di invecchiare “male”. Crescono i bisogni di dare
risposte alla disabilità favorendo la piena integrazione; i flussi migratori producono tematiche
inedite.
Le trasformazioni avvenute nel mondo del lavoro (ad esempio la flessibilità, le esternalizzazioni, gli
appalti), impongono un nuovo approccio rispetto ai temi della prevenzione degli infortuni e delle
malattie professionali; analogamente bisogna ragionare sull’infortunistica stradale e domestica,
Si dovrà ridisegnare gli indirizzi socio sanitari tenendo conto di questi mutamenti che sono
avvenuti anche nel nostro territorio talvolta in modo non omogeneo (es. ci sono bisogni diversi tra
chi abita in città e chi nelle vallate).
L’elevata età media degli abitanti delle nostre zone (circa 25% sono – siamo ultrasessantacinquenni) comporta una attenzione particolare alle esigenze di quella fascia di
popolazione: favorire la permanenza nel proprio domicilio, creare sinergie tra struttura pubblica e
assistenza privata (familiari, badanti) .
Un ragionamento simile, tenendo ovviamente conto delle specificità, va sviluppato nei confronti
delle persone con disabilità.
E’ da tempo al centro della discussione il rapporto tra ospedale e territorio. Quale funzione e ruolo
ha uno, quale l’altro. Anche qui il ragionamento da fare deve partire dalla condizione dell’utente
(costo umano) e dall’utilizzo delle risorse (costo economico). E’ indubbio che è meglio per il
paziente essere curato a casa che in ospedale, altrettanto certo è che i costi di ricovero sono
enormemente più alti dell’assistenza domiciliare o il ricovero in strutture di sostegno.
E’ corretto, a questo punto, tenere conto della discussione aperta sull’ospedale SS Antonio e
Biagio e C. Arrigo. L’Azienda Ospedaliera, di rilevanza nazionale, compreso centro di riabilitazione
polifunzionale Borsalino (vogliamo ricordare con un certo orgoglio che CGIL CISL UIL furono tenaci
sostenitori dell’utilizzo a questo scopo del Borsalino subito dopo l’alluvione di vent’anni fa), ha
eccellenze cliniche importanti che vanno salvaguardate e potenziate anche attraverso
l’integrazione con altri ospedali dell’ASL e con le strutture territoriali (opportuno, ad esempio,
partire dall’unificazione dei CUP, utilizzare un unico sistema informatico, ecc.) . Siamo consapevoli
che probabilmente non vi sono, oggi, le condizioni economiche per la costruzione a tempi brevi di
un nuovo nosocomio come previsto nel Piano Sanitario della precedente Giunta Bresso, tuttavia
un po’ di utopia a volte e utile.
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Pensiamo che di un nuovo ospedale Alessandria ne avrebbe proprio bisogno. Sia perché la
costruzione esistente non è in grado di reggere significativi interventi strutturali, sia per la sua
attuale ubicazione in centro città, sia per il volano economico che un’opera di quelle dimensioni
significherebbe per un territorio così depauperato come il nostro.
Consapevoli quindi dello scarto tra desideri e realtà non possiamo che dire: se non ora, appena
possibile.
E’ da considerarsi positivamente il contenimento del ruolo dell’ospedale alla sola fase acuta della
malattia, ma non si risponde al problema “costo umano” se a valle del ricovero non è organizzata
una opportuna risposta di assistenza post acuzie a domicilio o in struttura idonea: una reale
continuità assistenziale che veda la presa in carica del paziente personalizzando le prestazioni in
sinergia tra ospedale e territorio, tra sanità e assistenza.
Entrano qui in gioco i servizi territoriali, la funzione dei distretti e la necessità di una integrazione
vera tra prestazioni sanitarie e prestazioni assistenziali.
L’attività di prevenzione, cura e riabilitazione che può essere svolta dai servizi territoriali
decongestiona gli ospedali ed in particolare i Dea migliorando le condizioni del paziente, liberando
risorse economiche da reinvestire e favorisce la necessaria riorganizzazione della rete ospedaliera.
E’ evidente che per decidere il ricorso alla struttura ospedaliera o a quella territoriale occorrono
opportuni “filtri”.
