Rassegna stampa “Revolutionary Road” “ Decisamente ben riuscita la mise en espace teatrale di Revolutionary Road, messa in piedi da Giulio Forges Davanzati, Elisa Menchicchi, e Samuele Chiovoloni. I Wheleer una giovane coppia, che ha già nel nome il suo destino, ovvero quello di girare su se stessa, di andare nella direzione opposta alla sua compagna o di fare entrambe le cose contemporaneamente, così da crere l'incomunicabilità. Questo essere ruote è bene reso sul palco dai due attori che si presentano, all'inizio dello spettacolo di spalle al pubblico, poi iniziano a girare su se stessi, andare avanti e indietro, l'uno in senso opposto all'altro proprio come due ruote solitarie. Due ruote che stanno per esplodere o meglio per incepparsi. Questa alienazione, questo senso di vuoto da riempire, con il movimento solipsitico è dovuto all'humus in cui è ambientata la vicenda. l'America del dopo guerra, dove le personalità individuali venivano strangolate da un omologazione coatta, dalla quale l'unica via di fuga era l'emigrare nella vecchia, multiforme e variopinta Europa. Richard Yates l'autore del libro disse che il suo era un libro sull'aborto, non solo su quello fisico di una donna che abortisce, ma sul concetto di aborto in generale: una carriera abortita, un sogno abortito, una speranza abortita” . Miriam Comito (http://miriamelearti.blogspot.it/) La tensione fra una vita inconsapevole, dolorosamente circoscritta e il desiderio inconfessato di strapparsi le briglie, sciogliere i lacci del corsetto e inspirare la vita a pieni polmoni. Il coraggio di vivere la propria voglia di vivere, la paura di farlo fino in fondo. Un teatro non più grande di una noce per raccogliersi nell'intimità dei propri pensieri e le gomitate accidentali, i colpi di tosse, gli interpreti ad appena un soffio di distanza, ci ricordano che siamo tutti sulla stessa giostra, oscillando fra la rassicurante illusione di una vita all'insegna del piccolo io e la dolorosa presa di coscienza che in noi si muove qualcosa di più grande, infinitamente grande, tanto grande da far paura. Una Menchicchi intensa fino allo spasmo, amaramente vera. L'espressione della frattura in ogni donna. La sicurezza del focolare vs l'impulso soffocato di spogliarsi da ogni ruolo e correre, correre per non fermarsi mai più Un Davanzati esemplare nei panni di un uomo crocifisso alla rassegnazione. La filosofia del non smuovere l'acqua, del non rompere l'equilibrio della mediocrità. La scelta di non rivelare il vero, l'illusione che vince. Ma è anche l'amore, la premura...Evitare il rischio per non mettere a rischio? E' codardia o saggezza? E' finzione o realtà? Un regista da togliere il fiato, calato fino ai gomiti nell'abisso di un dramma che inchioda, incanta e avvince. Giulia Leone
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