Vanno perfezionate e ottimizzate funzioni e responsabilità dei medici di base (che, tra l’altro sono
significativi produttori di spesa), il cui ruolo è fondamentale e va valorizzato. Così come la funzione
di tutti gli operatori socio sanitari (infermieri professionali, assistenti sociali, oss, ecc.), favorendo
l’associazionismo dentro “case della salute” e/o “gruppi di cure primarie”, che garantiscano
appropriatezza ed efficienza. Sedi in cui si intrecci fortemente e si integri la risposta sanitaria con
quella sociale.
Qualche esperienza in merito esiste anche nei nostri territori (ne è esempio l’esperienza della Casa
della Salute di Castellazzo, tra le prime costruite in Piemonte). Si tratta di estenderle magari
avvalendosi di strutture oggi sottoutilizzate (penso ad es. alcune ex IPAB).
E’ di tutta evidenza che se ragioniamo di salute con le idee guida di prevenzione, cura,
riabilitazione, i soggetti che hanno competenza sono molteplici. Per sviluppare politiche di
promozione della salute (sicurezza sul lavoro, sulle strade, nel domestico, stili di vita, uso
appropriato dei farmaci, invecchiamento attivo, recupero della disabilità ecc.) è necessario che
diversi soggetti interagiscano tra loro. Pensiamo, alla funzione e alle responsabilità degli enti locali
(vedi Assemblea dei Sindaci), al contributo del volontariato, al ruolo negoziale delle
rappresentanze sociali tra cui il sindacato confederale.
Ho volutamente lasciato alla fine il tema delle relazioni sindacali che invece nello stralcio di
piattaforma è al primo punto.
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Noi riteniamo che una democrazia compiuta non possa limitarsi al suffragio universale. Ciascun
soggetto ha il suo ruolo, il Parlamento fa le leggi, gli Esecutivi li eseguono, le rappresentanze sociali
tutelano i loro rappresentati. CGIL CISL UIL ritengono di essere fortemente rappresentative
(ricordo ad esempio che in questa provincia quasi un cittadino su tre è iscritto al sindacato
confederale).
Intendiamo quindi giocare un ruolo.
Sappiamo bene che la competenza è dell’Ente Regione Piemonte e che quindi la sede più
importante di confronto tra Giunta e CGIL CISL UIL è quella Regionale, lontano da noi l’idea di
sminuirne il valore, (al massimo possiamo suggerire ai nostri Segretari Regionali qualche idea).
Tuttavia riteniamo importante e insostituibile una sede di confronto locale tra noi e i soggetti che
hanno competenza sul territorio.
Abbiamo definito con ASL e ASO un verbale di intesa in data 23 giugno 2014 che prevede un tavolo
congiunto comprensivo degli assessorati del Comune capoluogo e, per quanto possa rimanere di
competenza, della Provincia di Alessandria, con lo scopo di confrontarci periodicamente sulle
tematiche della sanità nel nostro territorio.
Riteniamo che tale tavolo debba funzionare coinvolgendo anche altri soggetti: ad esempio
responsabili dei distretti, dirigenti sanitari. Rappresentanze dell’Assemblea dei Sindaci ecc. a
seconda delle tematiche affrontate.
Proprio perché siamo convinti che un rapporto negoziale, che non esclude il conflitto, ma mira
all’intesa, sia indispensabile per migliorare le condizioni della popolazione abbiamo voluto il
confronto di oggi.
Lo consideriamo un primo passo, l’avvio di una fase nuova, dove la discussione è di merito e il
confronto è considerato un valore, non un intralcio.
Pensiamo che anche voi, nostri ospiti di oggi, condividiate questa impostazione.
Desidero ultimare questo intervento prendendo a prestito una riflessione che ci ha consegnato
qualche giorno fa don Luigi Ciotti parlando con gli studenti alessandrini. In sintesi ci ha detto, tra
l’altro, che un convegno serve se c’è un “prima”, un “durante” e un “dopo”, altrimenti è meglio
non farlo.
CGIL CISL UIL di Alessandria hanno certamente un “prima” di adesso, qualche decennio di lavoro
unitario sulla contrattazione sociale, il “durante” è il piccolo passo della discussione odierna.
Dobbiamo assumerci la responsabilità che ci sia un “dopo”, altrimenti il piccolo passo di oggi
sarebbe cosa inutile.
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